Flebotropo Triade®: Razionale, Sviluppo e
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Flebotropo Triade®: Razionale, Sviluppo e
Periodico di informazione e aggiornamento scientifico sui percorsi diagnostico-terapeutici per pazienti vascolari Direttore Editoriale: Cristiano Virno - Direttore Responsabile: Antonio Guastella - ©2011 MEDIPRINT S.r.l. - Cod. 91/11 - [email protected] - Stampa: CSC Grafica Srl - Finito di stampare nel mese di dicembre 2011 Flebotropo Triade®: Razionale, Sviluppo e Ricerca Scientifica Direzione Medica Omikron Italia Ruolo della sulodexide nel trattamento ambulatoriale delle trombosi venose Mario Bellisi Chirurgo Vascolare, Dirigente UOC di Chirurgia Vascolare dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Paolo Giaccone”, Palermo Marcello Ghezzi Specialista in Chirurgia Generale, Specialista in Angiologia e Chirurgia Vascolare, Responsabile U.O. di Chirurgia Generale e Urologia, Servizio di Angiologia e Chirurgia Vascolare, Istituto Clinico San Siro, Milano Alessio Pederzoli Medico Chirurgo, Specialista in Chirurgia Vascolare, Dottore di Ricerca in Tecnologie Avanzate in Chirurgia, Università degli Studi di Roma, Policlinico Tor Vergata Filippo Bruno Specialista in Angiologia, Casa di Cure Orestano, Palermo Sandro Pastorino Specialista in Chirurgia Vascolare, Specialista in Chirurgia Generale, Dirigente Medico 1° livello U.O.C. Chirurgia, Presidio Ospedaliero S. Carlo Genova Voltri Ospedale Evangelico Internazionale Anno I - n. 2/2011 - Reg. del Trib. di Roma n. 221 del 13/05/2010 - Periodicità quadrimestrale Matteo Zanin Flebologo, Chirurgia Generale, Specialista in Chirurgia Pediatrica, Specialista in Medicina dello Sport, Padova Attilio Misuri Ricercatore confermato in Chirurgia Vascolare, Università di Genova Maria Grazia Barboni Reparto di Chirurgia Vascolare, Casa di Cura Villa Erbosa, Bologna Ruolo della sulodexide nel trattamento ambulatoriale delle occlusioni venose retiniche Tonino Trecina Casa di Cura “Nuova Itor” - Unità Operativa di Oculistica, Roma Ambulatorio Centro Anti-Diabetico CAD - Cavalieri di Malta, Roma Specialità medicinale a base di: Sulodexide (Glucuronil Glucosaminoglicano) RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO 1. 2. 3. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE ® TREPARIN® 250 LRU capsule molli TREPARIN 600 LRU / 2 ml soluzione iniettabile COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA ® TREPARIN 250 LRU capsule molli ogni capsula contiene: Principio attivo: Sulodexide (Glucuronil glucosaminoglicano solfato) 250 LRU. Per gli eccipienti, vedere 6.1 ® TREPARIN 600 LRU / 2 ml soluzione iniettabile ogni fiala contiene: Principio attivo: Sulodexide (Glucuronil glucosaminoglicano solfato) 600 LRU. Per gli eccipienti, vedere 6.1 FORMA FARMACEUTICA “250 LRU Capsule molli” 50 capsule. “600 LRU/2 ml Soluzione iniettabile” 10 fiale da 2 ml. 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1. Indicazioni terapeutiche Ulcere venose croniche. 4.2. Posologia e modo di somministrazione Secondo prescrizione medica: CAPSULE: 1 capsula 1-2 volte al giorno, lontano dai pasti. FlALE: 1 fiala al giorno, per via intramuscolare. La terapia può essere iniziata con le fiale e dopo 15-20 giorni, passare alla via orale per 30-40 giorni. 4.3. Controindicazioni Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti. Diatesi e malattie emorragiche. 4.4. Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego Nei casi nei quali sia in atto un trattamento con anticoagulanti, è consigliabile controllare periodicamente i parametri emocoagulativi.Tenere fuori dalla portata dei bambini. 4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione Esiste la possibilità di interferenze con trattamenti anticoagulanti effettuati contemporaneamente alla terapia con Treparin®. 4.6. Gravidanza e allattamento Pur non essendo emersa fenomenologia negativa in proposito nel corso degli studi sperimentali, se ne sconsiglia l’impiego nel corso della gravidanza e dell’allattamento. 4.7. Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari Treparin® non influisce sulla capacità di guidare veicoli o di usare macchinari. 4.8. Effetti indesiderati Nel corso delle sperimentazioni cliniche non ne sono stati segnalati. In letteratura, tuttavia, sono reperibili rari casi di sensibilizzazione consistenti in manifestazioni cutanee, in sedi diverse. Sono stati inoltre segnalati, occasionalmente, facendo uso della forma orale capsule, disturbi gastrointestinali, e facendo uso della forma iniettabile fiale, dolore, bruciore, ed ematoma, nella sede di iniezione.Tali fenomeni sono soggetti a remissione rapida per riduzione della posologia o, al più, sospensione della terapia. 4.9. Sovradosaggio L’impiego incongruo, come dosaggio, del farmaco può indurre fenomenologie emorragiche. In tal caso istituire idonea terapia antiemorragica (Solfato di protamina 1%). 5. PROPRIETA’ FARMACOLOGICHE 5.1. Proprietà farmacodinamiche Categoria farmacoterapeutica: antitrombotici/eparinici Codice ATC: B01AB11 La specialità medicinale TREPARIN® è a base di unico principio attivo: Sulodexide (Glucuronil glucosaminoglicano solfato G.G.S.). Il Sulodexide ha dimostrato di esplicare la propria azione sui più comuni tipi di alterate lipidemie: l’azione è da collegarsi alla capacità di legare le LDL e le VLDL e di attivazione delle lipoproteinlipasi. E’ stato ipotizzato il seguente meccanismo d’azione: Stimolazione della lipoproteinlipasi - Riduzione della sintesi epatica delle lipoproteine e/o aumento del loro ritmo di degradazione - Legame competitivo delle lipoproteine con Sulodexide, somministrato in via terapeutica, piuttosto che con i G.A.G. della parete arteriosa - Inibizione della aggregazione piastrinica - Attivazione della fibrinolisi. Questo aspetto è apparso costituire un ulteriore approccio al recupero funzionale della parete arteriosa sede di placche ateromasiche, con conseguente positiva influenza sulla funzione epatica, circolatoria, cardiaca. 5.2. Proprietà farmacocinetiche Il Sulodexide agisce nei confronti delle lipoproteine fisiologicamente, come un filtro, diminuendone il meccanismo di trasporto attraverso la parete e limitandone la comparsa in zona intimale. La somministrazione del farmaco libera nel torrente circolatorio un’enzima, o sistema enzimatico, capace di idrolizzare i trigliceridi legati alle lipoproteine. Il Sulodexide in parte circola libero nell’organismo, e, in parte, subisce un legame con la frazione ß, alla quale sono, di norma, associate le frazioni lipidiche. La maggior parte di quanto non si lega alle proteine plasmatiche viene escreto per via urinaria: dopo 12 ore dalla somministrazione, si ritrova in quantità che è stata calcolata di circa il 14,4% e del 13%, mentre dopo 24 ore, i valori risultano del 28,5% e del 27%, rispettivamente, per somministrazioni orali ed iniettive. Entrambe le vie di somministrazione garantiscono buoni livelli di assorbimento. 5.3. Dati preclinici di sicurezza I dati preclinici rivelano assenza di rischi per gli esseri umani sulla base di studi convenzionali di farmacologia di sicurezza, tossicità per somministrazioni ripetute, genotossicità, potenziale cancerogeno, tossicità riproduttiva. Il Sulodexide è un’eparinoide che ha dimostrato di possedere una buona tollerabilità locale e generale, anche a dosaggi di molto superiori a quelli impiegati in terapia clinica. Lo studio sulla tossicità del prodotto, condotto su varie specie di animali da laboratorio, ha consentito di concludere che, per somministrazioni orali, non è agevole determinare il valore della DL50, dato che, a dosaggi di 1000 volte superiori alla DTS, non si ottengono segni di sintomatologia tossica; dosi superiori sono di non agevole somministrazione all’animale: comunque, è stato stabilito che la DL50 per os, è superiore a 8000 mg/kg. Somministrato per via iniettiva, il farmaco risulta ben tollerato a dosaggi fino a 200 DTS/kg (i.m.) e 100 DTS/kg (e.v.) e la DL50, per impiego parenterale, è stata calcolata, in mg/kg, a 2840 (i.m.) e 2090 (i.p.) per il Mus musculus ed in 3120 (i.m.) e 2100 (i.p.) per il ratto. Anche per somministrazioni protratte nel tempo, il farmaco appare ben tollerato, senza influenze nocive su organi e funzioni organiche, incapace di indurre modificazioni dello sviluppo embriofetale o alterazioni della gestazione, come anche dell’aspetto istologico dei principali organi esaminati.Prove di laboratorio hanno dimostrato che il farmaco risulta sprovvisto di attività mutagena nel corso dei tests di più frequente accezione. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1. Elenco degli eccipienti ® TREPARIN 250 LRU capsule molli Eccipienti: Sodio laurilsolfato, olio vegetale, cera d’api, glicerina, gelatina, etile p-idrossibenzoato, propile p-idrossibenzoato, titanio biossido, ferro ossido giallo ® TREPARIN 600 LRU/2 ml soluzione iniettabile fiale Eccipienti: Sodio cloruro, acqua per preparazioni iniettabili 6.2. Incompatibilità Non pertinente 6.3. Periodo di validità 2 anni 6.4. Speciali precauzioni per la conservazione Conservare a temperatura non superiore ai 25° C 6.5. Natura e contenuto del contenitore Treparin® 250 LRU capsule molli - blister P.V.C. - Alluminio - 50 capsule Treparin® 600 LRU/2 ml soluzione iniettabile - fiale in vetro - 10 Fiale E’ possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate. 6.6. Istruzioni per l’uso Nessuna istruzione particolare. Il prodotto non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità ai requisiti di legge locali. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO Omikron Italia S.r.l. - Viale Bruno Buozzi n. 5 – 00197 Roma 8. NUMERI DELLE AUTORIZZAZIONI ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO Treparin 250 LRU capsule molli AIC 023797119 Treparin 600 LRU fiale AIC 023797121 9. DATA DI RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE Giugno 2005 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO Giugno 2005 Indice Flebotropo Triade®: Razionale, Sviluppo e Ricerca Scientifica 2 Direzione Medica Omikron Italia, Maria Arminio 2 Ruolo della sulodexide nel trattamento ambulatoriale delle trombosi venose 5 Mario Bellisi 5 Marcello Ghezzi 10 Alessio Pederzoli 12 Filippo Bruno 16 Sandro Pastorino 19 Matteo Zanin 23 Attilio Misuri 26 Maria Grazia Barboni 29 Ruolo della sulodexide nel trattamento ambulatoriale delle occlusioni venose retiniche Tonino Trecina 31 31 Editoriale Flebotropo Triade®: Razionale, Sviluppo e Ricerca Scientifica Direzione Medica Omikron Italia, Maria Arminio L’insufficienza venosa cronica vede coinvolti, come principali meccanismi fisiopatologici, l’alterato tono delle pareti venose, un’eccessiva permeabilità vasale e un processo infiammatorio prostaglandino-dipendente (Fig. 1). I flebotropi rappresentano la classe terapeutica principalmente utilizzata per il trattamento dell’insufficienza venosa cronica (IVC) e la prevenzione delle sue principali complicanze, quali flebiti, trombosi profonde e ulcere venose croniche. Chimicamente tutti i flavonoidi hanno una struttura ba- se costituita da 2 anelli benzenici, legati mediante un elemento a 3 atomi di carbonio; in funzione della diversa disposizione spaziale assunta da questi elementi, i vari composti si differenziano svolgendo azioni farmacologiche simili, ma con diversa intensità. Le molecole più utilizzate appartengono sostanzialmente al gruppo dei flavoni (di cui il più importante è la diosmina) e dei flavanoni (di cui il più importante è l’esperidina). Tutti i flavonoidi possiedono un’azione stabilizzante sul connettivo interstiziale e hanno marcati effetti sul vaso e sul processo infiammatorio, tuttavia ciascuna molecola possiede un’azione predominante peculiare che la caratterizza e ne influenza sostanzialmente l’impiego clinico (1). • La diosmina, che appartiene al gruppo dei flavoni, è il flavonoide più potente sul ripristino del tono venoso grazie al prolungamento dell’azione della noradrenalina a livello della parete venosa. • L’esperidina, che appartiene al gruppo dei flavanoni, esplica un potente effetto antinfiammatorio grazie alle azioni anti-istaminica, anti-bradichininica e anti-prostaglandinica. • La troxerutina, che appartiene al gruppo dei flavonoli, è il flavonoide più potente nel ridurre l’iperpermeabilità vasale grazie alla riduzione della capacità di filtrazione a livello capillare. In Europa, per il trattamento dell’IVC sono essenzialmente impiegati flebotropi a base di questi 3 flavonoidi, da soli o associati tra loro (diosmina + esperidina; troxerutina), in genere con una posologia di 2 compresse/die. Figura 1. Il microcircolo: arteriole, metarteriole, capillari, venule e vene. Cellule muscolari lisce Arteriola Sfinteri precapillari Anastomosi Capillari veri con singolo strato di endotelio Metarteriola Venula 2 Razionale Sviluppo e ricerca scientifica Studi clinici hanno evidenziato come l’associazione diosmina + esperidina sia più efficace della troxerutina sui parametri legati al ripristino del tono venoso (Fig. 2) (2). La troxerutina, invece, si è dimostrata più efficace sui parametri inerenti l’iperpermeabilità (edema) (Fig. 3)(3). Omikron Italia, Azienda leader nel settore vascolare, ha sviluppato nel 2005 un nuovo flebotropo, Triade®, a base di diosmina, esperidina e troxerutina, con un dosaggio doppio di esperidina rispetto all’associazione diosmina + esperidina già presente sul mercato (100 mg vs 50 mg). Tale formulazione, grazie all’associazione dei 3 flavonoidi più potenti a dosaggio ottimizzato, ha permesso di massimizzare l’efficacia sui 3 principali meccanismi fisiopatologici, ottimizzando l’effetto antidolorifico e la compliance, con la somministrazione di un’unica compressa/die. Un ambizioso programma di ricerca pre-clinica e clinica, con accordi quadro con importanti istituzioni italiane ed estere, è alla base del suo sviluppo. Omikron Italia ha siglato un accordo quadro con il Medical College of Georgia e ha realizzato e pubblicato un lavoro estremamente interessante sul ripristino della risposta contrattile alla noradrenalina su vene safene umane isolate sottoposte all’azione del calore (40°C) (4). I frammenti di vena safena, prelevati da pazienti con patologia varicosa sottoposti a safenectomia e incubati con Triade®, hanno subìto un ripristino dell’82% della contrattilità massima allo stimolo noradrenergico. Il flebotropo Triade® ha compensato la riduzione della reattività contrattile della parete venosa alla stimolazione noradrenergica indotta dal calore in modo statisticamente significativo rispetto all’associazione diosmina + esperidina micronizzate, alla sola diosmina e alla sola troxerutina, tutti a dosaggi terapeutici, dimostrando dunque più marcate proprietà farmacologiche (Fig. 4) (4). Un secondo studio, realizzato in collaborazione con il Laboratorio di Cardiologia Sperimentale dell’Università degli Studi di Ferrara ha, per la prima volta al mondo, evidenziato l’azione di un flebotropo su colture cellulari-endoteliali di vasi umani, permettendo di valutarne l’effetto biologico sulla iperpermeabilità venosa (5). Gli effetti del flebotropo Triade® sono stati testati su 2 modelli cellulari endoteliali, cellule endoteliali microvascolari umane e cellule endoteliali da vena ombelicale umana, riconosciute come modello ideale per mimare, rispettivamente, i vasi del microcircolo e l’endotelio vasale. Le cellule sono state incubate a 37°C su supporti di membrana semipermeabile e disposte a formare un mono-strato continuo che, prima di essere incubato con Triade®, è stato trattato con un induttore di permeabilità (Vascular Endothelial Growth Fac- Percentuale Figura 2. Tono venoso: percentuale di massima contrattilità alla noradrenalina (da: Bakri F 1989; mod.). 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Diosmina/Esperidina Troxerutina Rutina Controlli -7 -6,3 -6 log delle concentrazioni di NA (mol/l) Figura 4. Ripristino della contrattilità venosa allo stimolo noradrenergico: percentuale di ripristino contrattilità massima di frammenti di vena safena con diversi flebotonici. Figura 3. Permeabilità: riduzione sintomatologica (valutazione ASLS) (da Belcaro G 2002; mod.). Oxerutina 100 82% -13% -20 -30 -40 60 * 59% * 40% 40 20 -50 0 -60 -70 * 68% 80 -10 Percentuale Diosmina/esperidina Percentuale 0 -65% *p<0,001 3 Triade Diosmina+ esperidina micronizzate Diosmina Troxerutina FLEBOTROPO TRIADE®: RAZIONALE, SVILUPPO E RICERCA SCIENTIFICA tor, VEGF) per indurre un incremento patologico della permeabilità del 50% che permettesse di mimare l’effetto di uno stato infiammatorio sull’endotelio vasale (Fig. 5) (5). Figura 6. Efficacia del flebotropo Triade® sul microcircolo e sui grandi vasi: Triade® annulla l’effetto negativo dell’induttore di permeabilità e ripristina la fisiologica permeabilità vasale (5). Normalizza la permeabilità Figura 5. Modello sperimentale: le cellule endoteliali vengono coltivate fino alla formazione del monostrato e successivamente trattate con VEGF. Unità di fluorescenza Effetto Triade FITC - Destrano Monostrato continuo cellule endotelio vasale Il trattamento con dosaggi terapeutici di Triade® ha dimostrato di normalizzare la permeabilità vasale, ripristinandone i valori fisiologici e annullando completamente l’effetto permeabilizzante dell’induttore VEGF (Fig. 6) (5). Gli stessi Autori nella pubblicazione hanno sottolineato che “...Non esistono, in letteratura, studi basati sull’utilizzo di tali principi attivi su sistemi cellulari endoteliali umani dei grandi vasi o del microcircolo... per la prima volta è stato quindi realizzato uno studio con bioflavonoidi su colture cellulari-endoteliali di vasi umani...”. * 12.000 * * 8.000 4.000 0 *p<0,0001 p<0,0001 16.000 Basale VEGF 50 ng/ml 10 µg/ml 1 µg/ml 100 ng/ml Concentrazione Triade Questo a conferma della straordinarietà dei risultati ottenuti che hanno permesso, per la prima volta, di valutare l’effetto biologico del flebotropo Triade® sulla permeabilità vasale. La ricerca Omikron continua con nuovi e sempre più ambiziosi progetti di ricerca. Studi sono attualmente in corso con Triade® e ben presto verranno presentati nuovi risultati. Bibliografia 1. BilanciniS, Lucchi M. Le varici nella pratica quotidiana. Edizioni Minerva Medica Torino 1991. 2. Belcaro G, Cesarone MR, Bavera P et al. HR (Venoruton1000, Paroven, 0-[beta-hydroxyethyl]rutosides) vs. Daflon 500 in chronic venous disease and microangiopathy: an independent prospective, controlled, randomized trial. J Cardiovasc Pharmacol Ther 2002;7(3):139-145. 3. Bakri F. et al. Interaction d’une fraction flavonoique avec la noradrénaline sur la veine sa- phéne humaine isolée. Phlebologie 1989;2:668-671. 4. Bartoli M. Efficacia farmacologica di diversi flebotonici sulla risposta contrattile alla noradrenalina di safene umane isolate. Il Continuum del Paziente Vascolare 2010;1:12-16. 5. Morelli C. et al. Effetto biologico di una formulazione a base di diosmina, esperidina e troxerutina (Triade) sulla permeabilità dell’endotelio vasale umano. Il Continuum del Paziente Vascolare 2010;1:12-16. 4 Ruolo della sulodexide nel trattamento ambulatoriale delle trombosi venose Mario Bellisi Chirurgo Vascolare, Dirigente UOC di Chirurgia Vascolare dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Paolo Giaccone”, Palermo Introduzione Ricordando che spesso, nel determinismo e nell’evoluzione di una TVP, convergono e si esaltano più fattori di rischio, per quanto concerne le forme cliniche più gravi (trombosi ischemizzanti), sono ormai considerate di valore specifico le coagulopatie che caratterizzano uno stato trombofilico (anamnesi familiare di TEV, pregresso TEV, sindrome da anticorpi antifosfolipidi, disordini mieloproliferativi, iperomocisteinemia, deficit di proteina C o S, deficit di antitrombina III) (10). Un ruolo particolare è sostenuto dalle discoagulie paraneoplastiche, essendo accertata l’elevata frequenza in corso di neoplasie maligne (36,5%), specie del polmone, del digerente, del pancreas, della prostata, così come durante la radioterapia, la chemioterapia e l’ormonoterapia; è d’altronde acquisito il concetto di flebiti paraneoplastiche in genere, che sono spesso la prima manifestazione clinica della malattia di base (10). L’individuazione del ruolo della neoplasia non è chiara, anche se già da tempo è noto, nei tessuti neoplastici, un fattore procoagulante molto diffusibile e a duplice azione: attivazione diretta del fattore X (soprattutto gli adenocarcinomi mucinosi), e quindi indipendente dal fattore VII, e attività procoagulante per via estrinseca (tissutal tumor factor) (9). Anche le discoagulie paracollagenosiche possono essere responsabili di TVP: nel LES (lupus eritematoso sistemico) la presenza di immunocomplessi circolanti, che si depositano sull’endotelio vasale, porta da un canto all’aggregazione piastrinica e alla formazione di microtrombi, dall’altro all’attivazione della cascata del complemento (C3 e C5a) e quindi, attraverso la fagocitosi granulocitaria e il rilascio di enzimi lisosomiali, a lesioni endoteliali responsabili di un deficit locale di attivatore tissutale del plasminogeno (t-PA) e di prostaciclina (PGI2) (9). La patogenesi, che nelle connotazioni generali va vista all’interno della triade di Virchow, è oggi rivisitata e integrata dalle recenti conoscenze sui deficit dei fattori parietali di difesa, e va anche inquadrata sotto il profilo delle caratteristiche emodinamiche distrettuali anatomo-dipendenti. Il riferimento alle zone critiche dell’asse venoso profondo popliteo-femoro-iliaco-cavale e al valore dei circoli collaterali di compenso è ovvio. La TVP è spesso asintomatica e, di conseguenza, può passare Il tromboembolismo venoso (TEV) rappresenta una patologia comune, silente, che mette in pericolo la vita ed è difficile da trattare; in questi ultimi anni si è assistito a un deciso incremento delle trombosi venose profonde (TVP) e dell’embolia polmonare (EP), da riferire all’allungamento della vita media e all’incremento delle patologie neoplastiche, cardiopolmonari e infiammatorie. Anche l’incremento degli interventi chirurgici negli anziani, così come l’incremento dei traumi agli arti inferiori nei giovani, non sono da sottovalutare. Nonostante il migliore impiego della profilassi, l’incidenza di TEV non si è ridotta significativamente negli ultimi 20 anni (1). La tromboembolia venosa resta di difficile diagnosi e costituisce attualmente un grosso problema per la Sanità Pubblica; il TEV è infatti la terza malattia cardiovascolare per frequenza dopo la cardiopatia ischemica e l’ictus e la sua incidenza è superiore a 1 caso per 1.000 persone. Negli USA 2 milioni di persone/anno vanno incontro a un TEV e in Europa si parla di circa 700.000 casi/anno e il 10% circa (70.000) muore per EP (2,3). I casi documentati di TVP e di EP rappresentano la parte emergente di un enorme iceberg, considerando che la maggior parte di essi sono silenti; l’incidenza di TVP, nella popolazione generale, è dello 0,16%, quella dell’EP sintomatica non fatale è dello 0,02% e quella della EP fatale (riscontro autoptico) è dello 0,05% (4-7). La sede più frequente delle TVP è negli arti inferiori e l’evoluzione negativa è rappresentata dall’EP e dalla sindrome posttrombotica (SPT) con esiti invalidanti. La reale incidenza della SPT è variabile a seconda delle statistiche, insorge almeno nel 75% dei casi di TVP e tale percentuale aumenta sensibilmente nelle trombosi femoro-iliache; ciò deriva in parte dal fatto che molte TVP passano inosservate, ma anche dalla constatazione che, in un numero non indifferente di casi, il trattamento dell’episodio acuto è stato inadeguato (8). Nell’etiologia, tra i fattori di rischio sono da tenere in particolare considerazione gli interventi chirurgici maggiori (30%), il post-partum (20%), i traumi (16%) e le cardiopatie (12%) (9). 5 RUOLO DELLA SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE TROMBOSI VENOSE Figura 1. TVP: la clinica è condizionata dalla sede (a), collateralità (b) e dalle zone critiche (c). B A C Vena iliaca primitiva Vena ilio-lombare Tripode venoso iliaco Vena circonflessa Tripode venoso femorale Vena iliaca esterna Vena femorale comune Derivazione controlaterale Vena femorale profonda Vena femorale superficiale Vena femorale profonda Vena comitante Vena safena interna Vena poplitea Zona venosa poplitea Vena surale Vena safena esterna inosservata fino a quando il paziente non sviluppa un’EP; tale evento, potenzialmente mortale, spinge alla ricerca della fonte dell’embolo. La natura frequentemente asintomatica della TVP rappresenta uno dei motivi per cui la gestione medica ottimale dei pazienti ad alto rischio (quali quelli sottoposti a procedure ortopediche maggiori che coinvolgono l’anca o il ginocchio) prevede la tromboprofilassi (11,12). I sintomi clinici della TVP comprendono gonfiore, dolore e alterazione del colore dell’estremità colpita; un esame fisico può rivelare sensibilità a livello del polpaccio, edema unilaterale, calore, alterazione del colore della pelle e dilatazione venosa superficiale; tuttavia molti di questi segni e sintomi possono verificarsi in altre condizioni e hanno, quindi, uno scarso valore predittivo nella diagnosi di TVP. Nella diagnosi differenziale dovrebbero essere prese in considerazione condizioni quali le celluliti, le cisti di Baker e l’ematoma (13). La clinica è condizionata dalla localizzazione profonda del trombo nei collettori venosi profondi (poplitea, femorale superficiale, femorale comune, iliaca esterna, iliaca comune, cava inferiore) e dal coinvolgimento dei “punti critici”: zone di confluenza e di partenza delle collateralità (Fig. 1a, 1b, 1c). L’estensione del processo trombotico nei collettori venosi profondi, fino a “intasare” i punti critici, è responsabile delle forme cliniche di TVP. Il coinvolgimento del confluente popliteo, dal punto di vista clinico, è responsabile della TVP suro-poplitea (Fig.2). La TVP femorale si manifesta quando il trombo dalla femorale superficiale si estende sino a coinvolgere il tripode femorale. Il cointeressamento di tutto l’asse femoro-iliaco e dei punti critici femorale e iliaco-cavale è responsabile delle TVP femoro-iliache (Fig. 3a,3b,3c) nelle varianti ischemiz- Figura 2. TVP suro-poplitea. zanti (Phlegmasia alba dolens, Phlegmasia cerulea e Gangrena venosa) a seconda del grado di compromissione della collateralità (Tab. I) (14). 6 M. BELLISI Figura 3. Varianti ischemizzanti di TVP femoro-iliache: Phlegmasialba dolens (A), Phlegmasia cerulea (B), Gangrena venosa (C). A B C • Nelle TVP suro-poplitee sono presenti ectasie venose secondarie nel territorio delle safene. • Nelle TVP surali o tibiali non sono presenti ectasie venose così come non compare l’edema (numerosi circoli di drenaggio naturali). Tabella I. Correlazione tra segni e sintomi clinici e flebografia (da: Wheeler HB 1995; mod.). Segni/sintomi Dolore polpaccio Dolenzia al polpaccio Edema della gamba Edema dell’intero arto Arrossamento Differenza di temperatura Dilatazione delle vene superficiali Trombi palpabili Segno di Homans Specificità (%) 31 52 58 88 90 90 80 98 75 Sensibilità (%) 79 71 68 6 18 30 30 10 39 Esami diagnostici I test per confermare la diagnosi di TVP includono studi di imaging e test ematologici quali: • ultrasonografia venosa; • flebografia; • TC-RMN; • misurazione del D-dimero. L’ultrasonografia venosa, detta anche ultrasonografia per compressione (CUS), è il metodo più comunemente usato in caso di sospetta TVP; si pone diagnosi di TVP quando una vena non può essere pienamente compressa (CUS positivo) o l’esame rileva l’assenza di flusso ematico o un trombo visibile. La valutazione ecocolordoppler è invece meno affidabile, anche se è soddisfacente per le localizzazioni di gamba (11,15). La flebografia è da considerare il gold standard per la diagnosi perchè permette di rilevare la TVP del polpaccio e i trombi più prossimali; ha lo svantaggio di essere invasiva, dolorosa e costosa e, per tale motivo, l’utilizzo di questa metodica è solitamente limitato ai casi dubbi all’ecocolordoppler (13,16). La TC e la RMN permettono invece di individuare la sede e l’estensione del trombo, di studiarne i rapporti anatomici ed evidenziare la presenza di masse infiltranti o comprimenti. Sintomi Dolore È il primo a comparire, spontaneo o provocato; è causato dalla distensione delle vene a monte dell’ostruzione e indica la sede della trombosi; il segno di Homans è assente in meno del 50% dei casi. Edema Compare progressivamente dalle dita alla radice della coscia; è un edema più o meno teso a causa della distensione delle aponevrosi superficiali e può essere assente nei casi di trombosi localizzata in punti non critici (vena femorale superficiale, alcune vene surali o tibiali). Ectasie venose superficiali • Nelle TVP femoro-iliache sono presenti sulla coscia e nei quadranti inferiori dell’addome. 7 RUOLO DELLA SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE TROMBOSI VENOSE ganti, flebotonici vari, cicli di EBPM a dosaggi antitrombotici o terapeutici... Recentemente sono stati ottenuti risultati importanti nel campo della prevenzione delle recidive e delle sequele post-trombotiche dopo un episodio di TVP utilizzando sulodexide, rivelatasi efficace nel ridurre l’incidenza di complicanze senza influenzare significativamente l’assetto coagulativo del paziente, migliorandone la qualità di vita; questa molecola, un glicosaminoglicano (GAG) costituito per l’80% da eparina a medio peso molecolare e per il 20% da dermatansolfato, è in grado di esercitare importanti attività farmacologiche, agendo sia a livello dell’endotelio che del sangue circolante. La molecola, avendo uno spiccato tropismo endoteliale, inibisce la trombogenesi e l’accrescimento del trombo su superfici attivate, quali piastrine e cellule endoteliali; oltre poi a inibire i fattori della coagulazione e ridurre l’aggregazione piastrinica (mediata dalla trombina e dai leucociti) stimola la fibrinolisi locale per azione specifica sull’attivatore tissutale del plasminogeno (tPA) e sull’inibitore dell’attivatore del plasminogeno (PAI). Tali azioni vengono esercitate in seguito all’attività di sulodexide sulla velocità di inibizione della trombina da parte dell’antitrombina III e del cofattore eparinico II; queste modalità di azione non modulano lo stato coagulativo del paziente e sono associate a una spiccata attività profibrinolitica. L’utilizzo di sulodexide per un periodo di 2 anni, alla dose di 250 LRU due volte al dì, sembra prevenire dal 40% al 60% delle recidive nei pazienti a rischio moderato/elevato di trombosi venosa (21). Il D-dimero è un frammento proteico prodotto dalla degradazione del coagulo; si forma quando la plasmina dissolve i filamenti di fibrina che tengono insieme il coagulo ematico. Il test del D-dimero è usato per escludere la TVP (in caso di risultato negativo, la TEV è improbabile), ha una sensibilità del 99% e un valore predittivo negativo del 98%; questo tipo di test è ancora meno specifico nei pazienti ospedalizzati, post-operatori e anziani (17). Terapia La TVP richiede un approccio terapeutico iniziale con eparina seguito da anticoagulazione orale a lungo termine. Il farmaco di prima scelta è l’eparina, efficace nel ridurre la sintomatologia acuta, nel prevenire l’estensione del trombo, gli episodi di EP come pure la mortalità (18). In caso di utilizzo dell’eparina non frazionata, nella fase acuta è fondamentale una dose giornaliera di 25.000 U tali da raggiungere, entro 24 ore, un range terapeutico di APTT (tromboplastina parziale attivata) tra 1,5 e 2,5 volte i valori basali. L’eparina a basso peso molecolare (EBPM) è senz’altro più maneggevole, permette un approccio terapeutico immediato, non necessita di monitoraggio della coagulazione e la dose terapeutica media per un paziente di 70 kg è di 11.40015.000 UI/die. Gli anticoagulanti orali, secondo le Linee Guida ACCP 2000, devono essere utilizzati per un periodo non inferiore ai 18-24 mesi affinché esercitino significativi effetti sulle recidive di trombosi venose; tutto ciò con il rischio di incorrere ad effetti collaterali sgradevoli (sanguinanenti, ictus emorragici...) (19). La determinazione della trombosi venosa residua (TVR) mediante CUS sembra essere fondamentale per stabilire la durata della terapia con anticoagulanti orali. Se dopo 3 mesi di terapia il segno della CUS è negativo (assenza di trombo residuo) si può sospendere la terapia anticoagulante e continuare con l’elastocompressione; di contro la positività del segno impone di continuare l’anticoagulazione per altri 9 mesi (20). L’uso quotidiano di calze elastiche a compressione graduata (20-22 mmHg) per 2 anni, dopo TVP prossimale, sembra ridurre il rischio di recidive e l’evoluzione verso la SPT; tuttavia vi è incertezza circa la durata ottimale di utilizzo, la forza di compressione delle calze elastiche e l’entità del loro effetto, anche se è fuor di dubbio che l’elastocompressione rappresenti un caposaldo nel trattamento dell’insufficienza venosa in genere e della TVP e delle sue sequele in particolare. Alla sospensione della terapia anticoagulante, al medico che ha in carico il paziente non resta che effettuare follow-up ristretti (in media ogni 3 mesi) ripetendo eventualmente una CUS con l’ecocolordoppler e ricorrendo a una terapia di mantenimento spesso troppo “personalizzata”: antiaggre- Casi clinici Nel periodo 2007-2010 sono stati seguiti, in ambulatorio, 18 pazienti con TVP (in particolare 4 femoro-iliache, 9 suropoplitee e 5 surali); tutti i pazienti, previa ospedalizzazione, hanno praticato terapia anticoagulante orale per un periodo compreso tra 3 e 12 mesi. Note anamnestiche e trattamento In 5 pazienti, all’anamnesi, si è rilevata la recente assunzione di estroprogestinici, mentre in 2 pazienti la trombosi è insorta nell’immediato post-parto; in 3 casi la trombosi era correlata a trauma della strada e in 1 caso la trombosi si è manifestata entro 30 giorni da un intervento ortopedico. Alla sospensione dell’anticoagulante orale, giustificata dal quadro clinico negativo per segni di TVP o di insufficienza venosa cronica (IVC) e dal segno della CUS negativo all’ecocolordoppler, si è iniziata una terapia di mantenimento con sulodexide cps 250 LRU due volte al dì, supportata da elastocompressione con calze collant o monocollant 20 mmHg; il trattamento è stato protratto per almeno 2 anni. 8 M. BELLISI Conclusioni Si è proceduto a follow-up clinico ed ecocolordoppler ogni 3 mesi per il primo anno e ogni 6 mesi per il successivo; il trattamento è stato ben tollerato dai pazienti e non sono state registrate intolleranze o effetti collaterali, così come problemi emorragici o emocoagulativi. In nessun caso si sono rilevate recidive trombotiche, sia all’esame obiettivo che alla CUS. Gli edemi transitori, rilevati in alcuni pazienti, si sono risolti correggendo l’elastocompressione. In conclusione la sulodexide, grazie alle proprietà antiflogistiche, fibrinolitiche, anticoagulanti, antiaggreganti e protettive endoteliali che prevengono la formazione di microtrombi, può essere utilizzata come terapia di mantenimento nei pazienti che hanno superato la fase acuta della TVP, assicurando una continuità terapeutica, razionale e affidabile. Bibliografia 1. Prandoni P et al. The Long-Term Clinical Course of Acute Deep Venous Thrombosis. Annals of Internal Medicine 1996;125:1-7. 2. Giuntini C, Di Ricco G, Marini C et al. Updates on pulmonary embolism: epidemiology. Chest 1995;107:3S-9S. 3. NIH Consensus Conference. Prevention of venous thromboembolism and pulmonary embolism. JAMA 1986;256:744-749. 4. Lethen H, Flachskampf FA, Schneider R et al. Frequency of deep vein thrombosis in patients with patent foramen ovale and ischemic stroke or transient ischemic attack. Am J Cardiol 1997;80:1066-1069. 5. Sandler DA. Martin JF. 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Angiology 2004;55(3):243-249. 9 Ruolo della sulodexide nel trattamento ambulatoriale delle trombosi venose Marcello Ghezzi Specialista in Chirurgia Generale, Specialista in Angiologia e Chirurgia Vascolare, Responsabile U.O. di Chirurgia Generale e Urologia, Servizio di Angiologia e Chirurgia Vascolare, Istituto Clinico San Siro, Milano Introduzione Le complicanze trombotiche e periflebitiche generano dolore, febbre, arrossamenti e percezione di cordoni sottocutanei lividi, tesi e fissi alla cute. Nei casi inveterati sono presenti alterazioni del trofismo cutaneo e sottocutaneo: eczemi, sclerosi, ipodermite, ulcere di varia estensione e profondità. Sulla scorta dei dati forniti dall’esame clinico e dall’ecocolordoppler si giunge all’indicazione terapeutica. L’entità del rischio tromboembolico, prevedibile per il singolo paziente, è il principale fattore di scelta tra le misure di profilassi farmacologica e fisica che si sono dimostrate efficaci in studi controllati. Il cardine della terapia cosiddetta “conservativa” è l’elastocompressione, rappresentata da calze elastiche, preventive o terapeutiche di varie classi (KKL) e da bendaggi eseguiti prevalentemente da personale sanitario esperto. I farmaci non sono né utili né indicati nel tentativo di ridurre le varici stesse. La terapia farmacologica si rivolge ai casi di trombosi, profonda o superficiale, e alla riduzione del corollario sintomatologico legato alla presenza di varici. Le situazioni cliniche descritte in questo lavoro non includono le condizioni in cui la terapia antitrombotica ha già una sua strategia efficace e codificata dalle Linee Guida dedicate; è pertanto necessario escludere le trombosi venose di recente insorgenza, da immobilità e da traumi, le condizioni di trombofilia famigliare, le neoplasie e le complicanze durante i decorsi post-operatori per interventi chirurgici od ortopedici. Gli eventi trombotici, in pazienti portatori di insufficienza venosa cronica agli arti inferiori (IVC), costituiscono una condizione clinica importante sia dal punto di vista epidemiologico sia per le motivazioni socio-economiche che ne derivano (elevata incidenza, costi dell’iter diagnostico e terapeutico, significative perdite in ore lavorative, ripercussioni sulla qualità della vita). Nelle aree geografiche che ci riguardano, fortemente urbanizzate, industrializzate e civilizzate, le cause di IVC sono molteplici: errate abitudini alimentari, sovrappeso, attività lavorativa e vita esageratamente sedentaria, riscaldamenti delle abitazioni e del luogo di lavoro, per elencare le più importanti. La manifestazione clinica più comune di IVC è la sindrome varicosa. Innumerevoli studi clinici e statistici, sulla popolazione cosiddetta “occidentale”, confermano che la malattia è presente nel 10%-30% delle donne e nel 10%-20% dei maschi adulti, mentre è meno frequente al di sotto dei 35 anni e rara negli adolescenti e nei bambini; è colpito prevalentemente il sesso femminile fino alla 5a-6a decade (incidenza delle varici con la gravidanza e con il numero dei parti) mentre successivamente non si notano differenze fra i sessi. In rari casi anche estese e antiestetiche varici sono asintomatiche o poco invalidanti perché i pazienti mantengono gli arti inferiori in buona attività, usano l’elastocompressione e provvedono al riposo in posizione antideclive. A volte, e più spesso, varici di media entità sono mal sopportate per cause legate al tipo di attività lavorativa, all’obesità, alla flogosi della parete venosa o della cute soprastante. Generalmente i sintomi sono legati alla stasi: senso di peso, edemi, tensione, prurito cutaneo, pigmentazioni. Casi clinici Sono stati analizzati i risultati di trattamenti a lungo termine in pazienti portatori di IVC complicata da trombosi, superficiale o profonda, giunti all’osservazione ambulatoriale negli anni 2009 e 2010. Diagnosi e trattamento Su un totale di 3.960 pazienti sottoposti a prima visita, 1.072 sono stati riscontrati affetti da varici con elevata probabilità di rischio tromboembolico (27%); di tali pazienti 731 sono stati trattati con intervento chirurgico (68%) mentre i rimanenti 341 sono stati preventivamente trattati con terapia medica ed elastocompressione per il riscontro di eventi trombotici in atto (22%). Successivamente 125 dei 341 pazienti sono stati operati dopo aver accertato la completa risoluzione della trombosi (36%); i rimanenti 216 non sono stati operati per controindicazione e sono stati trattati con terapia medica e conservativa (64%). 10 M. GHEZZI Conclusioni Ai pazienti operati in elezione (731) è stata prescritta la terapia con EBPM (eparine a basso peso molecolare) a dosi di profilassi nel decorso post-operatorio; fanno eccezione 2 casi: una paziente che ha denunciato in anamnesi allergia o intolleranza a una precedente somministrazione di EBPM e un uomo che ha sviluppato intolleranza al farmaco dopo la 3a somministrazione; per tutti e due i pazienti è stata adottata una terapia con sulodexide 250 LRU 2 volte al giorno per 15 giorni, seguita da 250 LRU al giorno per altri 15 giorni. Ai pazienti operati in un secondo tempo, per il riscontro di complicanze trombotiche (125), sono state somministrate EBPM nel decorso post-operatorio, al termine del quale è stata prescritta terapia con sulodexide 250 LRU (1 cps mattina e sera per 30 giorni), seguita da mantenimento con 250 mg al giorno per 60 giorni. Tutti i pazienti del secondo gruppo, a eccezione di uno, sono risultati guariti ai successivi controlli, una paziente ha sviluppato una recidiva trombizzata al cavo popliteo sinistro a un anno dall’intervento per varici complicate della piccola safena (la paziente stessa aveva tuttavia giustificato l’insuccesso a causa dei suoi noti fattori di rischio: sovrappeso, attività lavorativa in ortostatismo e in ambiente surriscaldato, mancato uso di calze elastiche e assenza di attività fisica idonea…). Dopo opportuna terapia medica con EBPM ed elastocompressione la paziente è stata sottoposta a revisione chirurgica della recidiva, con asportazione di “cavernoma” ancora parzialmente trombizzato al cavo popliteo. A 6 mesi dal secondo intervento chirurgico, dopo un regolare decorso post-operatorio la signora sta bene, non presenta complicanze, continua la terapia di mantenimento con sulodexide 250 LRU/die iniziata al termine della profilassi post-chirurgica con EBPM (e si è convinta a combattere i suoi fattori di rischio per evitare ulteriori future complicanze). Sulla scorta di tali confortanti risultati, avendo constatato l’efficacia e la tollerabilità del farmaco, che al dosaggio di 250 LRU/die risulta anche accettabilmente “economico”, ritengo sia possibile estendere l’indicazione alla prescrizione di sulodexide anche ai pazienti portatori di IVC che non hanno sviluppato una complicanza trombotica, nell’intento di prevenire tale eventualità. Esiste un gran numero di malati cronici potenzialmente “a rischio trombotico” che quotidianamente afferisce agli ambulatori di angiologia e chirurgia vascolare. Tale segmento di pazienti non va trascurato: sono noti i dati epidemiologici che documentano la grande frequenza della patologia tromboembolica e il fatto che questa patologia sia molto spesso asintomatica nelle fasi iniziali; ciò rappresenta un problema rilevante nella gestione dei pazienti portatori di IVC. Un’ulteriore attenzione è, a mio avviso, da rivolgere alle persone portatrici di protesi di anca e ginocchio: trascorso il periodo di profilassi post-operatoria a lungo termine con EBPM, stabilito da protocolli e linee guida, i pazienti sospendono le terapie iniettive e spesso per intolleranza, pigrizia o scomodità non usano l’elastocompressione antitrombo. Si può allora verificare, quando ancora sono in una fase riabilitativa di mantenimento e non hanno riacquistato il 100% della piena efficienza, un temporaneo aumento del rischio tromboembolico che va riconosciuto e non sottovalutato; a tali pazienti possono essere associati ed equiparati tutti coloro che hanno subìto traumi agli arti inferiori. Al termine della codificata profilassi, qualora non si sia completata un’ottimale restitutio ad integrum, si può verificare un aumento del rischio. Avere a disposizione un farmaco efficace, ben tollerato, di facile somministrazione e, non ultima considerazione, sufficientemente economico, può rappresentare un’arma in più nella quotidiana guerra alla trombosi. Bibliografia • • • • • • • • • • • Agnelli G, Cosmi B, Di Filippo P et al. A randomised double blind placebo controlled trial of dermatan sulfate for prevention of deep vein thrombosis in hip fracture. Thromb Haemost 1992;67:203-208. Bergquist D, Benoni G, Björgell O et al. 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La prevalenza della malattia varicosa è del 50%-55% della popolazione femminile e del 10%-50% in quella maschile; inoltre la prevalenza della malattia varicosa clinicamente manifesta si attesta intorno al 10-33% delle femmine adulte e del 10%-20% dei maschi adulti. Nella tabella I viene indicato il numero di casi per anno di varici agli arti inferiori e di ulcere venose in collegamento al costo della patologia in Italia. Oggetto del nostro piccolo osservatorio ambulatoriale rimangono comunque lo studio, il trattamento e la prevenzione della più importante e rischiosa complicanza della patologia varicosa degli arti inferiori che è la trombosi, che è essenzialmente la formazione di materiale coagulato all’interno del vaso che ostacola il flusso sanguigno. Possiamo classificare la trombosi in superficiale e profonda. Citando la ben nota “triade di Virchow”, dove alterazione della parete vasale (anossia, acidosi, anticorpi, immunocomplessi, riduzione della sintesi degli inibitori, coagulazione), alterazione della crasi ematica (emoconcentrazione, agglutinazione eritrociti, aggregazione piastrinica, ipercoagulabilità, anomalie congenite) e modificazioni della dinamica circolatoria (diminuzione vis a tergo, diminuzione vis a fronte, diminuzione pompa muscolare, cause estrinseche o intrinseche) Il ruolo svolto dall’attività ambulatoriale del chirurgo vascolare è altamente variegato e comprende una vastità di esperienze, che spaziano dalla semplice medicazione di lesioni cutanee sino al porsi, come ultimo baluardo di frontiera, nella gestione di patologie multidisciplinari con aspetti più umanitari che terapeutici. In relazione allo specifico campo di azione riguardante l’angiologia e la chirurgia vascolare, il cambiamento della quotidianità e degli stili di vita ha portato all’evidenza di patologie che, se prima erano a pieno appannaggio di altre specialità, ora rientrano di diritto nel portafoglio di azione vascolare, il tutto con un grande ampliamento degli orizzonti culturali del chirurgo vascolare, ma con una conseguente confusione relativa ai confini del trattamento. Quotidianamente, si pongono all’attenzione lesioni cutanee su base vascolare, ulcere da valutare in funzione di quale base patogenetica si sono generate (deficit funzionali degli arti, alterazioni sensitivo-motorie periferiche) e, in maniera assoluta, in funzione di come si presentano alla nostra attenzione casi di flebiti e/o tromboflebiti degli arti inferiori (e, in piccole percentuali, degli arti superiori). Essenziale punto di inizio della nostra opera diagnostica e terapeutica è la classificazione: la patologia venosa, o insufficienza venosa o varice che dir si voglia, è essenzialmente costituita da una vena che ha perso la sua continenza valvolare; come è ovvio la vena è costituita da uno strato più interno chiamato intima, caratterizzato da cellule epiteliali estremamente piatte chiamate endotelio, uno strato intermedio muscolare chiamato media, più sottile di quello delle arterie, e di uno strato più esterno formato da collagene di sostegno ed elastina chiamato avventizia. In relazione alla continenza valvolare le valvole si trovano posizionate lungo il decorso dei vasi venosi e hanno il grande compito di aprirsi all’arrivo del sangue, per poi richiudersi immediatamente dopo il passaggio, in modo da impedire il reflusso verso il basso, il cosiddetto reflusso; il punto che maggiormente interessa il chirurgo, nella definizione e nell’indica- Tabella I. Numero di casi per anno di varici agli arti inferiori e ulcere venose e relativi costi. Varici arti inferiori Numero casi /100.000 abitanti Nuovi casi per anno/100.000 abitanti 7.000 220 Ulcere venose Numero casi /100.000 abitanti Nuovi casi per anno/100.000 abitanti 180 35 Costo socio-economico in Italia (ISTAT) Giornate lavorative perse 1.500.000 Milioni di euro per anno 850.000.000 12 A. PEDERZOLI Figura 1. Schematizzazione delle fasi di formazione del trombo. Figura 3. Trombosi completa delle vena grande safena. Turbolenza Trombo Valvole venose Trombo Trombo Figura 2. Trombosi parziale delle vena femorale superficiale. puerperio, traumi, immobilizzazione, neoplasie, flebopatie, obesità, insufficienza cardiaca, IMA (infarto miocardio acuto), ischemia arteriosa, contraccettivi orali, coagulanti, vasculiti, e malformazioni venose congenite (Tab. II). Il paziente giunge quindi alla nostra osservazione con un quadro sintomatologico tipico ma che, nel 70% dei casi, può anche essere assente o anche sfumato se intervengono dei fattori esterni confondenti (Fig. 3). Sintomatologia • Edema perimalleolare, di gamba (Fig. 4). • Senso di peso. • Dolore. • Dolenzia: segni di Homans e Bauer positivi. • Impotenza funzionale. L’evoluzione del quadro clinico del paziente può essere indirizzata verso la progressione del trombo con annessa eventuale embolia polmonare, oppure essere indirizzata verso un’invasione della parete vasale da parte di fibroblasti, mastcellule, polimorfonucleati e istiociti con evoluzione del quadro verso la Tabella II. Fattori predisponeneti e scatenanti della TVP. Fattori predisponenti Età Sesso Razza Fattori scatenanti Prolungata stazione eretta Obesità Ormonali Traumatici possiamo dire che inizialmente il trombo si depone nelle cuspidi valvolari a seguito della stasi venosa; la successiva deposizione di fibrina e piastrine provoca la sua progressione e la sua crescita; possiamo inoltre classificare la trombosi in superficiale e profonda a seconda del segmento interessato del sistema venoso (Figg. 1,2). La localizzazione della trombosi venos profonda (TVP) è distribuita in: • iliaca 7% • femorale 43% • poplitea 12% • vene di gamba 38% I fattori di rischio sono essenzialmente legati a età, sesso, razza, professione, anestesia, intervento chirurgico, gravidanza e Figura 4. Edema perimalleolare di gamba. 13 RUOLO DELLA SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE TROMBOSI VENOSE Figura 5. Progressione del trombo verso l’invasione della parete vasale. Figura 6. Trombosi venosa profonda arto inferiore destro. Embolizzazione Flusso ematico Frammentazione Retrazione Trombosi acuta Lisi Collaterali Organizzazione Retrazione fibrotica della vena trombizzata Ricanalizzazione Collaterali retrazione e la ricanalizzazione del trombo (Fig. 5). Nell’ambito della terapia abbiamo a disposizione anticoagulanti, antitrombotici e fibrinolitici; è proprio in questo ampio e complesso ambito che sulodexide si guadagna uno spazio molto importante. In poche parole sulodexide è un GAG (glicosaminoglicano) costituito per l’80% da eparina a medio peso molecolare e per il 20% da dermatan solfato, andando a interagire, in modo determinante, sulle 3 variabili della suddetta “triade di Virchow”: la molecola stimola la fibrinolisi locale interagendo con il tPA e sul PAI andando ad agire sulla velocità di inibizione della trombina da parte dell’antitrombina III e del cofattore eparinico II; inoltre interviene sul microcircolo modulando l’attività delle membrane basali. Sulodexide permette quindi il ripristino della funzione endoteliale, presenta attività fibrinolitica, prevenzione della formazione di microtrombi e spiccata attività antiflogistica, inducendo una riduzione della proteina C reattiva sensibile. Andando a prendere in considerazione i dati di campo, il quadro più frequente e nel quale sulodexide assume di diritto ruolo fondamentale, è la gestione del post- nel paziente con TVP. Dai dati della letteratura emerge che, in assenza di adeguato trattamento, il rischio di recidiva di TVP è del 40% nel 1° mese, con un aumento del 10% per ogni mese successivo (2). In effetti ormai il trattamento con LMWH (Low Molecular Weight Heparin) è ormai ben consolidato nella comune pratica clinica e di solito il trattamento inizia già con la prescrizione del medico generico; d’altra parte l’uso generalizzato delle eparine si associa si a una riduzione delle recidive di TVP, ma espone il paziente a una riduzione globale della coagulabilità, con la comparsa delle complicanze a essa legate (3-5); inoltre le recenti Linee Guida impongono un uso degli anticoagulanti per un periodo non inferiore ai 18-24 mesi affinchè esercitino un effetto significativo sulle potenziali recidive, con presenza di effetti collaterali anche gravi (6). Sia in base alla letteratura che alla mia personale esperienza l’uso di sulodexide si è rivelato efficace nel ridurre sia l’incidenza delle recidive che l’incidenza delle complicanze senza alterare, in misura importante, la coagulabilità del paziente e migliorando quindi la sua compliance con la terapia (Fig. 6) (7). Casi clinici Nella mia personale casistica (composta da 50 pazienti con TVP, selezionati in base all’eventuale comorbidità inibente il trattamento) dopo un periodo variabile tra i 15 e i 60 giorni di trattamento con LMWH i pazienti sono stati sottoposti a terapia con Treparin® 250 LRU con dosaggio di 1 cps/die per un periodo variabile tra i 3 e i 6 mesi. Tutti i pazienti sono stati monitorati dal punto di vista della coagulazione e, dal punto di vista ultrasonografico, con esame ecodoppler mensile; a tutti è stata prescritta l’elastocompressione degli arti inferiori e sono state indicate attenzioni di vita quotidiane. Al controllo clinico hanno tutti riportato un mantenimento dell’assenza della sintomatologia, 2 pazienti (4%) hanno sospeso la terapia per sintomi gastrointestinali, 14 A. PEDERZOLI altri 2 (4%) hanno manifestato una recidiva locale di trombosi, mentre il restante gruppo non ha manifestato segni clinici e ultrasonografici di recidiva di trombosi. Gli studi presentati in letteratura constano di un periodo di trattamento di 2 anni e ci riserviamo di aggiornare i dati al raggiungimento del periodo standard: i dati analizzati in letteratura tuttavia ascrivono una prevenzione di sulodexide del 40-60% delle recidive di TVP. bosi. Dal punto di vista molecolare, sulodexide inibisce la progressione prossimale del trombo con evidenza più significativa al di sopra del ginocchio (11). Non dobbiamo dimenticare quanto a volte l’utilizzo delle LMWH sia assolutamente controindicato oppure sia gravato da complicanze potenziali che possono e devono essere tenute in stretta considerazione: ci riferiamo essenzialmente alla piastrinopenia immunologica indotta dal trattamento prolungato con l’eparina, oppure alla presenza di comorbidità rilevanti e limitanti quali sono l’insufficienza epatica e renale. In questi casi suggeriamo l’uso di sulodexide nel trattamento delle trombosi, eventualmente associate ad altra patologia, essendo scevro da interazioni o complicanze ad organi come citato in letteratura. Concludendo, alla luce delle evidenze molecolari, in seguito alla migliore conoscenza dell’omeostasi dell’endotelio nel controllo dell’attività anticoagulante, antitrombogena e fibrinolitica, e in base alle evidenze cliniche, possiamo dire che sulodexide appare essere il farmaco di scelta nel trattamento delle recidive delle TVP, sempre a seguire di una scelta terapeutica, con LMWH, e coadiuvato da una giusta elastocompressione e da una corretta valutazione del quadro coagulativo del paziente e delle sue comorbidità. Conclusioni Sulodexide si pone quindi come giusta e corretta scelta nel trattamento post-eparinico delle TVP, costituendo un solido riferimento per la prevenzione delle recidive: il trattamento prolungato con LMWH è accreditato giustamente ancora da ottimi risultati nel trattamento e nella prevenzione delle recidive, ma prevede una scarsa compliance da parte del paziente, che mal tollera la somministrazione sottocutanea del farmaco e quindi è meglio disposto verso una terapia per os; inoltre, alla luce anche della scomparsa di alcune molecole sino a non molto tempo fa utilizzate come continuum terapeutico post-eparinico, come ad esempio defibrotide, sulodexide si candida a gold standard come farmaco di ruolo nella prevenzione e nella terapia medica per os della trom- Bibliografia 6. Hirsh i et al The SixthACCP guidelines for antithrombotic therapy for prevention and treatment of thrombosis. Chest 2001;119;1S-2S. 7. Errichi BM et al Prevention of recurrent deep venous thrombosis with sulodexide: Te San Val Registry. Angiology 2004;55;243-249. 8. Callam MJ et al. Chronic leg ulceration: socio economics aspects. Scott Med J 1988;33;358360. 9. Nelzen O et al. Venous and non venous leg ulcers. Br J Surg 1994;81;182-187. 10. Scondotto G, Aloisi D, Ferrari P. Treatment of venous leg ulcers with Sulodexide. Angiology 1999; 50(11) :883-889. 11. Pinto A et al. Sulodexide versus calcium heparin in the medium-term treatment of deep vein thrombosis of the lower limbs. Angiology 1997;48;805-811. 1. Bacchieri Cortesi M et al. Ruolo dell’ecocolordoppler nella diagnosi della trombosi venosa profonda degli arti inferiori. Minerva Cardioangiologica 2003;51:203-205. 2. Hull RD et al The importance of initial heparin treatment on long term clinical outcomes of antithrombotic therapy : the emergic theme of delayed recurrence. Arch Intern Med 1997;157;2317-2321. 3. Kearon C et al A comparison of three months of anticoagulation with extended anticoagulation for a first episode of idiopathic venous thromboembolism. N Engl J Med 1999;340;901-907. 4. Raschke RA The weight-based heparin dosing normogram compare with a standard care normogram. A randomized controlled trial. Ann Intern Med 1993;119;874-881. 5. Brandjes DPM et al Acenocumarol and heparin compared with acenocumarol alone in the initial treatment of the proximal-vein thrombosis. N Engl J Med 1992;327;1485-1489. 15 Ruolo della sulodexide nel trattamento ambulatoriale delle trombosi venose Filippo Bruno Specialista in Angiologia, Casa di Cure Orestano, Palermo Introduzione Fattori di rischio Le trombosi venose profonde (TVP) rappresentano oggi uno dei più importanti capitoli della patologia vascolare e, solo da alcuni anni, hanno ricevuto l’attenzione che richiedono e meritano. La TVP è determinata dall’ostruzione, per coagulazione intravasale del sangue, di uno o più tronchi dell’asse venoso profondo di un arto o di un altro distretto, da parte di un ostacolo intrinseco che è il trombo. Tra i fattori di rischio della patologia trombotica si possono evidenziare condizioni predisponenti e condizioni favorenti la genesi di TVP; si possono considerare, come condizioni predisponenti, quelle di seguito indicate. 1) Età: le trombosi venose sono abbastanza rare prima dei 40 anni, se si eccettuano le forme correlabili alla gravidanza e al puerperio; dopo i 40 anni, invece, la loro frequenza aumenta progressivamente. 2) Sesso: sembra che prima dei 40 anni non vi siano sostanziali differenze tra uomo e donna; dopo i 40 invece l’incidenza sarebbe maggiore nelle donne a causa della più frequente obesità e per la maggiore longevità. 3) Obesità e dislipidemia: in pazienti obesi e dislipidemici il rischio di TVP, e quindi di embolia polmonare, è due volte superiore a quello di pazienti non obesi, come risulta da studi autoptici e in vivo. 4) Abitudini di vita: vanno riferite particolarmente al tipo di professione che, nel caso di sedentarietà, può contribuire ad aumentare l’incidenza delle TVP; si possono altresì considerare condizioni favorenti quelle di seguito indicate. - Varici e precedenti TVP: determinano stasi e danno endoteliale aumentando nettamente il rischio di recidive. - Interventi chirurgici: costituiscono un fattore di rischio di per sé significativo per il trauma tissutale, che comporta liberazione di tromboplastina e caduta del potere fibrinolitico, e per i traumi vascolari. - Immobilizzazione: la frequenza massima di TVP si verifica dopo una settimana per il marcato rallentamento del flusso venoso. - Malattie ematologiche: assumono particolare importanza i disordini mielo-proliferativi (trombocitemia, policitemia vera, metaplasia mieloide). - Anticoncezionali: è ormai assodato che gli estrogeni aumentano il rischio di TEV, oltre al ben noto aumento di patologie arteriose aortiche e coronariche. Sintomatologia e diagnosi La TVP può manifestarsi con sintomatologia modesta, scarsa o essere del tutto asintomatica oppure può presentarsi, fin dal suo esordio, con le sue più gravi complicanze (embolia polmonare e gangrena venosa); tra questi due estremi esistono quadri clinici variamente modulati e comunque clinicamente evidenti, che richiedono ed esigono una pronta diagnosi e un altrettanto pronto e adeguato provvedimento terapeutico. Le malattie delle vene profonde sono da prendere sempre sul serio, non solo per il pericolo di embolia ma anche per il danno permanente del sistema venoso che ne segue e che può portare a invalidità precoce; quanto più a lungo persiste l’occlusione trombotica di una vena, tanto maggiore è la probabilità che i provvedimenti per la ricanalizzazione del lume non siano più fruttuosi o addirittura praticabili; da ciò deriva un danno permanente del sistema venoso profondo. Anche quando da anni non viene lamentata una sintomatologia evidente, vi è il pericolo di nuove trombosi, che da ultimo possono portare a una sindrome post-trombotica (SPT) e quindi possono dar luogo a grave minorazione del paziente. Certamente l’entità del danno permanente è determinata anche dalla localizzazione e dall’estensione della trombosi; i recenti risultati dell’epidemiologia della SPT rendono necessaria una riconsiderazione della terapia, finora orientata prevalentemente sulla localizzazione: il fatto che le trombosi della gamba, quasi sempre ben circoscritte e isolate, portino più raramente a una SPT, non dovrebbe dissuadere infatti da una terapia aggressiva. 16 F. BRUNO - Neoplasie: il rischio di TVP aumenta di 2-3 volte ed è massimo in caso di neoplasie pancreatiche e dell’apparato genito-urinario. - Cardiopatie: al di sopra dei 30 anni l’incidenza di TEV è 3,5 volte maggiore nei pazienti cardiopatici. Le cause della trombogenesi venosa, indicate più di 100 anni fa da Virchow con la sua famosa“triade”, conservano fino a oggi piena validità: 1) danno endoteliale; 2) stasi venosa; 3) ipercoagulabilità. Solo quando sono in gioco tutti e 3 questi fattori, a cui certamente spetta una maggior importanza a seconda dell’etiologia, si verifica una trombosi venosa come di seguito indicato. 1) In condizioni fisiologiche è consentito un regolare deflusso di sangue all’interno del vaso venoso: infatti l’endotelio è idrofobo e perciò impedisce l’aggregazione piastrinica. Se l’endotelio viene alterato da condizioni patologiche, ancor prima che si manifestino le alterazioni istologiche esso può diventare idrofilo e quindi consentire l’adesione piastrinica e dare così inizio alla formazione del trombo. 2) In condizioni di flusso normale gli elementi corpuscolati più grandi occupano la corrente assiale centrale e un manicotto di plasma è interposto tra endotelio ed elementi figurati. Le piastrine normalmente scorrono in posizione intermedia tra plasma ed elementi figurati più grandi; quando c’è stasi e turbolenza il flusso sopracitato risulta alterato e gli elementi figurati, soprattutto le piastrine, vengono a contatto con l’endotelio e vi aderiscono. Il flusso turbolento può danneggiare sia l’endotelio che gli elementi figurati (emazie e piastrine) e la conseguente liberazione di ADP potrebbe provocare l’aggregazione piastrinica e poi la successiva trombosi. 3) Per ipercoagulabilità si intende, poi, una condizione congenita o acquisita che può determinare trombosi; tra di esse si annoverano: alterazioni di fibrinogenemia, antitrombina terza, proteina C coagulativa, proteina S, PAI 1, fattore 2, fattore 5, MTHFR (metilentetraidrofolatoreduttasi) C 677, MTHFR A 1298, anticorpi anticardiolipina, anticorpi antifosfolipidi. Lo studio del D-dimero ha oggi, più che un valore predittivo di TVP, un’importanza diagnostica per la trombosi in atto. La sede preferenziale di formazione del trombo è a livello della valvola venosa, dove è più evidente il rallentamento della corrente ematica; il trombo, poi, tende ad assumere una progressione di segmento in segmento, con tendenza all’arresto temporaneo a livello delle biforcazioni. A livello dell’arto inferiore esistono delle zone pericolose per le vene distrettuali (cavo popliteo, canale di Hunter, arcata inguinale, anello del soleo) dove la presenza di formazioni fibrose non deformabili determina un’angola- tura dell’asse venoso e favorisce la turbolenza e l’insorgere di una TVP. La trombosi comporta un ostacolo del ritorno venoso, l’insorgenza di stasi e di un’ipertensione venosa che determina anche un edema che interessa la muscolatura che, compressa dalla fascia, diviene dolorabile alla pressione. Quadro clinico Il quadro clinico delle TVP è determinato dalla sede e dalla lunghezza dell’occlusione e dalla rapidità della sua costituzione e quindi anche dalla formazione di un circolo collaterale. Dolori al polpaccio avvertibili nella posizione eretta o sdraiata e accentuantisi col carico sul piede possono già essere segno di trombosi; anche se solo il 20% circa di questi disturbi è causato da trombosi, essi debbono indurre a ulteriore approfondimento diagnostico ecografico. Edemi sottofasciali, un po’ meno sottocutanei, in corrispondenza delle parti distali degli arti, sono spesso indizi già notati anche dal malato. L’accurata palpazione con confronto fra i lati a muscolatura rilasciata contribuisce alla diagnosi, in quanto i gruppi muscolari interessati sono teso-elastici e spesso dolenti alla pressione. L’esame in piedi non deve mai essere trascurato: con esso si nota un forte riempimento venoso in corrispondenza delle parti distali dell’arto. Nel confronto fra i due lati, le vene, come segno dell’aumento della pressione venosa, si riempiono più nell’arto interessato che nel controlaterale; anche per gli esaminatori molto esperti, tuttavia, la diagnosi clinica corrisponde alla patologia trombotica nel 30%-50% circa dei casi. Perciò nei soggetti a rischio al minimo sospetto di una trombosi venosa si deve ricorrere alla diagnostica strumentale ecografica, al fine di evitare complicazioni e danni legati a tardive diagnosi. La trombosi è caratterizzata da un arto dolente, di colore blu livido; il paziente può appena caricare sulla gamba colpita e, nelle forme più gravi, l’arto è immobilizzato; come espressione dell’edema esistente si trova un rigonfiamento teso-elastico, con cute distesa e lucente. Sulle vene profonde interessate il paziente lamenta notevoli dolori alla pressione e vi possono essere sintomi generali come temperatura sub-febbrile, tachicardia, leucocitosi e lieve depressione. Trattamento Scopo di ogni terapia per trombosi dovrebbe essere l’apertura del lume e la conservazione delle funzioni delle vene per prevenire la SPT (con minorazione per tutta la vita); ciò però è possibile solo con una diagnosi precoce, probabilmente entro i primi 7-8 giorni dall’inizio della trombosi. Il trattamento fondamentale, per qualunque localizzazione della trombosi, è il bendaggio compressivo con cui si deve aumentare, nelle vene rimaste intatte, la velocità della corrente sanguigna per prevenire una propagazione della trombosi; con la decongestione e la riduzione della pressione dei tessuti si riaprono inoltre delle collaterali che erano collabi- 17 RUOLO DELLA SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE TROMBOSI VENOSE te per l’aumento della pressione tissutale. Le calze compressive o antiemboliche non possono mai rispondere a questo scopo perchè non si adattano individualmente alla forma della gamba; con questo trattamento, infatti, non viene assicurata la pressione di applicazione necessaria per la detensione e sono pertanto controindicate nelle trombosi acute. La terapia della TVP è farmacologica e si basa sull’utilizzo di eparina a basso peso molecolare (EPBM) a dosaggio anticoagulante per le prime 2-3 settimane; si aggiunge, successivamente, un anticoagulante orale (TAO), monitorando l’INR, che deve raggiungere un valore tra 2 e 3; quindi si sospende l’eparina e si continua con TAO per un periodo variabile tra i 3 e 6 mesi. Una terapia eparinica a basso peso molecolare deve inoltre essere praticata a quei pazienti che si sottopongono a interventi chirurgici cosiddetti “maggiori” di natura ortopedica (protesi d’anca o di ginocchio) o addominale, alle pazienti con sindromi varicose al momento del parto o a quei pazienti per i quali si prevedono lunghi periodi d’immobilizzazione. La TVP è una patologia particolarmente subdola perchè può spesso sviluppare il quadro clinico di SPT, caratterizzata da una serie di quadri clinici conseguenti al danno determinato dall’episodio trombotico sulla parete venosa e sul sistema valvolare. L’incontinenza valvolare, che residua dopo TVP, è causa di edema declive che, se non trattato, può sfociare in edema fibroso, con conseguenti importanti alterazioni cutanee che vanno dalle discromie cutanee e dermoipodermiti fino alle ulcere venose, la cui guarigione è spesso lenta e difficoltosa e caratterizzata da frequenti recidive. Tutti i pazienti affetti da pregresse TVP e conseguenti SPT devono essere sottoposti a frequenti controlli clinici per mantenere un soddisfacente equilibrio emodinamico ed evitare pericolose recidive di patologia trombotica, con terapie farmacologiche ed elasto-compressive e correzioni delle abitudini di vita (obesità, sedentarietà e scarsa attività motoria). Conclusioni Per tutte queste considerazioni le più moderne Linee Guida del trattamento delle TVP evidenziano come sia importante utilizzare una categoria di farmaci (glicosaminoglicani-GAG), dopo il trattamento con TAO. Tra questi ultimi l’uso di sulodexide ha indicazione prioritaria nel trattamento ambulatoriale della TVP; tale molecola ha infatti un’attività antitrombotica, agendo come inibitore della trombina, e fibrinolitica, stimolando la fibrinolisi locale per azione sull’attivatore tissutale del plasminogeno (PAI) e sull’inibitore del PAI. Un importante studio di Errichi et al. ha dimostrato che sulodexide riduce, in maniera significativa, l’incidenza di recidive di TVP; secondo gli autori, infatti, il trattamento con sulodexide per os, per un periodo di 2 anni, previene dal 40% al 60% delle recidive di TVP. Un cenno a parte merita il trattamento della trombosi venosa superficiale (TVS), per molto tempo rappresentato dall’utilizzo di fans, elastocompressione e legatura della crosse safeno-femorale nelle forme ascendenti per evitare l’estensione del trombo al circolo profondo. Studi recenti hanno dimostrato come l’utilizzo dell’EPBM per 10 giorni sia preferibile alla crossectomia nelle tromboflebiti (TVS) ascendenti, seguita dall’utilizzo di sulodexide per os per 6 mesi circa, sfruttandone l’azione anti-trombotica e fibrinolitica ed evidenziando un netto miglioramento dei sintomi e dei segni clinici della trombosi superficiale (rossore, dolore, edema e calore); per tale ragione, in accordo con numerosi studi effettuati negli ultimi anni, sulodexide risulta efficace nel trattamento delle TVS e nella prevenzione delle recidive della TVP. Bibliografia • • • Cosmi B ed al. Gli effetti additivi sull’inibizione della trombina da parte dell’eparina a pronta disponibilità e del dermatan solfato possono spiegare gli effetti anticoagulanti di sulodexide, una mistura naturale di glicosamminoglicani. Thromb Res 2003;109(5-6):333339. Errichi et al. Prevenzione delle trombosi venose profonde ricorrenti con sulodexide: il registro SanVal. Angiology 2004;55(3)243–249. • 18 Hirh I, Dalen I, Guyatt G. American college of Chest PhYsicians The sixth (2000) ACCP guidelines for antithrombotic therapy for preventions and treatmentof thrombosis. Chest 2001;119(1 suppl): 1S-2S. Kearon C, Gent M, Hirsh J et al. A comparison of three months of anticoagulation with extended anticoagulation for a first episode of idiopathic venous thromboembolism. N Engl J Med 1999;340(12):901-907. Ruolo della sulodexide nel trattamento ambulatoriale delle trombosi venose Sandro Pastorino Specialista in Chirurgia Vascolare, Specialista in Chirurgia Generale, Dirigente Medico 1° livello U.O.C. Chirurgia, Presidio Ospedaliero S. Carlo Genova Voltri Ospedale Evangelico Internazionale Introduzione terminano l'insorgenza dei quadri patologici della patologia vascolare di pertinenza venosa (Figg. 2,3) (1), le problematiche più frequenti delle flebopatie sono rappresentate da 2 elementi eziopatogenetici ben distinti e, al tempo stesso, concomitanti: il reflusso e l’ostruzione (Figg. 4-7). Il reflusso ematico dà incontinenza valvolare, primum movens della patologia venosa, la cui diretta conseguenza è la comparsa di varici e a cui segue, come complicazione, l'ostruzione do- Nell'ambito di tutta la patologia vascolare, che solitamente approda a un ambulatorio angiologico del territorio, la patologia venosa, che di gran lunga conta la maggior parte dei pazienti, è quella che richiede maggiormente sia approfondimenti diagnostici specifici sia, in casi selezionati, risposte terapeutiche adeguate e, spesso, “calzate” su misura. Tutto nasce dalla geniale intuizione di un medico tedesco, tale Virchow, al termine del lontano 1845; tale intuizione è identificata nella famosa triade (Fig. 1). Ferme restando tutte le implicazioni fisiopatologiche che de- Figura 3. Normale processo emostatico. A. Vasocostrizione Endotelio Membrana basale Muscolatura liscia arteriolare C. Emostasi secondaria Figura 1. Triade di Virchow. Sede del danno Espressione del complesso lipidico Fattore tissutale Il rilascio di endotelina provoca vasocostrizione Vasocostrizione riflessa Attivazione della trombina Polimerizzazione della fibrina Fattore tissutale EMC (collagene) Fibrina B. Emostasi primaria D. Trombo e fattori antitrombotici Modificazioni di forma Reclutamento Rilascio di granuli (ADP, TXA2) Aggrgazione (tappo emostatico) vWF Adesione piastrinica Endotelio Membrana basale Rilascio di: • t-PA (fibrinolisi) • trombomodulina (blocca la cascata della coagulazione) Neutrofili intrappolati Eritrociti intrappolati Fibrina polimerizzata Collagene Figura 4. Cause e processo di formazione dei trombi nella vena safena superficiale. Vena safena superficiale Figura 2. Fattori trombotici e antitrombotici dell’endotelio. Favoriscono la trombosi Via estrinseca della coagulazione Inibiscono la trombosi Varici (stasi) Trombi Inattivazione della trombina, del fattore Xa e IXa Proteolisi dei fattori Va e VIIa Ø Proteina C attiva Ø Adesione piastrinica: tenute insieme dal fibrinogeno Esposizione del fattore tessutale legato a membrana Proteina C Antitrombina III vWF Trombina Inibizione dell’aggregazione piastrinica PGI2, NO e adenosina difosfatasi Congestione locale-edema Dolore Infezione cute sovrastante Molecole eparino-simili Trombomodulina Emboli (rari) Endotelio Ulcere varicose (traumi leggeri) Collagene Illustrazione schematica di alcune delle attività pro- e anticoagulanti delle cellule endoteliali. Non sono invece mostrate le proprietà pro- e antifibrinolitiche. vWF=fattore di von Willebrant; PGI2=prostaciclina; NO=ossido d’azoto Altre cause: insufficienza cardiaca, parto, contraccettivi orali, immobilizzazione, ustioni, traumi, neoplasie 19 RUOLO DELLA SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE TROMBOSI VENOSE vuta sia alla stasi sia a tutte quelle condizioni che inevitabilmente alterano la stabilità dell'endotelio vasale. Ben diverse saranno le implicazioni, sia diagnostiche che terapeutiche, a se- conda dei territori interessati, dove ben altra rilevanza ha la presenza di una trombosi venosa profonda (TVP) rispetto a una trombosi venosa superficiale (TVS), sia per i rischi ben più concreti di sviluppare una tromboembolia polmonare (TEP), sia per le attenzioni terapeutiche e il necessario e doveroso “monitoraggio” dello stato della malattia trombotica, anche in relazione alle molteplici cause, sia manifeste che occulte, che l'hanno sviluppata. Fatta questa doverosa premessa, passeremo all'esposizione della nostra esperienza nel trattamento delle TVS degli arti inferiori con sulodexide (2). Figura 5. Cause e processo di formazione del trombo nelle vene profonde. Vena profonde - poplitea, femorale, iliaca Trombi Raramente edema e dolore per la presenza di circoli collaterali Casi clinici Emboli Nel periodo dal gennaio 2010 al dicembre 2010 sono stati diagnosticati, presso il nostro ambulatorio di Chirurgia Vascolare dell'Ospedale San Carlo di Genova Voltri, 32 casi di TVS in un gruppo di pazienti con età compresa tra i 27 e i 78 anni e con età media di 38,81 (età mediana di 50 anni), 21 arti inferiori destri e 12 arti inferiori sinistri: dei 33 pazienti ben 14 (42%) erano già stati sottoposti a chirurgia venosa ablativa dell'arto interessato; ben 23 presentavano il coinvolgimento diretto della vena grande safena (VGS) (69%), mentre 4 quello della VPS (12%) e 6 quello di rami ectasici collaterali (18%). Nella tabella I vengono indicate le caratteristiche dei pazienti, nella tabella II è indicata la classificazione CEAP dei pazienti mentre nella tabella III sono illustrati i sintomi prevalenti alla diagnosi. Cause: insufficienza cardiaca, gravidanza e periodo postpartum, contraccettivi orali con alto contenuto di estrogeni, immobilità e riposo a letto, ustioni gravi, traumi, neoplasie maligne diffuse, sindrome nefrosica, periodo post-operatorio Trattamento: eparina, fisioterapia alle gambe Figura 6. Emboli venosi Vena cava inferiore Trombosi venosa Vena iliaca Tabella I. Caratteristiche dei pazienti. Propagazione verso il cuore Risoluzione Embolia polmonare Organizzazione e incorporazione della parete Organizzazione e ricanalizzazione Figura 7. Processo di formazione degli emboli venosi. Pazienti Età compresa Età media Età mediana Pazienti già sottoposti a chirurgia venosa 32 tra 27 e 78 anni 38,81 50 anni 14 (42%) Tromboflebite superficiale 23 pazienti 4 pazienti 6 pazienti VGS (69%) VPS (12%) VV collaterali (18%) VGS=vena grande safena; VPS=vena piccola safena; VV=vene collaterali Trombi: trombosi-tromboflebite (arti inferiori) Tabella II. Classificazione CEAP Clinica C0-6. a) Polmone con infarto (arteria terminale) (l’infarto del polmone è raro per doppia circolazione) Classe 0 Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 4 Classe 5 Classe 6 b) Polmone con 50% del letto polmonare senza sangue Cuore polmonare acuto c) Emboli multipli d) Emboli silenti Arresto cardiaco Ipertensione-edema Stasi del circolo venoso vasodilatazione nodulo fibroso senza danno assenza di segni clinici o palpabili di malattia venosa presenza di teleangectasie e vene reticolari presenza di vene varicose tronculari presenza di edema turbe trofiche di origine venosa: pigmentazione, eczema, ipodermite come classe 4 con ulcere cicatrizzate come classe 4 con ulcera attiva 6 pazienti C2-C3 16 pazienti C4 11 pazienti C3 Incorporati nella parete con proliferazione delle cellule muscolari lisce e dell’intima-ipertensione 20 18% 48% 34% S. PASTORINO nosa, da cui la classificazione con il termine flebotonici; solo negli ultimi 20 anni sono comparsi farmaci come i glicosaminoglicani (GAG) capaci di contrastare, fin dagli esordi, l'insorgenza dei processi fisiopatologici alla base delle patologie trombotiche, e non solo del circolo, e in particolare del distretto venoso (3). Nella tabella IV vengono riportati i processi fisiologici venosi influenzati dalla farmacoterapia; tale contrasto nasce da studi comprovati (atti SIAPAV 2004) su come tali molecole abbiano dimostrato una grande efficacia nel contrastare le alterazioni dell'unità microcircolatoria, esplicando un’attività sinergica antitrombotica e vaso-protettiva fin dalle fasi iniziali della malattia, e non solo, nel trattamento degli stadi avanzati della malattia venosa (Fig. 8) (4-6). Il protocollo terapeutico, adottato in questo studio, ricalca quello eseguito in altri lavori: • sulodexide 250 LRU bid/os per 8 settimane (2). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a elastocompressione, dapprima mediante bendaggio elastico elastocompressivo in ortostasi kl2 nel periodo di trattamento; a valutazione dell'efficacia terapeutica sono stati considerati a 30 e 60 giorni dall'inizio del protocollo: • impotenza funzionale; • dolore spontaneo e alla palpazione; • edema; • ipertemia locale; • febbre. Valutati in una scala da 0 a 3 • 0 assente • 1 lieve • 2 moderato • 3 intenso. Nella figura 9 vengono graficamente illustrati i sintomi prevalenti alla diagnosi; dall'analisi dei dati ottenuti abbiamo rilevato che il maggior numero di pazienti aveva il coinvolgimento della VGS: 23 su 33 pazienti (pari al 69% del totale) (Fig. 10). La quasi totalità dei pazienti (31 su 33, pari al 93% del totale) ha presentato la risoluzione dell'impotenza fun- Tabella III. Sintomi prevalenti alla diagnosi. Dolore Edema Prurito Arrossamento Aumento della temperatura nella zona interessata Irrequietezza Crampi Varici 31 pazienti 17 pazienti 12 pazienti 25 pazienti 28 pazienti 18 pazienti 12 pazienti 33 pazienti 93% 51% 36% 75% 84% 54% 36% 100% Tabella IV. Processi fisiopatologici venosi influenzati dalla farmacoterapia. Ridotto tono venoso Ridotta fibrinolisi Microtrombosi capillare Funzione organo endoteliale Emoconcentrazione Depressione del reflusso venoarteriolare Disturbo della vasomozione Aumento della permeabilità capillare Edema Cuffia di fibrina pericapillare Aumento del plasminogeno plasmatico Alterazione della reologia leucocitaria ed eritrocitaria Attività leucocitaria Stasi del microcircolo Ridotto drenaggio linfatico Figura 8. Estesa tromboflebite di tutto il reticolo venoso superficiale su grave stato settico. Dal punto di vista medico la farmacoterapia dell’IVC si è sviluppata negli ultimi 60 anni, privilegiando l'aspetto della modificazione del tono e della contrattilità della parete veFigura 9. Sintomi prevalenti alla diagnosi. 21 RUOLO DELLA SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE TROMBOSI VENOSE a 30 giorni e in 7 pazienti (2,1%) a 60 giorni. Solo in 11 pazienti su 33 (pari al 33% del totale) non si è registrata alcuna modifica del quadro tromboflebitico a 60 giorni. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a esame ecocolordoppler di controllo; vi è da segnalare che, negli 11 pazienti che presentavano un quadro invariato a 60 giorni, vi erano tutti quelli che presentavano una TVS della VPS (vena piccola safena) (4 pazienti), 5/6 pazienti che presentavano una TVS su rami collaterali e solo 2 pazienti che presentavano una TVS sulla VGS. Figura 10. Tromboflebite superficiale. Conclusioni In conclusione risulta quindi evidente, dalla nostra seppur modesta esperienza, l'efficacia dell'impiego di sulodexide nel trattamento delle tromboflebiti superficiali degli arti inferiori, che si esplica prevalentemente in una riduzione importante del corredo sintomatologico, con una quasi completa risoluzione dei sintomi, nella quasi totalità dei pazienti, a 60 giorni dall'inizio della terapia. Notevole il miglioramento delle condizioni locali, con cospicua riduzione dell'edema e dei fenomeni collaterali dell'infiammazione locale (7,8). Diverso è il discorso per quanto concerne la ricanalizzazione dei fenomeni trombotici avvenuta, in gradi diversi, nel poco meno del 70% dei pazienti trattati a 60 giorni, mentre sono rimasti immutati nel 33% (11 pazienti su 33) del totale, pur registrando un netto miglioramento della sintomatologia; ed è proprio questa considerazione che ci spinge ad affermare che l'impiego di sulodexide, oltre a trovare un suo razionale impiego nel trattamento delle TVS, debba essere considerato come un farmaco di prima scelta in tutti quei casi di IVC, che classificheremo secondo CEAP C1-C2-C3, poiché la sua azione ha un effetto di protezione del “sistema endotelio” con conseguente altra prevenzione dei fenomeni trombotici, dalla rapida insorgenza, ma dalla lenta e non facile risoluzione. Figura 11. Ricanalizzazione delle TVS. zionale dell'arto interessato a 60 giorni mentre la risoluzione del dolore a 60 giorni, è avvenuta in 27 pazienti su 33 (81%). La ricanalizzazione dei segmenti venosi trombizzati è stata parziale in 2 pazienti (0,60%) a 30 giorni e in 15 pazienti (45%) a 60 giorni (Fig. 11). La risoluzione dei fenomeni trombotici, con una completa ricanalizzazione dei vasi, è avvenuta in 3 pazienti (0,90%) Bibliografia • • • • Ajraldi G, Amitrano M, Bacchieri Cortesi M, Basiel F et al. Diagnosi e trattamento delle flebopatie di interesse clinico - Esperienze con SULODEXIDE. Monografia Alfa Wasserman studio multicentro - Mediprint. Castelluccio A, Bologna E. Effects of Sulodexide on blood viscosity in patiens with peripheral vascular disease. Curr Res Med Opin 1991;12(5)325-331. Coccheri C, Scondotto G, Agnelli G, Aloisi D, Palazzini E, Zamboni V. Venous arm of the SUAVIS (Sulodexide arterial venuos italian study group): randomised, double blind, multicentre, placebo controlled study of sulodexide in the treatment of venous leg ulcers. Thromb Haemost 2002;87(6):947-952. Cospite M, Ferrara F, Cospite V, Palazzini E. Sulodexide and the microcircolatory compo- • • • • 22 nents in micro phlebopathies. Curr Med Res Opin 1992;13(1):56-60. Crepaldi G, Rossi A, Coscetti G, Abbruzzese E, Calveri U, Calabro A. Sulodexide oral administration influences blood viscosity and fibrinolysis. Drugs Exp Clin Res 1992;18(5):189-195. Kristova V, Kriska M, Babàl P, Djibril MN, Slamova J, Kurtansky A. Evaluation of Endothelium - Protective Effects of Drugs in Experimental mMdel of Endothelium Damage. Physiol Res 2000;49:123-128. Ofosu FA. Azioni farmacologiche del Sulodexide. Semin Thromb Hemost 1998;24(2):127138. Nero G. I GAGs nella prevenzione del rischio tromboembolico. Indicazioni nella pratica di un presidio territoriale. NPT 2009;Anno XIX- n.1(Suppl.6). Ruolo della sulodexide nel trattamento ambulatoriale delle trombosi venose Matteo Zanin Flebologo, Chirurgia Generale, Specialista in Chirurgia Pediatrica, Specialista in Medicina dello Sport, Padova Introduzione zione, oltre al quadro clinico e strumentale, sono da tenere in considerazione i fattori di rischio per la TV (Tab. II). Infine da tener presente lo score di Wells, che permette di identificare 3 grandi categorie di probabilità clinica: elevata, intermedia e bassa (Tab. III); tale sistema riesce, infatti, a mettere assieme dati anamnestici con elementi che emergono dalla valutazione clinica. Questo sistema è stato validato in uno studio trasversale basato sul confronto sistematico con la flebografia come esame standard di riferimento (3) e in uno longitudinale basato sull’insorgenza di eventi clinici (4). Come in tutte le patologie una pronta e corretta diagnosi è alla base della terapia del tromboembolismo venoso. Dal punto di vista medico la farmacoterapia delle tromboflebiti si è sviluppata negli ultimi 50 anni, poiché non esistevano apporti clinici e sperimentali che perseguissero l’intento di studiare la fisiopatologia della patologia trombotica. Uno dei farmaci di più recente concezione è sulodexide, risultando particolarmente attivo sui principali processi fisiopatologici che influenzano l’evoluzione delle flebo- Si può asserire che la trombosi venosa (TV) è l’epifenomeno derivante dalla presenza dei 3 fattori di Virchow (1854) (Tab. I). Innescato il meccanismo tromboembolico negli arti inferiori, le manifestazioni cliniche che lo caratterizzano si possono riassumere in dolore localizzato in corrispondenza della sede interessata dalla flebite o esacerbato da manovre semeiologiche: dorsi-flessione del piede (segno di Bauer) e compressione del polpaccio in senso antero-posteriore (segno di Homans) nelle trombosi venose profonde (TVP), edema, arrossamento e altre alterazioni del colorito cutaneo, iperestesia, Phlegmasia albadolens. Dal punto di vista clinico generale può essere presente uno stato febbrile; in realtà questi sintomi non sono né specifici, né sensibili, per cui è necessario effettuare sempre un esame strumentale (1). Esistono molteplici fattori associati alla TVP, predisponenti o scatenanti, che ne condizionano la comparsa, l’evoluzione e la risposta al trattamento (2). Nella valutazione generale del paziente che giunge alla nostra osserva- Tabella III. Score di Wells. Tabella I. Triade di Virchow. Caratteristiche cliniche Cancro attivo Paralisi, paresi, recente ingessatura di un arto inferiore Allettamento o chirurgia maggiore Dolorabilità localizzata Edema di un intero arto inferiore Edema del polpaccio Edema improntabile Presenza di vene superficiali collaterali Diagnosi alternativa Totale Ipercoagulabilità (incremento della viscosità del sangue) Riduzione del flusso ematico (stasi) Danno endoteliale (modificazione della parete vascolare) Tabella II. Principali fattori di rischio per TVP. • • • • • • • • Precedente TVP Immobilizzazione Malattia neoplastica Chirurgia Traumatismo arti inferiori Gravidanza Trombofilia Obesità grave Probabilità clinica Elevata Intermedia Bassa 23 Punteggio 1 1 1 1 1 1 1 1 1 >3 1-3 ≤0 RUOLO DELLA SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE TROMBOSI VENOSE lante e antitrombotico (17,18) inibendo la formazione di trombina e attraverso la sua azione proteolitica. La trombina è la serina-proteasi essenziale della cascata della coagulazione che promuove la deposizione di trombi. Le componenti FMH e DS di sulodexide accelerano l'inibizione della trombina interagendo simultaneamente e rispettivamente con l’ATIII e il HCII (19,20); tutto ciò ha, come risultato, l’inibizione diretta della trombina e blocca la formazione della stessa, inibendo gli attivatori della protrombina; sulodexide prolunga quindi il tempo di coagulazione della trombina e il tempo di tromboplastina parziale attivata (aPTT). patie. L’uso di tale farmaco è stato ulteriormente stimolato dal perseguire gli obiettivi clinici più importanti quali: a) ridurre la morbilità e la mortalità associate alle sue manifestazioni acute; b) ridurre l’incidenza di recidive di ulteriori eventi acuti; c) contrastare l’incidenza di sequele a distanza, rappresentate dalla sindrome post-trombotica (o post-flebitica), spesso altamente invalidante e con alti costi sociali (5). Impiego di sulodexide nella patologia venosa Il glucuronil-glicosaminoglicano (GAG) è un composto naturale impiegato negli eventi trombotici (6); è una molecola dotata di carica negativa, caratterizzata da lunghe e ramificate catene di polisaccaridi che contengono un’unità disaccaride ripetuta; questa unità contiene uno dei due zuccheri modificati, N-acetilgalattosammina o N-acetilglucosamina, e un acido uronico come il glucuronato o l’iduronato. Tuttavia l'utilizzo clinico dei GAG per il trattamento delle malattie trombotiche non è senza rischi: ad esempio è stato dimostrato che l'eparina ha vari effetti collaterali, tra cui la trombocitopenia indotta. Pertanto gli sforzi per sviluppare terapie alternative hanno determinato l'introduzione di eparine a basso peso molecolare (EPBM) e di piccole molecole mirate a siti selettivi nella cascata della coagulazione (7). Una di queste alternative è sulodexide, un GAG altamente purificato composto da due frazioni distinte; la miscela di GAG si ottiene dalla mucosa intestinale suina attraverso un processo brevettato (8) ma sulodexide è, per l’80%, costituita da eparina ad alta mobilità (FMH) e per il restante 20% da dermatan solfato (DS). La FMH e il DS sono caratterizzati da un minor grado di solfatazione e da una minore attività anticoagulante rispetto all’eparina non frazionata; il basso peso molecolare di sulodexide permette un buon assorbimento per via orale rispetto all’eparina. Caso clinico Nella pratica clinica, e in particolare nell’attività ambulatoriale di pazienti affetti da TV degli arti inferiori, l’uso di sulodexide è stato implementato al fine di ricercare terapie mediche che unissero maneggevolezza, efficacia e con minori effetti collaterali. Per quanto riguarda l’esperienza personale, riporto il caso di una paziente di 64 anni affetta da insufficienza venosa cronica (IVC), linfedema bilaterale e sovrappeso. Si presenta, alla mia osservazione, con un quadro clinico caratterizzato da: vivo dolore al terzo medio di coscia in territorio di grande safena sinistra che si sviluppava longitudinalmente per circa 10 cm, area di cute iperemica circostante, dolore alla deambulazione. Viene eseguito un ecodoppler venoso, che evidenzia un flusso ridotto ed elementi ipo-iperecogeni endoluminali, ridotta comprimibilità (CUS 2,5 mm) confermando la diagnosi di tromboflebite del tratto safenico di coscia. Si sottopone la paziente a terapia con Treparin ® 250 LRU/2 volte die per 30 giorni e successivamente con 1 cps/die per 60 giorni. Alla terapia medica vengono associate norme comportamentali quali: • esercizi di deambulazione (minimo 4.000 passi al giorno); • terapia compressiva di 2a classe. Dopo 15 giorni di trattamento si evidenziava un netto miglioramento della sintomatologia clinica, quale riduzione dell’edema, del dolore e scomparsa della pesantezza all’arto inferiore sinistro, e dopo 45 giorni si verifica una pressoché completa regressione dell’area iperemica e cordoniforme del tratto safenico di coscia interessato dalla tromboflebite. Un esame ecodoppler di controllo mette in evidenza una quasi completa ripresa del flusso con ridotti elementi iperecogeni parietali endoluminali (CUS 0,6 mm). A distanza di 3 mesi il quadro era clinicamente e strumentalmente risolto e naturalmente la paziente ha proseguito con assunzione periodica di sulodexide e contenzione elastica di 1a classe; la molecola è, perciò, in grado di modulare positi- Meccanismo d’azione Il GAG esercita un’azione antitrombotica, interagendo con gli inibitori naturali della serina-proteasi, come l'antitrombina III (ATIII) e l’eparina cofattore II (HCII) (9,10); come risultato di queste interazioni, l'inibizione della serina proteasi attivata, nella cascata della coagulazione con ATIII e HCII, viene accelerata più di 1.000 volte (11-13). La trombina è la serina-proteasi centrale del sistema di coagulazione, in quanto promuove la scissione del fibrinogeno in fibrina, il quale poi polimerizza portando alla formazione di trombi occlusivi arteriosi o venosi (14,15) o tromboembolie provenienti dall'atrio sinistro nei pazienti con fibrillazione atriale; la trombina, inoltre, può indurre un feedback positivo su se stessa, attivando il fattore VIII e il fattore V (16). Il GAG esercita il suo effetto anticoagu- 24 M. ZANIN vamente non solo la funzionalità vascolare, ma anche lo stato coagulativo del paziente, favorendo l’azione del sistema fibrinolitico e contrastando la neoformazione di trombi. Il farmaco trova quindi un suo razionale nei pazienti ambulatoriali affetti da varicoflebite, TVP non in fase acu- ta e nella prevenzione delle recidive di tromboflebiti, senza modificare significativamente la coagulabilità del paziente; è stato infatti dimostrato che la molecola non altera il PTT e l’INR, rendendosi particolarmente maneggevole nei trattamenti ambulatoriali. Bibliografia 1. Moser KM, Le Moine jr. Is embolik risk conditioned by location of deep venous thrombosis? Ann Intern Med 1981;94:439-444. 2. Kearon C, Gen M, Hirsh J et al. A Comparison of three months of anticoagulation with extended anticoagulation for a first episode of idiopatic venous thromboembolism. N Engl J Med 1999;340:901-907. 3. Wells PS, Hirsch J, Anderson DR et al. Accuracy of clinical assessment of deep vein thrombosis. Lancet 1995;345:1326-1330. 4. Wells PS, Anderson DR Bormanis J et al. Value of assessment of pretest probability of deep vein thrombosis in clinical management. 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Fattori di rischio di tromboembolismo e ipercoagulabilità. Epidemiologia La trombosi venosa (TV) è una condizione morbosa di estrema rilevanza in termini di morbilità e mortalità rappresentando, dopo l’infarto del miocardio e lo “stroke”, la malattia vascolare più comune (1); essa è costituita da 2 eventi, la trombosi venosa profonda (TVP) propriamente detta e l’embolia polmonare (EP), rappresentando così un “unicum” clinico. Gli studi epidemiologici più importanti sono stati condotti negli Stati Uniti e in Europa da Svezia e Francia (2,3) e l’incidenza del primo episodio oscilla tra 0,7 e 1,5/1.000/anno per la TV e del 0,95/1.000/anno per l’EP. In uno studio epidemiologico condotto da Cohen et al. (4) su una popolazione di oltre 300 milioni di abitanti le morti totali per EP erano 370.000. • • • • • • • • • Tabella III. Trombofilie congenite e acquisite. Congenite • Deficit antitrombina • Deficit proteina C • Deficit proteina S • Mutazione R506Q (FV Leiden) • Mutazione G20210A (F II) Fisiopatologia Sebbene la TV rappresenti un problema di notevole rilevanza clinica i meccanismi patogenetici di questa patologia sono ancora poco conosciuti; come postulato da Virchow più di 150 anni fa, 3 fattori sono di primaria importanza nello svilupparsi della TV: 1) anomalie del flusso venoso, in particolare il suo rallentamento; 2) anomalie del sangue, in particolare alterazioni dei costituenti del sangue che facilitano la coagulazione; 3) alterazioni della parete vasale. Questi punti chiave sono stati in seguito ridefiniti e, allo stato attuale, è chiaro che anormalità di flusso determinano la loca- Acquisite • Anticorpi antifosfolipidi Congenite o acquisite • Iperomocisteinemia Tabella IV. Incidenza di tromboembolismo venoso nei pazienti ospedalizzati (da: Prandoni P. 2008; mod.). • • • • • • • • • • Tabella I. Fattori di rischio di tromboembolismo venoso e stasi venosa. • • • • • • • Età Trombofilia congenita o acquisita Neoplasia attiva Terapia estro-progestinica Gravidanza Puerperio Chirurgia Incremento della viscosità plasmatica Malattie infiammatorie Età Obesità Immobilizzazione (allettamento > 4 giorni) Apparecchi gessati Vene varicose Trauma Jet lag 26 Pazienti internistici Chirurgia generale Chirurgia ginecologica maggiore Chirurgia urologica maggiore Neurochirurgia Stroke Chirurgia ortopedica maggiore arti inferiori Trauma grave Mielolesione Pazienti in terapia intensiva 10%-20% 15%-40% 15%-40% 15%-40% 15%-40% 20%-50% 40%-60% 40%-80% 60%-80% 10%-80% A. MISURI lizzazione di TV, le anormalità del sangue includono aberrazione sia del sistema coagulativo che fibrinolitico e infine che danni biologici dell’endotelio venoso sono potenzialmente più importanti dei grandi traumi. Allo scopo di esemplificare quanto esposto, vengono proposte le tabelle I-IV (5). lungo termine: l’uso di anticoagulanti orali è altamente efficace (ed è preferito in molti pazienti) e dosi adeguate di eparina sottocutanea sono il trattamento di scelta quando il trattamento con anticoagulanti orali è controindicato, come per esempio in gravidanza. La terapia a lungo termine (1824 mesi) con anticoagulanti riduce le recidive di TV dal 47 al 2% (8) ma il trattamento della TV dipende, comunque, da eziologia, estensione e gravità dei sintomi. Per quanto concerne le localizzazioni superficiali il trattamento anticoagulante con eparina a basso peso molecolare (EPBM) può essere integrato da antinfiammatori non steroidei e da calza elastica. A tutt’oggi non esiste un protocollo di trattamento farmacologico ambulatoriale dopo il periodo di terapia anticoagulante prevista per 18-24 mesi. Studi recenti (9) hanno confermato la capacità di prevenire, in modo significativo, la recidiva trombotica; l’azione di prevenzione si esplica infatti grazie al profilo farmacologico di sulodexide. Sulodexide (10) è un glucosaminoglicano costituito da una miscela di eparina a elevata motilità elettroforetica e da dermatansolfato, con elevata capacità antitrombotica e fibrinolitica. Lo studio di Errichi et al. ha dimostrato, insieme ad altri studi (11,12), che pazienti a rischio moderatoelevato di recidiva di TV, trattati con sulodexide in capsule, risultavano avere un’incidenza statisticamente minore dei pazienti del gruppo di controllo. La terapia ambulatoriale delle TV deve avere la caratteristica dell’efficacia sposata alla sicurezza del farmaco e alla compliance da parte del paziente, anche in considerazione dell’importanza di prevenire ulteriori episodi di TV nel lungo termine; per le suddette caratteristiche della molecola riteniamo che sulodexide possa essere utilizzata con efficacia nella terapia ambulatoriale delle TV. Quadri clinici e valutazioni diagnostiche È ormai comprovato che una diagnosi obiettiva di TV è vincolante poichè la valutazione clinica è assolutamente inaccurata (Cranley); sfortunatamente questa osservazione induce a considerare che la valutazione clinica è raramente di qualche utilità nei pazienti in cui sia sospettata una TV. Alcuni aspetti esclusivamente clinici, però, possono essere usati per classificare pazienti sintomatici con sospetta TV e migliorare le strategie diagnostiche; a tal fine Wells et al. dimostrarono che combinando l’uso di un pre-test di probabilità clinica di TV con l’esplorazione ultrasonografica delle vene degli arti inferiori, diminuiva il numero di falsi positivi e falsi negativi (Tab. V)(6). I pazienti sintomatici ambulatoriali sono la maggioranza nella Tabella V. Probabilità clinica: score di Wells. Caratteristiche cliniche Punteggio Cancro in fase attiva (terapia attuale, <6 mesi; palliativa) 1 Paralisi, paresi, recente ingessatura arto inferiore 1 Allettamento >3 giorni o chirurgia maggiore entro 4 settimane 1 Dolorabilità localizzata lungo la distribuzione del sistema venoso profondo 1 Edema di un intero arto inferiore 1 Edema del polpaccio >3 cm (rispetto al controlaterale) 1 Edema improntabile (arto sintomatico) 1 Presenza di vene superficiali collaterali (non varicose) 1 Diagnosi alternativa 1 Totale Probabilità clinica Elevata Intermedia Bassa Caso clinico >3 >1-3 <o=0 Note anamnestiche Soggetto di sesso maschile, età 64 anni, affetto da ipertensione arteriosa (in trattamento con beta-bloccanti) e obesità, giunge alla nostra osservazione circa 3 anni fa. In quella prima occasione il paziente presentava un quadro clinico di edema del polpaccio sinistro, accompagnato da dolore sia a riposo che durante la deambulazione. In anamnesi si rilevava un episodio recente di polmonite lobare, risolto con appropriata terapia farmacologica e riposo a letto per circa 10 giorni; al momento della ripresa deambulatoria si manifestava la comparsa della sintomatologia edematoso-algica a carico dell’arto inferiore sinistro. Quadro clinico All’esame obiettivo l’arto si presentava edematoso dalla caviglia fino all’articolazione del ginocchio; alla compressione superficiale permaneva il segno della fovea, alla palpazione profonda si repertava edema e dolore alla compressione delle mas- pratica clinica. Le strategie diagnostiche validate sono: 1) manovra di compressione sui grossi vasi venosi con sonda ultrasonografica; 2) determinazione della probabilità clinica secondo il test di Wells; 3) Il test del D-dimero in caso di risultato negativo esclude la TV (7). Terapia Gli obiettivi della terapia in pazienti con TV sono: 1) la prevenzione della mortalità per EP; 2) la prevenzione di recidive di TV ed EP; 3) la prevenzione della sindrome post-trombotica. I pazienti con TV o EP richiedono terapie anticoagulanti a 27 RUOLO DELLA SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE TROMBOSI VENOSE se muscolari del polpaccio; nulla di rilevante all’arto controlaterale. In considerazione dello score elevato di probabilità di TV (allettamento superiore a 3 giorni, dolorabilità localizzata, edema del polpaccio, edema improntabile = 4 punti dello score di Wells = elevata probabilità clinica), si procedeva all’esecuzione di esame ecocolordoppler del sistema venoso degli arti inferiori che evidenziava, a carico della vena poplitea sinistra, incompressibilità della stessa, assenza di segnale Doppler ed ectasia del lume venoso: tutti questi dati deponevano per TV della vena poplitea sinistra con occlusione completa del lume. ca 2 settimane, seguita da trattamento anticoagulante orale per 6 mesi e uso di calza elastica. Al primo controllo ecocolordoppler, a 3 mesi, si evidenziava una parziale ricanalizzazione della vena poplitea sinistra, mentre a 6 mesi la vena risultava completamente ricanalizzata, pur presentando ispessimenti parietali, segni incancellabili della pregressa TV. Dopo 6 mesi di terapia anticoagulante orale il paziente veniva sottoposto a terapia antiaggregante, al fine di prevenire la recidiva di trombosi e, da circa un anno, ha sospeso la terapia antiaggregante e ha iniziato la terapia con sulodexide 1 cps bid che, a tutt’oggi, ha confermato la validità terapeutica di prevenire le recidive di TV riducendo, in misura significativa, il costo del trattamento per queste ultime (9). Trattamento Veniva instaurata, a domicilio, una terapia con EPBM per cir- Bibliografia cal symptoms and signs. Arch Surg 1976;111:34. 8. Wells PS, Hirsch J, Anderson DR et al. Accuracy of clinical assessment of deep vein thrombosis. Lancet 1995;345:1326. 9. Hyers TN, Hull RD, Weg JG. Antithrombotic therapy for venous thromboembolic disease. Chest 1995;108(4):335s-351s. 10. Errichi BM, Cesarone MR, Belcaro G et al. Prevention of recurrent deep venous thrombosis with sulodexide: the SanVal registry. Angiology 2004;55(3):243-249. 11. Ofosu FA. 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The diagnosis of deep venous thrombosis: Fallibility of clini- 28 Ruolo della sulodexide nel trattamento ambulatoriale delle trombosi venose Maria Grazia Barboni Reparto di Chirurgia Vascolare, Casa di Cura Villa Erbosa, Bologna Introduzione CASI CLINICI La malattia varicosa colpisce circa il 25% della popolazione generale adulta; tale patologia si associa a un vasto corteo di sintomi quali flebodinia, pesantezza, crampi, prurito, gonfiore (soprattutto in prolungato ortostatismo); spesso, purtroppo, si assiste al sorgere di alcune complicanze, tra le quali la tromboflebite superficiale, che riveste un ruolo particolarmente significativo. Una visione eziopatogenetica e fisiopatologica più ampia della trombosi venosa superficiale (TVS) prende lo spunto non solo dalla triade di Virchow, ma anche dalla presenza di ipertensione venosa dovuta al reflusso valvolare venoso; quest’ultimo, infatti, si associa a uno stato infiammatorio per deplezione del glicocalice che riveste il lume endoteliale di uno stato pro-ossidante, con conseguente riduzione della biodisponibilità di ossido nitrico ed esposizione delle molecole di adesione per leucociti e piastrine. Sulodexide è un glicosaminoglicano (GAG) altamente purificato estratto da mucosa porcina, con procedura standardizzata, che contiene l’80% di “fast mobility heparin” (FMH) e il 20% i dermatansolfato bp (DS) con peso molecolare (PM) medio di 8.000 D; le sue attività farmacologiche comprendono attività profibrinolitica, antilipemica e antitrombotica attraverso l’inibizione dose-dipendente del fattore X attivato, inibizione dell’adesività piastrinica e attivazione del sistema fibrinolitico circolante e di parete; sulodexide normalizza inoltre i parametri viscosimetrici mediante la riduzione del fibrinogeno. Pertanto, se la terapia della fase acuta è ben standardizzata, con attenzione particolare alla sua evoluzione (allo scopo di prevenire un’eventuale estensione al circolo venoso profondo) altrettanto importante è la necessità di ridurre le recidive a distanza, intervenendo anche su vari aspetti micro-circolatori (quali l’endotelio e la trombosi capillare o l’emoreologia), andando ad agire sul manicotto di fibrina pericapillare e utilizzando, a questo scopo, i GAG. Vari trial multicentrici hanno valutato l’efficacia di sulodexide nel trattamento delle ulcere venose e nella riduzione del rischio di recidiva trombotica nei pazienti post-trombotici; per questo motivo è necessario valutare l’efficacia dei GAG anche nel trattamento ambulatoriale delle TVS e nella loro prevenzione. Caso 1 Note anamnestiche S.F. sesso maschile, 56 anni; all’anamnesi clinica riferiva di aver utilizzato antidepressivi e di aver subìto, a 40 anni, un intervento per emorroidi e a 51 anni una safenectomia interna sinistra. Quadro clinico Il paziente giungeva alla nostra osservazione per un controllo ecocolordoppler venoso per varici recidive dell’arto inferiore sinistro: si riscontrava un’incontinenza segmentaria della vena grande safena (VGS) destra, con reflusso dal III medio di coscia trasmesso in sede epifasciale a varici collaterali di gamba e varici recidive all’arto inferiore sinistro con incompetenza della vena perforante di coscia. Si programmava un intervento di correzione chirurgica a destra, che verrà rimandato perché il paziente si era presentato con arto edematoso e dolente, con cute arrossata, associato a cordone palpabile; l’Ultrasonografia Doppler (USD) confermava la presenza di TVS del 3° medio di gamba destra (Fig. 1). Trattamento Si instaurava una terapia con eparine a basso peso molecolare (EBPM) (6.000 U/24 h) per 4 settimane, poi si proseguiva per i 3 mesi estivi successivi con sulodexide 1+1 cps/die da 250 LRU associata a elastocompressione di 1a classe. Il paziente era pertanto in grado di rientrare alla sua attività lavorativa in breve tempo con buon recupero funzionale dell’arto. Caso 2 Note anamnestiche S.R. sesso maschile, di anni 46; l’anamnesi clinica non mostrava particolari patologie pregresse, salvo l’intervento, a 44 anni, per emorroidi e obesità di grado medio. Quadro clinico Da circa 15 anni il paziente riferisce la comparsa, dopo TVS della VGS sinistra, di varici con incontinenza della VGS e area di dermoipodermite a partenza perimalleolare che si è estesa progressivamente a tutta la gamba (Fig. 2); il paziente è stato 29 RUOLO DELLA SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE TROMBOSI VENOSE Figura 1. TVS del III medio di gamba. Figura 2. Dermoipodermite di gamba in via di risoluzione post-intervento. pertanto trattato con sulodexide 1+1 cps/die da 250 LRU associato a elastocompressione della 2a classe. Trattamento Il miglioramento del quadro locale, associato a un consistente calo ponderale, ci ha consentito di eseguire una scleroterapia della VGS associata a safenectomia segmentaria; l’utilizzo co- stante di cicli di sulodexide (1 cps/die) e della contenzione elastica ha consentito la parziale scleroterapia delle varici maggiori di gamba, ottenendo così una buona performance funzionale dell’arto e intensa soddisfazione da parte del paziente che, in passato, aveva rischiato di perdere il lavoro a causa della sua malattia. Bibliografia • • • • • • • • • • • • • Agus GB et al. Linee guida sulla diagnosi e terapia della insufficienza venosa cronica. Acta Phlebologica 2000;1:(suppl.1):1-40. 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Ugualmente va evidenziata l’importanza di alcune patologie locali oculari che aumentano il rischio di sviluppare un’occlusione venosa retinica, specie di tipo centrale: • glaucoma e ipertensione oculare; • sarcoidosi; • malattia di Bechet. Oltre a tutti questi fattori va ricordato che, a causa della particolare irrorazione retinica, questo tessuto può risentire di alterazioni emodinamiche distrettuali, oltre che di lesioni localizzate a livello dell’arco aortico, della carotide e dell’arteria oftalmica. Le occlusioni venose retiniche vengono distinte, in base alla sede di occlusione, in 2 forme principali: • occlusioni della vena centrale della retina (Fig. 1); • occlusioni dei suoi rami principali, od occlusioni di branca o parcellari (Fig. 2). Inoltre, in relazione al quadro patologico di base che determinano, si distinguono in: • forme prevalentemente ischemiche; • forme prevalentemente non ischemiche. Il meccanismo patogenetico alla base di queste condizioni pa- Dopo la retinopatia diabetica le occlusioni venose retiniche rappresentano, per incidenza, la più importante patologia vascolare della retina; esse sono inoltre frequentemente responsabili di una grave riduzione del visus e di importanti complicanze oculari nel tempo. Esistono vari fattori di rischio e/o predisponenti, generali e sistemici, nello sviluppo di un’occlusione venosa retinica: • età maggiore di 60 anni (specie nelle occlusioni della vena centrale); • ipertensione arteriosa; • diabete; • ipercolesterolemia; • cardiopatia ischemica; • fumo; • obesità; • quadri di iperviscosità ematica (policitemia, mieloma multiplo, macroglobulinemia); • disturbi trombofilici (specie nei giovani adulti; sindrome da anticorpi antifosfolipidi e varie forme ereditarie, come i deficit di antitrombina III, proteine C e S o l’auFigura 1. Occlusione venosa retinica: forma centrale. Figura 2. Occlusione venosa retinica: forma di branca. 31 RUOLO DELLA SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE OCCLUSIONI VENOSE RETINICHE Per questo si ha spesso un coinvolgimento maculare, responsabile della maggiore o minore gravità di presentazione del quadro clinico: da un calo del visus di varia entità con metamorfopsie, ad assenza completa di sintomi, come nelle forme a sede più periferica. L’esame obiettivo mostra le tipiche emorragie retiniche (“a fiamma”) solo nell’area relativa al ramo venoso interessato, dilatato e tortuoso (Fig. 4a); le emorragie possono essere di maggiore o minore entità, spesso associate a essudati di tipo ischemico (“cotonosi”). Se è coinvolta la macula, avremo emorragie e, soprattutto edema (spesso di tipo cronico, tendente a edema maculare cistoide) anche in quest’area; di conseguenza in tali casi il visus è ovviamente più o meno compromesso. In una percentuale variabile tra il 10% e il 30% si possono poi sviluppare neovasi epiretinici o papillari, in genere in un periodo compreso tra i 6 e i 12 mesi od oltre; l’esile parete dei neovasi può poi talvolta andare incontro a rottura, con conseguenti episodiche emorragie vitreali. La fluorangiografia (Fig. 4b) mostra un ritardo del riempimento venoso nell’area di competenza della vena ostruita, dilatazione e tortuosità venosa, aree di ipofluorescenza per le emorragie o nelle eventuali aree ischemiche, eventuale edema Figura 3. Incrocio artero-venoso: evidente la compressione dell’arteria sulla vena sottostante, in corrispondenza del manicotto avventiziale comune. tologiche è piuttosto complesso, ma è fondamentalmente il risultato di un’interazione tra danno dell’endotelio parietale, alterazioni emocoagulative (iperlipemia, iperfibrinogenemia) e anomalie a carico del microcircolo. Per le occlusioni della vena centrale della retina è ritenuto universalmente che la lesione scatenante sia un trombo posizionato nella vena a livello della lamina cribrosa. Possono essere implicati comunque altri fattori, quali l’aterosclerosi della vicina arteria centrale della retina (vena e arteria possiedono un’avventizia comune), processi infiammatori o compressivi del nervo ottico e dell’orbita, anomalie strutturali della lamina cribrosa o alterazioni emodinamiche. Le occlusioni venose retiniche di branca, più frequenti nel settore supero-temporale, invece, tendono di solito a verificarsi in corrispondenza di incroci artero-venosi (Fig. 3), ovvero dove è presente un manicotto avventiziale comune tra vena e arteria; l’aterosclerosi e la rigidità dell’arteria determinano una compressione della vena in tali sedi, con conseguente turbolenza del flusso e danno endoteliale, da cui scaturisce la trombosi e l’occlusione venosa. In ogni caso, una volta verificatasi, l’occlusione venosa stessa instaura un circolo vizioso: si ha infatti un aumento della pressione venosa e capillare, ristagno ematico, con conseguente ipossia dell’area retinica di pertinenza della vena ostruita. L’ipossia determina un danno endoteliale e quindi la diffusione degli elementi sanguigni nello spazio extracellulare (edema ed emorragie); in tal modo si crea un ulteriore aumento della pressione tissutale, che causa un ulteriore ristagno circolatorio e ipossia del tessuto retinico. Figura 4. Occlusione venosa retinica di branca o parcellare: emorragie retiniche “a fiamma” solo nell’area relativa al ramo venoso interessato, dilatato e tortuoso. In alto (a) retinografia, in basso (b) il relativo quadro fluorangiografico. Quadri clinici Occlusioni di branca (o parcellari) Le occlusioni venose dei rami principali della vena centrale della retina (o di branca o parcellari) sono molto più frequenti di quelle della vena centrale (circa 3 volte). La sede più frequentemente colpita è nel settore supero-temporale. 32 T. TRECINA maculare cistoide e fenomeni di diffusione da neovasi nelle fasi più avanzate. L’OCT (Tomografia a Coerenza Ottica) può evidenziare quantitativamente l’eventuale compromissione edematosa della macula; entro 6 mesi comunque una buona percentuale dei pazienti sviluppa vasi collaterali efficienti e riprende un visus accettabile, a parte i casi di edema maculare cistoide o ischemia maculare. Occlusioni della vena centrale Le occlusioni della vena centrale della retina determinano ovviamente un quadro in genere di maggiore compromissione rispetto a quelle di branca; l’occhio interessato presenta un deficit del visus improvviso e acuto, di varia entità, anche se spesso variabile da 1 a 3/10. Alcuni autori tendono a differenziare 2 forme di occlusione della vena centrale, forma non ischemica (Fig. 5a) e ischemica (Fig. 5b). La forma ischemica presenta un esordio più grave (visus spesso inferiore a 1/10) e si associa a più gravi evoluzioni a distanza (glaucoma neovascolare) rispetto alla forma non ischemica che vede, nell’edema maculare cistoide, la sua evoluzione più importante. In realtà spesso abbiamo quadri che pre- sentano le caratteristiche sia dell’una che dell’altra forma, per cui è forse più corretto definirle forme a prevalenza ischemica e forme a prevalenza non ischemica; queste ultime sono le più frequenti (70% dei casi). Spesso una forma inizialmente a prevalenza non ischemica si complica o può evolvere nel tempo in una forma a prevalenza ischemica. L’esame obiettivo, in ogni caso, è caratterizzato tipicamente da emorragie diffuse in tutti i settori retinici, definite “a spruzzo” o “a scoppio di granata” (Fig. 6), con irradiazione a partenza dalla papilla del nervo ottico, che si presenta spesso rigonfia ed edematosa. Le vene retiniche sono più complessivamente tortuose e dilatate; si rileva spesso edema maculare, diffuso o cistoide, specie nelle forme non ischemiche (Figg. 7,8); nelle forme a prevalenza ischemica invece il quadro obiettivo è in genere più marcato nei vari aspetti ed è spesso presente un deficit del riflesso pupillare afferente; sono inoltre spesso presenti essudati di tipo ischemico (cotonosi). Le emorragie retiniche tendono, in genere, a scomparire in un periodo che va dai 6 ai 12 mesi, ma spesso si notano, a distanza, alterazioni pigmentarie retiniche e maculari, membrane epiretiniche e, soprattutto, le eventuali maggiori complicanze, Figura 5. Quadro fluorangiografico a confronto di forma non ischemica (a) e forma ischemica (b) di occlusione della vena centrale della retina. Figura 6. Occlusione venosa retinica di tipo centrale: emorragie “a scoppio di granata” con irradiazione dalla papilla ottica, coinvolgenti tutto l’ambito retinico. Figura 7. Fluorangiografia retinica di occlusione venosa retinica centrale non ischemica, con edema maculare cistoide. 33 RUOLO DELLA SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE OCCLUSIONI VENOSE RETINICHE Figura 8. OCT di occlusione venosa retinica centrale non ischemica, con edema maculare cistoide. Figura 9. Trattamento laser lungo l’area interessata da pregressa occlusione venosa di branca o parcellare. rappresentate dall’edema maculare cistoide cronico (forme a prevalenza non ischemica) e dal glaucoma neovascolare (forme a prevalenza ischemica, in genere dai 3 ai 6 mesi dall’evento occlusivo venoso). In ogni caso, proprio per questi motivi, i pazienti vanno seguiti e monitorati a distanza dall’evento occlusivo (anche fino a 3 anni dopo). che debba essere avvicinato a quello delle trombosi venose degli arti inferiori (TVP-trombosi venosa profonda). Infatti l’uso di EPBM (eparine a basso peso molecolare) a dosaggi analoghi a quelli usati per le TVP può migliorare sia l’acuità visiva che l’edema maculare, nonché ridurre il rischio di formazione di neovasi in pazienti con occlusioni venose retiniche. Sappiamo che l’eparina standard ha la capacità di interrompere la cascata della coagulazione, attraverso il legame con l’antitrombina III, la cui conseguente attivazione provoca l’inattivazione della trombina e di altre proteasi sieriche (fattori IXa, Xa, XIa, XIIa, ecc.); si ha quindi la prevenzione della formazione di coaguli stabili di fibrina. La molecola di eparina è sufficientemente lunga da poter legare simultaneamente sia l’antitrombina III che la trombina catalizzandone così, in modo efficiente, l’inattivazione; l’eparina previene così l’accrescimento del trombo e la formazione di nuovi trombi instabili, mentre il trombo già presente viene via via eliminato dal sistema fibrinolitico naturale. L’EPBM ha una molecola meno lunga dell’eparina standard ed è quindi meno efficiente di quest’ultima nell’inattivazione della trombina, ma è in grado di catalizzare efficacemente l’inattivazione del fattore Xa da parte dell’antitrombina III. Le EPBM sembrerebbero più efficaci dell’eparina standard nella prevenzione della progressione della trombosi venosa, nonché avrebbero maggiore efficacia anche nel ridurre le dimensioni del trombo stesso; per questo motivo vengono usate sia per la prevenzione del tromboembolismo venoso che per il trattamento stesso delle trombosi; inoltre esse sono anche più maneggevoli e hanno minori effetti collaterali rispetto all’eparina standard, oltre ad avere anche una maggiore durata d’azione, con un profilo farmacocinetico più stabile. Ne deriva che le EPBM (come ad esempio la nandroparina calcica) vengono ormai preferite all’eparina standard nel trattamento delle trombosi venose anche perché è possibile, in tal modo, un trattamento a domicilio (extraospedaliero), in modo autonomo da parte dello stesso paziente, in una singola somministrazione sottocutanea giornalie- Trattamento delle occlusioni venose retiniche Principi generali Le occlusioni della vena centrale della retina hanno comunque una prognosi visiva severa, al di là del protocollo di trattamento attuato; le occlusioni venose di branca permettono, invece, in genere dei risultati più significativi, sia nei confronti dell’edema maculare che nella prevenzione del glaucoma neovascolare. Un trattamento laser a griglia può ridurre l’edema maculare e migliorare l’acuità visiva; in genere andrebbe attuato non prima di 3 mesi dall’evento occlusivo, in modo da permettere un’eventuale risoluzione spontanea o coadiuvata da farmaci. Nelle forme occlusive di branca può essere indicato un trattamento fotocoagulativo lungo l’area interessata, specie nelle occlusioni del ramo supero-temporale, per bloccare l’edema nel caso vada a interessare l’area maculare (Fig. 9). Un trattamento laser con fotocoagulazione panretinica, invece, non va iniziato troppo precocemente dopo un evento occlusivo, ma solo immediatamente dopo l’osservazione dello sviluppo di neovasi; in questi casi si ha un’altissima percentuale di regressione dei neovasi dopo il trattamento, con la quasi totale eliminazione del rischio di sviluppare un glaucoma neovascolare. Va aggiunto che l’iniezione endovitreale di sostanze antiVEGF (Vascular Endothelial Growth Factor), di corticosteroidi (triamcinolone) può migliorare di molto, o addirittura risolvere, anche se temporaneamente, l’edema maculare secondario a occlusioni venose retiniche, con parziale e temporaneo miglioramento dell’acuità visiva. Terapia farmacologica Un numero sempre maggiore di studi clinici indica ormai come il trattamento farmacologico delle occlusioni venose retini- 34 T. TRECINA ra (in genere effettuata nell’addome), senza la necessità di un monitoraggio continuo di laboratorio. Stabilito quindi il concetto che il trattamento farmacologico delle occlusioni venose retiniche debba essere avvicinato a quello delle TVP, è importante che la terapia venga iniziata precocemente. In genere viene usata EPBM (come la nandroparina calcica) al dosaggio di 200 UI/kg/die, corrispondenti a 1 ml di soluzione ogni 10 kg di peso corporeo, somministrata in una singola somministrazione sottocutanea giornaliera; questa terapia della fase acuta delle occlusioni venose retiniche con EPBM viene protratta generalmente per circa 2 mesi. successivamente alla fase acuta, nell’ambito dei controlli di attività ambulatoriale, in genere per una durata di 3 mesi, in capsule, al dosaggio di 250 LRU, 2 cps al giorno. Anche qui c’è un’analogia con la terapia delle TVP e della sindrome post-flebitica, in cui sulodexide ha dimostrato, nei pazienti affetti, una riduzione delle manifestazioni cliniche e un miglioramento dei dati strumentali. Allo stesso modo, in questa fase della terapia delle occlusioni venose retiniche, alcuni studi e anche la nostra stessa esperienza hanno dimostrato come l’uso di sulodexide, dopo la fase iniziale di trattamento con EPBM, abbia favorito un miglioramento del visus, un riassorbimento delle emorragie retiniche, una ricanalizzazione della vena retinica occlusa e una riduzione dell’edema maculare e delle aree retiniche ischemiche (tutto ciò come documentato dall’esame del visus e del fondo oculare, dalla fluorangiografia e dall’OCT). Un altro aspetto di rilievo è stato la riduzione della possibilità di conversione da una forma prevalentemente non ischemica in una forma francamente ischemica; inoltre in quella parte dei pazienti che sono a rischio medio-elevato, sulodexide ha mostrato efficacia nel ridurre gli eventi trombotici ricorrenti, anche in questo caso come avviene per quadri allo stesso livello di rischio in pazienti affetti da TVP. Un'altra indicazione nell’uso di sulodexide per la gestione ambulatoriale di un paziente affetto da occlusione venosa retinica è quindi quella della prevenzione delle ricadute, ciò alla luce specie dei primi 3 effetti farmacologici sopra ricordati, specifici del farmaco. Infine, proprio per queste sue azioni farmacologiche, il farmaco si è ben comportato, nella nostra esperienza, anche nei casi che manifestavano, all’osservazione ambulatoriale, un quadro di pre-trombosi della vena centrale della retina (Fig. 10), riducendo o annullando il rischio di una successiva evoluzione in una vera e propria trombosi. Ruolo di sulodexide nel trattamento ambulatoriale Successivamente a questa terapia della fase acuta con EPBM possono essere indicati, nello schema di terapia delle occlusioni venose retiniche, alcuni farmaci, come sulodexide, che abbiano comunque proprietà antitrombotiche e profibrinolitiche, oltre ad avere affinità e spiccata azione per le cellule endoteliali. Avendo personalmente a che fare, nella quotidiana attività ambulatoriale, specie con pazienti diabetici, abbiamo avuto modo di valutare, in concreto, gli effetti di questo farmaco in casi di occlusioni venose retiniche, sia nella fase post-acuta, sia nella prevenzione delle ricadute, sia nei casi che manifestano un quadro di pre-trombosi della vena centrale della retina. Sulodexide è una mistura di GAG (glicosaminoglicani), composta da eparina a elevata motilità elettroforetica per l’80% e da dermatansolfato per il 20% ed esercita importanti attività farmacologiche, poiché agisce sia a livello dell’endotelio che del sangue circolante. Infatti la molecola, che possiede uno spiccato tropismo endoteliale, presenta queste 5 principali attività dal punto di vista farmacologico: 1) ripristino della funzione endoteliale, attraverso l’intervento sulle membrane basali (ripristina sia qualitativamente che quantitativamente i GAG sub-endoteliali, azione importante osservata nel trattamento proprio della microangiopatia diabetica); 2) attività fibrinolitica (stimola la fibrinolisi locale, attraverso l’azione specifica sull’attivatore tissutale del plasminogeno e sull’inibitore dell’attivatore del plasminogeno); 3) prevenzione della formazione di microtrombi (inibisce la trombogenesi e l’accrescimento del trombo su piastrine e cellule endoteliali e i fattori attivati della coagulazione, riduce l’aggregazione piastrinica mediata dalla trombina e dai leucociti e, a livello del sangue circolante, la formazione di trombina libera, i livelli di fibrinogeno e la viscosità ematica); 4) moderata attività antiflogistica (riduzione della proteina C reattiva sensibile); 5) attività antiproliferativa sulla muscolatura vascolare arteriosa (responsabile della riduzione del lume e della reattività vascolare). È importante notare che queste modalità di azioni specifiche di sulodexide non modulano lo stato coagulativo del paziente e sono associate a una spiccata attività profibrinolitica; sulodexide può essere somministrata quindi Figura 10. Quadro di pre-trombosi della vena centrale della retina, ormai quasi evoluto in vera e propria trombosi: marcata congestione e tortuosità venosa, numerosi incroci A-V, alcune emorragie ed edema maculare. 35 RUOLO DELLA SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE OCCLUSIONI VENOSE RETINICHE Conclusioni Figura 12. OCT di edema maculare cistoide prima (a) e dopo terapia (b). Un approccio terapeutico alle occlusioni venose retiniche simile a quello delle TVP degli arti inferiori può dare degli ottimi risultati clinici e funzionali, specie se iniziato precocemente; è possibile ottenere così, come in diversi nostri casi trattati, una riduzione dell’edema maculare, rilevabile sia alla fluorangiografia (Figg. 11a,11b) che all’OCT (Figg. 12a,12b) e un parziale miglioramento dell’acuità visiva, oltre che una riduzione delle possibilità di conversione verso una forma ischemica. Dopo la fase acuta, in cui è fondamentale l’utilizzo di EPBM, Figura 11. Quadro fluorangiografico di edema maculare cistoide prima (a) e dopo terapia (b). possiamo gestire, nella pratica ambulatoriale, questi pazienti attraverso l’uso di farmaci più maneggevoli, come sulodexide. Questo farmaco, anche nella nostra esperienza ambulatoriale, oltre che nella fase immediatamente post-acuta, si è dimostrato utile per le sue specifiche peculiarità farmacologiche, anche nella prevenzione delle ricadute e nei quadri di pre-trombosi della vena centrale della retina. I pazienti da sottoporre a tale approccio terapeutico devono naturalmente eseguire una serie di esami preliminari, sia per accertare le patologie di base, che per valutare la reale opportunità di effettuare una terapia anticoagulante con eparina ed eparino-simili: emocromo con formula, glicemia, profili lipidico e coagulativo, ECG con visita cardiologica, monitoraggio della pressione arteriosa, ecocolordoppler dei vasi epiaortici. Va ovviamente infine rimarcata l’importanza di arrivare a un ottimo compenso nel trattamento delle patologie che sono alla base dei rischi di un’occlusione venosa retinica (ipertensione, diabete, iperlipidemia ecc.); ciò per favorire il miglioramento del quadro clinico, nonché per ridurre i rischi di eventi trombotici retinici ricorrenti. Bibliografia • • • • • • • • Branch Vein Occlusion Study Group. Argon laser photocoagulation for macular edema in branch vein occlusion. Am J Ophthalmol 1984;98: 271-282. Branch Vein Occlusion Study Group. Argon laser scatter photocoagulation for prevention of neovascularisation and vitreous hemorrhage in branch vein occlusion; a randomized clinical trial. Arch Ophthalmol 1986;104:34-41. Cosmi B, Cini M, Legnani C et al. Additive thrombin inhibition by fast moving heparin and dermatan sulfate explains the anticoagulant effect of sulodexide, a natural mixture of glycosaminoglycans. Thromb Res 2003;109:333-339. Errichi BM, Cesarone MR, Belcaro G et al. 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Risk factors for branch retinal vein occlusion. Am J Ophthalmol 1993;116:286-296. Triade ® Diosmina, Esperidina,Troxerutina RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO 5. PROPRIETA’ ® 1. DENOMINAZIONE DEL PRODOTTO TRIADE® 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Una compressa contiene: Diosmina 300 mg Esperidina 100 mg Troxerutina 300 mg 3. FORMA Compresse per uso orale 4. INFORMAZIONI 4.1 Indicazioni TRIADE® è indicato come coadiuvante nella flebopatia ipotonica costituzionale, nell’insufficienza venosa cronica e nelle sue complicanze, in tutte le manifestazioni di fragilità capillare e nella sindrome emorroidaria. La stasi venosa, conseguenza di determinate condizioni (stazione eretta prolungata, sedentarietà, sovrappeso, sbalzi termici, eccessiva vicinanza a fonti di calore, uso di anticoncezionali, menopausa) altera la permeabilità venulo-capillare e l’omeostasi micro-vasculo-tissutale, con eccessivo passaggio di acqua e proteine nei tessuti, sino a provocare una condizione di ipertensione che provoca alterazioni a livello delle cuspidi valvolari e delle grandi vene. Segni e sintomi caratteristici sono edema, gonfiore alle gambe, sensazione di pesantezza, dolore, crampi notturni. La medesima sequenza fisiopatologica si ritrova a livello del plesso emorroidario, sia nelle emorroidi croniche che nella crisi emorroidaria. TRIADE® contiene un’associazione sinergica e complementare di bioflavonoidi con documentata azione su tono venoso, sistema linfatico e microcircolo. TRIADE® è espressamente formulato da Omikron Italia S.r.l. per fornire un aiuto razionale e naturale contro le alterazioni dell’omeostasi micro-vasculo-tissutale e può contrastare così: 1) la degenerazione valvolare 2) il reflusso venoso e, di conseguenza 3) il dolore e la sensazione di pesantezza degli arti inferiori. 4.2 Posologia e modo d’impiego Salvo diversa prescrizione medica, si consiglia l’assunzione di 1 compressa al dì, con un sorso d’acqua, dopo uno dei pasti principali. 4.3 Avvertenze Non assumere durante la gravidanza e l’allattamento. Tenere fuori dalla portata dei bambini al di sotto dei 3 anni. Salvo diverso parere medico, non superare la dose giornaliera consigliata. Gli integratori non vanno intesi come sostitutivi di una dieta variata. Conservare a temperatura ambiente e lontano da fonti dirette di calore e umidità. La data di scadenza si riferisce al prodotto integro, correttamente conservato. 4.4 Gravidanza ed allattamento Non assumere durante la gravidanza. Sinergia dei 3 componenti di TRIADE Proprietà attribuite ai singoli nutrienti dalla Letteratura Internazionale: Diosmina: È il più efficace tra i flavonoidi nel normalizzare la permeabilità venulo-capillare (edema) mediante l’aumento del tono venoso e la riduzione della risposta dei recettori alle catecolamine. Aumenta, inoltre, la deformabilità delle emazie e possiede una potente azione antiflogistica per il blocco della lipo-ossigenasi e quindi dei leucotrieni (dolore). Esplica infine un’azione protettrice nei confronti dei radicali liberi. Esperidina: È tra le molecole più potenti in senso assoluto nell’incrementare la resistenza venulo-capillare e nell’azione antiossidante. Migliora il trofismo del collagene interstiziale rendendolo più stabile e inibisce la formazione degli enzimi lisosomiali responsabili del danneggiamento della parete endoteliale. Possiede inoltre un effetto antistaminico, anti-bradichininico, anti-prostaglandinico e di conseguenza antiflogistico. Troxerutina: Corregge le alterazioni del metabolismo glucidico. Possiede un’azione trofica sulla parete venulo-capillare e sulla guaina perivascolare dei proteoglicani. Pubblicazioni internazionali ne hanno dimostrato la capacità di migliorare nettamente la deformabilità delle emazie e la funzionalità del microcircolo. ® TRIADE riequilibra sinergicamente l’omeostasi micro-vasculo-tissutale Sistema linfatico Tono venoso ® TRIADE Diosmina, Esperidina, Troxerutina Microcircolo 6. ULTERIORI INFORMAZIONI 6.1 Elenco degli eccipienti Calcio fosfato bibasico, magnesio stearato vegetale, silicio biossido 6.2 Periodo di validità 24 mesi in confezione integra e correttamente conservata. 6.3 Speciali precauzioni per la conservazione Conservare a temperatura inferiore a 30° C, lontano da fonti dirette di calore e umidità. 6.4 Natura e contenuto della confezione Astuccio contenente 2 blister da 15 compresse. TRIADE® è un marchio di Omikron Italia s.r.l.