Merate: in 350 metri e pochi mesi, 6 attività economiche del centro

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Merate: in 350 metri e pochi mesi, 6 attività economiche del centro
Merate: in 350 metri e pochi mesi, 6 attività economiche del centro
hanno chiuso. Mandelli: ''Spese di gestione alle stelle, incassi ridotti e
una clientela che ha perso in gusto e qualità''
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26/10/2016
Sembrano pedine di domino, abbattute da una forza superiore che si chiama contrazione della possibilità di spesa, tassazione
soffocante, calo della capacità di acquisto ma anche voglia di un lavoro e un impegno diverso e che, mese dopo mese, li ha
costretti, chi per un motivo chi per un altro, ad abbassare definitivamente la serranda.
I locali vuoti in Via Manzoni
Se la chiusura dei negozi della città, ogni anno, è una ruota che gira, a fronte anche di qualche nuova apertura, quanto
accaduto in questi ultimi mesi nel centro storico ha davvero del preoccupante. E, andiamo a memoria, anche di inedito. Qui,
nell'arco di 350 metri lineari circa, hanno chiuso all'incirca da giugno ad oggi, come accennato per svariati motivi, ben 6 attività.
Partendo da Via Manzoni si è fermato dopo qualche anno "Capricci" il negozi di alimentari di "livello" che si trovava proprio di
fronte a Piazzetta Faverzani. I locali che precedentemente ospitavano una catena di abbigliamento sono tornati vuoti.
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L'ortofrutta di Via Manzoni
Qualche decina di metri più a nord, ha cessato l'attività il fruttivendolo che aveva aperto da poco, una "tradizione" di famiglia,
che pare non avere retto. Un cartello educato e doloroso, appeso alla vetrina (che un tempo aveva già ospitato un ortofrutta
così come un piccolo atelier di borse) da parte della proprietaria racconta il dispiacere e il rammarico della decisione, e ringrazia
per la fiducia e il sostegno comunque tributati ogni giorno.
Lasciato il Castello alle spalle, ci si trova in Piazza Prinetti dove la banca lecchese, se vogliamo comunque considerarla
un'attività che dava lavoro e creava movimento, per ragioni riconducibili al "vertice" ha subito un ridimensionamento e la filiale
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locale è stata chiusa. Accanto da giugno ormai Yamamay ha le vetrine, pur ancora addobbate, spente e sullo zerbino
dell'ingresso si vanno accumulando lettere e comunicazioni varie. In questo caso c'è già stata l'iscrizione al tribunale dell'istanza
di fallimento.
Se in Piazza della Vittoria, i locali sotto i portici accanto al bar restano chiusi, si deve registrare l'apertura recente di una libreria
e il trasferimento ormai da qualche tempo di un lavasecco, in Via Roma la macelleria Panzeri ha annunciato la fine dell'attività
entro la settimana.
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L'ormai ex pasticceria
Scelte diverse hanno portato il titolare a intraprendere un nuovo percorso lavorativo. All'angolo di Via Padre Arlati, infine, una
delle tre pasticcerie ha smesso di produrre dolci e ora sulle vetrine fogli di carta bianchi e una scritta "affittasi" dicono già tutto.
Mario Mandelli
"La ripresa di cui si parla non c'è, è una notizia fasulla" ha commentato Mario Mandelli, referente di Confcommercio per
l'area meratese e casatese "La situazione è ancora stagnante e a fronte di incassi diminuiti sono aumentate le spese di
gestione. Ogni giorno c'è una normativa nuova a cui adeguarsi e una spesa a cui far fronte. In sofferenza sono tutti i
settori merceologici ma la riflessione va fatta anche sul cambiamento culturale che ormai è in atto da qualche anno.
Sia per l'alimentare che per il non alimentare, la gente ha abbassato la qualità, oltre che la quantità, dei suoi acquisti.
Si rivolge ai supermercati perchè concepisce il cibo come un fast food e quindi non va nei negozi di vicinato dove
invece il commerciante fa una scelta ricercata di prodotti e specialità, come può essere nella carne o negli ortaggi. C'è
la cultura del cibo veloce, che costa poco e questo ammazza il commercio di vicinato. È cambiato anche il modo di
spendere i soldi: si investe più nell'high tech o ci si concede una vacanza in più. È mutato il modo di vestire: si è perso
il culto del bello e quindi si acquistano capi che durano una stagione, magari senza guardare nemmeno alla
provenienza e alla fattura del filato. Non è più il bello quello che il cittadino cerca ma l'usa e getta, non il buono ma il
fast food". La chiusura dei negozi di vicinato, però, porta con sé anche un risvolto sociale negativo. "Le botteghe di paese
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erano dei punti di riferimento per l'anziano che trovava sempre tutto, fresco e di giornata, senza spostarsi ed erano
anche dei momenti di aggregazione e socialità. Con il negoziante si chiacchierava, si faceva comunità e lui diventava
anche portavoce di speciali esigenze delle persone. Ora questo sta sparendo, ma a perderci saremo tutti".
E le serrande abbassate degli ultimi mesi, purtroppo, paiono comunque confermare questo dato.
S.V.
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