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Premetto che questo breve trattato è dedicato agli amanti dell’armonica blues elettrica,
quelli che come me amano il suono dei maestri come Little Walter o Big Walter Horton e di
chi ha seguito le loro orme, tra cui vorrei citare Kim Wilson, William Clarke e Rod Piazza
innanzi tutto. Altri grandi interpreti a mio parere sono Gary Smith, Mark Hummel e Gary
Primich, soprattutto per la cura che pongono nella continua ricerca del suono, nel rispetto
della tradizione di questo piccolo grande strumento.
Non mi perderò in inutili preamboli sul blues e sull’importanza che l’armonica a bocca ha
avuto per questo stile musicale che di fatto ha influenzato fin nel profondo tutta la musica
che ascoltiamo oggi. Se avete speso qualche Euro per questo trattatello avete ben chiaro
di cosa stiamo parlando e soprattutto quello che state cercando.
Il mio scopo è fornivi una serie di nozioni fondamentali per avviarvi sulla strada di
quello che gli americani chiamano “the tone” ovvero il suono giusto, quello che
ognuno di noi ha sognato di ottenere dalla sua armonica sin dal momento in cui ha
ascoltato per la prima volta i grandi della Chicago Anni ’50.
Ma io chi sono per poter parlare di armonica? Pur essendomi ritirato dalla scena musicale
ormai diversi anni fa posso dire di aver avuto la fortuna di suonare in molti posti e situazioni
diverse, ho visto dal vivo quasi tutti i “mostri sacri” e ho scambiato con loro quattro parole,
al contempo osservando attentamente la loro attrezzatura ed i loro setting. A più riprese
ho passato diverso tempo negli USA, in Louisiana e in California e ho potuto toccare con
mano una realtà che rimane ancora molto legata al passato e per questo vicina ai suoni e
agli stili dei primi anni gloriosi del blues elettrico. Ho sintetizzato la montagna di informazioni
che ho accumulato e la metto a vostra disposizione, non pretendendo di insegnare
nulla ma semplicemente elencando una serie di cose che ho visto fare ed usare, e
che hanno funzionato in parte anche per me (almeno fin dove il mio moderato talento me
lo permetteva). E’ mia opinione che la ricerca del suono sia un cammino individuale, diverso
per tutti. L’attezzatura è fondamentale ma poi ognuno la deve usare per esprimere al
meglio quello che già ha dentro se stesso: per questo motivo la ricerca del suono di fatto
è un processo continuo e, per certi versi, non finisce mai. Ascoltate quanti più dischi
potete e, soprattutto, andate a sentire gli armonicisti dal vivo, dai più famosi agli sconosciuti,
si impara sempre qualcosa. Lo stesso musicista può usare materiale e regolazioni diverse
a seconda del locale dove suona, e nel corso degli anni può cambiare spesso attrezzatura
seguendo il suo percorso artistico… Osservate, spiate, chiedete, provate e alla fine sarete
premiati.
Il suono “giusto” nell’armonica blues
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INDICE:
1) tecnica
2) armoniche
3) microfoni
4) amplificatori
5) regolazioni
6) accorgimenti in sala di registrazione
TECNICA
Prima ancora di parlare di tutto il resto voglio fare alcune brevi premesse a livello di tecnica
musicale, che stanno alla base di tutto. Dato per scontato che siate in grado di emettere
un suono potente e costante dalla vostra armonica (primo fondamentale passo verso un
suono che si possa definire tale), mi voglio soffermare su altri due aspetti. Il primo è la
tecnica del tongue-blocking: senza l’uso costante di questa tecnica non approderete mai
ad un suono soddisfacente. Non è facile ma non avete alternative. Lo saprete già ma lo
ripeto: il tongue-blocking consiste nell’imboccare tre (o quattro) fori alla volta ed emettere
le note dall’ultimo foro a destra, mentre con la lingua si bloccano gli altri. Questa tecnica
va utlizzata sia sulle note soffiate che in quelle aspirate. Già in acustico si hanno dei
vantaggi, ma in elettrico la differenza diventa clamorosa. Il secondo aspetto, non meno
importante del primo suonando elettrici è il chiudere perfettamente le mani attorno al
microfono, non deve passare un solo filo d’aria. Ogni spiffero toglierà corpo al vostro
suono. Sembra una cosa ovvia ma è più facile a dirsi che a farsi, soprattutto quando si va
a suonare sul registro alto. Ho deformato decine di armoniche da tanto stringevo le mani
attorno ad esse per non far passare aria! Se chiudere ermeticamente le mani vi riesce
difficile con i microfoni di tipo “bullet” (magari perché avete le mani piccole) usate un
microfono tradizionale, fregatevene se un Astatic JT-30 è più “figo”: il suono viene prima di
tutto!
ARMONICHE
Ogni armonicista con un minimo di esperienza ha la sua preferenza per quanto riguarda la
marca ed il tipo di armoniche. Sostanzialmente ne esistono di due tipi e da queste derivano
tutte le altre: quelle con il corpo in legno e quelle con il corpo in plastica. Questi due filoni
sono di fatto rappresentati da una serie di marche e modelli tra cui vado a citare i più
celebri ed utilizzati dai professionisti americani.
Corpo in legno: tipo Hohner Marine Band ed Hohner Blues Harp
Corpo in plastica: tipo Tombo Lee Oskar e Hohner Special 20
Ovviamente esistono un’infinita varietà di marche e modelli, tra cui molte di produzione
cinese e coreana che non sono per niente male. Esistono poi dei modelli speciali con
anima in metallo, come la Hohner Maisterklasse o la Tombo Aero Reed, oppure modelli
costruiti da piccoli artigiani come Joe
Filisko, che reinterpretano in chiave
più solida e curata le gloriose Hohner
Marine Band e addirittura le Echo
Super Vamper. A proposito di
quest’ultimo modello di Hohner ho un
piccolo aneddoto: fino agli inizi degli
Anni ’70 le Marine Band erano
destinate al solo mercato USA e in
Europa
Hohner
distribuiva
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sostanzialmente lo stesso prodotto con il nome di Echo Super Vamper, appunto. Durante
le frequenti toureé che Rice Miller (Sonny Boy Williamson II) fece nel vecchio Continente
alla fine degli Anni ’60, essendo con i suoi “bending” estremi un vero “distruttore” di
armoniche e non trovando le Marine
Band, dovette procurarsi quello che
c’era disponibile. Così comprò una gran
quantità di Echo Super Vamper che
continuò poi ad usare anche in America,
alimentando il falso mito che queste
armoniche “mai viste” fossero il segreto
del suo suono unico. Ecco perché ad
un certo punto si scatenò una vera
caccia alle Echo, che divennero mitiche
anche in Europa. Io ne ho solo una, in
Bb, e vi assicuro che è del tutto identica ad una qualsiasi Marine Band, nome a parte.
Tornando alle armoniche “custom”, da qualche anno alcuni artigiani si sono addirittura
specializzati nella ricostruzione delle vecchie Marine Band usate (?!), che vengono ripulite,
irrobustite e migliorate con dei piattelli e delle ance in ottone di prima qualità. Peccato per
i prezzi, che il più delle volte sono esagerati, nonostante si dichiari che le armoniche
ricostruite durino fino a cinque volte quelle originali.
A livello di suono le due tipologie di armoniche si distinguono facilmente: quelle con il
corpo in legno hanno un suono più caldo e più squillante (più ricco anche di “armonici”)
mentre quelle con il corpo in plastica hanno meno volume e il suono è più ovattato. In
generale quelle con il corpo in plastica sono più gestibili se elettrificate perché anche ad
alto volume tendono meno a bucare le orecchie del pubblico e producono un suono
leggermente “inscatolato” che fa molto vintage. Hanno poi il vantaggio pratico di non
deformarsi come quelle in legno, che dopo un lungo uso si impregnano di saliva e,
gonfiandosi, vanno a ferire facilmente la bocca di chi le suona. Essendo poi frutto di uno
stampo sempre uguale, il corpo in plastica ha una migliore tenuta all’aria, il che si traduce
nella maggior facilità nel produrre le note aspirate, e soprattutto un clamoroso vantaggio
nei bending e negli overblow, che sono più difficili con le “spifferanti” armoniche dal corpo
in legno.
Le armoniche prodotte dalla Hohner hanno poi un’altra caratteristica magari poco conosciuta
ma fondamentale: la terza nota di ogni accordo è leggermente “calante”. Questo
accorgimento, che è brevettato e che non si trova sulle armoniche degli altri produttori,
permette di evitare la leggera dissonanza data da un’accordatura perfetta della terza nota.
Provare per credere!
MICROFONI
Anche qui le scuole fondamentalmente sono due: i microfoni di tipo “bullet” come l’Astatic
JT 30 o lo Shure 520D (detto Green Bullet), oppure i microfoni classici, tra cui il più usato
è senza dubbio lo Shure 545 Unidyne III, le cui primissime versioni amavano utilizzare
Little Walter (modello 545SD), Charlie Musselwhite e un giovanissimo Paul Butterfield (la
versione 545S a pistola). Tra i modelli “bullet” in commercio si trova
anche una versione del JT30 prodotta per la Hohner, che lo
commercializza con il nome di “Blues Blaster”. Tra i modelli più ricercati
dai collezionisti ci sono anche il Turner 22X ed il Turner BX/BD (X sta
per crystal, D sta per dynamic), usato in molte occasioni da William
Clarke e George “Harmonica” Smith. La storia di questi microfoni è
curiosa perché nacquero come microfoni per i cronisti sportivi e per gli
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speaker delle varie manifestazioni negli
stadi, come l’ippica o il baseball. Il fatto di
poterli impugnare bene permetteva al
commentatore di muoversi nella sua
postazione e di seguire le fasi più concitate
senza correre il rischio che il microfono gli
sfuggisse di mano. Altra diffusissima
applicazione fu nelle radio delle auto di
pattuglia della polizia durante tutti gli Anni
’60 e ’70, tanto che personalmente ho comprato alcune cartucce di ricambio da uno
sfasciacarrozze della polizia di Contea di Baltimore, in Virginia. Esistono poi in commercio
una serie di microfoni speciali, specifici per armonica, che sono stati creati da artigiani e
musicisti nel corso degli anni. La gran parte degli armonicisti usa però gli Astatic o gli
Shure. Personalmente ho provato il modello “Shaker”, che pur essendo economico e molto
comodo da impugnare non mi ha soddisfatto, nonostante il captatore in crystal.
A proposito di captatore, o “cartuccia” come viene spesso definito, esistono vari modelli a
bassa o alta impedenza, in crystal o in ceramica, oppure
dinamici. Il suono migliore nei microfoni di tipo bullett è
dato dalle cartucce a bassa impedenza in crystal, come
le mitiche MC-151 o MC-127 della Astatic, montate nei
modelli JT-30 e JT-30C.
Rod Piazza vende un modello di JT-30 da lui modificato, con una cartuccia leggermente
potenziata e un connettore a jack: suona molto bene, ne ho comprato uno qualche anno fa
(lo vedete in copertina) e mi è arrivato direttamente a casa in un tempo brevissimo.
AMPLIFICATORI
Marche e modelli sono veramente molti, troppi per citarli tutti. Esistono però delle pietre
miliari che ancora oggi vanno per la maggiore, come i Fender Bassman (sempre più rari
e costosi quelli originali, diffusissime le riedizioni) o i Fender Super Reverb. Personalmente
ho suonato per diverso tempo con una riedizione del Bassman (sostituendo il rettificatore
a transistor con una valvola), per poi passare con enorme soddisfazione ad un Super
Reverb Black Face originale del ’66. Ho usato molto volentieri anche dei vecchi Fender
Pro e una riedizione del Vibroverb del ’63, che però aveva
l’odiosa tendenza ad andare in risonanza e a fischiare in
modo eccessivo, non controllabile.
Little Walter usò moltissimo il Bassman ed ancora oggi molti
sono gli armonicisti che lo preferiscono: il compianto William
Clarke (che amava molto anche il Super Reverb), Sam
Myers, Johnny Dyer, Kim Wilson, Rod Piazza, Mark Wenner,
Gary Primich, Darrel Nulisch, Lynwood Slim e Gary Smith.
Tra gli estimatori del Super Reverb ci sono Jerry Portnoy,
Rick Estrin, Magic Dick, Mark Hummel e Doug Jay.
Non è detto che per trovare il giusto suono ci vogliano per
forza questi amplificatori, ma è un dato di fatto che tutti i più
grandi arminicisti li abbiano sempre usati, se non in tour
almeno al momento di entrare in studio di registrazione. Un modello di amplificatore
largamente sottovalutato e quasi sconosciuto che in America è molto apprezzato (usato
da Mojo Buford quando suonava con Muddy Waters) è il Sears Silvertone Mod. 1448,
nella versione 4 coni o 6 coni da 10". E’ composto da testata più cassa e si può trovare
facilmente a poche centinaia di dollari (di solito meno di $300) in qualche pawn shop (i
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negozi tipo banco dei pegni). Ne ho usato uno per qualche serata quando stavo a New
Orleans e mi ha veramente sorpreso, peccato che sia così pesante e scomodo da
trasportare.
Esistono in America una serie di artigiani, tra cui cito Kendrick e Vero, che producono
ampli eccezionali realizzati espressamente per l’armonica: va notato però che anche questi
due produttori raramente si discostano da una serie di caratteristiche che vengono ritenute
basilari per ottenere il giusto suono, come il “tutto valvole” e l’utilizzo dei quattro coni da
10".
Ecco una serie di caratteristiche che farete bene a cercare nel vostro prossimo amplificatore:
1) Configurazione interamente valvolare – anche un
solo transistor può cambiare radicalmente la resa
sonora. Il suono che state cercando non può
prescindere dal “tutto valvole” dai pre alle finali e al
raddrizzatore.
2) Circuitazione a norme militari – per intendersi…
niente circuiti stampati. Gli ampli dal suono migliore
sono quelli che hanno tutta la circuitazione basata su
ponticelli, fili e resistenze, come si faceva una volta.
Non so dirvi esattamente il perché, ma è un dato di
fatto.
3) Speaker – la configurazione più utilizzata dagli armonicisti è 4 coni da 10". Saturano
più facilmente e sono più leggeri da “muovere”. Questo fatto è di vitale importanza
perché l’armonica non è preamplificata e fa molta più fatica a muovere un singolo
cono o, peggio, due coni da 12". I quattro coni da 10" offrono anche tutto il volume
di cui avrete bisogno per suonare nei locali grandi o in band dove il batterista picchia
duro o non c’è modo di far stare basso il chitarrista. Ma se avete polmoni e una
buona tecnica nulla vi vieta di utilizzare soluzioni diverse: James Harman suona da
anni con un Fender Vibroverb Brown Tolex originale, che ha due coni da 10" (la
versione Black Face ne ha invece 1 da 15”).
4) Riverbero – può non essere fondamentale e può anche non piacere ma in alcuni
casi aggiunge corpo al suono dell’armonica, senza esagerare. Oggi quasi tutti gli
amplificatori hanno al loro interno un riverbero a molla, ma la maggior parte degli
ampificatori più vecchi, quelli che ci interessano maggiormente, non ne è dotata,
per cui si deve ricorrere a qualche accessorio esterno. Il miglior acquisto in questo
senso è la testata riverbero della Fender, rara e costosa quella originale degli
Anni ’60, per fortuna disponibile da qualche anno come riedizione. Contiene un
riverbero a molla comandato da un circuito valvolare che
rende più pieno ed aggressivo il suono dell’armonica, ma
la rende troppo squillante se mal regolato. Per gli amanti di
Little Walter: Marion Jacobs (questo il suo vero nome) era
un grande serimentatore, a suo tempo un vero innovatore.
L’effetto riverbero che si sente nei suoi dischi è in realtà,
nella maggior parte dei casi, un eco a nastro, oggetto che è
diventato una specie di Sacro Graal per gli appassionati.
Little Walter usava in particolare un Echoplex valvolare della
Market Electronics, oggetto ormai rarissimo che ha raggiunto quotazioni assurde.
Attenzione: il brevetto dell’Echoplex fu successivamente acquistato dalla Gibson
che lo rimise in produzione con il marchio Maestro. Purtoppo lo schema elettrico
originale fu modificato e le valvole vennero sostituite da una serie di trasistor, con
conseguenze irreparabili a livello di resa sonora.
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5) Vintage – l’ultima voce della lista è forse anche
la più importante. Che vi piaccia o meno il suono
migliore per l’armonica blues è ancora quello
dato dagli amplificatori prodotti 30 o 40 anni
fa. Sono rari, costosissimi e ripararli può essere
un problema, ma provate anche solo una volta a
soffiare in uno di questi e capirete subito di cosa
sto parlando! Sono andato una volta a sentire
Rick Estrin, l’eccezionale armonicista di Little
Charlie and The Nightcats in un bar di Lugano.
In quell’occasione fu costretto dalle circostanze
ad uilizzare un nuovissimo Ampeg semivalvolare
e, pur avendo un suono comunque di altissimo
livello, continuò a smanettre sulle regolazioni per tutta la serata. A fine concerto mi
confessò che raramente in vita sua aveva suonato in un amplificatore che avesse
meno dei suoi anni, era quella la sua regola d’oro!
N.B. Prima o poi vi verrà la tentazione di usare qualche effetto del tipo a pedale (per
chitarra) separato dall’ampli, magari un riverbero, un delay o un distorsore. Tranne
rarissimi casi sono effetti digitali che toglieranno tutto il corpo al vostro suono, rendendo
inutile l’essersi procurato con tanta fatica l’amplificatore “giusto”.
REGOLAZIONI
Trovato il giusto microfono e il giusto amplificatore bisogna regolarli al meglio per ottenere
il massimo risultato. In linea di principio cercate di usare sempre il massimo volume possibile,
perché gli ampli valvolari danno il meglio di sé quando vanno in saturazione, cioè quando
il suono tende a distorcere. Il livello giusto è quello subito prima che l’ampli inizi a fischiare
in modo incontrollabile. Molte volte potrà succedere di avere un volume troppo alto per le
dimensioni del locale in cui suonate: piuttosto che abbassare provate a procurarvi un
pannello di compensato o di plexiglass da mettere di fronte alla griglia dell’amplificarore, a
circa dieci centimetri di distanza. E’ un trucco che molti armonicisti famosi usano nei locali
più piccoli o meno affollati, dove il suono dell’armonica può diventare addirittura fastidioso.
Alcuni amplificatori sono comunque troppo potenti per poterli usare alla soglia massima,
provate allora a sostituire le valvole finali con delle unità meno potenti, ho visto che gli
ampli ideali per suonare live nei locali sono quelli che hanno un’uscita attorno ai 30
Watt RMS (che sono comunque una bella botta!).
In casi estremi potrete tenere l’ampli molto alto e regolare il potenziometro sul microfono a
mezza apertura, ma fate poi attenzione a non aprirlo tutto accidentalemente… o sembrerà
che un Boeing vi stia atterrando sulla testa!
Per quanto riguarda i toni, non eccedete con i bassi (che devono scaturire da soli, se le
mani sono ben chiuse attorno al microfono), tenete i medi
in una posizione di mezzo e se volete una distorsione più
graffiante alzate un po’ di più gli alti (o se l’ampli lo
consente inserite il jack del microfono nel canale “bright”).
Ripeto, il tono giusto arriva dal volume! Per quanto
riguarda il riverbero, se lo avete, mantenete una posizione
tra il 2 ed il 3, deve dare corpo al suono senza creare
troppo eco. Attenzione che l’effetto del riverbero
diminuisce quando il locale è molto affollato, per cui
regolatevi di conseguenza.
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ACCORGIMENTI IN SALA DI REGISTRAZIONE
Se vi capita di dover incidere un demo, un CD o semplicemente di fare da sideman ad una
registrazione ci sono alcuni accorgimenti da adottare. Innanzi tutto sappiate che ben
pochi fonici sapranno come gestire il vostro strumento quindi dovrete dirgli voi
cosa fare (la cosa non gli piacerà per niente)… ed essere irremovibili. In sala di
incisione si registra in due modi: in presa diretta, tutti insieme live, oppure in momenti
diversi, tipicamente batteria, poi basso, poi chitarra, piano, fiati (tra cui l’armonica) ed
infine la voce. Ogni fonico proverà a piazzarvi un microfono appiccicato ad uno dei quattro
coni del vostro ampli e vi dirà di stare basso, tanto poi ci pensa lui col mixer a regolare i
volumi… Non ascoltatelo e non cedete, o la vostra armonica sembrerà un organetto per
far ballare le scimmie. L’ideale sarebbe mettere l’ampli in bagno (sì, in bagno) e tenerlo
quasi al massimo volume, con un microfono ben lontano che registra tutti i suoni della
stanza. Voi starete fuori dalla stanza chiusa, con il cavo del microfono che passa sotto alla
porta e vi sentirete in cuffia attraverso il mixer. Se non convincete il fonico a mettere l’ampli
in bagno allora tenetelo girato verso il muro (in modo da poter tenere più alto il volume) a
circa due metri e piazzate il microfono che va al mixer vicino al muro, in modo che punti
verso il centro dei quattro coni. Usate il vostro riverbero (non servirà qualora siate
riusciti a farvi registrare con l’ampli in bagno) e non lasciate che vengano aggiunti effetti
dalla consolle del mixer (tipo compressore, ulteriore riverbero o peggio che mai una
distorsione digitale!).
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copertina
microfono Astatic JT-30 (modificato da Rod Piazza) e armoniche Hohner Marine Band - foto Ambrosioni
pagina 2
armonica Hohner Marine Band Gold serie limitata per anniversario 100 anni (1896 - 1996) - foto Ambrosioni
pagina 3
armonica Tombo Lee Oskar
pagina 4
armonica Hohner Echo Super Vamper - foto Ambrosioni
microfono Shure 520D Green Bullet
pagina 5
microfono Turner 22X
microfono Shure 545SD
amplificatore Fender Bassman
pagina 6
esempio di circuitazione a norme militari
testata riverbero Fender
pagina 7
amplificatore Fender Super Reverb
amplificatore custom made Vero
pagina 8
amplificatore Fender Vibroverb ‘63 Reissue
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© 2005 Pietro Ambrosioni - tutti i diritti su testo e foto sono riservati e
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