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**Virtuose 03
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il
Quando
ref è pink
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Le donne hanno coraggio, sanno mettersi
in discussione con una caparbietà che spesso
fa impallidire gli uomini, affrontare nuovi
orizzonti, anche nello sport e, in una
disciplina apparentemente lontana da tutto
ciò che è femminile, Chiara Tomaz ha vinto
la sfida: oggi è un arbitro (referee o ref
nel linguaggio del football) stimato,
non solo in Italia.
In Italia il football americano è uno sport spesso trascurato, non raccontato, certamente meno popolare anche di
molti altri sport che non siano il calcio. Eppure, dopo il
boom negli anni Ottanta e il successivo declino, oggi
questo sport sta ritrovando un po’ di energia, grazie
anche al lavoro delle tante squadre italiane che resistono
e a quello del Presidente della Federazione - Leoluca Orlando (ex sindaco della primavera antimafia) - che crede
in questo sport e lo sostiene.
Come lui stesso ha dichiarato: “Solo a una visione superficiale il football può apparire violenza bruta tra pesi
massimi, perché ha valori importanti in sé. Primo: è intelligente, ogni azione ha un programma preciso, una strategia limpida e presuppone un’organizzazione quasi perfetta. Secondo: ci vuole spirito di gruppo e autodisciplina, se ognuno non fa la sua parte non funziona. Terzo: è
trasversale a qualsiasi strato sociale e a qualsiasi colore
della pelle, insomma in un team trovi di tutto. Quarto:
impone il rispetto delle regole cosa che, per tornare all’attualità, nel nostro Paese sembra totalmente scomparsa. Quinto: esalta l’audacia del singolo, chiamato spesso
a superarsi, ma sempre in una logica di gruppo, per il
bene del gruppo.”
Nell’immaginario comune il football americano è uno
sport duro, maschio, eppure sono molte le donne che
ruotano intorno a questa realtà: non sono solo cheerleaders (o ragazze pon-pon, che si vedono nei film americani), ma spesso ricoprono ruoli tecnici, di supporto o giocano loro stesse (magari nelle squadre di flag, che non
prevedono il contatto fisico), o come nel nostro caso arbitrano le partite di campionato, fino alle serie maggiori.
Chiara Tomaz è una di loro: quest’estate, insieme alla toscana Renata Bucchi, è stata convocata per dirigere i
mondiali femminili di football americano a Stoccolma.
C h i a r a , c o m ’ è c o m i n c i a t a l a t u a a v v e n t u r a n e l f o o t-
ball americano?
E’ iniziata un po’ per caso, nel 2004, quando sono andata a vedere una partita di football americano a Trieste,
città dove studiavo. Al momento non ci ho capito nulla,
ma questo sport mi ha talmente affascinata che ho pensato subito che mi sarebbe piaciuto fare l’arbitro, ma è
finita lì. Nel 2006 ho sostenuto l’esame per addetta alle
statistiche ed ho cominciato a frequentare l’ambiente,
nel frattempo mi sono dedicata al gioco del flag football,
una versione molto più soft: abbiamo fondato una squadra (i Rebels) con altre 5 ragazze ed un solo ragazzo. Ho
frequentato il corso per arbitri nell’ottobre 2007 e sono
scesa in campo per la prima partita a Udine il mese successivo.
C o m ’ è f a re l ’ a r b i t ro d i f o o t b a l l a m e r i c a n o ?
Fisicamente basta fare un po’ di allenamento in palestra,
ma dal punto di vista intellettuale il football è uno sport
con tantissime regole ed eccezioni, quindi servono sempre continui aggiornamenti che facciamo periodicamente anche con l’ausilio di arbitri americani (tramite il Programma Officiate for Pizza che porta sui campi italiani
arbitri USA). Utilizziamo dei video, ma in campo è un’altra cosa. Piano piano si acquista confidenza: fare errori
rischia di compromettere il risultato della partita. In
campo ci sono dei ragazzi che si sono allenati duramente
e un tuo errore può cambiare il morale della squadra. Io,
per carattere, cerco di migliorarmi sempre e cerco di non
sbagliare, ma può capitare.
E ’ d u r a e s s e re u n a r b i t ro d o n n a ?
Con gli altri arbitri è come avere una famiglia allargata:
ovunque ci si sposti, si può contare su un collega. Non ci
sono mai stati attriti, nemmeno tra noi donne, al contrario! In campo poi conta solo come svolgi il tuo lavoro:
abbiamo dimostrato di essere preparate e competenti e i
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giocatori si comportano esattamente come con gli arbitri
maschi. Con i coach ci può essere qualche discussione,
ma devo dire che non hanno mai atteggiamenti ostili. Se
ci sono stati pregiudizi, sono stati comunque cancellati
con i fatti.
E C h i a r a h a s a p u t o f a r s i r i s p e t t a re , c o n q u e l m i x d i
d e c i s i o n e e s e n s i b i l i t à t u t t o f e m m i n i l e c h e l ’ h a p o rtata alla convocazione per i Mondiali di Stoccolma.
Com’è andata?
All’inizio non ci credevo: fino all’ultimo ho pensato ad
uno scherzo e stavo già meditando vendetta. Quando ho
capito che era vero ho seguito la fase di preparazione
con molta emozione, ma mi sono resa conto di quello
che stava succedendo davvero soltanto quando siamo
arrivate, Renata Bucchi ed io, a Stoccolma. Per me è
stata una grande opportunità: ho voluto dimostrare che
chi mi ha scelto non ha sbagliato. Ma soprattutto dimostrare a me stessa che volere è potere, e che anche se
sono un arbitro giovane posso essere all’altezza e collaborare con chi è più esperto.
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Tu e R e n a t a s i e t e s t a t e d e s i g n a t e a n c h e p e r g l i i ncontri più importanti, finalissima tra Usa e Canada
c o m p re s a . U n a g r a n b e l l a s o d d i s f a z i o n e , è s t a t o
d i ff i c i l e ?
A stento ho trattenuto le lacrime… E’ stata un’esperienza bellissima: le ragazze che giocano a football non scimmiottano i maschi, ma sono femminili anche in campo.
Ho visto anche delle ragazze truccate sotto il casco! Le
squadre che hanno partecipato (USA, Austria, Finlandia,
Svezia, Germania e Canada) avevano un livello molto
alto ed un gioco molto pulito. Ho imparato molto, sia a
livello professionale che personale: ho fatto molte amicizie e raggiunto una maggiore sicurezza in me stessa.
Quando non si occupa di football Chiara lavora
n e l l o s t u d i o d i a rc h i t e t t u r a d i f a m i g l i a , è i s t r u t t o re
i n p a l e s t r a e c o l l a b o r a c o n l a S o c i e t à F r a n c e s c o P at r i z i o d e l l a C o m u n i t à C h e r s i n a , p u n t o d i r i f e r i m e nt o p e r e s u l i g i u l i a n i e d a l m a t i . T i re s t a u n p o ’ d i
t e m p o l i b e ro ?
Il tempo libero è ben poco. Oltre al lavoro bisogna prepararsi atleticamente e i fine settimana sono inevitabilmente dedicati alle gare. Ma per inseguire i propri sogni,
si sa, occorre sacrificio e per fortuna il mio fidanzato è
un arbitro come me.
P e rc h é t i p i a c e i l f o o t b a l l a m e r i c a n o ?
Per me il football americano è uno stile di vita irrinunciabile e, anche se molti dicono che si tratta di uno sport
solo per maschi, io penso che una donna, se ha forza,
convinzione e carattere, può trovare il proprio spazio
anche qui. Mi piace perchè è un gioco di sacrificio, rispetto, adrenalina, dolore, intelligenza, forza, in cui collaborano persone con caratteristiche fisiche diverse ma
tutte indispensabili per vincere una partita; un gioco che
esalta lo spirito di squadra e porta a un’unione fraterna
nei team.
A corollario di tutto: gli arbitri di football americano sono
pochi, girano l’Italia (e adesso anche l’Europa) senza
scopo di lucro, arbitrando anche tre partite in un weekend. Viene loro garantito solo un modesto rimborso
spese, ma sono ripagati dall’amore per questo sport e,
nel caso di Chiara e Renata, anche dalla soddisfazione
per avere abbattuto un altro ostacolo: virtuose tra i giganti del football.
Per diventare arbitro o per maggiori informazioni:
www.aiafa.it e [email protected].
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