Classe d`esposizione XF

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Classe d`esposizione XF
cemento
& calcestruzzo
cemento
& calcestruzzo
La classe
d’esposizione
S
i passerà ora alla descrizione della
classe d’esposizione XF. In tale
classe ambientale dovranno ricadere tutti quei calcestruzzi che si possa
ipotizzare siano sottoposti, durante la loro
vita utile, a ripetuti cicli di gelo e disgelo.
Tale situazione ambientale potrà comprendere sia l’assenza che l’uso di soluzioni, o sali, disgelanti.
La suddivisione nelle varie sottoclassi,
quattro in tutto, è relativa alla saturazione
dell’acqua oltre che all’impiego dei sali
disgelanti.
Le 4 sottoclassi risultano essere le seguenti: XF1, XF2, XF3, XF4. Ci si addentrerà nella singole descrizioni fornendo
anche la consueta tabella riepilogativa.
La durabilità delle strutture in calcestruzzo
può risultare alterata da sbalzi o gradienti
termici i quali, con termini più moderni ed
appropriati, vengono definiti come distorsioni termiche. Per distorsione s’intende
una qualunque sollecitazione in grado di
agire sulla struttura che non sia una forza.
Le distorsioni derivanti dalle oscillazioni
di temperatura nell’ambiente circostante
alla struttura sono in grado di provocare
delle vere e proprie distorsioni piuttosto
che la nascita di strati tensionali all’interno di elementi strutturali. Gli esempi
possono essere quello di un elemento a
sbalzo per quanto riguarda per il primo
caso descritto oppure, nel secondo caso,
lo stato tensionale all’interno di una trave
incernierata fra due pilastri. Essa potrà
arrivare a fessurazione nel momento in
cui lo stato di trazione superasse la resi-
X0
Assenza di rischio di corrosione o attacco
XC
Corrosione derivante da carbonatazione
XD
Corrosione derivante da cloruri ad esclusione
di quelli di acqua marina
Xs
Corrosione derivante dai cloruri presenti
nell’acqua marina
XF
Attacco da cicli di gelo/disgelo con o senza
presenza di sali disgelanti
XA
Attacco chimico derivante da terreni o acque
(secondo il Prospetto 2)
Maurizio Agostino*
Continua
l’approfondimento
sul confezionamento
di calcalcestruzzo
durevole esposto a ripetuti
cicli di gelo e disgelo
*Tecnologo del Calcestruzzo
[email protected]
stenza stessa del calcestruzzo.
Ma perché sono così pericolosi i cicli di
gelo e disgelo? In natura, laddove siano
presenti condizioni climatiche in grado di
generare escursioni termiche prossime
a zero gradi, esiste il fenomeno del “crioclastismo” (dal greco kriòs ghiaccio e
klastòs rotto). Esso genera le pietraie
molto spesso visibili, in montagna, ai piedi
d’imponenti formazioni rocciose. I geologi le chiamano coni di detrito e risultano
generate dalla pressione generata dall’acqua infiltrata all’interno delle vene rocciose. A temperature prossime a zero
gradi essa aumenta il proprio volume staccandone intere porzioni.
Figura 1
Schema riassuntivo per le classi d’esposizione secondo UNI 11104 ed UNI 206-1
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Figura 2
Effetti del crioclastismo
sull’Adamello (cima Prudenzini)
Il calcestruzzo in fondo altro non è che
una pietra fusa indurita la quale, per sua
natura, risentirebbe davvero poco di repentini abbassamenti di temperatura.
In realtà è oramai ben nota la presenza
dei cosiddetti pori capillari all’interno del
calcestruzzo. Essi per effetto della condensa o in seguito a pioggia, nebbia o altro fenomeno naturale per così dire
“umido” possono riempirsi di minuscole
quantità d’acqua le quali, in seguito all’abbassamento di temperatura al di sotto
dello zero, congelano. Facendo un passo
indietro fino agli studi universitari l’acqua,
a zero gradi centigradi ed un bar di pressione, muta nello stato solido incrementando il proprio volume specifico pari a
circa 0,09 litri per ogni kg.
A questo aumento del proprio volume fa
seguito la nascita di stati tensionali interni
in grado di fessurare o disintegrare porzioni della struttura stessa.
Ancora una volta è necessario richiamare
l’attenzione sull’importanza di una corretta messa in opera del calcestruzzo
eseguita mediante una puntuale vibrazione in grado di prevenire la nascita di
“vuoti” entro i quali potrebbero arrivare
modeste quantità d’acqua in grado di cagionare danni rilevanti.
All’inizio di questo articolo si è affermato
Figura 4
Avanzamento del fronte ghiacciato
che la suddivisione in sottoclassi è legata
al grado di saturazione dell’acqua. Ma vediamo perché.
Tralasciando considerazioni sulla quantità
d’acqua relativa ai prodotti d’idratazione
ed altre considerazioni sulla quantità d’acqua contenuta nella pasta cementizia, si
può ipotizzare che solo l’acqua contenuta
nei pori capillari interni al calcestruzzo,
sia responsabile della gelività del calcestruzzo stesso. All’abbassarsi della temperatura l’acqua contenuta nel poro inizia a congelare spingendo l’acqua non
ancora solidificata all’esterno del poro
stesso sviluppando una certa pressione
idraulica.
Tuttavia l’acqua potrà essere respinta
all’esterno fino a quando non si avrà una
completa ostruzione della porosità superficiale. A quel punto la solidificazione
dell’acqua all’intero del poro inizierà a
comprimere l’acqua ancora contenuta nel
poro stesso spingendola verso l’interno
in direzione di una parte più calda e non
congelata. A questo punto la fuoriuscita
dell’acqua risulta governata dalla permeabilità della pasta cementizia. è facile intuire come una pasta più permeabile permetterà una fuoriuscita più agevole. Dal
lato del fronte ghiacciato si svilupperà una
pressione idraulica che sarà tanto più
forte quanto maggiore risulterà la velocità di congelamento e minore la permeabilità. Quando la pressione supera la resistenza a trazione del materiale si potrà
avere una frattura della superficie.
Figura 3
Molecole d’acqua e di ghiaccio, notare
come a destra sia maggior lo spazio
fra le molecole
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cemento & calcestruzzo
Figura 5
Nascita della frattura a seguito della poca
permeabilità
tendo all’acqua di congelare una volta che
l’abbia raggiunta limitandosi soltanto a
comprimere l’aria all’interno della bolla.
Senza addentrarsi ulteriormente in certe
fasi del fenomeno si richiama l’attenzione
del lettore sul fatto che durante le fasi del
congelamento l’acqua contenuta all’interno del poro si arricchisce dei sali presenti nella soluzione e portati in segregazione dal fenomeno gelivo. In questa fase
l’acqua residua all’interno del poro, poiché arricchita di sali, tenderà a congelare
ad una temperatura più bassa rimanendo
liquida più a lungo. Questo genererà un’ulteriore pressione derivanti dall’osmosi
che tende a richiamare acqua dall’esterno
verso l’interno. La pressione osmotica si
sommerà, quindi, alla pressione idraulica
sopra descritta con effetti immaginabili.
Lo scopo della trattazione scientifica delle
righe precedenti non aveva certo come
scopo quello di annoiare il lettore, ma
piuttosto di far intuire come i danni maggiori si possano verificare solo se la pasta cementizia risulta bagnata e la sua
porosità quasi satura d’acqua.
Ecco perché il metodo più corretto per
prevenire l’innesco dei processi descritti
è quello di poter generare all’interno del
calcestruzzo delle porosità non raggiungibili dalla migrazione dell’acqua neppure
se la pasta cementizia risultasse completamente satura. Tali “bolle” dovranno essere sferiche ed avere un diametro inferiore al millimetro. La creazione di questo
“antigelo” si può avere aggiungendo additivi aeranti nelle fasi di confezionamento
del calcestruzzo. Infatti una bolla di questo tipo possiede un diametro ben superiore a quello della porosità capillare e per
questo, anche nel momento in cui la pasta risultasse completamente satura, essa
rimane comunque piena d’aria permet-
All’intero del calcestruzzo si possono
avere due tipi di aria: quella “inglobata”
e quella “aggiunta”. Il primo tipo è costituita dall’aria che resta intrappolata all’interno del calcestruzzo durante le fasi di
miscelazione senza l’impiego di un additivo specifico. Il secondo tipo è quella
“stabilizzata” dall’additivo aerante. Il termine impiegato non è casuale. è purtroppo
credenza comune che l’aerante abbia la
capacità di produrre bolle d’aria in più oltre a quella già intrappolata. In realtà esso
ha il solo pregio di riuscire a stabilizzare
quella già presente organizzandola in microbolle opportunamente spaziate.
Infatti durante la miscelazione dei costituenti il calcestruzzo si formano una serie di bolle d’aria di consistenti dimensioni
che si scindono in bolle più piccole sotto
l’effetto del mescolamento. Tali bolle talora possono raggrupparsi fra loro e risalire verso la superficie del calcestruzzo.
Le operazioni di vibrazione durante il getto
all’interno di casseri contribuiscono ad
incentivarne l’espulsione ma di certo non
ad eliminarle completamente, essendo la
loro presenza strettamente legata alla dimensione massima degli aggregati impiegati nella ricetta. Le bolle gestite dall’aerante hanno diametro compreso fra 100
e 300 μc unitamente al fatto che, in funzione del suo dosaggio, esso riesce anche a governarne la distanza dell’una rispetto all’altra, il cosiddetto “spacing”.
Se una parte di quanto esposto è forse
sconosciuta ai più è altrettanto vero che
è cosa nota a molti che all’impiego di un
additivo aerante consegue un calo della
resistenza meccanica a compressione.
Solitamente si assume che per ogni punto
percentuale in più di aria “inglobata” (ora
sappiamo termine non corretto ma di uso
comune) si abbia un calo nella resistenza
nell’ordine del 5%.
Finora si è parlato di tematiche le quali,
per quanto utili, sono riferite più alla teoria che alla pratica del calcestruzzo. Dovendo trattare in questa sede il tema del
gelo applicato al calcestruzzo non ci si
può esimere dall’affrontare il problema
dal lato pratico con il quale ogni giorno le
centrali quale si trovano a fare i conti,
specialmente in un periodo invernale come
quello attuale che non ha certo lesinato
di regalare gelo e neve.
L’esperienza maturata in anni d’esperienza
in centrale a contatto con i clienti spinge
l’autore ad affrontare un tema ben noto
agli addetti al carico.
Nel periodo invernale le telefonate finalizzate all’ordine del calcestruzzo, vedevano alcune imprese richiedere l’impiego
di un cemento a rapido indurimento (ad
esempio CEM III classe 42.5R) e la raccomandazione all’aggiunta del cosiddetto
“additivo antigelo”. L’additivo antigelo!
Esso, nella credenza del personale di cantiere, rappresentava un liquido verde-blu
simile a quello impiegato per abbassare
il punto di congelamento dell’acqua presente nel radiatore dell’auto. Chi scrive
non è mai riuscito a sapere come si fosse
iniziato a tramandare le gesta magiche
del prodotto. La sua stessa esistenza,
per alcuni versi, era paragonabile a quella
dei draghi nel medioevo: benché nessuno
li avesse mai visti, la sola esistenza della
leggenda era sufficiente a renderne certa
la presenza. La fiducia nello strano additivo arrivava al punto tale da credere che
la colpa per il congelamento del calcestruzzo durante la notte, dovesse ascriversi alla disonestà della centrale piuttosto che all’inesistenza o all’inefficacia del
prodotto. Attualmente alla luce del rigido
inverno nelle zone del nord, alcuni hanno
iniziato a raccomandarne ancora l’aggiunta al carico.
Per fornire un aiuto alle centrali ed una
maggiore informazione alle imprese si ricorda che per getti durante freddi periodi
climatici la possibilità del getto è legata
all’impiego combinato di una serie di accorgimenti. Per esempio l’impiego di cementi a rapido sviluppo di calore, o di un
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additivo con funzione accelerante per la
presa e magari un ottimo riduttore d’acqua, la scelta di un fornitore in grado di
stoccare gli aggregati per evitare che questi congelino durante la notte o magari
dotato di acqua riscaldata per il carico.
Inoltre per quanto concerne la pratica di
cantiere cercare d’effettuare i getti nelle
ore più calde della giornata, ad esempio
la seconda parte della mattina, evitare la
rimozione dei casseri per alcuni giorni unitamente all’impiego di materiale coibentato nella parte sommitale o laddove possa
rendere possibile la protezione del
getto.
Sottoclasse XF1
Essa vedrà applicazione per strutture verticali in calcestruzzo, quali facciate o pilastri, in condizioni di saturazione d’acqua moderata in totale assenza di sali disgelanti. Sono quivi comprese anche
strutture che non siano verticali e non
completamente saturate, ma esposte a
gelo, pioggia o acqua.
I requisiti minimi sono differenti per entrambe le normative. La UNI 11104 fissa
il massimo del rapporto a/c in 0,50,
C32/40 come classe minima di resistenza
ed un dosaggio minimo di cemento di 320
kg/mc. Invece per la UNI 206-1 massimo
rapporto a/c fissato in 0,55 con classe
di resistenza C30/37 e dosaggio di cemento non inferiore a 300 kg/mc.
Questa sottoclasse d’esposizione permetterà l’impiego di calcestruzzi per:
- facciate e/o colonne esposte alla pioggia ed al gelo
- strutture non verticali esposte a pioggia e gelo.
Sottoclasse XF2
Essa vedrà applicazione per quelle strutture in calcestruzzo che potrebbero appartenere alla sottoclasse XF1 con moderata saturazione d’acqua, esposte
all’azione dei sali disgelanti sia in maniera
diretta che indiretta. I requisiti minimi sono
uguali soltanto per la classe minima di re-
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sistenza identificata in C25/30. Per i rimanenti requisiti la UNI 11104 fissa il
massimo del rapporto a/c in 0,50, con
dosaggio minimo di cemento di 340 kg/
mc, mentre per la UNI 206-1 il massimo
rapporto a/c viene fissato in 0,55 con dosaggio di cemento non inferiore a 300
kg/mc. Per questa, e le rimanenti sottoclassi appartenenti alla XF, viene richiesta la presenza di un contenuto minimo
d’aria, all’interno del calcestruzzo non inferiore al 3% secondo la UNI 11104 e del
4% secondo la UNI 206-1. È bene prestare attenzione al fatto che qualora il calcestruzzo non contenga il quantitativo minimo d’aria richiesto dai prospetti, le prestazioni ai cicli di gelo e disgelo dovranno
essere verificati secondo quanto disposto dalla normativa UNI 7087. Questa
sottoclasse d’esposizione permetterà
l’impiego di calcestruzzi per:
- strutture stradali
- strutture appartenenti a ponti.
Sottoclasse XF3
Essa vedrà applicazione per quelle strutture in calcestruzzo orizzontali nelle quali
si potrà avere accumulo d’acqua poiché
esposte all’acqua o al gelo quindi in elevata saturazione d’acqua, in totale assenza di sali disgelanti, oppure strutture
soggette a frequenti bagnature.
I requisiti minimi sono differenti per entrambe le normative.
La UNI 11104 richiede un rapporto a/c
massimo di 0,50, con almeno 340 kg/mc
di cemento per una classe minima di resistenza C25/30.
Invece per la UNI 206-1 si avrà lo stesso
rapporto a/c di 0,50, ma almeno 320 kg/
mc di cemento e classe di resistenza non
inferiore a C30/37.
Anche per questa sottoclasse è richiesto
un contenuto minimo di aria inglobata pari
al 3% secondo la UNI 11104 e del 4%
per la UNI 206-1.
Normativa
Massimo rapporto a/c
Contenuto minimo
di cemento (kg/mc)
Rck minima (cil/cub)
UNI 11104
0,50
320
C32/40
UNI 206-1
0,50
300
C30/37
Tabella 1 - Sottoclasse XF1 - Riassuntiva per i requisiti minimi secondo UNI 11104
ed UNI 206-1
Normativa
Massimo
rapporto a/c
Contenuto minimo
di cemento (kg/mc)
Rck minima
(cil/cub)
Quantità d’aria
inglobata
UNI 11104
0,50
340
C25/30
3%
UNI 206-1
0,55
300
C25/30
4%
Tabella 2 - Sottoclasse XF2 - Riassuntiva per i requisiti minimi secondo UNI 11104 ed
UNI 206-1
Normativa
Massimo
rapporto a/c
Contenuto minimo
di cemento (kg/mc)
Rck minima
(cil/cub)
Quantità d’aria
inglobata
UNI 11104
0,50
340
C25/30
3%
UNI 206-1
0,50
320
C30/37
4%
Tabella 3 - Sottoclasse XF3 - Riassuntiva per i requisiti minimi secondo UNI 11104 ed
UNI 206-1
Normativa
Massimo
rapporto
a/c
Contenuto minimo
di cemento (kg/mc)
Rck minima
(cil/cub)
Quantità d’aria
inglobata
UNI 11104
0,45
360
C28/35
3%
UNI 206-1
0,45
340
C30/37
4%
Tabella 4 - Sottoclasse XF4 -
ed UNI 206-1
Riassuntiva per i requisiti minimi secondo UNI 11104
cemento & calcestruzzo
Questa sottoclasse d’esposizione permetterà l’impiego di calcestruzzi per:
- terrazze non piastrellate in ambienti
gelivi
- travi o cordolature esposte ad acqua e
gelo
- pavimentazioni in calcestruzzo.
Sottoclasse XF4
Essa vedrà applicazione per quelle strutture in calcestruzzo orizzontali esposte al
gelo soggette a frequenti bagnature, quindi
in elevata saturazione d’acqua, in presenza
diretta, o indiretta, di sali disgelanti.
Nell’esposizione all’acqua è pure compresa
quella di mare. I requisiti minimi sono uguali
soltanto per lo stesso valore di 0,45 relativo al rapporto a/c massimo. La UNI 11104
richiede almeno 360 kg/mc di cemento
per una classe minima di resistenza C28/35
diversamente dalla UNI 206-1 che esige
almeno 340 kg/mc di cemento e classe di
resistenza non inferiore a C30/37. Anche
per questa sottoclasse è richiesto un con-
tenuto minimo di aria inglobata pari al 3%
secondo la UNI 11104 e del 4% per la UNI
206-1.
Questa sottoclasse d’esposizione permetterà l’impiego di calcestruzzi per:
- strutture stradali di ponti,
- muri di contenimento perimetrali stradali.
Di seguito viene riportata una tabella riassuntiva per gli impieghi in classe di esposizione XF, il numero di sottoclassi ed i requisiti minimi richiesti dalla UNI EN 11104
ed UNI 206-1. n
Tabella riassuntiva per classe d’esposizione XF secondo UNI 11104 ed
UNI 206-1
Tipo di aggressione o
attacco
Attacco derivante da cicli di gelo/disgelo con
o senza sali disgelanti
Sottoclassi
XF1 - XF2 - XF3 – XF4
Classe di resistenza possibile
Contenuto min. di cemento
(kg/mc)
C25/30 a C32/40 (UNI 11104) - C25/30
a C30/37 (UNI 206-1)
da 320 a 360 (UNI 11104) - da 300 a
340 (UNI 206-1)
da 0,45 a 0,50 (UNI 11104) - da 0,45 a
0,55 (UNI 206-1)
Rapporto massimo a/c
Contenuto min. di aria (%)
3% (UNI 11104) – 4% (UNI 206-1)
Impieghi
Calcestruzzo per:
- strutture verticali esposti a pioggia e gelo
- strutture esposte a gelo con sali disgelanti
- muri perimetrali stradali
- parti di strutture di ponti
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