Rivista del digitale nei beni culturali

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Rivista del digitale nei beni culturali
Anno III, Numero 2 - 2008
Rivista del digitale nei beni culturali
ICCU-ROMA
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delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche
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Rivista del digitale nei beni culturali
ISSN 1972-6201
Anno III, Numero 2 - Dicembre 2008
In copertina:
L’immagine è una libera elaborazione grafica
della testa della statua di Apollo del I sec. d.c.
(Civitavecchia, Museo Nazionale), copia da
un originale greco avvicinabile all’Apollo
di Leochares (IV sec. a.c.)
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Maria Carla Sotgiu
Laura Tallandini
Anna Maria Tammaro
Costantino Thanos
Vittoria Tola
Paul Weston
SOMM ARIO
dicembre 2008
SAGGI
Per una riforma del diritto d’autore
di Ferdinando Tozzi
Gli archivi come depositi di memorie digitali
di Maria Guercio
9
37
PROGETTI
Un approccio cooperativo per la gestione dei diritti
nelle biblioteche digitali: il progetto ARROW
di Piero Attanasio
La valorizzazione degli archivi della memoria.
Il progetto europeo Multimedia
Collection Management (Multi.Co.M.)
di Madel Crasta e Lucio D’Amelia
Una regione in rete: gli archivi storici
dell’Emilia-Romagna e il progetto IBC
di Brunella Argelli
Mediateca Santa Teresa: la biblioteca continua…
di Cecilia Angeletti
55
63
69
75
L’archivio storico LUCE e il passaggio dall’analogico
al digitale: una questione di numeri
di Luigi Oggianu
88
Il Manuale MINERVA per l’interazione
con gli utenti del Web culturale
di Pierluigi Feliciati e Maria Teresa Natale
95
Venezia verso un futuro digitale
di Roberto Scano
104
DOCUMENTI
Appendix to the Joint report. Sector Reports =
Appendice al Rapporto Congiunto. Rapporti di Settore
European Digital Libraries
Sector-Specific Guidelines on Due Diligence Criteria
for Orphan Works. Join Report =
Linee guida settoriali sui criteri di dovuta diligenza
per le opere orfane. Rapporto congiunto
European Digital Libraries
Memorandum of Understanding on Diligent
Search Guidelines for Orphan Works =
Protocollo d’intesa sulle linee guida per la conduzione
di ricerche accurate sulle opere orfane
European Digital Libraries
113
135
142
EVENTI
Convegno “DC 2008. International Conference on Dublin
Core and Metadata Applications”
di Luigi Siciliano
149
Workshop “Multi.Co.M.”. Quale formazione
per i gestori delle collezioni audio visuali?
di Maria Carla Sotgiu
156
Saggi
Saggi
Per una riforma
del diritto d’autore
Ferdinando Tozzi
Avvocato, giurista esperto del Comitato Consultivo Permanente per il Diritto di Autore
È da tempo che, in relazione allo sviluppo delle nuove tecnologie – da un
lato creatrici di nuove opere dell’ingegno e dall’altro capaci di assicurare
una rinnovata veicolazione e riproducibilità delle altre, tradizionali, opere
dell’ingegno – si è posta la problematica dell’applicabilità della legge sul
diritto di autore come attualmente vigente in Italia. È da ritenere che si
possa e si debba scongiurare ogni previsione di impossibilità ad applicare
qualsiasi istituto della proprietà intellettuale nel contesto delle nuove tecnologie, che non impongono affatto la morte del diritto di autore. In un
mondo globale di comunicazione interattiva è però fin troppo semplice cadere nell’inganno di ritenere i beni intellettuali liberamente disponibili, alla
mercè di chiunque solo perché il più delle volte non hanno una loro consistenza materiale. La società deve aver ben chiaro che utilizzare abusivamente un’opera dell’ingegno equivale a utilizzare abusivamente un qualsivoglia bene di proprietà altrui. Bisogna, quindi, che ci sia piena coscienza
che ogni opera è frutto di lavoro e professionalità. È perciò doveroso salvaguardare il bene intellettuale che genera proventi economici che rappresentano la retribuzione dell’ingegno degli autori e, soprattutto, l’incentivo alla
creatività e alla produzione culturale del nostro Paese; pena il fallimento
del mercato. Nell’on-line la corretta accessibilità ai contenuti creativi (dunque i “servizi leciti”) è giuridicamente limitata; ciò per diversi fattori tra i
quali spicca l’indeterminatezza dei confini tra utilizzi leciti e illeciti delle
opere d’autore. Per ottenere pertanto una normativa sul diritto di autore
adeguata al nuovo contesto tecnologico è stato condotto uno studio finalizzato a modificare la l. 633/41 ed a raggiungere una rinnovata simmetria
del sistema normativo, tra il diritto di autore nell’ambiente analogico e digitale. Il diritto di autore nel nuovo contesto tecnologico deve infatti, sempre
di più, essere una norma regolatrice per un corretto accesso ai contenuti
creativi nel Web.
1. Il diritto di autore e le sue fonti
A
ppare preliminarmente necessario un breve excursus sui tratti caratterizzanti
la disciplina del diritto di autore e le sue fonti.
È anzitutto da evidenziare come nella sfera di applicazione della legge sul diritto
di autore rientrino tutte le opere dell’ingegno umano aventi carattere creativo,
qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.
9
Saggi
Dunque, non vi è un rapporto tra opere dell’ingegno più o meno creative e conseguentemente più o meno meritevoli di tutela. Pertanto, appurato il carattere
creativo, seppur non qualificato, ogni opera dell’ingegno è tutelata.
A tal fine è anche da aver chiaro come, in relazione a un’opera, si usano distinguere tre componenti:
–
–
–
l’idea;
l’espressione dell’idea;
il supporto materiale.
Il diritto d’autore non tutela le idee in quanto tali ma il modo in cui sono espresse, la loro forma.
In merito a quest’ultimo concetto si usa distinguere tra una forma interna e
una forma esterna, la prima è il modo personale dell’autore di raggruppare,
sviluppare e intrecciare idee; la seconda (forma esterna) indica l’elemento di
un’opera immediatamente percepibile ai sensi ed esteriorizzato in uno dei
mezzi espressivi, esemplificativamente elencati all’art. 2 della l. 633/41
(Legge sul diritto d’autore, da ora anche solo LDA) quali la cinematografia, la
fotografia, la musica, il software, ecc. La forma dell’opera deve essere tenuta
distinta da quella del supporto materiale su cui essa trova esteriorizzazione. Il
diritto d’autore tutela infatti solo la forma non il suo supporto (carta, pellicola, file); salvo casi specifici come quelli in cui la forma di un’opera coincide con
quella del supporto (si pensi alle creazioni della pittura, della scultura e dell’architettura). Oggetto del diritto d’autore è dunque un bene immateriale,
distinto dal possesso (o anche dalla proprietà) del mero supporto (cartaceo,
fisico, meccanico, magnetico, digitale) sul quale l’opera è fruibile, che, in
quanto tale è di proprietà di chi lo acquista (avendone pagato il corrispettivo).
Perciò il proprietario del supporto non ha alcuna titolarità a disporre dei diritti di autore, potendo soltanto esercitare le facoltà come consentite dal titolare e secondo la legge.
Il diritto dell’autore nasce al momento della creazione dell’opera, che il nostro
codice civile identifica, in una «particolare espressione del lavoro intellettuale».
Quindi, è dall’atto creativo che, incondizionatamente, il diritto si origina. Non vi è
pertanto alcun obbligo di deposito1, di registrazione o di pubblicazione dell’opera
(a differenza del brevetto industriale).
1
Ai sensi e per gli effetti degli art. 103 e seg. LDA sono disciplinati alcuni Registri di pubblicità e
deposito delle opere, in particolare, la Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE) cura la tenuta
di un registro pubblico speciale per le opere cinematografiche, presso il Ministero per i beni e le
attività culturali (Mibac) vi è il registro pubblico generale per le opere protette ai sensi della legge
sul diritto di autore medesima; sempre la SIAE cura la tenuta anche del registro pubblico speciale
per i programmi per elaboratore. La registrazione «fa fede, sino a prova contraria, della esistenza
dell’opera e del fatto della sua pubblicazione» (art. 103 terzo comma LDA).
10
Saggi
L’autore ha dunque, con la mera creazione (teoricamente anche solo orale), il diritto a sfruttare la propria opera in ogni forma e modo.
Vi è poi una usuale summa divisio, ricavabile dal dettato normativo, tra diritti patrimoniali e morali afferenti la persona dell’autore. Il diritto patrimoniale può essere ceduto,
a titolo oneroso o gratuito, a terzi. L’autore può dunque sfruttare la propria opera in
ogni forma e modo. Ciò che il diritto d’autore riconosce al creatore di un’opera sono
una serie di facoltà esclusive fra cui il diritto di pubblicare, riprodurre, trascrivere, eseguire, rappresentare o recitare in pubblico un’opera2. Tutti i diritti dell’autore sono indipendenti3 l’uno dall’altro, il che significa che l’esercizio di uno non esclude l’esercizio
di tutti gli altri; inoltre tali diritti riguardano sia l’opera nel suo insieme, che in ciascuna delle sue parti. I diritti di utilizzazione economica dell’opera durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte.
Il diritto morale è invece irrinunciabile e indisponibile in quanto strettamente legato alla persona dell’autore, esso tutela l’attività in cui si materializza la creatività
dell’autore e la sua personalità4.
Tra le più importanti innovazioni di questi ultimi anni, legate proprio al nuovo contesto tecnologico, vi sono le misure tecniche di protezione (cosiddette “mtp”).
Queste sono disciplinate dagli artt. 102 quater e 102 quinquies LDA, introdotti, in
attuazione della Direttiva 29/20015.
2
3
4
5
La comunicazione al pubblico di un’opera dell’ingegno si articola in una comunicazione ad un
pubblico presente ovvero tramite mezzi di diffusione a distanza, tra cui il satellite, il cavo e la
stessa rete Internet: la cosiddetta messa a disposizione del pubblico in maniera che ciascuno possa
avervi accesso nel luogo e nel momento scelti individualmente (on demand).
Vedasi l’art. 19 della l. 633/41 che testualmente recita: «I diritti esclusivi previsti dagli articoli precedenti
sono fra loro indipendenti. L’esercizio di uno di essi non esclude l’esercizio esclusivo di ciascuno degli
altri diritti. Essi hanno per oggetto l’opera nel suo insieme ed in ciascuna delle sue parti».
Il diritto morale si specifica in una serie di facoltà, tra cui il diritto d’inedito, che è un’articolazione
della libertà di manifestazione del pensiero garantita dall’art. 21 della Costituzione; il diritto alla
paternità dell’opera, in ragione del quale l’autore gode del diritto di rivendicare di essere
pubblicamente riconosciuto come l’artefice e all’inverso, che non gli venga attribuita un’opera non
sua o diversa da quella da lui creata. L’usurpazione della paternità dell’opera costituisce plagio. Il
vero autore può difendersi ottenendo per via giudiziale la distruzione dell’opera dell’usurpatore,
oltre al risarcimento dei danni (in caso di opera anonima o pseudonimo) l’autore può rivelarsi, se
vuole, quando meglio crede e di opporsi a qualsiasi modifica o ad ogni atto che possa pregiudicare il
suo onore o la sua reputazione. Dopo la morte dell’autore mantengono tali diritti i discendenti, iure
proprio; il diritto all’integrità dell’opera, che garantisce all’autore che l’opera non venga modificata
senza il suo consenso; il diritto di ritirare l’opera dal commercio, cioè il cosiddetto “diritto di
pentimento” che, per bilanciare gli opposti interessi, determina, se esercitato, per l’autore l’obbligo
di corrispondere un indennizzo a coloro che hanno acquistato i diritti sull’opera stessa.
Invero la possibilità di introdurre le mtp era già prevista con i trattati dell’Organizzazione Mondiale
della Proprietà Intellettuale (OMPI) sul diritto di autore e connessi del 1996, dal DMCA (Digital
Millennium Copyright Act) statunitense. Per misure tecniche di protezione si intendono quelle
protezioni tecnologiche che impediscono il compimento di attività sull’opera non autorizzate dai
titolari dei diritti. A titolo esemplificativo si conoscono misure tecniche di protezione quali il
metering system che registra i singoli utilizzi di un’opera, il watermarking ovvero una sorta di
tatuaggio digitale dell’opera, le varie tecniche di criptografia, le tecniche che identificano l’opera e,
monitorandone l’uso, corrispondono un compenso ai titolari, ed ancora altre in divenire.
11
Saggi
Il “sistema” delle mtp si completa con la normativa a loro protezione, ovvero, in
particolare, l’art. 171 ter LDA. Peraltro le difese e sanzioni civili e penali rappresentano anche la chiusura del sistema tutto del diritto di autore6.
Il diritto di autore ha una vocazione internazionale da una parte dovuta all’interesse dell’autore a che le sue opere siano il più possibile diffuse e conosciute e,
dall’altra, all’esigenza di promozione e divulgazione della cultura a livello transnazionale, garantendo il libero flusso della conoscenza e delle informazioni7. Le
opere dell’ingegno dunque tendono a circolare oltre i confini politici del paese in
cui sono state create. Questa propensione è accentuata dallo sviluppo tecnologico degli strumenti di comunicazione di massa e dalle dinamiche tipiche dell’ambiente Web.
Appare allora opportuno un cenno alla normativa nazionale e internazionale,
soprattutto comunitaria.
Il diritto di autore – oltre che nel Codice Civile e nella legge speciale8 – trova indiretta
tutela nella Carta Costituzionale in quanto la produzione e la pubblicazione di opere dell’ingegno rappresentano manifestazioni dello sviluppo della persona umana tutelate dall’art. 3 della Costituzione; il diritto di autore rappresenta poi una concretizzazione del
principio di libertà di pensiero tutelata ai sensi degli artt. 21 e 33 della Carta Costituzionale;
è inoltre normativa posta a tutela della diffusione e dello sviluppo della cultura secondo il
dettato dell’art. 9 della Costituzione (nonchè dell’art. 128 del Trattato CE) 9 oltre a rispon6
7
8
9
Infatti al Capo III Difese e Sanzioni giudiziarie, vi è la Sezione I Difese e sanzioni civili, art. 156 e
seg.; la Sezione II, Difese e sanzioni penali con gli art.171 e seg. Seguono le disposizioni sulla SIAE
e sul Comitato Consultivo Permanente per il Diritto d’Autore (CCPDA) nonché le disposizioni
transitorie e finali.
Vedasi Roberto Mastroianni, Diritto Internazionale e Diritto di Autore, Milano: Giuffrè, 1997, p. 1 e
seg.
Vedasi gli art. 2575 e seg. del Codice Civile; nonché la l. 22 aprile 1941 n. 633 Protezione del diritto
di autore e di altri diritti connessi al suo esercizio («Gazzetta Ufficiale», n. 166, 16 luglio 1941).
Le fonti del diritto di autore sono alquanto eterogenee, sebbene sarebbe auspicabile una
uniformità transnazionale soprattutto in ragione della peculiarità dell’oggetto di tutela, le opere
dell’ingegno – ormai spesso dematerializzate (senza cioè un corpus mechanicum) – che circolano
sempre più velocemente e in modo capillare, grazie proprio all’on-line, senza conoscere, da questo
punto di vista ostacoli e frontiere.
Opportuno partire dalla Convenzione di Berna del 1886 (prima stesura) che ha la finalità di
assicurare una protezione minimale in materia di diritto di autore a tutti i Paesi unionisti. L’ultima
revisione risale al 24 luglio 1971 (cosiddetto Atto di Parigi). Da citare anche il Trattato OMPI del
1996 sul diritto di autore e l’evoluzione tecnologica. Nell’UE, negli ultimi anni, si sono susseguite
una serie di direttive sul diritto di autore. A partire dalla Direttiva 91/250 in materia di software
(recepita in Italia con il d.lgs. 518/92), poi la Direttiva 92/100 che ha introdotto alcuni diritti
esclusivi a favore degli autori e dei titolari di diritti connessi (recepita con d.lgs. 685/94). La
Direttiva 93/83 sulla diffusione via satellite e cavo, la Direttiva 93/98 sulla armonizzazione dei
termini di durata dei diritti di sfruttamento economico delle opere; ancora la Direttiva 96/9 sulle
banche dati (recepita con il d.lgs. 169/99). La Direttiva 98/71/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 13 ottobre ’98 sulla protezione giuridica dei disegni e dei modelli. Poi la Direttiva
2002/31 sul commercio elettronico fino a giungere alla Direttiva 2001/29 sull’armonizzazione di
taluni aspetti del diritto di autore e dei diritti connessi nella Società dell’informazione, recepita in
Italia con il d.lgs 68/2003.
12
Saggi
dere alle esigenze dedotte agli artt. 41 e 35 della Carta Costituzionale10.
Venendo alla normativa internazionale, pur non volendosi effettuare un’elencazione del tutto esaustiva11 va sicuramente menzionato il Green Paper on
Copyright and Related rights in the Information Society della Commissione
Europea del 19 luglio 1995. Con tale documento la Commissione ha evidenziato
che per aversi un ottimale sviluppo della società dell’informazione, l’espansione
dei nuovi prodotti e dei nuovi servizi presuppone una cornice disciplinare adeguata al nuovo contesto e soprattutto coerente a livello nazionale, Comunitario
e internazionale. Il Green Paper evidenzia inoltre l’importanza di un equilibrato
sviluppo della società dell’informazione quale presupposto dello sviluppo dell’economia europea.
La comunità internazionale ha poi adottato due trattati inerenti il diritto di autore
nel nuovo ambiente digitale: il WCT (Wipo Copyright Treaty) e il WPPT (Wipo
Performers and Phonograms Treaty) volti ad assicurare un significativo aggiornamento della protezione dei diritti d’autore nell’on-line12.
Negli ultimi anni il più rilevante provvedimento normativo comunitario è stato, ad
avviso di chi scrive, la Direttiva 2001 n. 2913 sull’armonizzazione di taluni aspetti del
diritto di autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione. Con tale
Direttiva si è cercato da un lato di adattare la legislazione sul diritto di autore agli
sviluppi tecnologici e al cosiddetto “digital market” con un giusto bilanciamento tra
diritti ed eccezioni e dall’altro di trasporre nella legge comunitaria le principali
obbligazioni internazionali derivanti dai due menzionati trattati sul diritto di autore (WCT e WPPT).
La Direttiva 2001/29 definisce e inquadra il regime del diritto di autore per l’offline ma anche e soprattutto per le opere digitali, dunque per l’ambiente on-line.
Con la menzionata Direttiva il legislatore si è posto il principale obiettivo di affrontare le problematiche e i bisogni del diritto di autore nel Web e creare un sistema
10
In particolare dall’art. 9 Cost. risulta possibile ricavare quattro principi quali compiti della
Repubblica:
– promuovere lo sviluppo e la diffusione della cultura;
– promuovere la ricerca scientifica;
– tutelare il paesaggio ed il patrimonio artistico della Nazione;
– tutti i menzionati compiti sono attribuiti alla Repubblica.
L’art. 41 tutela l’iniziativa economia privata ponendo però un fine sociale: il benessere economico
quale mezzo di sviluppo, l’economia al servizio della società e non l’individuo subordinato alle
esigenze dell’economia. L’art. 35 è posto a tutela del lavoro infatti il primo comma recita
testualmente «La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni».
11
Vedasi comunque a tal fine la precedente nota 9.
12
L’Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights concluso a Marrakech il 15
aprile 1994, nell’ambito dell’Uruguay round dei negoziati General Agreement on Tariffs and Trade
(GATT); il WIPO Performances and Phonograms Treaty (WPPT), firmato a Ginevra il 20 dicembre
1996, entrambi ispirati dai principi posti dalla Convenzione di Roma del 1961.
13
Negli USA è di sicuro rilievo il DMCA, in attuazione dei due Trattati WIPO (WCT WPPT), del 28
ottobre 1998.
13
Saggi
armonico a livello europeo14, ciò anche incentivando le utilizzazioni delle mtp per
garantire un uso lecito dei contenuti creativi. Il legislatore comunitario ha agito sul
presupposto che lo sviluppo dell’ambiente on-line ha determinato nuovi modi di
sfruttamento dei contenuti creativi ma ha anche ampliato le possibilità di diffusione della cultura, dunque – con un giusto bilanciamento tra la protezione dei diritti
dei titolari e degli interessi degli utilizzatori – ha posto l’obiettivo di armonizzare il
diritto di autore all’on-line tenendo conto della necessità di un alto livello di protezione che non leda però gli interessi pubblici all’accesso alla conoscenza. E così
sembrerebbe esser stato rispettato l’originario obiettivo del Trattato di Lisbona15:
far si che l’Unione Europea, entro il 2010, divenga la più dinamica e competitiva
economia del mondo. Il legislatore Comunitario appare dunque consapevole che un
lavoro di adeguamento normativo del diritto di autore nella società dell’informazione sia un passo decisivo per alimentare la crescita dell’economia europea che non
può prescindere dalla conoscenza. Pur avendo, l’adozione della Direttiva della
società dell’informazione, sancito la conclusione di numerosi anni di discussioni e
confronti in seno alla Commissione Europea sugli obiettivi da raggiungere dalla
società in relazione all’emergere dell’ambiente digitale16, altra Direttiva di assoluto
14
Basti citare il Considerando n. 4 che testualmente recita «Un quadro giuridico armonizzato in
materia di diritto d’autore e di diritti connessi, creando una maggiore certezza del diritto e
prevedendo un elevato livello di protezione della proprietà intellettuale, promuoverà notevoli
investimenti in attività creatrici ed innovatrici, segnatamente nelle infrastrutture delle reti, e di
conseguenza una crescita e una maggiore competitività dell’industria europea per quanto riguarda
sia la fornitura di contenuti che le tecnologie dell’informazione nonché, più in generale, numerosi
settori industriali e culturali. Ciò salvaguarderà l’occupazione e favorirà la creazione di nuovi posti
di lavoro, nonché il considerando n. 31 che testualmente recita «deve essere garantito un giusto
equilibrio tra i diritti e gli interessi delle varie categorie di titolari nonché tra quelli dei vari titolari e
quelli degli utenti dei materiali protetti. Le eccezioni e limitazioni alla protezione esistenti nelle
legislazioni degli Stati membri devono essere riesaminate alla luce del nuovo ambiente elettronico.
Le differenze esistenti nelle eccezioni e limitazioni relative a determinati atti hanno effetti negativi
diretti sul funzionamento del mercato interno nel settore del diritto d’autore e dei diritti connessi.
Tali differenze potrebbero facilmente accentuarsi con l’ulteriore sviluppo dell’utilizzazione
economica transfrontaliera di opere e delle attività transfrontaliere. Onde garantire il corretto
funzionamento del mercato interno, tali eccezioni e limitazioni dovrebbero essere definite in modo
più uniforme. Il grado di armonizzazione di dette eccezioni dovrebbe dipendere dal loro impatto sul
corretto funzionamento del mercato interno» o ancora il considerando n. 25 «Dovrebbe ovviarsi
all’incertezza giuridica relativa alla natura e al grado di protezione degli atti di trasmissione su
richiesta, su rete, di opere protette dal diritto d’autore e di materiali protetti dai diritti connessi,
prevedendo una protezione armonizzata a livello comunitario. Dovrebbe essere chiarito che tutti i
titolari riconosciuti dalla direttiva hanno il diritto esclusivo di rendere accessibili al pubblico le opere
protette dal diritto d’autore e i materiali protetti da altri diritti mediante trasmissioni interattive su
richiesta (on demand). Tali trasmissioni sono caratterizzate dal fatto che i componenti del pubblico
possono accedervi dal luogo e nel momento da essi individualmente scelto».
15
Consiglio di Lisbona anno 2000. In tale sede è stato posto l’obiettivo della creazione di un clima
favorevole per l’innovazione tecnologica come principio base per creare I presupposti per fare
dell’UE la guida, a livello mondiale, dell’economia basata sulla scienza.
16
Utile citare il seguente documento di studio dell’UE: commission of the European Communities,
DG Internal Market And Services Working Paper. First evaluation of Directive 2001/29/EC on the
legal protection of databases, 12 December 2005,
14
Saggi
rilievo è stata successivamente la n. 48 del 2004 che ha provveduto al cosiddetto
“enforcement” dei diritti di autore (attuata in Italia con il d.lgs 16 marzo 2006 n.
140). Ancora, nel 2005, la Commissione ha lanciato l’iniziativa “i2010 – A European
Information Society for growth and employment”, quale cornice per affrontare,
ancora una volta, le sfide dello sviluppo della società dell’informazione e dell’online17. Infine meritano sicura menzione la Comunicazione della Commissione al
Parlamento Europeo sui contenuti creativi on-line nel mercato unico, del gennaio
200818 nonché il, recente, Green Paper Copyright in the Knowledge Economy19.
2. Il diritto d’autore nel nuovo ambiente tecnologico
Fatto questo breve excursus su alcuni dei principi cardine del diritto di autore e
sulle sue fonti essenziali, va dedotto come l’evoluzione e il progresso tecnologico
hanno determinato la necessità di un analisi della attuale normativa nel nuovo
ambiente cosiddetto “digitale”.
È infatti da tempo che, in relazione allo sviluppo delle nuove tecnologie – da un
lato creatrici di nuove opere dell’ingegno e dall’altro capaci di assicurare una rinnovata veicolazione e riproducibilità delle altre, tradizionali, opere dell’ingegno – si
è posta la problematica dell’applicabilità della legge sul diritto di autore come
attualmente vigente in Italia.
Ritiene chi scrive che detta normativa non è messa in crisi per la sfida portata dalle
nuove tecnologie della telematica e del digitale; oggetto del diritto di autore sono
infatti, ai sensi della legge, le opere dell’ingegno di carattere creativo «qualunque
ne sia il modo o la forma di espressione»20, pertanto – in merito ai principi – nulla
sembra mutare nel nuovo ambiente digitale.
http://ec.europa.eu/internal_market/copyright/docs/databases/evaluation_report_en.pdf, ove fra
le altre si apprende che agli Stati membri è stata fissata la data del 22 dicembre 2002 come
termine ultimo per implementare la legge nazionale, ma solo la Grecia e la Danimarca hanno
osservato tale scadenza, molti degli stati membri hanno trasposto, nelle rispettive normative
interne, le obbligazioni poste dalla Direttiva 2001/29 negli anni 2003 e 2004, mentre addirittura
alcuni stati quali Francia e Spagna hanno utilizzato più tempo, giungendo al 2006.
17
La Commissione ha intrapreso altre iniziative, fra cui vale la pena citare: l’High Level Group on
Digital Rights Managements; l’European charter for the development and the take-up of film
online; la i2010: Digital Libraries Initiative, per una biblioteca digitale europea; l’Audiovisual Media
Service Directive, fino ad arrivare alla pubblica consultazione di cui alla Comunicazione della
Commissione al Parlamento Europeo sui contenuti creativi on-line nel mercato unico, a tal
proposito vedasi il cap. 4 del presente lavoro.
18
Il 3 gennaio 2008 la Commissione ha licenziato una Comunicazione al Parlamento Europeo, al
Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo ed al Comitato delle regioni sui contenuti
creativi on-line nel mercato unico, al fine di raccogliere pareri da tutte le “parti interessate”.
Tale fase, che si è conclusa il 29 febbraio 2008, costituirà la base di lavoro per una proposta di
Raccomandazione – da licenziare per il 2008 – del Parlamento Europeo e del Consiglio sui
contenuti creativi on-line che riguarderebbe i seguenti aspetti: trasparenza (etichettatura) e
interoperabilità dei DRM; incentivazione all’istituzione di regimi di licenza innovativi nel settore
delle opere audiovisive; offerte lecite e pirateria.
19
Vedasi il successivo cap. 2.
20
Art. 1 l. 633/1941.
15
Saggi
La normativa infatti contiene una previsione omnicomprensiva e aperta ad accogliere ogni nuova espressione creativa di un idea.
Sono però le norme che rendono operativi detti principi – in quanto più specifiche
e dunque più facilmente soggette a obsolescenza – a necessitare di un adattamento al rinnovato contesto delle nuove tecnologie, evitando però previsioni che possano risultare, in breve tempo, nuovamente obsolete.
È quindi da ritenere che si possa e si debba scongiurare ogni previsione di impossibilità ad applicare qualsiasi istituto della proprietà intellettuale nel contesto delle
nuove tecnologie, che non impongono affatto la morte del diritto di autore.
Al contrario, le maggiori spinte innovative provengono proprio dall’irruzione delle
nuove tecnologie, che hanno determinato uno stravolgimento dei modi di creare e
fruire delle opere dell’ingegno.
Per tale ragione, il mercato – che è un sistema simmetrico di informazioni21 – al
momento non ha una allocazione simmetrica delle informazioni sui diritti e sul
discrimen tra ciò che è lecito e illecito nell’ambiente on-line. Ci si deve allora chiedere come riequilibrare un sistema non armonico risolvendo il problema del diritto
di autore nel Web e, conseguentemente, tutelando l’accessibilità alla conoscenza,
salvaguardando i diritti degli autori.
Per cercare di affrontare tali problematiche – e dunque garantire accessibilità ai
contenuti autorali e incentivare l’offerta lecita avvalendosi dei vantaggi legati alle
nuove tecnologie – pare opportuno, preliminarmente, preparare il terreno su cui
dovrà poi svilupparsi la pianta della legalità e quindi del legittimo utilizzo della proprietà intellettuale. La società tutta deve infatti far propri i principi del buon vivere civile e, quindi, nello specifico comprendere che la tutela dell’opera intellettuale e la remunerazione (morale e patrimoniale) delle attività intellettuali sono valori
irrinunciabili.
In un mondo globale di comunicazione interattiva è infatti fin troppo semplice
cadere nell’inganno di ritenere i beni intellettuali liberamente disponibili, alla mercè
di chiunque solo perché il più delle volte non hanno una loro consistenza materiale. La società deve aver ben chiaro che utilizzare abusivamente un’opera dell’ingegno equivale a utilizzare abusivamente un qualsivoglia bene di proprietà altrui.
Bisogna, quindi, che ci sia piena coscienza che ogni opera è frutto di lavoro e professionalità. Solo l’etica può avvicinare le coscienze sociali con una rinnovata diffusa consapevolezza di una esigenza di tutela dei legittimi titolari dei diritti sulle
opere dell’ingegno.
È perciò doveroso salvaguardare il bene intellettuale che genera proventi economici che rappresentano la retribuzione dell’ingegno degli autori e, soprattutto, l’incentivo alla creatività e alla produzione culturale del nostro Paese; pena il fallimento del mercato.
21
Ermanno Bocchini, Introduzione al diritto commerciale nella new economy, Padova: CEDAM, 2001,
p. 13 e seg.
16
Saggi
È altresì necessario che nell’on-line venga fatta chiarezza su ciò che è vietato e che
il mercato ne sia correttamente informato in modo che tutti gli operatori abbiano
piena consapevolezza del discrimen tra uso lecito e illecito di contenuti creativi22. In
particolare è necessario tentare di risolvere il problema legato all’offerta lecita e alla
pirateria.
Nell’on-line, ad avviso di chi scrive, la corretta accessibilità ai contenuti creativi (dunque i “servizi leciti”) è giuridicamente limitata; ciò per diversi fattori tra
i quali spicca l’indeterminatezza dei confini tra utilizzi leciti e illeciti delle opere
d’autore.
Fino a che, nell’on-line, non sarà chiaro – tecnicamente e giuridicamente – quali
siano le azioni che ciascun utente può liberamente compiere, quale sia dunque e
conseguentemente l’offerta lecita e, a contrario, quale attività costituisca pirateria, non sarà possibile risolvere efficacemente alcuna problematica del diritto d’autore nel rinnovato contesto tecnologico. Tale ragionamento trova peraltro le sue
radici anche nel concetto penalistico di colpevolezza intesa come rimproverabilità
dell’azione al soggetto che la ha posta in essere23; il consumatore deve sapere,
essere informato, sui suoi diritti nell’on-line. Invero anche dalla mancanza di determinatezza dei confini tra usi leciti e illeciti deriva il fenomeno della cosiddetta
“pirateria altruistica” – grave quanto la pirateria “commerciale” – caratterizzato
dalla volontà dei privati di diffondere e scambiare opere on-line non a scopo di
lucro, ma per informazione e studio.
Peraltro, soprattutto in ragione delle spinte Comunitarie vi sono stati, negli ultimi anni, numerosi interventi che hanno di certo contribuito a un adeguamento
della l. 633/41 alle nuove necessità di una società e di un economia molto
diverse da quelle degli anni del Secondo conflitto Mondiale, epoca in cui detta
norma fu concepita.
Ed è proprio il legislatore Comunitario, con la Comunicazione della Commissione al
Parlamento Europeo sui contenuti creativi on-line nel mercato unico, del gennaio
22
Vedasi in proposito il documento DG Internal Market And Services Working Paper cit., ove
testualmente recita: «the lack of legal certainty would ruin the efforts for a favorable environment
which stimulates creativity and investment». Ancora, bisognerà con sempre maggior impegno,
utilizzando le nuove tecnologie, creare strumenti che permettano l’accessibilità piena, a favore dei
soggetti diversamente abili, alle opere dell’ingegno e quindi alla cultura. Sarà opportuno valutare
nuove e più incisive misure antipirateria, rafforzando la cooperazione internazionale. È inoltre
interessante riportare il considerando n. 25 che statuisce: «Dovrebbe ovviarsi all’incertezza giuridica
relativa alla natura e al grado di protezione degli atti di trasmissione su richiesta, su rete, di opere
protette dal diritto d’autore e di materiali protetti dai diritti connessi, prevedendo una protezione
armonizzata a livello comunitario. Dovrebbe essere chiarito che tutti i titolari riconosciuti dalla
direttiva hanno il diritto esclusivo di rendere accessibili al pubblico le opere protette dal diritto
d’autore e i materiali protetti da altri diritti mediante trasmissioni interattive su richiesta (“on
demand”). Tali trasmissioni sono caratterizzate dal fatto che i componenti del pubblico possono
accedervi dal luogo e nel momento da essi individualmente scelto».
23
Secondo la “teoria della coazione psicologica” del Feurbach, nessuno può essere punito se non è
posto in grado di conoscere prima quali siano le azioni penalmente rilevanti e quali, invece, quelle
lecite.
17
Saggi
200824, a sostenere che lo sviluppo di servizi leciti presuppone che si affronti e risolva il problema della pirateria on-line e si chiariscano i confini tra lecito e illecito25,
nonché – coerentemente – a invocare una riforma della legge. Infatti si sostiene
come, per trarre il massimo beneficio dai mutamenti portati dalla tecnologia si debbano perseguire tre obiettivi, tra i quali spicca la volontà di aggiornamento normativo, e in particolare:
–
–
–
garantire che i contenuti europei contribuiscano nella misura del possibile alla
competitività europea e favoriscano la disponibilità e la diffusione dell’ampia
diversità della creazione di contenuti europei e del patrimonio linguistico e
culturale dell’Europa;
aggiornare o chiarire le eventuali disposizioni giuridiche che ostacolano inutilmente la diffusione on-line dei contenuti creativi on-line nell’UE, riconoscendo al contempo l’importanza dei diritti di autore per la creazione;
incoraggiare il ruolo attivo degli utilizzatori nella selezione, diffusione e creazione di contenuti, soggetti che dovranno esser sempre più consapevoli (che
hanno cioè il diritto/dovere di essere informati sui loro diritti), responsabili e
dunque non più consumatori passivi.
Ancora, sempre la Commissione Europea ha licenziato nel luglio 2008 il citato Green
Paper Copyright in the Knowledge Economy26; tale documento è rilevante soprattutto perché esemplifica alcune problematiche legate al diritto di autore nell’attuale
contesto tecnologico; in particolare, esso si articola in due parti, una prima che
riguarda la problematica generale delle eccezioni ai diritti esclusivi come disciplinate
dalla Direttiva 2001/29, l’altra parte che riguarda le eccezioni e limitazioni maggiormente rilevanti per la diffusione della conoscenza e come debbano evolversi nell’era
del digitale. In particolare è interessante evidenziare come detto Green Paper sottolinei la necessità di promuovere la libertà di movimento della conoscenza e dell’innovazione quali “fifth freedom” nel mercato unico caratterizzato dalla cosiddetta “knowledge economy” che sta a indicare tutte le attività economiche che si basano non
più sulle risorse naturali ma su quelle intellettuali, il capitale umano e la conoscenza.
24
Vedasi cap. 1. Peraltro, nella sua introduzione, la Comunicazione chiarisce come: «la disponibilità e
l’impiego della banda larga e le maggiori possibilità di accedere ai contenuti e ai servizi creativi
ovunque e in qualsiasi momento offrono delle nuove opportunità stimolanti. Per i consumatori
questo si traduce in nuovi modi per accedere, se non addirittura per condizionare, i contenuti
creativi presenti nelle reti mondiali, come internet, sia da casa. Per le imprese significa poter offrire
servizi e contenuti nuovi e sviluppare nuovi mercati. […] le soluzioni più appropriate si tradurranno
in crescita occupazione e innovazione in Europa».
25
Vedasi l’art. 2.3 della Comunicazione titolato Interoperabilità e trasparenza dei sistemi di gestione
digitale dei diritti.
26
Tale documento tratta in particolare delle problematiche legate ad una serie di eccezioni e
limitazioni ai diritti di autore. L’organismo comunitario richiede commenti entro il 30 novembre
2008.
18
Saggi
Al contempo il citato documento ribadisce come un alto livello di protezione dei
diritti di autore sia cruciale per lo sviluppo della creatività; dunque un sistema rigoroso ed efficiente di protezione è necessario per garantire la giusta remunerazione
agli autori e incentivarne l’ulteriore produzione.
Alla luce di quanto sopra si delinea chiaramente la necessità di una normativa sul
diritto di autore adeguata al nuovo contesto tecnologico, in modo da garantire
spazi liberi per la comunicazione tra privati che nella società dell’informazione si
svolge soprattutto attraverso l’on-line. Serve altresì una adeguata e chiara informazione ed educazione dei consumatori e operatori sui loro diritti e doveri. Solo così
il nuovo agorà culturale che è divenuto l’on-line potrà effettivamente svilupparsi,
e dunque la cultura, l’informazione e la ricerca trovare nuovo slancio, con una piena
libertà di accesso alla conoscenza e, parimenti, una effettiva tutela dei titolari dei
diritti; da ciò potrebbe derivare anche un maggiore sviluppo dell’economia e dunque una maggiore competitività del sistema Italia ed Europa, a beneficio di tutti,
imprenditori, titolari e utenti. È però di certo necessario che l’adeguamento normativo al rinnovato ambiente tecnologico avvenga in un ottica non di sterile difesa,
ma, di valutazione delle possibilità che le nuove tecnologie possono offrire per una
più ampia diffusione della cultura e delle informazioni e per un più proficuo sviluppo del mercato nazionale e transnazionale.
3. Il lavoro del Comitato Consultivo Permanente per il diritto
di Autore: studio per una riforma della l. 633/1941
Anche per i motivi fin qui esposti27 si è ritenuto di procedere ad uno studio volto ad
individuare una proposta per una eventuale riforma della l. 633/41.
In ragione di quanto sopra, in seno al Comitato Consultivo Permanente per il Diritto
d’Autore28, il Presidente, professor Alberto Maria Gambino, ha istituito nell’ottobre
2007 alcuni gruppi di lavoro, cui hanno partecipato oltre un centinaio di esperti per
approfondire e individuare gli ambiti di intervento più urgenti per adeguare la normativa sul diritto di autore al rinnovato ambiente tecnologico.
I lavori – frutto di un serio e serrato confronto, condotto con un metodo interdisciplinare e trasversale attraverso l’accostamento di cattedratici e operatori dei vari
settori dell’industria culturale e dei consumatori – sono poi confluiti in un documento che ha fatto emergere, in maniera compiuta sotto forma di emendamento al
27
Oltre che in ragione della Legge 28 novembre 2005, n. 246, ove si prevede, all’art. 14 comma 14,
l’adozione di decreti legislativi «che individuano le disposizioni legislative statali, pubblicate
anteriormente al 1° gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, delle quali si
ritiene indispensabile la permanenza in vigore»; nonché al successivo comma 15, ove si prevede
che i decreti legislativi «provvedono altresì alla semplificazione o al riassetto della materia che ne è
oggetto […] anche al fine di armonizzare le disposizioni mantenute in vigore con quelle pubblicate
successivamente alla data del 1° gennaio 1970».
28
Il Comitato Consultivo permanente per il diritto di autore è organo consultivo presso il Ministero
per i beni e le attività culturali; è previsto dalla legge sul diritto di autore ex art. 190 e seg.
Presidente, dal luglio 2007, è il professor Alberto Maria Gambino.
19
Saggi
testo della l. 633/41, i punti di vista dei menzionati soggetti, titolari dei diritti, consumatori e utenti.
Il documento di proposte per una riforma del diritto di autore è stato poi consegnato al Ministro per i beni e le attività culturali, il 18 dicembre 200729.
In particolare, nel corso dei lavori di studio, si sono andate delineando, tra le molte,
due principali linee.
L’una, che pone gli interessi dei titolari del diritto in posizione di assoluta preminenza, e valorizza gli investimenti sottesi all’industria culturale, di qui puntando
all’irrigidimento delle prerogative dell’istituto, sia attraverso il riconoscimento delle
esigenze dei nuovi autori, delle nuove tipologie di opere e dei nuovi diritti, sia
eventualmente l’inasprimento dell’apparato sanzionatorio, anche attraverso il ricorso allo strumentario penale.
L’altra, invece, privilegia una traiettoria nella quale la ricompensa attribuita all’autore configuri uno “scopo-mezzo”, funzionale al perseguimento di più ampi obiettivi di “benessere sociale” nell’interesse, in ultima analisi, dei consumatori-utenti.
Poiché queste linee, insieme alle altre che sono state tracciate nel corso dei lavori,
sono confluite nel documento presentato al Ministro, il Comitato ha conseguito
l’obiettivo che si prefiggeva consistente, appunto, nel dare voce alle diverse e non
sempre raccordabili anime che ravvivano il dibattito sulla riforma dell’istituto.
Ad avviso di chi scrive sono fondamentalmente due i piani di lettura del lavoro di
studio per una riforma della legge sul diritto di autore in Italia. Da un lato vanno
comprese alcune delle linee caratterizzanti il diritto di autore come emerse dai lavori di riforma; dall’altro vanno enucleate, tra le molte (tutte degne di menzione),
alcune proposte concrete di riforma frutto dei lavori medesimi.
Pertanto, in tale ottica (in merito al primo piano di lettura) ciò che soprattutto
preme affrontare è lo “stato di salute” del diritto di autore; ciò attraverso un utile
esemplificazione rappresentata dal tema delle eccezioni e limitazioni, quali strumenti di demarcazione tra il lecito e l’illecito30.
Le eccezioni sono invero una essenziale “valvola di sfogo” del sistema del diritto di
autore e conseguentemente elemento portante per un mercato equilibrato e simmetrico.
29
30
Il documento è consultabile sul sito http://www.dirittodautore.it.
Vedasi anche il già citato considerando n. 31 della Direttiva 2001/29, che testualmente recita
«deve essere garantito un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi delle varie categorie di titolari
nonché tra quelli dei vari titolari e quelli degli utenti dei materiali protetti. Le eccezioni e limitazioni
alla protezione esistenti nelle legislazioni degli Stati membri devono essere riesaminate alla luce del
nuovo ambiente elettronico. Le differenze esistenti nelle eccezioni e limitazioni relative a
determinati atti hanno effetti negativi diretti sul funzionamento del mercato interno nel settore del
diritto d’autore e dei diritti connessi. Tali differenze potrebbero facilmente accentuarsi con
l’ulteriore sviluppo dell’utilizzazione economica transfrontaliera di opere e delle attività
transfrontaliere. Onde garantire il corretto funzionamento del mercato interno, tali eccezioni e
limitazioni dovrebbero essere definite in modo più uniforme. Il grado di armonizzazione di dette
eccezioni dovrebbe dipendere dal loro impatto sul corretto funzionamento del mercato interno».
20
Saggi
Esse sono infatti destinate a consentire utilizzazioni altrimenti vietate – stante il
regime di esclusiva – in funzione di interessi costituzionalmente garantiti, tra cui
quello all’informazione, alla libera discussione, alla ricerca e all’accesso alla cultura.
Le eccezioni sono fondate su interessi costituzionalmente garantiti di rango pari o
prevalente a quelli degli autori; sono usi dell’opera dell’ingegno che, durante il
periodo di vigenza dell’esclusiva, sono sottratti al controllo del titolare dei diritti,
limitandone lo ius excludendi omnes alios.
Tali diritti, di cui agli artt. 65 e seg., fanno dunque eccezione alla regola generale
che riserva all’autore la facoltà esclusiva di riproduzione e in quanto tali devono
essere interpretati restrittivamente e comunque non analogicamente.
Si usa distinguere31 tra eccezioni e limitazioni che tutelano interessi generali e altre
che tutelano interessi per “usi privati”.
Fra le prime32 vengono in rilievo le deroghe all’esclusiva finalizzate alla didattica,
alla discussione, alla critica, all’insegnamento o alla ricerca scientifica, ovvero alla
pubblica informazione; fra le seconde33 rileva soprattutto l’art. 68 LDA in materia di
fotocopie di opere letterarie nonché le norme previste in materia di copia privata,
le eccezioni in favore dei portatori di handicap e quelle che consentono la riproduzione delle emissioni radiotelevisive in ospedali pubblici e istituti di prevenzione e
pena. In alcuni casi l’utilizzazione dell’opera è libera e gratuita34, in altri casi il diritto esclusivo è degradato a diritto a compenso; comunque, il titolare dei diritti è
tenuto ad adottare misure idonee a garantire l’accesso all’opera dell’ingegno protetta da misure tecnologiche di protezione ai sensi dell’art. 102 quater LDA, da un
lato per consentire l’esercizio di alcune eccezioni35, dall’altro per consentire l’effettuazione di una copia privata anche solo analogica per uso personale36. In alcuni
casi le eccezioni e limitazioni operano con riferimento a tutte le opere dell’ingegno37
in altri l’utilizzazione è libera solo per talune categorie38.
Perché si possa parlare di eccezioni è necessario che la disciplina operi a favore
della generalità dei consociati.
Al momento però non vi è equilibrio tra la disciplina delle eccezioni e limitazioni in
31
Vedasi ex multis, Luigi Carlo Ubertazzi, Commentario breve alle leggi sulla proprietà intellettuale e
concorrenza, Padova: CEDAM, 2007, p. 1674 e seg.
32
Vedasi dunque gli art. 70 comma 1 e 2 nonché 65 e 66.
33
Vedasi gli art. 71 sexies, septies e opties; 71 bis; art. 71 quarter.
34
Vedasi gli art. 65, 66, 67, 69, 70, 71, da 71 bis a 71 quater.
35
Vedasi gli art. 55, 68 co. 1, 69 co. 2, 70 co. 1, 71 bis e quater e 71 quinques co. 2.
36
Vedasi l’art. 71 sexies comma 4; nonché il successivo cap. 3.
37
Vedasi art. 67, 70, 71 bis, 71 ter.
38
Vedasi gli art. 69 per gli esemplari a stampa, 71 per i pezzi musicali, 71 sexies e opties per i
fonogrammi e videogrammi, 68 che trova applicazione alle opere letterarie. Nella maggior parte dei
casi fanno eccezione al diritto di riproduzione ex art. 13, tuttavia il 69 limita il diritto di prestito (18
bis) il 71 il diritto di esecuzione (15) il 70 anche di elaborazione creativa (4 e 18), in molte ipotesi
in cui poi è concessa la riproduzione è consentita anche la comunicazione al pubblico (65, 66, 70 e
71 bis).
21
Saggi
ambiente on-line e off-line39, dunque non vi è simmetria tra ciò che è lecito e ciò
che è illecito in ambiente on-line e off-line a discapito proprio della corretta accessibilità ai contenuti creativi e della certezza della norma.
La ragione che ha determinato tale disarmonia è legata al fatto che gli articoli 65 e
seg. della legge n. 633 del ‘41 presuppongono vincoli impliciti di carattere materiale con uno stretto legame con le tecnologie reprografiche. La realizzazione di
copie di opere letterarie, musicali, audiovisive era all’epoca della redazione della
LDA costosa in termini di tempo e di risorse. Le copie comunque realizzate risultavano qualitativamente inferiori rispetto agli originali e difficilmente potevano avere
un uso in concorrenza con lo sfruttamento del titolare del diritto.
L’avvento delle nuove tecnologie, con lo sviluppo del digitale e di Internet consente, invece, anche ai privati la realizzazione di copie identiche agli originali e la
comunicazione delle stesse ai terzi in forma telematica senza costi apprezzabili in
termini di tempo e di risorse economiche.
Pertanto, le nuove sfide tecnologiche al diritto di autore40 sono state poste proprio
dalla convergenza tra informatica e telecomunicazioni. L’informatica consente la
riproduzione digitale delle opere, le telecomunicazioni consentono il trasferimento
dei dati, il tutto in maniera capillare e a costi sempre decrescenti.
Tale convergenza tra informatica e telecomunicazioni è stata recepita sul versante
della definizione delle facoltà che competono ai titolari dei diritti – vedasi, ex multis, l’art. 16 LDA, sui mezzi di diffusione a distanza che include anche «la messa a
disposizione del pubblico dell’opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso
dal luogo e nel momento scelti individualmente» – ma non altrettanto su quello
delle eccezioni e limitazioni.
Peraltro è proprio l’inadeguatezza della disciplina del diritto d’autore a fronte del
mutato scenario tecnologico all’origine dell’approvazione della Direttiva 2001/2941
sul diritto di autore nella società dell’informazione. Però, per l’on-line, con riferimento alle eccezioni e limitazioni, il legislatore internazionale, comunitario e nazionale – presumibilmente temendo un’estensione indiscriminata di utilizzazioni dell’opera al di fuori del controllo del titolare dei diritti – ha esercitato una vera e propria opzione negativa o comunque certo facoltativa. Ha, in pratica, limitato le eccezioni alle utilizzazioni tradizionali, infatti, salva l’unica eccezione obbligatoria42 al
39
Vedasi Commentario Breve cit., p. 1817, nonché e soprattutto p. 1679 sub VIII; Bruno Tassone,
Drm e rifiuto di licenze nel caso Virgin v. Apple: questione di fair play?, «AIDA», XIV (2005), p.
376- 390.
40
Vedasi cap. 2.
41
Direttiva 2001/29/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001,
sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società
dell’informazione. Vedasi a tal proposito il cap. 1 del presente lavoro.
42
Vedasi l’art. 5 della Direttiva 2001/29 che testualmente recita: «Eccezioni e limitazioni. 1. Sono
esentati dal diritto di riproduzione di cui all’articolo 2 gli atti di riproduzione temporanea di cui
all’articolo 2 privi di rilievo economico proprio che sono transitori o accessori, e parte integrante
e essenziale di un procedimento tecnologico, eseguiti all’unico scopo di consentire: a) la
22
Saggi
diritto di riproduzione – per taluni atti temporanei privi di rilievo economico ed eseguiti al solo scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di
un intermediario o l’utilizzo, legittimo, di un’opera o altri materiali – tutte le altre
eccezioni sono facoltative.
Probabilmente, nel timore che le eccezioni potessero rappresentare una grave breccia nella gestione dei diritti di autore, il legislatore si è orientato su di una risposta
negativa e certo non precisa.
trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o b) un utilizzo legittimo di
un’opera o di altri materiali. 2. Gli Stati membri hanno la facoltà di disporre eccezioni o
limitazioni al diritto di riproduzione di cui all’articolo 2 per quanto riguarda: a) le riproduzioni su
carta o supporto simile, mediante uso di qualsiasi tipo di tecnica fotografica o di altro
procedimento avente effetti analoghi, fatta eccezione per gli spartiti sciolti, a condizione che i
titolari dei diritti ricevano un equo compenso; b) le riproduzioni su qualsiasi supporto effettuate
da una persona fisica per uso privato e per fini né direttamente, né indirettamente commerciali a
condizione che i titolari dei diritti ricevano un equo compenso che tenga conto dell’applicazione
o meno delle misure tecnologiche di cui all’articolo 6 all’opera o agli altri materiali interessati; c)
gli atti di riproduzione specifici effettuati da biblioteche accessibili al pubblico, istituti di
istruzione, musei o archivi che non tendono ad alcun vantaggio economico o commerciale,
diretto o indiretto; d) le registrazioni effimere di opere realizzate da organismi di diffusione
radiotelevisiva con i loro propri mezzi e per le loro proprie emissioni; la conservazione di queste
registrazioni in archivi ufficiali può essere autorizzata, se hanno un eccezionale carattere
documentario; e) le riproduzioni di emissioni radiotelevisive effettuate da istituzioni sociali
pubbliche che perseguano uno scopo non commerciale, quali ospedali o prigioni, purché i titolari
dei diritti ricevano un equo compenso. 3. Gli Stati membri hanno la facoltà di disporre eccezioni
o limitazioni ai diritti di cui agli articoli 2 e 3 nei casi seguenti: a) allorché l’utilizzo ha
esclusivamente finalità illustrativa per uso didattico o di ricerca scientifica, sempreché, salvo in
caso di impossibilità, si indichi la fonte, compreso il nome dell’autore, nei limiti di quanto
giustificato dallo scopo non commerciale perseguito; b) quando si tratti di un utilizzo a favore di
portatori di handicap, sempreché l’utilizzo sia collegato all’handicap, non abbia carattere
commerciale e si limiti a quanto richiesto dal particolare handicap; c) nel caso di riproduzione a
mezzo stampa, comunicazione al pubblico o messa a disposizione di articoli pubblicati su
argomenti di attualità economica politica o religiosa o di opere radiotelevisive o di altri materiali
dello stesso carattere, se tale utilizzo non è espressamente riservato, sempreché si indichi la
fonte, incluso il nome dell’autore, o nel caso di utilizzo delle opere o di altri materiali in
occasione del resoconto di un avvenimento attuale nei limiti di quanto giustificato dallo scopo
informativo e sempreché si indichi, salvo in caso di impossibilità, la fonte, incluso il nome
dell’autore; d) quando si tratti di citazioni, per esempio a fini di critica o di rassegna, sempreché
siano relative a un’opera o altri materiali protetti già messi legalmente a disposizione del
pubblico, che si indichi, salvo in caso di impossibilità, la fonte, incluso il nome dell’autore e che
le citazioni siano fatte conformemente ai buoni usi e si limitino a quanto giustificato dallo scopo
specifico; e) allorché si tratti di impieghi per fini di pubblica sicurezza o per assicurare il corretto
svolgimento di un procedimento amministrativo, parlamentare o giudiziario; f) quando si tratti di
allocuzioni politiche o di estratti di conferenze aperte al pubblico o di opere simili o materiali
protetti, nei limiti di quanto giustificato dallo scopo informativo e sempreché si indichi, salvo in
caso di impossibilità, la fonte, incluso il nome dell’autore; g) quando si tratti di un utilizzo
durante cerimonie religiose o cerimonie ufficiali organizzate da un’autorità pubblica; h) quando
si utilizzino opere, quali opere di architettura o di scultura, realizzate per essere collocate
stabilmente in luoghi pubblici; i) in caso di inclusione occasionale di opere o materiali di altro
tipo in altri materiali; j) quando l’utilizzo avvenga per pubblicizzare un’esposizione al pubblico o
una vendita di opere d’arte, nella misura in cui ciò sia necessario alla promozione
dell’avvenimento, escludendo qualsiasi altro uso commerciale; k) quando l’utilizzo avvenga a
23
Saggi
Preso atto che, nel nuovo ambiente tecnologico, le attività di riproduzione on-line
non necessitano più neppure dei supporti e degli apparecchi, si è esercitata un
opzione di “congelamento”43 e pertanto libere e lecite restano soprattutto le utilizzazioni – ormai in gran parte del tutto obsolete – off-line.
Ciò che è lecito off-line rischia di essere atto di pirateria o comunque costituire un
illecito on-line.
Basti considerare come, venendo alla normativa nazionale, solo con riferimento
alle utilizzazioni delle opere on-line sia esclusa la rimozione delle mtp dell’opera dell’ingegno; infatti, ai sensi dell’art. 71 quinques comma 3 LDA, si prevede
che
«i titolari dei diritti non sono tenuti agli adempimenti di cui al comma 2 in relazione alle opere
o materiali messi a disposizione del pubblico in modo che ciascuno vi possa avere accesso dal
luogo o nel momento scelti individualmente, quando l’accesso avvenga sulla base di accordi
contrattuali».
Lo stesso accade per quanto previsto dall’art. 71 sexies comma 3:
«la disposizione di cui al comma 1 non si applica alle opere o ai materiali protetti messi a
disposizione del pubblico in modo che ciascuno vi possa avere accesso dal luogo o nel
momento scelti individualmente, quando l’opera è protetta dalle m.t.p. di cui all’art. 102
quater ovvero quando l’accesso è consentito sulla base di accordi contrattuali».
Inoltre, solo con riferimento alla valutazione della liceità delle utilizzazioni on-line
il legislatore ha adottato il cosiddetto “three steps test” di cui all’art. 71 nonies
scopo di caricatura, parodia o pastiche; l) quando si tratti di utilizzo collegato a dimostrazioni
o riparazioni di attrezzature; m) quando si utilizzi un’opera d’arte consistente in un edificio o
un disegno o il progetto di un edificio con lo scopo di ricostruire quest’ultimo; n) quando
l’utilizzo abbia come scopo la comunicazione o la messa a disposizione, a singoli individui, a
scopo di ricerca o di attività privata di studio, su terminali dedicati situati nei locali delle
istituzioni di cui al paragrafo 2, lettera c), di opere o altri materiali contenuti nella loro
collezione e non soggetti a vincoli di vendita o di licenza; o) quando l’utilizzo avvenga in
taluni altri casi di scarsa rilevanza in cui la legislazione nazionale già prevede eccezioni o
limitazione, purché esse riguardino solo utilizzi analogici e non incidano sulla libera
circolazione delle merci e dei servizi all’interno della Comunità, fatte salve le altre eccezioni e
limitazioni contenute nel presente articolo. 4. Quando gli Stati membri possono disporre
un’eccezione o limitazione al diritto di riproduzione in virtù dei paragrafi 2 e 3 del presente
articolo, essi possono anche disporre un’eccezione o limitazione al diritto di distribuzione di
cui all’articolo 4 nella misura giustificata dallo scopo della riproduzione permessa. 5. Le
eccezioni e limitazioni di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 4 sono applicate esclusivamente in
determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o
degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del
titolare».
43
Lillà Montagnani, Dal peer to peer ai sistemi di digital rights management: primi appunti sul
melting pot della distribuzione on-line, «Diritto di Autore», vol. 78, 2007, n. 1, p. 1-57; Marco
Ricolfi, Internet e le libere utilizzazioni, «AIDA», V (1996), p. 115 e seg.
24
Saggi
«le eccezioni e limitazioni disciplinate al presente capo e da ogni altra disposizione della presente legge, quando sono applicate ad opere o ad altri materiali protetti messi a disposizione a disposizione del pubblico in modo che ciascuno vi possa avere accesso dal luogo o nel
momento scelti individualmente,, non devono essere in contrasto con lo sfruttamento normale delle opere e degli altri materiali ne arrecare un ingiustificato pregiudizio agli interessi
dei titolari».
Dunque le nuove tecnologie ci pongono innanzi a una serie di sfide e di problematiche, legate proprio al passaggio all’ambiente digitale, che costituisce un cambiamento notevole per cittadini, per i consumatori e per il mercato e che ha creato
enormi disarmonie.
Appare palese come vi sia uno squilibrio del sistema del diritto di autore legato
anche a un peculiare regime delle eccezioni per l’on-line, ove non è chiaro il confine tra la pirateria e l’uso lecito di un’opera; ed è probabilmente anche questa
asimmetria, questa disciplina delle eccezioni e limitazioni “a due teste” (online/off-line) a contribuire a un sistema squilibrato e rendere difficilmente risolvibile il problema della pirateria a detrimento dell’offerta lecita e dell’accessibilità.
Come anticipato, lo sviluppo di servizi leciti presuppone che si affronti e risolva il
problema della pirateria digitale e dei confini tra lecito e illecito on-line.
Pertanto, uno degli obiettivi comuni per tentare di risolvere le menzionate problematiche e dunque garantire che la cultura nel Web sia accessibile in modo pieno e
legittimo e le problematiche del diritto di autore nel contesto dell’on-line siano
risolte, risiede nel ricondurre a sistema anche la normativa delle eccezioni e limitazioni nel Web. Non certo trasponendo, sic et simpliciter, la disciplina delle eccezioni e limitazioni dall’off-line all’on-line ma perseguendo un adattamento che,
garantendo la conformità dell’uso effettivo a quello dichiarato, possa fare chiarezza sui diritti disponibili e incentivare l’offerta lecita.
Proprio in questo senso le mtp 44 – in relazione alle quali non si ignorano le implicazioni sul piano della libertà di informazione e della concorrenza45 – possono svolgere un ruolo di primaria importanza, garantendo che le eccezioni restino tali e che
nessuno ne abusi; con un giusto bilanciamento tra l’interesse dei titolari ad avere il
controllo dell’opera e quello dei consumatori a ridurre al minimo la portata monopolistica dell’esclusiva. Tutto ciò al fine di conservare la libertà di accesso alla conoscenza e al contempo determinare un incentivo dell’offerta lecita a discapito dei
fenomeni di pirateria.
44
Le mtp sono disciplinate dagli art. 102 quater e 102 quinquies LDA; articoli introdotti, in
attuazione della Direttiva 29/2001, nel 2003. Invero la possibilità di introdurre le mtp era già
prevista con i trattati OMPI sul diritto di autore e connessi del 1996, dal DMCA statunitense.
45
Le mtp sono fondamentali per lo sviluppo del mercato dei contenuti on-line ma, perché l’effetto
delle mtp sia positivo è necessario che essi si basino su standard aperti, interoperabili che
consentano la facilità di fruizione al consumatore e livelli tecnici di sicurezza che li rendano
concretamente efficaci.
25
Saggi
Quanto sopra troverà concreto sviluppo solo quando sarà possibile avere un corpus
omogeneo di previsioni normative a tutela degli autori e a garanzia dei diritti di
accesso alla conoscenza per i fruitori.
Pertanto, appare chiaro come le problematiche legate alla disciplina delle eccezioni e limitazioni rappresentino la migliore esemplificazione delle problematiche relative al diritto di autore in generale, inteso cioè quale sistema di regole che necessitano di un adeguamento alle nuove tecnologie, al rinnovato ambiente socio-economico46.
Volendo considerare un’altra situazione che ben esemplifica la asimmetria della
legge sul diritto di autore rispetto all’avvento delle nuove tecnologie, delineando
dunque la ratio degli studi di riforma, si ritiene di analizzare cosa accade per la
copia privata47, in cui forti sono ormai gli squilibri tra la disciplina legata a sfruttamenti di opere dell’ingegno tramite le “nuove” o le “vecchie” tecnologie.
Infatti, lo sviluppo della tecnologia digitale anche in tal caso ha rivoluzionato il
sistema della copia privata avendo offerto nuovi strumenti per effettuare la copia
(basti pensare all’mp3, ai music phones, alle nuove tecniche per l’audiovisivo, ecc.)
che il legislatore dovrebbe prendere in considerazione. Al contrario, allo stato,
anche per la copia privata – che proprio nel nuovo ambiente tecnologico, può e
deve rappresentare uno strumento di riequilibrio del mercato e di tutela dei diritti
degli autori – pare esservi una disarmonia dovuta al mancato adeguamento normativo al rinnovato contesto tecnologico, essendo infatti, detto compenso, applicato
prevalentemente a strumenti di copia ormai obsoleti. Il nostro legislatore ha cioè,
46
D’altronde le asimmetrie nella disciplina del diritto di autore sono da eliminare anche secondo il
legislatore UE; basti citare la direttiva 2001/29, in particolare nei suoi considerando – da leggersi
in combinato disposto – 5 e 35. Infatti in quest’ultimo considerando è scritto che: «in taluni casi di
eccezioni o limitazioni i titolari di diritti dovrebbero ricevere un equo compenso affinché siano
adeguatamente indennizzati per l’uso delle loro opere o dei materiali protetti». Il considerando 5
aggiunge che: «Lo sviluppo tecnologico ha moltiplicato e diversificato i vettori della creazione,
della produzione e dello sfruttamento. Anche se non sono necessari nuovi concetti in materia di
protezione della proprietà intellettuale, ed allora si dovrebbero adattare e integrare le normative
attuali sul diritto d’autore e sui diritti connessi per rispondere adeguatamente alle realtà
economiche, quali le nuove forme di sfruttamento». Dalla loro lettura congiunta appare chiara
l’esigenza di adeguare la normativa alle nuove tecnologie ed alle nuove forme di sfruttamento.
47
Va anzitutto evidenziato come l’art. 71 sexies LDA qualifica l’attività di copia privata, cioè di
riproduzione di opere tutelate su supporto vergine, come lecita a condizione che essa sia
effettuata:
– privatamente;
– solo per fonogrammi e videogrammi;
– da una persona fisica;
– senza scopo di lucro e fini direttamente o indirettamente commerciali (anche solo risparmio
di spesa);
– nel rispetto delle mtp.
Va specificato che la copia privata, per legge, può essere effettuata su qualsiasi supporto dunque
anche di tipo digitale. Il compenso per copia privata – quale “equo compenso” per i titolari di diritti
di autore – è dovuto da chi fabbrica o importa nello stato gli apparecchi di registrazione e i
supporti vergine.
26
Saggi
fino a oggi, adottato un criterio non sufficientemente adeguato a far si che vi sia
una effettiva apertura alle nuove tecnologie48.
Pertanto, anche alla luce di tutto quanto sopra, il diritto di autore nel nuovo contesto tecnologico deve, sempre di più, essere una norma regolatrice per un corretto accesso ai contenuti creativi.
L’efficacia e l’utilità del suo impatto sarà inversamente proporzionale agli spazi normativi indeterminati e dunque all’arbitrio del singolo49 e direttamente proporzionale alla continuità sistematica in armonia con le evoluzioni tecnologiche.
Solo in tal modo si potrà migliorare l’accessibilità alle opere dell’ingegno e avere un
diritto di autore che – pur mantenendo intatta la sua funzione di tutela dei diritti
– non sia di ostacolo ma di incentivo a un equilibrato sviluppo della cultura e dell’innovazione nel Web.
Continuando nell’analisi di alcuni aspetti di ordine generale sottesi ai lavori di riforma, come emersi dunque dall’analisi della ratio degli studi per la riforma della legge
sul diritto di autore, è da analizzare il fenomeno cosiddetto della “commercializzazione del diritto di autore”.
Sintomatico è quanto statuito dal legislatore con il d.lgs. 29 dicembre 1992, n.
51850 ove ha formalmente inserito, con gli artt. 64-bis e seg. LDA, nella tutela del
diritto d’autore, come opere letterarie, i programmi per elaboratore, garantendo
protezione sia alla forma letteraria comprensibile all’uomo, cosiddetta “sorgente”,
che a quella prettamente digitale “codice oggetto”51. La tutela, che prescinde dalla
forma in cui il software è espresso, è stata estesa anche al materiale preparatorio52
48
L’art. 39 d.lgs 68/2003 testualmente recita: «1. Il compenso di cui all’art. 71 septies della legge 22
aprile 1941, n. 633, è fissato fino al 31 dicembre 2005, e comunque fino all’emanazione del
decreto di cui allo stesso art. 71 septies, nelle seguenti misure: a. supporti audio analogici: 0,23
euro per ogni ora di registrazione; b. supporti audio digitali dedicati, quali minidisc, CD-R audio e
CD-RW audio: 0,29 euro per ora di registrazione. Il compenso è aumentato proporzionalmente per i
supporti di durata superiore; c. supporti digitali non dedicati, idonei alla registrazione di
fonogrammi, quali CD-R dati e CD-RW dati: 0,23 euro per 650 megabyte; d. Abrogata; e. supporti
video analogici: 0,29 euro per ciascuna ora di registrazione; f. supporti video digitali dedicati quali
DVHS, DVD-R video e DVD-RW video: 0,29 euro per ora, pari a 0,87 euro per un supporto con una
capacità di registrazione di 180 minuti. Il compenso è aumentato proporzionalmente per i supporti
di durata superiore; g. supporti digitali idonei alla registrazione di fonogrammi e videogrammi, quali
DVD Ram, DVD-R e DVD-RW: 0,87 euro per 4,7 gigabyte. Il compenso è aumentato
proporzionalmente per i supporti di durata superiore; h. apparecchi esclusivamente destinati alla
registrazione analogica o digitale audio o video: 3 per cento dei relativi prezzi di listino al
rivenditore; h bis. Abrogata».
49
Basti citare esemplificativamente il considerando n. 22 della Direttiva 2001/29: «La diffusione della
cultura non può essere veramente promossa se non proteggendo rigorosamente i diritti e lottando
contro le forme illegali di messa in circolazione di opere culturali contraffatte o riprodotte
abusivamente».
50
In attuazione della direttiva n. 91/250/E.U.
51
Il codice oggetto consiste in impulsi elettrici comprensibili solo dall’elaboratore e che necessitano di
un’operazione di “decompilazione”.
52
Per materiale preparatorio deve intendersi solo ciò che ha pur sempre una sua compiutezza sul
piano dell’organizzazione e della comunicazione delle informazioni in esso contenute.
27
Saggi
che è alla base del programma (non però alle idee e ai principi sottesi).
La creazione del programma è titolo d’acquisto originario del diritto d’autore.
L’inserimento dei programmi per elaboratore nel novero delle opere dell’ingegno
sta a dimostrare, anche ad avviso di chi scrive53, un fenomeno abbastanza recente
che caratterizza il diritto d’autore: la sua “commercializzazione”. Appare infatti
chiaro come definire gli algoritmi – elementi essenziali del software – come l’equivalente delle parole con le quali il poeta o lo scrittore creano la propria opera letteraria, o delle pennellate dell’artista o delle scale musicali del compositore sia una
vera e propria forzatura. Ma è pur vero che il giurista deve confrontarsi con la realtà, per cui non può che accogliere quanto stabilito dalla legge: il software, comprensivo del codice oggetto e del materiale preparatorio (che abbia una sua compiutezza sul piano dell’organizzazione e della comunicazione) è tutelato secondo le
norme del diritto d’autore all’unica condizione che i programmi siano originali quali
risultato della creazione intellettuale dell’autore54.
La protezione del diritto d’autore è rivolta non alle idee ma alla forma espressiva, i contenuti rimangono essenzialmente esclusi; sono però proprio i contenuti
intrinseci a costituire l’essenza del software (appunto quale sequenza di istruzioni, serie di impulsi elettrici non comprensibili all’uomo ma solo alla macchina).
Sembra mancare insomma una vera e propria forma espressiva, eppure il legislatore comunitario e poi nazionale ha garantito una tutela addirittura alla stregua
di un’opera letteraria considerando il meccanismo della decompilazione quale
attività creativa55.
Considerazioni simili possono esser fatte per le banche dati, come tutelate ai sensi
e per gli effetti dell’art. 102 bis LDA; ove tale norma disciplina il diritto – definito
“sui generis” – del costitutore della banca di dati, per proteggere prodotti, prestazioni e beni non necessariamente collegabili a un attività creativa e al solo fine di
remunerare l’investimento economico del costitutore medesimo.
Pertanto, anche in tal caso, il legislatore prende atto di una situazione di fatto del
nostro mercato e dunque riconosce il diritto del costitutore di vietare operazioni di
estrazione o reimpiego della totalità o di parte sostanziale della banca di dati, ciò
indipendentemente dal fatto che essa sia tutelabile ai sensi del diritto di autore. Il
bene tutelato non è dunque l’estrinsecazione creativa di un’idea ma l’investimento rilevante (la cui individuazione è peraltro rimessa al caso specifico secondo parametri sostanziali e variabili)56.
53
Ben più autorevolmente dello scrivente vedasi il fondamentale lavoro in proposito: Giovanni
Cavani, Oggetto della tutela, in: Luigi Carlo Ubertazzi, La legge sul Software, Milano: Giuffrè,
2001, p. 1-22.
54
Vedasi art. 64 bis e seg. LDA.
55
Vera e propria fictio iuris visto che le “scelte creative” sono già tutte prestabilite.
56
Sullo stesso solco si inserisce, ad avviso di chi scrive, il nuovo art. 78 quater inserito nella LDA dal
d.lgs 169/99.
28
Saggi
Quanto sopra dedotto sta a testimoniare che si è ormai realizzata una mutazione
della tutela d’autore evolutasi verso la garanzia tout-court dei risultati del lavoro e
degli investimenti altrui, tenendo in poco conto la comunicabilità e la formalizzazione di tali risultati.
Un “nuovo diritto d’autore”, divenuto un omnicomprensivo contenitore dove riversare nuove tipologie di risultati industriali alla base dei quali sia rinvenibile un attività genericamente creativo-intellettuale. È questo dunque il fenomeno della
“commercializzazione”, una tendenza generale, diffusa, a proteggere con il diritto
d’autore creazioni diverse dalla classica opera letteraria, scientifica, artistica; tendenza che porta a una progressiva trasformazione della nostra disciplina e della
nostra stessa filosofia sul diritto d’autore in un qualcosa di più simile al copyright
anglosassone.
D’altronde, tornando alla disciplina del software, è la stessa direttiva n. 91/250 che
afferma, apertamente, come in quanto “i programmi per elaboratore hanno un
ruolo sempre più importante in una vasta gamma di industrie” e ancora in ragione
del fatto che “per creare programmi per elaboratore è necessario investire considerevoli risorse umane, tecniche e finanziarie, mentre è possibile copiarli a un costo
minimo rispetto a quello necessario per produrli autonomamente”, tali programmi
devono ricevere tutela, in quanto si devono tutelare gli investimenti di risorse
umane e economiche.
4. Alcune proposte di riforma
Per un primo e necessariamente sommario excursus sui contenuti degli studi volti
a far emergere delle proposte di riforma è da segnalare come dal lavoro – indirizzato principalmente verso un adeguamento dell’attuale dettato normativo alle
nuove tecnologie – fra le altre, è stata sollevata l’esigenza di valutare se ridefinire gli ambiti dei diritti esclusivi alla luce delle nuove forme di accesso e condivisione delle opere, soprattutto musicali, quali il cosiddetto “file sharing” e il “peer-topeer”; ancora, come anticipato, grande attenzione hanno ricevuto le tematiche
relative alle eccezioni e limitazioni sempre nell’ottica di adeguamento all’ambiente digitale (si pensi, ex multis, alle biblioteche digitali, alla copia privata, alla repografia, alla possibilità per i soggetti affetti da handicap ad accedere alle opere dell’ingegno, ecc.); sono altresì state affrontate le problematiche sulla circolazione
nelle reti digitali dei “contenuti” (opere dell’ingegno) e il connesso tema della
interoperabilità e delle informazioni sui diritti, necessarie per un corretto equilibrio
del mercato e della concorrenza nonché per la tutela del consumatore; sono poi
state individuate ipotesi di nuovi diritti e di nuove opere dell’ingegno quali a
esempio le opere legate al digitale o a recenti forme di sfruttamento economico
quale il format televisivo.
Altro campo dei lavori di studio ha riguardato le misure di tutela civili e penali;
facendo anche tesoro di alcuni problemi esecutivi e soprattutto sempre ponendo
29
Saggi
attenzione a ciò che avviene a livello Comunitario57.
Sono poi stati proposti strumenti alternativi, come le sanzioni amministrative pecuniarie e interdittive di primo livello per i comportamenti illeciti di carattere isolato
o non professionale, nonché procedure alternative per la soluzione delle controversie, eventualmente affidandole a organismi terzi.
Fermo tale necessariamente breve excursus, tra le molteplici proposte (come emerse dai lavori di studio per la riforma della LDA), pur non essendo possibile elencarle tutte58, si ritiene di analizzarne alcune relative soprattutto alla disciplina delle
eccezioni e limitazioni59.
In particolare pare opportuno ricordare come si sia esplorata la possibilità di far
effettuare una copia anche con tecnologia digitale – ai soli fini di conservazione –
di opere presenti presso le biblioteche accessibili al pubblico e istituti affini come
elencati all’art. 69 LDA60; inoltre e conseguentemente si è valutata la possibilità di
mettere a disposizione del pubblico la copia dell’originale realizzata con tecnologia
digitale.
Si è poi proposto di far sì che le letture ed esecuzioni di opere o di brani di opere,
effettuate in biblioteca e gratuitamente a scopo di promozione culturale e valorizzazione delle opere stesse (per esempio letture di fiabe, racconti, ecc.), non contrastino con i diritti di utilizzazione in quanto utili a stimolare la familiarità con e la
fruizione dei prodotti culturali.
Si è valutata anche l’adozione di un’eccezione secondo cui sarebbe libera la riproduzione e la comunicazione al pubblico, nei cataloghi on-line delle biblioteche e di
altri istituti culturali, di indici, sommari, abstract, copertine a bassa risoluzione,
eventualmente incipit di brani musicali, o brevi filmati, o immagini in movimento
(corrispondenti ai trailer nel caso di opere cinematografiche), allo scopo esclusivo
di migliorare la descrizione e facilitare l’identificazione dell’opera e dell’edizione,
senza alcun vantaggio economico per la biblioteca o altro istituto culturale. In merito al cosiddetto “open access” si è evidenziato come in base ad appositi accordi con
gli autori, la documentazione dei risultati di attività culturali o scientifiche finanziate da amministrazioni dello stato, delle regioni o di enti pubblici, come anche le
57
Si pensi, da ultimo – secondo quanto suggerito dalla relazione dell’Avvocato Generale della Corte di
Giustizia della Comunità Europea Juliane Kokot – al bilanciamento tra il diritto alla riservatezza e la
tutela civilistica delle opere dell’ingegno. Vedasi ex multis, Tribunale di Roma, 17 marzo 2008, File
sharing e tutela della riservatezza degli utenti, «Diritto dell’Informazione e dell’Informatica», vol.
24, 2008, n. 3, p. 384-394.
58
Egualmente degne di tutela; sebbene portatrici di visione spesso diametralmente opposte (come è
d’altronde necessario che sia perché si possa avere un lavoro di studio davvero completo e
condiviso).
59
Emerse, oltre che dai lavori di studio per la riforma della LDA, da un informale tavolo di trattative
coordinato dallo scrivente, tra l’Associazione Italiana Editori (AIE) e l’Associazione Italiana
Biblioteche (AIB), che, pur non rappresentando posizioni ufficiali e definite, testimoniano l’apertura
di un proficuo dialogo.
60
Il primo comma dell’art. 69 testualmente indica «biblioteche e discoteche dello Stato e degli enti
pubblici», il secondo comma parla anche di «cineteche dello Stato».
30
Saggi
università, dovrebbe essere depositata entro un congruo termine presso l’archivio
istituzionale dell’ente finanziatore ed essere liberamente accessibile a chiunque, nel
luogo e nel momento scelti individualmente, senza costi aggiuntivi per l’utente,
non più tardi di dodici mesi dalla pubblicazione dell’opera.
Si è poi valutata la possibilità di adottare una nuova e più ampia formulazione dell’art. 12 bis61 da riferire a tutte le opere e non solo ai programmi per elaboratore e
banche dati.
Sempre restando nell’ambito delle eccezioni e limitazioni si è proposto di far si
che divenga possibile la rinuncia, da parte del titolare dei diritti, ad alcune delle
proprie facoltà di utilizzazione esclusiva; infatti, si è sostenuto come molti autori non hanno interesse all’esclusiva su alcuni diritti di utilizzazione ( per esempio
riproduzione, prestito, ecc.) e dunque se intendono favorire le libere utilizzazioni, devono poterlo comunicare in modo che le utilizzazioni di tali opere non siano
soggette a restrizioni. Bisognerà poi dare pubblicità del regime dei diritti di utilizzazione per ogni opera e pertanto si è prevista l’istituzione di un registro, strutturato in forma di database pubblicamente accessibile tramite Internet, da cui si
possano trarre agevolmente informazioni sul regime dei diritti per ogni opera:
identità e recapiti degli aventi diritto, durata della protezione, autorizzazioni o
rinunce degli aventi diritto ad alcuni diritti esclusivi, indicazione delle opere
cosiddette “orfane”, ossia il cui titolare non sia reperibile. I contenuti di tale registro dovrebbero essere integrati con analoghi registri internazionali. La responsabilità della sua realizzazione e del suo aggiornamento dovrebbero essere oggetto di accordi tra Ministero per i beni e le attività culturali, SIAE e categorie interessate, anche tenuto conto dei rapporti con l’estero.
Si è anche proposto, sostituendo il termine “riproduzione” al termine “fotocopia”,
di consentire le riproduzioni, su qualunque supporto e in qualunque formato, a
scopo conservativo e a scopo sostitutivo per l’uso pubblico in caso di deterioramento od obsolescenza dell’esemplare originale.
Sul cosiddetto “document delivery” (ovvero l’invio di riproduzioni) si è proposto di
renderlo possibile anche nel caso in cui l’utente non si rechi fisicamente presso la
biblioteca, ma chieda, direttamente o tramite altra biblioteca, l’invio postale della
riproduzione. Sul diritto di prestito, ai sensi dell’art. 69 LDA, si propone di ampliarne l’accezione a favore di una nozione che comprenda qualsiasi tipo di materiale.
Altra spinosa problematica oggetto dello studio per la riforma della legge sul diritto di autore riguarda la tutela degli interessi degli autori di format televisivi.
Secondo la nota definizione fornita dalla SIAE62.
61
L’art. 12 bis l. 633/41 testualmente recita: «Salvo patto contrario il datore di lavoro è titolare del
diritto esclusivo di utilizzazione economica del programma per elaboratore o della banca di dati
creata dal lavoratore dipendente nell’esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dallo
stesso datore di lavoro».
62
Ai sensi della nota definizione data dalla SIAE. Si veda http://www.siae.it.
31
Saggi
«si intende per Formato, l’opera dell’ingegno avente struttura originale esplicativa di uno
spettacolo e compiuta nell’articolazione delle sue fasi sequenziali e tematiche, idonea a essere rappresentata in un azione radiotelevisiva e teatrale, immediatamente o attraverso interventi di adattamento o di elaborazione o di trasposizione, anche in vista della creazione di
multipli. Ai fini della tutela, l’opera deve comunque presentare i seguenti elementi qualificanti: titolo, struttura narrativa di base, apparato scenico e personaggi fissi».
In senso più ampio, format63 è una nozione che può essere comprensiva di tutte
quelle realizzazioni dell’intelletto che costituiscono un “contenitore” per trasmissioni radio-televisive.
Ciò che è emerso dai lavori di studio è fra le altre che – con la piena consapevolezza che non possono applicarsi al format televisivo gli stessi parametri di valutazione delle altre opere autorali (essendo il format caratterizzato da una serie di peculiarità che non sempre si conciliano con i principi della Legge d’autore) – bisognerebbe valutare l’opportunità di un cosiddetto “format right”.
Fermo restando il principio di non proteggibilità delle idee, in quanto appartenenti al dominio pubblico, è tuttavia pacifico che in certi tipi di opere (opere letterarie, cinematografiche, opere appartenenti al settore industriale) sia necessario estendere la tutela a una parte del contenuto. Il problema della tutelabilità del
format, in base alla legge sul diritto d’autore, prende proprio le mosse dal principio di non proteggibilità delle idee e si pone ai confini fra produzioni intellettuali non sufficientemente elaborate, e quindi non tutelabili, e creazioni che, pur
suscettibili di ulteriore elaborazione, presentano quegli elementi minimi di creatività e concretezza espressiva, sufficienti a rendere applicabile la disciplina del
diritto d’autore.
Tali problematiche d’altronde si riscontrano in relazione a tutte quelle ipotesi di diritti sui generis quali esemplificativamente – oltre i citati software e banche dati – il
personaggio di fantasia, l’idea pubblicitaria, il progetto di opere architettoniche.
È pertanto opportuno menzionare, fra le altre proposte emerse, la possibilità di
equiparare il soggetto televisivo (appunto il format) al soggetto cinematografico.
Ci si è chiesti perché mai a uno schema di prodotto cinematografico, scarno e sommario, è attribuita tutela in base agli articoli 44 e seg. LDA mentre a un eguale
schema di un prodotto televisivo non corrisponde medesima tutela. La qualità di
opera dell’ingegno deve essere ravvisata in relazione alla sussistenza dell’elemento
creativo, consistente, giova sempre ripeterlo, nella originalità della rappresentazione e nella completezza dell’espressione.
63
Sia concesso di rinviare ai seguenti due lavori di cui è autore chi scrive: Ferdinando Tozzi, Il
format televisivo: prospettive di tutela giuridica, «La Nuova Giurisprudenza Civile
Commentata», XIX (2003), n. 5, p. 429-439; Eugenio Prosperetti – Ferdinando Tozzi –
Vincenzo Visco Comandini, I format televisivi tra acquisto di know-how e tutela della
proprietà intellettuale, «Diritto dell’Informazione e dell’Informatica», vol. 23, 2007, n. 1, p.
1-36.
32
Saggi
Una descrizione letteraria, che rispetti i requisiti di creatività e forma richiesti dalla
LDA, se rivolta alla realizzazione di un’opera cinematografica assurge a dignità di
“soggetto”, se rivolta invece alla realizzazione di un programma televisivo alcuna
dignità artistica sarà mai riconosciuta. È pur vero che mentre vi è un’espressa previsione per il soggetto cinematografico, così non è per quello televisivo, ma, d’altro canto, non vi sono ostacoli a una applicazione analogica della disciplina, della
“eadem ratio”, dell’articolo 44 LDA a quel “soggetto televisivo” che rappresenti
l’impalcatura fondamentale di un programma e che necessita di una “riduzione”, di
una elaborazione, ovvero di una sceneggiatura quale sua logica evoluzione. A meno
che non si vogliano considerare le disposizioni degli articoli 44 e seg. LDA come
norme eccezionali, insuscettibili, quindi, di applicazione analogica. Peraltro, a tal
fine andrebbe considerata e rivalutata la portata del secondo comma dell’articolo
203 LDA che testualmente recita: «la televisione è regolata dai principi generali di
questa legge in quanto applicabili» dunque sono comprese le previsioni a tutela
delle opere cinematografiche; normativa che, un tempo, poteva essere considerata
eccezionale, ora, invece, alla luce del “nuovo diritto d’autore”, rappresenta un
insieme di principi generalmente applicabili per via analogica.
Invero, anche secondo quanto già evidenziato (indicando la cosiddetta “commercializzazione” del diritto di autore)64, nell’ambito del nuovo contesto sotteso alla
normativa autorale risulta obsoleta la concezione delle norme sulla cinematografia
quali leggi speciali, rispondendo invece, quest’ultime, alle nuove esigenze del diritto d’autore posto a tutela anche degli investimenti.
Per evitare quindi di usare “due pesi e due misure”65 bisognerebbe adeguare tutto
il sistema del diritto d’autore alle nuove esigenze socio-economiche provenienti dal
mercato, in particolare quello dei format.
Non più solo le opere cinematografiche, ma anche il software e le banche dati sono
infatti considerate tutelabili dalla legge sul diritto di autore66, a significare il venire
meno della loro eventuale eccezionalità; costituendo invece espressione di quel
“nuovo diritto d’autore” figlio del forte progresso sociale ed economico degli ultimi decenni che ha portato a una vera e propria rivoluzione silenziosa, sfociata
anche nella direttiva n. 2001/29 e nel d.l. n. 2003/68. Normativa per certi versi
rivoluzionaria, che ha realizzato e giuridicamente determinato una maggiore e più
ampia tutela dei risultati del lavoro creativo-intellettuale, contestualizzando il diritto d’autore e prescindendo da rigidi preconcetti arrivando così ad aprire le porte a
una serie di nuove opere dell’ingegno frutto dell’intelletto umano ma espresse e
realizzate con nuove modalità (ecco allora database, software, videogiochi, ecc.).
Potrebbe dunque ritenersi che uno schema di programma televisivo che manchi di
64
Vedasi cap. 3.
Vedasi in particolare quanto scritto al cap. 3 in merito alla, emblematica, situazione del software
tutelato quale opera letteraria.
66
Inserite nell’art. 2 LDA (n. 6 e 8).
65
33
Saggi
una sua esteriorizzazione “classica”, ovvero il suo contenuto non sia stato “materializzato” su di un mezzo di comunicazione tradizionale, possa ugualmente considerarsi opera dell’ingegno tutelabile dalla LDA, beninteso sempre che abbia una
sua compiutezza espressiva che lo renda comunicabile a un soggetto percipiente,
tenendo anche conto che all’art. 1 LDA sono protette le opere dell’ingegno, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.
Altra problematica emersa dai lavori di studio per una riforma della legge sul diritto di autore – e che ivi si ritiene, meramente, di segnalare all’attenzione del lettore – riguarda la tutela dell’immagine intesa non più solo quale attributo della personalità, ma quale bene economicamente valutabile e dunque commerciabile, il
cosiddetto “right of publicity”67. Esso nella pratica commerciale rappresenta ormai
un vero e proprio “diritto di proprietà” – non riconosciuto dal nostro legislatore –
sull’utilizzo commerciale del proprio nome, della propria immagine e di altri aspetti caratterizzanti un determinato individuo. Appare necessario quantomeno garantire una protezione contro l’ingiustificato arricchimento di soggetti terzi che – pur
in assenza di alcun legame con il titolare del nome e immagine – sfruttano detti
attributi senza che, formalmente, l’avente diritto possa accampare alcuna pretesa.
Strettamente collegato a tale problematica è poi la possibilità di trasferire mortis
causa il cosiddetto “right of publicity”68. In particolare si è evidenziato come sia
ormai necessario prendere atto di un evoluzione del nostro mercato (globalmente
inteso) ove l’immagine ha un suo valore di per se, prescindendosi dalla notorietà
del soggetto.
5. Conclusioni
Secondo quanto fin qui dedotto, appare dunque fondamentale che la legge sul
diritto d’autore, nei suoi contenuti, venga adeguata al nuovo ambiente tecnologico; garantendo un bilanciamento di interessi tra la salvaguardia e la tutela di
un’area di conoscenze, saperi e informazioni che dovrebbero essere e rimanere a
disposizione della collettività, liberamente riutilizzabili come base per ulteriori creazioni e innovazioni da un lato e la remunerazione dei titolari e degli autori dall’altro. Evitando altresì che una denegata deriva protezionistica porti la proprietà intellettuale a impedire piuttosto che incentivare il progresso e la crescita culturale.
A tal fine, appare opportuno, da una parte, confermare e ribadire la necessaria esistenza dei diritti di proprietà intellettuale sottolineando, anche nel nuovo millennio, l’opportunità di ricorrere al termine “proprietà” anche per i beni cosiddetti
“immateriali”, poiché anche le opere dell’ingegno sono beni e come tali necessitano di essere tutelati. Dall’altra, occorre però delineare con precisione i confini dei
67
Vedasi ex multis Huw Beverley-Smith – Ansgar Ohly – Agnes Lucas-Schloetter, Privacy, Property
and Personality, Cambridge: Cambridge University Press, 2005.
68
Purtroppo sono tematiche che richiederebbero una trattazione ad hoc, qui non possibile; dunque al
momento basti segnalare come siano quantomeno emerse.
34
Saggi
diritti esclusivi e, tramite questa operazione, determinare a contrario quegli spazi di
libertà che sono preservati per i concorrenti ma anche per i fruitori del sapere scientifico e culturale.
In conclusione – sebbene la vigente legge sul diritto di autore sia atta a offrire, in
virtù dei suoi principi, le soluzioni più opportune alle problematiche poste dalle
nuove tecnologie – è necessario addivenire a una rinnovata simmetria del sistema
normativo, tra il diritto di autore nell’ambiente analogico e digitale, facendo si che
detta normativa sia, sempre di più, norma regolatrice per un corretto accesso ai
contenuti creativi nel Web.
Come già anticipato, l’efficacia e l’utilità del suo impatto sarà inversamente proporzionale agli spazi normativi indeterminati e dunque all’arbitrio del singolo e direttamente proporzionale alla continuità sistematica in armonia con le evoluzioni tecnologiche.
Solo in tal modo si potrà migliorare l’accessibilità alle opere dell’ingegno nel Web e
avere un diritto di autore che – pur mantenendo intatta la sua funzione di tutela
dei diritti – non sia di ostacolo ma di incentivo a un equilibrato sviluppo della cultura e dell’innovazione nel Web*.
Since some time now, the development of new technologies – which make it
possible to create new types of intellectual works on the one hand, and distribute and reproduce traditional intellectual works in new ways on the other –,
has opened up a number of issues in relation to the applicability of the
Copyright Act currently in force in Italy. The author believes that it is possible
and necessary to avoid any scenario where the enforcement of some form of intellectual property protection becomes impossible in the era of new technologies, as the spread of such technologies should not in any way lead to extinction of the principle of copyright protection. Yet, in the global world of interactive communication one could easily fall in the trap of assuming that intellectual assets can be considered as freely available to anyone in any moment, just
because most of the times such works do not come in the form of material assets. Society must be well aware of the fact that there is no difference whatsoever between illegally using an intellectual work and illegally using any other asset that belongs to a third party. Thus, there needs be a full understanding of
how an intellectual work is always the result of someone’s efforts and professional skills. We hence have the duty to protect intellectual assets, both in terms of
protecting the income which such assets generate and which the authors of the
intellectual work have legitimately earned, and especially in terms of protecting
the incentives to creativity and cultural production in our country. If we will fail
to do so, the market will collapse. As far as on-line access goes legal services to
access creative contents (i.e., the “legitimate services”) are limited under a juridical point of view. This is due to a number of factors, the most relevant of
which is the difficulties in drawing the line between legitimate and illegitimate
use of an intellectual work. In order to draw up a copyright legislation reform
* Il contenuto del presente lavoro esprime opinioni e considerazioni personali dell’autore.
35
Saggi
adequate to the new technological context, a study has been conducted with
the aim of defining possible changes to the Copyright Act n. 633/41 and establishing a new balance at a level of rules governing copyright in the analogical
and digital environments. In the new context, copyright legislation must indeed
be increasingly capable of offering a regulatory framework for legal access to
creative contents on the Web.
Il existe depuis longtemps une problématique concernant l’applicabilité de la loi
sur le droit d’auteur actuellement en vigueur en Italie, en relation au développement des nouvelles technologies (qui d’un côté créent de nouvelles œuvres
de l’esprit et de l’autre sont en mesure d’assurer une circulation et reproductibilité renouvelées des œuvres de l’esprit traditionnelles). Il faut croire que l’on
peut et l’on doit conjurer toute prévision niant la possibilité d’appliquer l’institution de la propriété intellectuelle dans le contexte des nouvelles technologies
car celles-ci n’imposent nullement la mort du droit d’auteur. Dans un monde
global de communication interactive il est cependant bien trop facile de tomber
dans le piège de considérer les biens intellectuels comme librement disponibles,
à la merci de quiconque simplement parce que la plus part du temps ils n’ont
pas de consistance matérielle. La société doit bien comprendre qu’utiliser abusivement une œuvre de l’esprit équivaut à utiliser abusivement un bien quelconque appartenant à autrui. Il est donc nécessaire de bien prendre conscience du
fait que chaque œuvre est le fruit d’un travail et de professionnalité. C’est pourquoi il faut sauvegarder le bien intellectuel qui donne lieu à des gains économiques constituant la rétribution de l’esprit des auteurs et, surtout, l’encouragement à la créativité et à la production culturelle de notre pays; sous peine la
faillite du marché. Sur «l’en ligne» l’accessibilité correcte au contenus créatifs
(soit les «services licites») est juridiquement limitée à cause de différents facteurs dont surtout l’indétermination des confins entre les utilisations licites et illicites des œuvres d’auteur. Afin d’obtenir une normative sur le droit d’auteur
s’adaptant au nouveau contexte technologique, une étude a donc été effectuée
pour modifier la l. 633/41 et atteindre une symétrie renouvelée du système
normatif, entre le droit d’auteur dans le milieu analogique et digital. En effet, le
droit d’auteur dans le nouveau contexte technologique doit de plus en plus
constituer une norme régulatrice pour permettre un accès correct au contenus
créatifs du Web.
36
Saggi
Gli archivi come depositi
di memorie digitali*
Maria Guercio
Università degli Studi di Urbino
La conservazione di archivi digitali è uno dei temi più impegnativi e complessi
che la comunità degli archivisti (e in generale di coloro che operano nelle istituzioni della memoria) è oggi chiamata ad affrontare. Nonostante un decennio di
dibattiti e ricerche, non solo mancano soluzioni complessive, ma sono insufficienti (soprattutto a livello nazionale) le iniziative di formazione e le attività di
sperimentazione. La stessa terminologia avrebbe bisogno di approfondimenti e
rivisitazioni, così come sembrano inadeguati i processi conservativi utilizzati in
ambito tradizionale che, nel mondo archivistico, sono ancora riconducibili a
quel modello “policentrico” che mal si concilia con le esigenze di cooperazione
e condivisione di risorse e strumenti del mondo digitale.
L’articolo analizza in particolare il nodo dei “depositi digitali archivistici” dal
punto di vista delle responsabilità specifiche anche alla luce di una ricostruzione storica del dibattito che ha interessato la comunità professionale internazionale nella seconda metà degli anni Novanta. La contrapposizione tra i sostenitori della funzione conservativa in house, ovvero affidata alle istituzioni archivistiche nazionali (gran parte delle tradizioni archivistiche europee e nordamericane) e la visione post-custodial, promossa dalla scuola australiana, a favore di
una gestione distribuita affidata direttamente ai soggetti produttori di documenti è ormai largamente superata sia perché le istituzioni non si sono sottratte
alla funzione conservativa (inclusi i National Archives of Australia), sia perché
la riflessione avviata allora ha fatto maturare una generale consapevolezza sulla rilevanza di standard precoci in grado di assicurare che le fonti e i sistemi documentari siano predisposti sin dall’origine con procedure e formati finalizzati
alla conservazione futura. In Italia, inoltre, sono in fase di progettazione importanti progetti regionali finalizzati alla creazione di depositi di concentrazione
delle memorie digitali nel settore dell’e-government, in grado di dar vita a modelli innovativi di cooperazione.
Considerazioni introduttive
A
l fine di affrontare, con concretezza ma anche con la dovuta attenzione per
gli aspetti metodologici, un tema oggi al centro della riflessione e delle iniziative nazionali e internazionali, quello delle istituzioni e dei depositi deputati alla
conservazione a lungo termine di archivi digitali, può essere utile integrare la trat-
* L’articolo è il frutto di una prima rielaborazione della relazione presentata al convegno che si è
tenuto a Ravenna nei giorni 14-15 novembre 2008 sul tema I luoghi delle memorie e della
conoscenza: la conservazione del patrimonio documentario fra tradizione e innovazione.
37
Saggi
tazione tecnico-scientifica in materia con un profilo storico dedicato ai modi in cui
la custodia digitale degli archivi è stata affrontata dalla comunità internazionale
nella prima fase della sua vicenda, a partire dalla metà degli anni Novanta. Un
confronto serrato era allora in corso nella comunità archivistica anglosassone (nordamericana e australiana soprattutto) proprio in relazione alla responsabilità per la
conservazione del patrimonio documentario digitale e al modo adeguato (e sostenibile) di esercitarla: da un lato i sostenitori della continuità anche nel mondo digitale della funzione di custodia affidata alle istituzioni archivistiche dedicate (agli
archivi nazionali innanzi tutto e in ogni caso a servizi d’archivio identificati con
certezza e con compiti e competenze riconosciute all’interno degli enti); dall’altro i
fautori di una politica cosiddetta post-custodial che affidava a responsabilità distribuite non specialistiche la sostenibilità della conservazione delle nuove fonti. Il
confronto, avviato nei primi mesi del 1995, assunse presto nelle liste di discussione degli archivisti anglosassoni i toni accesi di una contrapposizione frontale1.
Momento chiave dello scontro fu la conferenza nazionale annuale degli archivisti
canadesi tenutasi a Ottawa nel 19972. “Archives as a place of custody, memory
and information” fu l’accattivante ed emblematico titolo con cui la comunità archivistica canadese promosse il confronto con il sostegno aperto e dirimente degli
Archivi nazionali di Washington e con la sostanziale approvazione di una parte
rappresentativa della comunità scientifica europea. L’obiettivo esplicito dell’iniziativa era quello di avviare una riflessione complessiva sul tema dei luoghi della memoria digitale, quello implicito mirava a contrastare e, possibilmente, neutralizzare
definitivamente l’insidia di una scelta archivistica ritenuta centrifuga, disgregante
e, sostanzialmente rinunciataria, sia in termini di responsabilità che in relazione alla ideazione e allo sviluppo degli strumenti necessari a gestire la conservazione e
la fruizione del patrimonio digitale, rappresentata dalle soluzioni proposte dalla
“nuova Scuola archivistica australiana”, che affidava proprio a soluzioni distribuite
e a futuri (allora) e un po’ miracolosi (tuttora) automatismi informatici la sfida del-
1
2
Le prime riflessioni sul tema della “continuità” della gestione documentale contrapposta alla teoria
del “ciclo di vita” anglosassone furono pubblicate nel 1993 in una raccolta di saggi, Archival
Documents: Providing Accountability through Recordkeeping, edited by Sue McKemmish, Frank
Upward, Melbourne: Ancora press, 1993. Emblematico il titolo delle sezioni in cui sono divisi i
saggi: 1. Democratic Accountability and Continuità: Vision and Reality, 2. TheRecordkeepingAccountability Nexus: Some Case Studies, 3. Spiriting An Understanding…, 4. A Simple Shared
Goal for Postcustodial Archivists and Records Managers. Si veda inoltre di Adrian Cunningham,
Journey to the end of the night: custody and the dawning of a new era on the archival threshold,
«Archives and Manuscripts», 24 (1996), n. 2, p. 312-321.
Gli atti della conferenza non furono pubblicati. Una sintesi dei principali interventi e degli
esiti della conferenza fu resa disponibile sul bollettino dell’Association of Canadian Archivists
del 1997, insieme al testo della Conference Overview a cura di chi scrive («Aca Bullettin», 22,
n. 1, September 1997, p. 5-7. L’anno precedente era comparso un significativo contributo al
tema a cura di Luciana Duranti, Archives as a Place, «Archives & Manuscripts» 24 (1996), n.
2, p. 242-255.
38
Saggi
la conservazione digitale, attraverso la teoria del records continuum3. I colleghi australiani, chiamati allora a un confronto che si rivelò fin troppo franco e diretto, ritenevano che le tecnologie avrebbero potuto risolvere i nodi della portabilità nel
tempo e della ri-usabilità delle memorie digitali e che – ai fini dell’autenticità – sarebbe stato sufficiente affidarsi all’indiscusso principio anglosassone dell’accountability (in quanto capacità/obbligo dei funzionari pubblici di rispondere delle
azioni destinate alla tenuta a medio e lungo termine delle memorie digitali del futuro affidate loro in quanto produttori delle stesse). La gestione incrementale e
automatica di un numero crescente di metadati avrebbe garantito – a costi ragionevoli – la certezza di una conservazione adeguata, affidabile, autentica.
Per sostenere la credibilità ed efficacia di una nuova politica per gli archivi, destinata – secondo questa linea – a spogliarsi del compito gravoso (e straordinariamente sovraccarico di incertezze e di nodi irrisolti) della gestione fisica dei depositi di conservazione, si ribadiva – con convinzione – la centralità di un controllo
precoce e condiviso tra produttori e archivisti sulla qualità e coerenza dei processi
di formazione della produzione documentaria, che la tradizione italiana conosce e
pratica da secoli (sia pure con qualche discontinuità e con limitato impegno)4, ma
che nel mondo anglosassone aveva da poco cominciato ad essere considerato nella sua rilevanza e centralità5. Con l’eccezione di una parte degli archivisti olandesi
guidati da Eric Ketelaar, allora direttore del Nationaal Archief, la comunità archivistica internazionale fu allora unanime nel respingere la teoria post-custodial che
predicava appunto la rinuncia alla custodia diretta delle nuove fonti, ma fu allo
stesso tempo concorde nel sottolineare che comunque nessuna conservazione
avrebbe potuto aver luogo, con risorse contenute e con sufficiente qualità, se non
si fosse intervenuto precocemente sui sistemi documentari correnti con standard,
regole, strumenti, raccomandazioni, normative e sensibilizzazione costante.
Effettivamente, gli archivisti hanno in questi dieci anni in sede internazionale e
nazionale mantenuto alto il presidio delle funzioni di “record management”, anche
3
4
5
Per una sintesi della teoria e per un’analisi delle strategie perseguite e dei risultati ottenuti, si veda
Barbara Reed, The Tradition and Position, in: Managing and Archiving Records in the Digital Era:
Changing Professional Orientations, edited by Niklaus Bütikofer, Hans Hofman, Seamus Ross,
Baden: Verlag für Kultur und Geschichte, 2006.
Esiste in proposito una notevole letteratura di approfondimento che si è venuta arricchendo in
questi anni di contributi dedicati alla ricostruzione storica delle procedure e degli strumenti per la
gestione documentaria negli Stati preunitari e nello Stato italiano di fine Ottocento. Si veda in
particolare Archivi e cittadino. Genesi e sviluppo degli attuali sistemi di gestione degli archivi: atti
della giornata di studio: Chioggia, 8 febbraio 1997, a cura di Gianni Penzo Doria, Sottomarina di
Chioggia (VE): Il Leggio, 1999. Numerosi saggi sono pubblicati sulla rivista dell’Anai «Archivi» negli
anni anni 2006-2008.
Il problema venne messo a tema nella sua rilevanza e complessità nel corso di un importante
convegno organizzato anche in questo caso a Ottawa nel 1989, Management of Recorded
Information - Converging Disciplines: Proceedings of the International Council on Archives’
Symposium on Current Records: National Archives of Canada, Ottawa, May 15-17, 1989, Munich:
K.G. Sauer, 1990.
39
Saggi
con riferimento a quell’ambito vitale costituito dalla formazione universitaria e
professionale, ma hanno anche – peraltro con la fatica e le difficoltà, nonché i costi, che i colleghi australiani sospettavano e paventavano – sostenuto (almeno
nelle situazioni più avanzate, e finanziate, di ricerca e sperimentazione) la creazione di depositi archivistici destinati ad accogliere memorie digitali in modo da assicurarne la conservazione autentica 6. Si pensi all’impegnativo progetto ERA
(Electronic Records Archives)7 degli archivi nazionali di Washington (avviato proprio nel 1997 e destinato a concludersi solo nel 2014) che si pone l’ambizioso fine
di predisporre condizioni, strumenti applicativi, procedure e infrastrutture per la
conservazione di archivi digitali e assicurare la sostenibilità dei processi conservativi per una ampia e diversificata gamma di formati e per archivi di dimensioni altrettanto variabili.
La scuola australiana ha in questo periodo mantenuto fede alla teoria sostenuta
allora, non tanto praticando l’abbandono della funzione conservativa, quanto impegnandosi sul fronte delle raccomandazioni e standard internazionali (in particolare nei gruppi di lavoro dell’International Standard Organization – ISO)8 al fine di
definire regole, procedure e strumenti in grado di rendere conservabili gli archivi
correnti digitali. Tra i risultati ottenuti, meritano di essere ricordati lo standard ISO
15489 sul record management e lo standard e le linee guida sui metadati per la
gestione dei documenti, lo standard e le linee guida ISO 23081, Information and
documentation – Records management processes Metadata for records. Non risulta invece che le istituzioni archivistiche australiane abbiano rinunciato alla conservazione nei propri depositi del patrimonio digitale prodotto da tempo dalle
pubbliche amministrazioni e confluito regolarmente negli archivi nazionali e locali
del Paese9.
La comunità anglosassone nordamericana si è invece fortemente dedicata (anche
in collaborazione con altre discipline) a sviluppare e far crescere le raccomandazioni per la creazione di depositi digitali affidabili, a partire dal modello di riferimento
OAIS (Open Archival Information System) divenuto standard ISO 14721, dalla ela6
7
8
9
La mancanza di un quadro di riferimento internazionale delle iniziative avviate in ambito
archivistico è in parte legata al fatto che le ricognizioni condotte in questi anni sul tema specifico
della conservazione digitale non hanno mai distinto i domini disciplinari con la conseguenza di non
poter oggi identificare e valutare i risultati raggiunti in ambiti conservativi che presentano in realtà
natura e caratteristiche peculiari, come si avrà modo di sottolineare in seguito.
Per una breve sintesi del progetto si veda Paola Carucci – Maria Guercio, Manuale di archivistica,
Roma: Carocci, 2008, p. 306-309.
Si fa qui riferimento al lavoro condotto in particolare dal sotto-comitato 11 Archives, records
management del Comitato tecnico 46 Information and documentation dell’ISO.
Si vedano ad esempio gli investimenti che il National Archives of Australia ha impegnato nella
creazione di un deposito digitale archivistico e nello sviluppo di software per la gestione di formati
aperti e di metadati descrittivi e gestionali. Cfr. http://www.nla.gov.au/webarchiving/
WilsonAndrew.ppt#322,10 e, in generale, con riferimento alla gestione dei processi conservativi
http://www.naa.gov.au/records-management/secure-and-store/e-preservation/at-naa/
software.aspx.
40
Saggi
borazione di un sistema di regole e da un audit checklist per progettare, costruire
e gestire depositi digitali e valutarne anche da parte di parti terze neutrali la credibilità10.
Da allora non si sono tuttavia più discussi, almeno a livello internazionale e con altrettanta passione e chiarezza da parte di archivisti autorevoli e rappresentativi
(erano presenti i direttori degli archivi nazionali degli Stati Uniti, del Canada, della
Gran Bretagna, oltre naturalmente agli autori della teoria del records continuum)11,
i nodi di politica archivistica che quel dibattito aveva sollevato e le diverse costruzioni concettuali che scelte organizzative diverse avrebbero potuto delineare. La
tendenza nei progetti di ricerca sostenuti finanziariamente dalla Commissione europea ad affrontare precocemente i nodi più importanti della conservazione in
modalità condivisa con gli altri domini disciplinari (in una fase in cui non erano
stati ancora ben chiariti gli stessi confini del problema conservativo) non ha certo
aiutato lo sviluppo di riflessioni in merito e, tanto meno, ha sollecitato l’individuazione di soluzioni coerenti e praticabili. Non è neppure da escludere che la debolezza complessiva (per una volta non solo nazionale) del settore archivistico si sia
in questi anni manifestata più esplicitamente proprio in occasione (non certo, naturalmente, in conseguenza) di politiche di finanziamento della ricerca riconducibili quasi esclusivamente ad ambiti interdisciplinari. Né si può sperare che indicazioni convincenti emergano autonomamente (ovvero senza significative ulteriori
sollecitazioni esterne) dal mondo dell’e-government ancora troppo impegnato a
far partire i progetti di smaterializzazione al servizio del cittadino per preoccuparsi
seriamente dei rischi che le memorie documentarie corrono nella gestione inaccurata dei nuovi processi sul piano della loro durata nel tempo.
Eppure è più che necessario disporre quanto prima – proprio per far partire i processi stessi di e-government – di un quadro di riferimento concettuale e di modelli
in grado di orientare le scelte politiche e organizzative in questo settore: l’urgenza
del tema è dettata anche dal fatto che alcune amministrazioni hanno già comin10
11
La bozza finale dello standard è disponibile al seguente indirizzo:
http://public.ccsds.org/publications/archive/650x0b1(F).pdf. Si veda inoltre OCLC/RLG Working
Group on Preservation Metadata, Preservation Metadata and the OAIS Information Model: A
Metadata Framework to Support the Preservation of Digital Objects, Dublin (Ohio, USA): OCLC
Online Computer Library Inc., 2002, http://www.oclc.org/research/pmwg. La traduzione italiana
dello standard è pubblicata Open Archival Information System/Sistema informativo aperto per
l’archiviazione, a cura di Giovanni Michetti, Roma: ICCU, 2007. Sulle raccomandazione
internazionali relative ai depositi digitali cfr. Audit Checklist for the Certification of Digital
Repositories, February 2007, http://www.rlg.org e la proposta della rete Nestor (Network of
Expertise in Long-Term STOrage of Digital Resource) per l’adozione di criteri meno impegnativi
illustrata da Susanne Dobratz e Astrid Schoger, Digital Repository Certification: A Report from
Germany, «RLG DigiNews», Vol. 9, n. 5, October 2005, http://www.rlg.org/en/page.php?
Page_ID=20793#article3.
Ian Wilson (National Archives of Canada), Sarah Tyacke (Public Records of London), John William
Carlin (US National Archives and Records Administration), Adrian Cunningham (National Archives
of Australia).
41
Saggi
ciato a definire e a realizzare piani di intervento specifici. È quindi maturo il tempo
per promuovere una riflessione sistematica (finalizzata a delineare quanto prima
un quadro di riferimento nazionale) non tanto in relazione ai nodi teorici della
conservazione digitale, su cui gli archivisti – anche grazie ai dieci anni di lavoro del
progetto internazionale InterPARES (International Research on Permanent
Authentic Records in Electronic Systems)12 – hanno da tempo maturato convinzioni adeguate e solide, quanto sui modelli operativi e sulla definizione di precise responsabilità in materia. È su questo fronte che si concentrerà quindi questo intervento a partire dai termini che “imperversano” nella letteratura di settore (anche
per responsabilità di chi scrive) senza che si presti adeguata attenzione ai significati connessi e alle relative implicazioni.
Purtroppo la frammentarietà delle proposte e i ritardi accumulati non consentono
di fornire un quadro di sintesi completo e coerente, ma solo elementi per un lavoro di analisi che deve quanto prima trovare un terreno di approfondimento e di
possibile ricomposizione con le basi metodologiche, concettuali e organizzative
dei nostri assetti tradizionali in materia di conservazione e tutela del patrimonio
documentario. Il più importante di questi termini è in questo ambito proprio quello che si riferisce all’istituto stesso della concentrazione digitale che nella letteratura di settore trova una curiosa molteplicità di espressione: deposito, polo, centro, archivio, magazzino, solo per citare qualche esempio13.
Definizioni e requisiti
Il termine principale di riferimento, tanto diffuso nella letteratura quanto ambiguo,
è quello naturalmente di deposito digitale, in genere riconducibile più che all’istituzione, al contenitore di informazioni e di documenti digitali di diversa natura
(digital assets repository)14, raramente – almeno nelle esperienze di ricerca di cui si
discute – di tipo archivistico (digital archives). È per lo più indicato (anche nelle
raccomandazioni tecniche internazionali) come “un luogo” (a place of custody)
dove memorizzare, consentire l’accesso e conservare – anche grazie a policy, regole e responsabilità ben definite – risorse digitali insieme ai metadati necessari per
descriverle e gestirle, anche se dal punto di vista della fruizione e, quindi, in termi12
13
14
Per una sintesi sui risultati di InterPARES si veda Paola Carucci – Maria Guercio, Manuale di
archivistica cit., p. 294-296. I risultati della ricerca condotta a partire dal 1999 e ancora in corso
sono disponibili sul sito del progetto, http://www.interpares.org. Sulle attività del TEAM Italy
nell’ambito di InterPARES 3 (2007-2012) si leggano i resoconti periodici sulla rivista on-line «Il
Mondo degli Archivi» e in particolare il resoconto di Maria Emanuela Marinelli disponibile
all’indirizzo http://www.ilmondodegliarchivi.org/detail/articleid/724/parentchannel/128/title/
INTERPARES_____TEAM_Italy_plenary_workshop.html.
I termini elencati compaiono, apparentemente come intercambiabili, negli stessi titoli delle relazioni
presentate al convegno di Ravenna ricordato in precedenza.
Il termine è presente negli ambienti accademici con specifico riferimento alla ricerca scientifica e si
riferisce alla acquisizione e conservazione di qualunque tipologia di materiale digitale per il quale si
fornisca accesso pubblico mediante strumenti di ricerca on-line.
42
Saggi
ni di visibilità appare come un “non luogo”, una funzione apparentemente de-localizzata, considerato che:
–
–
–
il materiale si consulta in rete;
la conservazione e la fruizione non richiedono unitarietà e condivisione di infrastrutture tecnologiche ma solo interoperabilità nella trasmissione spaziale e
temporale;
lo spazio fisico sembra ridursi alla gestione dello storage, ovvero a un ambiente (o a una duplicazione/moltiplicazione di strumenti e regole e sistemi di
stoccaggio) che consente soluzioni federate apparentemente indolori.
È in ogni caso sulla funzione del deposito digitale che si concentra oggi l’attenzione dei ricercatori e degli enti che definiscono standard e raccomandazioni,
nonché dei progetti operativi di alcune importanti istituzioni della memoria, a
partire dai due documenti elaborati nel mondo anglo-sassone (e poi riconosciuti sul piano internazionale) che costituiscono oggi il necessario punto di
partenza per una riflessione sul tema: i documenti prodotti dal Research Library
Group e dai National Archives and Records Administration (NARA) in termini di
requisiti per la creazione e gestione di Trusted Digital Repository e Audit
Checklist per la verifica della qualità e sostenibilità delle nuove strutture in
odore di accreditamento15. Si tratta di analisi e raccomandazioni che hanno natura interdisciplinare e forniscono una struttura di riferimento per identificare i
requisiti fondamentali di sistemi per la tenuta affidabile di qualunque tipo di
fonte in ambiente digitale, con riguardo alla predisposizione di un deposito in
quanto sistema accreditato basato su infrastrutture tecnologiche e regole adeguate, verificabili nella qualità e misurabile. Non necessariamente quindi, in
questo contesto di linee guida internazionali, il deposito è visto in relazione a
finalità di conservazione. Anzi, il nodo della conservazione a lungo termine è
solo parzialmente presente nella comunità di riferimento (ad esempio nell’ambito del progetto JISC – Joint Information Systems Committee-Repositories
15
Cfr. in particolare il testo predisposto a conclusione delle attività condotte dai gruppi di lavoro RLG
e NARA e pubblicato dal Centre for Research Libraries, Trustworthy repositories audit and
certification (TRAC): criteria and checklist, 2008, http://www.crl.edu/content.asp?l1=13&l2=58&l3=162&l4=91.
In materia di valutazione e certificazione dei depositi digitali si ricordano tra l’altro le seguenti
iniziative: Ten Principles for Minimum Requirements for Trustworthy Digital Preservation
Repositories, sviluppato da Digital Curation Center (DCC) NESTOR e DigitalPreservationEurope
(DPE) e disponibile all’indirizzo http://www.crl.edu/content.asp?l1=13&l2=58&l3=162&l4=92;
NESTOR catalogue per la certificazione dei depositi digitali esistenti in Germania,
http://www.langzeitarchivierung.de/; DRAMBORA risk assessment, il metodo per l’autoverifica di
depositi digitali basato sulla valutazione del rischio, http://www.repositoryaudit.eu/; Digital Asset
Assessment Tool (DAAT) Project, sviluppato dall’University of London Computer Centre per la
valutazione dei fattori di rischio necessari alla sopravvivenza delle risorse digitali,
http://www.ulcc.ac.uk/uploads/media/Assessment_of_Risk_Factors.doc; DINI certification
criteria (Deutsche Initiative für Netzwerkinformation), http://www.dini.de/.
43
Saggi
and Preservation Programme16 finalizzato a sostenere, con un piano finanziario
significativo (14 milioni di sterline) la creazione di infrastrutture per la formazione accademica e l’adeguata formazione, cura e conservazione di contenuti
digitali avanzati). È invece sempre espresso nelle raccomandazioni internazionali e nell’elenco dei requisiti fondamentali il principio di assunzione di responsabilità persistente e continuativa per la tenuta dei contenuti e per tutte le attività correlate inclusa la definizione di metodologie di valutazione e monitoraggio.
La sfida principale si configura, quindi, almeno in questa fase, soprattutto in relazione alla capacità di sviluppare sistemi di accreditamento e di auditing per una
generica qualità dei servizi prestati e per la loro valutazione interna o esterna, dedicando naturalmente attenzione soprattutto alla cornice infrastrutturale e senza
fornire indicazioni di merito che non potrebbero non tener conto della specificità
dei domini.
Sempre con riferimento alla letteratura di settore, troppe volte acquisita acriticamente anche da ricercatori accreditati, e a una più accurata analisi dei concetti utilizzati, è utile sottolineare la presenza di un’altra assunzione incontestata (ma non
incontestabile) di termini in un possibile glossario tecnico dedicato alla conservazione di archivi digitali: è l’espressione digital library, spesso contrapposto a digital
repository in quanto rappresentativo di funzioni di fruizione distinte da quelle di
custodia.
Anche a questo proposito una riflessione sistematica sarebbe opportuna da parte
dei diversi ambiti specialistici, e in particolare da parte degli archivisti, con l’obiettivo minimale di evitare che il loro silenzio sia ritenuto un implicito consenso non
tanto per quanto riguarda l’utilizzo di termini di ambiguo significato spesso proposti in altri contesti tecnici, quanto per la necessità di ribadire la volontà e la capacità di svolgere nel proprio dominio la funzione conservativa nelle forme ricche
di tradizioni che hanno sempre (e opportunamente) incluso proprie regole di ordinamento e gestione e apparati descrittivi e di disseminazione di notevole ricchezza
ed efficacia17.
16
17
La rete accomuna centinaia di portatori di interesse del settore, ma i temi specificatamente
dedicati ai depositi archivistici non sono mai stati oggetto di una specifica riflessione. Il tema
stesso della conservazione digitale è presente marginalmente rispetto al nodo dell’accesso e della
gestione dei diritti. Cfr. Repositories and Preservation programme,
http://www.jisc.ac.uk/whatwedo/programmes/reppres e, in particolare, la lista di discussione
JISC-Repositories, http://www.jiscmail.ac.uk/cgi-bin/webadmin?A1=ind0811&L=jisc-repositories.
È emblematico quanto è avvenuto in questi anni a proposito dell’uso del termine metadati e della
riflessione che ne è seguita sia a livello teorico che nelle successive implicazioni applicative, a
proposito della distinzione, adottata dal NISO e acriticamente assunta dalle comunità professionali
degli archivisti e dei bibliotecari, in descriptive metadata che descrivono una risorsa a fini di ricerca
e identificazione, structural metadata che indicano a fini di interpretazione «how compounds
objects are put together» e administrative metadata che forniscono informazioni «to help manage
or resource» a loro volta articolate in: rights management metadata e preservation metadata
44
Saggi
Conservazione e fruizione sono funzioni che possono essere interpretate in modalità diversa, possono essere gestite in forma disgiunta, anche se in ambiente tradizionale la separazione non è facilmente gestibile. In ogni caso anche nell’ambito
del più tradizionale outsourcing documentario si è così finito per dar vita a soluzioni critiche proprio per quanto riguarda una piena e soddisfacente fruizione della documentazione.
Responsabilità e competenze
Il tema delle responsabilità per la tenuta e conservazione dei patrimoni digitali e
per la definizione di regole e la gestione di infrastrutture dedicate è destinato ad
acquistare un rilievo crescente e a determinare nel medio periodo discontinuità rispetto al quadro esistente, in termini sia di organizzazione della tutela che di esercizio concreto della funzione conservativa. Il processo in corso sembra in questa
fase percorrere la strada di una progressiva separazione dei compiti specifici, anche se non mancano iniziative innovative, soprattutto nel campo dell’ e-government, di accentramento di funzioni in capo a istituzioni pubbliche di nuova configurazione, come nel caso delle soluzioni proposte da alcune Regioni. Una riflessione ad ampio raggio è indispensabile soprattutto da parte di chi esercita ruoli di
coordinamento e garanzia.
È, innanzitutto, utile rammentare che di rado la separazione delle funzioni (affidate
a distinti operatori con responsabilità specifiche e limitate) ha migliorato anche in
anni recenti e in settori meno critici il servizio, che si configura tanto più problematico per un ambiente digitale per il quale mancano competenze adeguate anche in
relazione alle attività di controllo e monitoraggio. Il rischio della delega incondizionata e della rinuncia alla gestione è in questi casi molto elevato, a meno che il processo di concentrazione delle memorie digitali non sia guidato con autorevolezza e
si predispongano adeguati strumenti di controllo e monitoraggio presidiati e gestiti
da chi svolge la funzione della tutela e a condizione che sia rispettata sempre (e
quindi innanzitutto riconosciuta) la caratterizzazione scientifica del dominio specifico di competenza. L’esperienza passata può costituire, in questo contesto, fonte
di importanti elementi di considerazione rispetto alla programmazione di un nuovo
sistema di responsabilità. È quindi in relazione al quadro di riferimento entro cui
oggi è gestita l’azione conservativa che si dovrebbero definire i requisiti per lo sviluppo di progetti innovativi in questo ambito, a partire da una questione cruciale
(informazioni necessarie per archiviare e conservare una risorsa per assicurarne l’autenticità e la
possibilità di riproduzione/ricostituzione). Non è questa la sede per una approfondita analisi del
problema. Merita tuttavia sottolineare l’insufficienza di chiarezza e, a parere di chi scrive, la scarsa
utilità di tali distinzioni elaborate a fini gestionali e di fruizione, almeno per quanto riguarda i
patrimoni documentari archivistici, per i quali gli standard descrittivi esistenti (ISAD/EAD)
consentono di affrontare con ben altra coerenza e organicità sia il nodo della identificazione delle
risorse che la loro descrizione nonché rendere conosciuti e documentabili i necessari interventi di
gestione e trattamento dei materiali nei depositi.
45
Saggi
che richiede di essere esplicitamente formulata, relativa alla possibilità di maturare
competenze tecniche, definire principi e metodi e sviluppare strumenti di auditing
(si pensi in particolare negli archivi al ruolo delle Soprintendenze e delle commissioni di sorveglianza) senza aver accumulato una conoscenza dei problemi di conservazione delle fonti digitali sulla base di quell’esercizio concreto e continuativo
della custodia che ha assicurato nei decenni, se non nei secoli, passati la qualità e la
coerenza delle attività di tutela e l’autorevolezza delle figure professionali cui è affidata (archivisti e bibliotecari in particolare).
Se l’outsourcing archivistico tradizionale presenta sfide e criticità notevolissime,
quello che molte aziende informatiche propongono in ambiente digitale è molto più
insidioso, tanto più per una comunità (quella degli archivi) che non ha su questo
fronte un riferimento interno all’amministrazione archivistica sufficientemente solido. La debolezza istituzionale degli archivi, il mancato sviluppo dell’Istituto Centrale
per gli Archivi, il ruolo politicamente marginale che su questi processi l’Archivio centrale dello Stato è costretto a svolgere per mancanza di risorse, di mezzi e, last but
not least, di continuità di una leadership autorevole non aiutano a essere ottimisti su
questo fronte. Per fortuna in questi ultimi anni, almeno per quanto riguarda il settore dell’e-government, nuovi attori importanti hanno avviato iniziative e sostenuto
investimenti considerevoli assumendo archivisti e responsabili dei servizi documentari con ottimi profili professionali e sviluppando politiche di sostegno al digitale con
la necessaria attenzione alle criticità archivistiche come nel caso dei progetti in corso
di sviluppo a cura di Regioni (Toscana, Emilia Romagna, Liguria, Veneto, Marche solo per citare alcuni esempi), di Province e di alcune amministrazioni pubbliche di rilievo nazionale (la Banca d’Italia, l’Agenzia delle entrate, il Dipartimento delle finanze). Le iniziative in questione sono ancora agli inizi e presentano linee di sviluppo diverse che sarebbe necessario analizzare nel dettaglio anche al fine di delineare scenari e modelli di riferimento comparabili e identificare attività e specifiche responsabilità da sviluppare e condividere per una riorganizzazione delle politiche archivistiche nazionali di cui si avverte in modo crescente l’esigenza.
Considerata la difficoltà di una analisi che in questa fase non dispone ancora di
sufficienti esperienze da cui trarre indicazioni e suggerimenti, merita in proposito
far ricorso alle riflessioni di chi da decenni sostiene con consapevolezza critica interventi di conservazione. Colpisce ad esempio quanto ha scritto recentemente
Ken Thibodeau, direttore del più importante e longevo progetto di conservazione
delle memorie digitali archivistiche18, cercando di definire l’impegno degli archivisti
18
Ken Thibodeau è dal 1997 direttore del NARA Center for Electronic Records, che a sua volta è
operativo dal 1961 anche se già nel 1939 l’amministrazione archivistica statunitense aveva attivato
politiche di conservazione degli archivi digitali, come ricorda Margaret Adams in un intervento del
1996 sulla lista ARCHTF-L: «an advisory committee at the National Archives had determined that
in the case of punch card records, federal agencies (rather than archivists) could determine
whether the records had historical value and should be preserved»
(http://palimpsest.stanford.edu/byform/mailing-lists/exlibris/1996/04/msg00087.html).
46
Saggi
in questo ambito, a proposito delle componenti significative di cui tener conto nel
definire un quadro di competenze e di investimenti e del ruolo che gli archivisti
dovrebbero gelosamente custodire. Il direttore del citato progetto ERA, sulla base
della sua decennale esperienza, ritiene indispensabile partire da una distinzione
delle componenti entro cui si articola l’intervento conservativo (architettura dei
contenuti informativi, architettura delle infrastrutture tecnologiche, architettura
delle reti) e invita gli archivisti a considerare come proprio settore di investimento
solo il primo ambito di competenza anche in considerazione della sua rilevanza,
senza mancare peraltro di sottolineare la sua complessità e la necessità di significativi ripensamenti nelle modalità tradizionali di gestione della funzione conservativa, destinata a includere nuove attività e a rispondere a specifici requisiti tra cui,
a titolo esemplificativo, ricorda:
–
–
–
–
–
–
il controllo dei contenuti e dei rischi di perdita nei processi di trasferimento;
la gestione specifica, in riferimento alla definizione di un adeguato livello di
granularità, di informazioni di trasferimento per ogni componente/documento/unità archivistica/serie trasferiti;
la capacità di documentare in dettaglio i processi e le loro fasi;
la flessibilità nella gestione dei metadati implementabili anche in corso d’opera, in relazione alla rilevanza delle azioni condotte nei depositi;
l’accurata valutazione dei livelli di servizio resi disponibili e la definizione di
accordi dettagliati con i soggetti produttori in caso di depositi anticipati, ma
anche per le fasi successive dato che i centri di conservazione non saranno in
grado di mantenere originali ma copie o la capacità di riproduzione dei documenti, naturalmente nella forma di copie;
la definizione di requisiti e specifiche responsabilità in base alla natura delle
fonti, alle tipologie di fruizione (ad esempio modalità di download, livelli di risoluzione), ai formati, alle informazioni descrittive e alla documentazione da
acquisire e da rendere disponibile, alla gestione dei diritti nei processi di conservazione (migrazione, creazione di esemplari e copie, distribuzione e uso),
agli obblighi di notifica per ogni modifica necessaria (ad esempio in relazione
ai formati o alle modalità di fruizione), alla durata degli accordi.
Su temi così nuovi e problematici, è evidente l’esigenza di disporre di linee guida
operative in grado di sostenere e valutare la qualità e la coerenza delle attività di
conservazione sia nel caso di una gestione in-house, sia e ancor più se affidati a
terzi. Non stupisce quindi l’attenzione con cui nei progetti internazionali si guarda
al nodo dell’accreditamento e della certificazione e alle modalità di valutazione e
misurazione del rischio. È altrettanto evidente che proprio in relazione al trasferimento di custodia degli archivi digitali è indispensabile ridisegnare le modalità di
documentazione del passaggio di responsabilità, così come appare sempre più
47
Saggi
centrale il nodo della formazione e dell’aggiornamento dei profili professionali.
Su questi aspetti si è lungamente concentrata la ricerca InterPARES, tra i cui risultati si ricorda proprio la distinzione di modi e forme appropriate a definire compiti
e requisiti in accordo alle fasi della gestione di documenti digitali e alla loro criticità in relazione alle difficoltà della conservazione. In particolare, è opportuno prevedere:
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–
responsabilità/capacità per la tenuta dei documenti nella fase attiva (la precocità dei processi di trasferimento e gestione implica l’anticipazione e la condivisione delle attività conservative sin dalla fase di disegno del sistema documentario (archivisti/record manager/responsabili del sistema informatico);
responsabilità specifiche per il vero e proprio intervento di trasferimento in
termini di identificazione dei formati e delle componenti informative necessarie per gestire adeguatamente il processo (archivisti/record manager);
responsabilità/capacità per la definizione, lo sviluppo e la valutazione del
software di esportazione e importazione dei documenti (fornitori e sviluppatori dei sistemi informatici);
responsabilità/capacità per la verifica della coerenza e qualità complessive dei
sistemi (archivisti responsabili della custodia, auditor).
A fronte di una tale articolazione di compiti, è superfluo sottolineare le difficoltà
implicite nella definizione delle competenze e nella efficace formazione di tecnici
preparati al compito, anche in ragione della inevitabile incertezza che oggi caratterizza configurazione giuridica e organizzativa delle nuove strutture.
Un’incertezza con cui dobbiamo fare i conti, e che rischia di divenire l’unica certezza in questo campo.
Ridefinire il modello della conservazione policentrica
Anche alla luce di quanto ora ricordato è quindi indispensabile discutere (almeno in
ambito archivistico e con riferimento al sistema nazionale) il modello esistente della
conservazione e le modalità concrete della tutela in questo ambito. I rischi di dispersione e frammentazione dei contenuti documentari e della stessa identità dei
documenti, nonché il pericolo di perdere il controllo sulla loro qualità determinano
infatti l’esigenza di nuove e più pregnanti forme di concentrazione delle memorie
che finiranno per incidere sullo stesso ciclo di gestione dei documenti, sia per
quanto riguarda i tempi del deposito (destinati ad essere radicalmente anticipati,
soprattutto nel caso di enti di piccole dimensioni) sia con riferimento alla catena
delle responsabilità ridimensionando quel policentrismo della conservazione tanto
celebrato in passato, anche se da tempo fonte di problemi irrisolti a causa dell’incuria e del disinteresse dei soggetti produttori pubblici e privati e in ragione della crescita abnorme e incontrollata della produzione documentaria. Il processo di delega
48
Saggi
precoce, cui i progetti nazionali in corso sembrano far affidamento, potrebbe configurarsi come un’occasione positiva di crescita per la comunità e di qualità nei servizi di conservazione, ma questo esito non è affatto scontato e richiede una oculata
azione di controllo soprattutto in relazione alla natura e ai limiti della delega stessa
e agli interlocutori istituzionali di questo processo (si pensi al progetto di dematerializzazione sistematica della corrispondenza da affidare alle Poste italiane che ha
ripreso pericolosamente a circolare in questi mesi), tanto più critico quanto più attivo e necessariamente invasivo diventa il ruolo di chi conserva.
Come si è in parte ricordato, le esperienze in corso di progettazione in Italia si
orientano (senza ancora una precisa definizione teorica) verso la riorganizzazione
di modelli di tutela e conservazione per gli archivi (digitali e non solo) basati su
forme significative di concentrazione delle risorse e di ri-allocazione delle responsabilità che sarebbe quindi opportuno formalizzare compiutamente sia dal punto
di vista concettuale che sul piano giuridico proprio con l’obiettivo di riconfigurare
con razionalità il modello ancora oggi delineato dall’ordinamento giuridico.
In questa fase, sono almeno due le tipologie di servizi che sono in corso di progettazione o già si praticano:
–
–
la creazione di strutture di conservazione regionali destinate ad affiancare la
rete degli archivi di Stato, come nel caso dei progetti predisposti in Toscana e
in Emilia Romagna e a trasformare radicalmente, quanto prima, il sistema archivistico nazionale;
la gestione operativa e informale di servizi di gestione documentale forniti in
outsourcing che finiscono per configurare una delega a soggetti terzi anche in
ambito pubblico (come nel caso delle società pubbliche di informatica cui si
affidano con frequenza crescenti la gestione di sistemi informatici, ad esempio
il registro delle imprese o l’anagrafe tributaria, ma anche del Consiglio del
Notariato destinato ad assumere un ruolo crescente per la conservazione della
documentazione notarile o delle strutture tecniche dei ministero per gli archivi
digitali di stato civile o per la documentazione cartografica e catastale) e che
dovranno/dovrebbero anch’essi trovare una loro precisa definizione all’interno
di una strategia complessiva per la creazione della cosiddetta amministrazione
digitale (affinché non si trasformi in “anarchia digitale” a scapito degli interessi pubblici).
Un ultimo (almeno per ora) interrogativo tecnico merita di essere infine qui sollevato: come configurare nella vita operativa dei soggetti produttori il rapporto tra i
sistemi informativi digitali esistenti e gli archivi digitali in quanto depositi di tutta
le memoria documentaria dell’ente destinata a costituirne la testimonianza storica.
Anche i progetti regionali più avanzati si limitano in questa fase a prendere in
considerazione esclusivamente i cosiddetti sistemi di protocollo informatico che
49
Saggi
tuttavia riguardano solo il carteggio amministrativo, ben poca cosa – nonostante
la sua complessità – rispetto all’immenso patrimonio informativo di natura archivistica che gli enti producono e gestiscono, destinato a dilatarsi quanto più aumenta la funzionalità del Web e la consapevolezza delle sue potenzialità da parte degli
enti per la gestione di efficaci servizi ai cittadini. L’assenza di riconoscimento della
natura archivistica di queste memorie digitali prodotte nel corso dell’attività pratica da parte dei soggetti produttori è destinata ad avere gravi conseguenze negative sia al fine di assicurare una concreta protezione “conservativa” a queste fonti,
sia con riferimento alla più generale possibilità di dar vita a iniziative sistematiche
e a modelli definiti, riconoscibili, valutabili di pratiche conservative (nuove istituzioni territoriali, servizi di auditing e certificazione, reti federate di depositi).
Strumenti aggiornati e più efficaci per l’esercizio della tutela e della fruizione sono
in parte già presenti nella normativa approvata in questi anni dal legislatore nazionale19: il manuale di gestione (ai sensi dell’articolo 5 del dpcm 31 ottobre 2000)
che descrive in dettaglio tra l’altro le regole e le responsabilità per la tenuta e conservazione dei documenti, sistemi di classificazione integrati con piani di conservazione (ai sensi degli articoli 67-69 del dpr 445/2000) che identificano non solo
la corrispondenza, ma l’intero sistema documentario dell’ente, inclusi le banche
dati che da tempo hanno cominciato a sostituire rilevanti serie archivistiche tradizionali (a partire dai registri di protocollo, del sistema di contabilità, dagli albi).
È indispensabile insistere su questa strada, sensibilizzando tutti i portatori di interesse sulla necessità di sistemi aggiornati ed efficienti di riconoscimento/ricognizione delle fonti archivistiche digitali presenti negli enti e da questi del tutto ignorate in quanto patrimonio di memoria da conservare.
Che fare allora per la creazione di un nuovo paradigma della conservazione?
Sebbene risulti poco efficace una lista di compiti prioritari priva di indicazioni concrete e di una volontà politica autorevole e soprattutto portatrice di un adeguato
sostegno finanziario, nondimeno è indispensabile avere almeno chiare le azioni
che non potranno essere trascurate se il nostro Paese non intende rinunciare del
tutto a un ruolo significativo nei processi di trasformazione in corso a livello europeo e internazionale in questo ambito. In particolare appare indispensabile sin
d’ora:
–
19
accrescere il livello di conoscenza e consapevolezza dei soggetti produttori
sull’esistenza stessa (oltre che sulla rilevanza e sulle potenzialità informative)
dei nuovi patrimoni mediante la loro ricognizione sistematica e precoce (utilizzando ad esempio piani di classificazione/conservazione che identifichino
sempre le nuove fonti e le modalità della loro conservazione, come del resto si
Si veda in proposito Maria Guercio – Guido Marinelli, La conservazione delle memorie digitali: un
quadro di riferimento per un progetto applicativo, «Archivi & Computer», 2007, n. 1, p. 30-49.
50
Saggi
–
–
–
legge nelle recenti circolari sullo scarto della Direzione generale degli archivi);
sviluppare attività di ricerca e promuovere il riuso dei risultati raggiunti nello
specifico dominio archivistico (e non solo in progetti trasversali) con l’obiettivo di superare l’attuale frammentazione dei progetti e delle soluzioni e sostenere la capacità di orientare operatori e istituzioni;
predisporre materiali didattici e di larga diffusione e promuovere iniziative di
formazione sia per i giovani che intraprendono gli studi in questo settore, sia
per i professionisti del settore;
definire un ambiente solido (auto-sostenibile) di condivisione delle esperienze
innanzitutto di conservazione archivistica nella forma di una rete istituzionale
di cooperazione (specifica per il mondo dell’e-government e della documentazione pubblica, ma aperta alla collaborazione nelle forme appropriate con le
diverse comunità che sono attive in materia di conservazione digitale).
È bene sottolineare che per buona parte delle attività ora indicate, la criticità non
è tanto di natura finanziaria, quanto relativa alla capacità di individuare forme efficaci di coordinamento e una leadership istituzionale autorevole, che naturalmente
non può non assumere oggi che la forma della cooperazione inter-istituzionale tra
i molti attori interessati e già operativi (università, enti territoriali, regioni, pubbliche amministrazioni centrali, centri di ricerca privati, il mondo della professione).
The preservation of digital archives is one of the most demanding and complex
challenges that the archival community (and memory institutions in general)
currently has to face. Despite the issue having been debated and researched for
a decade, overall solutions are still lacking and, moreover, educational initiatives and experimental activities are insufficient (especially at the national level).
Even the terms in use should be refined and reviewed, while the preservation
procedures followed in traditional environments do not seem to be adequate –
as in the archival world, such procedures are still based on a “polycentric” model which is not that compatible with the need to cooperate and share digital
resources and tools.
The paper analyses in particular the issue of “digital archival repositories” and
the responsibilities involved, also by critically reviewing the debate that was developed on this topic within the international professional community during
the second half of the 1990’s. In fact, it is now definitely time to go beyond the
polarisation between the advocates of the in-house approach to preservation –
i.e. assigning the task of preservation to national archival bodies, as in the vast
majority of European and North American traditions – and the advocates of the
post custodial approach of the Australian school, which is based on a distributed model where the task of preservation is directly assigned to record creators.
In reality, if on the one hand institutions (the Nationl Archives of Australia included) have not given up on the preservation function, on the other hand the
debate of those years has helped raising a general awareness of the importan-
51
Saggi
ce of early stage standard development, so as to ensure that sources and records management systems are from the start apt to accommodating adequate
procedures and formats for future preservation. Moreover, in Italy a number of
relevant regional projects are currently being designed, with the aim of creating
a series of repositories where to gather the digital records produced by the egovernment sector, which will also be a way to explore innovative cooperation
models.
La conservation des archives numériques est l’un des thèmes les plus importants et complexes que la communauté des archivistes (et en général de ceux
qui travaillent dans les institutions de la mémoire) est amenée à affronter aujourd’hui. En dépit d’une décennie de débats et de recherches, non seulement
nous n’avons pas trouvé de solutions d’ensemble mais les initiatives de formations et les activités d’expérimentation sont aussi insuffisantes (surtout au niveau national). La terminologie elle-même aurait besoin d’être approfondie et revisitée ainsi que les processus de conservation utilisés dans le contexte traditionnel qui, dans le monde archivistique, sont encore liés au modèle «polycentrique», le problème étant que ce dernier s’adapte mal aux exigences de coopération et de partage des ressources et des instruments du monde numérique.
Cet article analyse en particulier la problématique des «dépôts numériques archivistiques» concernant les responsabilités spécifiques, ceci également sous le
regard aussi d’une reconstruction historique du débat qui a intéressé la communauté professionnelle internationale dans la deuxième moitié des années quatre-vingt-dix. Le courant de conservation, appelé in house, qui confie le système
de conservation aux institutions archivistiques nationales (une grande partie
des traditions archivistiques européennes et de l’Amérique du nord) et la vision
post-custodial, à savoir celle qui prévoit une gestion distribuée et confiée directement aux sujets producteurs de documents (Australie), ne sont désormais plus
en contraposition. Ceci grâce au fait que les institutions ne se soient pas retirées
de leur fonction conservatrice (y compris les National Archives of Australia),
mais également parce que la réflexion lancée à cette époque a favorisé une prise de conscience générale sur l’importance des standards précoces en mesure
d’assurer que les sources et les systèmes documentaires soient prédisposés dès
le début avec des procédures et des formats dont le but est la conservation à
venir. De plus, en Italie d’importants projets régionaux sont en phase d’élaboration. Leur but étant de créer des dépôts où concentrer les mémoires numériques
dans le secteur de l’e-governement, en mesure de donner lieu à des modèles de
coopération innovants.
52
Progetti
Progetti
Un approccio cooperativo per la
gestione dei diritti nelle biblioteche
digitali: il progetto ARROW
Piero Attanasio
Associazione Italiana Editori
F
in dal lancio dell’iniziativa i2010: Digital Library è stato messo in evidenza come un elemento critico sia l’inclusione nei programmi di digitalizzazione di
opere protette dal diritto d’autore. Senza il consenso degli aventi diritto, solo i
contenuti di pubblico dominio possono essere compresi in una biblioteca digitale,
con una logica conseguenza:
«Nel caso della letteratura […] sono disponibili senza restrizioni connesse ai diritti d’autore
solo le opere del primo ‘900 o precedenti, a seconda dell’anno di morte dell’autore»1.
Il rischio è evidente: che nelle collezioni digitali esista un “buco nero” relativo al
patrimonio culturale del XX secolo.
Le soluzioni non possono essere semplicistiche. La prima tentazione è quella di dire:
“Bene, visto il problema, cambiamo la legislazione: istituiamo un’eccezione a favore
delle biblioteche digitali così da consentir loro di digitalizzare anche opere protette,
purché non a fini di lucro”. A ben vedere, tuttavia, una soluzione di tal genere è in primis ingiuriosa nei confronti delle stesse biblioteche digitali. L’attuale impostazione normativa sul diritto d’autore si basa sul principio che eccezioni possono essere introdotte
laddove riguardino utilizzi “secondari” delle opere dell’ingegno, non in concorrenza
con lo sfruttamento diretto da parte degli autori. Sostenere tale eccezione significa implicitamente presumere che le biblioteche digitali siano un’iniziativa “secondaria”2, non
in grado di modificare le modalità ordinarie di accesso da parte degli utenti alle opere
proposte nelle collezioni.
1
2
Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e
Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, i2010: le biblioteche digitali, 2005, http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:52005DC0465:IT:NOT.
Qui i termini “primario” e “secondario” non si riferiscono al valore sociale o culturale degli utilizzi,
ma alla rilevanza economica. Nel mondo tradizionale il prestito bibliotecario è considerato un
utilizzo “secondario” delle opere perché non in concorrenza con le vendite di libri. Sono gli
obiettivi limiti fisici e tecnici delle biblioteche tradizionali a determinare oggettivamente questa
“secondarietà”, che nulla ha a che vedere con il primario valore culturale e sociale delle
biblioteche.
55
Progetti
Il fatto è, invece, che in Internet le biblioteche digitali sono in grado di giocare un ruolo fondamentale, primario, nell’accesso. In un contesto di rete, un’eccezione “digitale”
a favore delle biblioteche è un’eccezione a favore di tutti i cittadini, proprio per l’importanza delle biblioteche, ed è quindi un’eccezione universale, potenzialmente in grado di svuotare del tutto il diritto d’autore.
Abbandonata quindi l’illusione di risolvere il problema per via normativa, rimane la
necessità di raggiungere accordi, caso per caso, con gli aventi diritto3. Il problema
è che ciò può essere molto costoso non tanto per i diritti da pagare, ma per le procedure da mettere in piedi per individuare l’avente diritto e negoziare termini e
condizioni dell’accordo. È in verità questo aspetto, che si può definire, in senso lato, di costi transazionali legati alla gestione dei diritti, e non l’esistenza dei diritti
d’autore in sé, a costituire l’ostacolo principale per lo sviluppo di una più ampia
disponibilità di opere protette in rete.
Le soluzioni che in Europa vanno sviluppandosi ruotano attorno al concetto di
compresenza di contenuti digitali resi disponibili dal settore privato e dalle biblioteche digitali. La distinzione per cui i primi coincidono con le opere protette e i secondi con opere in pubblico dominio è fuorviante. Da un lato è ben pensabile che
anche i classici – così come sono una componente importante dei cataloghi editoriali – possano rientrare in risorse on-line commerciali, laddove si tratti di edizioni
critiche, annotate, o con apparati interpretativi o didattici, o anche solo antologizzate secondo criteri originali; dall’altro lato le biblioteche digitali possono contenere opere protette rese liberamente accessibili a seguito di accordi con gli aventi
diritto: si pensi a testi rilasciati dagli autori con licenze Creative Commons, o per i
quali le biblioteche abbiano ottenuto un’autorizzazione esplicita.
Perché ciò avvenga sono però necessarie due condizioni: che esistano adeguati incentivi che stimolino gli investimenti necessari da parte privata e pubblica (quindi
strettamente economici in un caso, politico economici nell’altro), e che si sviluppi
una infrastruttura che faciliti la gestione dei diritti, riducendo in modo radicale i
costi di amministrazione degli stessi.
Un problema fondamentale nella discussione economica sulle biblioteche digitali e
sul mercato dei contenuti on-line, è quello dei modelli organizzativi ed economici,
nel senso più ampio del termine, che comprende anche i modelli di finanziamento
pubblico delle iniziative delle biblioteche. E, per le ragioni sopra dette, è importante considerare biblioteche digitali e iniziative commerciali on-line in un contesto unico, tenendo in considerazione come reciprocamente si influenzano o possono influenzarsi.
3
«An on-line library offering works beyond public domain material is not possible without […] agreements,
on a case by case basis, with the rightholders», Commission Staff Working Document, Annex to the
Communication from the Commission ”i2010: Digital Libraries”, 2005,
http://ec.europa.eu/information_society/activities/digital_libraries/doc/communication/annex1_en.pdf.
56
Progetti
In Europa stanno emergendo iniziative di collaborazione pubblico/privato con
connotati diversi. Se ne possono citare quattro.
Libreka (http://www.libreka.de) è un’iniziativa dell’associazione degli editori e librai tedeschi (Börsenverein) ed è la prima in ordine cronologico.
Nasce nel 2006 come risposta degli editori a Google Book Search: su Libreka un
utente può ricercare su una vasta e crescente collezione di libri, grazie a un motore a
testo pieno ma che lavora anche sui metadati bibliografici, ha un accesso limitato ai
libri, con funzione di preview promozionale, ed è reindirizzato verso diverse possibilità
di acquisto: on-line e nei canali librari tradizionali. Tra gli elementi di maggior interesse nella sua evoluzione, Libreka ha evidenziato il ruolo degli standard per garantire
l’interoperabilità con altri sistemi. Nato come iniziativa solo editoriale, ha infatti iniziato un dialogo con la Biblioteca nazionale tedesca per la condivisione di sistemi di ricerca e di “risoluzione in rete”; d’altro canto è costruito per consentire la ricercabilità
al suo interno da parte di qualsiasi motore di ricerca, proponendosi quindi non come
alternativa a questo o quel motore, ma come risorsa utilizzabile da ciascuno di essi.
La seconda esperienza è quella di Gallica-2, il servizio lanciato in Francia congiuntamente dalla Biblioteca nazionale e dall’associazione editori (http://gallica2.bnf.fr),
concepito fin dal principio come collegamento tra collezioni private e biblioteca digitale. Anche in questo caso al centro del sistema vi è un motore di ricerca. La differenza principale è data dal fatto che Gallica-2 concentra la sua attenzione sui contenuti digitali, mentre Libreka parte dai libri cartacei (digitalizzati ad hoc per essere ricercabili on-line). Tuttavia sono già evidenti i segnali di convergenza nel senso che le
piattaforme tendono a coprire entrambi gli ambiti.
Gallica-2 – lanciato nel marzo 2008 – consente la ricerca (anche in questo caso:
full text e sulla base di metadati) in un archivio comune. L’utente è poi indirizzato
alternativamente verso la biblioteca digitale o verso un servizio commerciale, generalmente di un aggregatore o altro intermediario. Si disegna quindi un modello
di “rete del valore” con una molteplicità di attori per i quali il sistema fornisce gli
strumenti di interconnessione, che essenzialmente sono dati dalla ricerca congiunta e dal sistema di reindirizzamento (risoluzione in rete). Il modello delinea piuttosto chiaramente ulteriori potenzialità di sviluppo: si può immaginare che il sistema
di risoluzione possa evolvere da un sistema fondato da una risoluzione singola all’utilizzo di tecnologie, quali il DOI (Digital Object Identifier), che consentono la
risoluzione multipla, aumentando le opportunità per gli utenti4.
4
Si definisce “risoluzione” il processo attraverso il quale si sottomette un identificatore (esempio un
DOI o una URN – Uniform Resource Name) a un servizio di rete ricevendo in risposta uno o più
informazioni relative all’oggetto identificato, come ad esempio – e tipicamente – la URL (Uniform
Resource Locator, indirizzo) in cui l’oggetto è reperibile, o un set di metadati descrittivi
dell’oggetto. Una risoluzione può essere singola, quando restituisce solo una informazione (com’è
nell’attuale versione di Gallica-2), o multipla, quando è in grado di indirizzare l’utente su più
risorse a sua scelta (risoluzione multipla a menu) o in dipendenza dal contesto dell’interrogazione
(risoluzione multipla contestuale).
57
Progetti
Strumenti come il cosiddetto ISBN (International Standard Book Number) azionabile5 – che applica le tecnologie DOI all’identificatore ISBN – sono nati proprio
per questo scopo e non a caso sono stati per la prima volta sperimentati proprio
su Libreka.
Ritengo che Gallica-2 sia esemplare per il processo che ha portato al suo sviluppo.
Fin dal principio è nato dal confronto tra i diversi attori in campo, e in particolare
tra biblioteca nazionale e associazioni di editori e di altri rappresentanti di titolari
di diritti d’autore. Dal confronto politico si è passati ad un’analisi tecnico economica sulle opzioni disponibili. Alla conclusione di questa analisi, in tempi rapidi e
sulla base del consenso raggiunto, si è andati verso lo sviluppo di un sistema che
tiene conto delle esigenze dei diversi attori in campo6.
Analogamente basata sul dialogo tra parte pubblica e aventi diritto privati è l’iniziativa norvegese che ha portato all’accordo tra biblioteca nazionale, associazioni di
editori e autori e una società di gestione collettiva7. In questo caso la biblioteca nazionale acquista il diritto di digitalizzazione per il tramite di una società di gestione
collettiva dopo aver negoziato con questa le condizioni, in termini di prezzo e di
modalità di accesso degli utenti. Così, la biblioteca, dopo aver remunerato autori ed
editori, offre un servizio agli utenti limitato alla messa a disposizione dei testi solo
per la lettura on-line, senza possibilità di scaricare o stampare. Va detto che il modello è difficilmente replicabile, perché da un lato molto inserito in una tradizione
tutta nordica (e norvegese in particolare) di gestione collettiva dei diritti come occasione di intervento politico a sostegno della creatività, attraverso una la piena valorizzazione dei diritti secondo modelli di gestione propri8, dall’altro per le ridotte
5
6
7
8
L’ISBN azionabile è un servizio lanciato da mEDRA (l’agenzia DOI con sede in Italia:
http://www.medra.org), sotto l’egida delle autorità di gestione degli standard ISBN e DOI,
rispettivamente ISBN International e IDF. Attraverso l’integrazione sintattica dell’ISBN all’interno
del DOI consente una sua diretta “azionabilità” in rete (si può “cliccare” su un ISBN e ricevere
informazioni in risposta). Per approfondimenti, cfr. Paola Mazzucchi, 10…, 13… Azione!,
«Giornale della Libreria», 121, n. 10, ottobre 2008, p. 59-60.
I risultati dell’analisi sono disponibili in Denis Zwirn, Etude en vue de l’élaboration d’un modèle
économique de participation des éditeurs a la bibliothèque numérique européenne (Europeana),
Paris, 2007 (http://www.bnf.fr/PAGES/catalog/pdf/EUROPEANA-NUMILOG2007.pdf). Va
sottolineato come tra la fine dello studio (aprile 2007) e la messa in linea della prima versione del
sistema (marzo 2008) sia passato meno di un anno.
Il testo dell’accordo è disponibile in inglese su http://www.european-writers congress.org/upload/
Avtale.pdf.
La gestione collettiva dei diritti segue nei paesi del Nord Europa un modello detto di “Extended
collective licenses”, secondo il quale una società che abbia sufficienti mandati dagli aventi diritto
da esserne rappresentativa ha il potere di definire in rapporto con gli utenti modalità di utilizzo e
condizioni delle licenze che si applicano anche agli aventi diritto non aderenti. Per una misura della
valorizzazione dei diritti secondari, basterà ricordare che in Norvegia i diritti pro-capite pagati –
prevalentemente dal sistema educativo pubblico – per i diritti reprografici è pari a circa 5 euro procapite, che è come se in Italia si raccogliessero circa 300 milioni di euro, invece dei tre attuali! Per
un approfondimento cfr. Piero Attanasio, Come ti gestisco un diritto, «Giornale della libreria», 121,
n. 1, gennaio 2008, p. 29-31.
58
Progetti
dimensioni del mercato nazionale (e linguistico), che fa sì che il prezzo complessivo
pagato dal sistema pubblico è sì elevato in termini pro-capite per i cittadini, ma non
elevatissimo in termini assoluti, come sarebbe in mercati più ampi.
Un ultimo esempio che val la pena citare è quello danese, dove su iniziativa congiunta dell’associazione editori e del sistema bibliotecario è stata creata una società mista, Ebok.dk, partecipata dal Centro bibliotecario danese e da un gruppo di
editori privati, che funge da aggregatore di contenuti digitali e offre agli utenti diverse possibilità di accesso, dal download alla lettura on-line dei contenuti, fino a
forme di “prestito bibliotecario” (a titolo oneroso) concepite come possibilità di
accesso temporaneo agli stessi contenuti9.
Esistono quindi modelli diversi di gestione dei diritti nella rete di relazioni composta da autori, editori e biblioteche digitali. Tutti i casi che abbiamo citato, tuttavia,
incontrano alcuni limiti alla crescita nella mancanza un’infrastruttura per la gestione dei diritti simile a quella che esiste per la gestione commerciale dei libri. Il passaggio da un’editoria cartacea a una digitale non implica semplicemente un cambio di formato. Se nell’editoria cartacea, infatti, l’oggetto del mercato è un bene al
cui interno è incorporato un contenuto, nell’editoria digitale è lo stesso contenuto
a divenire direttamente l’oggetto del mercato, e non in forma digitale, ma – si può
rilevare – indipendentemente dalla forma.
Questo cambiamento è percepibile in primis dal punto di vista del consumo. «Si
può [e si deve] distinguere tra accesso (come offerta e facilitazione all’uso) e appropriazione», ha osservato Mario Ricciardi a proposito dei consumi culturali dei
giovani10. Ma ciò ha conseguenze di tipo economico, nel modo di funzionare dei
mercati, dove lo scambio non è caratterizzato da un passaggio di proprietà di un
bene, ma nella negoziazione di diritti di accesso e di uso (e riuso) nelle forme più
diverse. Il fatto è che l’infrastruttura informativo-commerciale del settore librario,
come per gli altri media, è fondata sull’obiettivo di facilitare lo scambio di beni:
esistono standard per l’identificazione e la descrizione (metadatazione) dei libri
come beni, preziosissimi anche nei nuovi ambienti, ma non sufficienti per affrontare il problema dei costi di transazione di cui si è detto all’inizio.
Un problema che è stato al centro del dibattito, in particolare negli ultimi due anni, è quello delle cosiddette “opere orfane”, che sono tuttavia solo un caso limite
del più ampio problema dei costi transazionali nel mercato dei diritti. Le biblioteche hanno bisogno di conoscere la situazione dei diritti d’autore delle opere che
hanno in animo di digitalizzare e rendere disponibili tramite le proprie collezioni
on-line. Parlando di opere protette, in molti casi i titolari dei diritti possono essere
9
Cfr. Jesper Holm, Ebog.dk: approaching the challenges of e-books, relazione presentata al “30th
International Supply Chain Specialists Meeting, Frankfurt 2008”, lucidi disponibili su
http://www.editeur.org/frankfurt/Holm.ppt.
10
Mario Ricciardi, Il tempo di uno spot, in: Nicoletta Gay – Tatiana Mazali – Sara Monaci – Giovani
Taddeo, Giovani, media e consumi digitali, Napoli: Liguori, 2008, p. XXXII.
59
Progetti
identificati e contattati per chiedere le relative autorizzazioni, ma le procedure sono gravose in termini di tempo e di denaro, in quanto non sempre le singole situazioni – specie per libri non editi negli ultimi anni – sono chiare: a chi spetta, tra
l’autore e l’editore, la facoltà di autorizzare uno specifico uso dell’opera? Tali facoltà sono divise tra autori ed editori in modo di volta in volta diverso, dipendendo dai contratti sottostanti, che sono ovviamente diversi nelle scelte che ciascun
autore ed editore ha fatto, ma anche disomogenei nelle modalità in cui sono scritti
e comunicati. Il che può dar luogo a situazioni potenzialmente conflittuali.
Ancor più complessa è la situazione in cui i titolari dei diritti non possono essere
identificati o, pur conoscendone l’identità, contattati anche al termine di una “ricerca diligente”, secondo l’espressione che è venuta in voga. In questi casi le opere possono essere classificate come “orfane”, ma – a legislazione vigente – non
possono essere digitalizzate con un sufficiente livello di certezza giuridica e restano quindi in ogni caso inaccessibili agli utenti finali.
Per avere un’idea di quanto ampio sia il problema si può ricordare come uno studio della British Library stima che più del 40% delle opere protette esistenti sono
orfane secondo questa definizione11. D’altro canto, se si considerano non solo gli
“orfani” in senso proprio ma più in generale le situazioni non perfettamente definibili, Google ha stimato che il 74% delle opere che ha preso in considerazione nei
propri programmi di digitalizzazione avevano una situazione non chiara in tema di
diritti d’autore12.
Oltre alle opere orfane, ma in termini diversi, ulteriori problemi sono connessi alla
gestione delle opere “fuori commercio”, definite come «works that are not commercially available, as declared by the appropriate rightholders» per le quali «a solution is required to facilitate the digitisation and the making available […] to
users by libraries»13. Anche in questo caso il problema è facilitare la negoziazione
dei relativi diritti in un quadro in cui ci può essere un interesse per gli aventi diritto
a rendere disponibili testi non più commercializzati. Tuttavia gli interlocutori si
moltiplicano, in particolare per quei paesi, come l’Italia, che prevedono un ritorno
agli autori dei diritti delle opere messe fuori commercio.
Per affrontare l’insieme di questi problemi è nato il progetto ARROW (Accessible
Registry of Right information and Orphan Works towards Europeana), cofinanziato
dalla Commissione Europea all’interno del programma eContentPlus e coordinato
dall’Associazione Italiana Editori.
11
La stima, tuttavia, non si riferisce solo ai libri ma include altri “media”, e in particolare le tracce audio.
Tuttavia, quest’ultima stima può essere esagerata per sostenere con più forza la necessità di
introdurre specifiche eccezioni a favore dei programmi di digitalizzazione di Google e a danno di
autori ed editori.
13
i2010: Digital Libraries, High Level Expert Group, Copyright Subgroup, Report on Digital
Preservation, Orphan Works and Out-of-Print Works, 2007,http://ec.europa.eu/information_
society/newsroom/cf/document.cfm?action=display&doc_id=295.
12
60
Progetti
Si tratta di un nuovo caso di un’iniziativa nata dalla collaborazione tra i diversi attori della filiera del libro: autori, editori e società di gestione collettiva dei diritti. Le
rappresentanze europee di tutte le categorie sono presenti nel progetto, a vario titolo14, così come numerose rappresentanze nazionali15. Da segnalare come gli sviluppi tecnologici saranno prevalentemente concentrati in Italia, al Cineca, il consorzio delle università italiane con sede a Bologna.
L’idea del progetto è quella di affrontare i temi delle opere orfane e fuori commercio all’interno del più ampio ambito della gestione dei diritti nei programmi di biblioteche digitali. Vi sono infatti risorse disponibili che forniscono informazioni
tanto sui libri in commercio quanto su quelli fuori commercio, che tuttavia non sono omogenee e interoperabili a livello europeo. Le informazioni sui diritti sono invece presenti in luoghi diversi e in formati estremamente variegati: presso gli stessi
autori ed editori o presso società di gestione collettiva. In questo quadro, ARROW
intende costruire meccanismi standard e servizi di rete per interrogare banche dati
bibliografiche differenti per ricercare le migliori informazioni disponibili necessarie
alla negoziazione dei diritti, facilitando l’individuazione degli aventi diritto e reindirizzando gli utenti (in primis le biblioteche digitali) verso le fonti più appropriate.
Ciò non significa, è bene precisarlo, immaginare di rendere pubbliche tutte le informazioni sui diritti, considerando che alcune di esse possono legittimamente essere considerate riservate, né contraddire il principio che la tutela del diritto d’autore non dipende dall’iscrizione di un’opera in un determinato registro. Si tratta
più semplicemente di consentire – ad esempio – ad una biblioteca di esprimere (in
linguaggio standard) una richiesta, individuare la fonte che più autorevolmente
può dare una risposta, reindirizzare la domanda e consentire agli aventi diritto – o
a loro agenti16 – di rispondere (usando lo stesso linguaggio).
Il problema delle opere orfane è propriamente affrontato come “sottoprodotto” di
un processo di ricerca dell’avente diritto, nel caso in cui la ricerca diligente sia fal14
In particolare hanno aderito la Federation of European Publishers (FEP), l’International Federation
of Reproduction Rights Organisations (IFRRO) e la European Digital Library Foundation, mentre lo
European Writers Council (EWC) è parte dello Steering Committee di progetto.
15
Tra partner e “liaison organisations”, ovvero soggetti che partecipano da esterni al progetto, sono
presenti otto biblioteche nazionali (di Finlandia, Francia, Germania, Spagna, Norvegia, Olanda,
Regno Unito e Slovenia, ma quella italiana sarà anch’essa coinvolta a breve), sei associazioni di
editori (oltre quella italiana, che coordina, quelle francese, spagnola, tedesca, britannica e
norvegese), una società di autori (nel Regno Unito) e sette società di gestione (di Francia, Spagna,
Regno Unito, Norvegia, Finlandia, Svezia e AIDRO in Italia).
16
L’espressione “ricerca dell’avente diritto” può essere fuorviante: sono molti i casi in cui questi può
aver dato mandato di gestione di taluni propri diritti a una terza parte, sia un agente professionista
o – specie per diritti secondari – una società di gestione. Il quadro può essere diverso anche in
ragione dei sistemi giuridici nazionali. Nei paesi del Nord Europa, ad esempio, per i diritti licenziati
secondo il già richiamato modello di “extended collective licenses” (e potrebbero esservi alcuni
diritti di digitalizzazione per opere fuori commercio) è sufficiente definire la categoria di opera e di
suo utilizzo per individuare l’agente che legittimamente può fornire le necessarie autorizzazioni.
61
Progetti
lita. L’obiettivo non è infatti quello di aumentare gli orfani, bensì quello di “salvare
i genitori”, per rimanere nella stessa metafora, senza con questo gravare gli utilizzatori con costi amministrativi impropri nella fase di ricerca.
La cifra distintiva del progetto è data dall’approccio cooperativo, con il coinvolgimento di tutti gli attori della filiera e in ciò ARROW si distingue da analoghi progetti statunitensi, quali il Registry of Copyright Evidence, promosso da OCLC, o
DiscoverWorks del Copyright Clearing Center17. Da queste premesse deriva anche
l’ambizione di costruire un sistema che sia interamente neutrale in rapporto ai modelli di business adottati nella messa a disposizione dei contenuti. Il sistema deve
servire ciascuno dei modelli sopra descritti (non foss’altro perché Libreka, Gallica2 e la Biblioteca nazionale norvegese fanno parte del consorzio ARROW) e qualunque altro dovesse emergere, secondo un principio di business interoperability
che è visto come base per gli sviluppi relativi all’interoperabilità tecnica tra i sistemi. Da questo punto di vista ancor più distante è il modello proposto da Google, a
seguito del recentissimo accordo con l’associazione editori americana e l’associazione autori Authors Guild. Al momento di chiudere questo articolo (fine ottobre
2008) l’annuncio di tale accordo è freschissimo, così che è difficile valutarne pienamente gli effetti. Ma già da più parti si sono levate voci di preoccupazione per i
potenziali effetti competitivi sul mercato, con rischi di creazione di posizioni dominanti nell’attività di intermediazione svolta da Google. In particolare, il fatto che
l’individuazione dei libri “fuori commercio” sia affidata a un motore di ricerca proprietario, o che tutti gli elementi del sistema che sta alla base del servizio non utilizzino standard condivisi sono elementi assai preoccupanti. E sono l’esatto contrario di quanto ARROW ha in programma di fare.
17
Per approfondimenti cfr. rispettivamente http://www.oclc.org/programs/ourwork/infrastructures/
newservice/copyright.htm e http://www.discoverworks.org.
62
Progetti
La valorizzazione
degli archivi della memoria.
Il progetto europeo Multimedia
Collection Management
(Multi.Co.M.)*
Madel Crasta – Lucio D’Amelia
Consorzio BAICR Sistema Cultura
Introduzione
L
e collezioni documentali, che comprendono prevalentemente risorse audio e
video in diversi formati, sono state create in tempi recenti rispetto alle strutture che conservano libri e altri prodotti cartacei. In molti casi si tratta di collezioni
che sono il risultato di lavori di ricerca e restano strumentali all’attività principale
dell’istituzione; in altri sono il prodotto finale di trasmissioni radio o televisive e
sono considerate o materiale di lavoro o materiale da archiviare. Solo in rari casi –
come ad esempio le grandi collezioni nazionali fondate sul deposito legale – esse
nascono come collezioni autonome rispettando precisi vincoli e criteri.
Questa peculiarità ha inciso sulla formazione degli operatori del settore, che si è
svolta principalmente sul campo, senza poter contare sul riferimento esplicito di
una figura professionale con una formazione generale e specialistica all’altezza dei
compiti di gestione e conservazione della documentazione della memoria multimediale.
Attualmente il reclutamento di questa fascia di documentaristi avviene tra i bibliotecari e gli archivisti “tradizionali”, oppure tra i tecnici del video e del suono o tra gli
esperti dei contenuti. In tutti e tre i casi si tratta spesso di una soluzione di ripiego,
che non risponde alle esigenze della crescente mole documentaria prodotta.
Parallelamente la formazione professionale di questi operatori non è stata ancora
oggetto di offerte formative ai diversi livelli, se non in casi rari ed eccezionali.
L’offerta formativa attuale, infatti, si rivolge tradizionalmente agli operatori della
produzione audiovisiva e multimediale o a quelli attivi nell’ambito degli archivi e
delle biblioteche: per i primi la finalità formativa si rivolge alle tecniche di produ* Il testo è la riscrittura, per la rivista «DigItalia», delle relazioni presentate durante l’incontro conclusivo per il progetto Multi.Co.M. tenutosi il 23 settembre 2008 presso la Discoteca di Stato. Il I e il II
paragrafo sono stati scritti da Lucio D’Amelia; i paragrafi III e IV da Madel Crasta.
63
Progetti
zione (sceneggiatura, ripresa, montaggio, ecc.); per i secondi prevale – come si è
detto – l’attenzione rispetto al documento scritto.
Il progetto Multi.Co.M.
Promosso dal Consorzio BAICR Sistema Cultura nell’ambito del programma europeo Leonardo da Vinci, il progetto Multi.Co.M. ha cercato di rispondere al fabbisogno specifico di formazione degli operatori del settore della documentazione
audiovisiva e multimediale.
I destinatari del progetto comprendevano quattro categorie di utenti:
–
–
–
–
coloro che hanno una generica formazione archivistico-bibliotecaria;
i tecnici specialisti del suono e/o della immagine, senza competenza sui contenuti culturali del materiale utilizzato e della sua gestione;
gli esperti del contenuto senza una formazione tecnica o di gestione;
gli studenti degli istituti di formazione professionale del settore, i diplomati
della scuola secondaria superiore, gli studenti universitari e i giovani laureati
interessati a intraprendere uno sviluppo professionale nel settore.
Inoltre, il destinatario potenziale del progetto non ha escluso anche un pubblico
più vasto, costituito da chi intende apprendere le tecniche della conservazione del
materiale multimediale per scopi personali o professionali.
È stata costruita una partnership con società ed enti di quattro paesi europei comprendente:
–
–
–
–
per l’Italia: oltre al BAICR la Discoteca di Stato/Museo dell’Audiovisivo di
Roma, organo del Ministero per i beni e le attività culturali per la gestione dei
beni audiovisivi, e la società Amitié di Bologna, esperta nella gestione di progetti europei a varia complessità;
per la Francia: l’Institut National de l’Audiovisuel (INA) di Parigi, punto di riferimento internazionale nel campo della documentazione audiovisiva;
per la Germania: la società FIM NeuesLernen attiva nel campo della formazione a distanza presso l’Università di Erlangen;
per la Spagna: il Dipartimento di Musicologia dell’Università di Valladolid, attivo nella raccolta e nella gestione delle fonti sonore.
Il progetto si è posto l’obiettivo di elaborare e sperimentare un modello di formazione di base per i gestori di collezioni documentarie di tipo audio-visivo, che devono essere capaci di svolgere tutte le attività di gestione e di conservazione delle
collezioni e quelle relative ai servizi per gli utenti. Un ruolo chiave è svolto dall’evoluzione delle tecnologie informatiche e delle reti sia nel campo della conservazione dei materiali che in quello dei servizi per gli utenti; parallelamente il pro64
Progetti
blema della gestione dei diritti di proprietà incide fortemente sui seguenti aspetti:
–
–
–
–
–
–
acquisizione;
gestione della collezione;
gestione dei cataloghi;
conservazione e tecnologie;
servizi per il pubblico in locale e in rete;
valorizzazione delle collezioni, con attività di comunicazione e di diffusione.
Il modello didattico si è tradotto in un corso prototipale di formazione a distanza,
suddiviso in tre moduli e sperimentato da gruppi pilota nei quattro paesi delle società promotrici. Riportiamo di seguito l’indice del corso con le singole unità.
Modulo 1: Gestione delle collezioni
Unità 1. Storia dei documenti audiovisivi
Unità 2. Catalogazione
Unità 3. I diritti di proprietà intellettuale, gestione dei diritti e altri aspetti legali
Unità 4. Digitalizzazione e collezione digitali
Modulo 2: La conservazione e il restauro
Unità 5. Introduzione
Unità 6. Conservazione e restauro dei supporti sonori
Unità 7. Introduzione alla Guida alla conservazione degli audiovisivi (curata dal
progetto PrestoSpace)
Modulo 3: Valorizzazione e disseminazione.
Unità 8. Organizzazione e sviluppo dei servizi per gli utenti
Il punto di forza del progetto è stato costituito, a nostro avviso, dall’integrazione
di materie spesso separato e affidato a specialismi diversi. Inoltre sono state utilizzate le nuove opportunità offerte dagli approcci più consapevoli di e-learning e si
sono parallelamente integrate diverse modalità di formazione, che particolarmente
si adattano ai bisogni formativi degli operatori di un settore nel quale gli aspetti
tecnologici rivestono una particolare importanza.
Il gruppo promotore ha deciso di proporre una estensione dei contenuti e delle
metodologie elaborate agli altri paesi della UE per passare dalla fase prototipale a
quella di ingegnerizzazione del prodotto. Questa attività sarà oggetto di una nuova domanda di finanziamento nel 2009.
Il ruolo del Consorzio BAICR
Nel progetto si è realizzata una partnership reale tra i quattro paesi partecipanti,
65
Progetti
con un lavoro di sistema in cui i partner hanno contribuito portando il proprio patrimonio di esperienze, esigenze e competenze.
In questo quadro il BAICR si è distinto per le sue peculiarità e, soprattutto, per
l’imprinting che gli deriva dai cinque istituti culturali fondatori, radicati nel tessuto, nella storia, nel pensiero e nel territorio di riferimento; queste caratteristiche
costitutive hanno permesso al Consorzio di percorrere con agilità le strade dell’innovazione senza perdere il patrimonio di competenze ed esperienze stratificato
negli Istituti stessi.
Innovare annullando tutto quello che si è creato e conquistato è facile e tutto
sommato frequente. Il BAICR, invece, ha inteso innovare senza perdere, o lasciar
stare, una lunga tradizione.
L’attenzione identitaria del BAICR e degli istituti soci è legata alla valorizzazione
della memoria, proprio perché gli istituti non sono statutariamente luoghi di conservazione, ma devono produrre cultura e contenuti; e nell’epoca del digitale devono produrla usando mezzi e linguaggi in grado di raggiungere un pubblico più
vasto di quello che era il pubblico originario delle istituzioni culturali, in parte
chiuso ed autoreferenziale.
Per ottimizzare le raccolte che si sono formate nel corso del tempo, per ricostruire
tutti gli aspetti della storia d’Italia e soprattutto la storia della organizzazione e
della produzione di cultura si devono aggregare i documenti per produrre un insieme complesso di significati, di trame, di racconti che riescano a raggiungere e ad
intercettare l’attenzione di un pubblico ampio, che non è composto solo di specialisti o di una collettività priva di strumenti culturali.
Larga parte degli utenti di Internet possiede strumenti di fruizione dei contenuti
culturali; da qui nasce la posizione programmatica del BAICR, un angolo di visuale
originale, teso a trovare le migliori modalità di trasmissione e di comunicazione
della memoria attraverso un uso integrato delle fonti.
Un esempio è fornito dall’Istituto Sturzo, che ha un patrimonio importante da un
punto di vista di tipologie settoriali, ma ancora più importante se si mettono insieme le raccolte di testi, manifesti, pellicole, film, fotografie. Tutto questo materiale
ricostruisce uno spaccato della storia d’Italia, una identità precisa che ha costituito
un filone storico della nostra storia e che può servire come base di lavoro per produrre prodotti culturali.
In sintesi questa è la nostra impostazione che si è tradotta anche nel progetto
Multi.Co.M., che ha una parte importante di formazione a distanza affidata a una
società tedesca. Ed essendo il BAICR anche un’agenzia formativa e-learning, abbiamo condiviso l’idea che i contenuti della formazione debbano circolare il più
possibile tra i Paesi europei e che la formazione diffusa è consentita proprio da un
e-learning di qualità.
Nell’ambito dell’e-learning, l’offerta è molto differenziata anche se in altre esperienze c’è stata molta improvvisazione: non abbiamo dimenticato che in un primo
66
Progetti
periodo sono state protagoniste di questo approccio le grandi software house che,
disponendo del mezzo e del linguaggio informatico, si sono presentate come
agenzie formative. Oggi grazie al contributo di società ed enti che hanno una effettiva fisionomia ed una spiccata identità formativa, il primato è passato dalla “e”
al “learning”, poiché gli obiettivi principali rimangono l’efficacia formativa e l’acquisizione dei contenuti in aree dove l’offerta in presenza è meno forte e aggiornata. E questo approccio si giustifica proprio sul territorio italiano dove le raccolte
e le testimonianze sono distribuite in mille centri protagonisti della storia d’Italia.
La valorizzazione del patrimonio culturale
Per il Consorzio la valorizzazione del patrimonio culturale significa contribuire anche alla individuazione di un percorso adeguato di formazione degli operatori preposti alla sua gestione: tale opera non consiste soltanto nella conservazione degli
oggetti o dei documenti – requisito fondamentale ma non sufficiente – ma nella
loro utilizzazione in un’ottica di comunicazione e di produzione di contenuti.
Perciò ci interessano professionisti che siano certamente in grado di descrivere i
documenti, ma che riescano anche a diventare protagonisti proprio nella dimensione della produzione culturale e digitale.
Il BAICR, anche attraverso il master MIDA (Indicizzazione di documenti cartacei,
multimediali ed elettronici in ambiente digitale; master molto vicino a queste tematiche), ha cercato di approfondire gli aspetti del trattamento dei documenti in
un ottica trasversale, ovvero anche in funzione dell’ottimizzazione dei contenuti e
del fatto che si formino dei bacini strutturati, dei veri e propri serbatoi di documenti e di materiali, in grado di raggiungere e interessare un vasto pubblico.
Dalla nostra esperienza abbiamo appreso che si possono formare sicuramente delle grandi banche dati, come è avvenuto durante il primo periodo di sviluppo dei
calcolatori in America e in altri Paesi; ma nella dimensione odierna dell’informatica
di massa si pone spesso il problema che, non potendo focalizzare il pubblico, si
mettono on-line insiemi di dati senza sapere chi li riceverà; né ci si pone il problema di come comunicare raccolte di informazioni, che costano molto dal punto di
vista dello sviluppo informatico e della gestione professionale. Alla fine si verifica
che queste banche dati vengono utilizzate in un modo riduttivo rispetto a un
enorme potenziale, oppure si usa sempre una stessa piccola parte, come avviene
anche nelle biblioteche.
Al contrario delle biblioteche, però, gli ambienti digitali si possono formare in tempi contenuti; il processo è breve e concentrato, i costi sono elevati e lo spreco, in
caso di mancato utilizzo, non è soltanto economico ma anche culturale, perché a
queste grandi raccolte di documenti multimediali non corrisponde un riuso originale, a cui pure dovrebbero essere dedicate.
In questo senso, secondo le intenzioni dei promotori, il progetto Multi.Co.M. non
deve servire a creare un’altra categoria professionale, un altro specialismo fine a se
67
Progetti
stesso, con tutti i caratteri positivi e negativi dello specialismo.
A nostro avviso, la specializzazione, che pure è necessaria, deve far capire come i
materiali documentali (cartacei, sonori, visivi, ecc.) si intrecciano tra di loro, perché proprio in questo consiste la multimedialità. L’uso riduttivo che spesso è stato
fatto di questo approccio dipende, a nostro avviso, anche da una formazione non
adeguata degli operatori.
Si continua addirittura a praticare una netta separazione fra l’archivio iconografico
e/o audioviso e l’archivio storico tradizionale all’interno dello stesso ente, con la
conseguenza che la memoria stessa dell’ente già frammentata dalle vicende storiche non ha modo di ricostituirsi attraverso l’interazione dei diversi documenti.
Non si vogliono, evidentemente sottovalutare le differenze tipologiche o lo specifico trattamento richiesto da ogni supporto materiale ma assicurare fin dal primo
impianto descrittivo la possibilità di valorizzare i nessi semantici in modo da facilitare la produzione di contenuti, la progettualità culturale ed editoriale.
Ritorna qui la scommessa di innovare senza dimenticare il passato: è chiaro che le
raccolte vanno trattate e conservate secondo gli standard nazionali ed internazionali, ma va favorita, anche in sede di trattamento, la possibilità di integrazione,
che non significa identità. Come nel linguaggio filmico l’immagine, le parole e la
musica collaborano alla stessa trama pur rimanendo riconoscibili come codici
espressivi, così le diverse raccolte documentarie potranno confluire nella stessa
narrazione.
I futuri specialisti creati da Multi.Co.M. dovranno tener presente l’utilizzo da parte
dell’utente dei materiali documentali per differenti fini anche commerciali; editoria, televisione, case cinematografiche, in generale l’industria dei media vanno incoraggiati a creare i loro prodotti utilizzando al massimo il patrimonio documentale. Ed è quello che vorremmo anche noi.
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Progetti
Una regione in rete: gli archivi
storici dell’Emilia-Romagna
e il progetto IBC
Brunella Argelli
Istituto beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna
I
BC Archivi è il portale dell’Istituto per i beni culturali e naturali (IBC) della
Regione Emilia-Romagna sviluppato per gestire e pubblicare in Internet le risorse informative relative agli archivi storici emiliano-romagnoli e agli istituti che li
conservano e li rendono fruibili.
Il progetto risponde all’esigenza più generale di dotare anche gli archivi storici, come già le biblioteche e i musei, di un sistema di gestione e consultazione delle descrizioni accessibile via Web e aperto all’interoperabilità con altri sistemi, sia archivistici che relativi ad altre tipologie di beni culturali. Riguarda in via prioritaria, ma
non esclusiva, gli interventi regionali, che comprendono sia i nuovi progetti di inventariazione e produzione di risorse informative archivistiche previsti dalla programmazione annuale, sia quelli già realizzati con gli interventi diretti della
Soprintendenza per i beni librari e documentari che, in oltre 25 anni di applicazione
della legislazione regionale per biblioteche e archivi storici, ha prodotto inventari e
strumenti di ricerca, censimenti annuali degli enti conservatori di archivi storici.
IBC Archivi si avvale di un’infrastruttura informatica sviluppata interamente per il
Web: un sistema completo di content management per archivi e documenti multimediali che gestisce sia le operazioni in back office di inserimento e modifica
dei dati, che la pubblicazione on-line dei contenuti. Sviluppato in seno al servizio
di Soprintendenza per i beni librari e documentari dell’IBC, il progetto è stato
realizzato grazie alla stretta e proficua collaborazione con i partners tecnologici
Regesta.exe e 3D Informatica1 di cui l’IBC si è avvalso sia per l’adozione delle
1
Regesta.exe è la società romana che cura la progettazione e lo sviluppo della piattaforma webbased xDams specializzata nel trattamento, la gestione e la fruizione on-line di archivi storici e
multimediali, adottata da molte istituzioni culturali italiane tra cui l’Accademia Nazionale di Santa
Cecilia, la Fondazione Feltrinelli, l’Archivio Storico Luce, l’Archivio Storico Capitolino, e Archivi di
Stato tra cui quello di Bologna.
Regesta.exe ha adottato la tecnologia Extraway® XML come database XML nativo e information
retrieval, prodotto dall’azienda bolognese 3D Informatica che sviluppa e fornisce prodotti per la
gestione documentale e la georeferenziazione sul Web anche nell’ambito di progetti inerenti i beni
culturali. L’IBC da tempo ne utilizza applicazioni e ambienti di sviluppo per la gestione e fruizione
di dati relativi ai beni culturali storico-artistici, archeologici e ambientali.
69
Progetti
piattaforme informatiche xDams di gestione e accesso alle descrizioni archivistiche e ai documenti digitali, e Extraway® XML Engine per il motore di information
retrieval XML, che per lo sviluppo del portale e delle procedure e attività di importazione dati.
IBC Archivi integra in un contesto unitario e organico informazioni di diversa provenienza attinenti agli archivi e ai rispettivi soggetti conservatori.
Per quanto riguarda le basi dati inventariali, l’Istituto ha utilizzato in passato
gli applicativi per l’inventariazione archivistica maggiormente diffusi sul territorio nazionale, scelti di volta in volta nel rispetto delle peculiarità dei progetti
e dell’autonomia dei singoli istituti, assecondando soprattutto le esigenze di
utilizzo e condivisione delle informazioni nei diversi contesti locali e/o istituzionali. Questi database relazionali, di impianto descrittivo ISAD(G) e
ISAAR(CPF), nati per produrre strumenti di ricerca di tipo tradizionale, non
prevedevano la consultazione dei dati sul Web né tanto meno l’interoperabilità
con sistemi descrittivi diversi, sia archivistici che non. L’Istituto gestisce attualmente un patrimonio pregresso di descrizioni archivistiche su supporto
elettronico relativo a oltre 300 complessi archivistici: si tratta in gran parte di
archivi storici comunali, ma anche archivi ospedalieri e di enti assistenziali,
consorzi di bonifica, imprese, movimenti politici, archivi di famiglie e persone,
conservati sia presso i medesimi soggetti produttori, sia in archivi storici, biblioteche e centri di documentazione, inventariati prevalentemente con il
software Sesamo sviluppato dalla Regione Lombardia. Per rendere consultabili
on-line questi strumenti di ricerca, insieme a quelli prodotti con la piattaforma
web based xDams di recente adozione, è stato effettuato un mapping tra i
campi descrittivi dei file Sesamo e gli elementi dello standard di marcatura
EAD (Encoded archival description)2 per giungere alla creazione di file XML
conformi EAD, con cui procedere all’import dei dati nella piattaforma xDams
dell’IBC, ed è stata pianificata la loro progressiva pubblicazione in IBC Archivi.
Si prevede poi di rendere consultabili on-line tramite il collegamento ipertestuale a oggetti digitali previsto nella piattaforma, anche gli inventari e gli
strumenti di ricerca digitalizzati in file DOC e PDF.
Per quanto riguarda i dati descrittivi degli istituti, nel corso del 2005 è stato effettuato il censimento dei conservatori di archivi storici di ente locale. Con una rilevazione diretta sul territorio, effettuata in loco da archivisti professionisti incaricati
dall’Istituto, è stata costituita una base dati descrittiva riferita al 2004 ed è stato
elaborato l’applicativo per la gestione e l’aggiornamento annuale dei dati, un’appli2
Lo standard di marcatura EAD seconda versione è una DTD (Document Type Definition) XML,
elaborata dal Network development and MARC standards office della Library of Congress, in
collaborazione con la Society of american archivists, per la marcatura dei metadati descrittivi
relativi agli strumenti di ricerca prodotti per gli archivi storici. Lo standard rappresenta
l’esplicitazione in formato XML di ISAD(G), standard internazionale per la descrizione archivistica.
70
Progetti
cazione web based sviluppata da Data Management3 per l’IBC, che utilizza come
database management system PostgreSQL. Nato come strumento operativo per
l’applicazione della direttiva regionale sugli standard di servizio e obiettivi di qualità
per archivi storici, biblioteche e musei di ente locale, CAStE-R (Censimento degli
archivi storici dell’Emilia Romagna) mira a costituire uno strumento per la programmazione annuale degli interventi regionali, offrendo nel contempo agli enti locali
una migliore conoscenza del proprio patrimonio archivistico e la possibilità di autovalutare le proprie strutture e i propri servizi; mira altresì organizzare sul territorio
una rete di servizio partecipata degli archivi storici, coerentemente con la legge regionale che prevede uno stretto raccordo tra Comuni, Province e Regione. Le caratteristiche di applicazione web server consentono infatti a una pluralità di soggetti
di partecipare attivamente, strutturandosi in un modello gestionale a rete con i diversi utenti istituzionali che cooperano secondo un principio di complementarietà e
sussidiarietà all’inserimento, aggiornamento e verifica dei dati. Funzionalità specifiche di CAStE-R consentono una gestione dei dati cui concorrono direttamente oltre all’IBC, amministratore del sistema, anche gli stessi soggetti conservatori censiti
e titolari dei dati. Tramite profili differenziati e predefiniti di accesso e procedure di
controllo e validazione dei dati immessi, gli enti conservatori possono aggiornare i
propri dati, fare elaborazioni e statistiche, stabilire i requisiti e la misurazione degli
indicatori di qualità; le Province come utenti istituzionali con profilo di primo controllo e verifica dei dati hanno abilitazioni complementari a quelle del profilo precedente per verificare la coerenza dei dati aggiornati e il completamento dell’autoaggiornamento da parte dei conservatori della propria circoscrizione territoriale secondo una tempistica concordata; la Soprintendenza per i beni librari e documentari
dell’IBC come amministratore controlla la coerenza interna di tutte le schede di rilevazione aggiornate e le valida, provvedendo così alla loro storicizzazione. I dati storicizzati e aggiornati annualmente, rendono possibile monitorare anche diacronicamente l’attività di ogni conservatore.
Il sistema rileva, aggiorna ed elabora i dati riguardanti il profilo istituzionale e organizzativo, il personale, le strutture, le attrezzature, i dati statistici di funzionamento dell’Istituto, i dati identificativi del patrimonio archivistico, le risorse informative, le attività, i servizi e le modalità di accesso, gli interventi effettuati sulla
documentazione, dall’inventariazione all’eventuale restauro di documenti.
L’Istituto dispone pertanto di un database che offre una fotografia approfondita,
capillare e aggiornata degli istituti archivistici, e di un sistema gestionale funzionale alla verifica degli standard e obiettivi di qualità dei servizi ai quali la legge regionale subordina l’accesso ai finanziamenti. A ogni soggetto conservatore censito
è associata una scheda che riporta:
3
La Divisione beni culturali di Data Management sviluppa sistemi di gestione e catalogazione per
biblioteche e istituzioni culturali. In particolare sviluppa e distribuisce il software Sebina (ora
Sebina Open Library) promosso e prodotto dall’IBC.
71
Progetti
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dati quantitativi sul contesto geografico e culturale territoriale;
dati identificativi e di contatto;
dati descrittivi storico-giuridici e organizzativi;
informazioni sullo stato di conservazione, ordinamento e inventariazione del
patrimonio documentario, con la rilevazione degli interventi effettuati in passato e/o in corso di realizzazione;
dati identificativi dei complessi archivistici conservati, degli strumenti di corredo e delle risorse informative collegate;
dati identificativi, di contatto e descrittivi della/e sede/i e degli spazi per la
conservazione e la fruizione;
dati quantitativi e qualitativi sul personale;
dati descrittivi sull’organizzazione dell’accesso e i servizi al pubblico;
dati statistici, altri indicatori per la misurazione dei servizi erogati e le risorse
investite.
Da un lato, dunque, vi è l’individuazione, la localizzazione e la descrizione degli
istituti e dei servizi offerti, dall’altro il monitoraggio relativo agli standard e agli
obiettivi di qualità regionali, sulla base di una rilevazione uniforme e condivisa da
tutti i soggetti interessati e dunque valida per l’intero territorio regionale. È inoltre
possibile operare una gestione diretta, coordinata e controllata dati tra i soggetti
coinvolti che assicurano il necessario supporto conoscitivo all’attività di programmazione e di intervento delle amministrazioni degli enti locali.
Si tratta di un tracciato in grado di accogliere la descrizione di soggetti conservatori di ogni tipologia o appartenenza istituzionale, molto ampio e analitico in funzione delle caratteristiche dei due elementi costitutivi del sistema: da una parte
l’estrema eterogeneità dei soggetti censiti sul territorio regionale, dall’altra l’ampiezza dei parametri e dei requisiti contemplati nella direttiva regionale sugli standard e obiettivi di qualità. Un mapping dei dati con l’attuale versione dello standard descrittivo internazionale delle istituzioni archivistiche ISDIAH (International
Standard for Describing Institutions with Archival Holdings) di recente elaborato
dalla comunità archivistica internazionale, ha mostrato una sostanziale conformità
dei campi e del tracciato descrittivo della scheda nonostante questa sia stata elaborata nel corso del 2003-2004.
Attualmente il sistema riguarda gli istituti conservatori di archivi storici di ente locale, tuttavia esso è stato progettato per poter essere esteso a tipologie differenti
di soggetti conservatori di archivi storici, e può essere messo a disposizione di
strutture e amministrazioni diverse anche in virtù del fatto che l’applicativo è stato
sviluppato con tecnologie open source.
Nel sistema sono presenti differenti ambienti di lavoro per l’inserimento, modifica
e visualizzazione dei dati, per la ricerca, per la gestione degli strumenti di controllo
(alerting e log base dati), per la produzione di report statistici, report delle diffe72
Progetti
renze, elaborazioni specifiche relative agli standard di qualità regionali per la rilevazione diretta del livello di aderenza al modello delineato dalla direttiva regionale, e per la produzione di stampe.
Ogni nuovo censimento è replicato a partire dal precedente, così che i conservatori devono di anno in anno modificare solo i dati variati nel frattempo.
Per i censimenti storicizzati e per quello corrente tutti gli utenti, indipendentemente dal profilo, possono effettuare ricerche e consultare i dati, produrre statistiche, produrre elaborazioni sugli standard e obiettivi di qualità, produrre report e
stampe dei dati.
CASt-ER costituisce il nucleo portante del sistema informativo archivistico regionale. Tramite la pubblicazione periodica nel portale IBC Archivi di gran parte dei
dati, ora previsti anche dallo standard ISDIAH, informazioni relative alle strutture,
ai complessi archivistici posseduti, all’organizzazione e alle tipologia e modalità
dei servizi al pubblico sono consultabili in Internet. La pubblicazione avviene tramite una procedura automatica di esportazione dei dati dal database di CAStE-R
alla piattaforma del portale con due file XML, marcati con DTD (Document Type
Definition) standard EAG (Encoded Archival Guide)4 relativamente ai dati descrittivi dei conservatori, e EAD per le descrizioni dei complessi archivistici. In tal modo i
dati CAStE-R alimentano le descrizioni relative ai soggetti conservatori e agli archivi, e si collegano e si integrano nella piattaforma del portale con le basi dati inventariali dei complessi archivistici importate da Sesamo o prodotte direttamente
con xDams, fornendo così all’utente Internet un unitario percorso di navigazione.
Con il portale è stata realizzata la piena integrazione nel nuovo repository XML
delle informazioni sui soggetti conservatori e sugli archivi conservati, provenienti
da CAStE-R, con gli inventari informatizzati e la banca dati dei soggetti produttori, gestiti dalla piattaforma archivistica xDams. È quindi possibile navigare tra le diverse sezioni del sistema informativo o fare ricerche multi archivio, su tutto o parte
del sistema informativo, in maniera assolutamente trasparente per l’utente all’interno di un’unica interfaccia di accesso.
L’apertura di IBC Archivi, in termini di integrazione di risorse informative archivistiche provenienti da ambienti diversi e di interoperabilità da e verso altri sistemi, è
stata resa possibile da una piattaforma informatica improntata al pieno utilizzo degli standard descrittivi e di formati di scambio e protocolli di comunicazione che di
fatto si stanno imponendo come riferimenti imprescindibili per la conservazione,
comunicazione e condivisione delle descrizioni archivistiche. I dati presenti nel sistema informativo, infatti, sono conservati in file nativi XML conformi a EAD ed
EAG, dunque in un formato aperto che li rende indipendenti dalle specifiche applicazioni software e hardware con cui gli stessi sono stati prodotti. Il sistema sup4
EAG, versione Alfa 0.2, è una specifica DTD di XML per la marcatura delle informazioni generali
relative alle istituzioni archivistiche elaborata in Spagna nel 2002 da un gruppo di lavoro della
Direzione generale degli archivi statali spagnoli.
73
Progetti
porta inoltre il modulo di interoperabilità OAI-PMH per l’esposizione dei dati descrittivi e l’accesso alle risorse digitali, e il protocollo di comunicazione Z39.50 per
consentire la ricerca e il recupero delle informazioni soprattutto di natura bibliografica.
Con queste caratteristiche tecniche il sistema informativo regionale risponde all’obiettivo di mettere l’infrastruttura a disposizione di risorse informative archivistiche o di progetti nati anche al di fuori della programmazione regionale, nell’ambito di interventi promossi da altri soggetti pubblici o privati, purché coerenti con
le finalità del sistema regionale e dotati dei necessari requisiti tecnico-scientifici.
Le finalità sono quelle di attivare e valorizzare risorse sia economiche che progettuali distribuite sul territorio, gestite e finanziate per conto di istanze istituzionali
e territoriali diversificate, fornendo insieme all’infrastruttura un contesto informativo in cui la frammentarietà che spesso caratterizza le iniziative di valorizzazione
degli archivi storici sia ricomposta e ricondotta a un sistema più ampio e contestuale di informazioni e relazioni.
È in questa logica che la piattaforma IBC ospita, attualmente in ambiente di back
office, le attività di inventariazione in corso nell’ambito di Archivi-a-MO5, progetto
triennale della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena per la valorizzazione degli archivi storici di interesse locale, conservati in Archivio di Stato e presso gli enti
pubblici, comuni e provincia, e le associazioni private del territorio modenese. Il
progetto prevede che, a fronte del finanziamento della Fondazione, l’IBC metta a
disposizione il portale per la gestione e la fruizione dei dati descrittivi, ovvero l’infrastruttura e le regole tecniche per la produzione delle descrizioni archivistiche,
gli strumenti di accesso e ricerca integrata di dati relativi agli archivi storici emiliano-romagnoli e agli enti che li conservano, il database per gli authority di persone
e famiglie, enti e istituzioni, toponimi.
5
L’accordo è stato formalizzato in una apposita convenzione a cui prendono parte anche la
Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Emilia Romagna con la Soprintendenza
archivistica, e il Centro di Documentazione Istituzione della Provincia di Modena.
74
Progetti
Mediateca Santa Teresa:
la biblioteca continua…
Cecilia Angeletti
Biblioteca Nazionale Braidense di Milano
D
ella Mediateca Santa Teresa si è parlato fin dai primi anni Novanta all’interno dei
grandi interventi dell’area lombarda e nel corso del tempo si è andata via via
chiarendo la sua qualificazione come biblioteca multimediale, “sezione senza libri”
della Biblioteca Nazionale Braidense. Inaugurata il 13 giugno del 2003, è la prima e
più importante realizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali (Mibac) nel
settore multimediale1. Per questa iniziativa il Mibac (grazie alla quota di introiti derivanti dal Gioco del Lotto, l. 662/1996), in collaborazione con la Regione Lombardia,
con il sostegno della Fondazione Cariplo e della Banca Popolare di Milano ha provveduto a restaurare e ad adattare gli ambienti della settecentesca chiesa dei Santi
Giuseppe e Teresa, collocata in posizione centrale in città.
Figura 1. Veduta dell’edificio storico in una foto degli anni Novanta
1
Un ringraziamento va alla dott.ssa Armida Batori, ideatrice e responsabile scientifica del progetto
per conto del Minstero per beni e le attività culturali insieme al dott. Goffredo Dotti, direttore della
Biblioteca Braidense al momento della conclusione dei lavori e dell’apertura al pubblico.
75
Progetti
Figura 2. Il complesso dopo il restauro da via della Moscova
La prospettiva generale del progetto è stata quella di riorientare i servizi di informazione e documentazione tradizionalmente svolti dalla Braidense in ambito umanistico
e di informazione generale, individuando le diverse possibilità di applicazione delle
tecnologie ai beni librari e culturali, per ampliare e approfondire l’offerta di servizi.
Compito principale assegnatole è stato quello di diffondere la cultura del digitale attraverso lo sviluppo delle funzioni della biblioteca di cui è sezione, affiancando all’offerta culturale scritta e stampata quella multimediale e promossa dalla rete Internet.
Nel corso dei primi cinque anni della sua attività la Mediateca ha avuto un afflusso
di utenza che ha raggiunto in media 220 persone al giorno e 20.000 iscritti. Forte
è la presenza internazionale (circa un terzo degli iscritti) e, sotto l’aspetto professionale, è notevole quella dei liberi professionisti e dei laureati.
L’occasione per l’avvio
L’idea di come utilizzare lo spazio, già dal 1991 dato in uso alla biblioteca dal
Comune di Milano, è stata sollecitata dalle nuove possibilità offerte da Internet
per la diffusione di contenuti e servizi, e l’ingresso, sempre maggiore nella sede
storica della biblioteca, di risorse che non potevano essere rese accessibili senza
un adeguamento sostanziale dei servizi.
Il recupero funzionale della storica chiesa di San Giuseppe e Santa Teresa a
Milano, avviato nel 1996, rispondeva a caratteristiche compatibili con una funzione diversa dai compiti di conservazione della Braidense della quale la Mediateca è
sezione. L’utilizzo della struttura, infatti, limitata solo ad uso non pubblico (ma76
Progetti
gazzino librario), non poteva ugualmente soddisfare i soggetti che man mano venivano coinvolti nel progetto.
Gli obiettivi iniziali sono stati essenzialmente quelli di rendere accessibile all’utenza
l’informazione elettronica e multimediale attraverso un’adeguata accoglienza, comunicazione e competenza del personale che sarebbe stato presente nella Mediateca, favorendo anche, con la promozione di momenti formativi, l’alfabetizzazione informatica e
l’educazione alla multimedialità. Un servizio accessibile a tutti che andava a contrastare il fenomeno del digital divide presente anche nella città di Milano. Grazie al recupero di un bene storico monumentale, altrimenti di difficile riutilizzo, nel 2003 è stato
inaugurato un luogo pubblico di servizi culturali di informazione e documentazione.
Da subito, tuttavia, ci si è resi conto che la progettualità dei primi anni Novanta
andava ampliata.
La collocazione e la tipologia della struttura obbligarono quasi naturalmente a rispondere alla necessità di garantire uno “spazio” alla città, inteso come luogo
d’incontro tra persone, idee
ed esigenze oltre a centro di
comunicazione per lo scambio e il dibattito2. Un luogo
aperto anche alla parola, al
dialogo e non solo alla consultazione di documenti.
La ricerca e lo sviluppo di
contenuti che accrescono la
vasta mole di conoscenze sta
infatti creando una nuova
scienza documentaria che si
affianca e interagisce con la
biblioteconomia tradizionale.
Il lavoro in cooperazione con
enti pubblici e privati, biblioteche e istituzioni culturali, è
stato ed è tutt’ora il principio base della ideazione del
progetto e della sua piena
realizzazione.
Figura 3. Particolare del portico
d’ingresso
2
Questo ruolo veniva già sottolineato già nel 1997: Gianna Landucci, Dall’audiovisivo al
multimediale: nuovi servizi e vecchi problemi, 9. Seminario Angela Vinay, L’ automazione delle
biblioteche nel veneto, l’irruzione della multimedialita, Venezia, Giardini di Castello, 5-6 novembre
2007, http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/landucci.htm (ultima consultazione 28 ottobre 2008).
77
Progetti
La sede
Nella costruzione restaurata hanno trovato posto 120 stazioni di consultazione,
una sala per conferenze e videoproiezioni, un laboratorio di riproduzione digitale,
aule di formazione dotate di impianti di riproduzione e di lavoro avanzati.
La Mediateca è posta all’interno di un edificio evolutosi nel corso dei secoli a causa di modifiche strutturali e d’uso. Nel 1674 giunse a Milano l’ordine religioso
femminile delle Carmelitane Scalze. Papa Clemente X approvò la costruzione di un
complesso a loro destinato, comprendente un monastero e una chiesa dedicata ai
santi protettori dell’ordine, Giuseppe e Teresa.
Nel 1782 il monastero venne soppresso e l’edificio fu destinato alla manifattura tabacchi mentre la chiesa fu trasformata in una sala teatrale. Nei secoli successivi cambiò diverse volte l’utilizzo dell’edificio: alloggio militare, spaccio cooperativo, dopolavoro aziendale. Durante la seconda guerra mondiale i bombardamenti distrussero l’intero complesso risparmiando
solo la struttura della chiesa.
Il programma di recupero cominciò
nel
secondo
Novecento e si sviluppò in diverse fasi. Nel 1974 la struttura venne acquisita dal
Comune di Milano il quale, a
sua volta, stipulò nel 1991
una convenzione con il
Ministero per il restauro dell’edificio e il suo riutilizzo come sede della Mediateca. La
chiesa ha un impianto a croce
greca con volte a botte sui
bracci e cupola al centro.
Nell’altare maggiore spicca
un’immagine di Santa Teresa
dipinta da Stefanmaria
Legnano, ancora in parte visibile. La facciata presenta un
pronao a tre arcate su colonne binate (come testimoniato
nella Descrizione di Milano di
Serviliano Latuada, 1737).
Figura 4. Il lato perimetrale con le
finestre dell’antico convento
78
Progetti
Le imponenti dimensioni dell’esterno, mantenute e rafforzate nel piano di recupero che ha rispettato l’impianto originale della chiesa, si contrappongono agli spazi
interni aperti e flessibili costantemente sottoposti alle esigenze di trasformazione
che suggeriscono le nuove tecnologie e le nuove funzioni che da questa scaturiscono. L’integrazione delle strumentazioni tecnologiche con l’imponente spazialità
architettonica presenta caratteri di eccezionale rilievo3.
Nell’ampia sala centrale, in diretta comunicazione visiva con l’esterno tramite una
vetrata che si affaccia sul portico, si trovano le stazioni multimediali situate sotto
la cupola, convergenti verso un centro ideale e disposte non in base a una razionalizzazione geometrica come avrebbe suggerito lo schema a croce. Le postazioni,
così concepite, offrono riservatezza e adeguato spazio prossemico a ogni singola
persona e in tutta la sala incombe un rispettoso silenzio, rotto solo dal rumore delle tastiere, quasi un omaggio alla sacralità del luogo e alle sue origini.
Figura 5. Veduta di scorcio della sala centrale
Il primo piano, articolato in salette ricavate nello spazio restante dell’antico convento che circondava la chiesa, ospita le postazioni specialistiche e la videoteca,
servizi disponibili anche nelle tre balconate/matronei, che affacciandosi sulla sala
centrale, offrono una prospettiva privilegiata sull’intera struttura.
3
Il progetto di restauro è stato preso ampiamente da esempio in Marco Muscogiuri, Architettura
della Biblioteca, Milano: Sylvestre Bonnard, 2004.
79
Progetti
Figura 6. Le postazione della sala centrale con alcuni utenti
Figura 7. Un particolare delle postazioni specialistiche poste al primo piano
80
Progetti
Sullo stesso piano sono alloggiati
gli uffici, le salette riunioni e di lavoro e una stanza leggermente sopraelevata in cui è stato allestito il
laboratorio di digitalizzazione video
della Mediateca.
Di suggestivo impatto l’idea di
porre un volume in vetro, esterno
alla chiesa in completa comunicazione con essa, dove trova posto
la caffetteria accessibile anche
dalla strada principale. Il cubo di
vetro si affaccia su un giardino ribassato, ricavato su un lato dell’edificio che dà luce al piano
sotterraneo dedicato alla formazione con due sale corsi e una sala conferenze.
Figura 8 e 9. L’interno e l’esterno del
bookshop e della caffetteria
81
Progetti
Le risorse e i servizi
La Mediateca è luogo di studio e di ricerca dove, attraverso postazioni informatiche in
rete ad alta velocità, vengono offerti servizi per accedere a banche dati, documenti
elettronici e multimediali presenti nel web, in rete locale e off-line.
Presso la sala centrale al piano rialzato è possibile accedere a Internet4 e consultare le
fonti documentarie, prevalentemente di indirizzo umanistico e giuridico, presenti in rete locale e organizzate secondo ambiti disciplinari attraverso un sistema di distribuzione. È inoltre a disposizione una postazione per la consultazione di audiolibri5, servizio
per disabili visivi e dislessici. Tutti i dati elaborati o risultanti dalle ricerche possono essere salvati attraverso la masterizzazione su CD-ROM, DVD e/o con dispositivi di memorizzazione su porta USB, mentre per le stampe (unico servizio a pagamento) si utilizza un sistema collegato a tutte le postazioni con carte prepagate. Nonostante i numerosi computer a disposizione è stato necessario, al fine di garantire pari opportunità
di accesso a tutti gli utenti, erogare questo servizio per quote di tempo limitate, rinnovabili in mancanza di altre richieste e in presenza di almeno un’altra postazione libera.
Figura 10 e 11. Consultazione del materiale multimediale off-line e in rete locale
4
5
Sul sito della Mediateca sono presenti le norme che regolano l’utilizzo di Internet che l’utenza visiona e
accetta prima di accedere alle postazioni http://www.mediabrera.it/documenti/regolamento_Internet.pdf).
La Mediateca ha aderito al progetto Libro Parlato Lions - audiolibri sul Web per disabili visivi e
dislessici che consente a 24 Biblioteche statali di mettere a disposizione di cittadini diversamente abili
(non vedenti, ipovedenti, dislessici) un sistema integrato di consultazione, download e prestito di
audio-libri - con metodi particolari a seconda del formato prescelto (audiocassetta, CD-ROM, MP3). Il
progetto vede la collaborazione tra l’Istituzione pubblica e l’Associazione Libro Parlato dei Lions.
82
Progetti
Il primo piano è dedicato all’area specialistica con risorse consultabili esclusivamente da postazioni dedicate con assistenza per l’orientamento e l’utilizzo. Qui
sono a disposizione dell’utenza le banche dati off-line, i documenti video/film ed
è possibile ascoltare le numerose registrazioni musicali.
Il patrimonio video è molto eterogeneo, spaziando dal film d’autore alla serie TV,
ed è comunque rappresentativo di tutte le tappe fondamentali della settima arte.
Grande spazio è affidato ai documentari e al cinema di animazione. Non manca
una piccola collezione di registrazioni di spettacoli teatrali appartenenti alle stagioni del Piccolo Teatro di Milano: i documenti vanno da uno spettacolo del 1955,
Arlecchino servitore di due padroni, ad uno del 2002, Quel che sapeva Maisie di
Henry James.
Sempre al primo piano è stato riservato un ambiente quale luogo privilegiato per
“sfogliare” il patrimonio digitalizzato della Braidense, l’unico che offre riproduzioni
anche ad alta risoluzione complete di documentazione. La Biblioteca ha da alcuni
anni attivato un servizio di digitalizzazione delle sue collezioni, mettendo a disposizione via Internet un’emeroteca digitale costituita da intere testate di periodici e
un’ampia selezione di giornali dell’Ottocento e del primo Novecento di interesse
per la storia culturale lombarda e nazionale. Recentemente sono state rese disponibili la Raccolta Drammatica di circa 9.500 libretti d’opera del XVIII secolo e una
scelta di romanzi italiani dell’Ottocento.
Figura 12. Postazioni dedicate alla consultazione del patrimonio digitalizzato della Biblioteca
Braidense
83
Progetti
Figura 13. Postazioni per l’accesso al catalogo multimediale delle Teche Rai
Figura 14. Particolare dell’interfaccia del catalogo multimediale delle Teche Rai
84
Progetti
Un cenno particolare merita il
servizio di accesso all’intero catalogo multimediale dell’archivio dei documenti Rai disponibile dalle postazioni della
Mediateca, grazie a un accordo
di collaborazione con la Rai.
In uno spazio riservato sulla
balconata centrale sono attive
sei stazioni dedicate dalle quali
poter visionare, con l’assistenza
di personale, il materiale audiovisivo. A tutte le registrazioni è
associata la documentazione
dei contenuti, analitici o sintetici a seconda della tipologia del
programma, con la possibilità di
ricerche molto approfondite. I
filmati presenti, coprono gran
parte delle registrazioni effettuate dalla Rai fin dal suo nascere.
Figura 15 e 16. Sala corsi e sala conferenze al piano sotterraneo
85
Progetti
La documentazione sul catalogo è in aggiornamento quotidiano e in continuo recupero del pregresso. Il data base è completato con i programmi radiofonici delle reti
nazionali, con la fototeca e i documenti cartacei digitalizzati come i copioni dei programmi radiofonici, i manifesti pubblicitari e la collezione del Radiocorriere TV.
L’accesso agli archivi della Rai, con la documentazione della cultura italiana degli
ultimi cinquant’anni, ha arricchito e integrato le fonti informative multimediali internazionali e il patrimonio digitalizzato della Biblioteca Nazionale Braidense.
Proprio per la peculiarità delle risorse è attivo un servizio di prenotazione on-line
che consente di scegliere e riservare, per una sessione di consultazione, la postazione che si vuole utilizzare.
Ancora da remoto è possibile richiedere di svolgere ricerche sulle basi dati e sulle
fonti disponibili in rete locale o di avere informazioni pratiche sulle attività in corso
e sull’uso delle risorse in Mediateca.
Ultimamente la Mediateca, rispondendo alle esigenze provenienti da soggetti
pubblici dediti alla formazione, ha deciso di promuovere un servizio di prestito di
materiali audiovisivi indirizzato esclusivamente a scopi culturali e didattici per associazioni ed enti morali senza scopo di lucro, per scuole e per atenei.
Attività e pianificazione
La Mediateca promuove iniziative legate allo sviluppo della cultura digitale, obiettivo che si articola in diverse manifestazioni: esposizioni, tavole rotonde, conferenze, videoproiezioni.
Con questi incontri ci si propone di dar spazio a forme di comunicazione che prediligono il digitale, dalla ricerca delle diverse fonti d’innovazione tecnologica alle
più alte espressioni della creatività e dell’interattività in rete.
Tra i tanti appuntamenti promossi direttamente dalla Mediateca si segnala il ciclo
Meet the Media Guru ancora in corso, che prevede l’incontro con i maggiori esponenti internazionali dei nuovi media della cultura elettronica oltre a estratti del
Siggraph, la più importante manifestazione al mondo dedicata alle immagini di
sintesi con l’aggiornamento internazionale di computer grafica. Inoltre Visioni
Digitali (Ricordi dal futuro) ha offerto in due giorni di incontri, dibattiti, proiezioni
e performance, una panoramica internazionale sulle radici della cultura digitale e
sui suoi attuali sviluppi mentre Computer Animation Stories ha proposto una serie
di rassegne incentrate su diversi aspetti della computer animation.
Nel 2005 la Mediateca ha collaborato alla realizzazione della storica esposizione
Connessioni Leggendarie. Net Art 1995-2005, prima mostra italiana sulla net.art.
Rivolgendosi a un vasto pubblico ha ripercorso, documentato e approfondito il decennio 1995-2005, durante il quale artisti divisi tra loro da barriere geografiche e
socio-politiche hanno incrociato opere e idee come armi creative su di un unico e
nuovo continente: la rete Internet.
Per due anni è stato ospitato l’evento Videominuto on tour rassegna internaziona86
Progetti
le di video della durata massima di un minuto che si svolge tutti gli anni al Centro
per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato. L’idea del Festival è di indagare
quanto la brevità del formato, quale unica imposizione, condizioni la video opera
in termini di incisività, scelte stilistiche e contenuti.
Nel quadro del programma didattico e di formazione, dal 2004 a oggi, la
Mediateca ha aderito all’iniziativa DocuDay, giornata nazionale per la diffusione
del cinema documentario, in collaborazione con l’associazione Documè di Torino.
Sono state proposte diverse rassegne incentrate sui temi della contemporaneità,
dal profilo storico all’evoluzione dei media.
Inoltre vengono ospitati e organizzati incontri e momenti di formazione per promuovere e diffondere l’accesso alle informazioni e ai saperi attraverso l’apprendimento e l’utilizzo degli strumenti basati sulle tecnologie digitali e multimediali e
sulle reti telematiche, alimentando occasioni di discussione e confronto e promuovendo l’elaborazione di nuove iniziative, quali percorsi formativi di alfabetizzazione informatica, visite guidate, percorsi didattici personalizzati.
Nel progetto iniziale, la Mediateca era destinata a completare e integrare le fonti
presenti in Biblioteca Braidense con una documentazione multimediale, ma nel
corso degli anni, superato il periodo sperimentale, oggi è riconosciuto alla
Mediateca un ruolo centrale nella costruzione e conservazione di archivi digitali,
nonché nella organizzazione di servizi all’utenza.
87
Progetti
L’archivio storico LUCE e il passaggio
dall’analogico al digitale:
una questione di numeri
Luigi Oggianu
Istituto LUCE, Archivio Storico Foto-Cinematografico
La migliore opportunità per conservare il patrimonio, fornire un servizio eccellente e conquistare lo spazio digitale.
oggetto della trattazione fa riferimento ai circa 12 milioni di km di pellicola
cinematografica e ai 3 milioni di immagini fotografiche in matrice originale
(negativa o invertibile), che l’Archivio Storico dell’Istituto LUCE (L’Unione
Cinematografica Educativa) ha prodotto o ha acquisito nel corso del secolo scorso,
che conserva, promuove e di cui detiene la piena titolarità dei diritti.
Vale la pena di sottolineare brevemente l’aspetto della matrice originale, perché
fin dall’avvento delle prime tecniche foto-cinematografiche ottocentesche, l’immagine comincia ad essere facilmente riproducibile e, per ovvi motivi di ordine
pratico, ai fini della loro rappresentazione e diffusione, normalmente ne vengono
utilizzate le copie, mentre la matrice originale (il negativo-scena che è stato impressionato all’interno della macchina da presa cinematografica o della fotocamera) ha una vita separata e distinta.
Solitamente, ma non sempre, viene conservata a parte, per ulteriori copie e/o duplicati, poiché è lo strumento tecnicamente migliore da cui trarre qualsiasi tipo di
derivato e che, sovente, è l’unica prova della sua genesi e della piena titolarità dei
diritti che su di essa ricadono. Tanto per fare un esempio estremo, la differenza di
valore è quella che intercorre fra l’originale di un manoscritto e, per quanto ben
realizzata, la sua fotocopia.
Va da sé che, ai fini conservativi, di tutela e di qualsivoglia forma trattamento, la
matrice originale di un’immagine o di una sequenza cinematografica, è l’oggetto
prevalente di interesse. La copia che ne deriva è comunque un elemento associato
e ad essa subordinato.
L’
Introduzione
L’Istituto LUCE è la prima casa di produzione cinematografica a capitale pubblico
del mondo occidentale. Nasce nel 1924 dando corpo e significato allo slogan che
88
Progetti
campeggiava nella gigantesca scenografia allestita per l’inaugurazione della nuova
sede del LUCE, nel quartiere che, a sud di Roma, era allora definito il Quadraro: «Il
cinema è l’arma più forte», così recitava la frase.
Scritta in un corsivo dalle dimensioni ciclopiche, era sovrastata dal profilo incombente
di un Mussolini con tanto di macchina da presa. Ai piedi della gigantesca scenografia,
la sua firma. Poco importa che si trattasse di un deliberato plagio, espropriando quell’affermazione a un bolscevico. Già Vladimir Majakovskj, dopo quella Rivoluzione
d’Ottobre di cui è stato uno dei più celebrati cantori, l’aveva coniata alcuni anni prima
e su quel concetto aveva avuto il tempo di costruire alcuni degli strumenti più raffinati della strategia politico-culturale sovietica. In un’Italia scarsamente alfabetizzata, la
frase funzionava a pennello, poco importava la provenienza, nessuno l’avrebbe mai
contestata, e chi sapeva si sarebbe guardato bene dal contestarla.
In una prima fase si cominciano a produrre documentari di tipo genericamente
culturale, alcuni anche con un taglio seriamente scientifico, una sorta di grande
scuola popolare che entra nei cinematografi e, dove questi mancano, nei cinemobili. Non c’è angolo del Paese che non sia raggiunto dalla cinematografia del LUCE, che arriva con tutta quella carica spettacolare di immediatezza e di fascinazione che le immagini portano in modo diretto, senza troppe mediazioni culturali, facendo leva più sull’emozione che sull’intelletto.
Questa gioiosa macchina «educativa» fu ulteriormente raffinata e potenziata quando,
nel 1927, si rese obbligatorio proiettare in tutti i cinema il Giornale LUCE. Di questo
antenato degli attuali telegiornali ne venivano prodotti fino a cinque per settimana,
coniugando mirabilmente, già da allora, informazione, propaganda e consenso.
Il contesto
Fin dalla sua nascita, l’Istituto si è strutturato con un proprio Archivio che, come
in ogni redazione di tipo giornalistico, era il collettore dell’attività delle squadre
di cineoperatori, fotografi e inviati. A tutti questi uomini, insieme, sentiamo oggi
di dovere profonda riconoscenza, perché attraverso i loro occhi noi possiamo, oggi, rivedere, rileggere e reinterpretare le pagine della nostra storia. Ci raccontano
chi siamo, attraverso quello che siamo stati, ci danno uno strumento di orientamento e di prospettiva per il tempo che verrà. Sono stati gli artefici più innovativi
e prolifici che la cronaca storica del secolo appena trascorso abbia mai avuto, creando una delle più interessanti e voluminose raccolte di immagini oggi disponibili
e consultabili.
Nel corso del tempo l’Istituto ha raccolto e conservato la quasi totalità delle testate cinegiornalistiche prodotte nel nostro Paese, ha acquisito importanti e consistenti fondi fotografici che correvano il rischio di andare dispersi, sempre in un’ottica multidisciplinare e sempre legati alla cronaca storica, coprendo un arco temporale che partendo dagli anni ’20 arriva fino a tutti gli anni ‘80.
Per chi volesse approfondire il repertorio archivistico dell’Istituto LUCE durante il
89
Progetti
ventennio di dittatura fascista in Italia, si rimanda alla lettura del volume del
Dipartimento Studi e Ricerche dell’Archivio Storico LUCE1.
Tuttavia non c’è nulla di più fuorviante che legare l’attività degli operatori LUCE
allo stereotipo della propaganda di regime. Le immagini, con tutta la loro potenza
evocativa, sono per propria natura un oggetto polisemico e custodiscono sempre,
per chi vuole vedere aldilà del contenuto apparente, una loro forma soggiacente
che si presta, mirabilmente, a molteplici piani di lettura.
Raccontare attraverso le immagini l’Italia contemporanea e le sue diverse realtà è,
ancora oggi, nel cuore e nella missione istituzionale dell’Istituto LUCE; una missione riconosciuta negli anni dal Ministero per i beni e le attività culturali, che ha affidato all’ente la tutela, la valorizzazione e la diffusione del più importante archivio cinematografico e fotografico del nostro paese.
È possibile definire il ‘900 come «il secolo che si vede». Mai nella storia dell’umanità è stato possibile rappresentare le vicende dei popoli, dai grandi eventi ai piccoli gesti quotidiani, con tutta quell’intensità, con l’immediatezza, la capacità descrittiva e di penetrazione, che solo le immagini sanno dare. È il documento contemporaneo per eccellenza, quello che meglio ci rappresenta e quello che viene
più facilmente percepito e ricordato.
Il Progetto dei Progetti
Già sul finire degli anni ‘80, al LUCE si era giunti alla piena consapevolezza che era
tempo di cominciare a introdurre radicali cambiamenti sulle metodologie di tutela
del patrimonio iconografico e sulle modalità di accesso alle immagini e ai relativi
contenuti descrittivi. Occorreva sperimentare e mettere a punto un sistema generale
e un insieme di sottosistemi che da un lato salvaguardassero meglio l’intrinseca fragilità dei supporti e delle emulsioni del materiale sensibile, dall’altro ne consentissero un accesso più versatile, utilizzando tecnologie innovative e al passo con i tempi.
Ancora oggi trovo straordinaria l’idea propulsiva che mosse tutto questo. Alla saggezza
di un’intuizione si unì la passione profonda per questa impresa, che tendeva a salvaguardare un patrimonio nazionale e dare un servizio alla collettività che di questo patrimonio è la legittima titolare. È con questo obbiettivo che l’Archivio Storico LUCE si è
messo all’opera e ha definito gli strumenti che rendessero questa meta raggiungibile.
Il primo Progetto in accordo con il CNR è datato 1989 e a quello ne seguirono
molti altri, ma l’idea generale, quella che possiamo definire il Progetto dei
Progetti, consiste nel principio che solo una sistematica e completa riconversione
digitale possa evitare di ridurre il nostro patrimonio d’immagini all’oblio, al progressivo deterioramento, fino al rischio della sua perdita completa.
Fino a quel momento tutto lo sforzo dei colossi dell’informatica era rivolto alla gestione dei dati.
1
Marco Pizzo – Gabriele D’Autilia, Fonti d’archivio per la storia del LUCE: 1925-1945, Roma:
Edizioni Istituto LUCE, 2004.
90
Progetti
Nei grandi centri di calcolo quella era la priorità, perché quella era la domanda
prevalente. Se si fa eccezione per i sistemi aerospaziali e per una nicchia di sofisticati sistemi di intelligence militare, nessuno ancora investiva seriamente in ricerca
e sviluppo pensando al trattamento e alla gestione degli ingenti giacimenti di immagini, che pur esistevano, sparsi qua e là per il pianeta.
Inoltre le immagini digitali occupano tanta memoria e i supporti informatici, allora,
erano relativamente piccoli, troppo, e proporzionalmente erano anche molto costosi. Insomma i nostri desideri precorrevano lo stato dell’arte dello sviluppo tecnologico e al momento l’informatica ci poteva essere d’aiuto per creare schede catalografiche all’interno di un database relazionale (in fondo si tratta solo di testo e
quello non occupa troppo spazio) ed è quello che abbiamo fatto, ma per l’acquisizione digitale delle immagini su vasta scala, con una qualità tale da poter essere
considerata sostitutiva dell’originale a tutti gli effetti, era ancora presto. Insomma
per trasformare i nostri negativi, di foto e di cinema, in segnali numerici, avremmo
dovuto aspettare ancora un po’, ma in fondo, neanche tanto.
Tuttavia la scelta si rivelò giusta, così come è dimostrato dalle vicende di questi ultimi anni.
Le emulsioni e i supporti foto-cinematografici sono, per loro natura, quanto di più
instabile si possa immaginare. Per quanto ben conservati, il loro invecchiamento li
fa degradare fino a renderli illeggibili e quindi inservibili.
Il loro fragile contenuto informativo, che risiede principalmente in ciò che vi è rappresentato ed è possibile percepire alla vista, una volta scomparso non è più recuperabile ed il documento è perso. Il materiale cosiddetto sensibile, per via della
sua capacità di interagire con la luce, formando l’immagine, è altresì influenzabile
da una moltitudine di altri fattori esogeni: temperatura, umidità relativa, mancanza di ricambio d’aria, la lignina contenuta nelle carte la cui cellulosa è ricavata dal
legno, la polvere, ricettacolo di microrganismi, le esalazioni anche minime di solventi presenti nell’ambiente e, più in generale, dall’inquinamento.
È indispensabile arrestare il degrado e, visto che ancora non siamo riusciti a fermare il tempo, allo stato attuale la riconversione digitale delle immagini, la loro trasformazione in segnale numerico, si rivela come l’unica soluzione praticabile, per
ottenere un risultato rapido, versatile e duraturo.
Pur facendo capo ad un unico centro di coordinamento, le due tipologie di materiali, quella fotografica e quella cinematografica, hanno avuto tempi e modalità di
approccio diversi, sia per la loro diversità intrinseca, sia per le risorse che di volta
in volta entravano in gioco e si rendevano disponibili.
Fin dall’inizio è stato possibile organizzare la linea di digitalizzazione sostitutiva
per gli originali fotografici, corredati dai derivati compressi e da dati identificativi
certi, con descrizioni essenziali, ma tali da renderli immediatamente rintracciabili e
quindi utilizzabili per le varie applicazioni. In questa veste, tecnicamente leggera,
arrivavano sugli schermi dei catalogatori che compilavano la scheda catalografica
definitiva. Le prime 350.000 foto sono state già catalogate, sono visibili e disponi91
Progetti
Figura 1. Roma fine ‘800, Porta San Giovanni (n. L8267). Negativo alla gelatina bromuro
d’argento, supporto in vetro
Figura 2. La stessa foto prima del restauro digitale. La gelatina è seriamente fessurata e rialzata
con evidenti segni di distacco
92
Progetti
Figura 3. Milano 25 aprile 1945, Manifestazioni per la Liberazione a Piazza Sempione (n.
A171475). Il danno più evidente è l’alone centrale, determinato da una velatura da argento
dicroico sull’emulsione che in quella zona ne limita la trasparenza
Figura 4. La stessa immagine corretta in fase di restauro digitale
93
Progetti
bili per la consultazione, sia presso la nostra Mediateca che sul Web, all’indirizzo
del portale del nostro Archivio on-line2, su un totale di 850.000 immagini con digitalizzazione sostitutiva e base dati essenziale.
Diversamente, per la parte cinematografica il processo è partito dalla compilazione
della scheda catalografica definitiva, associata, in questo caso, ad un formato fileimmagine compresso, che rendeva immediatamente visibile e consultabile anche
questa parte di archivio. Le prime 3.500 ore di filmati sono disponibili già da qualche anno. La fruizione, in un primo momento possibile solo presso la Mediateca, è
da alcuni anni visibile e interrogabile anche sul Web, sempre all’indirizzo del portale del nostro Archivio on-line3.
Infine, da circa un anno, ormai finalmente definito il file format internazionale per
il Digital Cinema, è cominciata la riconversione digitale sostitutiva anche per i
Cinegiornali, i Documentari, i Repertori e tutte le altre testate che l’Istituto LUCE
ha acquisito nel corso della sua attività, lunga quasi un secolo. Il cantiere digitale è
ormai inarrestabile e tende a coprire la totalità del patrimonio icongrafico LUCE.
Conclusioni
Accade talvolta di sentir parlare di fragilità delle tecnologie digitali. Probabilmente,
chi ne parla non conosce quanto possa essere fragile (e pericoloso) un supporto pellicola in nitrato di cellulosa, oppure quanto facilmente possa degradare una gelatina al
bromuro d’argento.
La sequenza numerica con cui è compilata un’immagine digitale, per sua natura
non subisce alterazioni, resta uguale a se stessa, sempre, a meno che qualcuno,
deliberatamente, non intervenga di persona. La dottrina, la prassi consolidata e il
buon senso informatico indicano che è opportuno poter disporre di altre due copie
di salvataggio del file-immagine, su differenti tipologie di media, conservandoli,
per motivi di sicurezza, in luoghi geograficamente separati.
È vero, anche i supporti informatici invecchiano, ma è un processo prevedibile e
basta predisporre la migrazione di dati-immagine su nuovi supporti, con un minimo di lungimiranza. È un lavoro quasi completamente svolto dalle macchine, con
un intervento umano ridottissimo e quindi a basso costo.
Il problema vero è che occorre accelerare i tempi per il passaggio di tutte le immagini
al digitale. Nessuno sa quanto tempo abbiamo ancora a disposizione perché i negativi
che hanno resistito quasi un secolo, nell’arco di un decennio possono svanire completamente, e con loro una parte della nostra storia e della nostra identità su cui, forse,
avremmo potuto costruire per il nostro futuro. I numeri ci sono amici, quando pensiamo a quanto abbiamo fatto fino ad oggi, ma remano contro, se valutiamo quanto ancora resta da fare, perché, come diceva Totò, «è la somma che fa il totale».
2
3
http://www.archivioluce.com.
Per queste 3.500 ore di filmati on-line, vale la pena di sottolineare che si tratta di un primato
mondiale assoluto.
94
Progetti
Il Manuale MINERVA per
l’interazione con gli utenti
del Web culturale
Pierluigi Feliciati – Maria Teresa Natale
MINERVA eC Working Group 5
Il contesto: gli strumenti MINERVA, il Web culturale e l’Italia
S
ul ruolo positivo per la comunità dei beni culturali italiana delle attività connesse al progetto europeo MINERVA (MInisterial NEtwoRk for Valorising
Activities in digitisation), molto è stato scritto e ripetuto. Vale però la pena di aprire questo contributo ricordando l’inatteso successo del Manuale per la qualità dei
siti web pubblici culturali 1: non solo migliaia di copie stampate distribuite e migliaia di “scaricamenti” dell’intero documento dal Web, ma soprattutto l’assestamento
di una “comunità”, di una rete di persone disposte a scambiarsi idee e soluzioni
pratiche, parallelamente alle comunità di settore e alle appartenenze più o meno
istituzionali.
I numerosi convegni e seminari di presentazione del Manuale e degli altri strumenti MINERVA2, tenuti nelle principali città italiane, hanno incontrato una particolare attenzione, spiegabile forse rilevando la straordinaria coincidenza di una
pressante richiesta di indicazioni teoriche e di strumenti concreti di applicazione
del Web al settore del patrimonio culturale. Ciò che è stato riconosciuto al progetto MINERVA, insomma, è di aver saputo parlare un linguaggio trasversale ai settori
della cultura, non troppo gergale, che ha permesso di entrare in sintonia pur trattando di un argomento legato alle applicazioni tecnologiche. Nelle molte discussioni e nei dibattiti che seguivano ai seminari, dal 2003 a oggi, tutti contribuivano
portando esperienze proprie al di là delle singole provenienze, consentendo di ac1
2
Manuale per la qualità dei siti web pubblici culturali, ed. it., seconda edizione, a cura di Fedora
Filippi, Roma: Progetto MINERVA, 2005, http://www.minervaeurope.org/publications/
qualitycriteria-i/indice0512.html. Si veda anche, infra, Pierluigi Feliciati, Il Web culturale italiano e
un modello alla prova: la sperimentazione del Manuale per la qualità dei siti web pubblici culturali
(2004-2005), p. 133-151, http://www.minervaeurope.org/publications/qualitycriteriai/indice0512/feliciatiwebculturale.html.
Quality Principles for Cultural Web Sites: a Handbook, a cura del MINERVA Working Group 5
europeo, Roma: MINERVA Project, 2005; Linee guida tecniche per i programmi di creazione di
contenuti culturali digitali, a cura del MINERVA Working Group 4 italiano, Roma: MINERVA
Project, 2007; Handbook on Cost Reduction in Digitisation, Roma: MINERVA Plus, 2006;
Intellectual Property Guidelines, Draft Version 1.0, edited by MINERVA, Roma, 2008,
http://www.minervaeurope.org/publications/MINERVAeC%20IPR%20Guide_final1.pdf.
95
Progetti
cumulare nuovi spunti. Raccogliendo e diffondendo tutti questi contributi, nuova
esperienza comune si andava a creare per quella rete di persone in crescita intorno
a un modello di qualità Web da sperimentare insieme.
Il Manuale, oltre al successo tra i suoi lettori, ha avuto una serie di riconoscimenti
più ufficiali, assunto prima di tutto quale riferimento nel Capitolato alla base dello
Studio di fattibilità del Sistema archivistico nazionale (SAN) della Direzione generale degli archivi del Ministero per i beni e le attività culturali (Mibac), nel progetto tecnico-scientifico del Portale della cultura italiana, redatto dalla Scuola normale superiore di Pisa per conto del Mibac, e un po’ in tutti i progetti degli istituti
che a vario titolo si occupano di applicazioni Web culturali. Inoltre, il testo è stato
adottato in Italia in diversi corsi universitari e post-universitari, fattore di grande
rilevanza per la formazione di una comunità di utenti intorno al modello di approccio alla qualità del Web culturale proposto.
Un ulteriore e prezioso collante per la comunità di cui si dice, è stato, senza ombra
di dubbio, la famiglia di modelli di riferimento per siti culturali aperta da
Museo&Web3 e rinforzata dal tutorial tecnico on-line, una vera e propria cassetta
degli attrezzi semplice e accessibile per muoversi il più agevolmente possibile nella
progettazione Web. Il modello capostipite è stato poi adattato a sistema integrato
di content management (CMS) per la gestione e il controllo di documentazione
informativa multi-formato ed eterogenea, da pubblicare in rete. Il sistema, in open
source distribuito con licenza GNU GPL (GNU General Public License), consente,
anche a personale non esperto, di partecipare attivamente al processo di creazione
e pubblicazione dei contenuti, apportando in tempo reale il proprio contributo,
secondo la propria qualifica e competenza4.
A concludere questa brevissima carrellata del background in cui si inserisce il nuovo strumento che qui presentiamo, è necessario sottolineare anche come il pacchetto di tools per guidare alla qualità nella concezione e realizzazione del Web
culturale (il Manuale per la qualità del web culturale pubblico, Museo&Web – kit,
3
4
Cfr. Osservatorio tecnologico per i beni e le attività culturali (OTEBAC), Kit di progettazione e
modelli di architetture di riferimento per siti web di soggetti culturali pubblici,
http://www.otebac.it/index.php?it/97/kit-di-progettazione-e-architetture, dove sono consultabili
e scaricabili, oltre a Museo&Web anche Archivio&Web, Biblioteca&Web, Scuola&Web,
Direzione&Web e Soprintendenza&Web.
Se in un primo momento l’applicativo era destinato sopratutto ai musei, in seguito è stato
sviluppato affinché potesse essere utilizzato anche da altre categorie di istituzioni culturali, sia
pubbliche che private. Allo stato attuale, ne hanno fatto uso uffici centrali del MIBAC, archivi,
biblioteche, musei gallerie e pinacoteche, sistemi museali, direzioni regionali, soprintendenze,
fondazioni, orti botanici, musei virtuali, monumenti, ecc. Dal 2006 sono state rilasciate cinque
versioni dell’applicativo e i codici sorgenti sono stati richiesti da circa 380 istituzioni pubbliche e
private. A partire da luglio 2006 a oggi sono già stati pubblicati con questo prodotto più di 80
siti Web. Per dare supporto agli enti che utilizzano Museo & Web, l’OTEBAC mette a
disposizione un help desk tecnico on-line, attivo undici mesi all’anno. Allo stato attuale sono
iscritti alla lista di discussione tecnica 180 utenti e i messaggi circolati in lista sono stati quasi
2000 da luglio 2006 a oggi.
96
Progetti
modelli di sito e CMS – e i Principi per la qualità del web culturale: un manuale5)
sono da considerare strettamente connessi, sia dal punto di vista del gruppo di autori che da quello dei fruitori (in Italia e a quel livello europeo allargato nel quale
si inserisce MINERVA), con una serie di altri strumenti – a stampa e digitali – dedicati all’applicazione di tecnologie digitali per i beni culturali in tutti gli altri fondamentali aspetti che quest’attività comporta. A cominciare dal quadro normativo
europeo e nazionale6, dal rispetto dei diritti connessi7 e dalla corretta impostazione
e gestione dei progetti8, per concludere con la grande attenzione all’interoperabilità – nei suoi risvolti tecnici e organizzativi9 – e alla costruzione di spazi di collaborazione tra le istituzioni culturali che fungano anche da orientamento efficace per
gli utenti10.
Perché un nuovo manuale MINERVA
sulla qualità del Web culturale?
Nonostante la compattezza e l’efficacia della batteria d’attacco del progetto MINERVA, nei gruppi di lavoro e nella comunità di utenti professionali è sempre molto chiaro il principio secondo cui in un campo come quello dell’applicazione di
tecnologie a forte impatto sulla società e sul mercato sono richiesti agli operatori
aggiornamenti continui, che possono costringere talvolta a svolte repentine.
Per quanto riguarda il Web culturale, da un paio d’anni a questa parte è apparso
evidente come il – pur vigente – modello basato sulla triade istituzioni-informatici-utenti finale su cui si basava il primo Manuale sulla qualità iniziasse a perdere di
validità. Sembrano piuttosto stabili le istituzioni culturali, anche se sempre più
consapevoli tecnologicamente, interconnesse tra di loro e coinvolte in reti trasversali istituzionalmente e settorialmente.
Sono, oggi, forse un po’ meno deus ex machina gli informatici, che si trovano a
confrontarsi con una comunità di committenti sempre più consapevole ed esigente; è soprattutto la nozione di utenza a essere cambiata, velocemente e radicalmente. Non è infatti più valido rivolgersi oggi all’utente-cittadino che fruisce passivamente dei contenuti selezionati e organizzati da un soggetto solo, secondo un
5
6
7
8
9
10
Il volume Quality principles for cultural Web sites: a Handbook cit., è stato già tradotto in sette
lingue tra cui l’arabo. La versione italiana è in corso di traduzione e sarà pronta nei primi mesi del
2009.
Ci si riferisce alla Directory of European and national rules on Web Applications (updated version,
21 May 2008), curata dallo staff di ricerca della Biblioteca del Senato italiano,
http://www.minervaeurope.org/eu_nat_webapplications.html.
La MINERVA Guide to Intellectual Property Rights and Other Legal Issues, edited by Naomi Korn,
Roma, 2005, ora sostituita dalla MINERVAeC IPR Guide cit.
Cfr. Infra cit., nota 2.
WP4 – European Cultural Content Interoperability Framework, coordinato dal Museums, Libraries
and Archives Council britannico, http://www.minervaeurope.org/structure/wg/eccif.htm.
Ci si riferisce a MICHAEL (http://www.michael-culture.org/), a CulturaItalia
(http://www.culturaitalia.it/pico/) e soprattutto al progetto di Biblioteca digitale europea
Europeana (http://dev.europeana.eu/).
97
Progetti
rapporto comunicativo basato sul broadcasting11. L’utente Web degli anni dal
2005-2006 in poi è sempre più prosumer, entità ibrida che può essere di volta in
volta producer e/o consumer, ma anche user agent (robot, spider, crawler, harvester, ecc.), applicazione che usa, recuperandoli, memorizzandoli e/o riusandoli, i
contenuti e servizi messi a disposizione del multiverse della Grande Rete. L’offerta
di contenuti e applicazioni sul Web, insomma, è sempre più articolata, configurandosi allo stesso tempo come veicolo di informazioni e di comunicazione, come archivio enciclopedico e strumento di formazione culturale, come area di entertainment e interazione con la comunità, come piattaforma tecnologica.
Il successo impetuoso del Web 2.0, la Rete sempre più “sociale” perché basata più
sulla condivisione e sullo scambio che sulla semplice fruizione, ci ha gettato in un
momento di transizione caotico e tendenzialmente anarchico, tutto sommato non
diversamente da come era successo quando era nato, una decina d’anni prima, il
Web che oggi numeriamo 1.0. Non si può evitare di confrontarsi con un’evidente
voglia di sperimentare e dare spazio alla propria creatività, per cui il grande pubblico sembra svolgere una funzione di traino nei confronti delle istituzioni più refrattarie alle tecnologie di rete. Certo, tutti mostrano una gran voglia di esserci,
anche se non è sempre ben chiaro perché: vale ad esempio tra tutti Facebook12,
social network cui tutti sono iscritti, ma quasi nessuno sa bene cosa può comportare la propria presenza.
In questo quadro, con i rapporti d’authority in corso di radicale mutamento, diviene talvolta difficile riconoscere l’identità dell’istituzione, che pubblica contenuti
sulle reti sociali, ma non sempre marcando la propria identità rispetto agli utenti
che usano, riusano e commentano tutto. Dal punto di vista della progettazione e
del mantenimento dei progetti Web, infine, va rimarcato un perdurante alto costo
di mercato di molte applicazioni, specie quelle di gestione dei dati: se da un lato
proliferano le risorse software, mancano dall’altro strategie condivise e “leggere”
per agevolare la ricerca dei contenuti e la loro conservazione, funzioni lasciate a
un mercato d’élite fatto di pochi grandi soggetti.
Di quale supporto rinnovato avrebbero potuto aver bisogno, gli istituti culturali?
Di certo era necessario permettere a tutti di approfondire la conoscenza sulle potenzialità delle nuove applicazioni 2.0 per comprendere come erogare al meglio i
servizi, facendo tesoro della conoscenza e dello scambio delle prime buone pratiche. Per sostenere il mondo dei beni culturali nella selezione dei servizi da sviluppare ed erogare, sempre convinti del vecchio principio del meglio pochi e di buona
qualità, piuttosto che molti erogati in modo caotico, era necessaria una nuova gui11
12
Nel Manuale per la qualità dei siti web pubblici culturali cit., si legge questa definizione di utente:
«Si intende per utente colui, professionista o no, specialista o no, che utilizza in modo casuale,
saltuario, finalizzato, sistematico l’AWCP. Egli è portatore di esigenze estremamente variabili che
dipendono sia dal proprio profilo culturale, sia dalle proprie aspirazioni di crescita culturale, sia
infine dalle proprie curiosità, anche momentanee».
http://www.facebook.com.
98
Progetti
da che consentisse di tenere in debito conto gli utenti. Per sapere insomma, nella
fase progettuale, ciò di cui gli utenti possono avere bisogno e, nella fase di mantenimento on-line, per analizzare approfonditamente e analiticamente i loro comportamenti, non temendo di chiudere un servizio se dimostra di non funzionare (il
cosiddetto trauma del zero comment).
Un auspicio che non può essere taciuto, la cui soddisfazione non dipende direttamente dai gruppi di lavoro MINERVA anche se non è stata certo poca la collaborazione reciproca, negli anni, con le autorità tecniche del Governo italiano, è che si
avvii una revisione, un aggiornamento della legge 4/2004 sull’accessibilità universale dei contenuti e dei servizi informatici alla luce delle nuove tecnologie, delle
nuove applicazioni.
Dall’Handbook on cultural Web users interaction
al Manuale italiano
Dunque, il gruppo di lavoro europeo 5 del progetto MINERVA eC, fin dal primo
meeting di Berlino del 20 giugno 200713 stabilì di concentrare le proprie attività
nella redazione di un nuovo manuale, che potesse fungere da vademecum sul panorama delle applicazioni Web, di prima e seconda versione, nel mondo dei beni
culturali e servisse inoltre da guida nella scelta delle applicazioni, nella progettazione, nella verifica di soddisfazione da parte degli utenti. I principi chiave da cui
si partiva erano frutto del lungo lavoro dei gruppi MINERVA: primo, la qualità è
fondamentale sin dall’inizio del progetto; secondo, l’utente è fondamentale – va
coinvolto in tutte le fasi del progetto; terzo, non si perdano di vista scenari e problematiche relativi a interoperabilità e conservazione a medio e lungo termine delle risorse che si creano e si raccolgono.
Una volta costituito il gruppo di lavoro europeo14, nel corso dell’autunno e inverno
2007-2008, con il prezioso coordinamento scientifico di Monika Hagedorn-Saupe
e quello editoriale di chi scrive, si è proseguita l’attività – tramite un flusso di lavoro e una serie di riunioni unicamente telematici – finalizzata alla stesura di un testo in lingua inglese che, presentato in forma di draft alla Conferenza europea di
Lubiana15 ai primi di giugno del 2008 e ulteriormente emendato e arricchito dopo
13
14
15
Al meeting di Berlino, coordnato da Monika Hagedorn-Saupe, fu costituito il gruppo di lavoro
WG5, coinvolto poi nella redazione dell’Handbook.
Questa la composizione del gruppo di lavoro e le responsabilità per la redazione dell’Handbook:
Monika Hagedorn-Saupe (coordinatrice del Working Group), Comitato editoriale europeo: Hanna
Arpiainen, Finlandia; Pierre-Yves Desaive, Belgio; Nathanael Dupré Latour, Repubblica Ceca; Axel
Ermert, Germania; Pierluigi Feliciati, Italia; Gabriele Froeschl, Austria; Susan Hazan, Israele; Karine
Lasaracina, Belgio; Maria Teresa Natale, Italia; Tzanetos Pomonis, Grecia; Maria Sliwinska, Polonia;
Hans Van der Linden, Belgio; Franc Zakrajsek, Slovenja. Testi di: Rossella Caffo, Pierluigi Feliciati,
Chiara Faggiolani, Monika Hagedorn Saupe, Susan Hazan, Maria Teresa Natale, Carol Peters,
Giovanni Solimine.
Kultura, http://www.ekultura.si/, sito della conferenza internazionale “Culture Online”, 5-6 giugno
2008, organizzata dalla Presidenza Slovena dell’Unione europea.
99
Progetti
quell’occasione grazie al generoso confronto con la comunità MINERVA, ha visto
la luce qualche mese dopo con il titolo di Handbook on cultural web user interaction16.
L’occasione per la presentazione ufficiale e la prima distribuzione dell’Handbook è
stata la Conferenza internazionale “European standards and guidelines for the access to digital cultural content” svoltasi a Lipsia in Germania il 24-26 settembre
200817, che ha segnato al tempo stesso la chiusura del progetto MINERVA eC e
l’apertura di una serie di tavoli e di progetti, basati in buona parte sulla ormai consolidata comunità di esperti MINERVA e MICHAEL. Il manuale sull’interazione con
gli utenti Web è stato particolarmente ben accolto, in quell’occasione, raccogliendo tra l’altro le prime dimostrazioni di interesse a realizzarne traduzioni in altre lingue (europee e non).
Vediamo ora, in breve sintesi, quali sono i contenuti di questo volume.
Il primo capitolo è dedicato a fornire uno stato dell’arte aggiornato sul Web culturale, con un’attenzione particolare alle applicazioni dedicate agli utenti. In particolare, si è scelto di distinguere tra una prima parte sugli utenti e i servizi più tradizionali del Web, i siti Web e i portali, e una seconda che prova a tracciare un quadro sintetico delle tendenze attuali, il Web 2.0 e il 3.0, presentandone caratteristiche, punti di forza e di debolezza con attenzione particolare al mondo del patrimonio culturale. Ambedue le sotto-sezioni sono corredate da un nutrito gruppo di
schede di analisi di buone pratiche: nella prima suddivise per settore culturale e
per tipo di applicazioni (sito o portali), nella seconda per “famiglia” di applicazioni
Web 2.0.
Il secondo capitolo, centrale nell’economia del volume, è intitolato Orientarsi: si
tratta di una raccolta di strumenti di supporto alla progettazione di applicazioni
Web che siano davvero centrate sull’utente e che del gradimento degli utenti tengano debito (e sistematico) conto. Per esemplificare, possiamo dire che le sette
sezioni in cui è diviso il lungo capitolo 2 rispondono ad altrettante domandechiave in un progetto di applicazione Web che tenga conto degli utenti. La prima
è «chi sono?»: si ripropongono cioè, aggiornate, le tipologie di entità culturali, per
aiutare a mettere a fuoco le specifiche problematiche che possono distinguerle.
La seconda domanda è «che tipo/i di applicazione/i Web voglio sviluppare?», cui
si risponde con una sorta di glossario esteso delle più tipiche applicazioni, aggiornate a quelle del Web 2.0.
La terza domanda intende collegare la questione del ruolo degli utenti con il ciclo
di vita del progetto Web, in sintonia con i già citati Manuale di buone pratiche e
Linee guida tecniche per i programmi di creazione di contenuti culturali digitali:
16
17
Il Manuale (nella versione definitiva e in quella draft del giugno 2008) è disponibile nella versione
PDF e in XHTML, grazie soprattutto alla cortesia e competenza di Andrea Tempera, a partire dalla
pagina http://www.minervaeurope.org/publications/handbookwebusers.htm.
http://minervaconference.armuli.eu/.
100
Progetti
«in che fase del progetto è necessario tener conto del punto di vita degli utenti?».
Infatti, alcune fasi risultano particolarmente critiche sia perché più opportune per
attivare procedure di valutazione delle aspettative degli utenti dall’applicazione
Web, sia perché più direttamente legate alla capacità di soddisfare tali aspettative.
La realizzazione di un sito comporta nove tappe, basate in buona parte sui documenti MINERVA citati, da cui differiscono perché si riferiscono solo ai siti Web e
non in genere ai progetti di digitalizzazione. Ogni fase, commentata, è marcata da
uno o due asterischi, per schematizzarne la criticità rispetto all’interazione colle
esigenze degli utenti.
Ma veniamo alla questione di quell’entità sfuggente che è l’utente del Web: alla
quarta domanda «cosa significa utente del Web? Una singola persona, una tipologia, un profilo, un account...» risponde in modo articolato ed esteso il capitolo
Utenti e uso. Vista la complessità del tema e la necessità di esemplificarlo, il capitolo è organizzato in tre sezioni: la prima, L ’ utente web: stato dell ’ arte e
tendenze , è suddivisa a sua volta in sei voci (l’utente per i professionisti
dell’Information and Communication Tecnology (ICT), nel marketing, per MINERVA, per gli esperti di usabilità, nelle tendenze attuali, l’utente automatico); la seconda, L’utente web – Chi è? propone una possibile tipologizzazione dell’utente
Web come oggi possiamo concepirlo per incontrarne le esigenze (distinguendo tra
le simulazioni dell’utente, le simulazioni dell’uso e la raccolta del punto di vista
degli utenti reali); la terza, infine Sistemi che adattano i propri comportamenti secondo le esigenze degli utenti presenta le tecniche attuali di customisation e personalisation delegate a sistemi automatici.
Il quinto sotto-capitolo di Orientarsi è dedicato a offrire una panoramica dell’articolata offerta di Servizi interattivi e servizi lato-utente: anche qui, per semplificare
la scelta, si è organizzato l’argomento in più tipologie: servizi di comunicazione interattivi mediati dal fornitore delle informazioni (dalle mailing list alle videoconferenze passando per le newsletter), servizi interattivi dedicati all’apprendimento, visite interattive virtuali, servizi interattivi commerciali, moduli interattivi, servizi lato-utente e MUVEs (Multi User Virtual Environments, ambienti virtuali multiutente come ad esempio Second Life).
La sesta domanda cui abbiamo provato a dare una risposta è «Quali sono i sistemi
attualmente disponibili per valutare i bisogni, i comportamenti e il livello di soddisfazione degli utenti?». La risposta, anche qui, è complessa, perché i metodi di valutazione dell’audience possono essere rilevazioni censuarie (il cosiddetto Web
analytics), rilevazioni a campione e/o centrate sull’utente, metriche di audience
(vale a dire gli indicatori numerici qualitativi e quantitativi per analizzare e comprendere l’efficacia e le prestazioni rispetto ai contenuti e ai servizi), analisi semiautomatica dei file di log dei server Web, il tutto con una speciale attenzione alla
tutela della riservatezza dei dati degli utenti coinvolti.
Infine, settima e ultima domanda, «Siamo certi che i nostri utenti capiscano la lin101
Progetti
gua dei nostri contenuti e delle nostre interfacce?». Si tratta cioè qui il tema del
multilinguismo, già anticipato in un agile documento MINERVA di alcuni anni fa18,
con riferimento alle ricerche più aggiornate sugli strumenti di traduzione automatica e con una scheda dedicata al progetto europeo Multimatch, che punta a costruire un motore di ricerca di contenuti culturali più indipendente possibile dalla
lingua dei contenuti e da quella usata per cercarli.
Il terzo capitolo del Manuale, nella migliore tradizione MINERVA, offre due strumenti pratici: il primo è un Questionario di autovalutazione della progettazione di
un’applicazione web centrata sull’utente, vale a dire una sorta di guida in forma di
questionario rivolto alle istituzioni culturali, per accompagnarle nelle scelte legate
allo sviluppo di un’applicazione Web davvero centrata sugli utenti. Il questionario
risulta diviso in cinque sezioni:
1.
2.
3.
4.
5.
informazioni generali;
qualità dell’applicazione e utenti;
aiutare gli utenti a trovare la propria strada: profili e personalizzazioni;
servizi interattivi;
valutazione dell’utenza.
Il secondo tool è un modello di intervista standardizzata da erogare agli utenti dei
siti Web e dei portali culturali, da utilizzare come riferimento per la costruzione di
un questionario personalizzato, che risponda alle esigenze della propria applicazione Web. Il modello, basato sullo studio e l’integrazione di numerose buone pratiche internazionali, è diviso in diverse sezioni: dichiarazione sulla protezione dei
dati, dettagli personali, visita, motivi della visita, aspetti tecnici e di grafica, identificazione dell’applicazione Web, qualità dei contenuti e metodi di ricerca.
Il quarto capitolo del manuale è dedicato a un tema che è apparso centrale per
garantire una buona qualità dell’interazione: i metadati. Si parte infatti dalla
presentazione dell’importanza e dei benefici dell’uso sapiente dei metadati
per marcare i contenuti in rete, passando a una sintetica introduzione al
Dublin Core Metadata Element Set e ai vocabolari controllati, ai punti di forza
e alle criticità di un modello tanto sintetico. Il secondo tema di questo capitolo
sono i sistemi di distribuzione dei contenuti basati sulla syndication, vale a dire sulla separazione tra la risorsa e la sua sintetica descrizione, con una presentazione dello standard RSS (Really Simple Syndication) e dell’uso dei feed
readers. Infine, non si poteva evitare di esporre la direzione verso cui sta andando il Web e la marcatura delle risorse di rete, il Web semantico.
18
Multilingual Access to the European Cultural Heritage Multilingual Websites and Thesauri, edited
by MINERVA Working Group 3, Roma: MINERVA Plus Project, 2006,
http://www.minervaeurope.org/structure/workinggroups/inventor/multilingua/documents/Multil
igualismv1_printed.pdf.
102
Progetti
Dopo una breve introduzione al tema della semantica delle risorse digitali e a
quello delle ontologie, mettendo in evidenza i limiti del Web descrittivo a uso
dei soli utenti intelligenti, il capitolo presenta i principali standard W3C alla
base del progetto del Web semantico (RDF – Resource Description
Framework, RDFS – Resource Description Framework Site Summary, OWL –
Web Ontology Language) e il progetto principale nel campo dell’applicazione
delle logiche descrittive nel campo culturale, il CIDOC Conceptual Reference
Model (CIDOC CRM), ormai standard ISO 21127:2006.
La versione europea dell’Handbook on cultural web user interaction si chiude con
due interessanti appendici: lo studio Users and usage on the Michael-fr website,
sull’utilizzo del portale MICHAEL francese, e quello Digital library users: Results of
a Survey on Needs, Expectations and Skills , risultato di una ricerca della
Fondazione Rinascimento Digitale sull’uso delle biblioteche digitali.
L’Handbook è in corso di edizione in versione italiana; uscirà presumibilmente
nei primissimi mesi del 2009, conservando la struttura e la maggior parte dei
contenuti del manuale in inglese, integrati da un maggior numero di buone pratiche ed esempi tratti dalle applicazioni web culturali italiane e da altre appendici, tra cui si ricorda qui la direttiva 27 luglio 2005 Direttiva per la qualità dei servizi on-line e la misurazione della soddisfazione degli utenti del Ministero per
l’innovazione e le tecnologie e un interessante saggio di Gino Roncaglia sull’architettura in Second Life.
103
Progetti
Venezia verso un futuro digitale*
Roberto Scano
International Webmasters Association Italia
«Col progredire delle civiltà, il fiorire degli studi e l'affermarsi delle speculazioni scientifiche,
le scoperte, i trovati, le invenzioni dell'uomo non furono più dovuti al caso, bensì rappresentarono il risultato, a volte sofferto, della ricerca finalizzata ad un ben preciso obiettivo. Come
conseguenza, il frutto dell'ingegno umano incominciò ad essere considerato alla stregua e
più dei beni materiali, e come ogni altro bene meritevole di tutela. Acutamente intuì tale esigenza la Repubblica di Venezia che – già nel 1474 – ritenne di tutelare la proprietà intellettuale, con apposito decreto che fu il primo esempio nel mondo di normativa brevettale»1.
V
enezia è pertanto sempre stata attenta a garantire supporto (anche normativo) agli innovatori, ponendosi quindi come realtà in cui la valorizzazione
dell’ingegno e della ricaduta dello stesso nel commercio erano principi basilari.
Dopo secoli in cui i mercati e l’innovazione si sono spostati prima verso il continente americano e successivamente verso quello asiatico, Venezia vive ancora di
una rendita di tipo turistico rispetto alla sua potenza economica e culturale dei
tempi passati. Oggi, grazie al Web, Venezia potrebbe tornare ad essere un nuovo
centro di sviluppo intellettivo, una nuova porta verso l’Oriente ma nel campo
delle nuove tecnologie…
L’evoluzione del Web
La nascita di queste nuove strade digitali ricade in un momento di particolare sviluppo della rete, in cui le potenzialità tecnologiche sono in vasta
evoluzione.
Se facciamo un salto alla fine del secolo scorso, il Web era profondamente diverso
da come lo vediamo ora: i siti Web erano prettamente sviluppati dai cosiddetti
“Webmaster”, ovvero delle figure professionali con il compito di creare delle pagine per il Web, utilizzando dei linguaggi di marcatura (nello specifico, HTML).
Con l’evolversi delle tecnologie, si è passati quindi da un Web “statico” ad un Web
maggiormente “dinamico” in cui – grazie a degli strumenti di pubblicazione (comunemente conosciuti come Content Management System (CMS) – chiunque con
una minima competenza redazionale aveva la possibilità di produrre contenuti.
*
1
L’articolo offre una sintesi della documentazione disponibile on-line sull’evoluzione degli strumenti
digitali applicati alla città di Venezia. I testi e i relativi riferimenti Web sono aggiornati a giugno
2008.
Camera di Commercio di Venezia, Primo decreto brevetti, http://www.ve.camcom.it/marchibrevetti/pagina.phtml?pagina=notizie_storiche&explode=90.
104
Progetti
Questa situazione è presente ancora oggi in gran parte dei siti Web di aziende e di
pubbliche amministrazioni e tale situazione consente una maggiore dinamicità
nell’aggiornamento delle informazioni, pubblicate da persone con conoscenza dell’argomento.
Web 2.0
Negli ultimi anni il Web ha cambiato per l’ennesima volta la modalità di pubblicazione di contenuti. Grazie alla nascita di nuove tipologie di applicazioni Web, si sta
diffondendo il concetto di “Web collaborativo” o – con termine commerciale –
“Web 2.0”, utilizzato come incentivo ad una nuova rivoluzione della rete a seguito
del collasso tecnologico avutosi a cavallo del nuovo millennio.
Ma come è nato questo termine? Il concetto di “Web 2.0” ebbe inizio con una
sessione di brainstorming durante una conferenza tra O’Reilly e MediaLive
International, nell’autunno del 2001.
«Dale Dougherty, pioniere del Web e Vice-Presidente di O’Reilly, fece notare che, tutt’altro
che “crollata”, la rete era più importante che mai, con nuove interessanti applicazioni e siti
nascenti con una sorprendente regolarità. Inoltre, le società che erano sopravvissute al collasso, sembravano avere alcune caratteristiche in comune. Poteva essere che il collasso delle
dot-com avesse segnato per la rete un punto di svolta tale che un richiamo all’azione definito come “Web 2.0” potesse avere senso? Nacque così la “Conferenza Web 2.0”2.
Oggi il termine “Web 2.0” ha decisamente preso piede, con oltre 9,5 milioni di citazioni in
Google. Ma c’è ancora un grande disaccordo circa il significato di “Web 2.0”, alcuni lo denigrano, considerandolo un termine di marketing, alla moda, ma insignificante, mentre altri lo
accettano come il nuovo standard convenzionale»3.
Riferendoci ad un articolo di Ian Delaney4,
«ecco come viene definito da Tim O’Reilly in What is Web 2.0 5, da Paul Graham nel suo Web
2.0 6 e da Jason Fried nel libro User Survey:
–
–
2
3
4
5
6
La saggezza degli utenti: con questa definizione pensiamo direttamente al funzionamento di Digg.com, in cui il successo di un articolo è deciso dagli utenti che lo votano.
La gente parla della forza dell’“Effetto della rete”. I risultati di Google funzionano in base a questa definizione. È il numero di link al sito che ne decide l’importanza.
Applicazioni Web condivise: se applichiamo questa definizione, allora solo alcuni siti
Web 2.0 Summit, http://www.web2con.com/ (n.d.a.).
Tim O’Reilly, What is Web 2.0, 2005, http://www.xyz.reply.it/web20/.
10 definitions of Web 2.0 and their shortcomings, http://twopointouch.com/2006/08/17/10definitions-of-web-20-and-their-shortcomings/.
Tim O’Reilly, What is Web 2.0, 2005,
http://www.oreillynet.com/pub/a/oreilly/tim/news/2005/09/30/what-is-web-20.html, trad. it.:
http://www.xyz.reply.it/web20/index.php/1 (n.d.a.).
Paul Graham, Web 2.0, 2005, http://www.paulgraham.com/web20.html (n.d.a.).
105
Progetti
–
–
–
–
–
–
–
–
verrebbero classificati come Web 2.0: Basecamp, Writely e 30Boxes. Ma se pensiamo a
Google e a Digg come applicazioni, allora molti altri siti rientrerebbero nella categoria.
Il Web inteso come piattaforma: definizione abbastanza vaga. Avete ragione. Secondo
Tim O’Really, che ha coniato questo concetto, significa mettere a disposizione un servizio che non potrebbe vivere senza il web. In quest’ottica, allora pensiamo a eBay,
Craiglist, Wikipedia, del.icio.us, Skype e Dodgeball. Penso che ogni community possa
rientrare in questa definizione.
Partecipazione degli utenti: Questo è il punto fondamentale che divide i vecchi siti dai
nuovi servizi web come YouTube, Flickr e OhMyNews dove gli utenti sono anche gli autori. L’espressione “read/write web” illustra chiaramente l’idea che vogliamo trasmettere.
Pieno coinvolgimento dell’utente: I siti Web 2.0 usano CSS, AJAX, e altre tecnologie che
aumentano l’usabilità e creano pagine dinamiche che sono i grado di mostrare più informazioni nello stesso spazio.
Neologismo per Marketing: questo è almeno quello che gli scettici dicono. Così Google
search, Amazon ed eBay, che fanno parte del Web 2.0 per una o più delle loro caratteristiche, sono solo una sorta di moderna moda passeggera destinata a sparire. Questa definizione è parzialmente vera, anche se, secondo me, il Web 2.0 è molto di più.
L’importanza dei dati: La gestione dei dati è una competenza insita nelle aziende che
trattano il Web 2.0. “L’SQL è il nuovo HTML”, è un’altra definizione che segue la stessa
filosofia. Tutto il Web 2.0, dalle grandi aziende come Amazon e Google per arrivare alle
piccole startup come 30boxes e Orchestrate, operano principalmente con database e
praticamente non fanno altro che mostrare viste personalizzate.
Beta per sempre: Le applicazioni Web 2.0 sono continuamente rilasciate, riscritte e rivisitate su basi in continuo sviluppo. La maggior parte delle applicazioni di Google, per
esempio, sono ancora in beta. Ancora, Flickr si rumoreggia sia modificato ogni 30 minuti. MySpace e altre reti sociali aggiungono nuove caratteristiche ogni quindici giorni.
Questa è comunque diventata una caratteristica anche delle applicazioni stand-alone,
basti pensare a Windows e MacOs che rilasciano fix e patch in continuazione.
Usare il Web come è stato ideato: Paul Graham riferisce di un incremento nell’usabilità che è stata raggiunta attraverso un buon design, grazie a tecnologie come AJAX e anche perché è stato
permesso agli utenti di organizzare le loro informazioni liberamente (si veda Flickr e del.icio.us).
Nulla: Molti asseriscono che il Web 2.0 non esiste. Personalmente trovo difficile condividere questa risposta. Semplicemente perché se da un lato è difficile trovare una definizione chiara, dall’altro è anche innegabile una lenta rivoluzione nei nuovi siti. È come
voler descrivere il mondo con il solo bianco e nero. Esistono le gradazioni e le tonalità
che dipingono meglio gli oggetti e la realtà. La stessa cosa credo si possa dire delle
nuove applicazioni. Inoltre il Web 2.0 è ancora una espressione giovane. Ci rendiamo
conto di cosa sia, ma non riusciamo ancora a definirne i contorni»7.
Sta di fatto che oggi il Web collaborativo è diventato una realtà da non sottovalutare, nemmeno per la diffusione di servizi delle Pubbliche Amministrazioni ed in
generale della cultura. Ed una città come Venezia potrebbe senz’altro beneficiarne
in diversi modi, rilanciando il ruolo della città nel campo delle nuove tecnologie.
7
Web 2.0: una definizione in 10 punti, http://www.dynamick.it/web-20-una-definizione-in-10punti-534.html.
106
Progetti
Un ruolo nuovo per Venezia?
La città di Venezia può essere senz’altro una possibile “isola” per l’innovazione nel
settore del Web. Da anni come Associazione Internazionale dei Webmaster
(IWA/HWG8) abbiamo concentrato parecchie attività di sviluppo di nuovi standard
ospitando i maggiori esponenti mondiali del settore in incontri (i cosiddetti face 2
face). In tali incontri, gli esperti provenienti dai cinque continenti hanno avuto
modo di apprezzare come Venezia sia una località idonea per la produttività intellettuale: una città senza nevrosi legata al traffico, con bioritmi adeguati, un luogo
in cui si produce maggiormente e con maggior qualità della vita.
È durante tali incontri che è venuta l’idea di pensare a Venezia come un nuovo
“centro di eccellenza” per la nascita di nuove soluzioni Web per settori strategici
quali il turismo e la cultura. Venezia, in tal senso, è il luogo più idoneo per sviluppare e testare nuove soluzioni tecnologiche. Pensiamo ad esempio le sole applicazioni Web per il turismo: grazie all’evoluzione del Web e con il supporto di esperti
del settore si potrebbe garantire in futuro una soluzione disponibile su qualsiasi
piattaforma (computer, palmari, ecc.) con possibilità infinite per l’utente.
Innanzitutto, la possibilità di acquistare servizi: in questo contesto può rientrare il
cosiddetto “last minute”, ovvero un qualsiasi utente tramite una periferica di navigazione (anche un semplice cellulare) potrà visitare la mappa virtuale della città di
Venezia con possibilità di identificare la struttura ricettiva più idonea alle sue esigenze. Potrà, grazie all’uso del cosiddetto Web collaborativo, verificare i commenti
sulla qualità del servizio rilasciati da altri utenti e – al termine del proprio soggiorno a Venezia – contribuire anch’egli a fornire informazioni sulla qualità dei servizi.
Se ci spostiamo invece nel settore culturale, sarà possibile verificare quali sono i
luoghi culturali di interesse nella zona in cui ci troviamo con possibilità di prenotare l’accesso a musei e/o strutture che richiedono tale servizio di prenotazione.
I limiti all’innovazione in questo campo sono legati esclusivamente all’inventività
degli sviluppatori: ad oggi può sembrare impensabile ma, a breve, non è detto che
verranno rese disponibili delle soluzioni di assistenti virtuali “intelligenti” e multilingua con la capacità di comprendere le richieste degli utenti indirizzandoli al servizio più idoneo.
L’isola dell’innovazione
L’idea di uno spazio per aggregare esperti di tutto il mondo fu presentata per la prima volta dal sottoscritto al convegno “L’evoluzione dell’accessibilità informatica”,
organizzato dall’International Webmasters Association e dalla Biblioteca Nazionale
Marciana. Con tale proposta abbiamo voluto porre l’attenzione sulla possibilità di
identificare uno spazio nella città di Venezia da utilizzare come “concentratore di
cervelli”, un luogo in cui esperti di tutto il mondo possano portare la loro competen8
International Webmasters Association Italia, http://www.iwa.it.
107
Progetti
za di innovatori per creare soluzioni reali ed utili per il Web. Per la prima volta si
chiede quindi ad esperti di applicare alla realtà quotidiana ciò che viene teorizzato
dagli stessi nei gruppi di lavoro dei consorzi (come, ad esempio, il W3C - World Wide
Web Consortium) e che quindi diventa punto di riferimento per il mercato.
Il progetto è entrato nell’interesse anche di realtà internazionali volte a intensificare la presenza nel territorio lagunare con una visione di mecenatismo informatico. L’innovativa idea che sta alla base della presenza di un “concentratore di cervelli” è di unire sia la parte produttiva e commerciale, che la parte associativa e divulgativa, potendo così estendere l’operatività dell’iniziativa anche nel campo formativo e creando così nuovi esperti e divulgatori anche in ambito nazionale.
In questo senso positiva è l’idea di creare in tale realtà un osservatorio permanente sulla formazione del settore Web, grazie anche ad un accordo tra IWA ed
Unesco Institute for Information Technology in Education che porterà la possibilità
di espandere la formazione qualificata anche nei paesi in via di sviluppo.
Un’ulteriore settore di interesse è lo sviluppo di tecnologie informatiche per la rimozione dell’info-esclusione: grazie alla rete deve essere possibile per chiunque –
indipendentemente da difficoltà linguistiche e/o da disabilità – di poter accedere
alle informazioni ed ai servizi. In questo settore, in cui IWA ed in generale il W3C
sono punti di riferimento a livello mondiale, è necessaria la sperimentazione che
consentirebbe la nascita di soluzioni idonee per agevolare l’acquisto di servizi, la
consultazione di archivi, ecc.
Vista inoltre l’importanza strategica della posizione di Venezia, anche rispetto alla
storia, questo nuovo polo di innovazione cittadina potrà essere un punto di dialogo con medesime realtà sul mercato mondiale, prima tra tutte la Dubai Internet
City: ancora una volta quindi Venezia avrebbe il ruolo dialogante di porta verso
l’oriente…
La cultura accessibile
Non dimentichiamoci inoltre dell’importanza della cultura e delle possibilità offerte dalla rete per la divulgazione.
In questo contesto Venezia può rientrare nel progetto di città digitale con la disponibilità di archivi (immagini e testi) direttamente tramite la rete internet: la
possibilità di consultare versioni digitali di materiale presente in luoghi quali la
Biblioteca Nazionale Marciana o l’archivio di Stato è una sfida per aziende e per
gli sviluppatori che dovrà portare come beneficio finale la fruibilità in formato digitale (accessibile a chiunque) della nostra storia.
Le strade digitali
Per fare tutto questo, è certamente necessario un supporto tecnologico: le nuove
tecnologie di comunicazione a banda larga non sempre consentono di raggiungere
tutte le diverse aree del territorio lagunare e per tale motivo era necessario un co108
Progetti
raggioso passo da parte di una realtà che investisse nelle infrastrutture. In questo
caso il passo è stato fatto dal Vice Sindaco del Comune di Venezia, On. Michele
Vianello, tramite il progetto //Venice > connected.
«Il Comune di Venezia, attraverso Venis SpA, la sua azienda per l´informatica e le telecomunicazioni, ha avviato un progetto per la realizzazione di una rete a larga banda per la città, utilizzando tecnologie sia in fibra ottica che senza fili.
Disporre di una propria rete consentirà al Comune e alle sue aziende di realizzare economie
sui costi per le telecomunicazioni e allo stesso tempo di estendere la rete anche al di fuori
degli uffici per un uso in mobilità anche da parte di chi opera sul territorio.
La rete sarà realizzata avvalendosi anche di infrastrutture esistenti e ottimizzando l’estensione della copertura attraverso l’uso delle tecnologie wireless.
Il Comune realizza l’infrastruttura, ovvero i binari telematici della Larga Banda indispensabili
per la crescita e lo sviluppo competitivo di tutto il territorio veneziano.
I “vagoni” telematici, ovvero i servizi che potranno transitare su questa rete, dovranno essere
realizzati dagli operatori economici e dalle aziende che operano in Città.
A Mestre, a Venezia, nelle Isole, in un contesto storico e architettonico unico al mondo sarà
possibile utilizzare tecnologie avanzate di comunicazione che consentono di azzerare le distanze, di godere appieno della città e nel contempo adempiere agli impegni quotidiani.
Cittadini e turisti potranno collegarsi facilmente alla rete per accedere all’informazione su ciò
che li circonda, per prenotare un ristorante o pagare una bolletta, in mobilità oppure seduti al
bar o nei parchi pubblici. La rete contribuirà a migliorare la qualità della vita delle persone
che vivono, lavorano, studiano o semplicemente visitano Venezia.
In una città dove sono difficili gli spostamenti, si semplificherà la vita dei cittadini e dei turisti, consentendo loro di avere più tempo libero da trascorrere in serenità»9.
Il Carnevale 2008 ha aperto le finestre sul futuro di Venezia,
«una vera e propria anteprima direttamente dal salotto più bello del mondo. Dal 25 gennaio
al 5 febbraio in tutta l’area di piazza San Marco, in piazzetta dei Leoni e nei Giardini reali era
possibile accedere ad internet previo l’acquisto di un voucher. Si è potuto verificare cosa significa vivere, lavorare o visitare una città dotata di una rete per il collegamento ad internet a
larga banda, senza cavi e in piena mobilità.
Durante l’evento si poteva navigare per cercare le informazioni di proprio interesse, controllare
la posta elettronica, ascoltare la radio online preferita, leggere le ultime notizie dal mondo oppure comunicare gratuitamente con l’estero, anche con videochiamata se dotati di webcam,
grazie a software VOIP come Skype.
Le possibilità offerte sono state quindi molteplici: si poteva accedere ai siti più noti del web
2.0, per esempio caricando sul canale di Youtube i video appena realizzati con la telecamera
o con il cellulare, inserendo in tempo reale le proprie foto su Flickr, il più grande sito di condivisione di fotografie in rete. Oppure, ancora, accedere al blog Venice Connected e scrivere i
propri commenti.
9
Fibra ottica e wireless a Venezia, Mestre e isole, http://www.veniceconnected.it/ViewNews.aspx?
IDCategoria=18.
109
Progetti
Di particolare interesse per il mondo della cultura, è la disponibilità di un’area di navigazione
libera e accessibile contenente audioguide dei principali monumenti della piazza, scaricabile
anche su telefoni cellulari e lettori mp3»10.
«Per la stagione estiva 2008 il Comune di Venezia lancia invece il progetto “In spiaggia…on
line!!!”, un servizio innovativo di connettività e prenotazione.
Il progetto è destinato ai clienti delle spiagge del Lido di Venezia in concessione alla società
comunale Venezia Spiagge SpA e prevede l’offerta di servizi di rete, sia quelli più tradizionali
che innovativi. I clienti di Venezia Spiagge avranno compreso nel prezzo di affitto mensile o
stagionale della “capanna” anche l’accesso gratuito alla rete WIFI.
Su questa rete si potranno trovare servizi quali:
–
–
–
per i clienti: prenotazioni/ordinazioni dei servizi di ristorazione (bar, pizzeria, ecc.);
per l’operatività della spiaggia: collegamento con l’ufficio spiaggia e con il personale di
servizio (bagnini, infermeria, sicurezza, assistenza bagnanti);
per gli altri utenti (affitti brevi di camerini e/o ombrelloni, domenicali): potranno acquistare un voucher giornaliero usufruendo degli stessi servizi.
Nella tarda estate tali servizi arricchiranno l’offerta per le migliaia di turisti presenti al Lido
in occasione della tradizionale Mostra del Cinema di Venezia.
L’accesso alla rete WiFi consentirà di prenotare un posteggio nei garage comunali, acquistare i biglietti per i mezzi pubblici, prenotare il camerino e/o l’ombrellone»11.
Conclusioni
Dai presupposti sopra esposti si può senz’altro prevedere un roseo futuro digitale
per la città di Venezia in un momento in cui la sua economia è prettamente incentrata sul turismo. Con la nascita di un “distretto digitale” si potrà quindi avviare
una nuova economia cittadina, basata sull’innovazione e la sperimentazione di
tecnologie Web che dovranno favorire sia la fruibilità di servizi da parte delle migliaia di visitatori, sia la possibilità di garantire una crescita culturale degli operatori del settore italiani, per renderli competitivi con i mercati stranieri in una città
dove il termine “straniero” è sempre stato termine per avviare confronti culturali e
commerciali.
10
11
Venice Connected: una finestra sul futuro della città, http://www.veniceconnected.it/
ViewNews.aspx?IDNotizia=55.
In Spiaggia...On Line!!!, http://www.veniceconnected.it.
110
Documenti
Documenti
Appendix to the Joint Report.
Sector Reports
European Digital Libraries
Nei numeri di «DigItalia» del 2007 abbiamo tradotto
e pubblicato alcuni documenti elaborati dal Gruppo
di esperti sul copyright dell’High Level Expert Group
(HLEG), istituito dalla Commissione europea
nell’ambito dell'iniziativa i2010: Biblioteche Digitali.
Il Gruppo si è concentrato sui problemi che le
istituzioni culturali devono affrontare per poter
trattare e rendere fruibili, nei progetti di
digitalizzazione, le opere soggette al copyright1.
Nel corso dei mesi successivi abbiamo cercato di
seguire il lavoro degli esperti che hanno rivolto la
loro attenzione in particolare ai problemi delle opere
orfane (testi letterari, documenti fotografici,
documenti sonori e audiovisivi) che entreranno a far
parte della Biblioteca Digitale Europea.
La varietà dei materiali, la complessità dei diritti legati
alle diverse tipologie di documenti e l’esigenza di
condurre accurate ricerche, prima di utilizzare le
diverse tipologie di opere, sono le ragioni che hanno
spinto il Gruppo a produrre rapporti specifici per i
diversi settori e un rapporto congiunto di sintesi. In
questo modo le istituzioni avranno a disposizione linee
guida molto dettagliate, sia riguardo ai criteri per
definire le opere orfane, sia per le procedure da
impiegare prima di avviare progetti di digitalizzazione.
Le approfondite analisi condotte dai Gruppi di lavoro
per i diversi settori hanno permesso di raggiungere
un risultato positivo con la firma di un protocollo di
intesa, nel mese di giugno 2008, tra i rappresentanti
di istituzioni culturali europee (archivi, biblioteche,
archivi musicali) e i rappresentanti dei titolari dei
diritti d'autore (editori, produttori, scrittori,
compositori, interpreti).
Il protocollo ha lo scopo di definire linee guida
comuni, concordate a livello europeo, per le modalità
da adottare al fine di condurre ricerche accurate sulle
opere orfane e di fornire utili suggerimenti per le
procedure da seguire con una prospettiva europea.
La presenza del Commissario europeo Viviane
Reding alla firma del protocollo rafforza il valore di
questo documento ed è un segno dell’impegno della
Commissione Europea per avviare politiche comuni in
questo settore.
Appendice
al Rapporto congiunto
Rapporti di settore*
Traduzione di Eva Gilmore
Linee guida di settore sulle
opere orfane per il settore
audiovisivo2
Gruppo di lavoro sul settore audiovisivo
Lavori presieduti da Tom Rivers
(ACT)/Gabrielle Claes – ACE
1. Aspetti di carattere generale
1.1 Definizione di opera audiovisiva orfana
n’opera audiovisiva può essere definita
“orfana” solo quando il proprietario/il
titolare dei diritti non può essere individuato
affatto, o quando il suo nome è noto ma non
è possibile rintracciarlo per richiedergli l’autorizzazione.
U
* Il testo in inglese è consultabile all’indirizzo Web http://ec.europa.eu/information_society/activities/
digital_libraries/doc/hleg/orphan/appendix.pdf
1
i2010: Digital Libraries, High Level Expert Group, Copyright Subgroup, Report on Digital Preservation,
Orphan Works, and Out-of-Print Works. Selected Implementation Issues = Relazione sulla
conservazione digitale, le opere orfane e le opere esaurite. Aspetti concreti legati all’attuazione,
«DigItalia», 2007, n. 1, p. 145-156, http://digitalia.sbn.it/upload/
documenti/digitalia20071_RICOLFI.pdf; i2010: Digital Libraries, High Level Expert Group, Copyright
Subgroup, Model agreement for a licence on digitisation of out of print works = Modello di accordo
per una licenza di digitalizzazione di opere esaurite, «DigItalia», 2007, n. 2, p. 131-139,
http://digitalia.sbn.it/upload/documenti/digitalia20072_HLEG.pdf.
2
Stesura del 4 aprile 2008.
113
Documenti
Pertanto, si definisce “opera audiovisiva orfana” un’opera per la quale non risulti possibile
individuare il proprietario/il titolare dei diritti
neanche dopo aver condotto ricerche accurate e in buona fede, adottando strumenti e
metodi di ricerca generalmente accettati, come indicati nel seguente paragrafo 2.1. Anche
qualora il proprietario/il titolare dei diritti sia
stato individuato, l’opera continuerà a essere
qualificabile come orfana se il proprietario/il
titolare dei diritti individuato non risulti essere
reperibile neanche dopo aver condotto ricerche altrettanto accurate e in buona fede.
morali. Si ritiene che tali considerazioni siano
particolarmente rilevanti per le opere il cui
contenuto sia di natura privata o familiare,
mentre per gli eventi pubblici le preoccupazioni in tal senso sono minori.
1.4 Definizione dei soggetti interessati:
– organizzazioni rappresentative degli autori, dei produttori, dei distributori, degli
interpreti ed esecutori, delle emittenti radiotelevisive e di altri proprietari di diritti
del settore;
– organizzazioni rappresentative delle istituzioni del settore pubblico che posseggono e usano opere audiovisive;
– organizzazioni rappresentative degli
utenti/detentori di licenze;
– organizzazioni che possiedono supporti
audiovisivi (ad esempio, laboratori cinematografici) e li hanno depositati, limitandone contrattualmente l’uso.
1.2 Caratteristiche e portata del problema
In base all’indagine condotta dall’Association
de Cinémathèques Européennes (ACE), non
è stato possibile soddisfare il 10% delle richieste ricevute da parte delle istituzioni
coinvolte che hanno partecipato all’indagine
(50.000 oggetti) perché riguardavano materiali orfani. Poiché l’indagine è stata limitata
ai materiali richiesti da utenti potenziali, non
è stato possibile valutare quale fosse la reale
proporzione di opere orfane nel complesso
delle collezioni degli archivi audiovisivi.
1.5 Materiali esclusi
Il Gruppo si è confrontato circa l’opportunità
di applicare le linee guida sulla dovuta diligenza al materiale non europeo.
Da un lato, vi è stato chi ha affermato che il patrimonio culturale europeo andrebbe semplicemente visto come l’insieme degli oggetti materiali conservati dalle istituzioni culturali europee, a prescindere dalla loro provenienza. È
stato fatto notare che, al momento dell’avvio di
ricerche dovutamente accurate, la nazionalità
dell’opera audiovisiva potrebbe essere indeterminata, e potrebbe capitare di non riuscire a
determinarla neanche in un secondo momento.
Dall’altro lato, la posizione assunta da una
dei soggetti interessate è che sarebbe difficile soddisfare i requisiti di ricerca accurata se
il paese di origine in questione fosse esterno
all’Unione Europea. L’argomento del rispetto
reciproco delle normative a livello internazionale è stata implicitamente richiamata.
Il Gruppo ha concordato che la questione andava approfondita e discussa ulteriormente, prima
di poter compiere ulteriori passi in merito.
1.3 Esempi di categorie in cui i membri
dell’ACE hanno trovato opere orfane:
– documentari, soprattutto se antecedenti
la seconda guerra mondiale;
– filmati commerciali, soprattutto se antecedenti la seconda guerra mondiale;
– cinegiornali, soprattutto se antecedenti
la seconda guerra mondiale;
– filmati educativi, soprattutto se antecedenti la seconda guerra mondiale;
– film prodotti commercialmente da case di
produzione europee che hanno poi cessato
le attività o hanno trasferito la titolarità dei
diritti in proprio possesso a un’altra entità.
È stato osservato che l’impossibilità di individuare chi detenga i diritti economici di una
produzione amatoriale può portare al verificarsi di violazioni della privacy e/o dei diritti
114
Documenti
lizzare il materiale, una volta accertato il
carattere orfano del materiale stesso nella
sua veste di opera audiovisiva, sarebbe
tenuto a passare al livello successivo di
indagine e determinare, in relazione a
ciascun elemento contenutistico dell’opera stessa, se tale elemento sia esso stesso
orfano o (in caso contrario) se sia possibile ottenere l’autorizzazione a utilizzarlo.
2. I criteri di dovuta diligenza
2.1 Risorse principali3:
– archivi cinematografici nazionali (la missione di tali istituzioni è anche quella di
compiere ricerche sui materiali custoditi e
identificarli);
– biblioteche nazionali;
– enti pubblici che erogano finanziamenti
per il settore audiovisivo – di norma, ci si
aspetta che tali istituzioni detengano informazioni sui beneficiari dei finanziamenti e sulle opere audiovisive oggetto
degli stessi;
– Registre public de la Cinématographie et
de l’Audiovisuel, tenuto dal Centre national de la Cinématographie
(http://www.cnc.fr), seppur limitatamente ai film successivi alla seconda
guerra mondiale e realizzati e/o distribuiti in Francia, e senza l’obbligo di registrare le produzioni audiovisive che non
vengono distribuite nelle sale (per esempio i programmi televisivi), eccezion fatta
per le produzioni televisive realizzate con
il contributo di fondi pubblici;
– US Copyright Office – la mancata registrazione presso l’Ufficio comporta per
un titolare dei diritti la perdita del diritto
a intraprendere azioni legali; la Legge di
attuazione della Convenzione di Berna
del 1988 ha abolito tale obbligo per i titolari di diritti stranieri;
– filmografie – è stato sottolineato tuttavia
che queste fonti si limitano a indicare la
casa di produzione originaria;
– organizzazioni di gestione dei diritti degli
autori, degli interpreti ed esecutori, e dei
produttori;
– per quanto riguarda i contenuti sottesi,
qualora si dovesse attestare che un’opera
audiovisiva è orfana le organizzazioni individuate dagli altri gruppi di lavoro settoriali diventerebbero rilevanti, poiché in
questo caso il soggetto interessato a uti3
2.2 Di quali istruzioni si dispone al momento,
qualora queste esistano?
Gli archivi nazionali cinematografici hanno
senza dubbio stabilito le proprie procedure
(si veda il paragrafo 2.1).
2.3 Il tipo di soggetto che intende usare
l’opera/il tipo di uso che si intende fare
dell’opera è un fattore che entra in gioco?
La questione è stata lungamente discussa
durante le precedenti riunioni, senza arrivare
a un punto di consenso.
3. Categorie di opere che possono essere considerate orfane
3.1 Quali sono i problemi/gli aspetti specifici
che entrano in gioco per valutare se un’opera
è orfana?
a. Genere dell’opera – I generi più problematici sono i materiali diversi dalla fiction
(per esempio cinegiornali, documentari –
si veda il paragrafo 1.3).
b. Paese di origine – Nell’indagare sulla proprietà di un’opera, di solito si parte dal
paese di origine, ma qualora esso non risulti di immediata individuazione può essere utile consultare una fonte come il registro francese (si veda il paragrafo 2.1).
c. Data di pubblicazione/messa a disposizione – In generale, si concorda sul fatto
che più vecchia è l’opera audiovisiva,
maggiore è la probabilità che l’attribuzione dei diritti di proprietà risulti problematica.
L’elencazione delle risorse è esemplificativa e non copre tutte le risorse nazionali dei paesi
dell’Unione Europea [n.d.r.].
115
Documenti
d. Da dove viene l’opera? – La provenienza
del materiale depositato presso un archivio può essere un’informazione utile, ma
dalle discussioni è emerso chiaramente
che a volte i materiali vengono affidati a
un archivio da soggetti, come ad esempio
i laboratori cinematografici, che si limitano
a possedere l’oggetto fisico e non sono
più in possesso di alcuna documentazione
che attesti di chi sia la titolarità dei diritti.
–
gono trasferiti, l’ISAN non fornisce alcuna informazione utile circa l’identità del
secondo proprietario;
in alcuni Stati membri già esistono registri nazionali delle opere audiovisive (per
esempio in Francia – si veda il paragrafo
2.1 – come anche in Spagna) e altri paesi
potrebbero decidere, su base volontaria,
di istituirli a loro volta.
4.2 Questioni trasversali ai vari settori:
– il rilascio di materiali (custoditi da istituzioni culturali/archivi) a terzi.
Dall’indagine dell’ACE emerge in maniera
chiara che non esiste una politica coerente in base alla quale i membri dell’ACE
possono decidere se mettere o meno il
materiale conservato nei propri archivi a
disposizione di un soggetto terzo che abbia chiesto di poterne fare uso. Gli obblighi di legge che un archivio che rilascia
materiale a terzi deve onorare possono
variare da Stato membro a Stato membro;
– i fallimenti e le cessazioni d’attività. Se un
soggetto è interessato a materiali audiovisivi di una determinata epoca (film e altri
materiali audiovisivi degli anni Cinquanta
o Sessanta), è a tutti gli effetti possibile
che la casa di distribuzione originaria e/o
la casa di produzione siano state sciolte
(non necessariamente perché sono andate
fallite, ma perché l’azienda potrebbe aver
cessato le attività) e in tali casi ricostruire i
passaggi di proprietà delle opere può rivelarsi relativamente difficile.
3.2 Quali sono le categorie di opere che possono essere considerate orfane, se ve ne sono?
Non è stata individuata alcuna categoria di
opere del settore audiovisivo che possa essere considerata orfana in quanto tale.
3.3 Quali sono le date storiche di riferimento,
se ve ne sono?
Le date storiche di riferimento non hanno rilevanza alcuna per le opere orfane, perché
tali opere sono per definizione opere protette dal diritto di autore.
Purtuttavia, se l’autore non è noto (ad esempio perché il materiale audiovisivo non contiene attribuzioni di responsabilità), allora si
applica l’articolo 1(3) della Direttiva sulla durata di protezione, che stabilisce che le opere
a firma anonima/pseudonima sono protette
per 70 anni a partire dal momento in cui
l’opera è stata legalmente messa a disposizione del pubblico, e ciò potrebbe permettere di stabilire che un’opera, piuttosto che essere orfana, è di dominio pubblico.
4. Altre questioni
4.1 Quali sono le misure proposte, se ve ne
sono, per prevenire i casi di opere orfane in
futuro?
– L’ISAN – pur osservando che l’ISAN (come l’ISBN) non è un identificatore dinamico. Ciò significa che sia l’ISAN che
l’ISBN identificano il primo proprietario
ma non tengono traccia di eventuali cessioni dei diritti. Pertanto, se i diritti di
una determinata opera audiovisiva ven-
Si è deciso che le questioni appena citate saranno discusse dal Gruppo di lavoro sul settore audiovisivo dopo la fine di febbraio
2009, nella seconda fase di lavoro.
4.3 Altre questioni specifiche al settore:
– i contenuti generati dagli utenti;
– le produzioni amatoriali.
Gabrielle Claes
Tom Rivers
116
Documenti
Organizzazioni partecipanti
Association des Cinémathèques
Européennes (ACE) (Co-Chair)
Association of Commercial
Television in Europe (ACT)
(Co-Chair)
Association of European
Performers’ Organisations
(AEPO-ARTIS)
British Screen Advisory Council
(BSAC)
European Broadcasting
Union (EBU)
European Federation of
Journalists (EFJ)
European Film Companies
Alliance (EFCA)
Fédération Européenne des
Réalisateurs de l’Audiovisuel
(FERA)
International Federation of film
Distributors Associations
(FIAD)
Fédération Internationale des
Associations de Producteurs
de Films (FIAPF)
Fédération Scenaristes Europe
Federation of Scriptwriters
in Europe (FSE)
Institut national de
l’audiovisuel (INA)
–
–
Linee guida di settore sulle
opere orfane per il settore
visivo/fotografico4
Gruppo di lavoro sul settore visivo/fotografico
Lavori presieduti da David Lawson (MLA)
–
La prima stesura del presente Rapporto è stata discussa dal Gruppo di lavoro durante la
riunione del 29 gennaio 2008. I componenti
del Gruppo hanno poi presentato i propri
commenti ed emendamenti al testo. Il
Rapporto è stato redatto seguendo le intestazioni proposte dal Gruppo di lavoro sul diritto
d’autore della Biblioteca Digitale Europea.
1.2 Caratteristiche e portata del problema, se
note:
– il Gruppo ha discusso il problema delle
opere visive contenute all’interno di altre
opere (come un’opera visiva contenuta in
un libro), problema che si presenta in
molti casi. Il Gruppo ha concordato di
formulare una richiesta di approfondimento in merito, da sottoporre all’attenzione del Gruppo di lavoro sul settore testi e allegata quale appendice al presente
documento;
– un aspetto che desta particolare preoccupazione è quello di eccezioni che permettono di pubblicare un’opera senza
esplicitarne la paternità. Tra gli esempi in
merito, l’uso della sigla DR al posto dell’attribuzione di responsabilità e la pubblicazione da parte di testate giornalistiche di fotografie senza indicazione dell’autore;
– per quanto riguarda le arti visive, il pro-
1. Aspetti di carattere generale
1.1 Definizione di opera orfana per il settore
in questione (voce opzionale)
l Gruppo ha discusso una possibile definizione di opera orfana, giungendo alla conclusione che su questo punto tutti i gruppi di
lavoro avrebbero probabilmente formulato
definizioni simili. Il Gruppo ritiene che i principi generali in merito debbano essere:
I
–
4
autori/creatori ignoti o non citati;
le opere anonime/pseudonime non sono
orfane – le opere di questo genere sono
spesso oggetto di disposizioni nazionali
di legge;
anziché il nome dell’autore, viene riportata la sigla DR (droits réservé).
non è possibile rintracciare né il titolare
dei diritti, né l’autore/il creatore, né gli
eventuali successori;
Stesura del 15 gennaio 2008, aggiornata in occasione della riunione del 29 gennaio 2008.
117
Documenti
–
blema sembra avere portata limitata,
perché in tale settore gli autori sono generalmente noti e facilmente rintracciabili. Può tuttavia risultare difficile individuare il titolare dei diritti di opere i cui
autori siano deceduti;
un caso specifico particolarmente problematico è quello delle istituzioni che
possiedono grandi collezioni di opere,
prodotte da autori amatoriali/non professionisti spesso non accompagnate da
alcuna informazione che ne identifichi
l’autore. Poiché in molti casi si tratta di
rappresentazioni di paesaggi realizzate
decenni addietro, o di foto di famiglia, risalire al nome del creatore o del titolare
dei diritti in questione può risultare
estremamente difficile.
–
(è stato fatto l’esempio di un simile
lavoro realizzato in Finlandia);
– http://www.vci-registry.org;
– http://www.onlineart.info;
– le banche dati delle società di gestione dei diritti;
– la banca dati WATCH,
http://www.watchfile.com;
poiché molte risorse hanno portata nazionale, è stato proposto di definire categorie
generiche e affidare al Gruppo di esperti
sul diritto d’autore degli Stati membri l’incarico di stilare elenchi dettagliati per il
proprio paese, pronti per essere unificati
in un elenco di portata europea.
2.2 Di quali istruzioni si dispone al momento,
qualora se ne disponga?
– Non ne è stata individuata alcuna;
– il Gruppo ritiene che sia possibile definire
una procedura di dovuta diligenza;
– si ritiene che molti passaggi di suddetta
procedura siano comuni a tutti i gruppi,
pertanto quanto segue costituisce solo
una possibile traccia di lavoro;
– i passaggi fondamentali proposti sono:
– esaminare la documentazione esistente (informazioni presenti sull’immagine, sulla custodia, all’interno di
lettere, ricevute, ecc.), per ricostruire
informazioni utili circa il nome dell’autore o del titolare dei diritti;
– esaminare le risorse informative
esterne, anche consultando repertori
ed effettuando ricerche su Internet;
– pubblicare un annuncio in cui si rende noto che i proprietari delle collezioni stanno cercando di individuare
l’autore o il titolare dei diritti di opere contenute nelle collezioni;
– documentare le procedure di dovuta
diligenza utilizzate: il proprietario
della collezione deve poter dimostrare che le ricerche sono state effettuate seguendo le corrette procedure
di dovuta diligenza;
1.3 Definizione delle sottocategorie specifi che, se ve ne sono:
– gli elenchi di sottocategorie devono
sempre essere intesi come aventi carattere esemplificativo e non vanno mai considerati esaustivi;
– i disegni architettonici sono stati aggiunti
all’elenco esemplificativo di sottocategorie.
1.4 Definizione dei soggetti interessati per la
(sotto)categoria in questione:
– il termine “creatori” definisce “i creatori/gli autori e le loro proprietà”;
– l’espressione “soggetti che custodiscono
collezioni” definisce i musei, le biblioteche e gli archivi, nonché le entità commerciali/non commerciali.
2. I criteri di dovuta diligenza
2. 1 E l e nc o d el l e r i s o r s e di s po n i bi l i ai f i n i di
ricerca, per sottocategorie:
– il Gruppo ritiene che vi debba essere un
elenco unico di risorse di riferimento per
tutti i settori, alle quali si possono aggiungere le risorse specifiche, quali:
– i progetti nazionali che hanno compilato elenchi di autori/creatori noti
118
Documenti
–
–
–
–
a questo punto, l’opera potrà essere
digitalizzata;
tutte le possibili informazioni disponibili riguardanti gli autori e i
detentori dei diritti debbono essere
registrate nei metadati legati al documento. Ad esempio, nei metadati
si potrà specificare che l’autore dell’opera è irreperibile, o si potrà indicare il nome dell’autore e specificare che il titolare dei diritti non è
reperibile. Potrebbe essere opportuno includere nei metadati tecnici
relativi a un’immagine una semplice
dichiarazione, ad esempio del tipo:
«© autore irreperibile, opera tratta
dalla collezione degli Archivi della
città Tal dei Tali». Tutte le parti in
causa dovrebbero accordarsi su una
formulazione standard per tale dichiarazione;
l’opera digitalizzata potrà essere
pubblicata on-line, insieme a tutti i
metadati relativi all’autore; ciò potrebbe favorire l’individuazione dell’autore o del titolare dei diritti, o
spingerli a farsi avanti;
definire una procedura trasparente
da seguire qualora il titolare dei diritti si faccia avanti, che regoli in maniera adeguata il ritiro delle opere
nonché le modalità di ricorso:
– la procedura dovrebbe prevedere
un referente unico all’interno
dell’istituzione che possiede il
documento in questione;
– si dovrebbero definire modalità
di ricorso standard, che facciano
possibilmente riferimento ad un
compenso standard (ad esempio,
quello stabilito da un ente di gestione dei diritti), così da garantire maggiore trasparenza e ridurre il rischio di azioni legali;
– la procedura deve fornire garanzie quanto al riconoscimento e
–
al rispetto dei diritti morali, ivi
compreso il diritto dell’autore a
chiedere che i materiali siano ritirati;
occorre includere una norma sugli
“utili a sorpresa”, in caso un’opera
dovesse inaspettatamente rivelarsi
di notevole valore commerciale. In
questo caso il grado di dovuta diligenza richiesto nella conduzione
di ricerche sul titolare dei diritti
dovrà essere intensificato. In molti
casi, le opere orfane hanno scarsissimo valore commerciale. Può
tuttavia succedere che una determinata immagine si riveli come
avente valore commerciale, come
nel caso di un ritratto che acquisisce notorietà. Qualora l’opera generi sostanziosi proventi commerciali, l’istituzione che la custodisce
dovrà tenerne chiara traccia, così
da poterli corrispondere al titolare
dei diritti qualora egli dovesse essere individuato. L’istituzione avrà
anche, in questo caso, il dovere di
raddoppiare gli sforzi per rintracciare il titolare dei diritti, provvedendo come minimo a pubblicare
un annuncio.
2.3 Il tipo di soggetto che intende usare
l’opera/il tipo di uso che si intende fare del l’opera è un fattore che entra in gioco?
– Non va operata distinzione alcuna tra
uso commerciale e uso non commerciale
delle opere. Le opere orfane sono opere
per cui vige il diritto d’autore, a prescindere dalle tipologie d’uso;
– ciononostante, il Gruppo ha discusso il
potenziale sviluppo di licenze che prevedano una distinzione tra riusi commerciali e non commerciali dei materiali. Tale discussione, tuttavia, esula
dal mandato immediato del Gruppo di
lavoro.
119
Documenti
3. Categorie di opere che possono
essere considerate orfane
3.1 Quali sono le date storiche di riferimento,
se ve ne sono?
– Il Gruppo concorda sul fatto che più lontana nel tempo è la data in cui un’opera
è stata creata, maggiore è la probabilità
che i diritti su di essa siano estinti;
– le date storiche di riferimento non si ritengono un parametro utile, ma potrebbero essere un fattore di cui tenere conto
nel determinare quanto approfondite
debbano essere le ricerche di dovuta diligenza relative a una determinata opera.
–
–
a organizzazioni senza fini di lucro per
sostenere i titolari dei diritti ed anche a
finanziare nuovi progetti di digitalizzazione;
tutte le licenze del tipo descritto dovrebbero contenere clausole simili per le procedure di dovuto diligenza relativamente
ai casi nei quali i detentori di diritti si dovessero fare avanti;
si potrebbe prevedere una licenza di diverso tipo e diversi meccanismi di calcolo
dei compensi dovuti per il caso in cui si
intendano riutilizzare opere orfane a fini
commerciali.
4. Altre questioni
3 . 3 Q u a l i m i s u r e è p os s i b i l e i n d i v i d u a r e p e r
la digitalizzazione di massa, se è possibile
i nd i v i d u a r ne ?
– Si ritiene che la digitalizzazione di massa
non esoneri le istituzioni che possiedono
le collezioni dall’obbligo di rispettare i
criteri di dovuta diligenza;
– si potrebbe pensare di preparare una licenza legale o di completa copertura (licenza per un fondo completo o per l’intera collezione) che renda possibili la digitalizzazione;
– non è chiaro chi potrebbe essere autorizzato a rappresentare gli autori delle opere orfane – potrebbero forse essere le società per il diritto d’autore. I compensi
corrisposti potrebbero essere utilizzati
per facilitare la ricerca dei titolari dei diritti e, nell’ipotesi che si costituisse un
surplus economico, i compensi versati
per le licenze potrebbero essere destinati
4.1 Quali sono le misure proposte, se ve ne
sono, per prevenire i casi di opere orfane in
futuro?
– Garantire la creazione automatizzata di
metadati contestualmente alla creazione
dell’immagine;
– assicurarsi che il nome degli autori sia riportato in ogni tipo di pubblicazione –
questa è una raccomandazione specifica
del Gruppo sul settore visivo/fotografico.
Ciò significa evitare di utilizzare la formula DR quale attribuzione di responsabilità.
4 .2 Altre que stioni critiche da aff rontare e
come affrontarle:
– in caso di contenzioso, occorre prevedere
procedure simili a quelle stabilite dalla licenza sulle opere esaurite;
– qualora l’istituzione proprietaria delle
Organizzazioni partecipanti
European Bureau of Libraries
(EBLIDA)
European Federation of
Journalists (EFJ)
European Visual Artists
(EVA)
Museo finlandese della fotografia
Consiglio dei musei,
delle biblioteche e degli
archivi (Presidenza)
Pyramide Europe
UK National Archives (presidenza)
120
Documenti
collezioni non abbia rispettato, in misura
ragionevole, le procedure di dovuta diligenza, si potrebbe prevedere l’obbligo di
versare ai titolari dei diritti indennizzi di
maggiore entità.
cesso una licenza per determinati usi a un altro titolare, l’autore rimane l’unico titolare
dei diritti sull’opera. Anche se il titolare dei
diritti su una determinata pubblicazione non
può essere rintracciato e si presume che
l’opera sia orfana, l’autore o il creatore dell’opera visiva contenuta all’interno della pubblicazione stessa continua comunque a detenere la titolarità dei diritti sull’immagine. In
molti casi, queste opere e i loro autori o creatori potrebbero non essere menzionati.
Vi sono diversi possibili scenari per il caso di
opere d’arte visive e fotografiche contenute all’interno di una pubblicazione e tutti dipendono
dal contratto sottoscritto dalle parti in causa.
Per gli autori rappresentati dalle società di gestione dei diritti del settore delle arti visive, è in
generale lecito presumere che la licenza d’uso
originaria riguardasse esclusivamente la versione
a stampa. Le società di gestione dei diritti per il
settore delle arti visive non trasferiscono i diritti
sull’opera agli editori, bensì rilasciano una licenza per l’uso specifico di cui è stata fatto richiesta. Gli accordi contrattuali originari non coprono alcun altro uso da parte dell’editore o di una
terza parte e ogni eventuale altro uso dovrà
pertanto essere oggetto di un’ulteriore licenza.
Qualora in futuro si utilizzasse una concezione
specifica delle opere orfane, le opere visive incluse in altre opere dovrebbero essere trattate
come un caso a parte. Gli autori o i creatori di
tali opere potrebbero essere individuabili e
rappresentati da società di gestione dei diritti,
anche se gli altri titolari dei diritti sulla pubblicazione non lo sono.
Per quanto riguarda gli autori di opere visive e
fotografiche rappresentati da società di gestione di diritti, le licenze necessarie possono
essere acquisite secondo le prassi standard. In
altri casi, occorre rivolgersi agli autori delle
opere in questione. Se le società di gestione
dei diritti fossero autorizzate intervenire in tale
sfera, sulla base ad esempio di disposizioni
giuridiche, potrebbero tutelare un maggior
numero di autori del settore delle opere visive.
Limitarsi a eliminare le pagine contenti opere
David Dawson
Presidente del Gruppo di lavoro sul settore
visivo/fotografico
Appendici
Ap p en d i c e 1 : R i c h i e s ta d i a p pr o f o n di m e nt o
del Gruppo di lavoro sul settore visivo ai
gruppi di lavoro del settore testi e del settore
audiovisivo
Il Gruppo di lavoro sul materiale visivo inoltra
con la presente una richiesta trasversale ad altri sottogruppi e in particolare al Gruppo sui
testi, ma anche a quello sui materiali audiovisivi, affinché includano nel loro rapporto il
problema delle opere visive contenute all’interno di pubblicazioni e opere composte.
Le opere visive, quali le opere d’arte, le fotografie, le illustrazioni, i disegni, i progetti architettonici, gli schizzi di suddetti tipi di opere
e altre ancora, sono ampiamente utilizzate all’interno di pubblicazioni e di opere audiovisive di diverso tipo. Libri d’arte, quotidiani e riviste, pubblicazioni scientifiche e narrative
corredate da illustrazioni contengono spesso
al proprio interno fotografie come anche i programmi televisivi, documentari e film riutilizzano le immagini visive in misura rilevante. Ai
fini della digitalizzazione e della pubblicazione
sul Web, la condizione giuridica delle opere visive è spesso diversa da quella dei testi e delle
opere audiovisive, perché le condizioni che regolano le licenze tra gli editori e gli autori di
opere visive differiscono puntualmente da
quelle previste dai contratti standard utilizzati
per gli autori di testi.
La natura stessa del diritto d’autore vuole
che l’autore sia titolare di diritti sull’opera. In
assenza di prove che dimostrino che i diritti
sono stati trasferiti o che l’autore abbia con-
121
Documenti
visive o di altra natura dalla versione digitalizzata non può essere una soluzione soddisfacente per nessuna delle parti in causa e inoltre
non permetterebbe di raggiungere l’obiettivo
di più ampio respiro, cioè garantire l’accessibilità del patrimonio culturale dell’Unione
Europea. In casi simili, occorre rivolgersi alle
società di gestione dei diritti, perché esse sono legittimate a rappresentare gli interessi di
molti autori e possono essere in condizioni di
rilasciare la licenza necessaria.
L’individuazione di date storiche di riferimento
quale soluzione per le opere orfane è al momento oggetto di discussione. Ciononostante,
tutti i gruppi di lavoro devono avere ben chiaro che soluzioni di questo tipo non dovrebbero essere utilizzate quando la situazione giuridica delle opere contenute può essere risolta e
i loro autori, eredi o titolari dei diritti possono
essere rintracciati.
Vi è poi la questione delle immagini tratte da
produzioni cinematografiche. Si tratta di una
questione particolarmente rilevante se l’immagine in questione è tratta da un singolo fotogramma del film. Questo Gruppo di lavoro
chiede al Gruppo sul settore audiovisivo di discutere il problema e stabilire se vi siano significativi fattori specifici di cui tenere conto in
questo particolare caso.
–
–
–
–
–
–
–
Appendice 2: Guida per istituzioni che
possiedono collezioni
Se un’opera è stata identificata come orfana
ed è stata messa a disposizione on-line, allora
le istituzioni devono sviluppare una politica
che assicuri il rispetto dei diritti del legittimo
titolare qualora egli dovesse farsi avanti o essere individuato in un secondo momento. Su
questo punto, le disposizioni giuridiche variano
da Stato membro a Stato membro; la seguente
guida evidenzia alcuni degli aspetti di cui le
istituzioni dovrebbero tenere conto nel definire
la propria procedura interna in materia.
La procedura dovrebbe:
5
riconoscere i diritti del soggetto titolare;
essere accessibile da ciascuna pagina dove l’opera orfana è utilizzata per mezzo
di un link;
prevedere un unico referente all’interno
dell’istituzione proprietaria dei contenuti
in questione e specificare i tempi entro cui
l’istituzione provvederà a fornire una prima risposta in merito al reclamo;
prevedere l’obbligo per chi reclama i diritti
di fornire prove circa la legittimità di questi;
prevedere un meccanismo standard che
garantisca che il titolare dei diritti riceva
un trattamento pari a quello che avrebbe
ricevuto se fosse stato individuato nel corso della procedura di dovuta diligenza.
Questo potrebbe prevedere il versamento
di un compenso standard (per esempio il
compenso standard previsto da una società di gestione dei diritti), al fine di garantire una maggiore trasparenza e ridurre il
rischio di azioni legali;
garantire il rispetto dei diritti morali, riconoscendo il diritto dell’autore a richiedere
che i materiali siano rimossi e che i titolari
dei diritti siano citati nelle attribuzioni di
responsabilità;
riconoscere la necessità di intensificare gli
sforzi di dovuta diligenza qualora una risorsa dovesse acquisire popolarità, adottando i principi previsti dal modello di licenza per le opere esaurite.
Linee guida di settore sulle
opere orfane per il settore
musicale/sonoro 5
Gruppo di lavoro sul settore musicale/sonoro
Lavori presieduti da Véronique Desbrosses –
GESAC/Shira Perlmutter – IFPI
l Gruppo di lavoro sul settore musicale/sonoro si è riunito in due occasioni, rispettivamente il 12 dicembre 2007 e il 29-30 gennaio 2008. Durante tali riunioni, il lavoro del
I
Stesura del 4 aprile 2008.
122
Documenti
Gruppo si è concentrato su quattro aspetti
principali:
2.
1. elaborare una definizione di «opera orfana» ai fini della presente attività per l’ articolazione di linee guida di dovuta diligenza;
2. valutare della portata del problema per le
biblioteche e gli archivi;
3. stabilire quali atti possano essere considerati prova appropriata di “dovuta diligenza” nei confronti dei titolari dei diritti
che hanno preso parte alla discussione;
4. sottolineare l’importanza di sviluppare
banche dati esaustive e accurate contenenti informazioni sui titolari dei diritti e
definire possibili misure per evitare i casi
di opere orfane in futuro.
3.
4.
Il Gruppo ha discusso la necessità di tutelare
gli interessi dei titolari dei diritti non rappresentati al tavolo di lavoro e ha delineato alcuni passaggi di un possibile approccio legislativo che garantisca un equilibrio tra la necessità di garantire alle biblioteche adeguati
margini di certezza e quella di tutelare i diritti
di coloro che potremmo definire creatori
“non professionisti”.
5.
che prenda in considerazione tutti i diritti
connessi al materiale protetto;
il carattere «orfano» dell’opera va determinato in relazione a ciascun diritto su di
essa posseduto da ciascun titolare dei diritti (sarebbe a dire che la conoscenza
dell’identità di un titolare dei diritti non
implica che l’opera possa essere orfana
anche in riferimento ad altri titolari e viceversa);
la definizione deve coprire sia i casi in cui
il titolare dei diritti non è individuabile,
sia quelli in cui il titolare è individuabile
ma non reperibile;
la ricerca che si è tenuti a compiere deve
sia essere condotta in buona fede (dal
punto di vista soggettivo), che comportare sforzi ragionevoli (dal punto di vista
oggettivo), alla luce della tipologia di titolare dei diritti in questione;
la definizione deve contenere un riferimento concreto alle linee guida di dovuta diligenza concordate e non solo limitarsi a enunciarle. Anche se la presente
definizione è stata elaborata esclusivamente ai fini del lavoro in corso, molti di
questi criteri potrebbero prestarsi, se
adeguatamente adattati, ad altri interventi sulla questione.
1. Definizione di opera orfana
2. Portata del problema
Il Gruppo ha concordato la seguente definizione:
«Un’opera orfana è un’opera protetta o
dell’altro materiale protetto il cui autore e/o
titolare dei diritti non possa essere individuato
o trovato, nonostante gli sforzi compiuti in
buona fede e in misura ragionevole per
individuarlo o trovarlo, in ottemperanza alle
regole di dovuta diligenza che il Gruppo di
lavoro definirà».
Particolare importanza è stata data ai seguenti criteri:
Il Gruppo di lavoro ha anche cercato di valutare con maggiore precisione l’entità e la
portata del problema delle opere orfane per
le biblioteche e gli archivi, relativamente all’area delle opere musicali/sonore. Nel settore musicale, e per ciò che riguarda in particolare il tema dei diritti degli autori, la diffusione dei sistemi di gestione collettiva dei
diritti e degli accordi reciproci fanno sì che
la questione abbia portata limitata. Vi è un
problema specifico relativo alle opere non
pubblicate e le cui copie/custodie siano prive di etichette o presentino etichette inadeguate. Il Gruppo ha preso in esame possibili
sottocategorie, ma siamo giunti alla conclu-
1. la definizione deve riguardare «le opere e
altro materiale protetto» piuttosto che
esclusivamente «le opere», per assicurarsi
123
Documenti
sione che nella sfera musicale/sonora le distinzioni nette di carattere tecnico, quali
quelle tra “opere pubblicate/non pubblicate” o tra “opere commerciali/non commerciali”, rischiano di funzionare poco, tranne
che nel caso dei diritti dei produttori. È tuttavia evidente che per una biblioteca è generalmente molto più semplice reperire il titolare dei diritti di prodotti commerciali. Un
altro ambito che presenta difficoltà è quello
delle opere originarie di altri paesi, soprattutto se il loro contenuto o la loro custodia
sono in lingue meno accessibili e di difficile
comprensione.
Le biblioteche e gli archivi trovano inoltre
molto più difficile individuare e reperire i titolari dei diritti se essi sono singoli individui
anziché entità giuridiche e tra queste le più
facili da rintracciare sono quelle commerciali. Il problema principale sono gli individui che non considerano sé stessi quali
creatori in questo settore, o non si guadagnano da vivere in questo modo, poiché è
improbabile che essi siano iscritti a organizzazioni o società rappresentative del settore stesso. Anche i titolari non locali/stranieri dei diritti possono risultare più difficili
da rintracciare.
I progetti di digitalizzazione di massa delle
biblioteche destano particolare preoccupazione, per via della quantità di tempo e lavoro necessaria a condurre ricerche dovutamente accurate per ogni singola opera. Le
società di gestione dei diritti possono collaborare sul fronte delle licenze, ma non è
detto che esse siano legittimate a rappresentare i titolari di diritti che non figurano
tra i loro iscritti – situazione questa che si
verifica spesso con i creatori di opere musicali amatoriali non sfruttate commercialmente, o di documentazione i storia orale e
interviste, ecc.
Nel complesso, la sfida principale riguarda i
titolari dei diritti non rappresentati al tavolo
di lavoro – e che sono per definizione soggetti non rappresentabili in simili sedi.
3. Linee guida di dovuta
diligenza
Il Gruppo di lavoro ha discusso approfonditamente/ulteriormente su cosa possa essere
considerata un’adeguata procedura di dovuta
diligenza, rispondente agli interessi dei gruppi rappresentati al tavolo di lavoro. In altre
parole, cosa dovrebbe fare, e cosa fa, una biblioteca per trovare i titolari dei diritti su un
determinata opera. Il Gruppo ritiene che la ricerca dovrebbe quantomeno prevedere i seguenti passaggi:
1. controllare le attribuzioni di responsabilità e le altre informazioni riportate sulla
custodia dell’opera (compresi nomi, titoli,
data e luogo della registrazione) e seguire tali indicazioni per risalire a ulteriori titolari dei diritti (per esempio contattare
un produttore discografico per trovare gli
esecutori);
2. controllare le banche dati/gli elenchi degli iscritti di associazioni o istituzioni rappresentative della categoria cui è riconducibile il titolare dei diritti in questione
(comprese le società di gestione dei diritti, i sindacati e le associazioni di categoria
o industriali). Nel ramo musicale/sonoro,
questo tipo di risorse sono ampiamente
diffuse e ricche di informazioni, ma non
sempre sufficientemente dettagliate;
3. utilizzare i motori di ricerca disponibili al
pubblico per rintracciare il titolare dei diritti, seguendo ogni possibile indicazione
disponibile relativa a nomi e fatti di qualunque genere e sorta;
4. consultare gli elenchi on-line degli atti di
registrazione dei diritti d’autore tenuti da
enti governativi, quali lo U.S. Copyright
Office.
4. Importanza delle banche dati
Il Gruppo sottolinea l’importanza di mantenere banche dati informative complete e
aggiornate, che possano essere utilizzate
per individuare i titolari dei diritti. Le socie-
124
Documenti
tà dei gestione dei diritti degli autori/editori e di altri soggetti mantengono e aggiornano con regolarità banche dati di questo tipo. Sarebbe anche opportuno incoraggiare lo sviluppo di banche dati on-line dedicate alle opere attualmente considerate
orfane, che aiutino a rintracciare i titolari
dei diritti – sarebbe a dire, banche dati dove i potenziali utilizzatori possano, una volta identificata l’opera, segnalare l’impossibilità di rintracciare i titolari dei diritti ad
essa relativi. Ciò potrebbe contribuire a
rendere meno complesso il problema delle
opere orfane, permettendo alle parti coinvolte di minimizzare i rischi, contrattare
condizioni accettabili d’uso e ottenere le
autorizzazioni del caso addirittura nella fase iniziale del loro lavoro.
dovuta diligenza già illustrati, sarebbe importante valutare ulteriormente e, a seconda del contesto, i seguenti elementi:
–
–
5. Altre questioni – oltre la
portata delle linee guida di
dovuta diligenza
–
Infine, il Gruppo ha individuato una serie di
questioni critiche, che esulano dall’obiettivo di elaborare linee guida di dovuta diligenza, ma che incideranno su quanto tali
linee guida potranno essere considerate accettabili da entrambe le parti. Ogni eventuale accordo sulle linee guida o sulla loro
applicazione non potrà essere vincolante
per i soggetti non rappresentati al tavolo di
lavoro o che non sottoscriveranno l’accordo
stesso. Per offrire una piena risposta al problema di fondo che le biblioteche debbono
affrontare, potrebbe quindi essere opportuno prevedere meccanismi di altra natura.
È opinione delle biblioteche che siano necessari interventi di natura legislativa.
Qualunque tipo di meccanismo si scelga, la
domanda è come garantire, allo stesso tempo, adeguati margini di certezza alle biblioteche e adeguata tutela ai titolari dei diritti.
Quali misure risulterebbero sia efficaci che
accettabili? Il Gruppo ritiene che, una volta
che una biblioteca abbia compiuto le ricerche del caso secondo gli standard minimi di
–
–
125
dotarsi di un metodo che attesti la ragionevolezza delle ricerche condotte –
attestazione rilasciata, per esempio da
un organo indipendente. Ciò sarebbe
particolarmente utile per le biblioteche
per le loro attività di digitalizzazione di
massa – prevedendo, ad esempio, l’obbligo di pubblicare su una rivista di settore largamente diffusa un annuncio, in
cui comunica che si stanno cercando
il/i titolare/i dei diritti del caso;
se la ricerca viene riconosciuta corretta
e ragionevole, ciò dovrebbe tutelare la
biblioteca dal rischio di richieste di risarcimento danni per violazione del diritto d’autore;
in questo modo un titolare dei diritti
che venga a conoscenza dell’utilizzazione di un’opera o venga in qualche
modo trovato/individuato, potrebbe
avere la possibilità di rivolgersi direttamente alla biblioteca e contrattare una
licenza adeguata, dietro lo stesso compenso che sarebbe stato corrisposto in
principio, o di rimettere la questione
nelle mani della società di gestione dei
diritti, o di richiedere che si cessi di
usare l’opera stessa;
le biblioteche hanno fatto presente che
esse attualmente seguono una procedura che implica un avviso pubblico
sposti si basa già su opportuni meccanismi di preavviso ed eventuale ritiro
dell’opera;
un simile sistema garantirebbe certezza
legale, ma non ha incidenza sui diritti.
In altre parole, si tratterebbe di un sistema capace di riprodurre con maggiore accuratezza possibile lo scenario che
si sarebbe prodotto se la biblioteca
avesse potuto rintracciare da subito il
titolare dei diritti in questione.
Documenti
Organizzazioni partecipanti
MEMBRI
Association of European
Performers’ Organisations
(AEPO-ARTIS)
British Library
Groupement Européen des
Sociétés d’Auteurs et
Compositeurs (GESAC)
(co-presidenza)
The International Confederation
Music Publishers/Confédération
Internationale des Editeurs
de Musique (ICMP/CIEM)
International Federation of
Phonographic Industry (IFPI)
(co-presidenza)
Independent Music Publishers of
and Labels Association
(IMPALA)
Statsbiblioteket (Danimarca)
2.2.4 Partiture musicali
2.2.5 Altro materiale – ad esempio
mappe
2.3 Opere inedite
2.3.1 Libri
2.3.2 Partiture musicali
2.3.3 Altro materiale – lettere, opuscoli
3. Soggetti interessati per categoria di opera
4. Criteri di ricerca accurata
4.1 Opere pubblicate
4.1.1 Libri
4.1.2 Periodici
4.1.3 Giornali e riviste
4.1.4 Partiture musicali
4.1.5 Altro materiale – ad esempio
mappe
4.2 Letteratura grigia
4.2.1 Libri
4.2.2 Periodici
4.2.3 Giornali e riviste
4.2.4 Partiture musicali
4.2.5 Altro materiale – ad esempio
mappe
4.3 Opere inedite
4.3.1 Libri
4.3.2 Partiture musicali
4.3.3 Altro materiale – lettere, opuscoli
5. Altre questioni
Linee guida di settore sulle
opere orfane per il settore
testi6
Gruppo di lavoro sul settore testi
Lavori presieduti da Anne Bergman-Tahon –
FEP/Elisabeth Niggemann – DNB – CENL
Struttura del documento
1. Aspetti di carattere generale
1.1 Definizione di opera orfana per il settore in questione
1.2 Definizione di ricerca accurata
1.3 Caratteristiche del problema
1.4 Finalità del Memorandum
1.5 Possibile impatto della tipologia
d’uso
1.6 Definizione dei materiali esclusi dal
Memorandum
2. Categorie di opere
2.1 Opere pubblicate
2.1.1 Libri
2.1.2 Periodici
2.1.3 Giornali e riviste
2.1.4 Partiture musicali
2.1.5 Altro materiale – ad esempio
mappe
2.2 Letteratura grigia
2.2.1 Libri
2.2.2 Periodici
2.2.3 Giornali e riviste
6
Stesura del 4 aprile 2008.
126
Documenti
che in tal caso occorre affrontare il problema
per ciascuna opera). Si riconosce altresì che
se si vuole che le istituzioni culturali siano in
condizioni di risolvere le problematiche legate al diritto d’autore per ogni singola opera,
occorre sviluppare strumenti e procedure più
semplici e mettere in campo le necessarie disposizioni. Obiettivo del Memorandum è
esaminare, per ciascuna tipologia di opera
(cfr. le categorie di opere), quali siano le risorse informative disponibili e necessarie da
utilizzare per condurre ricerche il cui grado di
accuratezza sia accettabile tanto per i titolari
dei diritti quanto per le istituzioni culturali.
Per garantire che la digitalizzazione e la messa a disposizione su Internet delle opere non
ne pregiudichi il regolare utilizzo, occorre disporre di un maggior numero di documenti
accessibili senza difficoltà e occorre migliorare la cooperazione tra enti culturali e titolari
dei diritti.
Per alcuni tipi di opere, è stato possibile individuare un termine storicamente definito.
Purtuttavia, nel Gruppo non si è trovato accordo circa l’opportunità o meno di introdurre un regime basato sui termini storico-temporali definiti nell’ambito dell’Unione
Europea.
Vi sono buone ragioni per ritenere che la
questione vada affrontata a livello europeo,
se si considera che gli aspetti legati al rispetto dei diritti d’autore devono essere risolti
nel paese di pubblicazione dell’opera, dove si
trovano le risorse informative del caso.
1. Aspetti di carattere generale
1.1 Definizione di opera orfana per il settore
in questione
Un’opera orfana è un’opera protetta dal diritto d’autore ma della quale non si conosce
o non si riesce a rintracciare, mediante ricerche accurate, il titolare attuale. Il titolare attuale potrebbe essere l’autore o qualche altro
creatore, qualche altro proprietario originario
dei diritti (quale ad esempio il datore di lavoro dell’autore, qualora ciò sia applicabile al
caso, o un editore), o qualunque titolare dei
diritti che potrebbe detenere suddetta titolarità in base alle disposizioni di legge o ad accordi contrattuali, o qualunque avente causa
del proprietario originario.
1.2 Definizione del concetto di ricerca accu rata
Si faccia riferimento alla definizione e documentazione elaborate dal Sottogruppo sul
diritto d’autore del Gruppo di esperti di alto
livello e adottata dal Gruppo di esperti di alto
livello in occasione della propria terza seduta,
tenutasi il 18 aprile 20077.
1.3 Caratteristiche e portata del problema
delle opere orfane
A seconda delle sottocategorie di testi, potrebbero esserci significative differenze per la
portata del problema. Purtuttavia, allo stato
attuale le istituzioni culturali non hanno ancora messo a disposizione dati chiari circa la
portata del problema delle opere orfane testuali.
1.5 Possibile impatto della tipologia d’uso
Una volta stabilito che l’opera è orfana, le
istituzioni culturali saranno libere di usarla,
come anche gli editori.
Quando si tratta di accesso on-line, il fatto
che “l’offerta” provenga da un’entità com-
1.4 Finalità del Memorandum
I titolari dei diritti richiedono che gli aspetti
legati al rispetto del diritto d’autore siano affrontati titolo per titolo (ricordando che un
titolo può corrispondere a diverse opere e
7
i2010: Digital Libraries, High Level Expert Group, Copyright Subgroup, Report on Digital
Preservation, Orphan Works, and Out-of-Print Works. Selected Implementation Issues =
Relazione sulla conservazione digitale, le opere orfane e le opere esaurite. Aspetti concreti
legati all’attuazione, «DigItalia», 2007, n. 1, p. 145-156, http://digitalia.sbn.it/upload/
documenti/digitalia20071_RICOLFI.pdf [n.d.r.].
127
Documenti
merciale (quale una libreria) piuttosto che da
un ente no profit (una biblioteca) non fa differenza alcuna.
4. Criteri di ricerca accurata
Elenco delle principali risorse consultabili a
fini di ricerca, per sottocategoria. Tali elenchi
sono indicativi, limitandosi a consigliare le
diverse risorse informative disponibili.
1.6 Definizione dei materiali esclusi dal
Memorandum
Per le opere artistiche contenute in altre
opere, ci rimettiamo a quanto discusso dal
Gruppo di lavoro sul settore visivo.
4.1 Opere pubblicate
4.1.1 Libri
Nella conduzione di ricerche, si raccomanda
di consultare le seguenti risorse: l’elenco indicativo che segue non è in ordine di importanza e, quando opportuno, va inteso in senso cumulativo. Tutti i passaggi descritti di seguito devono essere normalmente compiuti,
se pertinenti all’opera in questione:
2. Categorie di opere
2.1 Opere pubblicate
2.1.1 Libri
2.1.2 Periodici
2.1.3 Giornali e riviste
2.1.4 Partiture musicali
2.1.5 Altro materiale – ad esempio mappe
–
2.2 Letteratura grigia
2.2.1 Libri
2.2.2 Periodici
2.2.3 Giornali e riviste
2.2.4 Partiture musicali
2.2.5 Altro materiale – ad esempio mappe
–
–
2.3 Opere inedite
2.3.1 Libri
2.3.2 Partiture musicali
2.3.3. Altro materiale – lettere, opuscoli
–
–
3. Soggetti interessati per
categoria di opera
–
3.1 Opere pubblicate
Giornalisti, scrittori, traduttori, editori, bibliotecari, archivisti.
–
3.2 Letteratura grigia
Autori (compositori di musica e di testi per la
musica compresi), editori non commerciali,
giornalisti, traduttori, bibliotecari, archivisti.
–
3.3 Opere inedite
Autori, compresi i compositori di musica e di
testi per la musica compresi, giornalisti, traduttori, bibliotecari, archivisti.
128
contattare l’associazione degli editori del
paese in questione, nonché le associazioni degli autori;
consultare le fonti sulla storia delle case
editrici in questione;
consultare le fonti giudiziarie per assicurarsi che non siano cambiati i titolari dei
diritti. Occorre tuttavia verificare che tali
fonti siano accessibili ai bibliotecari;
consultare gli specifici elenchi delle attività commerciali o delle persone fisiche,
o utilizzare i motori di ricerca per cercare
attività commerciali o persone fisiche;
consultare le banche dati delle istituzioni
per il prestito pubblico, laddove esistenti;
controllare, in base al tipo di pubblicazione e all’argomento, gli specifici indici
bibliografici nazionali dei materiali pubblicati;
controllare i titoli delle opere in commercio e l’ISBN;
controllare se i titolari dei diritti figurino
nei repertori delle organizzazioni di gestione collettiva dei diritti, quali le società collettive per il diritto d’autore e le organizzazioni per i diritti di riproduzione
dei paesi interessati (potrebbero anche
essere presenti risorse che attestino i
passaggi di proprietà relativi a case editrici e pubblicazioni);
Documenti
–
–
–
WATCH (Writers, Artists and Their
Copyright Holders), http://www.watchfile.com;
verificare nella Biblioteca Digitale
Europea (EDL) se l’opera non sia già stata digitalizzate;
ulteriori risorse da indicare paese per
paese (si vedano i casi di studio relativi,
prodotti da Francia e Germania), quali
atti testamentari (per risalire agli eredi
degli autori), registri aziendali (per risalire a editori che hanno cessato le attività)
e pubblicazione di annunci su quotidiani
locali o nazionali, riviste professionali o
per il grande pubblico, od opportuni siti
o liste in rete, a secondo di quale sia lo
strumento più appropriato e se vi è la
possibilità effettiva che ciò giovi alle ricerche.
–
–
ricerca per cercare attività commerciali o
persone fisiche;
fonti sulla storia delle case editrici o delle
discipline scientifiche, tecniche o mediche in questione;
inoltre, se chi intende utilizzare l’opera
riesce a individuare un precedente editore che sembra aver cessato le attività,
prima di ciascun uso occorre consultare i
repertori delle opere in corso di stampa
disponibili.
4.1.3 Giornali e riviste
Secondo l’European Newspaper Publishers
Association (ENPA) si deve:
–
–
È stato osservato che le risorse da consultare
potrebbero variare a seconda di alcuni fattori, quali la data di pubblicazione dell’opera.
–
contattare gli editori delle testate giornalistiche;
contattare l’organizzazione per i diritti di
riproduzione, in caso questa sia stata incaricata di rappresentare gli editori;
contattare, qualora la testata non esista
più, l’associazione degli editori di giornali.
4.1.2 Periodici
Elenco fornito dalla International Association
of Scientific, Technical & Medical Publishers
(STM):
Secondo la European Federation of
Journalists (EFJ) si deve:
–
–
–
–
–
–
–
–
indici pubblicati di materiali editi pertinenti al tipo di pubblicazione e all’argomento;
indici e cataloghi relativi al patrimonio e
alle collezioni delle biblioteche;
fonti che attestano i passaggi di proprietà relativi a case editrici e pubblicazioni,
incluse le fonti delle organizzazioni locali
per i diritti di reprografia;
fonti biografiche sugli autori;
consultazione della letteratura recente
per verificare se il riferimento all’opera
derivata è stato aggiornato da altri soggetti che hanno utilizzato l’opera, o dagli
autori;
specifici repertori delle attività commerciali o delle persone fisiche, o motori di
–
–
consultare tutte le banche dati esistenti
sulle opere;
rivolgersi alla casa editrice per verificare
se conosca i titolari dei diritti;
rivolgersi alle società collettive dei diritti
più adatte al caso per verificare se abbiano l’indirizzo dell’autore (o dei suoi eredi)
o qualche documento relativo all’opera;
consultare tutte le altre risorse pertinenti
al caso, tra cui, ma non solo, le associazioni che rappresentano gli agenti degli
autori, i fornitori di servizi Internet e i
motori globali di ricerca.
Nella conduzione di ricerche, si raccomanda
di consultare le seguenti risorse (l’elenco indicativo che segue non è in ordine di importanza e, quando opportuno, va inteso in senso cumulativo):
129
Documenti
–
–
–
–
–
–
contattare l’associazione degli editori del
paese in questione, nonché le associazioni degli autori e dei giornalisti;
consultare le fonti giudiziarie per assicurarsi che non siano cambiati i titolari dei
diritti;
controllare il deposito legale;
controllare se i titolari dei diritti figurino
nei repertori delle società collettive dei
diritti, ivi comprese le organizzazioni per
i diritti di riproduzione;
verificare nell’EDL se l’opera non sia già
stata digitalizzata;
ulteriori fonti possono essere consultate
a seconda dei singoli paesi.
–
–
–
4.1.4 Partiture musicali
Nella conduzione di ricerche, si raccomanda
di consultare le seguenti risorse (l’elenco indicativo che segue non è in ordine di importanza e, quando opportuno, va inteso in senso cumulativo):
–
–
–
–
–
–
–
–
–
consultare gli specifici repertori di attività commerciali o persone fisiche, o utilizzare i motori di ricerca per cercare attività
commerciali o persone fisiche;
controllare, in base al tipo di pubblicazione e all’argomento, gli indici relativi
alla specifica bibliografia nazionale;
ulteriori risorse possono essere consultate
a seconda del paese, quali, ad esempio,
atti testamentari (per risalire agli eredi
degli autori), registri aziendali (per risalire
a editori che hanno cessato le attività),
pubblicazioni di annunci su quotidiani locali o nazionali, riviste professionali o per
il grande pubblico, o specifici siti o liste in
rete, a seconda di quale sia lo strumento
più appropriato e se vi sia la possibilità
reale che ciò giovi alle ricerche.
4.1.5 Altro materiale
Le mappe sono trattate rispettivamente o come libri o come periodici.
4.2 Letteratura grigia
Dal punto di vista dei costi delle ricerche accurate sulle opere orfane, la cosiddetta letteratura grigia si colloca a metà strada tra le
opere pubblicate e quelle inedite. La letteratura grigia è letteratura pubblicata, ma non
da editori commerciali. Gli editori in questione
possono essere individui, aziende, enti governativi, istituti di ricerca, fondazioni, ecc. Di
norma, gli editori non commerciali non sono
iscritti ad alcuna associazione degli editori.
Si tratta pertanto di copie multiple dell’opera, e quindi non di un’opera rara, o quantomeno non all’inizio del processo di pubblicazione. Il contesto dell’opera, il libro con relativa rilegatura, frontespizio, ecc., normalmente sono parte integrante del testo.
Poiché di norma l’autore in qualche parte
viene citato e poiché il contesto dell’opera rimane intatto, il rischio che tali informazioni
vadano perdute è inferiore rispetto al caso
delle opere inedite. Tuttavia, l’editore non
commerciale è un soggetto alquanto difficile
contattare l’associazione degli editori del
paese in questione;
contattare l’associazione dei compositori
di musica e degli autori di testi per la
musica dei paesi in questione;
rivolgersi all’agenzia che gestisce l’ISMN
nei paesi in questione;
verificare se i titolari dei diritti figurano
nei repertori delle società di gestione collettiva dei diritti musicali (organizzazioni
per i diritti di riproduzione comprese);
consultare i siti Web contenenti elenchi
di produttori e di partiture musicali disponibili nei paesi in questione;
consultare le fonti giudiziarie per assicurarsi che non siano cambiati i titolari dei
diritti;
controllare il deposito legale (se applicabile al caso);
verificare presso la EDL se l’opera non sia
già stata digitalizzata;
consultare le fonti sulla storia delle case
editrici pertinenti;
130
Documenti
da rintracciare. Le pubblicazioni stesse spesso non forniscono alcuna informazione utile
in tal senso.
Ciò significa che condurre ricerche accurate
in questo campo richiede più tempo, perché
la ricerca dell’editore è più complessa.
L’autore potrebbe essere noto alla società
collettiva dei diritti d’autore ma, è probabile
che il numero degli autori di letteratura grigia, rappresentato dalle società collettive dei
diritti, sia minore rispetto al numero degli autori di opere diffuse commercialmente8.
–
–
4.2.2 Periodici:
– contattare, nei rispettivi paesi, le associazioni degli editori e le associazioni degli autori;
– consultare gli indici pubblicati attinenti al
tipo di pubblicazione e all’argomento;
– consultare gli indici e i cataloghi relativi
al patrimonio e alle collezioni delle biblioteche;
– consultare le fonti biografiche sugli autori;
– consultare gli specifici repertori relativi
alle attività commerciali o alle persone fisiche, oppure utilizzare i motori di ricerca
per verificare organizzazioni legali o persone fisiche.
4.2.1 Libri:
– contattare, nei rispettivi paesi, le associazioni degli editori e le associazioni degli autori;
– consultare le fonti sulla storia degli organismi legali pertinenti al caso;
– consultare i repertori delle attività commerciali o delle persone fisiche, oppure
utilizzare i motori di ricerca per verificare
organizzazioni legali o persone fisiche;
– consultare la bibliografia nazionale o altro materiale pertinente al tipo di pubblicazione e all’argomento;
– consultare le società collettive dei diritti
(società per il diritto d’autore e organizzazioni per i diritti di riproduzione) dei
paesi in questione;
– consultare WATCH;
8
consultare gli indici e i cataloghi del patrimonio e delle collezioni delle biblioteche;
consultare EDL.
4.2.3 Giornali e riviste:
– contattare, nei rispettivi paesi, le associazioni degli editori, le associazioni degli
autori e dei giornalisti;
– controllare il deposito legale;
– verificare, mediante le organizzazioni per
i diritti di riproduzione, se i titolari dei diritti figurino nei loro repertori;
– consultare gli indici e i cataloghi relativi
al patrimonio e alle collezioni delle biblioteche;
Cfr. Moya K. Mason, Grey Literature: Its History, Definition, Acquisition, and Cataloguing, The
History and Definition of Grey Literature, http://www.moyak.com/researcher/resume/papers/
var7mkmkw.html; Albert Klazes Boekhorst – Dominic John Farace – Jerry Frantzen, Grey
Literature Survey 2004. A research project tracking developments in the field of grey
Literature, http://www.greynet.org/images/GL6,_Page_1.pdf; Grey Literature: an annotated
bibliography, prepared by the STS Subject & Bibliographic Bibliographic Access Committee,
June 2003 (a work in progress), http://personal.ecu.edu/cooninb/Greyliterature.htm; Heather
Lehman – Janet Webster, Describing grey literature again: A survey of collection policies,
«Publishing Research Quarterly», 21 (1), Springer: New York, 2005, p. 64-72; Irwin Weintraub,
The Role of Grey Literature in the Sciences, http://library.brooklyn.cuny.edu/access/
greyliter.htm; Marcus Banks, Connections between open access publishing and access to grey
literature, «Journal of the Medical Library Association» 92 (2), 2004, p. 164–166,
http://www.pubmedcentral.nih.gov/articlerender.fcgi?artid=385294; P. Rajendiran, Electronic
Grey Literature in Accelerator Science and Its Allied Subjects: Selected Web Resources for
Scientists and Engineers, «HEP Libraries Webzine», Iss. 12, March 2006, CERN,
http://library.cern.ch/HEPLW/12/papers/4/; University of Ottawa, Grey Literature,
http://www.biblio.uottawa.ca/content-page.php?g=en&s=rgn&c=src-litgris.
131
Documenti
–
–
consultare EDL per verificare se l’opera
non sia già stata digitalizzate;
ulteriori risorse possono essere utilizzate
a seconda del paese.
ro, questo sarebbe stato realizzato presumibilmente mediante la pubblicazione dell’opera. In larga misura, se un’opera inedita ha un
qualche valore, è molto più probabile che ciò
sia legato al manufatto stesso dell’opera (si
pensi al caso di una lettera recante la firma di
una persona famosa) e non ai diritti d’autore.
La pubblicazione dell’opera protetta non
pregiudica questo valore, ma può, al contrario, contribuire ad accrescerlo ulteriormente,
poiché porta l’esistenza stessa del documento all’attenzione del mondo.
La maggior parte delle opere testuali inedite
protette dal diritto d’autore, seppur anche in
questo caso con molte eccezioni, è costituita
da materiali relativamente effimeri, quali la
corrispondenza commerciale e privata, i resoconti, i diari, i verbali delle riunioni, i rapporti, i registri e, più recentemente, i messaggi
di posta elettronica. Gli archivi sono pieni di
materiali di questo tipo e molte biblioteche e
musei ne custodiscono a loro volta una certa
quantità. Si tratta spesso di opere di piccole
dimensioni: una sola pagina, o poche pagine
appena.
Pubblicare significa mettere a disposizione
del pubblico. In senso tradizionale, ciò significa produrre un vasto numero di copie stampate e distribuirle a un pubblico molteplice e
indefinito.
Nel mondo della stampa tradizionale, non è
semplice stabilire quale numero di copie sia necessario per poter considerare pubblico un testo.
Di norma, un’opera inedita si manifesta in
un’unica copia: l’originale. Spesso è proprio
tale unicità a dare valore all’opera. Un valore
non necessariamente economico, ma dal
punto di vista culturale quell’unica copia vale
probabilmente di più di una singola copia di
un libro stampato in copie multiple, per ovvie
ragioni di rarità. Se l’autore è famoso, allora
ovviamente vi sarà anche un immediato valore economico. Tuttavia capita anche che documenti il cui autore non è famoso acquisiscano enorme valore economico a lunga distanza dalla loro “nascita”, grazie ai mutati
4.2.4 Partiture musicali:
– contattare, nei rispettivi paesi, le associazioni degli editori e le associazioni dei compositori di musica e di testi per la musica;
– contattare, nei rispettivi paesi, l’agenzia
che gestisce l’ISMN;
– controllare se i titolari dei diritti figurino
nei repertori delle società collettive dei
diritti musicali dei paesi in questione (organizzazioni per i diritti di riproduzione
comprese);
– consultare i siti Web contenenti elenchi
di editori e partiture musicali disponibili
nei rispettivi paesi;
– controllare il deposito legale;
– consultare EDL per verificare se l’opera
non sia già stata digitalizzate;
– ulteriori risorse possono essere utilizzate
a seconda del paese;
– consultare le fonti specifiche sulla storia
della composizione musicale e dei testi
per la musica;
– consultare gli specifici repertori musicali o utilizzare i motori di ricerca per cercare compositori di musica e di testi per
la musica, attività commerciali o persone fisiche;
– consultare gli indici e i cataloghi relativi
al patrimonio e alle collezioni delle biblioteche (altrimenti, si veda il paragrafo 4.1.4.).
4.2.5 Altro materiale
Le mappe sono trattate rispettivamente o come libri o come periodici.
4.3 Opere inedite
Le opere inedite differiscono molto dalle
opere pubblicate. Nella maggior parte dei casi, ma ovviamente non in tutti, esse hanno
scarso valore economico; se invece lo avesse-
132
Documenti
interessi del pubblico, all’emergere di nuovi
elementi, ecc.
I casi di opere orfane si verificano tanto per i
testi inediti quanto per quelli pubblicati. La
percentuale nel primo caso potrebbe persino
essere superiore, perché nel corso del tempo
le informazioni relative al contesto in cui un
manoscritto è stato prodotto possono andare
perse, e con esse anche la possibilità di individuarne l’autore, vi è un rischio molto maggiore che ciò accada rispetto al caso dei libri
stampati. È probabile che molte delle opere
testuali inedite custodite negli archivi siano
orfane: ad esempio, le probabilità di rintracciare i discendenti degli autori di carteggi
privati e diari sono scarse.
Se rintracciare i titolari dei diritti attraverso
ricerche ragionevolmente accurate significa
contattare per prima cosa la casa editrice, poi
la società collettiva che ne gestisce i diritti e
solo in seguito iniziare a cercare l’autore, allora nel caso delle opere inedite i primi due
passaggi della procedura – contattare editori
e società per il diritto d’autore – appaiono in
tutto e per tutto irragionevoli. Le opere inedite non hanno editori e gli autori di opere
simili che prendono in considerazione l’ipotesi di iscriversi a una società per il diritto d’autore per proteggere i propri limitatissimi interessi economici sono pochi, se anche avessero diritto a farlo. Tutto ciò significa anche che
la ricerca accurata deve mirare direttamente a
rintracciare i singoli individui, impresa che ribadiamo essere molto più difficile, lunga e
dispendiosa.
Tra gli altri fattori da considerare vi è poi la
questione dei diritti morali, che a differenza
dei diritti d’autore non possono essere trasferiti o venduti, poiché esistono per tutelare
tanto lo status creativo dell’autore quanto
l’integrità della sua opera. Tale status è innanzitutto determinato dal diritto dell’autore
a essere riconosciuto quale creatore dell’opera. Nel caso di lettere inedite, manoscritti e
altro materiale simili, i diritti morali vanno valutati anche sotto altri aspetti. Ad esempio, il
soggetto depositario dell’opera potrebbe
avere avuto l’intenzione di permettere, prima
o poi, l’accesso pubblico al materiale, ma solo dopo il decesso dell’autore. O un autore
potrebbe aver proibito la messa a disposizione di una determinata versione di un testo,
contente modifiche che l’autore stesso non
aveva accolto.
Potrebbe essere inoltre necessario tenere
conto di diritti morali legati a fattori di circostanza, compresi ma non solo gli aspetti legati alla censura e all’autocensura, nonché i
fattori di carattere storico, politico, economico e personale, di cui occorre tenere opportuno conto e che potrebbero persino facilitare il processo di ricerca accurata.
4.3.1 Libri (la definizione di libro dipenderà
dal paese in questione):
– contattare, nei rispettivi paesi, le associazioni degli autori;
– consultare gli specifici repertori delle
persone fisiche o utilizzare i motori di ricerca per verificare le persone fisiche;
– controllare la bibliografia nazionale o altro repertorio relativo all’argomento;
– consultare le società collettive per la gestione dei diritti e le organizzazioni per i diritti di riproduzione dei paesi in questione;
– consultare WATCH;
– consultare EDL.
4.3.2 Partiture musicali:
– contattare, nei rispettivi paesi, le associazioni dei compositori di musica e degli
autori dei testi per la musica;
– controllare il deposito legale;
– verificare, con le società collettive di gestione dei diritti musicali dei rispettivi
paesi, comprese le organizzazioni per i
diritti di riproduzione, se i titolari dei diritti figurino nei loro repertori;
– consultare EDL per verificare se l’opera
non sia già stata digitalizzate;
– ulteriori risorse possono essere utilizzate
a seconda del paese.
133
Documenti
5. Altre questioni
a ottenere le autorizzazioni e a compensare i diritti.
5.1 Quali misure si propongono per prevenire
i casi di opere orfane in futuro:
– registrare le date di decesso degli autori
negli authority files delle bibliografie nazionali;
– utilizzare gli identificatori elettronici;
– istituire piattaforme nazionali finalizzate
5.2 Proprietà dei diritti per il caso delle
p ubb l i cazi o ni peri o di ch e
Il Gruppo ritiene che questo non sia l’ambito adatto ad affrontare il tema della proprietà dei diritti.
Organizzazioni partecipanti
MEMBRI
Bibliothèque Nationale
de France (BNF)
Conference of European
National Libraries (CENL)
(co-presidenza)
European Bureau of
Libraries (EBLIDA)
European Federation
of Journalists (EFJ)
European Newspaper
Publishers Association (ENPA)
European Writers Congress (EWC)
Fédération Européenne
des Éditeurs de Périodiques
(FAEP)
Federation of European
Publishers (FEP)
(co-presidenza)
OSSERVATORI
The International Confederation
of Music Publishers
Confédération Internationale
des Editeurs de Musique
(ICMP/CIEM)
The International Association
of Scientific, Technical &
Medical Publishers (STM)
134
UK National Archives
Documenti
Sector-Specific Guidelines on Due
Diligence Criteria for Orphan Works.
Joint Report
European Digital Libraries
ne digitale, opere esaurite e opere orfane. Tale
sottogruppo ha prodotto relazioni nei mesi di
ottobre 2006 e aprile del 2007.
Il Sottogruppo sul diritto d’autore raccomanda che gli Stati membri siano incoraggiati a
definire meccanismi che permettano l’uso di
opere orfane, in base a termini concordati e
dietro equo compenso, ove sia possibile, purché vengano condotte ricerche accurate per
individuare e reperire i titolari dei diritti prima
che l’opera sia utilizzata. Il Report dell’aprile
del 20071 raccomanda l’elaborazione, da parte dei soggetti interessati, di linee guida settoriali per la conduzione di ricerche accurate.
Su iniziativa del Sottogruppo sul diritto d’autore, il 14 settembre del 2007 la Commissione
ha organizzato una Conferenza delle parti interessate, a cui sono stati invitati i soggetti
interessati afferenti ai diversi settori. I partecipanti alla Conferenza hanno confermato che
il problema delle opere orfane è un problema
sentito in tutti i settori creativi, anche se l’entità e la portata del problema stesso varia da
settore a settore. Le parti sono giunte alla
conclusione che occorreva sviluppare una serie di linee guida per la ricerca accurata dei titolari dei diritti nei diversi settori creativi, e
hanno confermato di voler contribuire a tale
lavoro. Si è inoltre constatato che alcune
Linee guida settoriali sui
criteri di dovuta diligenza
per le opere orfane.
Rapporto congiunto*
Traduzione di Eva Gilmore
1. Questioni di carattere generale
1.1 Contesto e finalità delle linee guida
Contesto
uale parte dell’impegno complessivo per
incentivare l’economia digitale attraverso la strategia i2010, nel 2005 la
Commissione Europea ha lanciato l’iniziativa
Biblioteche Digitali Europee, iniziativa finalizzata alla creazione di un punto di accesso
multilingue al patrimonio culturale europeo.
Nel febbraio 2006, la Commissione ha istituito
un Gruppo di esperti di alto livello avente il
compito di fornire un parere circa le sfide organizzative, giuridiche e tecniche da affrontare,
nonché di contribuire all’elaborazione di una
visione strategica condivisa per le Biblioteche
digitali europee. Il Gruppo di esperti di alto livello ha istituito, a sua volta, un Sottogruppo
sul diritto d’autore, avente il compito di discutere i nodi relativi alla questione del diritto
d’autore. Il Sottogruppo sul diritto d’autore ha
incentrato la propria attenzione sullo sviluppo
di soluzioni pratiche in materia di conservazio-
Q
* Il testo in inglese è consultabile all’indirizzo Web http://ec.europa.eu/information_society/activities/
digital_libraries/doc/hleg/orphan/guidelines.pdf
1
i2010: Digital Libraries, High Level Expert Group, Copyright Subgroup, Report on Digital
Preservation, Orphan Works, and Out-of-Print Works. Selected Implementation Issues = Relazione
sulla conservazione digitale, le opere orfane e le opere esaurite. Aspetti concreti legati
all’attuazione, «DigItalia», 2007, n. 1, p. 145-156, http://digitalia.sbn.it/upload/documenti/
digitalia20071_RICOLFI.pdf [n.d.r.].
135
Documenti
Obiettivo
Nella Raccomandazione del 24 agosto 20062,
la Commissione sollecita gli Stati membri a
«migliorare le condizioni per la digitalizzazione del materiale culturale e la sua accessibilità on-line, creando meccanismi per facilitare
l’uso di «opere orfane», previa consultazione
con le parti interessate»3. Scopo del lavoro a
livello europeo è quello di fornire indicazioni
per la scelta di misure nazionali idonee ad attuare la Raccomandazione.
Le linee guida sulla dovuta diligenza aiutano
a individuare e reperire i titolari dei diritti e
costituiscono quindi una parte importante e
necessaria di tale lavoro. In quanto misura
volontaria, non risolvono in sé tutte le problematiche connesse alle opere orfane. Le linee guida non sono pensate per risolvere
questioni quali la definizione, l’applicabilità o
le condizioni contrattuali delle licenze o i
meccanismi di compenso dei diritti.
Le linee guida a livello europeo devono avere
carattere generico, a causa della diversità
delle possibili soluzioni e risorse a livello nazionale. Le linee guida sono uno strumento
pratico, pensato per aiutare a individuare e
reperire i titolari dei diritti; le azioni e le risorse elencate non sono vincolanti e le linee
guida non contengono disposizioni normative circa la necessità o meno che una determinata parte interessata detenga i diritti. Le
linee guida prevedono che, in linea generale,
le ricerche accurate siano condotte consultando le risorse del paese di origine dell’opera (se noto) e procedendo per titolo, sulla
base delle informazioni disponibili. Ci si
aspetta che chi utilizza le linee guida si premuri di verificare quali siano le risorse più appropriate da consultare per l’opera orfana in
questione.
Per quanto riguarda il materiale non europeo, se da una parte si riconosce che si tratta
questioni avrebbero riguardato più di un settore (“questioni trasversali ai vari settori”).
Gruppi di lavoro settoriali
La Commissione ha seguito le indicazioni
scaturite dalla Conferenza e ha invitato i
rappresentanti delle istituzioni culturali e
dei settori creativi a partecipare a quattro
gruppi di lavoro settoriali (“GL”) (settore
testi, settore audiovisivo, settore visivo/fotografico e settore musicale/sonoro), con il
mandato di sviluppare le linee guida in
questione per ciascun settore. L’obiettivo
era creare una serie di linee guida per le
istituzioni culturali impegnate a compiere
ricerche sui titolari dei diritti di opere che
potrebbero essere orfane.
I gruppi di lavoro riferiscono alla
Commissione e al Gruppo di esperti di alto livello. Ciascun gruppo di lavoro è composto
dai rappresentanti dei titolari dei diritti e delle istituzioni culturali presenti nel settore in
questione, e ha uno o due responsabili. Una
coordinatrice generale (Tarja KoskinenOlsson, componente del Gruppo di esperti di
alto livello e del Sottogruppo sul diritto d’autore, assistita da Franziska Schulze
dell’IFRRO) è incaricata di assicurare la coerenza complessiva delle linee guida.
I gruppi di lavoro si sono incontrati in tre diverse occasioni nel periodo che va dall’ottobre del 2007 all’aprile del 2008. Nel frattempo, ciascun gruppo ha portato avanti in
autonomia il proprio lavoro. Ogni gruppo ha
prodotto un rapporto che illustra le linee
guida per il settore di competenza. I rapporti inoltre offrono un’altra serie di proposte e
considerazioni circa il settore in esame, che
dovrebbero costituire un’utile lettura per chi
lavora all’elaborazione di soluzioni al problema delle opere orfane nel presente contesto.
2
3
Raccomandazione della Commissione del 24 agosto 2006 sulla digitalizzazione e l’accessibilità on
line del materiale culturale e sulla conservazione digitale (2006/585/CE), G.U. L 236/28 del
31/08/2006.
Ivi, articolo 6(a).
136
Documenti
di materiale importante per le istituzioni culturali, dall’altra si chiarisce che le presenti linee guida sono state redatte per rispondere
alle specificità del materiale europeo.
Allo stato attuale, si dispone di alcuni casi di
studio realizzati negli Stati membri relativi al
settore testi e a quello visivo/fotografico,
che verranno pubblicati come documenti separati (e successivamente aggiornati/integrati); altri casi di studio, relativi ad altri settori, potranno essere aggiunti quando opportuno. Gli Stati membri e le parti nazionali interessate potranno fare riferimento a tali casi
di studio quando svilupperanno soluzioni nazionali.
Il presente Rapporto congiunto è basato sui
Rapporti di settore presentati dai Gruppi di
lavoro (qui allegati). L’auspicio è che i rappresentanti dei diversi settori creativi e delle
diverse istituzioni culturali facciano proprie le
linee guida (Rapporto congiunto e Rapporti
di settore).
–
–
–
Ciascuno Rapporto di settore contiene una
definizione elaborata appositamente per
rispondere alle esigenze del settore in
questione (per le definizioni relative ad ogni
settore, si prega di consultare l’allegato):
1.2 Definizione di opera orfana
La definizione che segue va interpretata tenendo conto delle seguenti precisazioni:
–
–
–
(ovvero di chi ha creato l’opera), degli
interpreti ed esecutori, degli editori (musica o testi), dei produttori e delle emittenti radiotelevisive. È inoltre comprensiva dei possibili successivi aventi diritto;
l’uso di un’opera o di materiale composto
da più opere può comportare il rilascio di
autorizzazioni da più titolari dei diritti diversi tra loro, e lo stato di opera orfana va
verificato in relazione a ciascun titolare;
le opere anonime/pseudonime non sono
automaticamente opere orfane;
nella categoria di opera orfana non sono
comprese le opere per le quali i titolari
dei diritti rifiutino di concedere l’autorizzazione all’uso o non rispondano alle richieste di autorizzazione.
TESTI: «Un’opera orfana è un’opera
protetta dal diritto d’autore ma della quale
non si conosce o non si riesce a rintracciare,
mediante ricerche accurate, il titolare
attuale. Il titolare attuale potrebbe essere
l’autore o qualche altro creatore, qualche
altro proprietario originario dei diritti
(quale ad esempio il datore di lavoro
dell’autore, qualora ciò sia applicabile al
caso, o un editore), o qualunque titolare
dei diritti che potrebbe detenere suddetta
titolarità in base alle disposizioni di legge o
ad accordi contrattuali, o qualunque
avente causa del proprietario originario».
le opere orfane sono per definizione
opere per le quali il diritto d’autore ancora sussiste;
il termine “opere” va inteso quale modo
abbreviato per indicare le opere protette
dal copyright (inteso come comprensivo
dei diritti economici e dei diritti morali),
e anche le opere soggette ai diritti connessi, come le esecuzioni o rappresentazioni, i film, le registrazioni sonore, le
trasmissioni radiotelevisive e le banche
dati. Per quanto segue, con il termine
“opere” ci si riferirà a tutte queste tipologie di opere e di materiali;
l’espressione “titolari dei diritti” va intesa
quale modo abbreviato per indicare tutti
coloro che potrebbero detenere i diritti
relativi a una determinata opera.
L’espressione è comprensiva degli autori
MUSICA/REGISTRAZIONE
SONORA:
«Un’opera orfana è un’opera protetta o
altro materiale protetto ad essa relativo il
cui autore e/o titolare dei diritti non possa
essere individuato o trovato, nonostante gli
sforzi compiuti in buona fede e in misura
ragionevole per individuarlo o trovarlo, in
ottemperanza alle regole di dovuta
diligenza che il Gruppo di lavoro deve
definire».
137
Documenti
DOCUMENTI VISIVI/FOTOGRAFICI: «Non è
possibile rintracciare né il titolare dei diritti,
né l’autore/il creatore, né i rispettivi aventi
causa; autori / creatori ignoti; le opere
anonime / pseudonime non sono orfane –
sono spesso oggetto di disposizioni
nazionali di legge».
–
AUDIOVISIVI: «Un’opera audiovisiva può
essere definita “orfana” solo quando il
possessore/il titolare dei diritti non può
essere individuato affatto, o quando il suo
nome è noto ma non è possibile rintracciarlo
per richiedergli l’autorizzazione. Pertanto, si
definisce “opera audiovisiva orfana”
un’opera per la quale non risulti possibile
individuare il possessore/il titolare dei diritti
neanche dopo aver condotto ricerche
accurate e in buona fede, adottando
strumenti e metodi di ricerca generalmente
accettati. Anche qualora il possessore/il
titolare dei diritti sia stato individuato,
l’opera continuerà a essere qualificabile
come orfana se il possessore/il titolare dei
diritti individuato non risulti essere reperibile
neanche dopo aver condotto ricerche
altrettanto accurate e in buona fede».
La ricerca deve essere condotta seguendo
procedure corrette e conformi alle linee
gui d a ap p l ic a b il i a l c as o
Le procedure e metodologie di ricerca, come
anche ulteriori indicazioni in materia di opere
orfane, dovranno essere stabilite dalla singola istituzione in base a quanto previsto dalle
linee guida applicabili al proprio caso. Le istituzioni culturali affini sono incoraggiate a
cooperare alla pubblicazione di procedure e
metodologie di ricerca.
Le procedure potrebbero anche prevedere la
pubblicazione di un annuncio, sfruttando ad
esempio questi mezzi di informazione:
–
–
–
–
–
La definizione di opera orfana di seguito riportata è stata elaborata per gli scopi delle
linee guida piuttosto che come modello per
un testo di legge:
–
la ricerca va condotta prima che l’opera
venga utilizzata;
la ricerca va condotta titolo per titolo,
opera per opera;
di solito, le risorse pertinenti al caso sono
quelle del paese d’origine dell’opera.
un sito web;
una pubblicazione pertinente (commerciale, professionale, ecc.);
reti professionali o sociali o associazioni
(newsletter comprese);
la stampa locale o nazionale.
Il processo di ricerca deve essere documentato con:
Un’opera è “orfana” quando i titolari dei diritti la cui autorizzazione sia necessaria per
poter utilizzare l’opera stessa non risultino
individuabili o reperibili tramite ricerche accurate condotte seguendo le linee guida sulla
dovuta diligenza. Tali ricerche devono essere
condotte in buona fede (dal punto di vista
soggettivo) e comportare sforzi ragionevoli
(dal punto di vista oggettivo) alla luce della
tipologia relativamente ai titolari dei diritti.
–
–
–
la data delle ricerche;
la denominazione delle risorse consultate
ed elenco delle chiavi di ricerca adottate;
la copia degli annunci pubblicati quando
opportuno.
Per una ricerca attiva, occorre consultare le
risorse appropriate, elencate al paragrafo 2.2.
Si considera buona pratica redigere una dichiarazione che attesti l’impossibilità di reperire i titolari dei diritti (e riporti, in maniera
opportuna e in base alle informazioni disponibili, quanto noto circa il titolare/i titolari
dei diritti). Un esempio per il caso di un’ope-
2. I criteri di dovuta diligenza
2.1 Procedura
Principali criteri per individuare e/o reperire
il titolare dei diritti:
138
Documenti
ra singola potrebbe essere: «opera ancora
protetta dal diritto d’autore, impossibile reperire il titolare dei diritti, [nome dell’istituzione culturale]». Una simile dichiarazione
può essere redatta a livello di opera singola o
a livello di collezione, e deve essere registrata
in ogni sistema informativo o di gestione delle collezioni usato dall’istituzione.
Le ricerche sui materiali composti da più opere (che si tratti di “opere incluse” o di “opere
derivate da altre”) vanno prima effettuate
seguendo le linee guida relative al settore cui
appartiene il “materiale principale” e, qualora
ciò non permetta di individuare e/o reperire i
titolari dei diritti di tali opere, vanno ripetute
seguendo le linee guida relative al settore cui
è riconducibile l’opera inclusa e/o derivata.
–
–
–
–
–
2.2 Risorse disponibili ai fini di ricerca,
comuni e per sottocategoria
Di solito, le risorse pertinenti al caso sono
quelle del paese d’origine dell’opera. Tali risorse dovrebbero essere a disposizione del
pubblico o custodite da un’istituzione disposta a condividere le necessarie informazioni a
nessun costo o a costo basso.
–
–
–
Risorse comuni a tutti i settori per individuare
e/o reperire il titolare dei diritti, nei limiti del
possibile:
– verificare se l’opera non sia già stata digitalizzata nella Biblioteca digitale europea, anche attraverso la cooperazione tra
istituzioni culturali affini;
– verificare file o fonti relative alla provenienza;
– attribuzioni di responsabilità e altre informazioni relative al titolo/all’opera/al
titolare dei diritti presenti sulla copertina,
sulla custodia dell’opera o altrimenti collocate (compresi nomi, titoli, data e luogo di registrazione, pubblicazione);
– informazioni contenute in ricevute, registri, file, sistemi di gestione delle collezioni e altre informazioni in possesso dell’istituzione;
–
–
–
–
–
–
139
seguire tali indicazioni per risalire a ulteriori titolari dei diritti (per es., contattare
un produttore discografico per trovare gli
esecutori);
organizzazioni di gestione collettiva dei
diritti per il settore in questione, e loro
banche dati.
associazioni o istituzioni rappresentative
della categoria cui è riconducibile il titolare
dei diritti in questione (compresi sindacati,
associazioni del commercio, loro iscritti e
loro banche dati ed elenchi iscritti);
banche dati generali sui titolari dei diritti
e/o sulle opere, quali la banca dati
WATCH – http://www.watch-file.com;
elenchi on-line contenenti gli atti di registrazione dei diritti d’autore (ivi compresi
gli elenchi tenuti da enti governativi
quali lo U.S. Copyright Office);
il deposito legale/la biblioteca nazionale
o gli archivi nazionali, o altri centri di documentazione;
elenchi relativi a persone fisiche e/o
aziende e motori di ricerca.
la bibliografia nazionale o altre fonti rilevanti per il materiale in oggetto e gli indici a stampa di materiali stampati;
indici e cataloghi a stampa di collezioni
possedute dalle biblioteche;
fonti bibliografiche a stampa relative agli
autori;
fonti a stampa relative alla storia dei soggetti giuridici in questione (quali le case
editrici o le case di produzione che hanno pubblicato l’opera);
fonti legali quali archivi aziendali o registri/banche dati di settore attestanti il
trasferimento della proprietà della persona giuridica o il fallimento/liquidazione
della stessa;
contattare altri proprietari della stessa
opera o di opere simili dello stesso autore/creatore;
agenzie di gestione degli standard e degli identificatori (tra cui l’ISBN per i libri,
l’ISSN per le pubblicazioni periodiche,
Documenti
–
l’ISAN per i materiali audiovisivi, l’ISMN
per le partiture musicali, l’ISWC per le
opere musicali, l’IRSC per le registrazioni
sonore, ecc.)4 e loro banche dati;
ulteriori risorse disponibili al pubblico,
variabili a seconda del paese e delle opere in questione, quali gli atti testamentari
(per risalire agli eredi degli autori).
–
–
Esempi di risorse di interesse per determinati
materiali
Libri:
–
la Cinématographie (http://www.cnc.fr);
filmografie pubblicate (anche se questi
testi si limitano a indicare la casa di produzione originaria);
per quanto riguarda i contenuti sottesi,
le organizzazioni rappresentative dei titolari dei diritti in questione, ivi comprese le organizzazioni di gestione collettiva
dei diritti;
enti (pubblici) che erogano finanziamenti
per il settore audiovisivo.
Materiali visivi, ivi compresi quelli fotografici:
–
–
banche dati delle agenzie di gestione dei
diritti di prestito pubblico;
elenchi dei libri in commercio.
–
–
–
Riviste scientifiche:
–
2.3 Adattabilità delle Linee guida
Può rivelarsi opportuno elaborare una serie
di linee guida specifiche, quantomeno per
quei settori in cui esistono materiali i cui titolari dei diritti tendono a non essere rappresentati da associazioni professionali. Poiché
si dispone di un minor numero di risorse per
risalire a questo tipo di titolari, potrebbe essere opportuno sviluppare un approccio
pragmatico e flessibile alle ricerche accurate
in questi campi. Ciò non avrebbe alcun effetto sulle disposizioni vigenti per la tutela del
diritto d’autore sulle opere, ma significherebbe semplicemente offrire una soluzione pratica alle istituzioni culturali limitatamente a
questi casi specifici.
Per quanto riguarda il settore testi, è probabile incontrare questa tipologia di titolari dei
diritti quando si ha che fare con la letteratura
“grigia” e le opere inedite. Pubblicare significa mettere un materiale a disposizione del
pubblico. Di norma, un’opera inedita esiste in
forma di manifestazione unica (l’originale).
Si prega di fare riferimento al testo Safe
Harbour Provisions for the Use of
Orphan Works for Scientific, Technical
and Medical Literature redatto da STM,
ALPSP e PSP5.
Partiture musicali:
–
–
siti web contenenti elenchi di editori musicali e partiture musicali disponibili nei
rispettivi paesi;
fonti relative alla storia della composizione musicale e di testi per la musica, quali
le raccolte di testi di canzoni.
Materiali audiovisivi:
–
–
4
5
progetti nazionali che dispongono di
elenchi di autori/creatori noti;
http://www.vci-registry.org;
http://www.onlineart.info.
archivi cinematografici nazionali (la funzione di tali istituzioni comprende anche
la ricerca e l’identificazione dei materiali
posseduti);
registre public de la Cinématographie et de
l’Audiovisuel, tenuto dal Centre national de
ISBN: International Standard Book Number, ISAN: International Standard Audiovisual Number,
ISMN: International Standard Music Number, ISSN: International Standard Serial Number, ISWC:
International Standard Music Work Code, ISRC: International Sound Recording Code.
http://www.stm-assoc.org/home/stm-alpsp-psp-issue-clear-rules-for-orphan-works.html.
140
Documenti
Una percentuale significativa di opere inedite
è costituita da materiali relativamente effimeri, quali la corrispondenza commerciale e
privata, i resoconti, i diari, i verbali delle riunioni, i rapporti, i registri. Spesso l’autore di
questo tipo di materiali non è rappresentato
da alcuna associazione professionali degli
scrittori o dei creatori di altro genere.
La cosiddetta letteratura grigia si colloca a
metà strada tra le opere pubblicate e quelle
inedite. La letteratura grigia è letteratura
pubblicata da editori non commerciali, quali
individui, aziende, istituzioni governative,
istituti di ricerca, fondazioni e altri soggetti.
Di norma, questo genere di editori non commerciali non è iscritto ad alcuna associazione
di editori.
Anche in altri settori creativi può capitare di
imbattersi in tipologie di titolari dei diritti
non rappresentate da alcuna associazione di
categoria.
–
–
–
–
–
–
3. Altre questioni
3.1 Misure che potrebbero aiutare a prevenire i casi di opere orfane in futuro
Un’opera diviene orfana essenzialmente perché le informazioni sono mancanti o incomplete. Il modo migliore per assicurarsi che le
opere non diventino orfane è quello di assicurare la creazione, il mantenimento e l’accessibilità delle informazioni importanti riferite alle opere. Di seguito, si fornisce una lista
esemplificativa di misure utili a migliorare la
disponibilità di informazioni sulle opere, sui
titolari dei diritti e sui diritti relativi alle opere:
fare uso di identificativi elettronici e di
altra natura, ivi compreso il nome dell’autore;
creare, utilizzare e mantenere metadati
relativi all’opera e ai titolari dei diritti su
di essa, ad esempio attraverso la creazione automatizzata di metadati al momento
stesso in cui un’immagine viene creata;
valorizzare gli standard identificativi
(quali l’ISAN, l’ISBN, l’ISRC, l’ISMN,
l’ISWC) e i registri, annotando in suddetti
registri l’eventuale cessione dei diritti a
una parte terza, nonché le cessioni successive (come già avviene nel caso dei
registri pubblici del cinema francesi e
spagnoli);
menzionare i titolari dei diritti all’interno
delle/sulle opere e loro custodie, copertine, ecc.;
annotare, per quanto praticabile, la registrazione fatta dagli utenti dei titolari dei diritti;
registrare la data di decesso degli autori
negli authority files delle bibliografie nazionali.
3.2 Banche dati contenenti informazioni sulle
opere orfane
Le banche dati contenenti informazioni relative ai titoli, ai titolari dei diritti e metadati di
qualunque altro tipo sono strumenti che aiutano a individuare e reperire i titolari dei diritti e che facilitano quindi i progetti di digitalizzazione. I progetti europei finalizzati a
sviluppare ulteriormente tali banche dati si
riveleranno utili in tal senso.
141
Documenti
Memorandum of Understanding
on Diligent Search Guidelines
for Orphan Works
European Digital Libraries
–
Protocollo d’intesa sulle linee
guida per la conduzione
di ricerche accurate
sulle opere orfane*
Traduzione di Eva Gilmore
–
ell’ambito dell’iniziativa Biblioteche
Digitali Europee, finalizzata alla creazione di un punto di accesso multilingue al patrimonio culturale europeo,
N
ritenendo che gli standard di dovuta diligenza possano essere stabiliti al meglio
in collaborazione con le parti interessate,
quali i rappresentanti dei titolari dei diritti e le istituzioni culturali;
essendosi impegnati attivamente e su base
volontaria alla definizione di linee guida
generali sulla dovuta diligenza, intese come strumento pratico e flessibile per aiutare a individuare e reperire i titolari dei diritti, ai fini dell’uso legale delle opere orfane,
i sottoscritti:
convengono quanto segue:
–
1. che, le linee guida per operare con la dovuta diligenza (Rapporto congiunto e
Rapporto/i di settore), siano applicate,
nella misura del possibile, quando si ricercano i titolari dei diritti e che un’opera
possa essere considerata orfana solo se i
criteri pertinenti, ivi compresa la documentazione relativa alle procedure di ricerca, siano stati applicati pur senza reperire i titolari dei diritti;
2. che le linee guida siano promosse come
accettabili standard di una dovuta diligenza nel trattare le opere orfane all’interno dell’Unione Europea, e che le organizzazioni o le istituzioni nazionali degli
Stati membri siano incoraggiate a mettere in relazione le informazioni generiche
fornite dal Rapporto congiunto e dai
Rapporti di settore con le risorse informative nazionali, se e quando possibile;
–
–
–
consapevoli dell’importanza delle
Biblioteche Digitali Europee (European
Digital Libraries, EDL) e della necessità di
conservare il patrimonio culturale europeo e garantirne l’accessibilità;
tenendo conto del fatto che i materiali,
in particolare quelli più vecchi, possono
contenere opere i cui titolari dei diritti
non sono individuabili o, qualora lo siano, non sono più reperibili;
ponendo l’accento sul rispetto del diritto
d’autore e dei diritti connessi, nonché
dei diritti morali ed economici, in relazione all’uso di opere orfane;
sottolineando la necessità di adeguati
margini di certezza per le istituzioni culturali che trattano opere orfane, in relazione alla digitalizzazione e all’accessibilità on-line di tali opere nell’ambito dell’iniziativa EDL;
* Il testo in inglese è consultabile all’indirizzo Web http://ec.europa.eu/information_society/activities/
digital_libraries/doc/hleg/orphan/mou.pdf
142
Documenti
3. che sia incoraggiato e sostenuto l’ulteriore sviluppo di strumenti per l’identificazione delle
opere orfane e di meccanismi atti a favorirne l’uso legale, e che sia incoraggiata anche
l’adozione di adeguate misure atte a prevenire i casi di opere orfane nel futuro;
4. che la Commissione sia invitata a richiedere ai firmatari di monitorare l’applicazione delle linee guida dopo un determinato intervallo di tempo, pari ad esempio a un anno.
I sottoscritti, rappresentanti dei titolari dei diritti e delle istituzioni culturali:
ASSOCIATION DES CINEMATHEQUES EUROPEENNES (ACE), Settore audiovisivo, Claudia
Dillmann, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
ASSOCIATION OF EUROPEAN PERFORMERS’ ORGANISATIONS (AEPOARTIS), Settore audiovisivo e settore musicale/sonoro, Xavier Blanc, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
BIBLIOTHEQUE NATIONALE DE FRANCE (BNF), Settore testi, Bruno Racine, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
BRITISH LIBRARY (BL), Settore audiovisivo, settore musicale/sonoro e settore testi, Dame
Lynne Brindley, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
BRITISH SCREEN ADVISORY COUNCIL (BSAC), Settore audiovisivo, Fiona ClarkeHackston, 4
giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
CONFERENCE OF EUROPEAN NATIONAL LIBRARIANS (CENL), Settore testi, Elisabeth
Niggemann, 4 June 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
EUROPEAN BUREAU OF LIBRARIES, INFORMATION AND DOCUMENTATION ASSOCIATIONS
(EBLIDA), Settore testi, Andrew Cranfield, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
EUROPEAN FEDERATION OF JOURNALISTS (EFJ), Settore audiovisivo, settore testi e settore
visivo/fotografico, Marc Gruber, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
143
Documenti
EUROPEAN FILM COMPANIES ALLIANCE (EFCA), Settore audiovisivo, Laura Vilches a nome di
Kim Magnusson, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
EUROPEAN NEWSPAPERS PUBLISHERS’ ASSOCIATION (ENPA), Settore testi, Valdo Lehari jr.,
4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
EUROPEAN VISUAL ARTISTS (EVA), Settore visivo/fotografico, Carola Streul, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
EUROPEAN WRITERS’ CONGRESS (EWC), Settore testi, Myriam Diocaretz, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
FEDERATION OF EUROPEAN PUBLISHERS (FEP), Settore testi, Jonas Modig, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
FEDERATION EUROPEENNE DES ÉDITEURS DE PERIODIQUES (FAEP), Settore testi, David J.
Hanger, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
FEDERATION EUROPEENNE DES REALISATEURS DE L’AUDIOVISUEL (FERA), Settore audiovisivo, Cécile Despringre, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
FEDERATION INTERNATIONALE DES ASSOCIATIONS DE PRODUCTEURS DE FILMS (FIAPF),
Settore audiovisivo, Benoît Ginistry, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
GROUPEMENT EUROPEEN DES SOCIETES D’AUTEURS ET COMPOSITEURS (GESAC), Settore
musicale/sonoro, Martine Rezzi, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
INTERNATIONAL ASSOCIATION OF SCIENTIFIC, TECHNICAL AND MEDICAL PUBLISHERS
(STM), Settore testi, Michael A Mabe, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
144
Documenti
INTERNATIONAL CONFEDERATION OF MUSIC PUBLISHERS (ICMP/CIEM), Settore audiovisivo, settore musicale/sonoro e settore testi, Ger Hatton, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
INTERNATIONAL FEDERATION OF FILM DISTRIBUTORS (FIAD), Settore audiovisivo, MarieAndrée Vander Elst, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
INTERNATIONAL FEDERATION OF PHONOGRAPHIC INDUSTRY (IFPI), Settore musicale/sonoro, Shira Pearlmutter, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
IFRRO THE INTERNATIONAL FEDERATION OF REPRODUCTION RIGHTS ORGANISATIONS,
Settore testi, Olav Stokkmo, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
PYRAMIDE EUROPE, Settore visivo/fotografico, Martin Beckett, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
UK NATIONAL ARCHIVES, Settore testi, Natalie Ceeney, 4 giugno 2008
(Firma) ____________________________________________________________________
145
Eventi
Eventi
Convegno “DC 2008.
International Conference on Dublin
Core and Metadata Applications”
Berlino 22-26 settembre 2008
Luigi Siciliano
Biblioteca Universitaria di Bolzano
al 22 al 26 settembre 2008 si è tenuta a
Berlino “DC 2008. International
Conference on Dublin Core and Metadata
Applications”1. Ospitata presso la HumboldtUniversität di Berlino 2, e organizzata dalla
Max Planck Digital Library3, dalla Göttingen
State and University Library 4 , dal
Kompetenzzentrum Interoperable Metadaten
(KIM)5 e dalla Deutsche Nationalbibliothek6
con il supporto di Wikimedia Deutschland7,
l’edizione berlinese è stata significativamente
intitolata Metadata for Semantic and Social
Applications. Ogni conferenza Dublin Core
(DC) infatti, oltre a contribuire alla diffusione
del noto set di metadati descrittivi e a permettere un’occasione di confronto e bilancio
ai singoli gruppi di lavoro interni, presenta
uno specifico taglio tematico e approfondisce
argomenti di particolare attualità.
Dopo i saluti di apertura, la conferenza è en-
D
1
2
3
4
5
6
7
8
9
trata nel vivo con la keynote di Kurt
Mehlhorn. Presentando eResearch. A Max
Planck Perspective, il relatore ha enfatizzato
l’impegno della Max Planck Digital Library
(MPDL) nella realizzazione di strumenti per la
gestione della conoscenza, quali per esempio
eSciDoc, un ambiente integrato a supporto di
tutte le fasi della ricerca, dalla definizione del
progetto, alla programmazione del flusso di
lavoro. Un altro esempio è rappresentato dal
progetto YAGO: Yet Another Great Ontology,
con cui MPDL si proietta nel mondo del semantic Web8 usando la versione tedesca di
Wikipedia come gigantesca knowledge base e
progettando di consultare questa massa di informazioni tramite NAGA: Graph Search with
Ranking, un sistema di navigazione visuale.
Il successivo intervento del direttore esecutivo
di DCMI9, Makx Dekkers, ha ripercorso le tappe fondamentali di DC. Una vicenda che inizia
Sul ricchissimo sito della conferenza sono disponibili le slides di presentazione dei vari interventi:
International Conference on Dublin Core and Metadata Applications, http://dc2008.de.
Humboldt-Universität zu Berlin, http://www.hu-berlin.de.
Max Planck Digital Library, http://www.mpdl.mpg.de.
Göttingen State and University Library, http://www.sub.uni-goettingen.de/index-e.html.
Kompetenzzentrum Interoperable Metadaten (KIM), http://www.kim-forum.org.
Deutsche Nationalbibliothek, http://www.d-nb.de.
Wikimedia Deutschland, http://www.wikimedia.de.
Per semantic web si intende un web in cui a ogni risorsa sia assegnato uno stabile identificatore univoco,
o Uniform Resource Identifier (URI). Una URI permette non solo di identificare e linkare ogni risorsa
senza ambiguità da qualunque punto del world wide web, ma è anche processabile automaticamente da
una macchina. Il linguaggio standard W3C che permette di definire, tramite espressioni speciali dette
triple, le relazioni tra le risorse del semantic web, è Resource Description Framework (RDF).
Dublin Core Metadata Initiative, http://dublincore.org.
149
Eventi
prima dell’affermazione trionfale dei motori di
ricerca, sull’onda dell’esigenza di “catalogare”
le risorse disponibili nel Web. Oggi però DC
deve contribuire a superare le barriere che
mantengono le informazioni in silos non comunicanti fra loro, partecipando alla realizzazione del Web semantico.
La keynote di Jennifer Trant, Access to art museums on-line: a role for social tagging and
folksonomy?, ha trattato invece il problema
delle folksonomy e del social tagging in ambito
museale. Una sperimentazione condotta presso
il Metropolitan Museum of Art ha dimostrato
quanto consistente sia la differenza tra i tag assegnati dagli utenti, attenti soprattutto al contenuto figurativo dell’opera, rispetto ai termini
riportati nella scheda dei cataloghi. Pertanto se
il social tagging mostra ancora dei limiti consistenti per essere usato direttamente nella descrizione della risorsa, è sin d’ora di straordinaria utilità per cercare di ridurre il gap spesso eccessivo tra la descrizione specialistica delle
opere e la percezione degli utenti.
Carol Jean Godby nella sua relazione Encoding
Application Profiles in a Computational Model
of the Crosswalk ha presentato il servizio di
crosswalk, ovvero di mappatura automatica tra
set di metadati diversi, implementato come
web service da OCLC (Online Computer Library
Center) 10 , mentre il paper Relating
Folksonomies with Dublin Core , di Maria
Elisabete Catarino e presentato da Ana Alice
Baptista, ha proposto i risultati di un’analisi
manuale dei tag assegnati a diverse risorse dagli utenti in un contesto bibliotecario, allo scopo di ricondurli a proprietà DC già esistenti.
Ed Summers con la sua relazione LCSH, SKOS
and Linked Data ha illustrato le straordinarie potenzialità dei Library of Congress Subject
Headings (LCSH) nella realizzazione del Web se10
11
12
mantico. Il progetto è infatti quello di rendere
LCSH disponibile in Simple Knowledge
Organization System (SKOS), un linguaggio formale per la rappresentazione di thesauri basato
su RDF, rendendolo così fruibile nella forma di
linked data. Il progetto prevede infatti di assegnare un Uniform Resource Identifier (URI) a
ogni soggetto, così che, per esempio, ovunque
nel Web si possa fare riferimento univoco al soggetto World Wide Web con la stringa
http://lcsh.info/sh95000541#concept. In tale
forma il soggetto potrebbe diventare membro di
una tripla espressa in SKOS, formando una gigantesca ragnatela di significati connessi tra loro.
Nello stesso ambito tematico si colloca l’intervento di Xia Lin, Theme Creation for Digital
Collections. Va notato che nel contesto delle
topic maps il termine theme indica l’estensione semantica di un determinato topic. Il prototipo descritto rappresenta un tentativo di
arricchire di relazioni semantiche le risorse digitali contenute nella Internet Public Library
(IPL)11. A tal fine si sono sperimentati metodi
di generazione di metadati a partire dal contesto, e il contesto è stato a sua volta estratto
automaticamente tramite analisi delle collezioni digitali e dei log di ricerca degli utenti.
Nel sistema le mappature semantiche generate automaticamente con questi strumenti
possono poi essere riviste manualmente tramite un’apposita interfaccia grafica.
Anche il mapping tra diversi sistemi semantici è
stato uno dei temi maggiormente trattati nel
corso della conferenza. Philipp Mayr (Comparing
human and automatic thesaurus mapping approaches in the agricultural domain) ha illustrato
i risultati di un confronto fra gli esiti di un mapping manuale e quelli di un mapping automatico, usando il thesaurus per l’agricoltura AGROVOC come banco di prova12.
OCLC Crosswalk Web Service Demo, http://www.oclc.org/research/researchworks/xwalk.
Internet Public Library è un repertorio di migliaia di risorse web qualificate su diversi argomenti e una
delle più antiche digital library esistenti, http://www.ipl.org.
Il confronto è stato in particolare fra la mappatura manuale tra AGROVOC e il sistema di soggettazione
tedesco Schlagwortnormdatei (SWD) e la mappatura generata automaticamente tra AGROVOC e il
National Agricultural Library Thesaurus (NALT).
150
Eventi
La mappatura manuale è infatti un’operazione
estremamente onerosa in termini di risorse
umane ed economiche, e pertanto le potenzialità dei mapping automatici sono oggetto
di attenta indagine. I test mostrano tuttavia
come i mapping automatici incontrino notevoli difficoltà nell’ambito delle scienze umane
e sociali e come ottengano risultati migliori
nelle discipline scientifiche che offrono tassonomie rigorose, come per esempio la biologia,
ma comunque inferiori rispetto ai mappings
manuali. Un’integrazione delle due tipologie
di mapping risulta pertanto la strada attualmente più proficua.
La successiva sessione parallela ha proposto
due report su progetti in corso (un paper di
Martin Malmsten sull’approccio al Web semantico della Biblioteca Nazionale Svedese13 e
uno di Eva Méndez sull’iniziativa DC
Microformats14) e quattro workshop per altrettanti gruppi di lavoro: Education 15 ,
Government16, Social tagging17 e Libraries18.
Quest’ultimo, coordinato da Christine Frodl, si
è soffermato principalmente sullo stato attuale del DC Libraries Application Profile (DCLib)19. Il suo sviluppo risente tuttavia di un
certo ritardo, e la sua evoluzione avverrà in
stretto raccordo con quella di un altro DCAP,
Scholarly Works Application Profile (SWAP).
Come sottolineato da Corey Harper, DC-Lib oltre a tenere ben presente i Functional
Requirements for Bibliographic Records
(FRBR)20 deve tenere conto dell’imminente
pubblicazione di Resource Description and
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
Access (RDA). È inoltre necessario rimuovere
da DC-Lib i termini DateCaptured, Edition e
Location provenienti da Metadata Object
Description Schema (MODS)21, schema incompatibile con il modello logico di DCAM (DC
Abstract Model). Nella stessa riunione Sally
Chambers ha illustrato ai presenti l’architettura
dei metadati di The European Library (TEL)22.
Nella successiva keynote – The Ultimate
Question – Ute Schwens si è chiesta provocatoriamente se nel mondo dominato da Google
siano ancora necessarie regole per la catalogazione. La risposta è affermativa, ma le biblioteche potranno raccogliere la sfida e fornire conoscenza selezionata e qualificata solo
se verrà soddisfatta la domanda di standard
internazionali condivisi. Per questo la
Biblioteca Nazionale tedesca ha annunciato la
decisione strategica di adottare RDA come
norma per la catalogazione.
La relazione Automatic Metadata Extraction
from Museum Specimen Labels presentata da
P. Bryan Heidorn ha illustrato il progetto di
digitalizzazione delle schede degli specimena
botanici e zoologici conservati nei musei americani. Il lavoro risulta distribuito nelle diverse
sedi, che trasmettono le scansioni delle schede cartacee al server centrale. La lettura OCR
delle schede avviene facendo riferimento a
dei modelli realizzati partendo dalle tipologie
di scheda più diffuse. Una revisione manuale
permette di identificare nuovi tipi di scheda e
istruire così il software che migliora man mano in precisione.
LIBRIS, http://libris.kb.se.
DCMF, http://www.webposible.com/microformatos-dublincore.
DCMI Education Community, http://dublincore.org/groups/education.
DCMI Government Community, http://dublincore.org/groups/government.
DCMI Social Tagging Community, http://dublincore.org/groups/social-tagging.
DCMI Libraries Community, http://dublincore.org/groups/libraries.
Un DC Application Profile (DCAP) è un documento che definisce e descrive i metadati DC usati in una
particolare applicazione per un determinato scopo. Esistono quindi diversi DCAP, sorta di dialetti di DC,
sviluppati dalle diverse comunità sulla base di specifiche esigenze. Si veda: Guidelines for Dublin Core
Application Profiles, http://dublincore.org/documents/profile-guidelines.
Functional Requirements for Bibliographic Records (FRBR), http://www.ifla.org/VII/s13/frbr.
Metadata Object Description Schema (MODS), http://www.loc.gov/standards/mods.
The European Library (TEL), http://www.theeuropeanlibrary.org.
151
Eventi
L’intervento di Stuart A. Sutton, Achievement
Standards Network (ASN): An Application
Profile for Mapping K-12 Educational
Resources to Achievement Standards, presenta l’imponente progetto di un Application
Profile che permetta di superare la varietà di
standard esistenti nel settore dell’educazione.
Il risultato è ASN, un repository istituzionale
in cui tutti gli standard esistenti (più di settecento) sono espressi in formato RDF. Questo
sistema facilita valutazioni complessive e permette di stabilire correlazioni (tra singole risorse educative e standard) e allineamenti
(relazioni tra diversi standard).
In un mondo in cui i motori di ricerca sono in
grado di raggiungere direttamente ogni singola risorsa, si tende purtroppo a dimenticare
il valore del contesto, e in particolare della
collezione. Il progetto Collection/Item
Metadata Relationships (CIMR), illustrato da
Richard J. Urban, prevede invece:
–
–
–
lo sviluppo di un modello logico di metadati per le relazioni fra collezione e item,
corredato di regole di inferenza;
la realizzazione di analisi empiriche per
valutare la rispondenza del modello alle
esigenze delle comunità di sviluppatori di
metadati e di utenti;
l’implementazione di prototipi basati su
RDF/OWL23 per la ricerca, la consultazione e la navigazione delle collezioni.
La successiva sessione di project reports ha
visto la presentazione di tre progetti relativi a
23
24
25
26
27
28
29
30
Metadata Scheme Design, Application, and
Use24, e di tre workshop. Il primo, curato da
Traugott Koch, dedicato a NKOS (Networked
Knowledge Organization Systems), il secondo,
diretto da Douglas Campbell si è occupato del
tema degli identifiers25, il terzo infine, di particolare interesse per il mondo delle biblioteche, si è concentrato su RDA. Nel corso del
workshop Diane Hillman ne ha annunciato la
pubblicazione per giugno 2009, sebbene sia
già disponibile on-line un Metadata registry26.
Autenticamente multilingue, RDA si propone
come primo standard internazionale a livello
mondiale direttamente pensato per la diffusione on-line (sebbene sia prevista anche una
versione a stampa). Tutti potranno usare tale
standard ma le linee guida saranno diffuse a
pagamento. Come spiegato da Gordon
Dunsire nella stessa occasione, RDA condivide
il modello Entità/Relazioni di FRBR e un
gruppo di lavoro DC si occupa attivamente
della sua adozione e diffusione27.
Una nuova sessione parallela ha visto riunirsi
il gruppo Scholar28 coordinato da Rosemary
Russell, e il gruppo DCMI/IEEE29 coordinato
da Mikael Nilsson, mentre Thomas Severiens
ha diretto la riunione del workgroup Tools30.
Alla ripresa dei lavori Seth van Hooland e
Seth Kaufman hanno introdotto il problema
della valutazione qualitativa dei metadati nel
loro intervento Answering the call for more
accountability: Applying data profiling to museum metadata. Una prima soluzione sperimentata nell’ambito della cultural heritage
consiste nell’usare dei tool che effettuano
Web Ontology Language (OWL) è un’estensione di RDF, usata per rappresentare esplicitamente
significato e semantica di termini. Si veda: http://www.w3.org/2004/OWL/ e
http://en.wikipedia.org/wiki/Web_Ontology_Language.
Gli interventi sono stati rispettivamente: The Dryad Data Repository: A Singapore Framework Metadata
Architecture in a DSpace Environment; Applying DCMI Elements to Digital Images and Text in the
Archimedes Palimpset Program; Assessing Descriptive Substance in Free-Text Collection-Level Metadata.
DCMI Identifiers Community, http://dublincore.org/groups/identifiers.
National Science Digital Library (NSDL) Metadata Registry, http://metadataregistry.org.
DCMI RDA, http://dublincore.org/dcmirdataskgroup.
DCMI Scholarly Communications Community, http://dublincore.org/groups/scholar.
DCMI/IEEE LTSC Taskforce, http://dublincore.org/educationwiki/DCMIIEEELTSCTaskforce.
DCMI Tools Community, http://dublincore.org/groups/tools.
152
Eventi
controlli di consistenza dei metadati. Si può
parlare in questo senso di tecniche di data
profiling, ma è anche possibile avere un approccio proattivo e investigare invece quali
siano le reali esigenze degli utenti. A tale scopo si usano di solito analisi dei log delle query
degli utenti oppure questionari, ma i relatori
propongono di offrire agli utenti interfacce di
ricerca personalizzabili e visualizzazioni dinamiche dei metadati. Sarà il monitoraggio costante delle scelte operate dagli utenti nelle
fasi di personalizzazione delle interfacce a
fornire le necessarie indicazioni su quali metadati siano maggiormente utili, quale sia il loro
uso reale, e quali siano invece trascurati o
inutili. Un prototipo in tal senso è stato sviluppato in ambito museale con il software
open source OpenCollection31.
Un approccio diverso allo stesso tema è quello
seguito da Thomas Margaritopoulos, nella sua
riflessione teorica A Conceptual Framework
for Metadata Quality Assessment, secondo la
quale i criteri di riferimento per valutare la
qualità dei metadati sono i concetti di correctness , completeness , relevance .
Paragonando i metadati alle deposizioni dei
testimoni in un tribunale, si intende per correttezza il rigore della sintassi usata e l’esattezza dei dati; per completezza la capacità di
descrivere la risorsa in maniera esauriente; per
rilevanza infine il riferimento corretto della risorsa al contesto per il quale è lecito un suo
utilizzo. Completano lo schema teorico proposto la definizione di alcune regole logiche per
la definizione delle relazioni fra i metadati e le
risorse stesse.
La keynote di Paul Miller, dal titolo Why the
Semantic Web matters, si è soffermata sulla
necessità di abbattere le barriere tra i silos informativi facilitando invece i collegamenti fra i
dati all’interno del Web semantico.
Un esperimento condotto presso i laboratori
31
32
33
Talis32, in cui in due settimane, lavorando sui
riferimenti contenuti in soli 15 articoli scientifici, è stato possibile elaborare una gigantesca
ragnatela di svariate migliaia di link semantici,
mostra le potenzialità straordinarie di questo
approccio.
Anche il social tagging è una realtà in grande
espansione, ma come identificare relazioni semantiche a partire dalla disordinata congerie
di tag? Miao Chen, nella relazione Semantic
Relation Extraction from Socially-Generated
Tags: A Methodological Exploration ha affrontato la questione di petto e in maniera
estremamente pragmatica. È l’identificazione
del più verisimile contesto d’uso di un termine
usato come tag che può chiarircene il significato. E nella sperimentazione proposta tale
contesto viene identificato riferendosi alla più
ampia knowledge base attualmente esistente:
Google. I risultati ottenuti sono infine rielaborati grazie ad altre tecnologie, quali machine
learning e Natural Language Processing
(NLP)33.
L’approccio pragmatico è condiviso da Simon
Scerri che presenta The State of the Art in
Tag Ontologies: A Semantic Model for
Tagging and Folksonomies. In fondo nel pur
confuso mondo dei tag i concetti principali
restano tre: l’utente, il tag, la risorsa. Perchè
non gestire tutto questo in maniera standard?
Occorre una ontologia per i tag e gli autori
propongono una comparazione tra quelle esistenti. Dal confronto emerge come l’utilizzo
combinato di MOAT (Meaning Of A Tag) e
SCOT (Social Semantic Cloud of Tags) permetta di rappresentare collaborative tagging e
folksonomy in maniera suscettibile di trattamento automatico e condivisibile attraverso le
più varie piattaforme di social tagging.
La quarta sessione parallela ha visto quattro
eventi in contemporanea. Mentre si teneva
una sessione speciale dedicata a Wikis and
OpenCollection, http://www.opencollection.org.
Talis Inc., http://www.talis.com.
Nel contesto italiano si parla spesso anche di Trattamento Automatico della Lingua (TAL). Sebbene non
recente, un libro bianco sul tema è: http://forumtal.fub.it/LibroBianco.php.
153
Eventi
Metadata 34, si riunivano i gruppi di lavoro
Knowledge Management 35 , Registry 36 e
Architecture. Quest’ultimo workshop, coordinato da Mikael Nilsson, ha chiarito le prospettive di DC sul medio periodo, soffermandosi su due punti: la necessità di seguire le regole indicate nel cosiddetto
Singapore Framework 37 quando si intenda
elaborare un DC AP, e l’importanza dell’imminente rilascio della specifica DC
Description Set Profile38, che formalizzerà in
maniera machine readable regole e vincoli
indicati nei DCAP creati dalle diverse comunità. Si possono pertanto distinguere oggi
quattro livelli di interoperabilità DC:
–
–
–
–
condivisione di vocabolario;
condivisione della codifica in RDF;
conformità al DC Abstract Model;
conformità al Description Set Profile
(DSP).
L’ultima sessione parallela ha visto addirittura
cinque eventi svolgersi parallelamente. Mentre si
tenevano i workshop dei gruppi Accessibility39,
Localization and Internationalization40, Metadata
for Scientific Datasets41, Architecture Technical
Session, la Project Report Session 3 si è soffermata sul tema Vocabulary Integration and
Interoperability.
Philipp Mayr (Building a terminology network
for search: the KoMoHe project) ha presentato i risultati del mapping manuale condotto
34
35
36
37
38
39
40
41
42
dal progetto KoMoHe42. Nato per permettere
una ricerca trasparente attraverso collezioni
multiple ed eterogenee, il progetto ha realizzato una mappatura manuale per un totale di
25 fra thesauri, sistemi di classificazione e di
soggettazione. Una serie di test ha evidenziato come sia una ricerca per soggetto, sia una
ricerca a testo libero, forniscano risultati migliori laddove facciano uso di tali mappature.
Michael Panzer, nel suo intervento Cool URIs
for the DDC: Towards Web-scale accessibility of a large classification system, ha illustrato lo sforzo di OCLC per portare la Dewey
Decimal Classification (DDC) nel Web semantico. La realizzazione di identificatori
univoci (URI) è resa particolarmente complessa dal fatto che DDC cambia nel tempo
(a seconda delle versioni) e nello spazio (a
seconda delle diverse localizzazioni). Viene
così presentata l’elaborata sintassi attualmente allo studio per permettere di linkare
univocamente una classe Dewey tenendo
conto di tutti questi fattori.
A Barbara Levergood è toccato l’onere di
chiudere la sessione con il suo intervento The
Specification of the Language of the Field
and Interoperability: Cross-language Access
to Catalogues and Online Libraries (CACAO).
Sfruttando l’esperienza accumulata in seno al
progetto CACAO, che prevede la realizzazione
di una piattaforma software per le biblioteche
che permetta a un utente di inoltrare una
query nella propria lingua e di ottenere auto-
I tre progetti presentati sono stati: Facilitating Wiki/Repository Communication with Metadata; Aratta:
A Web-based Research Tool for Collaborative Research on Iranian Architectural History; Wikipedia as
Controlled Vocabulary.
DCMI Knowledge Management Community, http://dublincore.org/groups/km.
DCMI Registry Community, http://dublincore.org/groups/registry.
The Singapore Framework for Dublin Core Application Profiles,
http://dublincore.org/documents/singapore-framework.
Description Set Profiles: A constraint language for Dublin Core Application Profiles,
http://dublincore.org/documents/dc-dsp.
DCMI Accessibility Community, http://dublincore.org/groups/access.
DCMI Localization and Internationalization Community, http://dublincore.org/groups/languages.
Sono stati illustrati diversi progetti. Fra questi in particolare il DISC DataShare Project, http://www.discuk.org/datashare.html.
KoMoHe Project, http://www.gesis.org/en/research/information_technology/komohe.htm.
154
Eventi
maticamente risultati pertinenti anche in altre
lingue, Barbara Levergood ha illustrato come
sia possibile utilizzare la specificazione della
lingua nei metadati per migliorare la performance dell’information retrieval in casi critici,
in particolare nella traduzione e trattamento
di termini ambigui e polisemici.
La presentazione di dodici poster43, due tutorial introduttivi opzionali e quattro seminari
paralleli dedicati rispettivamente a User
Generated Metadata , Using the TEI for
Documenting Describing Documents, PREMIS
Metadata Tutorial e Ontology Design and
Interoperability hanno ulteriormente arricchito un programma che si è rivelato densissimo
e che è stato seguito da trecento partecipanti
provenienti da poco meno di quaranta paesi
del mondo.
A distanza di anni DC si conferma quindi più
che mai vitale nel panorama mondiale dei metadati descrittivi. Sembra tuttavia di poter cogliere una tensione tra l’evoluzione di DC verso
un modello astratto potenzialmente molto effi-
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cace, ma non ancora completo in ogni sua parte ed estremamente complesso, e dall’altro lato
l’eredità di un successo legato proprio alla stabilità e semplicità dei quindici elementi storici e
alla documentazione chiara e centralizzata.
Nell’enfasi sulla modularità del sistema e sulla
possibilità di implementare elementi mutuati
da altri standard, purché compatibili a livello di
abstract model, DC acquista in flessibilità ma
sembra ridursi a una sorta di contenitore.
Potrebbe in futuro delinearsi uno scarto fra la
pratica e la teoria? Gli utilizzatori, primi fra tutti
le biblioteche, sapranno accettare nuovi modelli di metadati flessibili e rigorosi ma difficili
da comprendere, implementare e gestire? O
sarà forse DC in grado di offrire alle diverse comunità strumenti in grado di gestire in maniera
trasparente la complessità del sottostante modello logico? Si tratta di problemi in fondo ricorrenti, e gli esiti potranno essere positivi solo
se le diverse comunità, prima fra tutte quella
delle biblioteche, saranno parte attiva nella
realizzazione del DC di domani.
Tra tutti è stato particolarmente apprezzato, e premiato quale miglior poster della conferenza, quello
realizzato da Marcia L. Zeng, dedicato alla realizzazione in SKOS di un Chinese Classified Thesaurus
(CCT).
155
Eventi
Workshop “Multi.Co.M.”.
Quale formazione per i gestori
delle collezioni audio visuali?
Roma 23 settembre 2008
Maria Carla Sotgiu
l 23 settembre a Roma, presso l’Auditorium
dell’Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi, si è tenuto il workshop conclusivo
del progetto europeo Multi.Co.M.
(Multimedia Collection Management) – finanziato nell’ambito del programma dell’Unione
Europea “Leonardo da Vinci” – che ha avuto
come finalità principale quella di creare un
prototipo di corso di formazione on-line dedicato agli operatori impegnati nella gestione
delle collezioni audio-visive.
I lavori sono stati articolati in tre sessioni. La
prima è stata dedicata alla presentazione dei
risultati del progetto, la seconda alla discussione nel contesto internazionale dei problemi
delle collezioni audiovisive e alle prospettive
della valorizzazione e della tutela del patrimonio audiovisivo; in conclusione, attraverso il
coinvolgimento di Università, imprese ed enti
locali, si è cercato di fare il punto sui percorsi
formativi dedicati ai professionisti del settore.
Ai lavori hanno partecipato, oltre ai partner, il
Direttore Generale dei beni librari, gli istituti
culturali ed il diritto d’autore Maurizio Fallace,
Chris Clark della British Library, Clelia
Parvopassu dell’Università di Udine, Pasquale
Santoli della RAI, Peppino Ortoleva e Luisa
Zanoncelli dell’Università di Torino, Annalisa
Bini dell’Accademia Nazionale di Santa
Cecilia.
I partner di Multi.Co.M. (per l’Italia: Consorzio
BAICR Sistema Cultura, Istituto centrale per i
beni sonori ed audiovisivi, Amitié, SLC-CGIL;
I
per la Francia: INA-Institute National de
l’Audiovisuel; per la Germania: FIM –
NeuesLernen; per la Spagna: Universidad de
Valladolid, Depto. Didáctica de la Expresión
Musical), per facilitare l’identificazione di una
soluzione comune a livello europeo, hanno
svolto un’indagine preliminare sui bisogni formativi dello staff attualmente occupato negli
archivi audiovisivi e contemporaneamente
hanno reperito informazioni sull’offerta didattica disponibile negli Atenei dei Paesi coinvolti nel progetto.
Dall’indagine è emerso uno scenario europeo abbastanza diversificato, molto spesso
il personale attualmente impiegato negli archivi audiovisivi o nelle mediateche risulta
in gran parte composto o da bibliotecari e
archivisti “tradizionali” o da tecnici audio e
video o da esperti in aree specifiche come
la musica, la storia e l’antropologia. D’altro
canto, la formazione professionale per la
gestione, valorizzazione e conservazione
delle collezioni multimediali non è formalizzata né standardizzata a nessun livello.
Soltanto se si pensa che le collezioni audiovisive rappresentano un fenomeno recente
– paragonato ai manoscritti e ai documenti
a stampa – si può trovare una spiegazione
al fatto che la formazione dello staff impegnato nella gestione di questo genere di
collezioni non preveda generalmente voci
specifiche nei percorsi didattici e di aggiornamento professionale. Ecco perché la ri-
156
Eventi
chiesta di personale qualificato assume carattere d’urgenza.
Gli audiovisivi sono documenti preziosi per la
storia e la cultura del nostro tempo, una grande quantità di questi documenti dei primi anni di produzione è stata definitivamente persa
e, secondo l’UNESCO, la maggior parte delle
attuali collezioni potrebbe svanire nei prossimi
vent’anni. Il rimedio da opporre all’obsolescenza tecnica e al deterioramento fisico dei
supporti può consistere soltanto nel miglioramento delle politiche e dei servizi per la tutela
di questi materiali, a cominciare dall’aggiornamento di chi già opera negli archivi audiovisivi
e dalla formazione di chi si accosta alla professione al termine degli studi universitari.
Volendo tracciare un profilo ideale, si dovreb-
be porre tra le priorità l’acquisizione di competenze specifiche sulle caratteristiche e i linguaggi della documentazione audiovisuale, la
specificità della descrizione, l’uso del digitale
per la conservazione, restauro e valorizzazione, e non ultimo, la comunicazione e il marketing.
Il progetto ha prodotto un primo gruppo di
materiali e-Learning in Inglese, Italiano,
Francese, Spagnolo e Tedesco, da utilizzare
secondo un modello formativo di Open and
Distance learning. La piattaforma e-learning è
accessibile al seguente indirizzo: http://pascal.fim.uni-erlangen.de/ilias-multicom.
Le relazioni presentate al workshop sono accessibili sul sito: http://www.baicr.it.
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ICCU
Pubblicazioni recenti
Catalogo delle biblioteche d’Italia: Lombardia (2004), 4 voll.
ISBN 978-88-7107-109-3
Futuro delle memorie digitali e patrimonio culturale, a cura di Vittoria Tola
e Cecilia Castellani (2004)
ISBN 978-88-7107-110-7
Memorie digitali: rischi ed emergenze, a cura di Alessandra Ruggiero e Vittoria
Tola (2005)
ISBN 978-88-7107-111-4
Linee guida per registrazioni d’autorità e di rinvio (2005)
ISBN 978-88-7107-105-3
Linee guida per la digitalizzazione del materiale fotografico, a cura del Gruppo
di lavoro sulla digitalizzazione del materiale fotografico (2005)
ISBN 978-88-7107-112-1
EAD: Descrizione archivistica codificata: dizionario dei marcatori, a cura di
Giovanni Michetti (2005)
ISBN 978-88-7107-115-2
MAG: metadati amministrativi e gestionali: manuale utente, a cura di Elena
Pierazzo (2006)
ISBN 978-88-7107-117-6
Linee guida per la digitalizzazione del materiale cartografico, a cura del
Gruppo di lavoro sulla digitalizzazione del materiale cartografico (2006)
ISBN 978-88-7107-116-9
Inter omnes: contributo allo studio delle marche dei tipografi e degli editori
italiani del XVI secolo (2006)
ISBN 978-88-7107-114-5
Le edizioni italiane del XVI secolo: censimento nazionale, Vol. 5: D (2006)
ISBN 978-88-7107-113-8
Linee guida per la digitalizzazione di bandi, manifesti e fogli volanti, a cura del
Gruppo di lavoro sulla digitalizzazione di bandi, manifesti e fogli volanti (2006)
ISBN 978-88-7107-118-3
ISBD(CR): International Standard Bibliographic Description for Serials and
Other Continuing Resources: revisione dell’ISBD(S) (2007)
ISBN 978-88-7107-029-2
Miniature e decorazioni dei manoscritti, a cura di Emilia Ambra, Angela
Dillon Bussi, Massimo Menna (2006)
ISBN 978-88-7107-119-0
Le edizioni italiane del XVI secolo: censimento nazionale, Vol. 6: E-F (2007)
ISBN 978-88-7107-125-1
Il libro italiano del XVI secolo: conferme e novità in EDIT16: atti della giornata
di studio, a cura di Rosaria Maria Servello (2007)
ISBN 978-88-7107-124-4
OAIS: Sistema operativo informatico per l’archiviazione, a cura di Giovanni
Michetti (2007)
ISBN 978-88-7107-126-8
ISBD(CR): International Standard Bibliographic Description for Serials and
Other Continuing Resources: revisione dell’ISBD(S) (2007)
ISBN 978-88-7107-104-6
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Finito di stampare nel mese di dicembre 2008