A Se la vita dice «buongiorno», rispondere è un
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A Se la vita dice «buongiorno», rispondere è un
29 testimonianza APPUNTAMENTI Così il giornalista agnostico narrò l’incontro con la suora morta 10 anni fa. E la difese dalle accuse IL TEMPO A FARFA ◆ Questa settimana sarà interamente dedicata dall’antica abbazia di Farfa, nella campagna sabina (provincia di Rieti) a un seminario incentrato sul tema «Comprendere il proprio tempo». Interverranno poeti – tra gli altri, Giancarlo Pontiggia, Gabriella Sica e Gino Scartaghiande –, critici letterari – tra cui Paolo Lagazzi –, filosofi, teologi, biologi, pedagogisti ed esperti in ricerca sociale. Tutti gli incontri saranno animanti dalla partecipazione degli studenti degli ultimi anni dei licei della zona. L’abbazia è facilmente raggiungibile dall’autostrada A1, uscita di Fiano Romano; per ulteriori informazioni, telefonare allo 0765/277065. Terzani: credo a Madre Teresa Nel decimo anniversario della scomparsa di Madre Teresa, riproponiamo il reportage dell’incontro che il giornalista e scrittore Tiziano Terzani ebbe con lei a Calcutta nel 1996,poi confluito in gran parte nel volume «In Asia» (Longanesi). DI TIZIANO TERZANI vevo appena spento il registratore e la stavo ringraziando per il tempo che mi aveva dedicato, quando lei, guardandomi fissa coi suoi occhi azzurri arrossati dall’età, mi ha chiesto: «Ma perché tutte queste domande?». «Perché voglio scrivere di lei, Madre». «Non scriva di me. Scriva di Lui...», ha detto, alzando gli occhi al cielo. Poi s’è fermata, ha preso le mie mani nelle sue – grandi, tozze e già un po’ deformi – e, come volesse confidarmi un gran segreto, ha continuato: «Anzi, la smetta di scrivere e vada a lavorare in uno dei nostri centri... Vada a lavorare un po’ nella casa dei morenti». Madre Teresa era tutta lì. Per due settimane non ho fatto altro che seguirla; ho passato ore nella Casa Madre sulla Circular Road, ho visitato il centro per i lebbrosi, quello per gli orfani, quello per i moribondi, la casa per i ritardati mentali e quella per le ragazze mezzo impazzite nelle prigioni. L’ho accompagnata a Guwahati, nello Sta- A Parola e parole di Gennaro Matino Inizia oggi la rubrica «Parola e parole» di Gennaro Matino, sacerdote e scrittore,autore di volumi come «Angelo per un giorno» (Feltrinelli) e (assieme a Erri De Luca) «Mestieri all’aria aperta» (Feltrinelli) e «Sottosopra» (Mondadori). La rubrica uscirà per un anno al martedì. uongiorno vita!», ottima frase per iniziare la giornata. L’ho scritta sul mio cellulare, così che mi appare sul display ogni volta che l’accendo. Non mi illu- «B to dell’Assam, dove Madre Teresa è città di per sé disperante e tragica andata a inaugurare il primo rifuche a volte sembra essere stata mesgio in India per le vittime dell’Aids, sa da Dio sulla faccia della terra soun’altra categoria di disperati in lo per provare che Lui non esiste questo Paese in teoria così tolle(oppure che c’è bisogno che esista?). rante, ma dove i pazienti che risulArrivarci a piedi, passando i due cretano sieropositivi vengono cacciati matori municipali dove centinaia via dagli ospedali, ostracizzati dai di cadaveri vanno ogni giorno in fuvillaggi e, una volta morti, non venmo, soffermandosi davanti ai vari gono neppure bruciati negli incetempli e tempietti, bordelli e negoneritori comunali, ma buttati via aszi, venditori di frutta e di amuleti è sieme alle immondizie. un perfetto esercizio spirituale per Son venuto a Calspogliarsi dei propri cutta, sulle tracce di pregiudizi, per la«Se c’è grandezza Madre Teresa, spinsciarsi dietro quella è nella semplicità. «ragione» su cui noi to da una vecchia curiosità: quella per contiaNon è intellettuale occidentali la grandezza umamo così tanto per e le cose che dice na. Esiste ancora? E spiegarci tutto. come si esprime? Oggi di queste case sono elementari, Ho voluto farmi una ce ne sono decine ma hanno mia idea della sua oin tutto il mondo; pera; sapendo che, ma è a questa che un fondo di verità per capire Madre Madre Teresa è lecome le parabole e gatissima. «Una Teresa bisogna capire Kaligath, è da lì mi capitò di restano impresse» volta che sono partito per prendere un uomo rifare a grandi tapcoperto di vermi», pe il suo straordinario cammino. mi raccontò. «Mi ci vollero delle oGià alla porta uno potrebbe blocre per lavarlo e togliergli a uno a ucarsi, disgustato: casa per i derelitno tutti i vermi dalla carne. Alla fiti morenti dice un cartello sbiadito ne disse: «Son vissuto come un anisulla porta. Ancora un passo e si legmale per le strade, ma muoio come ge: il fine più alto della vita umana un angelo» e, morendo, mi fece un è quello di morire in pace con Dio. bellissimo sorriso. Tutto qui. Questo Ci si potrebbe voltare e tornare inè il nostro lavoro: amore in azione. dietro in disaccordo con questa inSemplice». terpretazione dell’esistenza, ma gli Sì, semplice. Semplice com’è lei. A occhi cadono su una brandina incontrarla, come nel caso del Dadov’è disteso una sorta di fagotto lai Lama, la prima cosa che colpisce d’ossa e pelle: un vecchio, ormai è appunto questa: che, se c’è gransenza età, con gli occhi lucidi e dezza, è nella sua semplicità. Come sbarrati, lotta per prendere le il Dalai Lama, Madre Teresa non è ultime boccate d’aria. Una un’intellettuale, le cose che dice sosuora gli siede accanto e gli acno elementari, le storie che racconcarezza una mano. «L’hanno ta sono sempre le stesse, ma, come trovato ieri su un mucchio di le parabole, hanno un fondo di vespazzatura. Fra poco sarà in rità e restano impresse, accendono paradiso». la fantasia. Alla base di tutta la sua Forse il senso di quella scritta opera c’è un’idea sola: «Servire i più sul fine della vita non è, tutto poveri dei poveri» e su quell’idea ha sommato, sbagliato. Kalifondato tutto, senza mai un dubbio, gath, nella periferia mesenza mai un tentennamento. «Coridionale di Calcutta, me si possono avere dubbi su quel è una che si fa? Il lavoro è Suo», dice, sempre rivolgendosi al Cielo che sembra essere il suo vero interlocutore. In tempi di liberalismo e di liberazione sessuale lei parla del senso dell’amore, del valore della verginità. Ora che l’acquisizione di beni materiali sembra la grande, unica grande ossessione comune a tutta l’umanità, ora che la ricchezza sembra il principale criterio di successo e di moralità, lei insiste sulla «santità dei poveri» e vuole che le sue suore vivano come quelli. Tre sari, un crocefisso, un rosario e una sporta son le uniche cose che una missionaria della Carità può possedere. Nel 1994 venne l’operazione «smitizzazione» guidata da Tariq Alì, un ex leader studentesco dell’ultrasinistra di origine pakistana, e da Christopher Hitchens, uno scrittore già noto per un suo velenosissimo libro contro la monarchia inglese. Senza entrare nel mondo di miseria dell’India, né in quello di fede di Madre Teresa, l’intera opera delle Missionarie della Carità viene smontata in nome della ragione, dell’efficienza e di una moralità che distingue fra benefattori buoni e cattivi. Quanto al «miracolo», è una bugia, scrive Hitchens. Eppure basta andare a Kaligath e il «miracolo» è davanti agli occhi di tutti. Ogni mattina alle 7, una ven- MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2007 SOCIETÀ E CULTURA «Civiltà cattolica»: quei tre libri contro la Chiesa Qui sopra Madre Teresa di Calcutta. Sotto,Tiziano Terzani. tina di volontari si presentano alla ca, ma solo da una rivoluzione spi«Casa dei morenti» per aiutare le rituale. Peccato che, anche in India, suore. Per lo più sono occidentali, quella rivoluzione non sia avvenuspesso studenti universitari, che, inta. E il messaggio di Madre Teresa fivece di passare le loro vacanze ad nirà, come quello di Gandhi, per esabbronzarsi sulle spiagge di Goa, sere dimenticato dopo la sua scomscelgono di andare a lavorare lì. La parsa? «Il futuro non è affar mio», prima volta che ci sono arrivato, anmi ha risposto. «Nemmeno quello ch’io per fare quell’esperienza, per del suo ordine?». «No. Lui provvecercare di capire, c’erano un tedederà. Lui ha scelto me e allo stesso sco impiegato di banca, una donna modo sceglierà qualcuno che condel mondo della moda di New York, tinuerà il lavoro». alcune ragazze spagnole e una copLe ricordo un sogno che lei stessa ha pia d’italiani in viaggio di nozze. Puraccontato. Madre Teresa si prelivano i pavimenti, facevano il basenta a san Pietro e quello, fermo gno ai malati, toglievano, in un puzsulla porta, dice: «Via, via. Questo zo rivoltante di escrementi, i lennon è un posto per te. In Paradiso zuoli sporchi e lavavano, a mano, le non ci sono i poveracci e i baraccacoperte e i materassini blu delle ti». «Allora riempirò questo posto di brande. «Questo è il quella gente, così posto più bello delpoi avrò anch’io il «Nel 1994 un libro l’India», diceva Andiritto di venirci», gli volle attaccarla di, il tedesco. risponde Madre Te«Una volta lei, Maresa. «Ora crede di in nome della dre, ha detto che, se avercene mandati ragione, eppure ci fosse di nuovo da abbastanza da aver scegliere fra la Chieconquistato quel basta andare alla sa e Galileo, lei stadiritto, Madre? Si "casa dei morenti" sente vicina?» le ho rebbe ancora dalla parte della Chiesa. chiesto. «Aspetto a Calcutta Ma non è questo un che mi chiami». e il "miracolo" è rifiuto della moder«Non ha paura delnità, un rifiuto delmorte?». «No. Perdavanti agli occhi» la la scienza che oggi ché dovrei? Ho visto è invece la grande tantissima gente fede dell’Occidente?» ho chiesto. morire e nessuno attorno a me è «Allora perché l’Occidente lascia morto male». morire la gente per le strade? PerS’era fatto tardi e la campana era già ché? Perché tocca a noi 135 a Wasuonata due volte per chiamare a shington, a New York, in tutte queraccolta nella cappella al primo piaste grandi città, aprire dei posti per no le suore e i volontari per la predar da mangiare ai poveri? Diamo ghiera della sera e lei voleva andacibo, vestiti, rifugio, ma soprattutto re a prendere il suo posto, inginocdiamo amore perché sentirsi rifiuchiata su un pezzo di balla. A guartati da tutti, sentirsi non amati è andarla quell’ultima volta, in mezzo cor peggio che aver fame e freddo. alla sua gente, mi pareva che le Questa è oggi la grande malattia del preoccupazioni che tanti «ragionemondo. Anche di quello occidentavoli» si fanno sul futuro delle Misle.» sionarie della Carità fossero superPenso a Gandhi. Anche lui non creflue. Se il lavoro che lei e le suore deva che i problemi dell’umanità fanno non è il «loro», ma il Suo, quel potessero essere risolti da una rivolavoro certo continuerà. Perché qui luzione sociale, politica o scientifiquel che più conta è credere. Odifreddi, Hitchens, Viano: attenzione a questi tre libri contro la Chiesa. Lo denuncia «Civiltà Cattolica», la rivista della Compagnia di Gesù che, in un articolo firmato da padre Giandomenico Mucci, mette in guardia da una nuova strategia di lotta, da parte dei poteri forti della comunicazione, contro la Chiesa cattolica. I tre libri, tre pamphlet per la precisione, che «con metodo differente ma con unico stile di irrisione e disprezzo si propongono come attacco violento alla religione, alla Chiesa, alla sua dottrina e agli uomini che la rappresentano» sarebbero i seguenti: «Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)» del matematico Piergiorgio Odifreddi, «Dio non è grande. Come la religione avvelena ogni cosa» (Einaudi) dello scrittore inglese Christopher Hitchens e «Le imposture degli antichi e i miracoli moderni» (Einaudi) del filosofo Carlo Augusto Viano. Cavalleri accusa: «Brutto finale per il Campiello» Metti che un critico stronchi le uniche due donne finaliste al Campiello 2007 e metti che arrivino, l’una prima e l’altra seconda. Comunque sia, il giudizio sui finalisti al premio più popolare della letteratura (vota una giuria di 300 lettori), non cambia, per Cesare Cavalleri. Che, sul numero di settembre della rivista «Studi cattolici», non le manda a dire e incorona suo preferito il romanzo «erudito e intelligente» di Alessandro Zaccuri («Il signor figlio», su Giacomo Leopardi), promuove il giallo del sempreverde Carlo Fruttero («Donne informate sui fatti»), loda la «robusta moralità» de «Il labirinto delle passioni perdute» di Romolo Bugaro, e boccia ex-aequo la vincitrice, Mariolina Venezia, e la superfavorita Milena Agus. Della prima e del suo «Mille anni che sto qui», traccia un ritratto impietoso della saga familiare di Grottole, dove, «della grande storia giungono echi come in un porcile». Della seconda, partecipa il disagio nella lettura di «Mal di pietre»: «pagine pornografiche», per raccontare l’adulterio della nonnina. Se la vita dice «buongiorno», rispondere è un’emozione do che mi vada sempre tutto bene. I giorni li conosco, ci sono i neri e i rosa e, per quel poco di esperienza di vita, abituato all’ascolto, mi arrangio a decifrare il bello e il brutto che mi accade intorno. Ma, a conti fatti, più vado avanti e più mi convinco che esserci è meraviglioso, che partecipare al giro e salire sulla macchina della storia ne valga sempre la pena. La vita è una straordinaria possibilità, un cantiere aperto di incontri e di scontri, di passeggiate tranquille o affannose, di salite verso l’alto e di scivolate verso il basso. Uno sguardo di conoscenza per scrutare dentro e oltre, un ascolto di sorprese per scoprirsi ogni volta, comunque e irrimediabilmente, curioso. La vita ti acchiappa, ti porta, ti culla, ti scuote, ti rivolta, ti respira dentro fino a che il vento ti gonfia di senso, fino al giorno in cui quello stesso vento spirerà altrove, oltre, e tu ti lascerai acchiappare dalla Vita senza resisterle, libero di lasciarla libera di essere Vita che non muore. «Buongiorno vita» potrebbe essere un’ottima frase per iniziare una conversazione, un percorso di scambio a distanza, di gratuità gentile che passi attraverso le parole che rendono uomo gli uomini. Sì, perché senza parole non saremmo quello che siamo, non saremmo storia, ognuno la sua, ognuno con il suo da raccontare. Le parole riannodano diversi e lanciano ponti capaci di lasciar passare eredità e speranze, passato e futuro. Le parole permettono di conoscersi, aprono brecce nell’altro e quelle dell’altro le nostre. Noi siamo parole che ci sono state consegnate e parole che sentiamo urgenti da passare ad altri. Somma di esperienze che si comunica, la vita è parola che diventa carne. E quando Dio ha scelto di visitare l’uomo, quando ha deciso che il tempo era favorevole per costruire ponti tra l’Eterno e il tempo, la Parola ha tracciato strade inimmaginabili alla mente umana. Parola e parole, un racconto di strada, uno scambio di percorsi. Forse un tentativo, un po’ presuntuoso, di raccontare in sole 3600 battute alla settimana l’emozione di esserci, la gioia dell’appartenenza, il rischio dell’avventura, la proclamazione della fede, lo sguardo appassionato sulla giustizia, l’ascolto degli inascoltati. C’è nostalgia di parole di vita, oggi, nel cuore dell’umanità. Anche se apparentemente tutto lascia credere che la parola sia libera di correre, benché mai come nel nostro tempo nessuno sembra voler imprigionare le parole, si ha la sensazione che il suono della voce, la potenza del verso non corrispondano alla verità del cuore. Troppe parole uguali, scritte per tutti, costruite a tavolino per annullare il pensiero, così che la disumanizzazione, senza che ce ne rendiamo conto, passa attraverso la tirannia della parola standardizzata. Forse Parola e parole è un tentativo, tra altri più autorevoli, il più modesto ma sincero, di far volare con il mezzo antico della scrittura la propria gioia della vita, per condividerla e poter ripetere ad altri, anche se andassi per valle tenebrosa: «Buongiorno Vita!». Tentare non significa riuscire, è un sogno aperto sulla possibilità futura, è un mettersi in gioco per provare se stessi. È un’avventura che stimola, che provoca, che indirizza. Il rischio è il fallimento. Ma sarebbe un fallimento sicuro non tentare e, presi dalla paura, far vincere il disimpegno, costretto da quel «così fan tutti» a mettere il talento ricevuto sotto terra. Sarebbe un tradimento dell’umanità se si scegliesse di tenersi solo per sé quello che si è ricevuto per condividerlo con l’altro. Siamo somma di scambi e fare quattro chiacchiere per raccontarci aiuta la vita ad essere più vita. «Buongiorno vita» è una bella frase per un inizio, un bell’inizio per scambiarsi parole. Io scriverò le mie e spero che, benché povere, sappiano provocare altre, diverse, lontane da me, favorevoli o contrarie, ma comunque capaci di legare, di legarci.