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NEW ECONOMY MANAGEMENT MULTIMEDIALE Vito Di Bari MANAGEMENT MULTIMEDIALE Da Internet all’ampia banda, dalla B-Tv alla Web Tv, dai Cd-rom ai Dvd. Come gestire l’impresa nella new economy Progettazione e sviluppo, strategie e sistemi, pianificazione e produzione, project management e programmazione, ruoli e organizzazione Ringraziamenti Desidero ringraziare per la collaborazione Enrico Amiotti, Giulio Barrasso, Alessandro Carnelli, Alessandro Cavana, Luca Corbelli, Giuseppe Dellisanti, Valerio Lovecchio, Marco Maroni, Gian Marco Mazzocchi, Anita Penati, Guido Renda, Marzio Simeone e Dario Vergottini. Un ringraziamento speciale va al professore Armando Brandolese e all’ingegnere Alberto Guerrini, il cui contributo è stato particolarmente rilevante. ISBN 88-8363-139-0 © 2000 Il Sole 24 ORE S.p.A. Management e Divulgazione Sede legale: via Lomazzo 52, 20154 Milano Redazione: via Tiziano 32, 20145 Milano Per informazioni: Servizio Clienti 023022.3323; fax 023022.3004 Prima edizione: ottobre 2000 Sommario IX Presentazione 111 111 112 113 118 112 118 118 123 136 140 141 142 150 153 155 1. Innovazione multimediale 1.1 Innovazione digitale 1.1.1 Caratteristiche dell’innovazione digitale 1.1.2 Definizione del multimedia 1.1.3 Caratteristiche della distribuzione digitale 1.1.4 Evoluzione storica del settore industriale Innovazione della comunicazione per l’impresa 1.2.1 Fasi di sviluppo e struttura della Internet economy 1.2.2 Impresa e comunicazione innovativa 1.2.3 Il processo di apprendimento nella virtual organization Riclassificazione dei media 1.3.1 Un modello per la riclassificazione dei media 1.3.2 Le infrastrutture per la comunicazione 1.3.3 Il networking 1.3.4 Le applicazioni 1.3.5 Lo user end point 157 158 159 163 164 166 166 167 180 182 183 186 187 189 193 195 2. Applicazioni digitali innovative 2.1 Multimedia off-line 2.1.1 Dvd-rom 2.1.2 Chioschi multimediali 2.1.3 Cataloghi interattivi Portali Web 2.2.1 Il ruolo dei portali nell’economia dell’attenzione 2.2.2 Classificazione dei portali 2.2.3 Gli strumenti del portale 2.2.4 Il cambiamento da off-line a on-line 2.2.5 I modelli di business del portale 2.2.6 Promozione Portali wireless 2.3.1 Sistemi di trasmissione 2.3.2 Umts 2.3.3 Specificità dei portali wireless 1.2 1.3 2.2 2.3 VI 197 101 102 104 107 110 114 117 118 119 122 127 143 144 145 148 152 153 156 SOMMARIO 2.4 2.5 2.6 2.3.4 Valore aggiunto dei portali wireless 2.3.5 Strumenti del business 2.3.6 Target e scelte strategiche 2.3.7 Attori Multimedia on-line 2.4.1 Tv Interattiva 2.4.2 Video-on-demand 2.4.3 Near video-on-demand 2.4.4 Web Tv 2.4.5 Net Tv 2.4.6 Interactive distance communication 2.4.7 Business Tv Introduzione al ciclo di vita 2.5.1 Ciclo di vita di un prodotto industriale 2.5.2 Ciclo di vita di un prodotto network based 2.5.3 Note sul ciclo di vita della tecnologia Il ciclo di vita del multimediale 2.6.1 Prodotti off-line 2.6.2 Prodotti on-line 171 171 174 175 176 177 182 182 183 184 186 187 189 212 3. Progettazione di sistemi multimediali 217 217 218 219 220 221 221 222 224 225 225 226 227 230 4. Sistema produttivo 4.1 4.2 4.3 Momenti fondamentali della produzione Strategia produttiva Introduzione al ciclo di produzione 4.3.1 Fabbricazioni 4.3.2 Masterizzazioni 4.3.3 Serializzazioni Progettazione del sistema produttivo 4.4.1 Scelta di multimedialità aggregata 4.4.2 Scelta di multimedialità integrata 4.4.3 Scelta di multimedialità combinata 4.4.4 Integrazione verticale e orizzontale 4.4.5 Potenzialità produttiva dei reparti di fabbricazione 4.4.6 Fondamenti degli indici di produttività 3.1. Ricerca e sviluppo 3.2. Aree di ricerca 3.2.1 Ricerca tecnologica 3.2.2 Ricerca culturale 3.2.3 Ricerca di mercato 3.3 Sviluppo 3.3.1 Sviluppo esplorativo 3.3.2 Sviluppo avanzato 3.3.3 Sviluppo ingegneristico 3.4 Progettazione 3.4.1 Classificazione per fasi 3.4.2 Classificazione per profili esogeni 3.4.3 Specificità di progettazione dei prodotti on-line 4.4 VII SOMMARIO 238 239 244 246 247 248 249 250 251 252 261 262 263 270 271 274 276 278 278 280 281 285 290 292 294 295 303 305 306 306 308 309 309 310 310 312 321 322 324 328 332 335 341 345 346 348 4.5 Classificazione per profili esogeni 4.5.1 Risposta alla domanda 4.5.2 Realizzazione del volume di produzione 4.5.3 Realizzazione del prodotto 5. Ciclo di produzione multimediale 5.1 5.2 5.3 5.4 Compresenza di famiglie diverse Introduzione alle fabbricazioni Fabbricazioni fotografiche Fabbricazioni audio e video 5.4.1 Audiovideo per masterizzazione in tempo reale 5.4.2 Audiovideo per masterizzazione differita 5.4.3 Audio per masterizzazione in differita 5.4.4 Il montaggio 5.5 La digitalizzazione delle fonti 5.5.1 Digitalizzazione sorgenti audio 5.5.2 Digitalizzazione sorgenti fotografiche 5.5.3 Digitalizzazione sorgenti video 5.6 Fabbricazioni alfanumeriche 5.6.1 Alfanumeriche per prodotti on-line 5.6.2 Alfanumeriche per prodotti off-line 5.7 Fabbricazioni grafiche 5.7.1 Animazioni 3D 5.7.2 Creazione interfaccia grafica 5.8 Fabbricazioni informatiche 5.8.1 Verifica della compatibilità dei contenuti 5.8.2 Integrazione contributi (creazione motore software) 5.8.3 Il ciclo di vita del software 5.9 Introduzione ai montaggi 5.10 Montaggio prodotti on-line 5.10.1 Configurazione risorse di rete 5.10.2 Pubblicazione produzioni multimediali 5.10.3 Gestione degli accessi 5.10.4 Interazione con utenti 5.10.5 Gestione e manutenzione risorse di rete 5.10.6 Serializzazione prodotti on-line 5.11 Montaggi prodotti off-line 6. Gestione della produzione 6.1 Gestione per progetti delle fabbricazioni 6.1.1 La gestione multiprogetto 6.1.2 Struttura di progetto 6.1.3 Budget di progetto 6.1.4 Work breakdown structure di un Dvd-rom 6.1.5 Work breakdown structure di un sito Web Gestione per programmazione dei montaggi 6.2.1 Distinta base 6.2.2 Distinta base di un Dvd-rom 6.2 VIII 365 369 372 376 SOMMARIO 6.3 6.2.3 Distinta base di applicazioni client server multimediali on-line 6.2.4 La pianificazione dei fabbisogni delle fabbricazioni 6.2.5 Pianificazione dei fabbisogni di montaggio Programmazione operativa 381 381 382 383 385 386 387 395 398 402 404 409 412 7. Organizzazione 7.1 I ruoli e le competenze 7.1.1 Integrazione dei ruoli 7.1.2 Articolazione delle competenze 7.1.3 Configurazione minima della struttura Strutturazione per aree 7.2.1 Area comunicazione 7.2.2 Area tecnologia 7.2.3 Area gestione Organizzazione dell’impresa multimediale 7.3.1 Organizzazione per linee della progettazione 7.3.2 Organizzazione per reparti della produzione 7.3.3 I team di progetto 417 Indice analitico 423 Bibliografia 427 Sitografia 431 Link dei casi citati 7.2 7.3 Presentazione Questo è un libro per manager di nuova generazione: attuali e futuri, della new economy e delle imprese tradizionali. Per quelli che della comunicazione digitale hanno fatto il proprio core business, ma anche per tutti gli imprenditori, i dirigenti e i quadri delle imprese che devono confrontarsi con l’economia digitale e affrontare la profonda innovazione delle tecnologie e soprattutto delle organizzazioni, delle tecniche manageriali e della reingegnerizzazione delle imprese. In questo senso l’“impresa multimediale” è il nuovo paradigma della gestione aziendale. È l’impresa interconnessa, che crea e condivide conoscenza, che comunica per acquisire vantaggio competitivo e per conseguire risultati: al suo interno, al suo esterno e anche in un’area sempre più vasta, che non può più essere qualificata come “esterna”, ma neanche – tecnicamente – come “interna”. È il nuovo modello di ”impresa estesa”: ai fornitori, ai partner, agli stakeholder e persino ai clienti. Sono imprese fondate sui sofisticati strumenti della moderna comunicazione e lo scopo di questo testo è indicare come governare questi strumenti. Quando si parla di “impresa multimediale” intendo sia l’impresa che precipuamente gestisce la comunicazione multimediale (generandola, elaborandola, distribuendola, analizzandola), sia quei dipartimenti interni alle imprese di altro genere che se ne occupano o fungono da interfaccia fra gli outsourcer di comunicazione multimediale e la gestione aziendale. Questi dipartimenti stanno espandendo progressivamente il proprio dominio, perché a seguito delle innovazioni intervenute nel campo della comunicazione digitale, l’impresa medesima deve (o può: è un’opportunità o un problema?) trasformarsi radicalmente. Ecco dunque che questi manager, assegnati al presidio della comunicazione digitale, si trovano a ricoprire ruoli sempre più “centrali” anche nelle organizzazioni tradizionali. Il loro know how è diventato strategico. Se mi passate il paragone blasfemo, io appartengo alla generazione di uomini che ha visto l’affermazione del movimento femminista ed è rimasta poi disorientata nella gestione del proprio ruolo maschile. Assisto ora a un fenomeno di disorientamento molto simile, quello della generazione X PRESENTAZIONE dei nuovi manager dell’era digitale: coloro che assurgono a vati e profeti nelle proprie realtà aziendali, dai quali ci si aspetta il colpo d’ala che genererà la performance e dalle cui labbra si pende in trepida attesa della panacea, ma che poi si rinchiudono nella propria solitudine e nell’ansia dell’ignoto e del nuovo sempre più nuovo, domandandosi: ma quanto ne so davvero? Ora, per restare nell’eresia del paragone (tanto oramai ci sono già entrato) dubito di riuscire ad aiutare chiunque a gestire il proprio ruolo di “maschio” del ventunesimo secolo; per fare questo dovrei riuscire a capire fino in fondo le donne e ciò è impresa troppo ardua per qualsiasi uomo. Ho cercato però di portare un piccolo contributo alle conoscenze necessarie per affrontare l’innovazione multimediale della comunicazione, per governare il cambiamento determinato da Internet nel mondo dell’impresa e per gestire i rapporti con i propri fornitori di tecnologie, applicazioni e contenuti interattivi. Certo, si tratta di materia complessa e non basta un libro, ma per fortuna non tanto quanto l’altra. Per la quale non basta una vita. L’Autore 1. Innovazione multimediale Steve Jobs, fondatore della Apple e ideatore del Macintosh, ha detto: multimedia è una parola che tutti conoscono, ma i cui significati sono così tanti che nessuno capisce esattamente cosa sia. Una suggestiva definizione. Temo però che non vi sia sufficiente, non dopo avere già comprato il libro. E allora partiremo con un’introduzione sulla multimedialità e le caratteristiche dell’innovazione, saranno necessarie alcune pagine per dare spessore alla definizione di Jobs. Per trasformare un mot d’esprit in un’analisi di scenario. Questo capitolo è articolato in tre paragrafi: 1) innovazione digitale; 2) innovazione della comunicazione per l’impresa; 3) riclassificazione dei media. 1.1 Innovazione digitale Il termine «analogico» deriva dal concetto di analogia fra due fenomeni, la loro «somiglianza». Tecnicamente, si parla di «rappresentazione analogica» di una grandezza quando se ne utilizza un’altra (solitamente più comoda) di valore proporzionale che possa variare in modo continuo (generando un flusso) in proporzione alla variazione della grandezza rappresentata. Il termine «digitale» deriva originariamente dal latino digitum che significa dito (ma più propriamente dall’utilizzo che del dito veniva fatto per i conteggi) passando attraverso l’inglese digit che significa cifra. Tecnicamente, la rappresentazione digitale di una grandezza utilizza pochi simboli (le «cifre») che indicano un valore all’interno del quale vengono fatti coincidere in modo discontinuo («a gradini») tutti i valori di un piccolo intervallo. 18 MANAGEMENT MULTIMEDIALE La digitalizzazione e l’integrazione interattiva del computer con i media tradizionali hanno generato innovazioni quali la multimedialità, le reti telematiche e i media interattivi. È la cosiddetta «era telematica». Nasce così il broadcatching, un neologismo con cui Stewart Brand del Mit ha definito «un sistema di comunicazione in cui il trasmittente irradia un flusso di bit che trasporta una grande quantità di informazioni e il fruitore li riceve mediante un computer che li seleziona per una fruizione successiva» [Negroponte, 1995]. Il futuro della comunicazione sarà sempre più connotato dall’evoluzione del sistema mondiale di comunicazione a questa modalità di emissione-fruizione che denomineremo con il neologismo di Brand «broadcatching», ma riteniamo che vada definita come «l’accesso selettivo e interattivo a comunicazione resa disponibile a largo spettro di diffusione». Le tecnologie innovative presentano però evidenti vincoli di varia natura (quali la limitata capacità di memoria o ampiezza di banda, l’incompatibilità di standard, i formati in via di definizione ecc.) che connotano questo periodo come un’epoca di transizione e altamente soggetta a sovrapposizioni di prodotti e consumi, rischi imprenditoriali ed incertezze tecnologiche. Ma anche generatrice di grandi opportunità e di una forte accelerazione di cambiamenti: è l’era della new economy, di cui si parla nel prossimo paragrafo. 1.2 Innovazione della comunicazione per l’impresa La comunicazione digitale ha avuto un impatto sulle attività d’impresa che supera i confini tradizionali della «comunicazione per l’impresa» ed espande il suo dominio fino alla reingegnerizzazione delle imprese medesime. L’innovazione tecnologica è una condizione necessaria, ma non sufficiente per il successo (o, in molti casi, per la sopravvivenza) aziendale. La vera innovazione indotta dalle tecnologie e applicazioni di comunicazione digitale riguarda il rinnovamento dei modelli gestionali e l’organizzazione dei processi, con il coinvolgimento di un numero crescente di attori esterni ai sempre più labili confini aziendali [Di Bari, 1999b]. 1.2.1 Fasi di sviluppo e struttura della Internet economy Nata solo nel 1994, la Internet economy si è sviluppata più velocemente di quanto non sia successo per la Rivoluzione industriale del XVIII secolo. A oggi, ha già vissuto quattro principali fasi di sviluppo [Morgan Stan- 19 INNOVAZIONE MULTIMEDIALE ley Dean Witter, 1999], schematizzate nella figura 1.3 e connotate dall’emergenza di diverse tipologie di attori: 1) dal 1994, le aziende operanti nel settore delle infrastrutture: imprese di telecomunicazione (per esempio, Ericcson e Nokia) e fornitori di infrastrutture tecnologiche (per esempio, Cisco e Alcatel); 2) dal 1995, le aziende produttrici di software (per esempio, Microsoft e Netscape) e di strumenti per la gestione integrata delle risorse aziendali (per esempio, Sap e Oracle); 3) dal 1996, i fornitori di contenuti (per esempio, Yahoo e Aol), in grado di catalizzare l’attenzione di vaste utenze internazionali; 4) dal 1998, le imprese dedite ad attività di e-commerce ed e-tailing (per esempio: Amazon.com e eBay negli Usa; Tesco, Iceland e Dixons in Europa). In relazione a una ricerca della Università del Texas [Whinston et al., 2000] gli attori che costituiscono la Internet economy sono raggruppabili in quattro livelli detti layer: 1) livello infrastruttura; 2) livello applicazioni; fase 1 fase 2 fase 3 fase 4 fase 5 Focus sui modelli gestionali Focus sulle tecnologie 1997 Business Rengineering, Vertical Retali, e-commerce Contenuto e aggregazione Sw, Servizi Infrastrutture Revenue Figura 1.3 Le fasi di sviluppo della Internet economy 1998 1999 Fonte: Rielaborazione da Morgan Stanley (giugno 1999). 2000 2001 Tempo 20 MANAGEMENT MULTIMEDIALE 3) livello intermediari e contenuti; 4) livello commercio elettronico. I primi due livelli costituiscono la categoria «infrastruttura», gli ultimi due la categoria «attività economica» (figura 1.4). Il livello infrastruttura è costituito da: a) imprese di telecomunicazione (ad esempio: AT&T, Telecom Italia); b) Internet service provider (ad esempio: Aol, Blixer, Tiscali); c) aziende che producono hardware e software di rete (ad esempio: Hp, Cisco System) e tutto ciò che costituisce prerequisito per lo sviluppo del commercio elettronico. Il livello applicazioni raggruppa prodotti e servizi software necessari a facilitare le transazioni in Internet: produttori di software per la sicurezza, sviluppatori di motori di ricerca, sviluppatori di applicazioni multimediali e altro. Ad esempio, aziende quali Microsoft, Adobe, Oracle. In questo livello sono inserite anche tutte le imprese che forniscono servizi di consulenza e progettano, sviluppano e implementano siti e soluzioni di comunicazione. Il livello intermediari è costituito da tutte quelle attività che facilitano la transazione economica. Include le cosiddette Internet Company, i portali orizzontali (come Yahoo e Virgilio), i portali verticali (come VerticalNet). Il livello e-commerce è costituito da tutte quelle aziende che sviluppano il proprio commercio in rete, quali Amazon.com, Chl, Dell, AmericanAirlines, e innumerevoli altre. La differenza tra le imprese del livello intermediari e e quelle del livelFigura 1.4 L’Internet economy E-commerce Livello 4 Attività economica Intermediari Applicazioni Livello 3 Livello 2 Infrastrutture Infrastruttura Livello 1 INNOVAZIONE MULTIMEDIALE 21 lo e-commerce consiste nel fatto che le prime non vendono prodotti, ma abilitano o rendono più efficienti le transazioni permettendo agli utenti (business o consumer) di fruire di servizi quali aste, ricerca dei prezzi migliori, catalogazione delle merci disponibili on-line e altro. È importante considerare che molte aziende operano a più livelli. Ad esempio: • Ibm e Microsoft ai livelli 1, 2 e 4; • Aol ai livelli 1, 3 e 4. Sebbene per queste imprese non sia facile imputare con rigorose demarcazioni i ricavi ai rispettivi livelli, ci sembra che l’articolazione proposta dall’Università del Texas espliciti bene le relazioni di attività uscendo da una visione della Internet economy come un blocco monolitico. Poiché le attività di ciascun layer sono fortemente dipendenti da quelle degli altri, questa classificazione costituisce una buona traccia per una visione strategica della nuova economia. La Internet economy sta aprendo nuovi orizzonti alla comunicazione, alla collaborazione e al coordinamento tra consumatori, imprese e intermediari. L’Internet market era nato come un canale alternativo, un nuovo mercato. Si sta oggi trasformando in un vero e proprio sistema economico, non a caso detto new economy, le cui caratteristiche distintive sono: • l’informazione; • la conoscenza; • la velocità. La nuova economia sta modificando lo scenario competitivo e le imprese – tutte le imprese, non solo le Internet company – si trovano a dovere fronteggiare il cambiamento. A partire dall’interpretazione di una terminologia corrente che inizia a configurarsi come un codice criptato: dall’etailing al m-commerce, dall’e-Scm all’e-procurement, dalla iB-Tv ai wortal. Per restare solo nell’ambito delle definizioni più comuni e senza arrivare alle pico-celle o alle superfici nurbs. Solo nella più recente fase evolutiva, in atto oggi e nel prossimo futuro, le imprese inizieranno a reingegnerizzare i modelli gestionali per aumentare la propria efficienza e personalizzare i prodotti e servizi in relazione alle esigenze del cliente. Banche e assicurazioni, agevolate dalla immaterialità dei prodotti scambiati, sono state le prime a riconsiderare il proprio posizionamento nei confronti del mercato. Le imprese industriali hanno recentemente iniziato a ridefinire i processi e i rapporti con fornitori e clienti, in relazione all’esponenzialmente incrementata capacità di scambiare quantità di informazioni selettive e di 22 MANAGEMENT MULTIMEDIALE instaurare solidi e costanti rapporti di collaborazione con altre aziende appartenenti alla medesima filiera produttiva. L’evoluzione, sopradescritta a livello macroeconomico, riflette il percorso dell’innovazione che le singole imprese dovranno intraprendere per adeguarsi al cambiamento epocale in atto. Secondo il Gartner Group l’evoluzione dell’impresa verso l’e-business11 si articola in quattro fasi (si veda la figura 1.5): 1) presenza: pubblicità, brochure, portale Internet; 2) esplorazione del canale Web: e-procurement, business to consumer, dati del cliente usati per promozione; sito Web scollegato dal sistema informativo aziendale; 3) costruzione di relazioni: trading communities; e-market; profilo del cliente utilizzato per vendergli più beni e servizi; più business unit iniFigura 1.5 L’evoluzione dell’impresa verso l’e-business Valore generato Mutazione in e-business Costruzione di relazione Esplorazione del canale Web Presenza 1996 1997 1998 1999 2000 2001* 2002* 2003* Tempo e costi (*) Previsioni Fonte: Gartner Group 11 Larry Ellison, Ceo di Oracle, afferma che «un’impresa e-business» è una azienda che è in grado di mettere on-line i dipendenti, i fornitori e i clienti [Cianflone M., “Meno costi con l’e-business”, in Il Sole 24 ORE – New Economy, 6 settembre 2000, p. 1]. 23 INNOVAZIONE MULTIMEDIALE ziano a partecipare alla trasformazione; inizia l’integrazione dell’ecommerce con il sistema informativo aziendale; 4) mutazione in e-business: collaborazione interimpresa; si servono i clienti dei clienti; mass customization; si reinventano le business unit; modelli di business ottimizzati per l’era digitale. I passi evolutivi vedranno crescere sempre più la centralità e la conoscenza del cliente, potenziale o acquisito. 1.2.2 Impresa e comunicazione innovativa La capacità di adeguarsi al nuovo ambiente di business prima e meglio dei propri concorrenti può decretare la scomparsa o il successo dell’impresa. Il cambiamento determinato dagli strumenti innovativi di comunicazione genera numerose minacce e opportunità: non è sufficiente adeguare i propri sistemi informativi sostituendo quelli ormai obsoleti, occorre essere in grado di ripensare radicalmente il modo di condurre il proprio business e relazionarsi agli altri attori operanti lungo tutta la catena del valore. La figura 1.6 schematizza l’impatto delle tecnologie informatiche e di comunicazione sull’impresa ed evidenzia i principali step del processo evolutivo che ne consegue [Corbelli, 2000]: Revenue Figura 1.6 Impatto dell’Ict sulle imprese BUSINESS NETWORK EXTERNAL LOGISTICAL NETWORKS INTERNAL LOGISTICAL NETWORKS Business scope redesigner Business network ERP Business process Strumenti innovativi di comunicazione (Internet, B-Tv, MM on line) Integrazione funzionale Automazione (a isole) Tempo 24 MANAGEMENT MULTIMEDIALE La fase 1 rappresenta l’automazione «a macchia di leopardo»: l’obiettivo perseguito è quello di aumentare l’efficienza nell’esecuzione dei compiti ripetitivi sul singolo centro di lavoro e di liberare risorse umane preziose per compiti a maggior valore aggiunto. La fase 2 consiste nell’integrazione a livello di reparto dei singoli compiti automatizzati, con il risultato di una più razionale ed efficiente gestione delle risorse funzionali. Figura 1.7 Focus sulle funzioni FINANZA VENDITE PRODUZIONE … Figura 1.8 Focus sui processi ATTIVITÀ DI SUPPORTO Finanza, gestione delle risorse umane, … Fornitore Cliente FINANZA PROCESSI … trasporto pagamento produzione ricezione ordini vendite … … acquisti INNOVAZIONE MULTIMEDIALE 25 La possibilità di scambiare molte informazioni a basso costo e di gestire in modo integrato i dati aziendali sposta il focus dei modelli gestionali dalle funzioni ai processi (figure 1.7 e 1.8). L’introduzione delle tecnologie e applicazioni innovative consente di ridisegnare i processi con il risultato di una forte riduzione dei tempi di esecuzione (lead time) e dei costi e un aumento del livello di servizio offerto al cliente. L’organizzazione integrata dei dati (tutti accedono agli stessi dati costantemente aggiornati) permette una più agevole gestione di tutte le fasi del processo: pianificazione, esecuzione e controllo. In questa fase (fase 3) la condivisione delle informazioni internamente all’impresa avveniva tramite le Intranet (Internal logistical network), basate su sistemi proprietari che presentavano forti elementi di criticità quando era necessario interfacciare aziende diverse (ad esempio, per gestire un rapporto di fornitura) perché utilizzavano tecnologie di rete differenti. Questi problemi sono stati risolti grazie all’introduzione di nuovi strumenti di comunicazione, con due rilevanti benefici: 1) l’abbattimento del costo di scambio delle informazioni tra imprese; 2) la standardizzazione degli strumenti di comunicazione. L’impresa è oggi in grado di instaurare rapporti di mercato con imprese prima sconosciute e aprire in questo modo nuovi canali di approvvigionamento o di vendita (fase 4, External logistical network). L’evoluzione degli strumenti di comunicazione ha generato un importante cambiamento dei modelli di gestione dei processi: da modelli basati sull’informazione (detti data based) a modelli basati sulla comunicazione (detti message based). La tipica struttura monolitica dell’azienda integrata verticalmente ha iniziato a dissolversi a favore del dominio diretto di processi sempre più focalizzati e dell’outsourcing di attività che in passato erano svolte internamente. La capacità di scambiare informazioni in modo efficiente porta a una sensibile riduzione dei costi connessi alla ricerca del fornitore, al maggiore coordinamento nelle fasi di scambio e del processo di pagamento. Considerando anche il risparmio derivante dall’incontro di fornitori nuovi e potenzialmente in grado di soddisfare meglio le esigenze del cliente, il costo complessivo della transazione scende frequentemente al di sotto del costo di produzione interna del bene. In questo modo, gli strumenti di comunicazione innovativa favoriscono la de-verticalizzazione dell’impresa, che ricorre con maggior frequenza all’esternalizzazione delle attività non strategiche e si concentra sui processi core. L’impresa diventa così un nodo in una rete di imprese specializzate che creano valore grazie alle proprie core competencies (fase 5). L’impat- 26 MANAGEMENT MULTIMEDIALE to della comunicazione innovativa si è rivelato così forte da poter generare la disgregazione delle aziende e un riassemblaggio degli attori. Questo tende a determinare uno scenario in cui ogni attore è focalizzato sulle attività dominate dalle proprie competenze, lungo la catena del valore che collega le imprese in un rapporto di fornitura fino al cliente finale: il business network (figura 1.9). Il business network diventa una vera e propria «impresa virtuale», un’impresa estesa in grado di dominare tutta la supply chain e di garantire la massima efficienza nel soddisfare le esigenze del cliente finale [Osterle et al., 2000]. Venkatraman ed Henderson [1998] hanno codificato un interessante modello che classifica l’impresa virtuale in relazione a tre dimensioni. Vettore 1 Interazione con il cliente (virtual encounter). Questa dimensione è riferita alle opportunità/minacce nel rapporto con il cliente, a seguito all’introduzione degli strumenti di comunicazione innovativa, che consentono all’utente di: • valutare dall’esterno (detto «remotare») i prodotti/servizi offerti (stage 1); • definire le specifiche per una personalizzazione (detta «customizzazione») dinamica dell’offerta in base alle proprie esigenze (stage 2); • aggregare comunità virtuali in grado di accentrare un considerevole potere d’acquisto (stage 3). Figura 1.9 Business dynamic network INNOVAZIONE MULTIMEDIALE 27 Vettore 2 Configurazione degli asset (virtual sourcing). Questa dimensione è riferita alla riconfigurazione degli asset aziendali nel passaggio dal modello d’impresa integrata verticalmente al modello di business network. La capacità di scambiare dati e messaggi permette all’impresa di: • esternalizzare la produzione di moduli standard (stage 1); • creare interdipendenze di processo sempre più forti (stage 2); • puntare alla formazione di una rete dinamica di organizzazioni con core competencies complementari (stage 3). Vettore 3 Localizzazione della conoscenza (virtual expertise). Questa dimensione è riferita all’abilità dell’impresa nel creare e diffondere conoscenza: • all’interno delle proprie work unit (stage 1); • al di fuori dei confini aziendali creando interdipendenze di processo (stage 2); • in comunità esterne di professional esperti (stage 3). Il «grado di virtualità» dell’impresa può essere misurato in relazione all’utilizzo delle tecnologie e applicazioni innovative in sostituzione della presenza fisica: per interagire, condurre affari e operare insieme. In questo senso l’impresa è tanto più virtuale quanto più raggiunge livelli elevati (stage 2 o 3) nelle dimensioni descritte dai tre vettori (figura 1.10). L’E-SUPPLY CHAIN MANAGEMENT Secondo la teoria della supply chain, lo sforzo di tutti gli attori (legati tra loro dal rapporto fornitore-cliente come evidenziato in figura 1.11) deve essere teso alla soddisfazione dei bisogni del cliente finale [Camussone, Biffi, 1999]. Il flusso informativo proviene dal cliente finale e percorre a ritroso tutta la supply chain, orientando il comportamento degli attori coinvolti nella catena al soddisfacimento dei bisogni dell’utente finale [Klakota, Whinston, 1997]. Gli strumenti di comunicazione innovativa consentono il flusso costante delle informazioni e mettono in tensione tutta la catena a partire dai segnali provenienti dal cliente finale. In realtà, il modello descritto costituisce una esemplificazione perché: a) i fornitori più a monte servono molti clienti, appartenenti a più catene del valore; b) i rapporti di fornitura sono spesso transitori. Il modello più appropriato alla descrizione dei rapporti lungo la filiera produttiva ci sembra essere quello della rete in cui i nodi (le aziende) si collegano tra di loro con archi (i rapporti cliente-fornitore) che connetto- 28 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Figura 1.10 Organizzazione virtuale: i tre vettori e i tre stage Stage 1 Vettore 1 Interazione con il cliente virtual encounter Stage 2 Stage 3 Valutazione da remoto di prodotti/servizi Customizzazione dinamica Comunità di clienti Vettore 2 Configurazione degli asset virtual sourcing Sourcing di moduli standard Interdipendenze di processo Coalizione di risorse Vettore 3 Localizzazione della conoscenza virtual expertise Work-unit expertise Interdipendenze di processo Professional community expertise VIRTUALITÀ Bassa Media Alta Fonte: Rielaborato da Venketraman, Henderson, 1998. no nodi sempre diversi formando un business dynamic network (come già illustrato in figura 1.9). Il supply chain management consiste nella gestione di tutte le interdipendenze che hanno luogo nella supply chain: le attività svolte dai diversi attori devono essere perfettamente coordinate per garantire flussi informativi e di prodotti il più possibile rispondenti alle esigenze del cliente finale. Fornitori, intermediari, distributori e clienti sono tutti parte di un’unica impresa estesa (extended enterprise) in cui gli strumenti di comunicazione sono veicolo di informazioni e strumento indispensabile di coordinamento e integrazione virtuale. Si delinea così uno scenario costituito da imprese estese in perenne mutazione. In questo scenario la comunicazione diventa essenziale per la sintonizzazione iniziale e progressiva tra clienti e fornitori (sia B2B, sia B2C) per sostenere i programmi di partnership e per creare un habitat di collaborazione basato sulla trasparenza e sulla comprensione reciproca [Di Bari, 1999b]. Se ai fornitori viene chiesto di migliorare la qualità del servizio offerto (ad esempio con una progettazione più efficace del componente o con programmi di consegna just in time) questo necessita comunicazione. Fornitore del fornitore Figura 1.11 Supply chain Fornitore source make Flusso di prodotti e informazioni deliver flusso informativo Azienda cliente Cliente finale INNOVAZIONE MULTIMEDIALE 29 30 MANAGEMENT MULTIMEDIALE D’altro canto, per le imprese clienti la comunicazione diventa un vero e proprio strumento di gestione della supply chain che si traduce in una riduzione di costi e di time to market12. Imprese come Dell e Cisco System hanno completamente integrato le loro catene virtuali. Ad esempio, Dell riceve ordini direttamente attraverso il suo sito che costituisce un catalogo interattivo multimediale in cui il cliente può vedere i prodotti e le loro caratteristiche. In modo automatico inoltra ai suoi fornitori le specifiche e i componenti necessari, la quantità e la data di consegna. Una volta ricevuti tutti i componenti, Dell assembla i computer. Ogni fornitore di Dell (mediante la Extranet aziendale) ha accesso reale alle informazioni inerenti i propri ordini e può così organizzare la produzione e la consegna in modo da garantire la giacenza di magazzino minima necessaria. Il cliente a sua volta è in grado di seguire in rete lo stato di avanzamento del suo ordine. A questo proposito, Michel Dell (fondatore dell’omonima società) asserisce che «da un lato Internet dà ai clienti la possibilità di ricercare l’offerta migliore, dall’altro permette al venditore di consolidare il rapporto e creare maggiore fedeltà nel cliente». La definizione di una catena del valore in linea con l’evoluzione digitale porta alla necessità di ridefinire tutti i processi aziendali, non solo quelli interni perché le tecnologie di comunicazione consentono di legare (tramite Intranet, Extranet, Internet e altri media on-line) tutti gli attori dell’impresa estesa. La rivisitazione dei processi riguarda, in prima istanza: 1) il marketing e le vendite13. Il cliente business (ma anche consumer) viene integrato on-line nell’impresa. Sfoglia le offerte di cataloghi interattivi, guarda filmati ad hoc sui prodotti e compila direttamente l’ordine on-line usufruendo di sconti sui prezzi come incentivo. Da ogni transazione così avvenuta scaturiscono: • ricavi; • riduzione dei costi di transazione; • informazioni sui clienti necessarie alla compilazione del profili; 2) l’approvvigionamento e la logistica. In accordo con Ceccarelli [2000] ci sono due approcci fondamentali per ridefinire i processi di approvvigionamento on-line: • negoziare contratti ex-novo via Internet; • acquistare presso gli e-marketplace (successivamente analizzato nel paragrafo 2.2.2). 12 13 In quest’ottica si vedano anche i casi Unipart e Varity Perkins Group in Di Bari [1999b]. Si veda il paragrafo successivo, dedicato al customer relationship management. INNOVAZIONE MULTIMEDIALE 31 Nel primo caso non si verifica alcun radicale cambiamento della funzione approvvigionamento, ma si utilizza semplicemente un mezzo differente per effettuare ordini. L’innovazione maggiore avviene nella logistica: il fornitore selezionato entra a far parte del workplace aziendale diventando parte della struttura informativa. Sarà ora il fornitore a controllare il magazzino, verificare l’esigenza del riordino di beni in base a specifici input, quali luogo, data e ora. Il secondo caso si verifica in marketplace in cui avvenga un incontro tra domanda e offerta, esistenti oppure creati ad hoc per la cooperazione tra imprese. Ad esempio, Dow Chemical ha creato un marketplace del settore chimico e la General Motors uno del settore automobilistico. L’incontro tra domanda e offerta non si verifica solo in relazione a prodotti, ma anche a servizi. Ad esempio, Capacityweb.com si propone come punto di incontro tra chi ha impianti produttivi sotto-utilizzati e chi non è in grado di soddisfare gli ordini perché ha saturato la capacità dei propri impianti. L’E-CUSTOMER RELATIONSHIP MANAGEMENT L’introduzione degli strumenti innovativi di comunicazione ha originato due fenomeni rilevanti: 1) l’abbattimento delle barriere geografiche: il cliente è in grado di confrontare i prodotti/servizi di fornitori con i quali prima non poteva relazionarsi a causa della distanza geografica; 2) la diminuzione del costo di accesso all’informazione: il cliente è in grado di acquistare con maggiore consapevolezza, grazie all’informazione a sua disposizione sul bene transato. Questi due fenomeni aumentano considerevolmente il potere contrattuale del cliente e costringono i fornitori a una serrata competizione, che può basarsi sempre meno su differenziali tecnologici di prodotto o di processo perché: a) l’innovazione di prodotto è sempre più rapida ma sempre meno radicale, ciò avviene oramai in tutti i settori a eccezione di alcuni segmenti dell’information & communication technology e delle biotecnologie. I miglioramenti di prodotto sono tendenzialmente marginali e configurabili più come personalizzazioni e ampliamenti di gamma, che come vere e proprie innovazioni; b) l’innovazione di processo, su cui si sono concentrati gli investimenti aziendali per tutti gli anni Ottanta e per buona parte degli anni Novanta, non consente più di accedere a vantaggi competitivi duraturi nel tempo. Le aziende hanno modalità di gestione dei processi di produ- 32 MANAGEMENT MULTIMEDIALE zione e logistici sempre più simili, anche per effetto della diffusione di alcune soluzioni standard di supporto alla progettazione (Cad/Cae), alla produzione e alla logistica (enterprise resource planning, Erp). Standardizzazione Abbiamo assistito a una progressiva standardizzazione dei beni/prodotti forniti, che sono diventati sempre più assimilabili per prestazioni e funzioni d’uso, a volte persino per design. In questa situazione, ogni fornitore deve allineare la propria offerta a quella degli altri per rimanere sul mercato e ogni volta che un fornitore offre qualcosa di nuovo o abbassa i propri prezzi gli altri sono costretti ad adeguarsi. Nella prima metà degli anni Novanta, si è così determinato un «mercato dei compratori» nel quale tutti i fornitori hanno conformato le offerte, riducendo i margini. Questo ha inevitabilmente portato alla ricerca di nuovi canali distributivi e di vendita, spesso a scapito del valore dei brand affermati, ma anche dei servizi resi al cliente. Il fenomeno dell’hard discount è particolarmente rappresentativo di questa tendenza. Tutto questo non si è verificato solo per i beni di consumo, ma è anzi stato evidente in particolar modo nei settori bancario, assicurativo, finanziario e dei trasporti aerei: si sono innescati meccanismi di globalizzazione e di privatizzazione, è aumentato il grado di concorrenza sui prezzi e sui servizi, i clienti si sono dimostrati poco sensibili anche ai brand name più blasonati e disposti a cambiare velocemente il proprio fornitore alla luce di offerte più vantaggiose. Personalizzazione Nella seconda metà degli anni Novanta si è manifestata una seconda tendenza, per certi versi contrastante rispetto alla prima. Anche per effetto di una migliore congiuntura economica, che dagli Stati Uniti si è estesa ai mercati europei e sulla quale si è innescato il dirompente effetto della Internet economy. Una categoria di clienti crescente, e oggi perfino prevalente nei mercati più avanzati, ha incominciato a esprimere bisogni sempre più differenziati, selettivi e personalizzati. Il cliente si è trasformato, ha «cambiato pelle». È diventato sempre meno influenzabile dalle campagne pubblicitarie (mirate sui prodotti standardizzati e sul brand aziendale) e sempre più attento ai valori esistenziali e individuali, per definizione soggettivi e mutevoli nel tempo. Le preferenze di molti si sono progressivamente orientate verso le marche che più prontamente di altre hanno saputo interpretare e comunicare i valori emergenti, associandoli ai propri prodotti e servizi. INNOVAZIONE MULTIMEDIALE 33 Ad esempio, la grande distribuzione ha reagito alla minaccia dell’hard discount attivando banchi di vendita specializzati e orientati al servizio e alla relazione personalizzata con il cliente. La gamma e la qualità dei servizi antecedenti e successivi («pre» e «post») alla vendita sono diventati un elemento intrinseco, qualificante e differenziante del prodotto. Sono stati sempre più sempre più differenziati per cliente, fino alla totale personalizzazione. Il comune denominatore delle tendenze sommariamente citate è la presa di coscienza della centralità del cliente rispetto ai processi decisionali e operativi aziendali. Una vera rivoluzione copernicana perché la strategia aziendale e di prodotto, i processi aziendali, la struttura organizzativa, le infrastrutture e i flussi informativi (per molti anni centrati su obiettivi interni di prodotto, produzione, qualità e redditività) hanno dovuto essere ripensati alla luce delle aspettative, della percezione e delle mutevoli tendenze dei clienti e dei mercati. È sicuramente uno dei cambiamenti più drastici che le imprese abbiano conosciuto ed è tuttora in corso di evoluzione. Cambia l’orientamento delle strategie: dal prodotto/tecnologia (product/technology driven strategy) al cliente/mercato (customer/market driven strategy). Verso la metà degli anni Novanta, si sono sviluppate le prime metodologie di marketing centrato sul cliente, attento alla sua individualità ed orientato alla soddisfazione e fidelizzazione: il customer marketing, che si è candidato a diventare l’interfaccia fra il cliente e i processi e l’organizzazione aziendale. Il Crm sottolinea esplicitamente l’aspetto processuale, di gestione delle relazioni orientate al cliente, l’e-Crm è il customer relationship management abilitato da Internet: parte integrante e qualificante delle strategie e-business. Nato come dottrina metodologica europea ed americana negli anni tra il 1993 e il 1995, il customer marketing è esploso negli Stati Uniti negli anni ’96-98 in particolare con l’accezione di customer relationship management (Crm)14. Nello stesso periodo è esploso il fenomeno Internet e si è definitivamente affermata la nuova prospettiva dell’e-commerce, dell’e-business e della cosiddetta new economy. Crm e Internet sono entrambi basati su relazioni e interattività, le loro storie hanno molto in comune e vivono tuttora di continui intrecci da cui traggono vicendevolmente vigore e impulso. 14 In accordo con un’analisi di Idc [2000], al Crm è attualmente dedicato il 27,2% dell’investimento It delle imprese europee: il Crm è secondo solo agli Erp (38,5%) ed è seguito dalle soluzioni per I’ebusiness (18,1%). Le imprese più orientate al Crm sono quelle che hanno tra 10 e 99 dipendenti (28,2%), molto alto è l’interesse anche fra le imprese medio-grandi: con 100-999 dipendenti (27,3%) e con più di mille (26,1%). Ancora più alto il livello di ipotesi di adozione: circa il 32% dei manager dichiara che sarà adottato entro 12 mesi, il 45,6% entro 48 mesi. I1 mercato italiano è attualmente di 200 miliardi di lire e dovrebbe aumentare del 130% annuo per i prossimi tre anni. 34 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Il customer marketing e il «marketing individuale» (che viene abitualmente definito One-to-one ovvero «121») sono stati di fatto abilitati dalla disponibilità di nuove tecnologie di comunicazione e di elaborazione. L’approccio per segmenti di mercato (e pertanto l’analisi condotta in termini di campioni statistici rappresentativi dei singoli segmenti) era un’approssimazione resa necessaria dalla impossibilità di accumulare ed elaborare efficacemente l’enorme massa di dati necessari per riconoscere e aggiornare il profilo dei singoli clienti. Questo tipo di profilo consente di personalizzare il servizio cliente per cliente. Ad esempio: con la personalizzazione di una lettera, il riconoscimento del cliente da parte di un’operatrice al telefono, la differenziazione delle clausole contrattuali o dei servizi accessori al prodotto e altro. Oggi si può disporre dei data warehouse. Si tratta di database che sono in grado di organizzare un’enorme mole di dati elementari in informazioni facilmente fruibili e di ricevere da un’unica interfaccia tutti i dati derivanti dai database: • gestionali e di produzione. In cui vengono, ad esempio, archiviati i dati relativi agli ordini, ai prodotti e servizi forniti, alle fatture emesse, ai pagamenti ricevuti da ogni cliente ecc.; • esterni. Ad esempio, profili di clienti potenziali, dati di mercato ecc.; • operativi di supporto all’attività di vendita e di customer care. In ultima analisi, lo stesso sviluppo dei siti Internet in siti di e-commerce deriva dall’esigenza di disporre di un canale di comunicazione in grado di interagire con il singolo cliente, di accumulare conoscenze sul profilo, le aspettative, la soddisfazione e la propensione all’acquisto del cliente, di fornire al cliente informazioni e servizi sempre più personalizzati e orientati ai principi del customer relationship marketing. Nell’equazione corrente «Internet uguale e-commerce» c’è però una qualche dose di enfatizzazione in eccesso perché l’e-commerce rappresenterà certamente un nuovo canale di vendita in grado di conquistare una fetta significativa, ma anche le previsioni più ottimistiche indicano non più del 6-7% delle transazioni entro il 2010. L’e-Crm15 viceversa aggregherà un mercato enorme, in grado di modificare negli anni la natura e la qualità stessa delle relazioni fra fornitori e clienti. In questo senso l’e-Crm fungerà da collante delle applicazioni Internet di comunicazione, promozione e di supporto alla gestione delle relazioni con i clienti con una pluralità di altri canali, ad esempio: diretti, indiretti, 15 E, in generale, tutte le applicazioni Internet di comunicazione, promozione e di supporto alla gestione delle relazioni con i clienti, attraverso una pluralità di altri canali: diretti, indiretti, via mailing, via telefono. 35 INNOVAZIONE MULTIMEDIALE via mailing, via telefono. Molte imprese hanno già fatto e faranno di questa attività il proprio core business, ad esempio Inno16 in Italia. Relazione fornitore-cliente Oggi la relazione fra venditore e cliente è basata sulla comunicazione: dei prodotti o dei servizi disponibili, delle condizioni e delle modalità di accesso. La personalizzazione della comunicazione è però molto scarsa e il valore aggiunto del venditore è ancora troppo limitato per giustificare l’investimento (il tempo e il costo per il venditore e/o il cliente) necessari per promuovere efficacemente i prodotti e servizi. Da questo, derivano due tendenze opposte, illustrate in figura 1.12: • la virtualizzazione della relazione, che con l’e-commerce supera i limiti della transazione pura (acquisto da catalogo, spedizione di un bollettino associativo); • la ricerca di relazioni a valore aggiunto (consulenza, servizi di supporto operativo), che giustifichino un più intimo rapporto fra il fornitore e il cliente, fino a una fidelizzazione del cliente stesso. Figura 1.12 Investimento in relazioni tra fornitore e cliente Investimento del cliente per fornitore Costo eccessivo del cliente ne zio a l Re nte Partnership lie c e r o nit Vendita for consulenziale Vendita comunicazionale Vendita transazionale e-commerce Costo eccessivo del fornitore Investimento del fornitore per cliente 16 Impresa leader del settore, il nome deriva da inno(vazione). 36 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Se il cliente è un’azienda, si potrà giungere sino a un rapporto di partnership che veda, ad esempio, il cliente affidare al proprio fornitore parte dei propri processi e funzioni aziendali oppure coinvolgerlo nella creazione e gestione di un business network. Come si può rilevare dalla figura 1.12, è necessario trovare un giusto equilibrio tra il costo sostenuto dal fornitore e il costo sostenuto dal cliente per giungere alla transazione. Customer intelligence L’orientamento alla centralità del cliente (customer centric) ha portato le imprese ad accumulare conoscenze sul profilo dei clienti (e potenziali clienti) che possano generare strategie di fidelizzazione e di vendita personalizzate e relazionali. Tale tendenza si manifesta a diversi livelli: – produttori di prodotti e servizi: con la creazione di data warehouse, download di dati da legacy systems e database esterni, upload di dati da sales force automation, customer service, call centre e Web service; – data provider: fornitori di informazioni su clienti business e consumer; – Internet service provider e portali: fornitori di servizi di e-marketing, e-commerce il cui asset principale diventa la capacità di conoscere e di registrare il profilo, i comportamenti, le motivazioni e le aspettative dei clienti. Le nuove metodologie di marketing relazionale e individuale hanno messo in risalto come il cliente si comporti in modo sempre meno conforme ai criteri di segmentazione tradizionale (basati su fattori socio-demografici o sul comportamento di acquisto passato) e sia sempre di più influenzato da fattori individuali (motivazioni, valori, aspettative) che peraltro cambiano rapidamente nel tempo, al variare di fattori socio-culturali, ma soprattutto al variare delle esperienze e relazioni individuali. Non esiste un profilo e un potenziale assoluto del cliente, ma esistono n profili, in funzione di n prodotti/servizi, e relativi bisogni e funzioni d’uso. E gli stessi bisogni e funzioni cambiano dinamicamente nel tempo, ad esempio per mobilità, salute, previdenza, risparmio, informazione, divertimento. Come evidenziato in figura 1.13 i dati relazionali sono i più complessi e i più costosi da raccogliere. Le tecnologie interattive digitali come i portali, i cataloghi interattivi e altro sono di notevole supporto al raggiungimento di questo obiettivo. 1.2.3 Il processo di apprendimento nella virtual organization La capacità dell’impresa virtuale di creare e capitalizzare conoscenza più velocemente dei propri competitor sta diventando un fattore di rilevante criticità [Di Bari, 1999b]. 37 INNOVAZIONE MULTIMEDIALE Figura 1.13 Cattura del profilo del cliente Raccolta e archiviazione dati clienti I dati sul cliente RELAZIONALI (contratti, ruoli e criteri decisionali, …) Costo/valore dei dati MOTIVAZIONALI (soddisfazione, bisogni, …) ECONOMICI E COMPORTAMENTALI (fatturato, frequenza acquisti, …) SOCIO-DEMOGRAFICI (attività, dimensione, …) ANAGRAFICI (nome, indirizzo, …) Disponibilità dei dati La gestione della conoscenza è un’attività presente in tutte le organizzazioni, ma rappresenta un fattore di successo solo per chi è in grado di riconoscere e gestire un processo continuo di apprendimento «dinamico» (learning, unlearning, re-learning) che sia basato: a) sull’esperienza dei progetti passati; b) sugli stimoli provenienti dall’ambiente circostante (clienti, competitor, fornitori); c) sulle fonti di approvvigionamento dell’informazione (content provider, information provider). IL PROCESSO DI GESTIONE DELLA CONOSCENZA Il processo di gestione della conoscenza vede la partecipazione collaborativa di molti attori sia interni che esterni all’organizzazione, impegnati nella trasformazione (figura 1.14): 1) dei dati e dell’informazione in conoscenza; 2) della conoscenza in processi e prodotti che creino valore. 38 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Figura 1.14 La generazione del valore dati informazione conoscenza processi prodotti valore In un contesto caratterizzato dal «cambiamento continuo», il processo di apprendimento deve essere sempre più veloce e in grado di astrarsi dalla mutevole contingenza dei fatti: l’azienda deve «imparare a imparare» [Di Bari, 1999b] perché la necessità di apprendere è l’unico elemento costante in un contesto in continuo cambiamento. Da questo deriva l’importanza della pianificazione dell’apprendimento come processo da gestire con tecniche manageriali adeguate (knowledge management). L’utilizzo degli strumenti di comunicazione innovativa amplifica le opportunità (e di conseguenza le minacce) derivanti dall’abilità (o incapacità) nel gestire il processo di creazione, diffusione e di rinnovamento della conoscenza. Affinché la conoscenza crei valore è importante che non sia limitata ai singoli individui, ma generi un apprendimento condiviso e collaborativo a livello di intera azienda: l’apprendimento dell’organizzazione ha infatti valore maggiore della somma delle conoscenze dei singoli individui. L’impresa deve essere in grado di garantire che la conoscenza dei singoli individui si trasformi in conoscenza aziendale, a questo scopo deve: • rispecchiare gli obiettivi aziendali; • essere condivisa o distribuita tra diversi membri dell’organizzazione; • capitalizzare i risultati della conoscenza nel sistema e nella cultura aziendale. LE DIMENSIONI DELLA CONOSCENZA La conoscenza può essere classificata in relazione al suo posizionamento lungo un asse ai cui estremi si posizionano la conoscenza esplicita e la conoscenza implicita [Leonard, Sensiper, 1998]. La conoscenza implicita (tacit knowledge) è fortemente personale, inconscia e difficile da formalizzare e comunicare agli altri perché è fortemente radicata nei modelli mentali dell’individuo che la detiene. 39 INNOVAZIONE MULTIMEDIALE La principale fonte di conoscenza implicita è l’esperienza: un esperto è una persona che detiene conoscenza implicita in un determinato settore: la sua presenza è preziosa proprio perché il suo sapere non è facilmente formalizzabile e trasferibile agli altri individui. La conoscenza esplicita è facilmente codificabile in linguaggi formali e si presta quindi al trasferimento verso individui diversi da coloro che l’hanno creata o elaborata. Ad esempio, nell’impresa questo tipo di conoscenza si riferisce alle procedure tecniche ed è espressa mediante le regole scritte, le policy e i diagrammi procedurali. Conoscenza implicita ed esplicita sono gli estremi di un continuum lungo il quale si posiziona tutta la conoscenza aziendale (figura 1.15). Il processo di creazione e diffusione della conoscenza può essere definito in quattro fasi [Steil et al., 1999], illustrate nella figura 1.16: 1) conversione di conoscenza implicita in esplicita (externalization). Consiste nello sforzo di formalizzazione della conoscenza tacita (ad esempio, l’esperienza) mediante modelli, guide rules, best practices, check lists. Questo processo presenta numerose difficoltà, legate: • all’accesso alla dimensione inconscia della conoscenza, un problema ben descritto dalla definizione «esprimere l’inesprimibile»; • al superamento delle barriere alla condivisione della conoscenza poste da chi la detiene e la usa come strumento di vantaggio competitivo personale. Conoscenza esplicita Figura 1.15 Le dimensioni della conoscenza regole scritte, processi organizzativi, … cultura organizzativa, euristiche di problem solving, … intuizioni, esperienza pratica, … Conoscenza implicita 40 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Il modo migliore per superare questi problemi è creare un ambiente collaborativo, ad esempio con politiche di valutazione legate ai risultati ottenuti dall’intero team e non dal singolo individuo; 2) conversione di conoscenza esplicita in esplicita (combination). Consiste nella creazione di nuova conoscenza formalizzata a partire da modelli e regole già esistenti. Questo processo può essere schematizzato in tre fasi: • raccogliere conoscenza elementare (ad esempio, dati e informazioni) sia dall’esternosia dall’interno dell’impresa; • trasferire la conoscenza accumulata mediante corsi o presentazioni; • rendere la conoscenza esplicita generata facilmente fruibile attraverso reports, papers o altro. Gli strumenti di comunicazione innovativi per l’impresa possono determinare un vantaggio competitivo nelle tre fasi citate: facilitando la raccolta di informazioni dislocate in luoghi fisicamente lontani, abilitando il trasferimento di conoscenza anche da remoto (ad esempio, con la Business Tv. Come descritto nel paragrafo 2.4.7) e facilitando la condivisione dei documenti; 3) conversione di conoscenza esplicita in implicita (internalization). Consiste nell’interiorizzazione dei modelli e delle regole formalizzate. Questa fase è caratterizzata da un importante sforzo deduttivo dell’individuo che deve elaborare la conoscenza esplicita e adattarla (basandosi sulla propria esperienza) al contesto di lavoro in cui è impegnato. Gli strumenti di comunicazione possono facilitare questo processo favorendo il training, anche remoto, con strumenti di simulazione e di apprendimento sul campo (learning by doing); 4) conversione di conoscenza implicita in implicita (socialization). Consiste nell’importante travaso di conoscenza tra individui che lavorano a stretto contatto. È favorito dall’enfasi su tecniche gestionali come il team working. Gli strumenti di comunicazione innovativa per l’impresa possono aiutare a superare il problema della distanza fisica tra gli individui, in particolar modo quando i rapporti sono già incominciati in ambiente non virtuale. 1.3 Riclassificazione dei media Nell’ultimo decennio si è verificata una convergenza tra tre diversi settori tecnologici: dell’informatica, delle telecomunicazioni e dei mass media. Dall’integrazione si sta sviluppando un nuovo settore, il multimedia: deriva dalla progressiva fusione dei tre precedenti, che si trovano in una 41 INNOVAZIONE MULTIMEDIALE Figura 1.16 Il processo di creazione e diffusione della conoscenza in impresa (fasi) (1) Implicita a esplicita (4) Implicita a Implicita Conoscenza implicita Conoscenza esplicita (2) Esplicita a esplicita (3) Esplicita a implicita fase di scambio di esperienze, di sistemi e di soluzioni. L’elemento unificante e driver che ha attivato il processo di integrazione è la tecnologia, in particolare la digitalizzazione dei segnali che ha permesso di trattare informazioni di tipo molto diverso (suoni, immagini, testi) come un unico flusso di bit elaborabili da un computer. Nasce così un megasettore che non è però una mera somma algebrica dei tre settori originari, dalla somma di 1+1+1 è venuto fuori (almeno) 5: è l’espressione del megamedium di cui si parla nel capitolo seguente. Tuttora in divenire, ma sempre più chiaro all’orizzonte. Il presidio delle nuove tecnologie da parte delle imprese presenta aspetti a volte più semplici (ad esempio, la gestione dello stoccaggio dei contenuti, che richiede una sola forma di «magazzino digitale»), ma frequentemente più complessi (ad esempio, la gestione della crescente complessità dell’informazione, il presidio dell’innovazione, l’ottimizzazione delle applicazioni). La scommessa attuale consiste nella creazione di assetti e modelli di business efficienti, che si conformino alla continua evoluzione del nuovo settore. E questo non è affatto un compito semplice, dato che ci troviamo in un periodo di transizione e di forti turbolenze. Il premio finale è la leadership o anche la sola presenza attiva nel nuovo sistema economico e di relazioni che si sta definendo intorno al megamedium in via di formazione. O almeno la sopravvivenza, che per alcuni sarebbe già un buon risultato: un risultato niente affatto scontato. 1.3.1 Un modello per la riclassificazione dei media Il primo passo da compiere per la comprensione del settore multimediale consiste nell’analisi dei media in esso coinvolti. 42 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Sarà così possibile classificarli e valutarne le caratteristiche più significative. Esistono molti possibili modelli descrittivi e tutti sono approssimativi, dato che si sta attraversando un periodo di transizione. Fra questi, il migliore ci è sembrato essere quello adottato da Assinform nel Rapporto sull’informatica e le telecomunicazioni17, illustrato dallo schema in figura 1.17. Lo schema rappresenta una serie di livelli, ciascuno dei quali si appoggia a quello inferiore per ottenerne funzionalità che esporta verso quello superiore. Rinnovate, più ricche e complesse. È un tipo di modellizzazione che ricorre spesso nelle strutture informatiche: ogni strato funge da interfaccia, consentendo agli strati superiori di usufruire di servizi senza avere necessità del know how relativo ai dettagli della loro implementazione. I paragrafi seguenti costituiscono una panoramica dei media esistenti in ogni livello, che non si addentra in questioni squisitamente tecniche perché ha il solo obiettivo di fornire uno sguardo d’insieme sullo scenario delle tecnologie di comunicazione più diffuse. 1.3.2 Le infrastrutture per la comunicazione La trasmissione digitale avviene attraverso «canali»: infrastrutture tecnologiche che trasportano le informazioni sotto forma di bit che possono essere suddivise in due categorie: Figura 1.17 Modello per la classificazione dei media Utenti User end-point Applicazioni Networking Infrastrutture per la comunicazione 17 Assinform, Rapporto sull’informatica e le telecomunicazioni, Milano 1998, p. 22. INNOVAZIONE MULTIMEDIALE 43 • infrastrutture per il trasporto: permettono la trasmissione di dati su lunghe distanze; • infrastrutture per l’accesso: permettono la trasmissione dei dati nell’ultimo tratto del canale (detto «ultimo miglio», dalla definizione americana last mile), quello che si congiunge direttamente con l’utente finale. La suddivisione non è sempre possibile. Ad esempio, nel caso della trasmissione satellitare il trasporto avviene con la stessa infrastruttura fino al consumatore. LE INFRASTRUTTURE PER IL TRASPORTO E PER L’ACCESSO Le principali infrastrutture sono: • • • • il doppino di rame18; il cavo coassiale; la fibra ottica; i sistemi satellitari. Il doppino di rame È costituito da coppie di fili di rame intrecciati, in modo da migliorare l’immunità ai disturbi di natura elettrica. Il doppino è adatto alle trasmissioni seriali, ma è un canale a banda stretta e pertanto può trasmettere dati a una velocità non elevata19. In relazione alle prestazioni, il suo ciclo di vita avrebbe dovuto già essere nella fase di declino, ma l’introduzione delle tecnologie Dsl (digital subscriber line) ha permesso di aumentare la velocità massima della trasmissione di dati su questo supporto. Questo ha donato al doppino una seconda giovinezza, anche a causa della scarsa diffusione ed economicità di soluzioni più performanti. In Italia, la posa in opera dei cablaggi in fibra ottica è già cominciata (ad esempio, a Milano e Como) ed è lecito aspettarsi che il primato del doppino non sopravviva al periodo di transizione. Il cavo coassiale A partire dagli anni Settanta, sono stati realizzati (soprattutto negli Stati Uniti e nel Nord Europa) i primi collegamenti con cavo coassiale per for18 In Italia oggi il doppino telefonico costituisce ancora la principale infrastruttura fisica utilizzata per l’accesso. 19 Il legame che esiste tra la banda passante del mezzo trasmissivo e la velocità di trasmissione è una proprietà matematica, derivante dalla serie di Fourier. Per gli scopi di questo testo, è tuttavia sufficiente ricordare che banda stretta indica una bassa velocità di trasmissione dei dati, mentre banda larga indica una velocità di trasmissione elevata. 44 MANAGEMENT MULTIMEDIALE nire servizi di Pay Tv. L’ingresso della televisione via satellite nel mercato consumer ha reso obsolete queste infrastrutture. Recentemente, è però iniziato un processo di recupero finalizzato alla veicolazione di servizi telematici a larga banda. Ad esempio, le reti Hfc (hybrid fiber coaxial) permettono di ottenere velocità da 100 a 1.000 volte superiori rispetto a quelle di un normale modem. La fibra ottica Differentemente da quanto accade con gli altri supporti, nella fibra ottica i dati vengono veicolati da segnali luminosi e non da segnali elettrici. Le fibre sono costituite da un materiale trasparente, lungo il quale il fascio luminoso si propaga senza fuoriuscire20. I vantaggi principali della fibra ottica sono: • la larghezza di banda (100 Mbps21); • l’immunità ai disturbi elettromagnetici; • la possibilità di trasmettere dati su lunghe distanze. I principali svantaggi: • è una soluzione attualmente costosa; • le connessioni tra fibre sono di difficile realizzazione. Sistemi satellitari Il settore delle comunicazioni satellitari è in forte crescita, a causa: • delle innovazioni introdotte nei settori dell’elettronica e delle telecomunicazioni; • della distensione politica internazionale, che ha reso possibile la liberalizzazione della ricerca nell’ambito delle tecnologie spaziali. I vantaggi principali dei sistemi satellitari sono: • la larghezza di banda; • l’assenza di un mezzo fisico per la trasmissione, che infatti avviene via etere. Gli svantaggi principali sono: • l’affollamento dell’etere, con la conseguente scarsità di frequenze disponibili; 20 Ciò è possibile perché il fascio di luce incide sulle pareti della fibra ottica con un angolo tale da annullare la rifrazione e pertanto tale da permettere una riflessione totale. 21 Mbps = milioni di bit al secondo. INNOVAZIONE MULTIMEDIALE 45 • la latenza, che è il ritardo nella trasmissione dovuto al percorso che deve compiere il segnale: da terra fino al satellite e dal satellite fino a terra; • la difficoltà nell’implementazione del canale di ritorno: il canale che permette la trasmissione di dati dall’utente verso il fornitore del servizio. Occorre sottolineare che i sistemi per la ricezione di trasmissioni satellitari sono ormai entrati anche nel mercato consumer (ad esempio, le antenne paraboliche e i decoder sono ormai venduti anche nei supermercati), mentre i sistemi per l’emissione del segnale sono ancora assai costosi. La messa in orbita di un satellite ha costi proibitivi e forti vincoli logistici e pertanto si adottano frequentemente soluzioni ibride per il canale di ritorno. Ad esempio, implementarlo con tecnologie terrestri quali la fibra ottica. In prima approssimazione, i satelliti possono essere classificati: • Geo (geosynchronous Earth orbit): orbitano ad alcune decine di migliaia di chilometri sopra l’equatore e occupano una posizione geografica fissa; • Meo (medium Earth orbit): orbitano tra i diecimila e i ventimila chilometri; • Leo (low Earth orbit): orbitano a circa mille chilometri. I Meo e i Leo non occupano una posizione fissa e pertanto sorgono e tramontano rispetto alla superficie del pianeta. Questo è il motivo per cui sono sufficienti pochi Geo per coprire l’intero pianeta, mentre per ottenere lo stesso risultato servono una decina di Meo oppure alcune centinaia di Leo. LE TECNOLOGIE PER L’ACCESSO Le principali tecnologie a oggi sono: • • • • tecnologie Dsl; tecnologia Isdn; sistemi wireless; Lan. Tecnologie Dsl Le tecnologie Dsl (digital subscriber line) permettono di raggiungere elevate velocità di trasmissione pur utilizzando il normale doppino telefonico. La banda totale disponibile sul doppino è infatti molto superiore rispetto a quella attualmente utilizzata per le comunicazioni telefoniche: il perfezionamento delle tecnologie elettroniche e l’utilizzo di efficienti algoritmi per la correzione degli errori hanno reso possibile utilizzare l’intera banda per la trasmissione di dati. 46 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Le linee telefoniche hanno una penetrazione praticamente totale sia nel mercato business, sia in quello consumer. Abbiamo pertanto dedicato a questa soluzione una descrizione più accurata. Le diverse tecnologie di questa famiglia vengono identificate facendo precedere alla sigla Dsl una lettera di volta in volta differente. La tabella 1.1 illustra le tecnologie presenti o in fase di sviluppo. È utile rilevare che Adsl e Vdsl sono asimmetriche perché la velocità dei dati trasmessi verso l’utente (downstream) è inferiore a quella dei dati provenienti dall’utente (upstream). Ciò rende queste tecnologie più adatte ad applicazioni che non richiedono un canale di ritorno particolarmente performante. Ad esempio, il video-on-demand, l’interactive distance training, la navigazione nel Web. Un’altra variabile critica nella famiglia Dsl è la distanza massima del collegamento, che è strettamente dipendente dall’immunità ai disturbi del canale trasmissivo. Quest’ultima dipende a sua volta dalla velocità di trasmissione e pertanto dalla quantità di banda utilizzata. Nella tabella 1.2 sono riportati alcuni valori di riferimento. L’Adsl si appoggia a più doppini (due o tre, in parallelo) che l’Sdsl e può coprire distanze maggiori perché ha bisogno di meno banda su ogni singolo cavo e pertanto è più immune ai disturbi. D’altra parte, l’Sdsl potrà rivelarsi più adatta al mercato consumer perché gli utenti domestici dispongono generalmente di una sola linea telefonica e quindi di un solo doppino. Rispetto alla fibra ottica, la famiglia Dsl presenta i seguenti vantaggi: • basso costo di installazione; • disponibilità immediata. Tabella 1.1 Tecnologia xDSL e prestazioni Sigla Significato prefisso Velocità attuale ADSL Asymmetric 1,5 Mbps – 9 Mbps downstream 16 – 640 Kbps upstream SDSL Single line 1,544 – 2,048 Mbps HDSL High data rate 1,544 – 2,048 Mbps VDSL22 Very high data rate 13 – 52 Mbps downstream 1,5 – 2,3 Mbps upstream 22 In fase di sviluppo. 47 INNOVAZIONE MULTIMEDIALE Tabella 1.2 Velocità di trasmissione e distanza del collegamento Velocità (Mbps) Distanza massima (km) 1,5 – 2 6,1 12,96 – 13,8 25,92 – 27,6 51,84 – 55,2 4,6 – 5,5 2,7 – 3,7 1,5 1 0,3 Tuttavia, in un orizzonte di medio-lungo periodo, la fibra appare vincente perché: • permette di raggiungere velocità superiori; • presenta una migliore immunità ai disturbi; • permette di trasmettere su distanze maggiori. Tecnologia Isdn L’Isdn (integrated services digital network) è una tecnologia di comunicazione digitale che consente di raggiungere velocità da 64 kbps23 fino a 2 Mbps. Attualmente, si sta diffondendo soprattutto tra gli utenti privati e domestici perché offre alcuni vantaggi rispetto alla connessione tramite rete telefonica tradizionale (che è Pstn, public switched telephone network). In particolare, l’Isdn offre: • maggiore disponibilità di banda: attualmente 64 kbps contro i 56 kbps dei modem su Pstn; • canali di comunicazione simmetrici: l’upstream e il downstream hanno la stessa velocità, mentre i modem su Pstn hanno un upstream di soli 33,6 kbps; • maggiore rapidità nell’operazione di connessione alla rete; • migliore qualità del canale trasmissivo, perché ha minore sensibilità ai disturbi; • possibilità di effettuare trasmissioni dati e comunicazioni vocali in parallelo. Rispetto alla famiglia Dsl, presenta i seguenti svantaggi: • banda limitata; 23 kbps = migliaia di bit al secondo. 48 MANAGEMENT MULTIMEDIALE • collegamento non permanente: per connettersi alla rete è necessario comporre il numero di un provider di accesso, mentre con la tecnologia Dsl il terminale utente è permanentemente connesso. I sitemi wireless Le tecnologie di comunicazione wireless (letteralmente «senza cavo») consentono agli utenti di collegarsi alla rete senza doversi trovare in luoghi specifici, analogamente a quanto avviene con i telefoni cellulari. Questa possibilità risulta estremamente vantaggiosa per tutte quelle tipologie di utenti che non possono usufruire di una stazione di lavoro fissa. In Italia, la comunicazione wireless ha grandi potenzialità di diffusione perché il nostro è uno dei paesi con la maggiore penetrazione di telefoni cellulari. La tecnologia attualmente dominante è il Gsm (global system for mobile communication) che tuttavia permette di scambiare dati in una forma piuttosto primitiva, tipicamente tramite: • messaggi Sms: possono essere scambiati tra utenti o inviati dal gestore telefonico a un insieme di utenti; • protocollo Wap (wireless application protocol): permette la navigazione nel Web, limitatamente ai siti che supportano tale protocollo. Nel breve termine saranno però disponibili nuove tecnologie: • Hscsd (high speed circuit switched data): permette di raggiungere la velocità di 57 kbps (contro i 9,6 kbps del Gsm) ed è adatta alla veicolazione di flussi di dati continui. La sua implementazione non richiede investimenti rilevanti perché è sufficiente aggiornare l’architettura di rete solo con integrazioni software; • Gprs (general packet radio service): consente la trasmissione a velocità superiori ed è più efficiente nell’utilizzo delle risorse di rete, ma la sua realizzazione richiede di apportare modifiche sostanziali alla rete Gsm; • Umts (universal mobile telecommunications system): permetterà di raggiungere velocità comprese tra i 384 kbps e i 2 Mbps. Lan Le Lan (local area network) sono oggi la più diffusa struttura24 di accesso alla comunicazione digitale. Collegano le workstation di un’azienda con canali a larghissima banda (da 10 a 100 Mbps25) che consentono la 24 Si intende in questo caso l’insieme di infrastruttura e tecnologia per il trasporto di dati. Si stanno sperimentando reti Lan che permettono di trasmettere dati a 1 Gbps (un miliardo di bit al secondo). 25 INNOVAZIONE MULTIMEDIALE 49 condivisione delle informazioni e l’utilizzo di sistemi di comunicazione di vario tipo, dalla posta elettronica alla videoconferenza e alla B-Tv26. Il limite principale di questa infrastruttura di comunicazione risiede nella limitazione di distanza della copertura, che varia tra i 100 metri e i 2 chilometri a seconda del tipo di cablaggio utilizzato. CONFRONTO DELLE INFRASTRUTTURE PER LA COMUNICAZIONE In presenza dello scenario fin qui descritto, è possibile individuare alcuni parametri critici per la valutazione delle diverse infrastrutture per la comunicazione: • • • • • banda disponibile; lunghezza massima supporto di trasmissione; costo dell’implementazione per il provider dell’infrastruttura; costo di attivazione e utilizzo per l’utente dell’infrastruttura; efficienza del canale di upstream (banda analoga o inferiore a quella del canale di downstream). Per le infrastrutture di accesso, va considerata anche: • possibilità di avere una connessione permanente. La tabella 1.3 presenta un confronto sintetico tra le alternative. In relazione alla tabella, è utile sottolineare che: 1) il cavo coassiale ha un costo basso nei paesi dove esiste già una rete basata su questo supporto (ad esempio, in Usa) che tipicamente veniva utilizzata per la diffusione di programmi televisivi via cavo; 2) i sistemi satellitari hanno un costo limitato per l’utente nel caso in cui acconsenta all’utilizzo di un canale di ritorno più lento, funzionante con tecnologia alternativa (ad esempio, l’Isdn). In caso contrario, la struttura necessaria all’emissione di segnali per il satellite ha costi piuttosto elevati oltre al costo di affitto del satellite stesso; 3) attualmente i sistemi wireless basati su Wap hanno un basso costo per l’utente, ma offrono una gamma di servizi assai limitata. Con la definizione dello standard Umts si amplierà l’offerta, ma aumenterà il costo; 4) la Lan viene generalmente installata dall’utilizzatore stesso e pertanto i costi di utilizzo sono molto bassi perché non bisogna pagare l’uso del canale di comunicazione. Occorre però considerare il costo di 26 Ad esempio, in Italia è il modello di sviluppo della B-Tv di Enel. 50 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Tabella 1.3 Tecnologie a confronto Tecnologia Banda Lunghezza massima Costo per provider Costo per utente Canale upstream Doppino In rame Stretta Limitata Basso Basso Analogo a downstream Cavo Coassiale Larga Limitata Basso (1) Basso (1) Analogo a downstream Fibra ottica Molto larga Elevata Elevato Elevato Analogo a downstream Sistemi satellitari Molto larga Elevata Elevato Medio (2) Limitato (2) DSL 1,5 – 55,2 Mbps 5,5 – 0,3 km Basso Medio Limitato o analogo ISDN 64 kbps 2 Mbps Elevata Basso Basso Analogo a Connessione permanente c downstream Wireless 9,6 kbps 2 Mbps Elevata Medio/Alto LAN 10 – 100 100 – 2.000 Medio Mbps metri (4) Basso (3) Medio Analogo a downstream c progettazione e di installazione della rete, oltre ovviamente ai costi di manutenzione. 1.3.3 Il networking Le tecnologie esaminate nei precedenti paragrafi forniscono le infrastrutture di base per la comunicazione perché costituiscono il mezzo fisico attraverso cui trasmettere il segnale digitale. Affinché la comunicazione sia possibile è però necessario definire anche una serie di convenzioni relative al modo in cui vengono scambiati i dati: vengono definite protocolli. Per comprenderne il significato e la criticità, vengono presentati di seguito una serie di concetti introduttivi e due esempi pratici. LE PROPRIETÀ DELLA COMUNICAZIONE DIGITALE IN RETE In ambito informatico, si è soliti distinguere i tipi di comunicazione in rete in base a diverse proprietà. INNOVAZIONE MULTIMEDIALE 51 a) Nodi della rete coinvolti: la trasmissione di dati può avvenire da un singolo nodo della rete verso un altro (peer to peer) oppure da un punto verso svariati punti (point to multipoint). b) Tipo di connessione: la comunicazione può avvenire con o senza la creazione di un «canale dedicato»: • circuit switching quando gli attori coinvolti si contattano, si accordano sui parametri della trasmissione e in seguito si scambiano dati seguendo sempre lo stesso percorso sulla rete; • packet switching quando i dati da trasferire vengono suddivisi in pacchetti che contengono l’indirizzo di destinazione e vengono inviati sulla rete in modo indipendente, in modo che ognuno di essi possa seguire un percorso diverso. Per esemplificare la differenza, si può paragonare il circuit switching a una telefonata (composizione numero, risposta, riconoscimento degli interlocutori e dialogo) e il packet switching alla spedizione di più lettere a uno stesso indirizzo (invio i dati avvolti in più buste, su tutte è però riportato l’indirizzo dello stesso destinatario). c) Affidabilità: la comunicazione è affidabile quando il protocollo si occupa di verificare che tutti i dati spediti raggiungano la destinazione. In caso contrario, si parla di connessione «non affidabile». Circuit switching e packet switching È significativo sottolineare i vantaggi e gli svantaggi che derivano dall’adozione della soluzione circuit switching o di quella packet switching. 1) La soluzione circuit switching consente di ottenere: • tempo di trasmissione costante: i dati vengono inviati su un canale di comunicazione predefinito e pertanto attraversano la rete seguendo sempre lo stesso percorso. Il trasferimento di due blocchi di dati in istanti diversi richiede lo stesso tempo. Nel packet switching, il tempo impiegato da ogni pacchetto dipende invece dal percorso che segue; • capacità minima di banda garantita: la banda disponibile sul canale di comunicazione aperto non scende mai sotto un livello predefinito ed è in buona parte costante. Nel packet switching, la banda disponibile varia invece da istante a istante, in relazione alla congestione della rete. 2) La soluzione packet switching consente di ottenere: • flessibilità: se un tratto della rete diventa inutilizzabile durante il trasferimento dati, questi potranno giungere automaticamente a destinazione seguendo un percorso alternativo. Il circuit switching 52 MANAGEMENT MULTIMEDIALE non è invece in grado di gestire la situazione in cui viene interrotto il canale di comunicazione fissato; • efficienza nel caso di un flusso di dati intermittente: se si devono trasferire dati con un flusso non costante, il circuit switching risulta poco conveniente perché costringe a mantenere aperto il canale di comunicazione anche quando non vengono trasmesse informazioni, sottraendo quindi risorse di rete agli altri nodi. Alla luce di queste considerazioni appare chiaro che il circuit switching è utile nel caso di applicazioni che richiedono: • una banda minima garantita; • un ritardo di trasferimento costante; • un flusso di dati costante. Ad esempio, la videoconferenza o il video-on-demand. Il packet switching è invece adatto alle situazioni in cui la stabilità della comunicazione è critica, in presenza di inefficienze nella rete. IL PROTOCOLLO TCP/IP Il protocollo Tcp/Ip è costituito in realtà da due componenti distinte: il transmission control protocol e l’Internet protocol. Viene utilizzato per le comunicazioni in Internet, ma anche per le comunicazioni su Lan. Le sue caratteristiche principali sono: • gestione di comunicazioni peer to peer o point to multipoint; • trasmissione con packet switching; • garanzia di affidabilità. Proprio la garanzia di affidabilità è stato infatti l’obiettivo originario della ricerca che ha poi originato il protocollo Tcp/Ip, concepito in Usa in clima di guerra fredda per consentire una rete informatica in grado di resistere a un attacco nucleare. Una rete attraverso cui i dati potessero viaggiare con percorsi sempre diversi e con cui si potesse essere certi che l’informazione giungesse a destinazione a prescindere dalle inefficienze causate da un eventuale offesa militare. I vantaggi del Tcp/Ip sono: • flessibilità in presenza di punti di interruzione sulla rete; • affidabilità. Gli svantaggi sono prevalentemente riconducibili alla scarsa vocazione per le applicazioni multimediali. Il protocollo è nato per adattarsi a condizioni di rete critiche (ad esempio, tratti interrotti e congestioni di traffico) e pertanto frammenta ogni informazione in una serie di piccoli pacchetti, a ognuno dei quali devono INNOVAZIONE MULTIMEDIALE 53 essere aggiunti diversi dati (ad esempio, l’indirizzo del mittente e quello del destinatario). Ne deriva che la trasmissione risulta rallentata, perché ogni informazione viene corredata di una serie di dati accessori che occupano banda. Inoltre, il tempo necessario per la trasmissione non è costante (il protocollo funziona con il packet switching) e questo può causare problemi nella trasmissione di flussi video o audio. IL PROTOCOLLO ATM Il protocollo Atm (asynchronous transfer mode) è stato concepito pensando alle reti a larga banda, che potranno costituire un veicolo integrato per la trasmissione di contenuti tra loro molto diversi. In particolare, l’Atm ben si adatta alle tecnologie in fibra ottica perché queste offrono le migliori prestazioni in termini di banda ed espansibilità futura. A differenza delle reti di trasmissione attuali, il connubio tra fibra ottica e Atm permetterà di ottenere: • indipendenza dal servizio: l’infrastruttura rimarrà identica, qualsiasi siano i contenuti multimediali che su di essa vengano veicolati; • flessibilità: la banda potrà essere espansa notevolmente, usando fasci di più fibre e algoritmi di compressione e codifica dei dati; • efficienza: la banda disponibile verrà utilizzata in modo ottimale. In relazione all’ottimizzazione è interessante sottolineare che verranno combinati i vantaggi del circuit switching (tempo di trasmissione costante e disponibilità di banda garantita) con quelli del packet switching (flessibilità ed efficienza in presenza di traffico intermittente). Senza entrare in dettagli troppo tecnici, ciò è possibile perché il protocollo stabilisce una connessione che è un canale di comunicazione costante (virtual path), ma suddivide il flusso informativo in pacchetti di dati (dette «celle») la cui dimensione è costante. 1.3.4 Le applicazioni Sulla base del sistema di infrastrutture, architetture e protocolli di rete è possibile sviluppare numerose applicazioni. Le applicazioni possono essere combinate e integrate per crearne altre più complesse. Alcune di queste applicazioni complesse verranno illustrate nel capitolo 2: sono quelle innovative su cui si basa il nuovo paradigma della comunicazione, business e consumer. Di seguito, vengono invece introdotte alcune applicazioni elementari che costituiscono le fondamenta per sistemi più articolati. 54 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Tutte le applicazioni seguenti sono relative a Internet, per due motivi: • fra le possibili applicazioni quelle basate sulla rete sono le più diffuse e accessibili; • in un’ottica di convergenza, tutti i servizi e le applicazioni saranno distribuite in forma digitale e su un unico tipo network. IL WORLD WIDE WEB Il Www (World Wide Web, detto comunemente Web) è un sistema di navigazione sulla rete Internet che permette di esaminare ipertesti in modo interattivo. È basato sul protocollo Http (hypertext transfer protocol) che è stato concepito in origine per lo scambio di documenti testuali strutturati. La definizione «strutturati» deriva dal fatto che i documenti venivano organizzati in una struttura logica di paragrafi e sottoparagrafi tramite il linguaggio Html (hypertext markup language) e in seguito ogni user end point li formattava per la presentazione a video. La grande diffusione di Internet tra utenti non tecnici e domestici ha reso necessarie una serie di aggiunte e modifiche all’Html. Ad esempio, per rendere possibile la creazione di documenti più complessi (contenenti immagini, animazioni e programmi interattivi) e il controllo diretto dell’aspetto che il documento assume presso lo user end point. A causa di queste aggiunte, l’Html risulta ormai «snaturato» e poco adatto al suo compito. È però in fase di approvazione da parte del W3C (World Wide Web consortium) un nuovo linguaggio, basato su Xml (extensible markup language) e detto Xhtml. LA POSTA ELETTRONICA L’applicazione più diffusa in Internet è la posta elettronica. È basata sui protocolli Smtp (simple mail transfer protocol) e Pop3 (post office protocol, versione 3) e permette di scambiare messaggi. La posta elettronica è un’applicazione molto efficiente perché possiede alcune importanti caratteristiche: • l’asincronicità: l’utente che riceve un messaggio è libero di leggerlo e rispondere quando preferisce; • rapidità: il messaggio viene recapitato in tempo reale; • multimedialità: grazie allo standard Mime (multipurpose Internet mail extensions), ogni messaggio può contenere contenuti multimediali, quali testi, immagini, suoni e anche applicazioni; • economicità: inviare una mail elettronica ha un costo tendente a zero. FTP Il Ftp (file transfer protocol) definisce uno standard per la trasmissione di file su Internet. Esistono molti programmi che fanno uso di questo pro- INNOVAZIONE MULTIMEDIALE 55 tocollo per permettere l’accesso ad archivi remoti e il prelevamento di programmi o dati di interesse. 1.3.5 Lo user end point Lo user end point è l’interfaccia tramite cui l’utente finale accede alle applicazioni. Si può trattare dei più diversi dispositivi «intelligenti», ad esempio: • • • • • un Pc collegato in rete; un telefono cellulare; un chiosco multimediale; un televisore con set top box; un infodomestico (elettrodomestici collegati on-line). Non è possibile effettuare un’elencazione completa ed esaustiva di tutti i possibili terminali, soprattutto a causa della dinamicità del mercato. In prima approssimazione, possono però essere ripartiti in: 1) fat client; 2) thin client. FAT CLIENT Viene definito fat client uno user end point dotato di capacità di elaborazione estese e di una consistente flessibilità nella gestione di applicazioni di tipo diverso. Ad esempio, un Pc collegato a una Lan. THIN CLIENT Viene definito thin client uno user end point poco flessibile, dedicato a una particolare applicazione. Ad esempio, i telefoni cellulari attuali e i set top box per la decodifica delle trasmissioni satellitari. È interessante rilevare che attualmente esiste una tendenza a utilizzare come thin client anche postazioni che hanno potenziale di fat client. Ad esempio, un Pc che fa funzionare un browser per il Web si comporta proprio come un thin client, perché si limita a visualizzare i dati che gli vengono inviati da una computer remoto che funge da server. Questo è il concetto alla base dell’Asp (application service providing). Se infatti si estende il modello appena descritto, si apre la prospettiva di un nuovo paradigma: client che si collegano alla rete per accedere ad applicazioni che non vengono né scaricate, né eseguite sul computer locale, ma fatte funzionare sul server remoto che trasferisce al client solo i risultati dell’elaborazione (ad esempio: video, immagini, testi). Una struttura di questo genere presenta alcuni vantaggi: 56 MANAGEMENT MULTIMEDIALE • la facilità di manutenzione: l’applicativo risiede nel server remoto e pertanto le eventuali operazioni di manutenzione riguardano solo una macchina e non una numerosa serie di client che dispongono di copie dell’applicativo; • la flessibilità nei costi: l’utente non è costretto a pagare l’intero applicativo (che magari intende utilizzare una sola volta) oppure l’intero contenuto multimediale (di cui potrebbe servirgli solo una parte). Al contrario, può decidere di pagare l’affitto dell’applicazione o la visione del contenuto in questione. Esistono però anche svantaggi, non trascurabili: • l’introduzione di un singolo punto di fallimento: se per qualche motivo il server non è in grado di rispondere alle richieste del client (ad esempio, a causa di un black out o di un’interruzione nel servizio di rete), questo non può accedere ai contenuti che gli servono; • i problemi di scalabilità: il server deve essere in grado di gestire una grande quantità di richieste in parallelo e deve pertanto possedere un hardware molto potente; • i problemi di riservatezza: l’applicazione in remoto potrebbe richiedere dati riservati per l’elaborazione, ma il client potrebbe non essere disposto a trasmetterli al server; • la criticità della banda: al fine di poter gestire applicativi e contenuti multimediali complessi, è necessario avere a disposizione un banda molto larga (soprattutto in prossimità del server) che deve gestire più flussi di dati paralleli. D’altra parte, se c’è una cosa che l’Internet economy ci ha insegnato è che la banda è un bene facilmente saturabile: più banda è disponibile, più ogni singola applicazione ne richiede. 2. Applicazioni digitali innovative Come è stato evidenziato nel capitolo precedente, il settore multimediale nasce dall’innovazione tecnologica digitale. Le informazioni digitali sono tutte compatibili ed è pertanto possibile costruire sequenze di bit che contengano contenuti alfanumerici, audio e video utilizzando una sola grandezza, un unico supporto e un unico strumento di riproduzione. Di qui, la multimedialità, l’interattività e la «navigazione». Le applicazioni oramai tradizionali del settore multimediale sono: • il Cd-rom; • il sito Web tradizionale; • la tv digitale (pay tv e pay per view). In questo libro vi si accenna frequentemente come referenti e in alcuni casi vi si dedicano brevi note (spesso preliminari all’analisi delle applicazioni più evolute), ma non vengono trattate. Sono le applicazioni del presente, un presente che è già in odore di passato: molti altri libri ne parlano con dovizia di particolari, alcuni di questi libri sono segnalati per chi abbia desiderio di approfondimenti. In questo capitolo vengono invece analizzate le applicazioni digitali innovative, con specifico riferimento a quattro aree: • • • • multimedia off-line; portale Web; portale Wireless; multimedia on-line. Nel futuro, il settore è orientato a evolversi verso sistemi integrati multimediali e interattivi ad ampia banda. Per questo motivo, alcune applicazioni sono, per così dire, «in transito» verso versioni più evolute o più integrate. Intanto, vivono in un presente di cui devono ottimizzare le risorse a volte limitate (di infrastrutture, di base installata, di capacità di calcolo) e trarne sostentamento per poter traghettare la transizione verso destini più evoluti. 66 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Anche il catalogo interattivo è un’applicazione in transito nell’off-line e destinato a «traslocare» sull’ampia banda. 2.2 Portali Web Il sostantivo inglese portal deriva dal latino porta, che rappresentava il punto di accesso alla civitas romana, il luogo in cui si svolgevano le attività sociali ed economiche (da cui la definizione inglese di «community»). L’etimologia della parola evidenzia bene gli ingredienti fondamentali per la definizione di un portale [Power T., Jerjian G., 1999]. Il Web portal o portale Web è il punto di accesso ad una serie di servizi Internet che abilitano i membri di una comunità allo svolgimento di attività di: 1) comunicazione; 2) relazione; 3) transazione di beni. 2.2.1 Il ruolo dei portali nell’economia dell’attenzione Uno studio condotto nel febbraio 1999 stima che in quella data il World Wide Web fosse costituito da circa 800 milioni di pagine Web, contenenti 6 terabytes di dati in forma testuale archiviati in 3 milioni di server [Lawrence, 1999]. Dal febbraio 1999 la crescita del Web è stimata in più di due milioni di pagine ogni giorno [Bauwens et al., 1999], questo determina la disponibilità di un’inestimabile ricchezza informativa teoricamente reperibile, ma di fatto impossibile da dominare completamente. L’incapacità di dominare la selezione di informazioni utili costituisce non solo un’occasione persa per i singoli, ma anche un potenziale fattore di svantaggio competitivo per le imprese. Problema ben evidenziato dal cosiddetto «paradosso di Grossman»: l’informazione è l’unico bene il cui valore cresce all’aumentare della disponibilità. Al crescere della quantità di informazione disponibile aumenta infatti il costo derivante dal non possedere l’informazione, dato che della nostra ignoranza possono avvalersi competitori più informati [Bauwens et al., 1999]. In questo scenario di sovraccarico di informazioni (information overload), l’attenzione dell’utente diviene la risorsa scarsa. L’utente è continuamente sollecitato (con messaggi, news e advertising) da nuovi contenuti e servizi, se si vuole ottenere la sua attenzione occorre fornirgli strumenti che possano: APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE 67 a) semplificare il processo di reperimento delle informazioni (information retrieval): i motori di ricerca e i cataloghi; b) selezionare le informazioni e i contenuti di maggior valore rispetto al proprio profilo professionale e personale: i portali. I portali ricoprono pertanto un fondamentale ruolo di intermediazione nell’economia dell’attenzione perché: • dal lato utente permettono di ridurre i costi e la complessità di ricerca e selezione dei contenuti a valore aggiunto (funzione di agente); • dal lato dell’operatore della rete costituiscono potentissimi strumenti in grado di catalizzare l’attenzione del navigatore, il bene in assoluto più pregiato sulla rete. 2.2.2 Classificazione dei portali I portali sono nati come strumenti di reindirizzamento degli utenti verso altre risorse del Web, ma il loro ruolo si è progressivamente evoluto in veri e propri siti di destinazione, in grado di catturare e trattenere l’attenzione dell’utente. Hanno così seguito il trend evolutivo dei motori di ricerca, che in passato si configuravano come una semplice cartografia di links mentre oggi offrono un insieme coerente di contenuti e servizi, spesso organizzati per settori verticali di interesse [Bauwens et al., 1999]. Nel tempo si sono affermati diversi tipi di portali, in grado di rispondere a esigenze specifiche (ricercare informazione, utilizzare servizi, operare transazioni) di molteplici categorie di utenti (singoli individui, professionisti e imprese). Portali orizzontali I portali orizzontali hanno la caratteristica di non essere focalizzati su un determinato contenuto o funzionalità, ma di offrire ai propri utenti un’ampia gamma di servizi, detti «generali» perché non sono personalizzati in base a specifiche esigenze di gruppi di utenti («targetizzazione»). Per questo motivo, i portali orizzontali sono definiti anche «portali generalisti». I portali orizzontali presentano caratteristiche diverse in relazione all’offerta di funzionalità. Classificheremo in questo testo i diversi tipi di portali orizzontali in sei categorie, utilizzando il «Modello delle sei C» implementato da Andersen 68 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Consulting (che classifica le funzionalità offerte dal portale in sei categorie, tutte con un nome che inizia con la lettera C): 1) content; 2) context; 3) commerce; 4) community; 5) communication; 6) connectivity. Content I portali orizzontali che orientano la propria offerta verso la fornitura di contenuto (content oriented) si propongono come siti di destinazione per gli utenti che utilizzano le rete come fonte di informazione. Esempi particolarmente significativi di questo tipo di portali sono i News Portals, come il sito di La Repubblica, de Il Sole 24 ORE o del Financial Times. La capacità di aggregare e trattenere l’attenzione degli utenti spinge questi siti ad ampliare la propria offerta (vedi i portali «Easy Finance», «Portale professioni» e «Portale piccole medie imprese» de Il Sole 24 ORE) e ad aggiungere strumenti di vendita on-line (particolarmente evidente nel sito del Financial Times). Context I portali orizzontali che hanno l’obiettivo di favorire la facilità di navigazione e la contestualizzazione delle informazioni presenti sul Web (context oriented) nascono dall’evoluzione di cataloghi elettronici e motori di ricerca. I cataloghi elettronici (detti anche basic directories) consistono nell’ordinamento delle pagine web secondo una gerarchia semantica: alcune persone si dedicano alla ricerca dei documenti sulla rete e li catalogano in macro-categorie (ad esempio, «sport») all’interno delle quali si aprono ad albero le sottocategorie (ad esempio, «calcio» e poi «serie A» e «serie B»). Nei motori di ricerca l’ordinamento delle pagine viene invece eseguito in maniera automatica da elementi software (detti spider o crawler), in base alle parole chiave individuate: a) nei meta-tag della pagina Web; b) nell’abstract del sito; c) nel testo del documento. APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE 69 I motori di ricerca riescono a indicizzare una quantità maggiore di pagine, ma anche i più potenti arrivano appena al 16% del totale. Usando tutti i 12 motori più diffusi si può attualmente coprire il 42% di Internet [Lawrence, 1999]. L’evoluzione da cataloghi e motori di ricerca in portali è caratterizzata dall’introduzione di strumenti in grado di fidelizzare l’utenza con l’obiettivo di trattenerne l’attenzione all’interno del portale. Ad esempio, mediante: • l’implementazione di strumenti informativi, prevalentemente ottenuti a seguito di alleanze con fornitori di contenuto (content provider), ad esempio gli editori di quotidiani e periodici; • processi di internazionalizzazione, con la nascita di versioni in lingua locale dei grandi portali (ad esempio, Yahoo.it o Google.it); • la motivazione a una comunicazione di comunità, favorita dall’offerta di servizi gratuiti come e-mail, hosting di homepage, chat, gruppi di discussione e messaggistica istantanea; • strumenti di e-commerce; • possibilità di personalizzare il portale in base al proprio profilo personale (offerto, ad esempio, da my.yahoo.com). Commerce Sono portali che offrono servizi di vendita al dettaglio (e-tailing). Un esempio significativo è quello di Chl, che è un portale orientato alla vendita di elettronica di consumo. Nato come sito di commercio elettronico B2C (business to consumer), questo portale ha successivamente incorporato numerose funzionalità di content (ad esempio, news sul mercato dell’elettronica) e communication (ad esempio, forum in cui gli utenti si scambiano informazioni e consigli). Il modello di business del sito riamane incentrato sui ricavi da transazione, ma la trasformazione in portale permette all’azienda un contatto diretto e continuativo con i propri clienti. Community I portali orientati all’aggregazione (community oriented) si propongono di aggregare comunità virtuali, di favorire lo scambio di messaggi e la creazione di informazione da parte degli utenti del portale. Un esempio significativo è quello di Geocities, acquisita da Yahoo, che offre ai propri utenti tutti gli strumenti per creare un proprio spazio sul Web. Geocities ha costruito una grande città virtuale in cui gli utenti sono classificati in quartieri a seconda delle aree di interesse. L’obiettivo del portale è favorire la creazione di informmazione da parte degli utenti stessi del portale. 70 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Communication L’offerta di questi portali è basata essenzialmente su strumenti di comunicazione (communication oriented), quali: e-mail, forum, chat, scadenziario condiviso, servizi di comunicazione vocale o video. Questi portali hanno la capacità di aggregare grandi quantità di utenti e risultano pertanto fortemente appetibili per le imprese alla ricerca di «attenzione», da rivendere mediante offerta di inserimenti pubblicitari o da sollecitare per effettuare transazioni. Esempi di acquisizioni significative sono quelle di Hotmail da parte di Microsoft e di Icq da parte di Aol. Connectivity Sono portali orizzontali che nascono a seguito dell’evoluzione dei siti degli Internet service providers, società che offrono servizi di accesso (connectivity oriented) a Internet. Gli Isp possiedono i profili di tutti gli utenti registrati, e godono inoltre del vantaggio di essere spesso il primo sito al quale l’utente si collega all’ingresso in Internet, in dipendenza del settaggio automatico del portale come pagina di apertura del browser (posizione di default). Gli Isp portal hanno perseguito l’obiettivo di fidelizzare l’utenza e ottenere remunerazione tramite la vendita di spazi pubblicitari o le commissioni sulle transazioni promosse, ampliando la propria offerta con numerosi servizi di: • • • • content (ad esempio, news e «l’esperto risponde»); context (ad esempio, motori di ricerca e directory); communication (ad esempio, e-mail e messaggi Sms); commerce. PORTALI VERTICALI O VORTAL L’impossibilità di indicizzare in maniera esaustiva il Web determina la necessità di creare portali specializzati che incontrino le esigenze di un’utenza ripartita in relazione all’attenzione per un determinato settore. I principali criteri di specializzazione sono: • geografico: specializzazione per contenuti e/o per lingua utilizzata operata a livello di città, regione, nazione o continente; • per argomento: specializzazione in determinate aree di interesse; • per applicazione: specializzazione in certi formati (ad esempio i file .mp3), immagini, applicazioni Linux o Macintosh ecc. I portali verticali (in particolare nel caso di specializzazioni per argomento) sono luogo di aggregazione di utenti che condividono interessi, abitudini e hobby comuni e sono quindi particolarmente funzionali alla creazione di comunità virtuali fortemente coese. 71 APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE Il portale verticale deve essere dotato di strumenti: a) di comunicazione, che consentano agli utenti di generare e scambiare informazione b) di contestualizzazione del contenuto, per agevolarne la fruizione. Queste caratteristiche consentono agli utenti di generare e condividere informazione pregiata: questo rappresenta uno degli elementi di maggiore attrattività del portale stesso e origina differenziale competitivo. Un esempio significativo di portale verticale è Html.it specializzato nella programmazione per il Web. Html.it è il punto di riferimento di molti programmatori professionisti o dilettanti che arricchiscono il sito di nuovo contenuto di giorno in giorno. I gestori del portale hanno solo il compito di catalogare e ridistribuire l’informazione generata dagli utenti, che costituiscono il vero «cuore pulsante» del portale. La gestione congiunta di più portali verticali da parte di uno stesso gruppo è funzionale al perseguimento delle economie di scala. Molto spesso le comunità aggregate intorno a diversi portali verticali necessitano infatti di servizi analoghi, raggiungibili con gli stessi strumenti usati per altri portali verticali. Un’azienda che possieda o controlli più portali verticali ha quindi l’opportunità di ammortizzare su un maggior numero di utenti i propri investimenti in servizi orizzontali. Ad esempio, nel caso di servizi di on-line recruiting o di vendita di libri di cui possano usufruire membri di molte comunità virtuali nate intorno a verticalizzazioni diverse (figura 2.4). Figura 2.4 Griglia ortogonale dei servizi orizzontali offerti a comunità virtuali SERVIZI Es. vendita libri SERVIZI Es. on-line recruiting VORTAL Es. portale verticale per designer VORTAL VORTAL Es. portale verticale per ingegneri 72 MANAGEMENT MULTIMEDIALE PORTALI INTERNI ALL’AZIENDA O WORKPLACE Il workplace (detto anche enterprise wide portal o corporate portal) è un portale interno all’azienda che fornisce ai dipendenti il rapido accesso a tutte le risorse aziendali necessarie allo svolgimento delle attività lavorative. L’accesso è personalizzato in base al ruolo e alle esigenze del singolo dipendente: questo consente una gestione efficiente delle risorse aziendali ed elimina le ridondanze dovute alla replica degli strumenti (servizi e contenuti) di lavoro. L’obiettivo del workplace è quello di creare un finestra di accesso onestop shopping (una sorta di «vetrina della conoscenza») tramite la quale l’utente può raggiungere con un solo click tutti gli strumenti necessari alla sua attività. Il workplace agevola e velocizza l’accesso all’informazione perché: • organizza tutti i documenti, anche diversi, in base alla stessa architettura; • fornisce un insieme di servizi comuni (ad esempio: sicurezza, strumenti di ricerca o di archiviazione); • garantisce lo stesso look-and-feel di accesso a dati provenienti da fonti completamente diverse; • abilita i colleghi a condividere documentazione in modo sempre consistente, in modo che le modifiche apportate da un utente non sovrascrivano quelle apportate dagli altri; • favorisce la creazione di un ambiente di lavoro collaborativo. PORTALI BUSINESS TO BUSINESS O MARKETPLACE Il marketplace è un portale che favorisce l’incontro di aziende che operano nello stesso settore: 1) a diversi stadi della filiera produttiva (marketplace verticale); 2) in settori diversi (marketplace orizzontale). Il marketplace abilita lo scambio di beni, servizi e informazioni anche con aziende geograficamente distanti e non note prima dell’incontro on-line, contribuendo in maniera determinante all’efficienza del mercato. Gli attori che beneficiano di un marketplace sono molteplici [Morgan Stanley Dean Witter, 1999]: 1) il buyer: l’acquirente beneficia della grande quantità di informazione e del potere di regolamentazione del mercato che ne deriva. Il buyer può mettere a confronto le offerte di più fornitori, spinti per questo a ridurre i prezzi e aumentare la qualità del prodotto/servizio fornito; APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE 73 2) il supplier: il fornitore può raggiungere nuovi clienti e mercati, gestire con più efficienza i processi di ricezione degli ordini e integrare la propria catena del valore con quella del cliente; 3) il venditore della piattaforma tecnologica: la veloce evoluzione tecnologica e il continuo arricchimento del marketplace con nuovi servizi fanno del venditore e gestore dell’infrastruttura un sicuro beneficiario del marketplace; 4) il marketplace owner: il proprietario del marketplace guadagna una percentuale o una quota fissa (detta fee) su tutte le transazioni operate nel marketplace. Occorre però rilevare che esiste una forte tendenza alla concentrazione dei marketplace, questo induce alla considerazione che nei prossimi anni il mercato sia destinato a orientarsi verso una selezione naturale che consentirà la sopravvivenza di pochi marketplace, di grandi dimensioni. Il marketplace consente alle aziende di superare tre grandi barriere al commercio: 1) la frammentazione geografica che impedisce al compratore di instaurare rapporti con fornitori distanti (ma eventualmente dotati di prodotti migliori o più convenienti) e al venditore di essere avvicinato da eventuali acquirenti fino ad allora sconosciuti; 2) la difficoltà a instaurare interazioni complesse tra imprese e a gestire i processi inter-aziendali in un clima non più ostile, ma collaborativo; 3) diminuire le scorte, incrementando lo scambio di informazioni. Nella supply chain tradizionale il fornitore ha poche informazioni riguardo a come e quando il cliente utilizzi i prodotti e deve tutelarsi dai diversi scenari possibili con ingenti scorte a magazzino. Il marketplace mette in tensione la filiera del valore e permette al fornitore di sostituire le scorte in eccesso con un più intenso scambio di informazioni. Questa maggiore flessibilità si traduce anche in capacità di adattarsi alle mutevoli condizioni del mercato. Il marketplace fornisce al buyer molta informazione sul mercato in cui opera, sui beni/servizi transati, sui prezzi e sugli attori di riferimento. Questa conoscenza si trasforma in un enorme aumento di efficienza del mercato perché il compratore informato è in grado di riconoscere eventuali comportamenti lesivi da parte del fornitore (ad esempio: prezzi troppo alti, livello di servizio o qualità scadenti) e di rivolgersi ad altri fornitori più competitivi. 74 MANAGEMENT MULTIMEDIALE La conoscenza del mercato può essere riassunta attraverso quattro tipi di trasparenza [Morgan Stanley Dean Witter, 1999]: 1) trasparenza di prezzo: i prezzi cambiano significativamente tra fornitori diversi? 2) trasparenza di disponibilità: quale fornitore è in grado di rifornire ora il prodotto di cui ho bisogno? 3) trasparenza di fornitore: quali altri fornitori esistono per un certo prodotto? 4) trasparenza di prodotto: esiste un prodotto alternativo a quello che sto utilizzando? L’impatto dei marketplace non si limita alla fase di incontro di domanda e offerta, ma si estende a numerosi processi che coinvolgono fortemente cliente e fornitore [tabella 2.2, Morgan Stanley Dean Witter, 1999]: 1) processo di nascita e approvazione degli ordini. I processi di acquisto (purchasing) seguono tradizionalmente un percorso interno all’azienda che riserva ai manager competenti la capacità di confermare gli ordini di una certa rilevanza. Questo flusso di informazioni attraverso più step decisionali è possibile grazie al software di workflow implementato da numerosi sistemi informativi. Le imprese produttrici di software per marketplace (ad esempio: Ariba, Commerce One, Oracle), hanno compreso l’importanza di implementare tale processo direttamente sul marketplace per dare modo agli utenti di mantenere le proprie regole aziendali nel nuovo ambiente Web di commercio, creando una completa integrazione Web-enterprise. Molte imprese sono però ancora riluttanti a utilizzare queste funzionalità per timore di portare al di fuori delle proprie barriere (firewall) le delicate fasi decisionali di processi tradizionalmente interni all’azienda; 2) order matching. I marketplace implementano diversi strumenti per l’incontro di domanda e offerta, in funzione del tipo di beni transati: • catalogue order. Il catalogo contiene tutte le informazioni necessarie al compratore per decidere in merito all’acquisto del prodotto. Questo strumento è utilizzato per beni a prezzo fisso, in genere troppo basso per giustificare un processo di negoziazione; • dynamic pricing. Il marketplace accoppia la domanda di un bene con l’offerta che la soddisfa in termini di quantità, prezzo, qualità e livello di servizio associato. 75 APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE Prodotti standardizzati Figura 2.5 Industrie adatte al dynamic pricing Titoli finanziari Real Time Trading Energia Telecomunicazioni Grano Metalli Chimica Carta Area bolla: dimensione industria Volatilità: di prezzo, di costo, di fornitore e di acquirente Fonte: Morgan Stanley Dean Witter, 1999. Questo strumento è utilizzato per beni scambiati frequentemente e caratterizzati da elevata volatilità di prezzo. Il dynamic pricing funziona bene per prodotti la cui descrizione è molto semplice (commodity-like) e per i quali anche piccoli scostamenti di prezzo sono importanti per il cliente (ad esempio, figura 2.5, titoli finanziari, composti chimici, metalli); • auction e reverse auction. Lo strumento delle aste o delle aste inverse (in cui è l’offerta che gareggia per accaparrarsi la domanda) è utilizzato per beni scambiati con frequenza molto bassa o beni unici con un valore che varia a seconda del compratore; • request for proposal. Il compratore definisce una serie di parametri, eventualmente pesati in base all’impatto sulla creazione di valore, con i quali valutare le offerte dei fornitori. Il marketplace provvede quindi a presentare all’acquirente tutte (e solo) le offerte che soddisfano le sue necessità e nell’ordine che rispecchia le preferenze da lui espresse; 3) fulfillment. Al matching di domanda e offerta segue una fase molto delicata per il compratore, che rischia di fermare i propri impianti e far attendere i propri clienti a causa di eventuali ritardi di consegna della merce o di problemi dovuti a resi, backorders o stockout da parte del fornitore. Questo rischio può rappresentare un forte deterrente all’utilizzo del marketplace da parte del buyer. Il marketplace deve essere pertanto in grado di fornire informazioni 76 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Tabella 2.2 Caratteristiche degli strumenti per l’incontro di domanda e offerta ORDER MATCHING Frequenza del matching Pricing Caratteristiche del bene transato Dynamic pricing Scambi molto frequenti, in tempo reale Elevata volatilità, il prezzo cambia in tempo reale Commodities, scarso assortimento, acquisti spot Catalogue Ordini ricorrenti Prezzi standard o negoziati Prodotti standard, larga scelta, mercati industriali Auction Scambi poco frequenti Ampie differenze dipendenti dall’acquirente Prodotti standard e non-standard, mercato dell’usato Request for proposal Transazioni Prezzo custom, settimanali o mensili negoziato Servizi e prodotti complessi, specifiche custom Fonte: Morgan Stanley Dean Witter, 1999. che permettano all’azienda acquirente di prendere decisioni d’acquisto il più possibile consapevoli sui tempi e i modi di consegna della merce da parte del fornitore. Attualmente, la maggior parte dei marketplace non si occupa di questi aspetti e li rimanda alla contrattazione off-line tra le parti. La risoluzione di questo problema richiede una forte integrazione tra marketplace e venditore: al momento dell’ordine, il compratore deve poter conoscere le scorte disponibili o la capacità produttiva insatura da parte del fornitore e per potere riservarsi tali risorse on-line. In alcuni mercati il venditore può però avere l’esigenza di mantenere condizioni di anonimato e/o non far conoscere un eventuale eccesso di scorte ai competitori. In questo caso il venditore dovrà garantire online tempi di consegna definiti a priori; 4) content management. Nel passaggio da off-line a on-line i cataloghi sono diventati fortemente dinamici. Il venditore è in grado, ad esempio: • di modificare i prezzi dei prodotti senza soluzione di continuità, perché non deve più attendere la ristampa dei cataloghi cartacei; • di aggiungere molte informazioni caratterizzate da forte volatilità (ad esempio, la disponibilità della merce a magazzino). 77 APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE L’aggiornamento del catalogo diventa però particolarmente complesso perché il contenuto va categorizzato e reso funzionale alle ricerche per parametri tipiche della fruizione on-line. Le alternative più diffuse sul Web consistono nella collocazione del catalogo elettronico (tabella 2.3): 1) presso il cliente. Questa alternativa è possibile nel caso di clienti di grandi dimensioni. Imprese come Ariba, Commerce One, Requisite Technology, Tcn e Aspect Development, realizzano software che aiutano le aziende ad aggregare i prodotti di tutti i fornitori in cataloghi (multi-vendor catalogue) ai quali aggiungere anche contenuti proprietari; 2) presso il marketplace. Commerce One, Grainger e Tcn offrono strumenti software grazie ai quali il marketplace è in grado di gestire un multi-vendor catalogue, con informazioni sia pubbliche (ad esempio, la descrizione del prodotto e il prezzo), sia riservate al rapporto tra il fornitore e un particolare cliente (ad esempio, sconti e livelli di servizio particolari); 3) presso il fornitore. In questo caso è il fornitore a gestire il proprio catalogo: il marketplace mantiene una struttura a indici che rimanda ai cataloghi dei vari fornitori. Questo approccio non tutela però il cliente del marketplace da eventuali inadempienze del fornitore nell’aggiornare i cataloghi a fronte dei frequenti cambiamenti (in media, un fornitore cambia ogni anno il 25% delle descrizioni dei prodotti e il 125% dei prezzi) e mette così a rischio la credibilità delle informazioni contenute nel marketplace; Tabella 2.3 Trade-off nella localizzazione del catalogo Supplier Marketplace Buyer Ritardo nell’aggiornamento Basso Medio Alto Personalizzazione Basso Medio Alto Gestione Medio Alto Alto Ricchezza Basso Medio Basso Fonte: Morgan Stanley Dean Witter, 1999. 78 MANAGEMENT MULTIMEDIALE 4) presso il content aggregator (figura 2.6). I content aggregator sono attori (spesso esterni al marketplace) che gestiscono i cataloghi di molti venditori, assolvendo varie funzioni quali: • correggere il contenuto dei cataloghi; • eliminare le scomode abbreviazioni tipiche dei cataloghi cartacei; • categorizzare le voci. Il content aggregator fornisce poi al fornitore comodi strumenti (detti tools) per mantenere aggiornato il catalogo. Il ruolo dei content aggregator è a forte valore aggiunto per i compratori che sarebbero altrimenti costretti a operare con una moltitudine di codici e descrizioni diverse per prodotti del tutto analoghi. I modelli di scambio del marketplace possono essere raggruppati in tre categorie [Morgan Stanley Dean Witter, 1999]: 1) buyer managed (figura 2.7). Sono marketplace gestiti autonomamente da compratori di grandi dimensioni, spesso in partnership con fornitori di tecnologia. Molti di questi marketplace sono costruiti all’interno del firewall Figura 2.6 Content aggregator Multi-Exchange Figura 2.7 Modello buyer managed Suppliers Suppliers Fonte: Morgan Stanley Dean Witter, 1999. B2B Buyer 79 APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE aziendale, alcuni sono invece realizzati in associazione con altri buyer (ad esempio, Gm, Ford, Daimler-Chrysler); 2) supplier managed (figura 2.8). Sono marketplace tipici dei mercati in cui esiste un fornitore di grandi dimensioni e compratori piuttosto frammentati. Il fornitore evita in questo modo di dover trattare con tanti marketplace di tipo buyer managed nati dalle iniziative dei diversi clienti; 3) distributors/market makers managed (figura 2.9). Sono marketplace gestiti da: • attori di mercato che non appartengono né alla categoria dei compratori né a quella dei venditori (market makers); • distributori che, minacciati dalla intermediazione del Web, hanno abilitato essi stessi il canale di vendita per via telematica (channel enabler [Gartner Group Dataquest, 1999]). Esempi di questi marketplace sono Instill nel settore dell’approvvigionamento alimentare, VerticalNet e Ventro. Figura 2.8 Modello supplier managed Buyers Buyers B2B Supplier Fonte: Morgan Stanley Dean Witter, 1999. Figura 2.9 Modello distributors/market makers managed Supplier Buyer Supplier Fonte: Morgan Stanley Dean Witter, 1999. B2B Supplier Buyer Supplier 80 MANAGEMENT MULTIMEDIALE 2.2.3 Gli strumenti del portale Il portale può essere inteso come l’insieme degli strumenti attraverso cui l’imprenditore può influenzare una comunità di utenti/clienti inducendo in essa comportamenti funzionali alla propria business vision. Gli strumenti del portale possono essere classificati in tre categorie: 1) informativi (detti anche content); 2) di comunicazione (detti anche di community); 3) di transazione (detti anche di e-commerce). Il portale avrà tanto più successo quanto più sarà in grado di integrare i tre strumenti, fornendo informazioni a una comunità virtuale e favorendo operazioni di e commerce. La creazione di valore viene perseguita mediante l’integrazione di strumenti appartenenti alle tre categorie (figura 2.10). STRUMENTI INFORMATIVI Gli strumenti informativi rappresentano il criterio di aggregazione della community e configurano la verticalizzazione del vortal: gli utenti del portale sono «accomunati» dalla condivisione dell’interesse per l’argomento trattato nel vortal. Figura 2.10 Integrazione degli strumenti del portale Comunicazione Valore Contenuti Fonte: Morgan Stanley Dean Witter, 1999. Transazioni APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE 81 I contenuti possono essere: a) forniti dal vortal o dall’information provider a cui il portale si appoggia (top-down); b) generati dagli stessi membri della community (bottom-up), che diventano fornitori e fruitori di informazione allo stesso tempo. Esempi di strumenti appartenenti all’area «informazione» utilizzati nel portale sono, ad esempio: • di informazione, quali: newsletter, rassegna stampa, «l’esperto risponde», files storage; • di servizio, quali: motori di ricerca e cataloghi. STRUMENTI DI COMUNICAZIONE Sono strumenti che hanno l’obiettivo di favorire la fidelizzazione dell’utente al portale e la coesione (stickiness) della community [Gartner Group Dataquest, 1999]. Questi strumenti possono essere classificati in due categorie: • di comunicazione broadcast: dal portale all’utente (ad esempio, newsletter); • di comunicazione trasversale alla comunità: tra gli utenti stessi (ad esempio, chat e forum). STRUMENTI DI TRANSAZIONE Sono strumenti che hanno lo scopo di abilitare le transazioni all’interno del portale. Le transazioni possono essere di diversi tipi, ad esempio: • dal portale verso gli utenti. Ad esempio, in un portale che venda determinati servizi o contenuti; • dal resto del mondo agli utenti. Ad esempio, in un portale che dia spazio a un’agenzia di viaggi per effettuarne la vendita diretta agli utenti del portale; • transazioni tra gli utenti del portale, che avvengono all’interno della comunità; • transazioni dagli utenti del portale verso i loro clienti. Le prime due modalità di transazioni sono quelle più simili alla logica delle attività di vendita tradizionale, ma hanno il vantaggio di ampliare il bacino d’utenza al di fuori delle barriere fisiche del negozio. Le ultime due sono più frequenti quando l’utenza è di tipo business, composta cioè da aziende o professionisti. 82 MANAGEMENT MULTIMEDIALE 2.2.4 Il cambiamento da off-line a on-line Il passaggio da off-line a on-line segna grandi cambiamenti nel modo di intendere il proprio business e in particolare i rapporti con i clienti. Questa evoluzione può essere modellizzata come successione di tre fasi (si veda la figura 2.11). PRIMA FASE La prima fase del passaggio consiste nella digitalizzazione dei contenuti. La digitalizzazione permette l’arricchimento dei contenuti con: 1) strumenti di ricerca. Ad esempio, la ricerca on-line di materiale giuridico non avviene più per titolo e data della sentenza come avveniva su carta, ma per argomento. 2) nuovi strumenti analitici. Ad esempio, dati finanziari arricchiti da elaborazioni analitiche e calcolo di nuovi indici. La prima fase è accompagnata spesso dalla vendita diretta al pubblico, nelle stesse modalità utilizzate off-line. In questa fase gli strumenti maggiormente utilizzati dal portale sono quelli relativi all’area contenuti. Figura 2.11 Da off-line a on-line Fase I Off-line Focus sui contenuti Digitalizzazione dei contenuti Fase II Strumenti di comunicazione On-line Focus sul cliente Strumenti di e-commerce Fase III APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE 83 SECONDA FASE La seconda fase segna l’importante passaggio dall’orientamento ai contenuti all’orientamento al cliente: il portale si focalizza sulle diverse categorie di utenti e rivolge loro un’offerta personalizzata. In questa fase ricoprono enorme importanza gli strumenti di comunicazione intercomunitaria, funzionali all’aggregazione della community. TERZA FASE La terza fase segna un importante cambiamento nel rapporto tra portale e comunità, non più vista come cliente: il portale abbandona progressivamente il ruolo di venditore per assumere quello di agente o consigliere della comunità, a cui fornisce tutti gli strumenti per la visibilità e l’operatività nei confronti dei propri clienti. Questa fase è tipica delle community di tipo business. In questa terza fase vengono introdotti strumenti di e-commerce e di pagamento. 2.2.5 I modelli di business del portale Il portale ha a disposizione numerosi strumenti per il ritorno economico [Hagel, Armstrong, 1998], fra questi ad esempio: 1) advertising (advertising based): la vendita di spazi pubblicitari è molto praticata nei portali. Gli strumenti più utilizzati sono il banner pubblicitario e l’indicizzazione nel motore di ricerca interno al portale; 2) transazioni (transaction based): l’abilitazione delle transazioni può generare flussi finanziari in ingresso al portale in forma di percentuale (in genere dal 2 al 10% dell’importo) sul valore della transazione oppure di fee da pagare per accedere alla transazione («l’affitto» di spazio e visibilità nel portale); 3) vendita dei profili utente: il portale richiede frequentemente all’utente di rispondere a domande (ad esempio: sui propri interessi, il titolo di studio, il reddito, le abitudini di acquisto). Il profilo che ne deriva permette al portale di conoscere puntualmente tutti i propri utenti e seguirne le scelte nei percorsi di navigazione tra i servizi offerti nel sito. I profili sono preziosi perché: a) consentono di offrire all’utente strumenti personalizzati in base alle sue specifiche esigenze; b) descrivono in modo dettagliato e personalizzato gli interessi e le prefe- 84 MANAGEMENT MULTIMEDIALE renze di consumo del cliente e sono pertanto «vendibili» (previo ottenimento del consenso dell’utente) alle aziende che vogliono rivolgersi ai clienti del portale. La conoscenza dei profili-utente consente di raggiungere un numero molto elevato di utenti e contestualmente di rivolgersi loro con una pubblicità mirata al singolo individuo. Questi due obiettivi sono invece in contrasto (trade-off) nei media tradizionali, come descritto dal grafico di figura 2.12. La raccolta dei profili avviene attraverso i file di log del Web server: il server sul quale risiede il portale registra una serie di informazioni utili per la raccolta dei profili ogni volta che un utente si connette. Le informazioni raccolte sono, ad esempio: • • • • • • andamento storico degli hits; numero di visite al portale; numero di visite alle singole pagine; profilo temporale del consumo; percorsi di attraversamento del portale; provenienza geografica del visitatore. Altri dati possono essere poi raccolti attraverso la compilazione diretta da parte dell’utente di schede di registrazione (dette form) che richiedono informazioni più specifiche. Figura 2.12 Pubblicità sui portali: rottura del trade-off dei canali tradizionali Targetizzazione dell’inv. pubblicitario Pubblicità sui portali rottura del trade-off Pubblicità targetizzata Mass customization Trade-off dei media tradizionali Pubblicità generalista Numerosità della popolazione raggiunta 85 APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE Al fine di incentivare la compilazione di queste form vengono frequentemente riservate parti del sito solo agli utenti registrati, messi in palio premi o concessi altri benefici; 4) vendita di contenuti/servizi (content based, service based): la vendita di contenuti e servizi è una possibile fonte di ricavo per il portale. I servizi/contenuti vendibili sono i più diversi e disparati: ad esempio nei news portal si vende l’informazione (articoli, ricerche ecc.) come contenuto; 5) abbonamenti (subscription based): la vendita di abbonamenti per accedere al sito è in calo perché costituisce un forte deterrente all’entrata e può ostacolare o rallentare la formazione di una community. Questi strumenti (riassunti in figura 2.13) devono essere bilanciati in funzione dell’utenza a cui il portale si rivolge. Ad esempio, un’utenza consumer può non sentirsi disturbata dalla presenza di banner pubblicitari mentre un’utenza professionale può essere disposta a pagare una quota di abbonamento piuttosto che subire la pubblicità. Normalmente si fa un utilizzo contemporaneo di diversi strumenti per generare ricavi: questo origina una serie di modelli di business diversamente bilanciati, detti multirevenue based. Figura 2.13 Entrate e uscite di un portale Entrate Advertising Abbonamenti Vendita dei profili utente Vendita di servizi utenti Transazioni Uscite P O R T A L E Start-up Gestione 86 MANAGEMENT MULTIMEDIALE 2.2.6 Promozione L’attività di promozione del portale è un rilevante fattore di successo perché la relazione tra l’utente e il portale è di tipo pull (l’utente «tira verso di sé» le informazione e i servizi). Affinché questo si verifichi è innanzi tutto necessario che l’utente sia a conoscenza del nuovo portale ed è pertanto necessario programmare una campagna di lancio. A questo scopo è preliminarmente necessario: 1) definire gli obiettivi della comunicazione, quali ad esempio: • l’informazione di primo contatto; • l’ottimizzazione della notorietà di marca (brand); • il coordinamento all’immagine di marca; 2) suddividere il target del portale in segmenti. Questa suddivisione consente di pianificare la promozione in relazione ai target, individuando il mix ottimale di: • strumenti; • media; 3) scegliere gli strumenti promozionali on-line e off-line: • tra gli strumenti on-line, ad esempio: – registrazione in motori di ricerca e directory elettroniche; – acquisto di banner pubblicitari; – Pr on-line (eventi e promozioni in occasione del lancio); – marketing diretto in Internet (newsletter, e-mail ecc.); – promozione presso comunità virtuali; • tra quelli off-line, ad esempio: – pubblicità; – pubbliche relazioni; – marketing diretto; – chioschi elettronici; – distribuzione di Cd-rom promozionali; – sponsorizzazioni; 4) scegliere i media, quali: • televisione; • internet; • carta stampata; • eventi. Una buona attività di progettazione è ispirata a obiettivi di generazione del valore per il cliente (vantaggi offerti coerenti con i costi richiesti), che devono essere stati previsti nella definizione del business model del portale. APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE 87 Occorre sottolineare che tra i «costi» sostenuti dall’utente non rientrano unicamente i costi monetari, ma anche (e soprattutto) i costi collegati all’energia che l’utente deve investire per poter usufruire al meglio del servizio: una maggiore interattività corrisponde a un maggiore investimento di energia richiesto al cliente, che non sempre potrebbe essere disposto ad apportarlo. È necessaria un’attenta valutazione preliminare del valore assegnato dagli utenti alle varie funzioni di personalizzazione e di interattività. L’architettura e il design del portale e l’efficacia dei percorsi di navigazione possono incidere sul «costo dell’interattività» riducendo la complessità percepita dall’utente. 2.3 Portali wireless Nel 1999 nascono i primi portali Wap (wireless application protocol) strutturati per fornire servizi ai dispositivi mobili, la navigazione delle informazioni avviene tramite i microbrowser di cui sono dotati i dispositivi Wap. Il Wap sarà certamente un protocollo importante: è una versione alleggerita dell’Http, studiata appositamente per portare uno spicchio di Web sui piccoli display dei telefoni cellulari2. Se, in prima approssimazione, il protocollo Wap si può definire come la controparte mobile dell’Http, il linguaggio Wml (wireless markup language) può essere visto come una specie di Html adattato alle esigenze dei piccoli dispositivi. Già oggi, con il protocollo Wap si aprono nuovi scenari integrati: dall’integrazione con Internet deriva la possibilità di realizzare un’infrastruttura di correlazione tra telefonia mobile e Pc estesa a livello mondiale. Ad esempio, le tecnologie integrate lanceranno il m-commerce che per alcuni versi sarà complementare e per altri entrerà in competizione con l’attuale e-commerce, che richiede di doversi sedere di fronte a un computer. Ma il Wap rappresenta soltanto una fase di passaggio. Sono già pronti studi e prototipi di altre tipologie wireless innovative, le due principali sono: 1) il Gprs; 2) l’Umts. 2 Per questo motivo, si parla soprattutto di tecnologie applicabili ai telefoni cellulari, ma va applicato, più in generale, a tutti i dispositivi «intelligenti». APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE 143 1) integrazione funzionale; 2) integrazione tecnologica. Nel primo caso le strutture tecnologiche restano differenti, ma i due sistemi assolvono un ruolo complementare: • la B-Tv informa, aggiorna e forma drop by drop creando consapevolezza, coinvolgendo e motivando al perseguimento degli obiettivi; • Intranet consente il feedback, gli approfondimenti e il rilascio di informazione specifica just in time, agendo da supporto alla quotidianità professionale. Nel secondo caso, la B-Tv viene integrata tecnologicamente all’interno del workplace divenendone un sottosistema a elevata potenzialità interattiva. In questo caso si può parlare di Business Net Tv (B-NetTv)19. In entrambi i casi è fondamentale creare sul portale aziendale uno spazio dedicato al servizio di business television, nel quale sia possibile inserire tutta una serie di informazioni per gli utenti20 e aggiornarle regolarmente. Tali informazioni possono essere, ad esempio: • • • • il palinsesto con date e orari delle trasmissioni; la scheda di compilazione del feedback relativo alle singole trasmissioni; i risultati delle valutazioni dei programmi; una raccolta di commenti, proposte e segnalazioni. 2.5 Introduzione al ciclo di vita Il ciclo di vita di un prodotto/servizio21 definisce le varie fasi della diffusione del prodotto/servizio stesso andando a rappresentarne la storia delle vendite. Viene abitualmente analizzato in relazione a quattro fasi: 1) introduzione; 2) sviluppo; 19 L’integrazione tecnologica tra B-Tv e workplace è una variabile dipendente dell’ampiezza di banda, che deve essere tale da consentire la distribuzione in rete di filmati di qualità broadcast. Attualmente esistono sistemi ibridi che fanno uso di una infrastruttura satellitare per trasmettere ai diversi siti aziendali i programmi, che vengono poi registrati su hard disk e messi a disposizione degli utenti attraverso la Lan aziendale. 20 Si intendono sia gli utenti interni all’azienda (dirigenti, quadri, dipendenti ecc.) sia gli stakeldor e gli eventuali utenti esterni (fornitori, partner, clienti effettivi e potenziali). 21 Nel seguito, verrà per brevità definito unicamente «ciclo di vita del prodotto», ma andrà inteso come «del prodotto/servizio». 144 MANAGEMENT MULTIMEDIALE 3) maturità; 4) declino. Preliminarmente all’analisi di ciascuna fase, è necessaria una distinzione tra due tipologie di prodotto da ritenere fondamentali per l’analisi del settore multimediale: • i prodotti industriali classici, quali sono ad esempio le automobili e gli elettrodomestici, ma anche i Cd-rom e i Dvd; • i prodotti network based: sono quelli basati su reti quali ad esempio il fax e il telefono, ma anche i siti Web, i portali e la B-Tv. Di seguito, li introdurremo separatamente. 2.5.1 Ciclo di vita di un prodotto industriale Per questa tipologia di prodotti, in generale, il ciclo di vita può rappresentarsi con la classica curva a «S» (figura 2.30). Le quattro fasi sono così definite. Figura 2.30 Ciclo di vita dei prodotti industriali M1 D1 M2 S1 S2 I1 I1 Prodotto 1: S1 Prodotto 2: curva S2. Sostituto innovativo di 1 D2 APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE 145 Introduzione: periodo di crescita lenta delle vendite, collegato all’inserimento del prodotto nel mercato. In questa fase i profitti sono inesistenti per via delle spese elevate di introduzione del prodotto (R&S, spese di marketing ecc.). Sviluppo: periodo di rapida accettazione da parte del mercato, con conseguente sostanziale miglioramento dei profitti. Maturità: periodo di rallentamento nella crescita delle vendite, dovuto al conseguimento dell’accettazione del prodotto da parte della maggioranza degli acquirenti potenziali. I profitti si stabilizzano o diminuiscono, a causa delle accresciute spese di marketing per difendere il prodotto dalla concorrenza: che o copia il prodotto o introduce nel mercato nuovi prodotti sostitutivi (solitamente rappresentano solo innovazioni incrementali del prodotto già nel mercato, difficilmente rappresentano innovazioni radicali). Declino: periodo in cui si manifesta una netta tendenza alla diminuzione delle vendite e all’erosione dei profitti. Al fine di allontanare nel tempo questa fase accade frequentemente che un prodotto venga rivitalizzato, ovvero venga aggiornato/migliorato in qualche sua parte estetica, funzionale, commerciale. Così come nell’industria automobilistica la rivitalizzazione del ciclo di vita di un modello coincide con l’operazione di restyling, nel settore multimediale è necessario un aggiornamento delle funzioni e dei contenuti del prodotto. Ad esempio: le enciclopedie su Cd-rom che annualmente vengono aggiornate e a intervalli costanti modificate nelle funzioni, al fine di introdurre alcune innovazioni applicative intercorse nel periodo. Questo comporta una leggera variazione del modello della curva ad «S» in corrispondenza dell’inizio del tratto discendente (figura 2.31). È ovvio che il processo di rivitalizzazione di un prodotto non può procedere all’infinito. 2.5.2 Ciclo di vita di un prodotto network based Il ciclo di vita di un prodotto network based differisce da quello di un prodotto industriale perché è influenzato dalle cosiddette «esternalità di rete»: il valore di una rete cresce più che proporzionalmente al numero di utenti collegati alla rete stessa. Pertanto la decisione, da parte di un soggetto economico, di adottare/acquisire un prodotto/servizio network based dipende dal numero di utenti che fanno già parte della rete in questione: la «base installata». Per base installata si definisce il numero N di altri soggetti economici che sono già collegati alla rete. 146 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Figura 2.31 Rivitalizzazione del ciclo di vita di un prodotto Quantità venduta Rivitalizzazione Tempo A causa dell’esistenza dell’esternalità di rete, il valore di un prodotto network based non dipende solamente dal prezzo e dalle caratteristiche qualitative, come succede per i prodotti «tradizionali». Dipende anche dalla base installata. Ad esempio: il valore di un fax non dipende esclusivamente dalle proprie caratteristiche intrinseche, ma anche dalla quantità di persone collegate alla «rete dei fax»: coloro che possiedono un fax e sono collegati a una linea telefonica. I primi acquirenti di fax hanno avuto difficoltà a utilizzarlo perché i propri interlocutori, pur essendo collegati alla medesima rete telefonica, non erano abilitati alla ricezione in quanto non possedevano a loro volta il «prodotto network based» e cioè il fax che li abilitasse alla ricezione: questo diminuiva proporzionalmente il valore dei fax posseduti dagli acquirenti anticipatori. Per questa categoria di prodotti, non si può più parlare di modello del ciclo di vita a «S», ma il ciclo di vita è rappresentabile come nella figura 2.32. Nella medesima figura è rappresentata anche una curva ad «S», per evidenziare maggiormente la differenza tra i due modelli. Analizzando la figura 2.32 si può notare che: a) la differenza maggiore occorre nelle fasi di introduzione e di sviluppo del prodotto, mentre le fasi di maturità e declino hanno un andamento simile; 147 APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE Figura 2.32 Ciclo di vita di prodotti Network Based Quantità venduta MNB DNB SNB MI DI SI II INB Tempo Prodotto Industriale (I) Prodotto Network Based (Nb) Flop b) la fase di introduzione dei prodotti network based ha una durata molto maggiore di quella dei prodotti «tradizionali»; c) i prodotti network based hanno una fase di sviluppo molto breve, caratterizzata anche da un incremento della quantità venduta22 molto elevato: si passa dal livello delle vendite caratterizzanti la fase di introduzione a quello della fase di maturità del prodotto, in un periodo di tempo molto breve; d) la fase di maturità e declino delle due tipologie di prodotti sono quasi coincidenti («quasi» perché tali fasi per i prodotti network based incominciano leggermente prima, a seguito della veloce fase di sviluppo). Nella figura 2.32 è stata inserita una curva a tratto-punto che evidenzia un eventuale declino pre-maturità dei prodotti network based. Definiremo punto di flop il punto di tangenza con la curva principale, l’inserimento della curva che vi si diparte vuole qui evidenziare come con i 22 La definizione «quantità venduta» è da intendere nella sua accezione più ampia. 148 MANAGEMENT MULTIMEDIALE prodotti network based sia più frequente la possibilità di un flop perché: • per lo sviluppo del prodotto è necessaria l’esistenza di una base installata consistente; • durante la fase di introduzione, il prodotto può essere molto facilmente «scartato» dal mercato. Ad esempio: per l’immissione tempestiva nel mercato di un prodotto tecnologicamente più innovativo che consente prestazioni migliori e soddisfa bisogni più evoluti. La possibilità d’immissione tempestiva è tipica dei prodotti network based. Inoltre, le tecnologie innovative possono anche avere totale incompatibilità con le tecnologie rese obsolete e mettere così totalmente fuori gioco i prodotti veicolati dalle tecnologie precedenti. Il ciclo di vita dei prodotti network based è fortemente condizionato dal ciclo di vita delle tecnologie sottostanti: il rapido declino di un’alta tecnologia di rete, hardware o software e l’affermazione di una tecnologia concorrente determinano un declino equivalente dei prodotti basati sulla tecnologia divenuta obsoleta. In questa ottica, ci sembrano opportune alcune note sul ciclo di vita della tecnologia23. 2.5.3 Note sul ciclo di vita della tecnologia Il complesso problema che l’impresa multimediale deve risolvere è prevedere i tempi di obsolescenza tecnologica per decidere l’ingresso in un nuovo servizio che si differenzia per tipo di tecnologia adottata. In accordo con Pratesi [1996], riteniamo che lo studio del ciclo di vita della tecnologia sia particolarmente rilevante soprattutto per il settore dei servizi ad alta tecnologia, dato che ne consente un’approfondita analisi strategica. Le scelte strategiche di un’azienda operante in un settore ad alta tecnologia, dovrebbero essere rivolte a: • evitare l’eccessiva diversificazione delle attività; • ragionare in termini di «creazione di nuovi mercati» piuttosto che di «spartizione di quote di mercato». Evitare l’eccessiva diversificazione delle attività significa sostanzialmente concentrarsi sul proprio business per far leva sulle competenze distintive dell’azienda e, più in generale, sui propri punti di forza costituiti da una certa capacità tecnologica o da una forte relazione creata nei confronti di un particolare segmento del mercato. 23 Per un’analisi più approfondita del ciclo di vita della tecnologia, si veda: Pratesi C.A., 1996. APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE 149 Ad esempio, Bill Gates (fondatore di Microsoft) ha frequentemente asserito che il successo della sua azienda è dovuto (anche) alla scelta di restare focalizzati sul proprio core business. Quando il business in cui opera si avvia al declino l’azienda di servizi high-tech deve cercare altrove le proprie opportunità di sviluppo. In questa fase ha generalmente maggiori possibilità di successo se non si ostina nel cercare di conquistare spazi nel business dominato da altre imprese, ma cerca di ragionare in termini di «creazione» di nuovi mercati. Nell’high-tech, il fattore critico di successo è rappresentato dalla capacità di essere realmente innovativi. Già in questa fase, le imprese multimediali legate alle tecnologie minacciate dovrebbero iniziare a esaminare da vicino le politiche delle imprese high-tech. Alla ricerca dei segnali che segnalano il perseguimento di nuove opportunità. Per scandagliare le varie possibilità di nuovi mercati, le imprese tecnologiche prenderanno in considerazione le tre variabili fondamentali per la definizione del business: bisogni del mercato, tipologie di clientela, tecnologie alternative. Ragionando su quest’ultimo fattore, che è forse il più importante dei tre, si rileva [Pratesi, 1996] che il ciclo di vita della tecnologia, in base all’approccio Foster-Mckinsey, è rappresentabile con una curva a «S» e può essere scomposto in quattro fasi distinte (figura 2.33) con le seguenti caratteristiche: • fase primitiva (P): in questa fase gli investimenti sono impegnativi e i progressi tecnologici sono scarsi; • fase esplosiva (E): è una fase «di passaggio» dove i progressi si susseguono e sono sempre più consistenti; • fase del massimo rendimento (Mr): fase caratterizzata da una crescita elevatissima delle performance del prodotto, con una richiesta d’impegno in investimenti meno che proporzionale alla crescita; • fase del declino (D): ha inizio quando si determina un deciso calo del rendimento degli investimenti in ricerca e sviluppo. Il declino può dipendere da motivi di ordine fisico (ad esempio, il limite naturale nella quantità di dati immagazzinabili su supporto fisico) o dal presentarsi di una nuova tecnologia sostitutiva (ad esempio, tra Dvd e attuali Cd-rom). La curva rappresentata nella figura successiva mette a confronto le performance tecniche delle tecnologie con gli investimenti necessari a realizzarli. L’esperienza dimostra che in un stesso mercato due generazioni successive di tecnologie (A e B, in figura) si esprimono tramite due curve a «S», delle quali la seconda (quella relativa alla tecnologia più innovativa) 150 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Figura 2.33 Ciclo di vita della tecnologia Performance di una tecnologia Tecnologia B Tecnologia A P E Mr D Investimenti Fonte: Pratesi, 1996 è traslata in alto e a destra rispetto alla prima. Questo indica che le nuove tecnologie richiedono investimenti crescenti, ma consentono performance superiori rispetto alle precedenti (figura 2.34). Dal punto di vista teorico il concetto è estremamente semplice, ma da un punto di vista operativo è tutt’altro che elementare fare previsioni che consentano di individuare le curve con sufficiente anticipo perché non si conosce a priori quale sia il momento più opportuno per passare alla nuova tecnologia. Un aiuto in questo senso lo si può ottenere abbinando il ciclo di vita della tecnologia con quello del relativo prodotto/servizio. Associando le due curve è possibile programmare i tempi di obsolescenza tecnologica e decidere l’ingresso in un nuovo servizio che si differenzia per tipo di tecnologia adottata. Generalmente, al momento dell’introduzione devono coincidere la fase di maturità nella curva del prodotto/servizio e la fase di massimo rendimento nella curva della tecnologia. Questo approccio strategico deve necessariamente tenere conto e compensare lo scarto temporale che si verifica al momento in cui una determinata tecnologia perde la sua efficienza (in rapporto agli investimenti che la riguardano) e la fase in cui calano le vendite del servizio basato su tale tecnologia. 151 APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE Figura 2.34 Ciclo di vita della tecnologia e del servizio Performance di una tecnologia Tecnologia B Tecnologia A Investimenti Vendite Tempo di propagazione dell’obsolescenza Servizio con tecnologia A Servizio con tecnologia B Fonte: Pratesi, 1996. Tale scarto temporale viene definito: Tempo di propagazione dell’obsolescenza. Si snoda lungo tutta la filiera produttiva, che va dal produttore al cliente finale, ed è funzione di vari fattori, quali: • la disponibilità reale della tecnologia successiva; 152 MANAGEMENT MULTIMEDIALE • i costi di commutazione (switching costs) che occorre sostenere per il passaggio; • la disponibilità che il cliente finale manifesta nei confronti della tecnologia emergente. È anche il periodo concesso al management dell’impresa multimediale per reagire al cambiamento e non restare coinvolto nel declino dell’eventuale obsolescenza della tecnologia di riferimento. 2.6 Il ciclo di vita del multimediale L’applicazione delle teorie del ciclo di vita ai prodotti del settore multimediale impone attualmente una suddivisione fra prodotti off-line e on-line, in relazione alla distinzione precedentemente operata tra prodotti/servizi industriali e prodotti/servizi network based. Riteniamo però realistico ipotizzare che intorno al 2005 la multimedialità off-line giunga alla fine del suo ciclo di vita e pertanto desideriamo preliminarmente fornire un breve sguardo d’insieme del settore del multimediale nel suo complesso: di tutte le offerte di contenuti di comunicazione multimediale, siano essi B2B oppure B2C, off-line oppure on-line. Ad esempio, fanno parte di questo settore i prodotti di editoria elettronica su Cd-rom o i cataloghi interattivi su Dvd, i siti Web business o i portali orizzontali consumer. In prima approssimazione, la figura 2.35 evidenzia la posizione attuale del settore sul tratto iniziale della curva di un empirico ciclo di vita. Come si può notare stiamo entrando ora nella fase di sviluppo dopo anni di crescita lenta. Il settore nasce con le tecnologie digitali che hanno consentito di integrare i diversi contributi mediali in un unico prodotto. I primi prodotti sono stati i Cd-rom a carattere formativo e di intrattenimento seguiti dall’avvento di Internet e dei primi siti Web, in primis a carattere di ricerca e poi commerciale: la comunicazione multimediale è diventata on-line. Si è però dovuto attendere il lancio dei portali orizzontali spinti dagli accessi gratuiti forniti dagli Internet service provider per portare il settore a una fase di crescita sostenuta. Una crescita che è passata anche attraverso il flop di tecnologie quali il Cd-I che avrebbe dovuto consentire lo sviluppo di prodotti multimediali caratterizzati da una consistente presenza di filmati. Oggi la spinta più possente al settore viene dall’on-line, sul versante dell’off-line si assiste alla sostituzione del Cd-rom a favore del Dvd. Dalla figura 2.35 si possono evincere i tre aspetti fondamentali del ciclo di vita del multimediale: 1) nasce dall’inviluppo del ciclo di vita del settore off-line e on-line; 153 APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE Figura 2.35 Ciclo di vita del settore della comunicazione multimediale e dei prodotti Domanda 2005 Off-line 1990 1993 On-line Curve del ciclo dei settori della comunicazione off-line e on-line Curve del ciclo di vita del settore della comunicazione multimediale 2) il settore dell’off-line costituisce le fondamenta della comunicazione multimediale con il Cd-rom; 3) l’avvento dell’ampia banda sancirà la fine o un consistente ridimensionamento dell’off-line, a favore dei prodotti on-line. Questo è il motivo per cui riteniamo realistico ipotizzare che intorno al 2005 la comunicazione multimediale off-line sia destinata a pervenire al termine del suo ciclo di vita: a quella data tutto transiterà on-line (ed eventuali download) e l’ampia banda aprirà spazi e opportunità a oggi ancora difficilmente immaginabili. L’esplosione della banda larga è evidenziata dalla figura 2.36. In Italia questo passaggio è sostenuto dai progetti di cablatura in fibra ottica quali quelli di Metroweb, Fastweb, E-vai e altri. 2.6.1 Prodotti off-line All’interno dei prodotti off-line considereremo quelli veicolati su Cd-rom e Dvd. Il ciclo di vita di entrambi è fortemente connesso al ciclo di vita della tecnologia sulla quale si basano, ovvero la tecnologia ottica. 154 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Figura 2.36 L’esplosione della banda larga nel mondo Capacità di trasmissione (Tbit/s) 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 Su protocollo Internet Su Atm Su altri sistemi Fonte: Ovum. CD-ROM È doveroso ricordare che il mercato dei Cd-rom è stato il primo grande banco di prova della convergenza multimediale fra l’industria dei contenuti (mass media) e l’industria dell’Information Technology (it). In tutti i suoi aspetti: tecnologici, editoriali, distributivi e culturali. È stato il primo grande mercato formatosi grazie all’evoluzione dei Pc da strumento operativo (professionale e personale) a piattaforma multimediale e multifunzionale in grado di gestire a tutto campo il complesso universo del consumo di informazione e comunicazione [Liscia, 1999]. Con il Cd-rom esordisce il concetto di multimedialità integrata, sebbene la limitata capacità di memoria abbia impedito di immagazzinare adeguatamente i filmati. L’evoluzione e la fase di introduzione nel mercato del Cd-rom è stata inizialmente limitata dalla bassa diffusione dei lettori (ma, successivamente, supportata dall’implementazione dei Cd driver nei Pc). Questo ha confinato per lungo tempo il Cd-rom a supporto per l’archiviazione di banche dati e annuari per uso professionale: nel 1986, agli albori del suo ciclo di vita, il mercato mondiale di prodotti su tale supporto era pari a soli 20 milioni di dollari. L’orientamento professionale è proseguito fino al 1990, quando nel mercato americano è stato commercializzato il primo prodotto consumer. 155 APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE Figura 2.37 Il mercato dei Cd-rom in Italia: volume d’affari (valori in miliardi di lire) 800 700 600 500 400 300 200 100 Mercato professionale Mercato consumer 20 01 * 20 00 * 19 98 19 99 19 97 19 96 19 95 0 (*) Stime Fonte: Anee, 2000. Questo ha decretato l’inizio della fase di sviluppo del Cd-rom. Secondo una ricerca Tfpl: • nel 1993, i titoli nel mondo crescono del 50%; • nel 1994, la crescita si attesta sul 49% raggiungendo il valore di 5.380 prodotti; • nel 1996, si registra ancora una crescita sull’anno precedente pari al 45% confermando la solidità del settore. La crescita dei prodotti interessa sia il mercato business, sia il mercato consumer nel quale titoli di intrattenimento, formazione (quali enciclopedie) e cultura hanno progressivamente aumentato il proprio peso. Sempre più imprese hanno utilizzato il nuovo supporto per operazioni di marketing: dalla Fiat per la presentazione della nuova Punto [caso illustrato in Liscia, 1996], alla Illy Caffè per la promozione sui mercati esteri [caso illustrato in Di Bari, 1999b] Nella figura 2.37 viene evidenziato l’andamento del volume d’affari del mercato dei Cd-rom in Italia. L’avvento di Internet e del Dvd (naturale evoluzione del supporto ottico), hanno sospinto il Cd-rom in una fase di maturità prossima al declino. 156 MANAGEMENT MULTIMEDIALE DIGITAL VERSATILE DISC – DVD In concomitanza con il prossimo declino del Cd-rom si verifica l’ingresso del Dvd nella fase di sviluppo24 che plausibilmente durerà sino a che l’ampia banda non sancirà la fine del ciclo di vita dei prodotti multimediali off-line. Come si rileva dalla tabella 2.7, secondo l’osservatorio Anee (che richiama i dati Datamonitor, già esposti in tabella 2.1) già nel corso del 2000 la produzione di prodotti su Dvd-rom eguaglia per numero di titoli quella di prodotti su Cd-rom, che entra nella fase discendente del ciclo di vita. Alla fine del 2000, il ciclo di vita del Dvd risulta uscito dalla fase di introduzione iniziata nel 1997: in soli 3 anni, il Dvd ha percorso la stessa porzione di ciclo di vita che il Cd-rom ha percorso in 5-7 anni. È un’accelerazione impressionante che riflette quella dell’intero settore multimediale, entrato prepotentemente nella sua fase di sviluppo accelerando l’adozione e i cicli di vita di tutti i prodotti, siano essi Dvd, siti Web o portali25. Tutto questo si può rappresentare nel grafico seguente con l’ausilio del modello ad «S» del ciclo di vita dei due supporti (figura 2.38). 2.6.2 Prodotti on-line I prodotti multimediali on-line seguono il ciclo di vita dei prodotti network based. Come precedentemente segnalato, tali prodotti acquistano tanto più Tabella 2.7 Evoluzione della produzione di software per Pc su formato Cd-rom e Dvd-rom (dati in migliaia) 1997 1998 1999 2000 2001* 2002* Dvd-rom 18 300 6772 34532 58650 71066 Cd-rom 36512 45100 49938 34957 21570 20004 Fonte: Anee, 2000. 24 Nel primo trimestre del 2000 si è verificata una crescita delle vendite di lettori Dvd pari all’80%: questo influenzerà la base installata facendo crescere la domanda di prodotti multimediali su questo supporto. 25 Si calcola che lo sviluppo delle tecnologie abbia portato a dover inserire un fattore di scala pari a un quarto per poter creare un legame tra l’unità «anno» della old economy e l’anno della new economy: quello che prima accadeva in 12 mesi ora accade in 3. 157 APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE Figura 2.38 Cicli di vita Dvd e Cd-rom Vendite Dvd 2000 Cd-rom 1990 1997 - Introduzione Tempo valore quanto maggiore è la base installata: nel caso dei prodotti on-line la base installata coincide con il numero di utenti collegati ad Internet. Ad esempio: se un’impresa decide di realizzare un portale, il valore di tale portale è tanto maggiore quanto maggiore è il numero di utenti della rete ovvero il pubblico potenziale del sito stesso. Il valore dipende quindi non solo dalla caratteristiche proprie, ma dall’esternalità di rete «base installata». A questo proposito è utile richiamare che Internet ha avuto una impennata di popolarità, importanza e valore proprio nel momento in cui gli accessi alla rete sono stati resi gratuiti. Ad esempio, quando in Italia i service provider guidati da Tiscali hanno iniziato a fornire accesso gratuito alla rete, la rete stessa ha acquistato sempre più valore facendo così entrare i prodotti on-line nella fase di pieno sviluppo. Per i prodotti/servizi on-line l’analisi del ciclo di vita assume caratteristiche diverse in quanto i singoli prodotti non sono legati a singole tecnologie caratterizzanti, come invece accade per Cd-rom e Dvd. Dal punto di vista tecnologico i prodotti on-line si basano tutti sulla stessa tecnologia di fondo (il protocollo Tcp/Ip e il linguaggio Html) e su sue evoluzioni incrementali (i nuovi linguaggi Xml, Java, JavaScript e altro), ma da un punto di vista comunicazionale sono prodotti diversi perché seguono paradigmi differenti e rispondono a esigenze/modelli di business differenti. 158 MANAGEMENT MULTIMEDIALE I prodotti on-line si sviluppano con la nascita del World Wide Web il sistema ipertestuale per il reperimento di documenti, suoni e immagini, dotato di un’interfaccia utente molto intuitiva elaborato dal Cern (Centro Europeo per la Ricerca Nucleare) nel 1991. Nel 1993, con la nascita del browser Mosaic Internet si trasforma in un fenomeno di massa grazie alla nascita dei primi veri «prodotti/servizi» di comunicazione multimediale on-line: i siti Web. I primi siti appartenevano alle università e ai centri di ricerca collegati alla rete Internet già dagli anni Ottanta, ma nel giro di breve tempo organizzazioni governative, commerciali e industriali di tutto il mondo costruiscono e mettono in rete il proprio sito come vetrina di se stessi e delle proprie attività. Nascono i siti dei motori di ricerca, nel 1995 anche il Vaticano apre il proprio sito Internet. In questi anni i siti Web si moltiplicano portando il World Wide Web a crescere con tassi di sviluppo a tre cifre. Fino al 1996-1997 i siti hanno prevalentemente carattere informativo, sono una raccolta di contributi testuali, grafici e fotografici su ben precisi argomenti. Nascono i siti aziendali vetrina dell’attività delle imprese e delle loro offerte commerciali. Non hanno un orientamento alla performance: le aziende sono inizialmente in rete per dimostrare di essere in linea con l’evoluzione e per presidiare un settore e una tecnologia che da subito è apparsa di portata rivoluzionaria. In figura 2.39 è evidenziata l’evoluzione del ciclo di vita dei siti Web. Occorre sottolineare come sull’asse delle ordinate al posto della grandezza «domanda» o «vendite» sia stata posta la grandezza «performance»26, con la quale si intende (nell’accezione minima) il numero di accessi ai siti da parte degli utenti: un prodotto in rete non può essere comprato in quanto privo di fisicità. Può essere solo consultato («visitato») e pertanto, in prima approssimazione27, ciò che conta è il numero di contatti che genera. PORTALI ORIZZONTALI Nel 1999, il sito Web classico sembra essere giunto alla maturità del suo ciclo di vita perché il paradigma di comunicazione si evolve: non basta più generare informazione, né essere presenti sul Web. Per avere successo occorre innanzi tutto generare «accessi». È così necessario far nascere un nuovo prodotto o una nuova tipologia di sito che affianchi quelli attuali. Nascono i portali orizzontali o generalisti28 26 Per un’analisi più approfondita del Multimedia performance support system (strumento gestionale innovativo per il supporto multimediale alla performance aziendale) si veda Di Bari 1999b. 27 Il numero di accessi a un sito non è l’unica grandezza utilizzata per valutare la performance di un sito. Ad esempio, vi sono - tra i numerosi altri - il tempo di permanenza in un determinato sito e il numero di pagine visitate. 28 I portali orizzontali o generalisti sono anche detti semplicemente portali. 159 APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE Figura 2.39 Ciclo di vita dei siti Web Performance Siti Web 1999 1995 Tempo 1991 caratterizzati da una pluralità di strumenti (paragrafo 2.2.2): • d’informazione; • di comunicazione; • di transazione. Il boom di Internet avvenuto a seguito dalle «connessioni gratuite» promosse dai provider e la crescita esponenziale dei siti Web ha evidenziato l’esistenza di un bene scarso: l’attenzione umana. Infatti, se consideriamo la crescita esponenziale delle informazioni29, contro una crescita del numero di utenti di Internet molto meno sostenuta [Dècina, 2000] (figure 2.40 e 2.41) e il numero di ore che una persona dedica alla «navigazione» sul Web30, è evidente come la sproporzione sia destinata a generare altissimi livelli di competizione per conquistare l’attenzione degli utenti. Il navigatore medio visita regolarmente tra gli 8 e i 20 siti e occasionalmente (circa) altri 12. È all’interno di questo nuovo spazio competitivo (catturare l’attenzione degli utenti) che i portali si sono ritagliati una nicchia all’interno della vita della new economy, per poi trovarsi a giocare un ruolo centrale. Gli utenti di Internet necessitano una guida che li indirizzi attraverso la suddetta sovrabbondanza di informazioni disponibili: per questo motivo i portali sono diventati le destinazioni privilegiate da molti. 29 30 Circa 2 milioni di nuove pagine sono giornalmente aggiunte sul Web. Mediamente circa 30 ore al mese in Usa, circa 10 ore al mese in Europa. 160 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Figura 2.40 Numero di utenti Internet in Europa (dati in milioni di unità) 80 60 40 20 0 1995 1996 1997 1998 1999 Business 2000 2001 Residenziale Fonte: Campo dall’Orto, Pucci, 1999. Figura 2.41 Tasso di crescita annuale degli utenti Internet in Europa per tipologia (dati in percentuali) 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% 1996 Business 1997 1998 1999 2000 2001 Residenziale Fonte: Campo dall’Orto, Pucci, 1999. All’utente non bastavano più i motori di ricerca e questi si sono prevalentemente adeguati, diventano essi stessi portali. L’accesso gratuito alla rete concesso agli utenti conferisce un valore sempre maggiore ai prodotti, tanto che gli stessi service provider (che forniscono la connettività) aprono un proprio portale. Secondo uno studio Nielsen/NetRatings, circa il 35% del tempo trascorso in rete viene speso appena su 50 siti. I 50 siti più visitati, secondo Media Metrix, sono nella maggior parte dei casi portali. APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE 161 Di questi, secondo Nielsen/NetRatings, i 10 siti più visitati sono utilizzati da circa il 90% degli utenti. Non a caso in Italia il sito più visitato attualmente è il portale virgilio.it e nei primi dieci siti italiani più della metà sono portali (tabelle 2.8 e 2.9). Fino a oggi, il numero di portali presenti in rete è cresciuto costantemente, con un tasso di crescita mensile pari almeno all’1-2%. I portali hanno percorso molto velocemente la propria fase di sviluppo31 diventando punti di accesso alla rete per milioni di utenti. A fianco del ciclo di vita dei siti Web compare quindi il ciclo di vita del portale (figura 2.42), nuova tipologia di sito in grado di attrarre l’attenzione di milioni di utenti. I portali sono passati dalla fase di introduzione alla fase di sviluppo nel momento in cui le imprese hanno capito che da siti di passaggio (tipico della concezione dei vecchi motori di ricerca) potevano divenire siti di destinazione. Da una mera collezione di link o da semplice motore di ricerca, i portal site sono diventati siti di destinazione o molto di più: professionisti e «compagni di vita» per milioni di utenti che giornalmente necessitano informazioni o strumenti per supportarli, nel lavoro o nella quotidianeità. Appena due anni fa in luoghi diversi della rete erano sparsi vari servizi per gli utenti, ad esempio: • provider che fornivano (a pagamento) la connessione e la posta elettronica; • motori per le ricerche; • media per le notizie; • giochi e attività di intrattenimento. La strategia dei portali orizzontali ha portato l’utente a beneficiare di un unico luogo virtuale (stabilendo con l’utente un legame il più possibile solido, frequente e duraturo). A sottolineare la fase di sviluppo che ha interessato i portali orizzontali in questi ultimi anni vi sono le numerosi coalizioni, fusioni, partnership, joint venture e alleanze tra imprese diverse con l’obiettivo strategico di concorrere a conquistare la leadership settoriale. Ad esempio: • l’espansione del portale Microsoft Network (Msn) in 24 paesi attraverso una serie di partnership con società e giornali nazionali tra cui il quotidiano francese Le Monde, il settimanale tedesco Der Spiegel, South China Morning Post di Hong Kong e molti altri per fornire contenuti di interesse nazionale in molte lingue diverse. Msn si è diffuso rapidamente in versioni locali in Australia, Canada, Giappone, in molti 31 Si tenga conto della curva del ciclo di vita dei prodotti network based. 162 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Tabella 2.8 I primi 20 siti Internet, dei 50 più visitati nel mondo (i portali sono in grassetto) Sito Utenti (/000) % Share 1 yahoo.com 51.165 64,1% 2 aol.com 43.546 54,6% 3 msn.com 40.329 50,5% 4 Geocities.com 30.930 38,8% 5 microsoft.com 29.348 36,8% 6 passport.com 28.929 36,3% 7 Aolproprietary.com 27.351 34,3% 8 lycos.com 21.482 26,9% 9 altavista.com 19.303 24,2% 10 excite.com 18.440 23,1% 11 netscape.com 18.272 22,9% 12 angelfire.com 18.142 22,7% 13 ask.com 17.240 21,6% 14 amazon.com 16.843 21,1% 15 tripod.com 16.706 20,9% 16 ebay.com 16.606 20,8% 17 Bluemountain.com 14.586 18,3% 18 iwon.com 14.233 17,8% 19 about.com 13.046 16,4% 20 freelotto.com 12.110 15,2% Fonte: Media Metrix, maggio 2000. 163 APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE Tabella 2.9 I 20 siti più visitati in Italia (i portali sono in grassetto) N° Sito Ricerche (in %) Utenti (/000) Pagine visitate (milioni) Tempo tot.(ore) 1 Virgilio.it 42,2 1.288 27,2 462.564 21,1 21,5 2 Iol.it 36,9 1.126 25,8 606.341 22,9 32,3 3 Tin.it 31,4 959 17,6 332.627 18,4 20,8 4 Microsoft.com 27,5 838 6,3 200.721 7,6 14,4 5 Msn.com 26,7 814 25,9 491.727 31,9 36,2 6 Yahoo.com 26,2 800 19,0 294.234 23,8 22,1 7 Tiscali.it 25,1 764 12,5 336.070 16,4 26,4 8 Geocities.com 25,0 762 5,6 75.970 7,3 6,0 9 Altavista.com 23,2 707 13,5 127.022 19,1 10,8 10 Kataweb.it 21,4 653 16,4 488.937 25,0 44,9 11 Hotmail.com 18,7 572 22,5 468.759 39,4 49,2 12 Yahoo.it 18,3 558 7,8 107.394 14,0 11,6 13 Passport.com 17,2 525 5,6 41.897 10,7 4,8 14 Msn.it 17,0 520 13,2 501.694 25,4 57,9 15 Repubblica.it 16,1 491 6,4 226.846 13,1 27,7 16 Jumpy.it 16,0 487 10,8 247.982 22,2 30,5 17 Excite.it 15,9 485 7,6 81.424 15,8 10,1 18 Tripod.it 14,1 429 5,8 98.426 13,5 13,8 19 Ilsole24ore.com 13,5 412 4,2 87.351 10,1 12,7 20 Netscape.com 10,4 317 2,5 32.774 7,8 6,2 Fonte: Motoridiricerca.it, febbraio 2000. Pagine Minuti x utente x utente 164 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Figura 2.42 Ciclo di vita dei siti Web e dei portali Performance Siti Web 1999 Portali orizzonatali 1995 Tempo 1991 paesi europei come Gran Bretagna, Germania, Francia e Italia, oltre al Sud Africa, la Cina, il Sud America e l’oriente; • l’acquisizione di Lycos (motore di ricerca) di tutto il pacchetto di Wired Digital per circa 83 milioni di dollari in azioni, incluso il motore di Hotbot e le testate storiche di Hotwired e Wired News; • l’espansione di America On Line (attualmente World On Line) che dopo aver inglobato Compuserve, ha acquistato la società di Netscape per 4,21 miliardi di dollari, continuando poi le sue mire espansionistiche fino alle recenti fusioni con Time-Warner e Tiscali; • l’acquisizione della Walt Disney del 43 per cento del motore di ricerca Infoseek mirata a offrire un portale pensato come «ombrello» che abbraccia siti famosi e già molto visitati come Mr. Showbiz e Abcnews.com [http://digilander.iol.it/webyte/, 2000]. PORTALI VERTICALI – VORTAL Il numero dei portali orizzontali è tuttora in aumento e il numero di visite non mostra attualmente segnali di declino, nonostante un calo del tasso di crescita. Nel frattempo, gli accessi di utenti professionali e hobbisti specializzati hanno iniziato a orientarsi verso una nuova forma di prodotto o tipologia di sito: i portali verticali o vortal (paragrafo 2.2.2). I vortal vengono identificati come il trend chiave nei prossimi tre anni, periodo in cui percorreranno il tratto di sviluppo del loro ciclo di vita. APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE 165 A tale proposito LookSmart e Inktomi hanno annunciato un progetto comune in grado di fornire una piattaforma tecnologia mirata per lo sviluppo di siti tematici. L’opportunità per questa nuova tipologia di servizio/prodotto nasce dai problemi che hanno attualmente i motori di ricerca perché: • non sono in grado di indicizzare tutto il Web; • il loro metodo di indicizzazione delle pagine è attualmente in declino. Circa l’80% degli utenti di Internet utilizza attualmente (almeno in modo occasionale) i portali orizzontali, ma gli analisti prevedono che questa parte del traffico diminuirà sensibilmente dall’inizio del 2001. I portali verticali sono la forza emergente della rete, siti che affrontano in maniera completa un argomento specifico offrendo non solo la possibilità di acquistare, ma anche diversi servizi: dai contenuti all’offerta di materiale di approfondimento, dagli indirizzi alle indicazioni pratiche. In un immediato futuro ci troveremo di fronte due categorie principali di motori di ricerca: a) i grandi portali orizzontali che forniranno una guida di orientamento generalista e saranno convogliatori di servizi e di prodotti da acquistare; b) i vortal capaci di fornire prodotti e informazioni su settori specifici per i quali saranno il punto (virtuale) di riferimento. I vortal rispetto a i portali si orientano sempre meno alla logica di Internet visto come luogo (virtuale) di divertimento e sempre più verso lo sviluppo del Web come luogo d’affari e contatti. Gli esempi citati sono solo una minima parte di quello che la rete sta proponendo nell’area dei portali verticali, ma ci offrono lo spunto per una riflessione. La rete sta sempre più creando e prolificando community: centri di interesse che permettono alle persone di incontrarsi su un terreno comune. Ad esempio: • il progetto della società di assicurazioni Ras di creare un vortal sull’auto a cui si potrà accedere per comprare una polizza, ma anche per avere dettagli sugli ultimi modelli di autovetture e più in generale per essere informati su quanto interessa gli amanti delle quattro ruote [Sabbatini, 2000]; • la realizzazione, annunciata nel 1999 da Mondadori, di un portale verticale con quattro hub corrispondenti a quattro mondi tematici: news, donne, giovani e tecnologie. 166 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Una ricerca Media Metrix conferma la crescita di numerosi portali verticali. Per ogni settore industriale (o per ogni sottosettore) sta nascendo un vortal dedicato ed è prevedibile che ogni singolo settore sarà dominato nel futuro da 2 o 3 vortal. I migliori evolveranno fino a diventare siti completi di ogni servizio di e-commerce, in modo tale da poter regolare la domanda e l’offerta nel loro particolare settore: diverranno dei veri e propri Marketplace. Alcuni fattori chiave del successo dei vortal B2B risiedono: • nell’offerta costante di notizie, ricerche, mezzi di discussione, strumenti on-line e altri servizi specifici per specifici settori industriali; • nella disponibilità di informazioni agevoli, di facile lettura e specifiche, che creano un legame molto importante per fidelizzare la clientela del settore; • nell’utilizzo di Internet come una vera e propria estensione del luogo di lavoro, abitudine che consentirà di mettere in contatto più dell’85% degli utenti business [Gerundino, 2000]; • nell’uso di apposite interfacce che offrono ai propri utenti le capacità necessarie per supportare l’e-commerce, questo può trasformarli nei principali intermediari del commercio elettronico del prossimo futuro. È prevedibile che dopo due-tre anni di sviluppo i vortal si muovano all’interno di reti Intranet business, proponendo alle società collegate portali personalizzati che potranno essere inseriti in un particolare contesto aziendale, integrandosi con i singoli workplace a tali reti. MARKETPLACE Proprio in relazione alla tendenza dei vortal a localizzarsi sempre di più in un particolare contesto aziendale sta nascendo una nuova tipologia di siti i cosiddetti marketplace (detti anche marketspace o e-marketspace, paragrafo 2.2.2). Come precedentemente illustrato, i Marketplace sono portali specializzati che consentono l’incontro di aziende operanti: • nello stesso settore (marketplace verticali); • in settori diversi (marketplace orizzontali). I marketplace integrano strumenti di: • comunicazione, con l’obiettivo di fidelizzare l’utente; • transazione, che abilitano le transazioni all’interno del portale per permettere alle aziende di acquistare e vendere prodotti via Internet. Si tratta sostanzialmente di net-intermediari che tendono a modificare le 167 APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE Figura 2.43 Indice di opportunità (opportunity index) degli e-marketplace 5 Spinning and warehousing Food and agriculture 4 Motor vehicles Utilities Petrochemicals Paper and office products Consumer goods Product fit 3 Computing and eletronics Pharmaceutical and medical products Construction Heavy industries 2 Industrial equipment and supplies Aereospace and defense 1 1 2 3 4 5 Industry readiness Massimo livello di saturazione (% of online trade) < 50% 50%-60% 60%-70% > 70% Fonte: Gerundino, 2000. Elaborazione dati della Forrest Research. tradizionali modalità di intrattenere rapporti d’affari tra aziende, la loro efficacia varia in funzione della tipologia di prodotto e della disponibilità del settore. I prodotti più standardizzati sono più adatti di altri alla negoziazione elettronica, allo stesso modo determinati settori sono più interessati di altri all’utilizzo di marketplace in quanto: • frammentati; • con domanda difficilmente prevedibile; • con lunghe catene distributive (figura 2.43). È possibile raggruppare i settori industriali in base alla percentuale di commercio che è possibile realizzare on-line nei marketplace, dal grafico precedente si evince che più un settore è reattivo alle richieste del mercato e maggiore è la quantità prodotta nel settore stesso, maggiore è la quota di commercio realizzabile on-line. Al diminuire della reattività e della quantità disponibile nel mercato la percentuale di possibile commercio on-line si riduce notevolmente, ad esempio: • nell’industria aerospaziale e per la difesa la possibilità di realizzare 168 MANAGEMENT MULTIMEDIALE commercio on-line è bassa perché la quantità di beni prodotti annualmente è bassa e la produzione richiede tempi di attraversamento lunghi; • nei settori dell’informatica (sia hardware, sia software) e dell’elettronica è invece alta. Esistono attualmente oltre 200 marketplace B2B, con una forte tendenza alla crescita numerica e di volume di affari. La crescita riguarderà prevalentemente le transazioni business to business, la maggior parte delle quali nell’area del manufacturing. Secondo Forrester Research entro il 2004, il 56% del B2B mondiale, sarà generato nei digital Markeplace [Gerundino, 2000]. Esistono previsioni discordanti sul giro d’affari, ma tutte ne confermano il trend di forte crescita. Ad esempio: • secondo Bear Stearns: nel 2003 supererà i 428 miliardi di dollari, nel mondo; • secondo Precursor Group: nel 2003 si posizionerà tra i 50 ed i 130 miliardi di dollari, nel mondo; • secondo Forrester Research: in Europa, entro il 2004 assommerà a circa 1500 milioni di Euro (figura 2.44). CONCLUSIONI L’evoluzione del ciclo di vita dei prodotti/servizi on-line è attualmente in corso e difficilmente indicizzabile: i prodotti stessi (o, più specificamente, le tipologie di siti Web) sono in continua evoluzione e subiscono continui mutamenti. Figura 2.44 Crescita mondiale delle vendite B2B (dati in trilioni di dollari) 2.5 tmac ’99-’04 56% 2.0 303,7% 1.5 1.0 81,7% 0.5 53,1% 0.0 1999 Procurement 2000 2001 2002 Digital Marketplace Fonte: Gerundino, 2000. Elaborazione dati della Forrest Research. 2003 2004 Extranet 169 APPLICAZIONI DIGITALI INNOVATIVE Figura 2.45 Le curve del ciclo di vita delle diverse tipologie di siti Web Performance Marketplace Performance Posizione attuale Portali verticali Tempo La caratteristica intrinseca dei prodotti in rete amplifica questa mancanza di confini e di linee di demarcazioni chiare ed esplicite: quello che oggi è un vortal domani può diventare un altro prodotto, ad esempio un marketplace. E i marketplace si evolveranno a loro volta in nuovi prodotti. È quindi opinabile affermare sia che le diverse tipologie di prodotti online siano connotati da cicli di vita separati, sia che piuttosto percorrano un unico ciclo di vita costituendo fasi diverse di un medesimo percorso evolutivo. Se però li consideriamo prodotti diversi, la rappresentazione delle curve del loro ciclo di vita risulta essere quella in figura 2.45. I portali orizzontali ricopriranno ruoli chiave nell’economia dell’attenzione di Internet perché direzionano un grande numero di utenti nei mercati cosiddetti winner-takes-all (letteralmente, «chi vince prende tutto»), ma il tasso di crescita delle loro performance (intesa come numero di accessi) sembra diminuire. In un futuro prossimo si evolveranno e nasceranno portali sempre più specializzati, i vortal. I vortal di maggior successo saranno quelli che giocheranno un ruolo chiave nel proprio settore, diventando marketplace per far incontrare domanda e offerta all’interno del settore e offrendo così servizi multipli alle industrie. Riteniamo di poter posizionare: • i portali orizzontali in procinto della loro fase di maturità, perché il loro numero è sostanzialmente stabile e il numero di accessi sta diminuendo il suo tasso di crescita; 170 MANAGEMENT MULTIMEDIALE • i vortal in una fase di transizione tra la fase di introduzione e la fase di sviluppo; • i marketplace nella fase di introduzione, ma destinati a entrare ben presto nella loro fase di sviluppo. Mentre i marketplace tendono a sostituire nel lungo periodo le transazioni commerciali B2B dei vortal, i portali generalisti continueranno ad assolvere la loro funzione attuale, pur modificando i servizi offerti. A questi prodotti si affiancheranno tutta una serie di nuovi strumenti oggi ancora agli albori quali i portali wireless, i servizi di Net Tv a larga banda e una serie di prodotti/servizi oggi non ancora disponibili in rete a causa della limitata ampiezza di banda. Si ritiene infatti che nel 2005 la Tv diventi lo strumento utilizzato dalla metà dei consumatori in Europa per navigare in Internet32. 32 «Chi non ha il Pc andrà in rete con i set-top-box», in Il Sole 24 ORE–New Economy, 13 settembre 2000, p. I. 6. Gestione della produzione La gestione prevalente delle fabbricazioni di prodotti multimediali (a prescindere dal supporto mediante il quale vengano successivamente veicolati) segue logiche gestionali tipiche della gestione per progetti (project management). L’assemblaggio delle fabbricazioni costituisce la prima vera fase di montaggio, ma viene qui considerato come l’output della gestione per progetti del processo di fabbricazione, di cui è stato pertanto convenzionalmente considerato ultima fase e parte integrante. Come è noto, il project management nasce nelle imprese operanti per commessa, come strumento in grado di controllare tempi e costi della commessa stessa. Il crescente numero di tecnologie costituenti i prodotti e i processi, l’incremento delle competenze richieste per poterle gestire, e il conseguente aumento del numero di attori coinvolti [Zeleny, 1986] hanno favorito l’introduzione di questo assieme di tecniche gestionali in un numero crescente di imprese operanti su previsione. La gestione prevalente delle serializzazioni di prodotti multimediali (a prescindere dalle fabbricazioni precedentemente effettuate) segue logiche gestionali tipiche della gestione per programmazione delle produzioni ripetitive. Occorre sottolineare che la produzione multimediale off-line è connotata da cicli di produzione fortemente disomogenei (si vedano i paragrafi 4.3.1, 4.3.2, 4.3.3) fra due grandi aree produttive: le fabbricazioni e la serializzazione. Riassumiamo di seguito le caratteristiche dei due diversi cicli di produzione, per evidenziarne la disomogeneità. Le fabbricazioni sono: 1) produzioni unitarie (altamente variabili); 2) per processo (contraddistinte da cambiamenti di natura); 3) eseguite in job shop (una serie di operazioni realizzate da un gruppo di 322 MANAGEMENT MULTIMEDIALE centri di lavoro composti da macchine, stazioni, gruppi di operatori); i flussi possono essere intrecciati (non è cioè da escludere la compresenza di differenti fabbricazioni, ognuna a un diverso stadio di avanzamento); 4) connotate da: • esigui volumi unitari da realizzare; • scarsissima ripetitività; • alto valore unitario dei pezzi; • livello di flessibilità molto alto. Le serializzazioni sono: 1) produzioni continue (costanti nel tempo); 2) hanno la natura di «montaggi» (giustapposizione di parti singole); 3) sono eseguite in linea (il semilavorato si trasferisce in successione da una stazione all’altra con cadenza prestabilita, eventualmente interrotta da buffer, fino all’assemblaggio finale dell’assieme in crescita); 4) sono connotate da: • alti volumi unitari da realizzare; • altissima ripetitività; • basso valore unitario dei pezzi; • livello di flessibilità molto basso. 6.1 Gestione per progetti delle fabbricazioni Secondo la definizione di De Maio et al. [1994] un progetto è un processo di innovazione caratterizzato da: 1) unicità dell’output e del processo; 2) finalizzazione chiara ed esplicita; 3) temporaneità pianificata; 4) multidisciplinarietà fortemente integrata. Nel settore multimediale, l’innovazione può avvenire in varie forme: dall’ingegnerizzazione di tecnologie, applicazioni e impianti, all’innovazione organizzativa e di prodotto. La realizzazione di ogni nuovo prodotto multimediale è innovativa almeno in relazione ai propri contenuti (anche in assenza di innovazioni tecnologiche e applicative): questo rende pertanto sempre possibile l’applicazione del project management come strumento gestionale. GESTIONE DELLA PRODUZIONE 323 Per unicità dell’output si intende l’originalità del prodotto (o almeno una parte di esso) rispetto a quanto fatto in precedenza. All’unicità dell’output corrisponde l’unicità del processo, al contrario dei processi produttivi caratterizzati da alta ripetitività e standardizzazione. Ad esempio: • la realizzazione di un Dvd-rom sulla Fiat Auto sarà un progetto distinto dalla realizzazione di un Dvd-rom sugli agriturismo associati a Confagricoltura, anche se il supporto, le tecnologie e le applicazioni fossero identici, poiché i contenuti e l’estetica di prodotto sarebbero inevitabilmente diversi; • la realizzazione di un master audiovisivo di un corso di marketing sarà un progetto distinto dalla realizzazione di un Cd-rom sullo stesso argomento, poiché ognuno dei due avrà caratteristiche peculiari e il processo produttivo sarà specifico. Il master audiovisivo farà uso di contributi audiovisivi (ed eventualmente di grafica), ma sarà progettato in funzione di una lettura sequenziale e continua. Il Cd-rom, invece, sarà progettato secondo una logica interattiva e discontinua e, a differenza del master audiovisivo, includerà moduli di programmazione e contributi testuali. La logica di progetto consente di mirare l’articolazione del prodotto in base alla specificità dei contenuti e dell’immagine, alle peculiarità tecniche del supporto, al target del prodotto e altri elementi specifici. Questo non significa che ciascun prodotto sia realizzato ex novo in tutte le sue parti: la trasposizione (carry over) di moduli già progettati e magari anche già fabbricati è sicuramente da perseguire, ma il loro inserimento nel prodotto deve essere verificato in base ai singoli obiettivi e vincoli del progetto. Questo introduce il concetto di finalizzazione chiara ed esplicita, che consiste nella definizione e diffusione degli obiettivi di progetto a tutti i membri del team. La condivisione degli obiettivi è la condizione essenziale (anche se non sufficiente) per ottenere che tutti gli elementi del team «remino nella stessa direzione e in maniera coordinata». Un progetto ha orizzonte temporale finito: la fabbricazione di un prodotto comunicazionale inizia nel momento in cui viene concepito e termina nel momento in cui viene rilasciato il master o il premaster pronto per essere serializzato in volumi elevati. Ad esempio, il gold disk e l’impaginato del booklet cartaceo per un Cd-rom. La conclusione del progetto deve essere programmata e rigorosamente controllata. La gestione per progetto è caratterizzata da multidisciplinarietà fortemente integrata. 324 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Nella produzione di comunicazione, la multidisciplinarietà integrata (autorale, artistica e tecnica) è sempre stata la condizione prima per la realizzazione dei prodotti. Questa peculiarità si è accentuata con lo sviluppo dei sistemi digitali, che rendono possibile l’integrazione all’interno dello stesso prodotto di contributi (testi, foto, audio, video, programmazione) tradizionalmente tipici di settori distinti dell’industria della comunicazione. 6.1.1 La gestione multiprogetto La comunicazione multimediale è connotata da una gestione continua e contemporanea di una quantità (più o meno) rilevante di progetti, che insistono sullo stesso pool di risorse limitate. Il livello di gestione multiprogetto implica la gestione delle interdipendenze tra i diversi progetti. In De Maio et al. [1994] si evidenzia che le interdipendenze tra progetti possono essere di due tipologie: 1) sulle risorse; 2) sui risultati. Le interdipendenze sulle risorse riguardano i progetti attuali che fanno uso di risorse (materiali, immateriali, di materie prime e di uomini) limitate e quindi da bilanciare nell’utilizzo dei vari progetti. Ad esempio, una Business Tv che debba realizzare riprese differenti per due progetti diversi e sia dotata di una sola unità di riprese esterne (quale un videovan, tre telecamere, cinque microfoni, un mixer audiovideo e dieci addetti) dovrà decidere se schedulare le attività in maniera che le riprese ricadano in giorni differenti oppure esternalizzare una delle due realizzazioni con consistente aggravio di costi. Le interdipendenze sui risultati riguardano non solo i progetti in corso, ma anche quelli passati e quelli futuri. Un esempio è la correlazione che intercorre tra la fabbricazione di un filmato destinato alla realizzazione di un master televisivo e un progetto futuro di un Dvd interattivo che includa le immagini dello stesso filmato. L’eventuale dismissione del progetto televisivo inciderà con problematiche più o meno rilevanti anche sul prodotto futuro. Il primo passo della gestione multiprogetto è l’analisi delle risorse critiche insufficienti per essere allocate a tutti i progetti (quantomeno contemporaneamente), combinata con l’analisi di come i risultati di ciascun progetto possano influenzare il raggiungimento degli obiettivi specifici di progetti successivi. Questo determina una correlazione «a cascata» tra progetti passati, presenti e futuri, in cui acquista particolare importanza la fase di apprendimento e di condivisione delle conoscenze. 325 GESTIONE DELLA PRODUZIONE Nella settore multimediale, la gestione multiprogetto avviene anche a livello di sistema produttivo, che deve essere in grado di processare tutti i progetti. Se l’impresa multimediale dovesse realizzare un prodotto per volta avrebbe un sistema produttivo che deve occuparsi della progettazione fabbricazione e montaggio di un solo prodotto. Questo tendenzialmente non si verifica perché: a) un solo progetto non è in grado di saturare la capacità produttiva del sistema; b) realizzare un progetto alla volta è tipico delle piccole imprese che vogliono restare piccole e piuttosto che dover gestire più progetti tendono a rifiutarli; c) realizzando un progetto alla volta si incrementa l’alea della sovrapposizione di progetti (dovuti all’allungamento dei tempi di consegna del progetto precedente) o dell’inattività (dovuta a ritardi di inizio attività del progetto successivo). Nella corrispondenza tipica dell’impresa multimediale, la gestione multiprogetto coincide in qualche modo con la gestione del sistema produttivo: n progetti ≥ 1 sistema produttivo Il livello sistema consente all’impresa di aggregare la gestione della produzione dei singoli progetti ottimizzandone le sinergie e gestendo al meglio anche i singoli progetti. Ipotizziamo di avere tre progetti che impattano sul reparto di fabbricazioni dei contributi filmati come segue: • progetto 1: filmato A, filmato B; • progetto 2: filmato C; • progetto 3: filmato D, filmato E, filmato F. La gestione della produzione dei filmati A e B non può avvenire a prescindere dai restanti filmati da produrre. La gestione di tempi, costi e qualità può avvenire secondo una logica di progetto, ma la gestione della produzione dei singoli contributi deve avvenire secondo una logica di aggregazione dei semilavorati da produrre (ad esempio, per sfruttare il concetto di lotto economico, si veda il paragrafo 4.5.1). In questa logica diviene rilevante il ruolo della programmazione aggregata della produzione. 326 MANAGEMENT MULTIMEDIALE L’obiettivo di tale fase è l’ottenimento del piano principale di produzione (detto anche Mps, master production schedule) per tutte le tipologie di semilavorati. L’obiettivo è basato su semilavorati perché: 1) il prodotto finito è gestito a livello di progetto che è un output complesso da scomporre in sottolivelli più semplici da gestire; 2) i progetti sono tutti diversi tra loro e non possono essere gestiti secondo una logica aggregata, a differenza dei loro componenti, che presentano delle similarità. Il dettaglio dell’Mps può essere mensile, quindicinale o settimanale con un orizzonte temporale di riferimento variabile tra i 6 e i 18 mesi a seconda della lunghezza media dei progetti. Formulare un piano principale di produzione significa in pratica compilare una tabella simile a quella mostrata in tabella 6.1 avente: a) tante righe quanti sono i periodi dell’orizzonte temporale di pianificazione; b) tante colonne quante sono le famiglie di semilavorati. Ad esempio, potremmo definire i seguenti semilavorati (paragrafo 5.2) come contributi: • • • • • • filmati; audio; grafici; testuali; fotografici; di programmazione. All’interno delle singole caselle non ci saranno esclusivamente numeri a indicare le quantità da produrre, ma anche riferimenti al progetto per il quale deve essere realizzato il semilavorato e altre indicazioni di dettaglio. Nella tabella si ipotizza la presenza di tre dati: 1) il codice di riferimento. All’interno del codice, con un sistema di lettere e numeri è possibile definire le sottocaratteristiche del semilavorato. Ad esempio, nei semilavorati grafici si potrebbe inserire all’interno del codice di riferimento una sigla di specifica della tipologia di semilavorato quale Ill per le illustrazioni, S2D per la grafica statica bidimensionale e così via. Il codice deve essere chiaro, semplice e univoco, tale da rendere praticamente nullo il tempo speso per tradurlo in informazioni articolate; 327 GESTIONE DELLA PRODUZIONE Tabella 6.1 Master production schedule Semilav. Periodo 1 Filmati Cod, Q, Pjt ………… ………… Grafica Foto Cod, Q, Pjt Cod, Q, Pjt ………… ………… ………… ………… Audio Cod, Q, Pjt ………… ………… Testi Programm. Cod, Q, Pjt Cod, Q, Pjt ………… ………… ………… ………… 2 3 4 5 6 2) la quantità. L’unità di misura varia da semilavorato a semilavorato. Ad esempio: i filmati saranno misurati in minuti, la grafica statica andrà scomposta nelle diverse tipologie (schemi, tabelle ecc.), le illustrazioni saranno misurate in unità associate al formato del foglio (A3, A4 ecc.), la grafica animata in relazione ai secondi di animazione, l’audio in minuti, le foto in unità, il testo in righe di formato standard; 3) il progetto. È il progetto di riferimento. Questo dato è importante per avere le coordinate del semilavorato. Nella formulazione del Mps è necessario conciliare le molteplici esigenze dei diversi progetti (e non il singolo progetto) combinandole con le esigenze delle diverse funzioni aziendali. L’obiettivo della programmazione aggregata è quindi la formulazione del piano di produzione più conveniente, che consenta di soddisfare la domanda di semilavorati da parte dei singoli progetti minimizzando i costi nel rispetto dei vincoli imposti. I vincoli imposti sono così riassumibili: a) relativi alla capacità produttiva interna; b) relativi alle subforniture; c) specifici di progetto. Possiamo comparare il Mps a un Gantt delle attività di tutti i progetti (e quindi del sistema), che deve considerare non solo le interdipendenze tra le attività del progetto (i vincoli specifici), ma anche i vincoli di risorse del sistema. 328 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Proprio poiché le risorse sono limitate, ed è necessario allocarle ai vari progetti, è necessario definire una gradualità interna di importanza dei progetti. La classificazione di importanza può anche variare continuamente, ma la sua definizione consente di individuare in ogni momento le precedenze più opportune. Tale ordine di priorità può essere definito in funzione dei più svariati parametri a seconda delle esigenze, ad esempio: • • • • il livello qualitativo dei progetti; la data di consegna; l’importanza rispetto ai progetti futuri; una media ponderata delle diverse esigenze. 6.1.2 Struttura di progetto Il miglior modo per gestire un progetto è organizzarlo in una struttura gerarchica, composta dalle attività necessarie per realizzare l’output. A questo scopo, è necessario scomporre il progetto complessivo in sottoprogetti semplici, articolati tra loro in relazione alle interdipendenze. I sottoprogetti saranno a loro volta suddivisi in fasi e attività fino al massimo livello di scomposizione ragionevole. Tanto più il processo è noto e costante tra i vari progetti, tanto più si può fare riferimento a strutture gerarchiche di progetto consolidate. A questo proposito sono state definite le famiglie di prodotti con lo scopo di identificare strutture di progetto per quanto possibili simili tra loro. Le attività così identificate devono essere raggruppate in gruppi di attività (work package) che consentano una gestione integrata più efficace. La gestione e controllo dei work package consente infatti un’efficacia superiore rispetto alla gestione e controllo delle singole attività. La strutturazione delle attività in work package è comunemente chiamata work breakdown structure (Wbs). La Wbs è uno schema bidimensionale che rappresenta la disaggregazione del progetto in sottoprogetti (figura 6.1). È organizzato in forma di albero rovesciato che identifica alla radice il prodotto di riferimento e si dirama gerarchicamente in livelli sempre più analitici, orientati a definire le attività che concorrono alla realizzazione del prodotto. È in sostanza la distinta base del progetto, costruita per attività (fase, sottofase, attività) invece che per elementi (assiemi, componenti e materie prime). 329 GESTIONE DELLA PRODUZIONE Figura 6.1 Work breakdown structure Prodotto finito Sottoprogetto Wp Wp La scomposizione del progetto in work package consente di definire, per ciascun gruppo di attività: 1) chi si ne occuperà; 2) chi è responsabile degli output; 3) quale sarà la durata; 4) quali e quante risorse saranno utilizzate. La work breakdown structure costituisce la base per la pianificazione di dettaglio del progetto e consente di definire: 1) l’organizzazione delle competenze (organization breakdown structure); 2) la schedulazione delle attività in funzione delle interdipendenze e il calcolo della durata complessiva del progetto (diagramma di Gantt); 3) le risorse complessive richieste dal progetto. La organization breakdown structure («Obs») rappresenta l’articolazione gerarchica delle unità organizzative (interne ed esterne all’impresa) con responsabilità esecutive sul progetto. Incrociando la Obs con la Wbs (figura 6.2), si deve poter verificare che ciascun work package sia stato assegnato a un terzista o a un reparto della struttura fissa aziendale (la capacità produttiva a disposizione di tutti i progetti, non quella attivata per il singolo progetto): se ciò non si verifica, vuol dire che le attività non sono state interamente assegnate (e pertanto non verranno effettuate). 330 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Figura 6.2 Incrocio tra Wbs e Obs Obs Wbs Ad esempio, potrebbe esserci un work package all’interno della Wbs • di un portale di economia e management: definito come «aggiornamento finanza», le cui attività siano assegnate alla redazione finanziaria e/o esternalizzate a una società di consulenza finanziaria; • di un Dvd: definito come «Realizzazione animazioni 3D flussi finanziari 2000», le cui attività siano assegnate al reparto grafico e/o esternalizzate ad animatori free lance. Uno strumento di base per schedulare le varie attività identificate dalla Wbs è costituito dai diagrammi di Gantt. Nei diagrammi di Gantt le attività del progetto vengono identificate con barre di lunghezza pari alla loro durata e disposte lungo l’asse dei tempi (in orizzontale). Il diagramma di Gantt è sia uno strumento di schedulazione (scheduling), sia di controllo di esecuzione delle attività: consente infatti in ogni istante di confrontare gli scostamenti dell’esecuzione dalla pianificazione. Come tutti gli strumenti gestionali, il diagramma di Gantt presenta pregi e difetti [Caron, 1997]. 331 GESTIONE DELLA PRODUZIONE Figura 6.4 Esempio di diagramma di Gantt DD CC BB AA 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 I pregi principali sono: a) l’immediatezza grafica; b) la possibilità di valutare il carico di lavoro richiesto dal complesso delle attività; c) la facilità di aggiornamento; d) la facilità di verifica degli scostamenti. I limiti principali consistono nell’essere: a) adatto per progetti caratterizzati da un limitato numero di attività o alto livello di aggregazione; b) privo di evidenza delle relazioni di interdipendenza tra le attività. Le interdipendenze tra le attività sono un’informazione indispensabile per poter prevedere gli effetti di eventuali ritardi nelle singole attività sulla data di completamento del progetto: consentono infatti di definire come si articolano e collegano tra di loro le attività e quali sono i punti di snodo. Tali interdipendenze possono essere: 1) sequenziali: un’attività parte quando la precedente si è conclusa; 2) parallele: due attività possono partire contemporaneamente quando finisce una determinata attività che le precede; 3) a confluenza: un’attività può partire quando più attività a valle sono terminate; 4) a rilascio graduale: un’attività può partire quando quella precedente è giunta a un certo grado minimo di avanzamento; 5) sovrapposte: due attività procedono parallelamente influenzandosi a vicenda. 332 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Come esempio di interdipendenze si possono citare: a) le attività di fotoritocco di una fotografia e quella di scansione della stessa sono due attività interdipendenti, perché il fotoritocco può iniziare solo quando l’immagine è stata scansita (interdipendenza sequenziale); b) le riprese audio e video partono contemporaneamente quando è terminata la preparazione del set di ripresa (cablaggi, scene, posizionamento camere e microfoni, illuminazione ecc.), da cui sono entrambe dipendenti (interdipendenza parallela); c) il montaggio in differita del video e dell’audio (musiche, voice over) di un prodotto audiovisivo può iniziare solo quando i due semilavorati sono stati realizzati (interdipendenza a confluenza); d) le attività di fabbricazione dei diversi contributi che costituiscono un Cd-rom e la loro integrazione sono attività interdipendenti perché i contributi vengono integrati man mano che risultano disponibili (interdipendenza a rilascio graduale); e) la regia video e tecnica delle fabbricazioni audiovideo per masterizzazione in tempo reale procedono parallelamente e influenzandosi a vicenda perché la regia video seleziona le riprese (influenzando gli interventi tecnici sul parco camere e sull’illuminazione) e la regia tecnica segnala i condizionamenti tecnici alle scelte di ripresa evidenziati dalle apparecchiature di controllo (pre-view, vettorscopi, oscilloscopi ecc.), influenzando le selezioni (interdipendenza sovrapposta). Una maggiore enfasi sui rapporti di interdipendenza necessita di tecniche più evolute, ad esempio Pert (Project evaluation and review technique) o Cpm (Critical path method), che consentano di: • esplicitare le relazioni che intercorrono tra le attività; • calcolare come la modifica di un’attività influenzi le altre e di conseguenza l’intero progetto; • calcolarne le modifiche conseguenti di tempi e costi. 6.1.3 Budget di progetto Il budget di progetto equivale al budget operativo di un’unità organizzativa, solo che, invece di essere su base annuale ricorrente, copre tutto il progetto sino al suo completamento [Archibald, 1985]. Il budget di progetto viene fissato durante la fase iniziale del progetto sebbene in maniera approssimativa. Man mano che la Wbs viene esplosa GESTIONE DELLA PRODUZIONE 333 a livelli sempre superiori di dettaglio il budget può essere definito con precisione crescente. Il budget del progetto complessivo deve poi essere allocato a livelli inferiori, alle diverse unità (centri di costo). L’articolazione del budget in centri di costo (cost accounts) corrispondenti con i Wp evidenziati in figura 6.4 permette di raccogliere le risorse monetarie nelle tre fasi fondamentali della produzione di un prodotto multimediale ovvero: la progettazione, la produzione e gli approvvigionamenti. Il passaggio dai Wp ai centri di costo non è però sempre immediato. Infatti il raggruppamento delle attività in gruppi di livello superiore deve seguire la logica dell’efficiente controllo operativo. Dal punto di vista dei costi, la creazione di cost account deve invece mirare a un facile controllo degli stessi e degli scostamenti che si generano al fine di valutare le scelte prese, i loro effetti e gli avanzamenti. I costi associati ai Wp degli approvvigionamenti sono rilevati in unione con i Wp di fabbricazione. I cost account risultano quindi essere: 1) la progettazione; 2) le fabbricazioni dei contributi: • filmati, • grafici, • sonori, • testuali, • fotografici; 3) la programmazione; 4) il montaggio; 5) i collaudi. I Wp approvvigionamento risorse umane, contributi e attrezzature è utile considerarli all’interno dei cost accounts ai quali fanno riferimento. Ad esempio: • il costo delle attrezzature per la realizzazione dei filmati verrà considerato all’interno delle fabbricazioni filmati; • il costo delle risorse necessarie alla progettazione (ad esempio, l’art director) verrà conteggiato all’interno del cost account «progettazione». La figura mostra come i costi relativi agli approvvigionamenti vengano inseriti nei Wp di fabbricazione al fine di permettere un controllo più efficiente dal punto di vista degli scostamenti produttivi. 334 MANAGEMENT MULTIMEDIALE La possibilità di riorganizzare i costi in relazione ai tre macrogruppi di attività (precedentemente identificati in: progettazione, produzione, approvvigionamenti) è comunque fondamentale per capire l’incidenza delle tre fasi all’interno del costo totale. Un elevato valore del rapporto tra costo degli approvvigionamenti e costo di produzione sta infatti a indicare il grado di integrazione del sistema. Facendo riferimento a quanto esposto in Caron [1997] possiamo inoltre suddividere i costi di progetto in: 1) costi esterni: • specifici, • non specifici; 2) costi interni: • diretti, • indiretti. I costi esterni sono i costi che non dipendono dalla struttura aziendale: • quelli specifici sono attribuibili all’impiego di fattori produttivi acquistati appositamente per il prodotto. Possiamo citare la fornitura di moFigura 6.4 Esempio di suddivisione dei costi di approvvigionamento ai vari Wp di fabbricazione Approvvigionamenti Approvv. risorse umane Contributi filmati Contributi grafici Approvv. contributi Contributi fotografici Approvv. attrezzature Contributi testuali Contributi sonori Programmazione software GESTIONE DELLA PRODUZIONE 335 duli o contributi come filmati, foto ecc.; il costo dei diritti; le risorse umane impiegate direttamente per il prodotto quali, ad esempio, i componenti di una troupe audiovisiva; • quelli non specifici sono quelli relativi ai beni gestiti a stock. Questi costi sono limitati in una produzione multimediale, possiamo però citare i supporti quali i Cd e i Dvd vergini. I costi interni sono i costi che fanno riferimento alla struttura aziendale e a tutti i suoi elementi: • quelli diretti corrispondono ai costi direttamente attribuibili al progetto in riferimento in base a parametri oggettivi (ad esempio, ore uomo, ore macchine) e comprendono: costi di manodopera diretta, progettisti, energia, ammortamento beni strumentali, manutenzione ecc.; • quelli indiretti sono tutti quei costi che non è possibile attribuire al progetto se non in relazione a parametri convenzionali. Tra questi è possibile annoverare i costi della manodopera indiretta, i costi contabili, le spese generali ecc. Dal punto di vista produttivo i costi che risultano rilevanti sono quelli direttamente controllabili dal programmatore della gestione, mentre i costi fissi non sono ritenuti rilevanti ai fini della bontà del progetto poiché non sono controllabili dal project manager. Sono invece costi rilevanti quelli esterni e quelli interni diretti, ovvero tutti quei costi che il project manager può influenzare in relazione alla realizzazione dell’output (il prodotto). 6.1.4 Work breakdown structure di un Dvd-rom La Wbs di un Dvd-rom (si veda la figura 6.5) può essere costruita in maniera standard per tutte le tipologie di titoli (standard breakdown structure); sarà poi scomposta ulteriormente a livelli inferiori dopo la definizione del singolo progetto. L’output del progetto è il gold disk: il prodotto testato e corretto, pronto per la successiva fase di serializzazione. Al primo livello abbiamo tre macrogruppi funzionali: 1) la progettazione; 2) la produzione; 3) gli approvvigionamenti. A differenza di quanto avviene nella distinta base, nella Wbs entrano anche le fasi di progettazione e approvvigionamenti poiché sono attività funzionali alla realizzazione del prodotto. 336 MANAGEMENT MULTIMEDIALE La progettazione (come illustrato nel capitolo 3) del prodotto viene separata in tre blocchi di attività: 1) la progettazione editoriale (concettuale); 2) la progettazione organica (di base); 3) la progettazione dei componenti (di dettaglio). La progettazione editoriale consiste nella preparazione del concept del prodotto, dei contenuti, dell’immagine. La progettazione organica definisce l’articolazione dei contenuti, i percorsi di navigazione, il progetto grafico (look and feel). la progettazione dei componenti definisce e progetta tutti i singoli componenti da inserire nel prodotto per comunicare i contenuti, quali i filmati, le musiche, le animazioni grafiche ecc. Il blocco di produzione è costituito da tre blocchi di attività: 1) fabbricazioni; 2) integrazione; 3) collaudi. Le fabbricazioni si articolano in sei moduli: • • • • • • contributi filmati; contributi grafici; contributi fotografici; contributi testuali; contributi sonori; motore software. La personalizzazione della Wbs in riferimento a un progetto specifico può portare all’eliminazione di uno o più moduli di contributi non presenti nel prodotto di riferimento. Ad esempio: • nei Cd-rom di prima generazione il modulo di attività fabbricazioni contributi filmati era assente a causa dell’allora limitata capacità di memoria del Cd; • in un ipotetico progetto specifico di Dvd per il quale non si faccia uso di contributi fotografici, il relativo modulo sarà eliminato dal blocco di fabbricazione. Contributi filmati Progetto editoriale Progetto di base Contributi grafici Progetto organico Progettazione Figura 6.5 Wbs di un Dvd Contributi fotografici Progetto componenti Fabbricazioni Contributi testuali Integrazione Produzione Gold disk Contributi sonori Approvv. risorse umane Collaudi Motore software Approvv. contributi Approvvigionamenti Approvv. attrezzature GESTIONE DELLA PRODUZIONE 337 338 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Il blocco approvvigionamenti raggruppa tutte le attività necessarie al reperimento e all’acquisizione di: 1) risorse umane (che non siano già parte dell’impresa); 2) contributi d’acquisto; 3) attrezzature (che non siano già presenti all’interno del sistema produttivo). I tre moduli di attività saranno poi scomposti in relazione al progetto specifico, ad esempio: a) l’approvvigionamento di risorse umane può riguardare la ricerca di free lance (autori, redattori, registi, fotografi, cameraman ecc.) specificamente versati per il prodotto di riferimento e che non facciano parte dell’azienda; b) l’approvvigionamento dei materiali può riguardare tutti i tipi di contributi (filmati, fotografici, sonori ecc) da database di agenzie specializzate; c) l’approvvigionamento di attrezzature può riguardare tutte le attrezzature (telecamere, microfoni, macchine fotografiche ecc.) necessarie per la produzione (noleggiate per un determinato periodo o acquistate). Le indicazioni fornite da questo blocco di attività devono essere incrociate con le informazioni che derivano dalla distinta base. Relazionandosi alla Wbs di progetto è possibile realizzare la schedulazione delle attività mediante diagramma di Gantt e generare un piano principale di progetto (Overall master plan, figura 6.6). Nell’Overall master plan (Omp) è possibile identificare le fasi del progetto, le sovrapposizioni e l’istante di chiusura con rilascio dell’output. Il piano di progetto può essere realizzato a diversi livelli di dettaglio: più il dettaglio aumenta, più ci si avvicina a una programmazione operativa delle attività. Nella figura 6.7 le fasi sono state suddivise in sottofasi schedulate a loro volta. Si possono rilevare tre peculiarità: a) il tempo globale necessario per realizzare le sottofasi è uguale a quello necessario per la fase; b) le sottofasi non impiegano lo stesso tempo della fase di livello superiore; c) si configura una parziale sovrapposizione delle sottofasi. Già a questo livello di disaggregazione iniziano infatti a verificarsi problemi di evidenziazione delle relazioni tra le sottofasi. Ad esempio: il piano editoriale ha una relazione a rilascio graduale con la progettazione di dettaglio, mentre gli approvvigionamenti avvengono parallelamente tra loro. 339 GESTIONE DELLA PRODUZIONE Figura 6.6 Piano principale di progetto Progettazione Approvvigionamenti Produzione Tempo Figura 6.7 Schedulazione delle attività P. Editoriale P. di dettaglio A. risorse umane A. contributi A. attrezzature Fabbricazioni Integrazioni Collaudi Tempo Ulteriori scomposizioni a livello di dettaglio superiore richiedono generalmente l’utilizzo di tecniche reticolari per evidenziare le relazioni tra le attività e come queste si influenzino. Procedendo ulteriormente con la scomposizione della Wbs è possibile utilizzare un’altra forma di rappresentazione (simile alla distinta base scalare) in cui a ogni blocco corrispondono attività: Progetto editoriale Ideazione Analisi dei contenuti Indice analitico Flow chart descrittivo Progetto organico Flow chart 340 Progettazione interfaccia (story board grafico) Story board tecnico Progetto componenti Progettazione grafica Sceneggiatura audiovideo Progettazione sonoro Strutturazione testi Definizione foto Fabbricazioni Contributi filmati – programmazione – realizzazione filmati – editing audio-video Contributi grafici – scansione contributi analogici – realizzazione illustrazioni – fotoritocco – realizzazione grafica statica 2/3D – realizzazione grafica animata 2/3D Contributi fotografici – programmazione – realizzazione – scansione foto analogiche Contributi testuali – elaborazione e digitazione testi Contributi sonori – realizzazione musiche – realizzazione speakeraggio Motore software – programmazione prodotto – programmazione funzioni particolari Integrazione Collaudi Test Debugging – debugging informatico – debugging contributi Approvvigionamenti Approvvigionamenti risorse umane – ricerca musicisti – ricerca redattori MANAGEMENT MULTIMEDIALE GESTIONE DELLA PRODUZIONE 341 ricerca animatori … Approvvigionamenti contributi – ricerca fonti per testi – ricerca iconografica – ricerca musiche ed effetti sonori – ricerca fonti audiovideo … Approvvigionamenti attrezzature – supporti di vario genere – telecamere, microfoni, luci ecc. – attrezzature per lavorazioni particolari. Una suddivisione ulteriore potrebbe portare a una disaggregazione eccessiva con conseguenti problemi di gestione e controllo. Le attività evidenziate devono essere associate a reparti che le portino a termine nei tempi previsti e ne detengano la responsabilità. L’abbinamento attività/reparto dipende dall’organizzazione aziendale e non può prescindere dalla possibilità di allocare attività a risorse esterne. Ad esempio i musicisti (compositori, arrangiatori ed esecutori) possono essere dei collaboratori esterni che vengono «approvvigionati» e allocati all’attività realizzazione musiche. 6.1.5 Work breakdown structure di un sito Web L’output della Wbs di un sito Web è costituito dall’insieme dei documenti che compongono il sito stesso resi accessibili su un Web server collegato alla rete (Internet o una rete Intranet). Come per il Dvd (paragrafo precedente), i tre macrogruppi funzionali di cui è composta la Wbs sono progettazione, produzione e approvvigionamenti (figura 6.8). La progettazione si compone di: 1) progettazione editoriale (concettuale); 2) progettazione di base; 3) progettazione di sistema. La progettazione editoriale si occupa del posizionamento strategico del sito. Nel caso di un sito Web o portale di commercio elettronico, rientra in questa prima fase anche la definizione del marketing mix utilizzando, per esempio, il modello delle 4 P: Posto, Prodotto, Prezzo e Promozione. 342 MANAGEMENT MULTIMEDIALE • Posto: definizione del canale distributivo. • Prodotto: nel caso di e-commerce è importante che per ogni tipo di prodotto sia offerta un’ampia gamma (fino al limite estremo di prodotto personalizzato) corredata da una buona dose di servizi aggiuntivi. • Prezzo: definizione dei prezzi che devono essere il più possibile personalizzabili. • Promozione: è una delle variabili più importanti, dopo il canale di distribuzione, poiché un servizio di e-commerce non può avere successo se la sua esistenza non viene comunicata al mercato target, anche attraverso mezzi diversi dal sito stesso. La progettazione di base definisce gli input per la progettazione di dettaglio che produce a sua volta la descrizione dettagliata delle caratteristiche dell’architettura del sito e dei singoli componenti (le «pagine» Html). In questo tipo di progettazione si andranno a valutare i seguenti parametri: • interfaccia Web, intesa come design e sistema di navigazione. Per design si intende sia l’architettura (struttura delle pagine Web e organizazzione delle informazioni contenute nel sito), che la grafica (immagini, animazioni, testi, layout). Per sistema di navigazione si intende lo spostamento tra e nelle pagine e la ricerca di informazioni; • contenuti informativi, che possono essere sia commerciali sia di background. Se il sito è di e-commerce si devono anche valutare le variabili seguenti: • gestione della transazione, intesa come forma di ordinazione (modalità e percorso di navigazione attraverso il quale il cliente seleziona prodotti/servizi e invia l’ordine dopo aver fornito i propri dati) e pagamento (modalità resa disponibile sul sito Web per pagare prodotti/servizi acquistati); • servizi di pre/post vendita. Internet è un mezzo «efficace» ed «efficiente» per offrire i propri servizi di pre/post vendita tradizionali e aumentare il valore della propria offerta attraverso servizi nuovi e interattivi come i virtual community service. L’output di questa fase è costituito da: 1) architettura del sito; 2) modalità di navigazione all’interno del sito (globale e locale); 3) funzionalità; 4) contenuti. GESTIONE DELLA PRODUZIONE 343 La progettazione di sistema definisce l’insieme delle tecnologie utilizzate all’interno del sito Web, sui versanti del sistema: 1) server. Quali tecnologie server (e come) possono essere impiegate dai programmatori per lo sviluppo del sito in modo che la produzione sia coerente con le risorse tecnologiche disponibili e le strategie dell’impresa; 2) client. Quali requisiti (hardware e software) sono necessari per un’efficiente consultazione del sito Web (vengono formulate alla produzione indicazioni precise per un output che sia realmente fruibile dagli utenti di riferimento). L’output della produzione è fortemente dinamico, suscettibile di modifiche e ampliamenti continui. Il blocco di produzione è costituito da tre blocchi di attività: 1) fabbricazioni; 2) prototipazione e collaudi; 3) Web hosting. La prevalenza delle fabbricazioni (sebbene effettuate con finalità e strumenti diversi) sono assimilabili a quelle dei prodotti off-line. Obiettivi principali della fase di prototipazione e collaudo sono le verifiche che: a) utilizzando una versione ridotta e provvisoria del sito (prototipo) sia possibile accedere alle funzionalità richieste dalla progettazione; b) il layout e l’aspetto del sito corrispondano a quanto richiesto dai committenti. Il Web hosting consiste nell’ospitare un sito Web all’interno di un server e renderlo di fatto accessibile agli utenti, a questo scopo è necessario: 1) caricare i file sul server e organizzarli in opportune directory o database; 2) monitorare costantemente il funzionamento del server e il «traffico» generato dal sito. Dal monitoraggio del traffico è possibile desumere importanti informazioni: • per la pianificazione delle risorse da dedicare al sito (ad esempio, il numero di accessi per unità di tempo e la durata dei collegamenti); • per il marketing (ad esempio, informazioni riguardanti gli utenti che si collegano). La fase di approvvigionamento è del tutto analoga a quella relativa ai prodotti multimediali off-line. 7. Organizzazione 7.1 I ruoli e le competenze La multimedialità ha originato figure professionali nuove e mutato molte di quelle preesistenti, nascono nuovi ruoli1 e nuove competenze: creative, tecniche e gestionali. È un fenomeno tuttora in corso perché il settore continua a crescere, variegarsi ed evolversi, sotto la spinta dell’integrazione tra media, informatica e telecomunicazioni. Soprattutto da questi tre settori provengono le risorse umane già abbastanza fornite delle necessarie competenze, ma anche le università e i centri di ricerca stanno svolgendo un ruolo non marginale nella formazione di nuove competenze sul versante creativo e della comunicazione, economico-gestionale, informatico e tecnologico. Il mondo universitario ha già dedicato nuovi spazi alle nuove professioni: dalle facoltà (quali «scienze della comunicazione») ai corsi di laurea, ad esempio in «design industriale – indirizzo comunicazione» o in «ingegneria informatica – indirizzo comunicazione» o in «ingegneria della comunicazione» (in corso di costituzione). Molti sono anche i master specialistici post-universitari e le iniziative di corsi regionali, comunali e di istituti privati. Resta ancora aperta, però, in Italia, la sfida di una formazione universitaria realmente interdisciplinare e credibilmente qualificante per i ruoli direttivi del mondo del lavoro. A oggi, sono prevalentemente le imprese che si sono assunte il compito di formare nuove professionalità, sotto la spinta incalzante delle esigenze indotte dalla new economy. Il settore multimediale e, più in generale, la new economy non hanno solo generato la domanda di nuove figure professionali, hanno anche modificato le modalità e l’ambiente di lavoro. 1 Per una trattazione più approfondita dei ruoli e delle competenze del settore, vedi Campodall’Orto S., Circià R., Ghiglione B., Le nuove figure professionali nel settore del multimediale, Edizioni Il Sole 24 ORE, 1999, a cui viene fatto frequente riferimento in questo capitolo. 402 MANAGEMENT MULTIMEDIALE • verificare costantemente l’efficacia dei messaggi veicolati; • gestire la comunicazione con gli utenti del Web; • alimentare il processo di fidelizzazione all’azienda, ai suoi prodotti e ai suoi servizi. Possiede competenze di: • • • • • • marketing tradizionale e on-line; pubblicità; comunicazione multimediale e ipertestualità; tecniche di budgeting e reporting; realizzazione di flow chart e di story board; analisi statistiche e media planning. Web watcher Il Web watcher ricerca in Internet testi, dati e informazioni, immagini, grafica, suoni, e altro che possa risultare utili agli altri operatori dell’impresa per la realizzazione di prodotti/servizi multimediali. Il Web watcher ha una formazione tecnica, buona valutazione critica sull’idoneità delle informazioni reperite e capacità di relazionarle, lavorando per obiettivi. Possiede competenze di utilizzo dei browser e tecniche di navigazione su Internet. 7.3 Organizzazione dell’impresa multimediale L’impresa multimediale è organizzata per reparti, cioè raggruppamenti per omogeneità tecnologica di competenze e macchine. Le figure professionali dell’area comunicazione e dell’area tecnologia sono raggruppate nei reparti evidenziati in tabella 7.1, mentre il raggruppamento dell’area gestione è fortemente dipendente dalla struttura aziendale. Tabella 7.1 I reparti dell’area tecnologia e comunicazione Reparti Reparto fabbricazioni fotografiche Reparto fabbricazioni filmati Reparto fabbricazioni audio Reparto fabbricazione testi5 Reparto fabbricazioni grafiche Reparto informatico (fabbricazioni e montaggio) 5 Detto anche reparto redazionale. Output Fotografie Filmati Sonoro Testi Grafiche F: motore software e applicativi M: integrazione ORGANIZZAZIONE 403 Il reparto progettazione è peculiare perché i reparti dell’area comunicazione e dell’area tecnologia includono generalmente sia le figure progettuali, sia quelle produttive. La linea di demarcazione fra la progettazione (in particolar modo la progettazione di dettaglio e di sistema) e la realizzazione è frequentemente molto labile, ad esempio: l’animatore 3D progetta e realizza l’animazione, l’art director nel progettare l’interfaccia ne realizza almeno una parte (a volte consistente). Il reparto progettazione dell’impresa multimediale è pertanto un «reparto trasversale» e prevalentemente virtuale, poiché insiste su risorse umane collocate altrove, nei singoli reparti produttivi o persino fuori dall’impresa (se si utilizzano free lance). Il reparto di progettazione è organizzato per «linee di progettazione», i reparti di produzione sono organizzati per «team di produzione» (detti anche crew). L’insieme della linea di progettazione e del team di produzione costituisce il «team di progetto». Il team di progetto è trasversale ai reparti: la struttura che consente di considerare entrambi i livelli è quella a matrice tipica delle organizzazioni che lavorano per progetti complessi. Mintzberg afferma che la struttura a matrice rinuncia al principio dell’unità del comando, ma questo non è un elemento critico per una organizzazione dove il potere decisionale deve essere diffuso fra manager e non-manager in relazione alla natura delle diverse decisioni che debbono essere assunte. Se si analizzano i fattori situazionali o contingenti [Mintzberg, 1985] nei quali i sistemi di produzione multimediale dovrebbero operare, possiamo osservare che: • si tratterà sempre di nuove realtà, siano esse nuove imprese o nuove divisioni di imprese già esistenti, nuove a causa della giovinezza del settore; • le dimensioni di questi sistemi sono nella prevalenza dei casi limitate; • La tecnologia6 utilizzata è quella digitale, riferita anche ai diversi media presenti; • l’ambiente esterno a cui sono destinati tali sistemi è dinamico e in continuo cambiamento a causa del frenetico sviluppo sia tecnologico, sia di crescita del mercato e dell’utenza; • l’ambiente interno è complesso: vi si confrontano e integrano ruoli e figure professionali estremamente diversi sia per quanto riguarda il background formativo sia per quanto riguarda le mansioni operative. 6 È intesa qui nell’accezione di Mintzberg, ovvero come insieme degli strumenti e mezzi utilizzati dal nucleo operativo per trasformare gli input in output e che è indicata anche con il nome di sistema tecnico dell’azienda. 404 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Si può affermare che l’organizzazione più appropriata sia quella in cui gli esperti sono raggruppati in unità funzionali (i reparti) per motivi di gestione di sistema, ma poi utilizzati in gruppi di progetto («adhocrazia operativa»). L’impossibilità di ricorrere a qualche tipo di standardizzazione a causa dell’elevata creatività che deve permeare tutti i livelli aziendali e l’elevata enfasi su meccanismi di collegamento quali l’adattamento reciproco fa sì che si sviluppino processi informativi e decisionali flessibili e informali. Mentre la suddivisione in reparti consente di gestire la produzione a livello di sistema, la creazione di team di progetto consente di coordinare la produzione a livello di prodotto e di considerare gli elementi di unicità da un punto di vista sia gestionale sia produttivo. I team di progetto servono a integrare le funzioni. 7.3.1 Organizzazione per linee della progettazione Il reparto di progettazione è organizzato per linee di progettazione, che costituiscono parte integrante (insieme ai team di produzione) dei team di progetto. Esiste una varietà di possibili scelte di strutturazione interna del reparto di progettazione, che dipendono dalla specifica realtà aziendale e dagli obiettivi prioritari. Le linee di progettazione costituiscono il nucleo organizzativo del reparto di progettazione e possono essere: 1) a struttura temporanea (dette anche task force); 2) a struttura fissa (dette anche «per fasi»); 3) a struttura mista (dette anche «a matrice»). Le linee a struttura temporanea sono dedicate, quelle a struttura fissa sono per fasi, quelle a struttura mista sono classificabili in relazione all’articolazione: • per contenuti; • per tecnologie. TASK FORCE Le task force sono linee a struttura temporanea «dedicate». Vengono così definite perché nascono insieme al progetto e vengono disaggregate al termine dell’industrializzazione; includono risorse umane provenienti dai diversi settori dell’impresa. Le persone sono temporaneamente «assegnate» al progetto e sono responsabili di arricchire la linea con le proprie competenze specifiche È una tipologia di struttura connotata da un elevato potenziale di coinvolgimento, appartenenza e dedizione: frequentemente il progetto gestito ORGANIZZAZIONE 405 dalla task force assume la connotazione di una sfida (team challenge) caratterizzata da un alto livello di immedesimazione negli obiettivi e di appartenenza alla squadra. A fronte di questo vantaggio, esiste un maggior rischio di conflitti o incomprensioni dovuti sia alla provenienza eterogenea dei componenti, sia all’eventuale competitività interna. Al responsabile della linea di progettazione compete lo scioglimento delle eventuali aree di conflittualità e una equilibrata gestione del gruppo. Rispetto a una struttura stabile, questa linea di progettazione è connotata da: • grande agilità (perché le risorse umane sono assegnate solo temporaneamente); • alta capitalizzazione della curva di esperienza (perché le risorse umane rientrano successivamente all’interno dei propri reparti, arricchiti dall’esperienza e dallo scambio di competenze con gli altri componenti del team); • motivazione superiore alla media (perché la temporaneità di assegnazione e il perseguimento di un obiettivo unico agevolano la responsabilizzazione e la concentrazione); • migliore mira sugli obiettivi e i vincoli del progetto (perché le risorse umane coinvolte contribuiscono al team con le proprie competenze ed esperienze consolidate nei singoli reparti di appartenenza). Lo svantaggio principale consiste nella necessità di sottrarre (prima) e reinserire (poi) risorse umane di talento e competenza nella struttura organizzativa dell’impresa. Le linee di progettazione per task force sono particolarmente indicate per le imprese multimediali che debbano: • industrializzare prodotti connotati da tecnologia e processi che non costituiscono già patrimonio aziendale consolidato; • realizzare prodotti in continua evoluzione che richiedano un’attenzione progettuale costante, ad esempio Net-Tv o B-Tv; • realizzare prodotti che richiedano frequente innovazione per sostenerne l’allungamento del ciclo di vita, ad esempio un portale fortemente centrato su comunicazione e relazioni. LINEE PER FASI Le linee di progettazione «per fasi» sono a struttura fissa. Vengono così definite poiché sono strutturate in relazione alle diverse fasi della progettazione, la fase di progettazione concettuale viene abitualmente accorpata a quella di progettazione di base e pertanto queste linee risultano così 406 MANAGEMENT MULTIMEDIALE tripartite: 1) linea di progettazione di base («Lpb»); 2) linea di progettazione di dettaglio («Lpd»); 3) linea di progettazione di sistema («Lps»). La linea di progettazione per fasi è largamente adottata nel settore multimediale perché: • questa modalità organizzativa è particolarmente appropriata per una gestione multiprogetto (paragrafo 6.1.1); • la sua articolazione strutturale consente di ben ripartire le competenze coinvolte, senza sovrapposizioni significative di ruolo. La linea di progettazione per fasi presenta alcuni svantaggi: • il flusso di informazioni fra le fasi può rivelarsi di difficile gestione; • possono verificarsi aree di sovrapposizione fra le fasi; • garantisce minore mira sul perseguimento degli obiettivi lungo l’intero ciclo. Ha peraltro il vantaggio di coinvolgere stabilmente nelle singole fasi specialisti dotati di know how mirato, ciò che viene abitualmente definito «mestiere». Questo consente di minimizzare la curva di esperienza, il cui ambito si restringe al dominio delle sole innovazioni di volta in volta introdotte. Occorre però rilevare che nell’attività creativa il «mestiere» viene frequentemente letto nella sua accezione riduttiva, come indicatore contrapposto del «talento». Questa distinzione è particolarmente significativa in un settore: a) a trazione autorale e creativa; b) in cui i ruoli di reale rilevanza creativa e autorale sono affidati a outsider che rifuggono (anche per motivazioni di convenienza economica) ruoli interni alle organizzazioni e incarichi permanenti. Ciò rende poco allettante l’inserimento, all’interno di linee di progettazione stabili, per i migliori professionisti del settore, quelli che possono contribuire alla progettazione del prodotto con un differenziale di creatività destinato a convertirsi in un rilevante vantaggio competitivo per l’impresa. Questo deterrente a inserirsi nel team di progettazione è soprattutto rilevante nelle linee per fasi (rispetto alle altre due tipologie di linee stabili che esamineremo a seguire) perché la struttura organizzativa medesima delle linee per fasi limita l’integrazione dei free lance, assegnando la responsabilità delle diverse competenze ai componenti del team interni all’impresa. ORGANIZZAZIONE 407 Il depauperamento dal contributo di professionisti esterni porta frequentemente a considerare (a torto o a ragione) questa tipologia di reparto di progettazione come team di livello inferiore, più orientato a gestire la progettazione che a innovarla. Se si determina questo clima di sottoconsiderazione nei confronti del team di progettazione interno all’impresa, si possono generare a valanga una serie di conseguenze negative, ad esempio: • impattare negativamente sui professionisti free lance «di talento» coinvolti nella realizzazione autorale del prodotto (i registi, i Web designer, gli art director), demotivandone il coinvolgimento oppure alimentando un atteggiamento di prevenzione connotato (spesso gratuitamente) da critiche a oltranza e dalla deresponsabilizzazione sugli obiettivi; • impattare negativamente sul team di progettazione stabile, livellando e appiattendo le motivazioni (entusiasmo, senso della sfida, appartenenza al gruppo): ciò consolida la spirale negativa e può condurre alla disgregazione della squadra; • impattare negativamente sul vertice dell’impresa, suggerendo una sensazione di sfiducia e determinando la decisione di esternalizzare le progettazioni a più alto rischio imprenditoriale (che generalmente sono però le più rilevanti per l’impresa e le più gratificanti per il team: vederle assegnate a esterni incrementa la sfiducia e le frustrazioni). In presenza di una simile spirale negativa, è opportuno che il project manager abbia facoltà di intervenire immediatamente per convertire (seppure limitatamente al progetto di propria competenza) la linea di progettazione per fasi in una linea a matrice: 1) inserendo nel team alcuni professionisti esterni, a supporto delle competenze lacunose (o solo percepite come tali: in questo caso il supporto sarà più orientato a incrementare il livello di motivazioni e creare enrichment); 2) confermando la guida del project leader, ove la sottoconsiderazione del team fosse prevalentemente immotivata; 3) sostituendo il project leader interno con uno esterno, ove la diffusa sottoconsiderazione del team si rivelasse giustificata (sostituzione da effettuare a prescindere dall’eventualmente alto livello di competenze e di esperienza del project leader interno, perché non sarebbero queste in discussione bensì la sua attitudine alla leadership). Contestualmente all’intervento di gestione dell’emergenza, vanno definite: • la cadenza e la modalità delle verifiche di reattività del gruppo così ridefinito; 408 MANAGEMENT MULTIMEDIALE • la durata del periodo di gestione (eventualmente transitoria) a matrice, ad esempio: fino a progetto ultimato, fino a progettazione ultimata, fino a progettazione di sistema esclusa; • le modalità di eventuale reintegrazione della linea di progettazione per fasi. Le linee di progettazione per fasi sono più indicate per le imprese multimediali che debbano industrializzare prodotti (generalmente ampiamente standardizzati oppure destinati a mercati maturi) molto diversificati, ma a basso livello di creatività e d’innovazione specifica. Ad esempio: • la creazione di siti Web a basso livello di complessità; • l’aggiornamento di portali B2B; • la progettazione di Cd-rom inseriti in collane il cui formato sia stato preventivamente standardizzato. Linee a matrice Le linee di progettazione multimediali «a matrice» appartengono a due tipologie: per contenuti o per tecnologie. Le linee «per contenuti» (dette anche «per comunicazione») sono tipiche delle imprese mono-prodotto, quelle che progettano un sola tipologia di prodotto e pertanto anche più d’uno se progettualmente assimilabili (ad esempio: sito Web o portale, B-Tv satellitare o B-Net Tv, Cd-rom o Dvd). Le linee di progettazione «per tecnologie» sono tipiche delle imprese multi-prodotto. Le linee di progettazione a matrice sono definibili «a struttura mista» perché sono composte: 1) da un nucleo stabile di componenti interni; 2) da professionisti esterni con competenze (contenuti, design, tecnologie) correlati alla specificità dell’innovazione di prodotto e acquisiti nel team su base temporanea per arricchire la linea con il proprio know-how, durante la mera fase di progettazione; 3) da un project leader: frequentemente un professionista esterno, con attitudine direttiva e formazione interdisciplinare che permane in azienda fino alla conclusione della progettazione di sistema (ciclo di industrializzazione). Nelle linee di progettazione a matrice, l’obiettivo del project leader è: a) armonizzare l’integrazione e il flusso delle competenze fra il nucleo fisso e i professionisti esterni nella fase di progettazione, finalizzandolo al perseguimento degli obiettivi progettuali; ORGANIZZAZIONE 409 b) supervisionare e coordinare la fase di industrializzazione, essendo garante del perseguimento degli obiettivi progettuali qualitativi e quantitativi, di costo e di tempi; c) trasferire gradualmente le competenze ai responsabili interni all’impresa, che rileveranno la responsabilità del prodotto per la durata del suo ciclo di vita, e verificare che la transizione avvenga correttamente. Le linee di progettazione a struttura mista sono connotate da maggiore mira su tecnologie, gestione e controllo. Hanno una discreta agilità nella gestione del flusso di informazioni coniugata a buona capitalizzazione del know-how e della curva di esperienza. La motivazione del team è una variabile direttamente dipendente dalle attitudini alla leadership del project leader. Gli svantaggi principali consistono nella difficoltà a individuare (internamente o esternamente all’impresa) project leader all’altezza del compito e nelle frequenti sovrapposizioni di ruolo, poiché i progettisti devono relazionarsi con i responsabili funzionali (i capi reparto) sulle competenze specifiche e con il project leader sulla gestione del progetto. Le linee di progettazione a matrice sono particolarmente indicate per le imprese multimediali che richiedano una massima concentrazione sull’innovazione continua: a) dei contenuti, del formato e del design (per contenuti); b) delle tecnologie, delle funzioni e delle applicazioni (per tecnologie). 7.3.2 Organizzazione per reparti della produzione Il raggruppamento delle fabbricazioni e dell’integrazione viene generalmente organizzato in relazione all’output. Questo offre il vantaggio di unire tutte le professionalità e le macchine che concorrono alla realizzazione dei medesimi semilavorati o assiemi. Ad esempio: • all’interno del reparto redazionale vi sarà chi scrive i testi, chi li corregge e chi li converte nel formato corretto, frequentemente persino la stessa persona; • nel reparto grafica convivranno gli illustratori, gli animatori e i grafici a computer, questo perché convergono sul medesimo output e pertanto il confronto e l’interazione risulta fondamentale (ad esempio, la computer grafica parte frequentemente da schizzi a mano libera da scansire); • nel reparto informatico lavoreranno fianco a fianco sia i responsabili dell’architettura e sviluppo software (fabbricazioni), sia i responsabili del testing e del debugging (collaudo dei montaggi) che ne verificano i risultati per poi richiedere il loro intervento di riparazione dei difetti. 410 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Questo criterio di definizione dei reparti consente di focalizzare ciascuno di essi in funzione di un semilavorato nella sua completezza e di agevolare gli scambi di know-how, favorendo così l’arricchimento derivante dallo scambio di esperienza e competenze con gli altri componenti del team (enrichment). Ciascun reparto deve essere responsabile anche del monitoraggio tecnologico per consentire all’impresa di essere sempre in linea con le potenzialità rese disponibili dall’innovazione tecnologica. In questo schema organizzativo, sono gli operatori medesimi che segnalano la necessità di un nuovo software o di un nuovo hardware e che seguono le novità del mercato, secondo una logica di indicazioni che provengono dalla base (bottom-up). I reparti che ne derivano sono pertanto «reparti ad alta specializzazione» che raggruppano operatori dalle elevate capacità sia tecniche sia creative. Il ruolo delle funzioni è quello di costituire serbatoi di risorse da cui si pescano competenze, metodologie e sapere consolidato [De Maio et al., 1994]. Questi serbatoi di risorse si estendono oramai anche all’esterno dell’azienda (figura 7.6), andando a includere tutte le figure che collaborano con la stessa, in maniera continuativa o meno. È infatti molto diffusa nel settore la situazione di free lance legati all’impresa solo in funzione di progetti ben definiti. I free lance del settore multimediale sono risorse produttive che frequentemente non possono essere classificate come fornitori di servizi, Figura 7.6 Estensione dei reparti al di fuori dell’azienda AZIENDA AREA Reparto Reparto AREA AREA 411 ORGANIZZAZIONE perché tendenzialmente non sono in grado di fornire in maniera autonoma un modulo o sottoassieme del prodotto, salvo che si associno fra di loro in micro-imprese. Sono più propriamente definibili come fornitori di competenze da integrare a quelle di patrimonio dell’azienda. Questa modalità di relazione delle imprese con un numero a volte molto consistente di free lance rende più complessa la gestione delle risorse umane. Poiché infatti ampia parte delle risorse umane non sono direttamente legate all’organizzazione, diventano soggette a dinamiche di «libero mercato» collegate, ad esempio: • all’ottimizzazione dei periodi o persino dei turni di lavoro; • alla rinegoziazione delle tariffe in relazione alla domanda e offerta stagionale; • al continuo riallineamento dell’integrazione con le risorse interne. L’organizzazione per reparti omogenei e relazionati agli obiettivi consente una gestione a diversi livelli e permette un flusso informativo e una diffusione delle conoscenze a livello di reparto7 e spesso anche di area (figura 7.7). La suddivisione per reparti è frequentemente logica più che fisica, a causa del limitato ingombro dei macchinari. Ad esempio, nella sua configurazione minima il reparto di grafica può essere costituito da una postazione per la grafica animata, una postazione per quella statica e una scrivania per l’illustratore, il tutto in un’unica stanza. Figura 7.7 Diffusione delle informazioni nei reparti Reparto 7 Ricordiamo che il reparto in questo caso è virtuale e non reale poiché si estende all’esterno dell’azienda. 412 MANAGEMENT MULTIMEDIALE 7.3.3 I team di progetto L’enfasi sulla specializzazione e l’accento sui mezzi di ciascun reparto rischia di distogliere l’attenzione dall’output finale costituito dall’integrazione di tutti gli elementi. Inoltre la struttura funzionale non incorpora un meccanismo diretto per coordinare il flusso di lavoro [Mintzberg, 1985] al fine di ottenere un prodotto organico. L’integrazione viene quindi garantita, per ciascun progetto, dalla creazione di team di sviluppo dedicati alla realizzazione del singolo prodotto multimediale (figura 7.8). Tali team hanno il compito di finalizzare gli sforzi progettuali e produttivi, a questo scopo occorre identificare un responsabile del progetto8 (il project manager). Figura 7.8 I team di progetto come strutture in grado di finalizzare gli sforzi produttivi9 PROGETTAZIONE Contenuti PRODUZIONE APPROVVIGIONAMENTO Programmazione e integrazione Risorse umane Filmati Testi Tecnologia Audio Grafica Foto Contributi Attrezzature TEAM di PROGETTO TEAM di PROGETTO 8 In assenza di un responsabile di progetto sarebbe difficile identificare le responsabilità di un fallimento. 9 Il sistema produttivo può essere suddiviso in tre macroaree di attività: progettazione, produzione e approvvigionamento (si veda la figura 7.8). A queste tre macroaree vanno aggiunte poi le aree di gestione e collaudo che raggruppano tutte o parte delle precedenti. ORGANIZZAZIONE 413 I team sono creati ad hoc per ciascun progetto e raggruppano in sé tutte le professionalità richieste dal prodotto di riferimento. All’interno di questo team sono frequentemente coinvolti anche soggetti esterni all’impresa (anche in ruoli particolarmente centrali, ad esempio la figura professionale del curatore10 dei contenuti). Come già segnalato precedentemente: • la suddivisione in reparti consente di gestire la produzione a livello di sistema; • la creazione di team di progetto consente di coordinare la produzione a livello di prodotto e di integrare le funzioni. La gestione della non ripetitività impone una nuova visione dell’organizzazione orientata al processo, ecco perché il nostro punto di partenza è stato proprio l’analisi dello stesso (si veda, a tal proposito, il capitolo 5). I team consentono di creare quell’integrazione delle attività che altrimenti risulterebbe critica. Ciascun reparto, focalizzato sul proprio output, perderebbe il livello d’insieme e perseguirebbe l’ottimizzazione dei singoli semilavorati. Questa parte dell’organizzazione consente invece che il flusso di informazioni avvenga a tutti i livelli tra reparto e reparto. Chi realizza l’interfaccia grafica deve sapere come il motore software la comporrà e chi produce i filmati deve conoscere il contesto nel quale si posizioneranno: è necessario che ci sia un confronto continuo tra i membri del team che appartengono ai diversi reparti. La creazione dei gruppi di progetto avviene in funzione delle esigenze del singolo prodotto, le competenze sono assegnate in funzione delle specifiche. La natura del team risulta sempre diversa in relazione alle esigenze, ma la figura che non può mai mancare è quella del project manager, che è il responsabile del progetto medesimo. All’interno del progetto la delega decisionale è estremamente elevata e la gerarchia dei ruoli è fortemente limitata. In accordo con Guerrini, [1999], l’area collaudo è detta «diffusa» poiché non fa riferimento a determinate figure professionali, ma raggruppa le aree di progettazione e produzione per l’attività di collaudo. Infatti, i collaudi dei prodotti vengono effettuati da soggetti che non hanno partecipato al loro sviluppo, sia appartenenti alla progettazione sia alla produzione. Questo consente di avere dei feedback riguardanti entrambi gli aspetti del prodotto. Ad esempio, se ad effettuare il collaudo vi fossero esclusivamente sviluppatori avremmo che il prodotto sarebbe attentamente testato dal punto di vista del suo funzionamento, saremmo certi dell’assenza di errori di script o di navigazione, ma non saremmo altrettanto sicuri per quanto riguarda la parte comunicativa. Gli sviluppatori potrebbero non dare importanza alla facilità di comprensione dell’interfaccia, alla disposizione delle icone nella schermata e così via. Viceversa accadrebbe se a testare il prodotto vi fossero esclusivamente progettisti grafici. 10 Ad esempio, la collana di Cd-rom intitolata Arte edita da Opera multimedia ha avuto come curatore Umberto Eco. 414 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Il project manager ha in genere una figura di riferimento per ciascun reparto: non è una mera figura di collegamento tra la linea operativa e il responsabile, ma piuttosto di supporto per la risoluzione dei problemi e l’evidenziazione delle opportunità, a livello di reparto. A volte, all’interno dei team non sono distinguibili in maniera netta la linea operativa e la linea manageriale poiché gli stessi capi partecipano anche alle fasi operative. I ruoli decisionali sono assegnati d’autorità solo in minima parte, la maggior parte delle decisioni tendono a risiedere dove risiedono le competenze. Il team si estende lungo tutto il processo coprendo sia le fasi di progettazione (linea di produzione) sia quelle di produzione (crew) e impattando tutti i reparti necessari per il perseguimento degli obiettivi. Con questo tipo di struttura, le conoscenze, i problemi e le soluzioni corrono trasversalmente ai reparti aumentando il grado d’integrazione di base dell’azienda (figura 7.9). È compito del project manager incentivare gli scambi di informazioni e il confronto tra le competenze al fine di creare una diffusione delle conoscenze. Nella tabella 7.2 sono evidenziati i legami più frequenti tra le principali figure professionali e le fasi di un progetto. Figura 7.9 I flussi informativi generati dei team di progetto PROGETTAZIONE Contenuti PRODUZIONE APPROVVIGIONAMENTO Programmazione e integrazione Risorse umane Filmati Redazione Tecnologia Audio Grafica TEAM di PROGETTO TEAM di PROGETTO Foto Contributi Attrezzature 415 ORGANIZZAZIONE Progettazione concettuale Progettazione di base Progettazione di dettaglio Progettazione di sistema Produzione Approvvigionamento Tabella 7.2 Relazione tra i ruoli e le fasi del progetto Project manager ■ ■ ■ ■ ■ ■ Project leader ■ ■ ■ ■ Multimedia client account ■ ■ ■ Art director multimediale ■ ■ ■ ■ ■ Regista multimediale ■ ■ ■ ■ ■ Content manager ■ ■ ■ ■ ■ SW designer multimediale ■ ■ ■ ■ Sound designer ■ ■ ■ Visual designer ■ ■ Animatore 3D ■ ■ Sviluppatore software ■ ■ ■ Editor Internet ■ ■ ■ Copy writer ■ ■ Redattore ■ ■ Relazione tra i ruoli principali e le attività di un progetto ■ Operatore video digitale ■ Editor audiovideo digitale ■ Media assembler ■ ■ 416 MANAGEMENT MULTIMEDIALE In progetti di dimensioni maggiori i ruoli coinvolti crescono in maniera consistente, in modo particolare quelli di supporto. Ad esempio, nella tabella la fase di approvvigionamento risulta seguita da: • • • • • project manager; art director; regista; content manager; sound designer. Questo non significa forzatamente che saranno loro in prima persona a effettuare l’approvvigionamento (dei contributi, materiali e attrezzature, risorse umane), ma che ne sono direttamente responsabili. Potranno occuparsene personalmente oppure essere coadiuvati operativamente da assistenti o da un reparto di approvvigionamento ad hoc, a seconda della realtà aziendale e del progetto. Indice analitico Active server pages (Asp), 300 Affinità produttiva, 247 Algoritmo Lzw, 275-6 Analogica rappresentazione, 1-2 Animatore 3D, 384 Animazioni 2D, 188, 237 – 3D, 65; 107, 188, 237, 330, 389-391 Anticipation stock, 241 Application service providing (Asp), 55 Architettura client-server, 306-7, 308 Area comunicazione, 387-398 – gestione, 398-402 – tecnologia, 395-8 Arpa (advanced research project agency), 5-6 Art director multimediale, 388-9, 396-403 Assemble to order, 243, 364 Automazione a macchia di leopardo, 24 Avviamento macchine, 245 Backup, 310 Banco di regia, 378 Basic research, 172 Beta version, 312, 351-2 Black box, 218, 301 Bones, 287, 289 Booklet, 206, 210, 248-9, 318-9, 323, 346, 348-9, 361-3 Braccio mobile, 256-7 Brand name, 32 Broadcasting, 11, 14, 15, 103, 174 Broadcatching, 18, 174 Budget di progetto, 332-335 Bullet time, 286 Business network, 26, 27, 36 Business to consumer, 22, 69 Business Tv, 40, 58, 123, 127-143, 206, 248, 251, 269, 324 Business unit, 22, 23 Business user, 120-2 Call centre, 36 Camcorder, 261 Camera control unit (Ccu), 256 Cameraman, 252, 255-6, 262, 336 Canvas, 283 Catalogo interattivo, 30, 35-6, 58-9, 64-6, 152 Cavo coassiale, 43-4, 49, 111, 117 Check lists, 39 Chioschi multimediali, 219-22 Ciclo di vita del software, 303-4 Ciclo di vita di un prodotto/servizio, 143-4 – della tecnologia, 148-52 – del multimediale, 152-170 – di un prodotto industriale, 144-5 – di un prodotto network based, 146-8 Circuit switching, 51-3 Classificazione automatica dati, 3 – dei servizi di comunicazione della B-Tv, 129-31 – dell’utenza della B-Tv, 131-3 – di Wortmann, 243-4 – per fasi, 187-9 – per profili esogeni, 189-212 Clean room, 314, 379 Codice sorgente, 303 Collaudo e riparazione, 222, 292, 302-3 Combination, 40 Complessità suddivisione della, 232 Compositing, 287 Comunicazione bipartita, 13 – diversificata, 13 – integrata, 13 Concept design, 183, 188 Conditional access, 9 Configurazione minima della struttura di un’impresa multimediale, 385-6 – risorse di rete, 305-8 Conoscenza, dimensioni della, 38-40 – gestione della, 37-8 418 Content manager, 37-8, 385, 393-4 – provider, 37, 69, 98, 105-6 Contributo filmato, 325, 333, 336, 340 – fotografico, 326, 333, 336, 340 – grafico, 326, 333, 336, 340 – sonoro, 326, 333, 336, 340 – testuale, 323, 333, 336, 340 Controluce, 254 Copy writer multimediale, 393-4 Core competencies, 25, 27 – target, 196-7 Customer intelligence, 36 – relationship management (Crm), 31, 33-5 – service, 36 Data provider, 36 – storage, 240 – warehouse, 34, 36 Debugging, 302, 304, 312, 313, 340, 349, 409 Dell Michel, 30 Demo, 188 Detail design, 189 Diagramma di Gantt, 329-331 Diagrammi procedurali, 39 Digital linear tape (Dlt), 313 Digitale rappresentazione, 1-2, 182 Digitalizzazione delle fonti, 270-1 – delle sorgenti audio, 271-4 – delle sorgenti fotografiche, 274-6 – delle sorgenti video, 276-8 Dipartimento marketing, 178 Distinta – base, 328, 335, 346-8 – base di applicazione client server multimediali on-line, 365-9 – base di fabbricazione, 368-9 – base di montaggio, 366-8 – base di un Dvd-rom, 348-65 – per varianti, 363-4 Distribuzione digitale, caratteristiche, 8-12 – prestazioni, 12 Diversificazione complementare, 4 – parallela, 4 Document type definition (Dtd), 279 Dolly, 254, 256-7 Doppino di rame, 43 Download, 7, 36, 97, 111, 141, 153, 194 Downstream, 46-7, 49, 111, 112 e-customer relationship management, 31-6 Editing, 281-291, 340, 379 Editor Internet (on-line), 396-8 – video digitale, 391-2 Editoria elettronica, 58-9, 152 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Electronic news gathering (Eng), 261-2 Electronic program guide (Epg), 111 Elettroforming, 314 Encoding, 142, 276, 281-2, 366 Engineer to order, 243 Enterprise resource planning (Erp), 32 E-supply chain management, 27-31, 219 E-tailing, 69 European telecommunications standards institute (Etsi), 9 Extended enterprise (impresa estesa), 26, 28, 30 Externalization, 39 Fabbricazione multimediale, 220-1 – alfanumerica, 278-81 – audio, 249-51 – fotografica, 248-50 – grafica, 281-92 – informatica, 292-304 – video, 249-51 Fat client, 55 Fibra ottica, 12, 43-7, 53, 93, 108, 111, 115, 117, 153 File transfer protocol (Ftp), 54-5 Flow chart, 188-9, 192, 208, 295-6, 339, 382, 396-7, 402 Footage sale, 243 Formato Aiff, 273 Formato di compressione Avi, 278 – di compressione Gif, 275 – di compressione Jpeg, 275-6 – di compressione Jpeg, confronto con Gif, 276 – di compressione Mp3, 97, 273-4 – di compressione Mpeg, 128, 268, 273, 277 – di compressione Quick Time, 277-8 – Real Audio, 9 – Real Video, 9, 212 – Rtf, 280-1 – Txt, 280-1 – Wav, 273 Fornitori del software, 106 Fotografo Qtvr, 384, 392-3 Fotoritocco, 281-3, 288, 332, 340, 389 Fullfillement, 75 General packet radio service (Gprs), 48, 87, 89, 91-3 Gestione a fabbisogno, 375-6 – a scorta, 373-5 – degli accessi, 204, 305, 309-10 – della conoscenza, 37-8 – delle risorse di rete, 305, 307, 310 INDICE ANALITICO – di programmazione dei montaggi, 345-76 – multiprogetto, 324-8, 406 – per progetti delle fabbricazioni, 322-45 Gestori del portale, 106 Giochi multimediali, 58 Glass master, 314-5, 351 Gold disk, 312-3, 323, 335, 346, 351 Grafica 2D, 209, 282-5, 356 Grafica 3D, 285, 356 Grip, 256 Gruppo statistico omogeneo (target), 132 Guide rules best practices, 39 Gutenberg Johann, 174, 177 Hard discount, 32-4 Henshu Kaihatsu, 205-6 Henshu Sekkei, 189, 205-7 High definition television (Hdtv), 183 – speed circuit switched data (Hscsd), 48 Horizontal structure analysis, 210 Implementazione del motore software, 295-302 Incremental delivery, 214, 304 Indice di produttività, 230-1, 235, 237 Injection moulding, 316, 319, 351 Inlay card, 318, 349 Innovazione digitale, 1-18 – in progress, 212 Integrazione della B-Tv con il workplace aziendale, 142 Interactive distance communication (Idc), 122-26 – vantaggi, 125-6 – distance learning, 122 – distance training, 46, 123, 251 Interazione con utenti, 305, 309 Internalization, 40 Internet economy, 18-9, 21, 32 Introduzione al ciclo di produzione, 219-22 – della B-Tv in azienda, 133-6 – aspetti comunicazionali, 135 – aspetti economici, 135 Item of delivery, 226 Itemized project, 199 Job shop, 308, 322, 352, 378 Jobs Steve, 1 Keyframe, 289 Knowledge intensive, 185 – management, 38, 132 Land, 315 419 Laser beam recorder, 315-6 Lead time, 25, 375-6 Learning, 37 – by doing, 40 Legge di Moore, 194 Library, 117, 243 Librerie software, 301 Linea a ritmo vincolato, 316 – con buffer intermedi, 316 Linguaggi di programmazione, 297-8, 397 – a marcatori, 298, 368 – compilati, 299, 368 – interpretati, 299, 303, 368 – script, 299 Linguaggio Html, 54, 157, 300 – Xml (extensible markup language), 54, 157 – Wml, 87 Link, 65, 67, 295-6 Local area network (Lan), 48-9, 52 Location, 234, 252, 286 Logica pull, 139-141 – push, 139-141 Lot size inventory, 242 Luce di chiave, 254 – di riempimento, 254 Macchina a stati, 296 Magazzino digitale, 41 – scene e props, 253 – tecnico, 253 Make or buy, 185, 225 – to order, 243 – to stock, 243-4 Market driven strategy, 33 Mass customization, 23 Master production schedule (Mps), 326, 375 Masterizzazione, 214, 219-21, 226, 245, 305-6, 312, 314-6, 345, 351, 363, 379 – in differita, 251, 261-2, 267-9 – in tempo reale, 251-60, 264-7, 332 M-commerce, 21, 87, 93, 99, 102, 107 Media assembler, 396 Megamedium, 41 Megasettore, 41 Message based, 25 Metallizzazione, 316-7, 319, 349, 351, 364 Modello delle sei C, 67 Microfono bidirezionale, 257-8 – cardioide, 257-8 – direzionale, 257-8 – omnidirezionale, 257-8 – superdirezionale, 257-9 Mirroring, 310 420 Modalità di consumo, caratteristiche, 9-12 – emissione e fruzione passiva, 11-12 – localizzazione, 10 – sincronia sequenziale, 10-1 Modellazione, 287-8 Modello a spirale (spiral model), 214, 304-5 – della stella a cinque punte, 5 – Op-Eoq, 373 Modulo contributi fotografici, 355-6 – contributi filmati 356-7 – contributi grafici, 353-5 – contributi sonori, 357-8 – contributi testuali, 357 – di fabbricazione, 359-61 – di montaggio, 349-51 – programmazione, 359-61 – semilavorato booklet, 361-3 Momenti fondamentali della produzione, 217-8 Mono-streaming, 7 Moore Gordon, 194 Multimedia, account, 399-401 – definizione, 3-8 – off-line, 58-66 – on-line, caratteristiche, 7-8 – sincronizzato, 7 Multimedialità aggregata, 223-5 – combinata, 223, 225-6 – integrata, 223, 225 Multi-streaming, 7 Narrowcasting, 11, 15, 174 Near video-on-demand, 109, 117-8 Net Tv, 119-22, 170 Networking, 50-3 New economy, 18, 21, 33, 97, 159, 381 – media, 223 Nodo di interattività, 295-6 Obiettivi delle trasmisioni e dei contenuti della B-Tv, 137-9 Old economy, 223 One-to-one, 34, 178 Operational system architecture, 189 Operatore video digitale, 389-91 Operatori di servizi mobili, 104 Order matching, 74 Organization breakdown structure (Obs), 329 Organizzazione dell’impresa multimediale, 402-16 – per linee della progettazione, 404-9 – linee per fasi, 405-8 – linee a matrice, 408-9 – per reparti della produzione, 409-11 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Orientamento alla performance della B-Tv, 136 Outlining, 187 Outsourcing, 25, 239, 301 – dei servizi di B-Tv, 141-2 Overall master plan (Omp), 338 Packet switching, 51-3 Palette, 283 Paradosso di Grossman, 66 Patch, 214, Pay per view, 57, 111, 114 – Tv, 44, 57 Peer to peer, 51-2 Photo Cd, 250, 313, 355 Photoresist, 314-5, 351 Pianificazione dei fabbisogni delle fabbricazioni, 369-72 – risorse umane, 369 – contributi, 370-1 – attrezzature e materiali di consumo, 372 – dei fabbisogni di montaggio, 372-6 – gestione a scorta, 373-5 – gestione a fabbisogno, 375-6 Pilota (prototipo di contributi audiovisivi), 188 Point to multipoint, 51-2 Policy, 39 Portale business to business (marketplace), 72-9 – orizzontale, 20, 152, 158-64, 169 – verticale, 20, 70-1, 164-6, 393 – wireless, 87-106 Potenzialità produttiva, 227-30 Pre-master, 191, 245-6, 315 Pre-masterizzazione, 305, 312-4, 345-6 Preview package, 189 Prodotti multimediali, caratteristiche dei, 6-7 – off-line, 64, 153-156, 191, 195, 203-4, 226, 245, 248, 280, 343, 365-8, 396 – montaggio, 312, 20 – on-line, 10, 153, 156-70, 203-4, 221, 226, 245, 248, 278, 305, 345, 365, 368, 392, 394, 396 – montaggio, 306-311 Produttori e fornitori di terminali, 104 Produzione per cellule, 220 – su commessa, 239-310 – su previsione, 239-40, 243 – unitaria, 244-5 – continua, 245 – intermittente, 245 Profilo a clessidra, 364-5 421 INDICE ANALITICO Progettazione, 185-215 – a combinazione, 205, 210-2 – a parti fisse e variabili (Pfv), 205, 208-10 – contenutistica, 195, 198-200 – dei flussi, 295-301 – del sistema produttivo, 222-38 – di dettaglio, 184, 188, 191, 210, 212, 214, 290, 338, 342, 403 – estetica, 195, 200-1 – funzionale, 195-8 – per fasi, 187-9 – per profili esogeni, 189 – produttiva, 195, 201-5 – su commessa, 190-2 – su previsione, 192-4 Progetto Aspen, 5-6, 182 Programmazione operativa (scheduling), 338, 376-9 – della fabbricazione, 377-8 – del montaggio, 378 Project concept, 188 – leader, 399, 400, 407-9 – management, 246, 321-2, 400 – manager, 335, 371, 385, 399-400, 407, 412-5 Promozione del portale, 86-7 Props, 253-4 Protocollo Atm, 53 – Http, 54 – Pop3, 54 – Smtp, 54 – Tcp/Ip, 9, 52-3, 119, 157 – Wap, 48, 87, 90 Prototipazione, 304-5, 312-3, 343 Protyping, 304 Pubblicitario on-line, 401 Purchasing, 74 Radiosity, 290 Rappresentazione digitale binaria, 2 Raytrace, 290 Realizzazione della varietà, 205-12 – del prodotto, 184-5, 194-205 Redattore, 393-5 Regia fissa, 252 – mobile, 252 Regista multimediale, 389-91 Relazione fornitore-cliente, 27, 35 Re-learning, 37 Rendering, 287, 289-90 Reparto studio, 253, 60 Ricerca culturale, 176-7 – di mercato, 177-181 – e sviluppo (R&S), 171-4 – tecnologica, 175-6 Riclassificazione dei media, 1, 40-56 Risoluzione, 2, 272-4, 277, 283, 285, 294, 390 Ruoli e competenze del settore multimediale 381-6 – articolazione delle competenze, 383, 381-6 – integrazione dei ruoli, 382-3 Samples, 188-9, 192 Sampling, 271 Scanner, 274 Scansione, 250, 256, 281, 332, 340, 356-7 Scarto, 228, 231, 233, 235, 245, 268 Sceneggiatore, 257, 355 Scorta funzionale, 242 – speculativa, 242-3 Script, linguaggi, 299, 368-9 Sekkei Kanri, 189, 205-6 Serializzazione, 60, 191, 201-3, 214, 219, 221-2, 224-6, 244-6, 252, 269, 305-6, 3101, 315-6, 319-20, 321-2, 345 Set top box, 9, 55, 110, 112-3, 118, 214 Sfrido, 231, 233, 235, 268 Shader, 287-8 Shadow casting, 290 Shelf innovation, 292, 301-2 Sistema Arel-pivot, 123-4 Sistemi satellitari, 43-5, 49 – wireless, 12, 45, 49, 89-93 Skinning, 287 Socialization, 40 Società interconnessa, 17, 176 Software designer multimediale, 396 Sound designer, 392-415 Speakerine, 231 Sputtering, 315 Standard Mime, 54 – televisivo Ntsc, 277, 285 – televisivo Pal, 277, 285 Standardizzazione, 8, 25, 32, 206, 226, 323, 404 Steadycam, 257, 262, 390 Story board, 188-9, 192, 208, 286, 290-2, 296, 340, 353, 388, 396, 402 Strategia aggressiva, 205 – conservatrice, 205 – di realizzo, 205 – produttiva, 218-9 Streaming media, 7-8, 16, 109, 119-20, 176, 248 Strumenti del business, 101-2 – di comunicazione del portale, 70, 81, 100 – di transazione del portale, 81 422 – informativi del portale, 69, 80-1 Struttura di progetto, 328-32 Strutturazione per aree, 386-7 Suite per grafica bitmap, 282-3 Superfici Nurbs, 21, 288 Supply chain, 26-30, 73 – chain management, 132, 369 Supporto per microfono a molla, 258 – per microfono a piedistallo, 258 – per microfono a pistola, 258 – per microfono da tavolo, 258 – per microfono manuale, 258-60 – per microfono manuale, ad astamobile, 258 – per microfono su ruote, ad asta mobile, 258 Sviluppatore software, 396-7 Sviluppo avanzato (advanced development), 182-4, 187, 196, 199-200 – esplorativo (exploratory development), 182-3, 187, 190-1 – ingegneristico (engineering development), 182, 184-6 – di prodotto, 184 – di sistema 185 Switcher, 264 Tacit knowledge, 38 Target e scelte strategiche, 102-4 Task force, 404-5 Team di progettazione, 182, 193, 196, 399, 401-3, 412-5 – working, 40 Technology driven strategy, 33 Tecnologia integrated services digital network (Isdn), 47-49 Tecnologie Digital subscriber line (Dsl), 43, 45-7 Telecamera, struttura, 255-7 Televisione satellitare, 176 Tempo di propagazione dell’obsolescenza, 151 Testing, 302, 304, 312-3, 409 Texture mapping, 287-9 MANAGEMENT MULTIMEDIALE Thin client, 55-6 Time to market, 13, 20, 125, 186, 215, 345, 364 Timeline, 268, 289 Tool di authoring, 297, 382-3 Trading communities, 22 Tray, 318-9, 349 Triax, 255-7 Ultimo miglio (last mile), 43 Universal mobile telecommunications system (Umts), 93-5 Unlearning, 37 Upload, 36, 111, 194 Upstream, 46-7, 49, 111-2 User end point, 54-6 – friendly, 58, 63 Valore aggiunto dei portali wireless, 97-100 Variety reduction program, 189, 225 Video-on-demand, 46, 99, 103, 109, 114-7 Videotruck, 252 Videovan, 252, 264, 324 Viewfinder, 255 Virtual encounter, 26 – expertise, 27 – organization, 36-40 – sourcing, 27 Visual designer, 384, 388-9, 396, 398 Volume di produzione, 244-5 Vortal, 70, 80-2, 164-70 Web farm, 222 – watcher, 401-2 Wireframe, 288 Work breakdown structure (Wbs), 328-330 – di un Dvd-rom, 335 – di un sito Web, 341 Work flow, 287-90 Workplace 31, 72, 102, 135, 142-3, 164, 219 Workstation, 48 Wortal, 21, 88, 95-9, 101-2, 106-7 Zona decorabile del Cd, 320 Bibliografia Anee, Editoria, contenuti e servizi nell’economia digitale in Italia 1999, Osservatorio Multimediale Anee, Milano 2000. http://www.anee.it/italiano/osserv99.htm Archibald R.D., Project management - La gestione di progetti e programmi complessi, Franco Angeli, Milano 1994. 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