che hanno attraversato con impegno critico tutta l`architettura del

Transcript

che hanno attraversato con impegno critico tutta l`architettura del
COMUNICATO STAMPA
Mendrisio, 28 aprile 2010
ARCHIZOOM ASSOCIATI 1966-1974. DALL’ONDA POP ALLA SUPERFICIE NEUTRA
All’Accademia una mostra che presenta una generazione di professionisti
che hanno attraversato con impegno critico tutta l’architettura del ‘900
Giovedì 6 maggio 2010 è in programma l’ultimo appuntamento del ciclo di eventi
pubblici previsti per la primavera all’Accademia di architettura di Mendrisio (Università
della Svizzera italiana). L’occasione è fornita dall’inaugurazione della mostra
Archizoom Associati 1966-1974. Dall’onda pop alla superficie neutra, a cura del professore
di storia dell’architettura Roberto Gargiani e promossa dall’Ecole Polytechnique Fédérale
de Lausanne in collaborazione con il Centro Studi e Archivio della Comunicazione
dell’Università degli Studi di Parma.
Introduzione
L’esposizione è la prima occasione per stilare un bilancio completo di una delle esperienze cruciali
delle neo-avanguardie degli anni Sessanta e Settanta: quella del gruppo degli Archizoom che ha
prodotto una ricca serie di progetti di design, di architettura e visioni urbane a scala territoriale,
fonte d’ispirazione fondamentale per architetti quali Isozaki, Koolhaas, Tschumi.
Autori di progetti di megastrutture e città visionarie, eseguiti durante i loro studi universitari a
Firenze, gli Archizoom sono dapprima diventati, nel 1966, con Superstudio, gli inventori della
Superarchitettura e i promotori di processi creativi Pop nel progetto di design. Oggetto
emblematico di questa fase, e, più in generale, della storia del design italiano del XX secolo, è il
divano Superonda.
Una prima significativa evoluzione si profila nel 1967-1968, quando gli Archizoom iniziano a
progettare opere concepite come espressioni di una rivolta culturale che ha come idoli Marx,
Malcolm X, Che Guevara e, più in generale, ogni impulso capace di produrre una rivoluzione contro
la società del capitalismo – per loro è soprattutto la cultura dell’Islam che inizia a giocare un ruolo
cruciale in questa prospettiva.
I Dream Beds, il divano Safari e i Gazebi sono alcune delle opere attraverso le quali la
Superarchitettura si trasforma in un sistema capace di produrre forme di eclettismo e di kitsch, e di
procedere verso una distruzione critica di alcuni fondamenti del Movimento Moderno, conducendo
gli Archizoom alla scoperta dei concetti di vuoto e di neutro che caratterizzeranno i loro ultimi
progetti.
Punto di arrivo delle ricerche degli Archizoom è la No-Stop City, messa a punto tra il 1970 e il
1971, una delle visioni più enigmatiche e radicali della città del futuro senza limiti, resa possibile
dall’illuminazione artificiale e dall’aria condizionata. Gli Archizoom non si sono limitati a
immaginare i diagrammi e le vedute della loro città; hanno anche progettato dei mobili
multifunzionali – gli Armadi Abitabili – da disporre sui piani continui e indivisi della No-Stop City, e
degli abiti per gli abitanti di questi luoghi artificiali – il Dressing Design.
USI - Accademia di architettura
Villa Argentina, Largo Bernasconi 2, CH-6850 Mendrisio (Svizzera)
tel. +41 58 666 50 00, fax +41 58 666 58 68, [email protected], www.arc.usi.ch
Alla fine della loro storia, e in un arco di tempo molto breve, gli Archizoom ci hanno lasciato un
sistema completo che va dall’abito al mobile sino alla città concepita a scala territoriale; un sistema,
il loro, che è anche testimonianza appassionata degli ideali di una generazione che ha creduto in
un’umanità liberata dai vincoli dell’architettura, che ha lottato per una cultura alternativa, che ha
sperato in uno stile di vita non-conformista, totalmente libero.
Megastrutture e Pop
I membri fondatori degli Archizoom – Andrea Branzi, Gilberto Corretti, Paolo Deganello e Massimo
Morozzi – s’iscrivono alla Facoltà di Architettura di Firenze tra il 1959 e il 1961; nel 1963 s’iscrivono
alla stessa Facoltà gli altri due membri, Lucia Morozzi e Dario Bartolini. Già durante gli studi
universitari, architettura e politica formano il nucleo teorico peculiare del futuro impegno
progettuale degli Archizoom.
Il progetto scolastico di Struttura urbana per 70’000 abitanti, a Brozzi, del gruppo formato da
Paolo Deganello, Carlo Chiappi, Paolo Marliani, è una delle prime megastrutture progettate dagli
studenti della Facoltà di Architettura prendendo ispirazione da quelle di Tange, Kahn e dei
Metabolisti. La traduzione in italiano dei saggi di Vincent Scully jr., Architettura Moderna e Louis
Kahn, lascia tracce profonde, negli studenti fiorentini, per la comprensione degli ultimi capolavori di
Le Corbusier, e in particolare il Campidoglio di Chandigarh, e per la conoscenza dell’opera di Kahn.
Lo dimostra il progetto scolastico per la sede di una Facoltà di Architettura (1965) del gruppo
formato da Branzi, Corretti, Morozzi e Ali Navai.
Nel corso del 1966, dopo le esperienze dei gruppi universitari di studio, vengono fondati i primi due
e più importanti gruppi di giovani laureati fiorentini, le cui opere diverranno un riferimento in
campo internazionale per la formazione delle successive generazioni di architetti: gli Archizoom e
Superstudio. Elemento discriminante tra i due gruppi è l’orientamento politico che nel caso dei
futuri membri degli Archizoom alimenta la loro aspirazione a un radicale cambiamento sociale che li
spingerà talvolta a trasformare il progetto di architettura in forma di analisi critica della società dei
consumi.
La formazione del gruppo è preceduta dalla redazione delle tesi di laurea di Deganello, Corretti,
Branzi. È in alcuni di questi progetti, come anche in progetti scolastici di Morozzi, che si delinea
un’idea di architettura policroma e festosa, da Luna Park, definibile come Pop e che prefigura le
opere degli Archizoom della fine del 1966.
Superarchitettura
La mostra della Superarchitettura, che si tiene alla galleria d’arte Jolly 2, a Pistoia, dal 4 al 17
dicembre 1966, segna la nascita degli Archizoom e di Superstudio.
Prototipi e modelli di mobili e oggetti in colori vivaci sono ispirati a quelli alla moda nei Piper;
rappresentano un’importante apertura del design italiano alla Pop Art di Roy Lichtenstein, Robert
Indiana, Eduardo Luigi Paolozzi, Joe Tilson; sono generati da operazioni scultoree e indipendenti
dallo studio delle funzioni e dei materiali; manifestano astratti valori percettivi, come morbido,
curvo, inclinato, colorato.
Tra le opere esposte a Pistoia figurano la Superonda e la Rampa, entrambe concepite per
contestare i criteri di serialità, ergonomia, componibilità del design funzionalista e per affermare
l’invadenza nella vita privata di oggetti pubblicitari, luminosi e colorati, della metropoli dei consumi
di massa. Nelle intenzioni degli Archizoom quei mobili ingombranti assumeranno ben presto il
2
significato di congegni bellici – diverranno veri e propri “cavalli di Troia” introdotti tra le pareti
domestiche da un ignaro acquirente.
Eclettismo afro-tirolese e kitsch acido
Dopo la mostra della Superarchitettura e dopo la realizzazione della Superonda, la ricerca degli
Archizoom sull’immagine dell’oggetto d’uso e del mobile evolve dalla cultura figurativa Pop verso
una sempre più forte costruzione allegorica che si avvale di riferimenti culturali e figurativi diversi,
sino a spingersi verso forme eclettiche che integrano il gusto corrente delle masse.
Pop Art e idoli popolari diventano gli ingredienti di un eclettismo che già nel corso della seconda
metà del 1967 produce immagini diverse da quelle della Superarchitettura.
In tre opere inizia a delinearsi l’evoluzione dei riferimenti figurativi Pop verso forme che aspirano a
divenire critica politica praticata attraverso il disegno: una nuova versione della Rampa; un
fantastico disegno di trasformazione dell’abitacolo della Fiat 500 in Super Abarth e il divano
Safari. Nelle tre opere è presente la finta pelle di leopardo che si afferma quale uno dei materiali
emblematici di questo momento della produzione degli Archizoom.
Il definitivo superamento della fase Pop si compie con l’invenzione, nella seconda metà del 1967,
dei Gazebi, destinata a lasciare un’impronta ossessivamente presente nelle successive opere degli
Archizoom almeno sino al 1970. Struttura elementare per creare ombra nei giardini, il Gazebo
viene trasformato in un recinto essenziale che serve da struttura di riferimento costante per la
narrazione di racconti allegorici diversi, messi in scena attraverso la scelta e la disposizione di
oggetti comuni.
Alla XIV Triennale di Milano del 1968, gli Archizoom realizzano il Gazebo più celebre, intitolato
Centro di Cospirazione Eclettica, sintesi tra rappresentazione di un’istanza politica e invenzione
di congegni artistici, al modo di James Rosenquist e Robert Rauschenberg, ma con esiti che
continuano a esplorare le possibilità figurative di processi creativi spinti sino a quel kitsch che per
l’occasione definiscono con il termine di “eclettismo”. Sollevato il portale di stoffa, il visitatore
penetra in un’atmosfera densa di allegorie a Malcolm X, ai negri americani e all’Islam, e vede
oggetti enigmatici, nessuno dei quali ha forma e uso convenzionali. Anche il visitatore che non
riesce a carpire la segreta volontà di creare il cenotafio di Malcolm X e della cultura eversiva
dell’Islam coglie comunque la volontà di definire un design a vocazione allegorica che rimetta in
discussione la legittimazione dell’oggetto sulla base esclusiva della sua funzionalità.
Razionalismo esaltato
Noti per i loro oggetti di design e per i loro allestimenti, che iniziano a essere pubblicati da riviste
italiane ed estere, gli Archizoom intraprendono anche, appena costituitisi in gruppo, un’intensa
attività professionale che tuttavia non viene da loro ricordata nelle interviste o negli articoli, quasi si
trattasse di un lavoro segreto e “borghese” svolto in parallelo alle ricerche sul design una volta
“deposto l’abito” dei “terroristi”.
Gli Archizoom redigono progetti per le chiese a Zingonia e Pietrapiana, per lottizzazioni edilizie
e ville, nei dintorni di Firenze e in località balneari toscane (per esempio la villa Vivoli, a Fiesole),
espressioni di una forma peculiare di quel “razionalismo esaltato” teorizzato da Aldo Rossi nel
1967.
Il loro “razionalismo esaltato” raggiunge la dissoluzione dei presupposti simbolici e figurativi, per
approdare a processi di generazione della forma privi di intenzionalità artistica e il più possibile
automatici, con il progetto di concorso per un centro espositivo nella Fortezza da Basso, a Firenze
3
(1967-1968). Nel piazzale della Fortezza gli Archizoom inseriscono un contenitore di tipo industriale
il cui volume evita ogni soluzione di composizione con le preesistenze. È la distanza minima tra le
mura e il contenitore imposta dal bando a diventare il principio generatore della forma.
Le potenzialità simboliche di quello stesso “razionalismo esaltato” vengono portate all’eccesso,
producendo un oggetto altamente metaforico ed eloquente con il progetto che gli Archizoom
presentano al concorso del 1968 per il Padiglione Italiano alla Esposizione Universale di
Osaka del 1970. “Le Meraviglie d’Italia”, motto del progetto, sono gli oggetti esposti e, prima di
tutto, il Padiglione per la sua capacità di essere, al tempo stesso, rappresentazione iconica dell’Italia,
sintesi di una cultura architettonica autoctona – quella del razionalismo italiano tra le due guerre –
e versione murale del Gazebo.
Tra il 1968 e il 1969 due opere sono particolarmente espressive del nuovo culto degli Archizoom
per l’architettura di Mies van der Rohe: il progetto di villa sul lago di Ginevra e la poltrona
Mies. Altri progetti per sedie – la NEP e la Lokomotiv –, ispirati a elementi figurativi suprematisti,
costruttivisti e De Stijl, arricchiscono la genealogia dei mobili Archizoom d’avanguardia inaugurata
con la Mies.
Gli Archizoom iniziano a studiare sedute dai profili talvolta ispirati alla sedia Panton. Progettano
poltrone in tessuto rinforzato da lamine d’acciaio o con struttura metallica e vari tipi di materiale
per seduta e schienale. Realizzano il prototipo di Poltrona a braccio, estrema espressione, nel
cambiamento tecnologico delle schiume poliuretaniche avvenuto tra 1966 e 1972, della
componente scultorea del loro design.
Queste sperimentazioni si risolvono nel progetto per una seduta componibile, l’AEO, entrata in
produzione nel 1973.
Discorsi per immagini
Le prime importanti riflessioni degli Archizoom sulla città vengono pubblicate nel corso del 1969 e
s’intrecciano, in alcuni casi, con quelle analoghe di Superstudio, confermando la continuità di un
confronto stimolante mai venuto meno dopo la fondazione dei due gruppi. La loro analisi della città
e del territorio non segue i consueti criteri dell’urbanistica, ma avviene attraverso dei discorsi per
immagini ispirati alla Land Art e messi a punto sullo sfondo di una visione critica della società.
I criteri artistici fondamentali generatori delle immagini sono di varia natura: ingigantimento di un
dettaglio (Aerodynamic City); sollevamento di un settore di crosta terrestre (Belvedere, Roof
Garden); ripetizione di un oggetto emblematico di una città (Quartieri Paralleli per Berlino); scavo di
un vuoto simbolico nel tessuto urbano storico (Sventramento a Bologna); intrusione di un colossale
Gazebo in una città (Edificio Residenziale per Centro Storico).
No-Stop City
La serie di disegni della No-Stop City, iniziata nel 1970, non definisce il quadro coerente di una
città del futuro, ma, come i Dream Beds, i Gazebi e i Discorsi per immagini, vuole creare, nelle
intenzioni degli Archizoom, i presupposti per un nuovo tipo di conoscenza dei fenomeni in atto.
La No-Stop City vuole essere l’ideogramma della superficie terrestre con cui mostrare il destino in
atto di uno sviluppo capitalistico che è destinato, nell’ottica degli Archizoom, a raggiungere la
forma estrema e “definitiva” della fabbrica-città discussa dagli intellettuali marxisti italiani; vuole
quindi mettere sotto gli occhi di tutti lo stato di fatto di un globo ormai interamente urbanizzato
dove non esiste più l’opposizione tra artificio e natura, tra città e campagna, perché anche le zone
4
più remote sono ormai raggiunte dai fenomeni della società dei consumi, primo tra tutti
l’inquinamento.
Dai diagrammi che rappresentano lo schema strutturale e distributivo fondamentale della loro città,
gli Archizoom raschiano via la griglia urbana e l’articolazione in strade, piazze, isolati, edifici, case e
monumenti, e prefigurano un sistema omogeneo, ripetuto un imprecisato numero di volte, senza
che questa operazione generi una struttura urbana emergente nel paesaggio, perché gran parte dei
piani si sviluppa in sottosuolo.
Per ottenere le vedute iconiche dei piani continui racchiusi nell’enigmatica No-Stop City, gli
Archizoom realizzano un congegno ottico fondato sull’utilizzazione di specchi.
Fondamentale nella messa a punto della No-Stop City è il progetto di concorso per la sede
dell’Università di Firenze (1970-1971). La tavola dedicata agli “elementi costituenti l’universal
climatic system” suggerisce un processo di progetto che avviene per sovrapposizione di strati o
funzioni, ognuno dei quali risponde a proprie logiche. È un fondamentale punto di arrivo delle
ricerche delle neo-avanguardie per un modo di progettare non compositivo.
Contemporaneamente ai diagrammi della città del futuro, gli Archizoom mettono a punto un
sistema di abbigliamento per il clima artificiale della loro No-Stop City: The Nearest Habitat System,
Dressing Design.
Essi intendono ridefinire il ruolo del progettista, non più “stilista”, ma tecnico in grado di
controllare e orientare i processi della fabbricazione dei capi di abbigliamento, e di creare un
“sistema razionale di abbigliamento” fondato su una serie di oggetti da indossare e inteso quale
“base neutra” per variazioni personali. Così l’abito diventa per gli Archizoom il primo grado della
costruzione dell’habitat; è prodotto di design da analizzare nelle sue componenti tecniche e di
fabbricazione; è investito delle stesse qualità del piano della città e dei diagrammi “non figurativi”,
essendo una “base neutra”; è sistema di elementi componibili studiato per le comunità d’individui
che abitano luoghi senza qualità e senza confini, climatizzati e illuminati da luce artificiale.
L’altro oggetto degli Archizoom che assieme all’abito concorre alla precisazione delle forme di vita
possibili nella No-Stop City è il mobile nella soluzione del contenitore multifunzionale: l’Armadio
Abitabile. Esso corrisponde alle caratteristiche dell’“antidesign” italiano teorizzato nel 1969 da Joe
Colombo e che decreta la fine degli “oggetti isolati”, sostituiti da “blocchi coordinati disposti in
uno spazio libero”.
Nella No-Stop City, “città non discontinua e omogenea” dove non esistono più né tessuto urbano
né architetture, la casa si trasforma in Armadio Abitabile. Così viene meno il modello della capsula
o dell’abitacolo, tipico delle ricerche delle avanguardie internazionali contemporanee; gli uomini
abitano attorno o sopra l’armadio, godendo del piano continuo garantito proprio da quel tipo di
contenitore.
L’eliminazione dell’architettura prefigurata con la No-Stop City non è che una tappa del processo di
azzeramento formale perseguito dagli Archizoom e da altri gruppi dell’“architettura radicale” che
nei primi anni Settanta puntano a “eliminare” anche l’oggetto – Distruzione degli oggetti –,
volendo distruggerne ogni qualità semantico-simbolica e ridurlo in uno stato di neutralità che
rifletta quello dei luoghi della No-Stop City.
Intorno al 1972-1973 il Dressing Design formulato nel quadro degli studi per la No-Stop City si
articola in due direzioni corrispondendo anche a due momenti della ricerca e a contributi di diversi
membri del gruppo: da una parte vi sono le proposte per singoli capi da realizzare su basi
industriali, sfruttando le possibilità dei macchinari e dei materiali sintetici per produrre abiti senza
5
taglia e componibili, sempre idealmente rivolti all’abitante della No-Stop City; dall’altra vi sono le
ricerche tese a riconsiderare la fabbricazione artigianale dell’abito a partire dai suoi elementi
costitutivi (tessuto e filo) e dalle operazioni elementari (taglio e cucitura), riscoprendo i tessuti in
fibre naturali e i metodi della sartoria tradizionale, ma non nell’accezione dell’abito occidentale per
tagliare il tessuto in pezzi da cucire secondo forme aderenti al corpo, bensì per individuare tagli e
cuciture che non comportino scarti, arrivando a progettare abiti dalle forme indipendenti da quelle
del corpo.
I nuovi criteri sartoriali divengono il soggetto dei due filmati, Come è fatto il cappotto di Gogol e
Vestirsi è facile, realizzati dagli Archizoom per la XV Triennale di Milano del 1973, quando ormai il
gruppo è in procinto di procedere alla propria autodistruzione.
La mostra all’Accademia di architettura di Mendrisio
In occasione del vernissage di Archizoom Associati 1966-1974. Dall’onda pop alla superficie neutra,
che si terrà giovedì 6 maggio 2010 alle ore 19.30, Roberto Gargiani, curatore della mostra e
professore di storia dell’architettura all’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne, terrà una
conferenza in italiano.
All’inaugurazione saranno presenti gli architetti di Archizoom: Andrea Branzi, Gilberto Corretti,
Paolo Deganello, Massimo Morozzi e Dario Bartolini.
L’evento è previsto presso l’Aula Magna dell’Accademia di architettura (pianterreno di Palazzo
Canavée, Via Canavée 5, Mendrisio, Svizzera). Al termine un aperitivo sarà offerto a tutti i presenti.
La mostra, a cura di Roberto Gargiani, può essere visitata da venerdì 7 maggio a domenica 6
giugno 2010 presso la Galleria dell’Accademia (pianterreno di Palazzo Canavée, Via Canavée 5,
Mendrisio, Svizzera), dal martedì alla domenica dalle ore 13.00 alle 18.00. L’ingresso è gratuito.
L’esposizione è promossa dall’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne in collaborazione con il
Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università degli Studi di Parma.
Per il loro contributo alla realizzazione della mostra si ringraziano l’architetto Andrea Branzi; il
Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università degli Studi di Parma; Cassina S.p.A.,
Meda / Milano; il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato; Poltronova srl, Montale;
l’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne.
Si ringraziano inoltre per il supporto 3A Composites GmbH, Osnabrück / Singen (Germania); Fabio
Rezzonico & Co, Mendrisio; Color Lito System SA, Manno; Autotrasporti S.a.g.l., Novazzano.
Informazioni
Amanda Prada, Responsabile comunicazione e conferenze, Accademia di architettura di Mendrisio
tel. +41 58 666 58 69, [email protected]
6