Una società che ha bisogno di più figli

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Una società che ha bisogno di più figli
Repubblica — 05 novembre 2007 pagina 28 sezione: AFFARI FINANZA
Nu piezz e' core, si dice dei figli. Già, ma l' altro piezz? Perché l' impressione è che non ce ne sia
più, che il cuore lo impegnino tutto. L' emozione della nascita, le goffaggini degli inizi, le paure e le
indecisioni rispetto alle prime febbricole e ai pianti notturni apparentemente incoercibili, e poi le
fiabe: una specie di gioco che illumina il mondo reale di fronte al bambino, che soddisfa il bisogno
di intimità fra lui e i genitori, con un ritmo, un lessico, una trama sempre uguale che gli danno
sicurezza come se lo rassicurassero che almeno nel suo mondo tutto è al posto giusto. Questo
della lettura di fronte al lettino, una delle attività più faticose a fine giornata ma parimenti una delle
più indispensabili, oltre a restare uno dei ricordi più vividi negli anni successivi, ha almeno a
quanto assicurano i pediatri di tutto il mondo un effetto positivo sullo sviluppo del linguaggio, sul
futuro apprendimento della lettura, sulla comprensione di un testo scritto all' ingresso della scuola.
Il bambino, mentre si diverte ad ascoltare storie, acquisisce abilità essenziali per i suoi anni
successivi: studia con molta attenzione le storie che lo affascinano, comincia a distinguere per
conto suo alcune parole e impara a riconoscerle, insegna a se stesso a leggere. Quando inizierà a
leggere da solo la familiarità acquisita con i libri e la lettura ridurrà lo scontro con parole
sconosciute e la fatica necessaria per impadronirsi del significato letterale di un testo,
consentendo il coinvolgimento emotivo che può scaturire da una felice esperienza di lettura. La
condivisione della lettura di libri aiuta la creazione di un linguaggio comune tra genitori e bambino
e facilita la costruzione di un intenso rapporto affettivo. «Se volete che vostro figlio sia intelligente,
raccontategli delle fiabe; se volete che sia molto intelligente, raccontategliene di più», diceva
Albert Einstein. E Walt Disney, pur di convincere i genitori a portarli a vedere al cinema le sue, di
fiabe, era sempre molto attento a inserirvi due chiavi di lettura, una spettacolare per i più piccini, e
una più profonda per gli adulti. Una linea che la casa segue dal primo lungometraggio Biancaneve
(classe 1935) all' ultimo Ratatouille. Crescono i figli, cambiano i problemi (molti dicono che
crescono anch' essi con i figli) ma resta immutata l' attenzione dei genitori, il desiderio
profondissimo di fare qualcosa per farli felici e in generale di vederli felici, di saperli impegnati in
attività gratificanti, di fare qualcosa oltre che per loro anche con loro, ma nel frattempo
progressivamente di tenersi per quanto possibile in disparte per non opprimerli con una presenza
che può diventare controproducente (bisogna ricordare il termine reso celebre da
PadoaSchioppa?) Del resto proprio in questa dicotomia fra la tentazione e il sottile egoismo nel
tenerli "bamboccioni" (l' abbiamo alla fine ricordato) e l' aiutarli invece a diventare indipendenti,
ruota un puntochiave non tanto della pedagogia quanto dell' economia e della vita associata di un
paese. Spiega Tito Boeri, che con l' altro economista anch' egli bocconiano Vincenzo Galasso ha
appena pubblicato "Contro i giovani Come l' Italia sta tradendo le nuove generazioni" (editore
Mondadori): «L' Italia, proprio perché culturalmente è caratterizzata da un forte familismo e da un
irrefrenabile desiderio di protettività, rischia paradossalmente di non dare spazio ai figli. Mi spiego:
tutti siamo molto attenti ai nostri, di figli, ma di fatto spesso compiamo scelte che vanno contro la
generalità di quelli che hanno l' età appunto dei nostri figli. Pensiamo alle battaglie contro l'
innalzamento dell' età pensionabile, o anche semplicemente alla creazione del debito pubblico.
Tutte operazioni che si ritorceranno contro le future generazioni». Il problema, spiega ancora
Boeri, è connesso anche con il basso tasso di natalità del nostro paese, che progressivamente
consegna sempre più potere alle generazioni più anziane proprio perché ci sono pochi giovani che
li sostituiscono. «Un paese a bassa natalità è un paese che s' impoverisce, perché se non ci sono
giovani nelle posizioni dirigenziali e l' elettore medio diventa sempre più anziano, chi prenderà
decisioni coraggiose che vanno nella direzione dell' innovazione, dell' intraprendenza, delle nuove
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tecnologie?» La prima cosa che deve fare uno stato per difendere i suoi giovani è ovviamente
migliorare l' istruzione, scolastica e universitaria. La Finanziaria in discussione cerca di fare
qualcosa in questa direzione, in particolare stanziando 550 milioni di euro per "rendere più
efficiente il sistema universitario italiano". L' erogazione di queste risorse però è subordinata all'
adozione di un piano concordato dalla conferenza dei rettori entro gennaio 2008, che stabilisca i
criteri per i meccanismi di incentivazione delle università (ovvero premi alle università più
efficienti), il contenimento dei costi del personale a favore della ricerca e della didattica, le modalità
per favorire il riequilibrio finanziario delle università più indebitate. Per restare alla Finanziaria, in
diversi altri punti si parla dei giovani: dalla previsione cui si accennava prima della detrazione di
1.000 euro per chi ha fra i 20 e i 30 anni e va a vivere in affitto pur avendo un reddito inferiore ai
15mila euro (o di 500 euro se si guadagnano 1530mila euro), fino alla conferma dell' Agenzia per
lo sport creata l' anno scorso, con in più la promessa di ulteriori contributi pubblici per organizzare
eventi sportivi di rilevanza nazionale. Sono piccoli interventi, ma che comunque a qualcosa
serviranno, se non altro a rincuorare un po' chi i figli li ha e ne intravvede con incerti contorni il
difficile futuro. E non abbandona la speranza che questo futuro i figli riescano a costruirselo con le
loro mani. e.occ.
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