conosci marco burchi?

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conosci marco burchi?
CONOSCI MARCO BURCHI?
di Marco Burchi
Dicembre 2010
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“Conosci Marco Burchi?”.
“Marco Burchi?”.
“Sì”.
“No, non mi dice nulla. Ma è di qua?”.
“Sì, sì, è di qua, ha vissuto a Montevarchi per una decina d’anni, almeno così mi risulta”.
“Ma quanti anni ha?”
“Trentacinque”.
“No, mi spiace, mai sentito prima. Prova là però! Là, sanno tutto di tutti”.
“Là?”.
“Sì, sì, là!”.
“Ah, va bene, ci vado subito, grazie!”.
***
“Ehi, scusa? Conosci Marco Burchi?”.
“Marco Burchi?”.
“Sì”.
“É il poliziotto vero?”
“Sì, sì, è un poliziotto”.
“Ma che ha fatto?”
“No, nulla… così, ho bisogno di parlare con qualcuno che lo conosca”.
“Ah, va be’… prova con loro però, io lo conosco soltanto di vista”.
“Ah, grazie, sei stato gentile”.
“Di nulla!”.
“Scusate, cercavo qualcuno che conoscesse Marco Burchi, voi sapete chi è?”
“Il Burchi?”
“Sì”.
“Il poliziotto?”
“Sì”.
“Che ha fatto?”.
“No, nulla. Non ha fatto nulla, cercavo solo qualcuno che lo conoscesse, ecco, tutto qua!”.
“Ma è tanto che non lo vediamo, sono proprio tanti anni. Dovrebbe essere a Torino ancora, è partito da
ragazzo…”.
“No, no, ora vive a Genova”.
“Ah, vedi? Ne sai più te di noi. Te l’ho detto, sono tanti anni che non viene più!”
“Ma prima veniva spesso qua?”
“Ma scherzi? Era la sua seconda casa, veniva non dico tutti i giorni, ma quasi! Con il suo gruppo!”.
“Il suo gruppo?”.
“Sì, di amici”.
“Ah, e ne aveva tanti?”
“Faceva parte di un gruppo, erano tanti, poi se era amico con tutti, non lo so”.
“Ma che facevano?”
“Quello che fanno di solito i ragazzi, diciamo che questo era il loro ritrovo, poi andavano in giro”.
“In giro?”.
“Sì, in giro per il Valdarno”.
“Per il Valdarno?”.
“Oh, qua siamo nel Valdarno!”.
“Ed è bello il Valdarno?”
“È bello sì! C’è tutto, è tranquillo, che vuoi di più? La vedi la strada oltre il passaggio a livello?”.
“Quella?”.
“Eh!”.
“Sì, la vedo”.
“Quella è la Chiantigiana, se la percorri arrivi dritto a Siena. Passi per Greve in Chianti, Panzano, poi c’è
Radda in Chianti, insomma siamo nel Chianti! Nelle dolci colline del Chianti!”.
“Ho capito, ho capito… il Chianti!”.
“Eh, ma che scherzi? Come si fa ad andare via? Proprio non lo so ”.
“Per lavoro?”.
“Il lavoro c’è anche qua, non c’è bisogno d’andare tanto lontano, poi il suo, che è… un lavoro?”.
“Perché?”.
“Come perché? Lascia perdere, va’! Comunque, vedi là?”.
“Sì”.
“C’è un suo amico, di quando faceva ancora parte del gruppo, magari lui ti dice qualcosa di più”.
“Ah, ci vado subito allora, grazie!”.
“Ci mancherebbe e se lo vedi il Burchi, digli di farsi vivo, tanto noi siamo sempre qua!”.
“Bene, ma non devo incontrarlo”.
“Ah no? Ma che ha fatto?”.
“No, nulla. Nulla di male almeno!”.
***
“Conosci Marco Burchi?”.
“Il Burci?”.
“No, Burchi, con C H”.
“Sì, lo so, però io lo chiamo Burci”.
“Lo conosci bene allora?”.
“Sì, da quando avevamo quattordici anni”.
“Ah meno male!”.
“Gli è successo qualcosa?”.
“No, ma volevo parlare con qualcuno che lo conosca, così, tanto per farmi un’idea della persona che è”.
“Perché?”.
“Eh sai, ha scritto un libro, ha vinto un premio letterario, quindi c’è un po’ di curiosità intorno a lui, è
normale”.
“Il Burci ha scritto un libro?”.
“Marco Burchi, sì!”.
“Il poliziotto che vive a Genova, che prima ha vissuto a Torino e che è di Montevarchi?”.
“E che è nato a San Giovanni Valdarno, giusto?”.
“Lascia perdere San Giovanni, qua siamo a Montevarchi!”.
“Ah sì,sì… scusa”.
“E che libro ha scritto?”.
“Un libro di narrativa”.
“Di narrativa?”.
“Sì, un romanzo ambientato a Sampierdarena, il quartiere di Genova in cui abita”.
“Abitava!”.
“Perché abitava?”.
“Perché ha venduto casa per andare a vivere in centro, ora è in affitto. A due passi dalla casa di Colombo,
mi ha detto”.
“Ah, questo non lo sapevo, vedi? Ma voi due siete sempre in ottimi rapporti?”.
“Sì, ci vediamo poco, d’altronde vive lontano. Ci sentiamo al telefono, qualche mail di tanto in tanto…”.
“Però non sai niente del libro?”.
“Effettivamente no. Ma è tanto che è uscito?”.
“All’incirca un anno”.
“E ha vinto un premio?”.
“Sì”.
“Un premio importante?”
“Un premio che fa sperare per il futuro”.
“Non capisco”.
“Cosa?”.
“Tutto questo segreto, perché non me ne ha parlato?”.
“Ma, libro a parte, sapevi della sua passione per la scrittura?”.
“No, ricordo che leggeva, nulla più”.
“E che libri leggeva?”.
“Letteratura nordamericana, sicuro. Aveva un bel po’ di libri di Hemingway, Steinbeck, Fante…”.
“Ricordi altri autori?”.
“No”.
“E non ti ha mai parlato di scrittura, mai?”
“No, ma non credo che scrivesse allora”.
“Perché?”
“Perché l’avrei saputo, insomma, eravamo amici intimi, ci confidavamo tutto”.
“Quindi ha iniziato da poco.”
“Ma gli scrittori non cominciano sempre in giovane età? Quindici, diciotto anni, perlomeno così mi è
sembrato d’aver letto una volta”.
“Sì, generalmente è così. Ma non esiste una regola fissa, uno comincia quando è pronto e lui forse lo è stato
a trent’anni”.
“Che strano, il Burci ha scritto un libro! Non ci posso credere!”.
“Pensi sia un’attività distante dalle sue attitudini?”.
“È sempre stato uno molto accorto, non so come spiegarmi, diciamo attento ai dettagli. Però a scuola non
ha mai brillato particolarmente, anzi si è diplomato a fatica, senza essere mai stato bocciato, ma con il
minimo dei voti”.
“Che scuola ha fatto?”.
“Il P.A.C.L.E., sai la ragioneria con le lingue. L’anno scorso invece, frequentando le serali, si è diplomato
come cuoco in un Istituto alberghiero di Genova”.
“Niente studi classici allora?”.
“Macché! A lettere, come del resto nelle altre materie, era tanto se prendeva la sufficienza!”.
“Non andava volentieri a scuola?”
“No, no. Non vedeva l’ora che finisse per fare il militare e poi andare a lavorare”.
“In Polizia quando si è arruolato?”.
“Quando aveva vent’anni, ha lavorato prima ad Arezzo, poi ha vissuto sei anni a Torino e adesso si trova a
Genova, con moglie e figlia”.
“Prima della Polizia ricordi se ha fatto altro o se voleva fare altro?”.
“Dopo il diploma ha lavorato un anno in un’azienda di sistemi di sicurezza, faceva, come si chiamano? le
porte delle banche, sai? Ah, le bussole! Sì, per un anno ha fatto l’operaio, poi è partito per la Polizia”.
“Ecco, ecco. Vedi?”.
“Cosa?”.
“No, niente, è che ora capisco certe cose del libro”.
“Ma è autobiografico?”.
“No, ma sicuramente ci sono delle analogie con la sua vita”.
“Altre cose, ambizioni lavorative, non so…?”.
“Voleva viaggiare, parlava sempre di grandi viaggi. Qualcosa ha visto, ma credo volesse fare di più”.
“Intendi lunghi soggiorni all’estero?”.
“Sì, ma poi, come dice lui, Mamma Polizia l’ha preso con sé e non ha fatto più nulla. Ora lavora nella
frontiera di un aeroporto e vede viaggiatori in continuazione, strano no?”.
“Be’ un po’ sì!”.
“…Viaggiano i viandanti viaggiano i perdenti, Viaggiano i perdenti più adatti ai mutamenti… Questo
ripeteva spesso”.
“È sua?”.
“Consorzio Suonatori Indipendenti, il titolo è In Viaggio”.
“Deve essere una canzone malinconica?”
“Una canzone rock per essere buona deve essere malinconica”.
“Ascoltavate il rock?”
“Sempre, è stata la colonna sonora della nostra adolescenza. L’ultimo anno delle superiori aveva perfino i
capelli lunghi come una rock star. Li portava sempre legati tranne che a scuola. In classe infatti li liberava
lisci davanti agli occhi, soltanto il naso gli sbucava come un topino dal pertugio d’una porta. La sua testa
intera pareva un disco volante, un ufo, ma in quel modo poteva estraniarsi indisturbato, diceva. Pochi
giorni prima dell’esame di stato, la prof. d’inglese lo rimproverò consigliandogli di presentarsi alla maturità
in modo più decente e ora indossa una divisa, strano no?”.
“Be’ direi di sì! E quali gruppi ascoltavate?”.
“In prevalenza rock alternativo di fine anni ottanta, primi anni novanta, la musica di Seattle per intenderci,
Soundgarden, Nirvana, Alice in Chains, Pearl Jam, insomma quella…!”
“E andavate anche ai concerti?”
“No, eravamo più tipi da pub. Non ci spostavamo un granché; anche Firenze la frequentavamo poco, ci
piaceva bere una birra ascoltando musica. Questo facevamo, oppure andavamo al cinema”.
“Quali film guardavate?”.
“Commedie brillanti, drammatiche, thriller, horror… un po’ di tutto. Spesso noleggiavamo i vhs e li
guardavamo a casa mia. Patatine fritte e film, sapessi quanti pomeriggi ci siamo passati cosi!”.
“Donne?”
“Eravamo degli sfigati e basta, qualche storiella così, ogni tanto”.
“E adesso Marco Burchi com’è?”.
“In verità non lo so più nemmeno io, il fatto stesso che non sia a conoscenza del suo libro ne è una prova.
La nostra, come tante del resto, sembrava un’amicizia indissolubile nel tempo e ti posso garantire che lo
credevamo davvero, poi invece, è arrivata la fidanzata, è arrivato il lavoro, la fidanzata è diventata moglie,
al lavoro si è aggiunta una casa, dei figli e non c’è rimasto più tempo per fare altro, a parte ricordare come
eravamo”.
“Capisco, capisco… Un’ultima domanda ancora, se permetti”.
“Certo, ci mancherebbe”.
“Prima, parlando con le persone che poi mi hanno mandato da te, ho capito che il Valdarno sta molto a
cuore qua, anche per Marco Burchi è così?”.
“Ha un rapporto di amore-odio con il Valdarno, quando è a Genova a volte gli manca, al contrario, quando è
qua, dopo un po’ vuole andare via, neanche lui sa bene perché, gli capita così e basta. Recentemente ha
fatto domanda di trasferimento per tornare definitivamente, la vendita della casa è stato solo un primo
passo, in realtà ha deciso la moglie, lui non le avrebbe mai chiesto di lasciare Genova e lei forse ha capito
che per la famiglia vivere qua può essere più semplice”.
“Capisco. Non so, vuoi dirmi qualcos’altro sul suo conto?”.
“Abbiamo rivangato abbastanza il passato, di tanti anni fa. Adesso, francamente, sento anche un po’ di
nostalgia. Comunque direi di no”.
“Il passato sembra che stia per ricongiungersi al presente, no? Hai detto che sta per tornare?”.
“Sì”.
“E ti fa piacere?”.
“Sì, molto”.
“Credo lo faccia anche a lui”.
“Già”.
“Secondo te dovrei chiedere ancora di lui ad altre persone?”.
“Nell’immaginario degli altri esiste sempre un’idea di te che non corrisponde mai a quello che in realtà sei,
quindi puoi parlare anche con mille persone e capire poi di non aver scoperto assolutamente nulla di lui. In
definitiva, credo che se vuoi sapere di Marco Burchi, devi parlare con Marco Burchi”.
“Hai perfettamente ragione”.
“Grazie. Ma qual è il titolo del libro?”.
“L’ultimo uomo di Sampierdarena”.
“È lui?”.
“Potrebbe essere chiunque”.
“Ed è bello?”.
“È da leggere”.
“È triste?”.
“Sì, molto”.
“Lo sospettavo”.
Marco Burchi