il deserto e` nato cosi`

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il deserto e` nato cosi`
IL DESERTO E’ NATO COSI’
In ogni continente si trovano zone desertiche. La più vasta è quella
del Sahara: larga fino a 4 mila chilometri, grande quasi quanto l’intera
Europa, essa occupa un terzo del continente africano. Desolata distesa di
sabbia arsa al sole e sferzata dal vento, laghi asciutti, spogli massicci,
orizzonti senza confini. Nel deserto la temperatura raggiunge di giorno i 50
gradi, per diminuire della metà durante la notte. Le sabbie sono percorse dallo
shamal, il vento infuocato che accarezza le dune, sotto un cielo bianco, in una luce
insostenibile.
Deserto, dal latino “desertum”: abbandonato. Una distesa infinita, con
dune alte fino a 150 metri e lunghe anche più di un chilometro. Il vento non trova
ostacoli nella sua corsa, e muove le sabbie come le onde del mare; il pendio della parte
esposta al vento è dolce, mentre quello sottovento è ripido e scosceso. I granelli di sabbia sono di quarzo
duro, incredibilmente resistenti. Nei momenti di tempesta la sabbia che scivola lungo il lato scosceso
produce una specie di rimbombo, un suono ben conosciuto dai carovanieri del deserto. La leggenda
attribuisce quella risonanza al concerto delle campane di antichi monasteri sepolti sotto la sabbia.
Il deserto sembra immobile; eppure è vivo, come il tempo che trascorre senza che ce ne accorgiamo.
Quel mare di sabbia custodisce, come in uno scrigno, piante, animali ed anche esseri umani, che lungo i
secoli sono riusciti, con intelligenti adattamenti, a sopravvivere in condizioni di estrema difficoltà. Un
nomade, per orientarsi, guarda il sole: in pochi minuti riesce a determinare la sua posizione con un margine
di errore non superiore al chilometro.
Ogni tanto, nei lunghi pomeriggi, anche Allah in Paradiso si annoiava: troppo
azzurro e troppi spazi infiniti.
Un giorno Dio ebbe un’idea: si sarebbe dato da fare per costruire qualcosa che
avrebbe occupato la sua attenzione. Gettò nel cielo una manciata di stelle: il loro
occhieggiare avrebbe riempito l’oscurità della notte. Poi impastò una gran palla e la
lanciò nello spazio; fu così che la terra cominciò a girare su se stessa, pavoneggiandosi,
pensando d’essere il centro del cosmo. Ogni mattina il sole saliva alto nel cielo e la
illuminava per ore.
Dio guardava dall’alto il frutto della sua creazione: era contento della
sua opera. Per giorni e giorni Allah continuò ad elargire alla terra qualcuno
dei suoi doni: il suolo asciutto venne diviso dalle acqua; spuntarono gli
alberi, che crebbero fino a diventare lussureggiante foresta; fiori d’ogni
colore si aprirono per rallegrare lo sguardo del loro creatore. Uccelli e
animali d’ogni specie si moltiplicarono, e si sparsero per tutta la terra. Le
acque dei mari, dei fiumi e dei laghi accolsero pesci d’ogni forma e
dimensione.
Un mattino Dio decise di dare un re e una regina all’universo, perché lo
governassero e ne godessero i frutti: creò l’uomo e la donna. Essi non erano come gli altri
animali: camminavano eretti, e i loro discendenti pian piano assoggettarono tutto il
pianeta.
Il Signore guardava dall’alto e godeva nell’ammirare queste creature uscite dalla
sua mente. Con il trascorrere del tempo si accorse che la bellezza degli uomini non era
completa: mancava di un’anima. Fu allora che Dio decise di gratificare ogni uomo e ogni
donna della cosa più bella che ci fosse nel creato, qualcosa che racchiudesse in sé tutto
ciò che c’era di più prezioso al mondo.
Prese un pezzo di cielo, imprigionò alcuni raggi di sole e li impastò con sostanze
profumate e petali di fiori. Ogni tanto il Signore spruzzava quel miscuglio con acqua di
mare e gorgoglio di ruscelli. Man mano che l’impasto si amalgamava, Allah, di quando in
quando, vi alitava un soffio della sua intelligenza.
Infine Dio chiamò a raccolta tutti gli uomini e le donne della terra, e donò a
ciascuno il suo pezzetto di quella pasta, l’anima. Vivacizzati da quel prezioso regalo, essi
si trasformarono in esseri intelligenti, dotati di discernimento e di volontà, e capaci di
scegliere le cose migliori. I loro occhi brillavano come le stelle del firmamento.
Ma qualcuno quel giorno sfortunatamente arrivò in ritardo alla chiamata di Dio.
Sorpresi da un temporale, molti uomini e donne si presentarono all’appuntamento
bagnati e inzaccherati. Allah fece finta di niente e donò anche a ciascuno di loro l’anima.
Risalito in cielo il grande Padre contemplava dall’alto la sua opera; era Dio, ma non seppe
vincere un senso di compiacimento: davvero quello che aveva creato era un prezioso
gioiello. I giorni futuri non avrebbero conosciuto la monotonia della noia.
Uomini e donne erano felici in terra: Allah era stato buono con loro! Solo i
ritardatari, coloro che avevano ricevuto un’anima un po’ spiegazzata, di tanto in tanto si
sottraevano all’ordine che governava tutto il creato. Iniziò un tizio, un giorno, lasciandosi
sfuggire una piccola bugia. Ben presto fu imitato da altri che vestivano un’anima
sgualcita. Le bugie cominciarono a spargersi per tutta la terra.
Guardando dall’alto Allah, l’onnisciente, si accorse subito di quanto succedeva.
Indisse un secondo raduno, e all’umanità che gremiva la vasta distesa d’una valle
annunciò: - Vedo con rammarico che alcuni di voi approfittano dell’intelligenza che vi ho
donato per ingannare i fratelli. Questo non dovrà succedere. Se dovesse accadere ancora,
a ogni bugia sarò costretto a far piovere sulla terra un granello di sabbia.
Uomini e donne tornarono alle loro case; avevano compreso perfettamente il
pensiero e la volontà di Dio. Ma ormai l’abitudine alla bugia, all’inganno, al raggiro, si era
così radicata nel loro comportamento da non esser più capaci di camminare
nell’innocenza e nella sincerità che avevano caratterizzato i primi tempi dell’uomo sulla
terra.
Allah fu fedele alla sua promessa. Come aveva minacciato, ad ogni bugia che
usciva dalla bocca dell’essere umano, lasciva scendere sulla terra un granello di sabbia.
All’inizio nessuno degli uomini si accorse del fatto che Dio castigava le loro piccole
infedeltà: i granelli di sabbia erano così minuscoli che venivano facilmente inghiottiti da
mare, foreste e laghi.
Ma ben presto Allah dovette chiedere aiuto ad alcuni dei suoi servitori: le bugie
sparse dagli uomini erano andate moltiplicandosi a tal punto che lo stillicidio dei granelli
di sabbia s’era fatta sempre più fitta. L’ira di Dio verso le sue creature bugiarde non
intendeva calmarsi.
In alcune parti della terra la vegetazione, colpita da quella pioggia micidiale,
andava pian piano scomparendo. Da tempo in quelle zone non sbocciavano più fiori;
morivano anche i cespugli e le piante, mentre andavano sempre più allargandosi vasti
spazi aridi e sabbiosi.
Allah guardava dall’alto quello scempio: il meraviglioso panorama d’un tempo, le
dolci colline ricoperte di verde e di fiori, andavano gradatamente cancellandosi per dar
spazio a lande deserte e spelacchiate. Un velo di tristezza sembrava avvolgere il cuore del
creatore. Solo qua e là, nell’immensa distesa di sabbia del deserto, fiorivano piccole oasi,
attorno a rari pozzi d’acqua, circondati da qualche pianta di dattero o di cocco, segno
che sulla terra qualche persona ancora ricordava la bontà del suo creatore, rispettava la
sua volontà e lo amava.
Tutti noi, anche se in modo diverso e non sempre evidente, siamo dotati di grandi capacità, perciò è compito
di ognuno contribuire alla creazione di un mondo migliore. Se con la nostra intelligenza e il nostro
discernimento riuscissimo ad evitare falsità ed inganni, probabilmente non ci sarebbero violenze, guerre e
discriminazioni.
Racconto tratto da
FAVOLE DAL DESERTO
di Ettore Fasolini, EMI Editrice