Pedo-pornografia: la punta dell`iceberg - Maria

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Pedo-pornografia: la punta dell`iceberg - Maria
1. EDITORIALE
M inori e Internet
Pedo-pornografia:
la punta dell’iceberg
MARIA BURANI PROCACCINI*
I
l fenomeno della pedo-pornografia e dello sfruttamento dei minori è una delle piaghe che angosciano la nostra società del 2000 e minano alle fondamenta il presente ed il futuro di milioni di bambini
nel mondo. Non è allarmismo o facile buonismo di
parata quello che mi fa scrivere queste note, ma, proprio nella mia veste di presidente della Commissione
parlamentare per l’Infanzia, so bene come questo
argomento sia al centro di approfondite indagini parlamentari.
Queste, partite dalla precedente legislatura, si sono
sempre più arricchite di dati che ci hanno permesso un
lavoro di contrasto legislativo e che purtroppo non si
esauriscono mai.
Infatti l’idea della pedo-pornografia sviluppa sempre nuove teste e noi riusciamo a tagliare troppo spesso proprio quelle che poi constatiamo essere state
abbandonate al loro destino perché non più ritenute
interessanti.
Per questo, la legge 269 cosiddetta “sul turismo
sessuale”, ottima legge che ha permesso tra l’altro le
indagini sotto copertura delle forze dell’ordine ed i
primi processi a chi si recava all’estero per consumare
i suoi crimini contro i bambini, è già insufficiente ed
i rimedi che il Parlamento sta studiando per colmare
le lacune che si sono trovate in essa, sono in parte già
superati.
Così i codici di autoregolamentazione per i providers, la conservazione dei files log, ancora i codici di
3. DOSSIER
autoregolamentazione per le banche che con le loro
carte di credito consentono il facile acquisto del materiale pedo-pornografico su internet, sono cose tutte
utili ma già superate dalla perversa capacità dei “mostri” di aggirare gli ostacoli.
Ad esempio, dagli ultimi dati in nostro possesso, si
è visto che molto spesso quelle che vengono scaricate
in internet sono ormai immagini di “risulta” che non
interessano più e che devono servire solo a far perdere
le tracce dell’identità dei bambini grazie all’effetto
moltiplicatorio. L’opinione diffusa che la pedo-pornografia sia un fenomeno legato all’informatica e alla
tecnologia si è rivelata molto riduttiva. Essa viene usata
dalle organizzazioni minimali per “neutralizzare” il
materiale rendendolo disponibile in modo anonimo
nei news groups, nei canali di discussione, mailing list
e negli altri spazi offerti dai moderni sistemi informatici di comunicazione; in particolare a mezzo di file servers automatici.
Occorre oggi riflettere sulla nuova fisionomia dei
pedo-pornografici che si organizzano in piccole confraternite di 15-20 unità, in cui nomi criptati appaiono qua e là solo per comunicarsi disponibilità. Oscure
fratellanze che hanno dirette disponibilità dei bambini abusati. Essi sono infatti i propri figli, nipoti, piccoli amici dei figli od amiche, piccoli pazienti e su
internet il materiale appare solo quando uno degli
affiliati (con veri e propri riti e gradi d’iniziazione)
incappa in un’azione giudiziaria a suo carico.
Diciamo cioè che il livello pubblico appare più un
modo per “neutralizzare” l’interesse investigativo che
un reale mercato. Inoltre, le fratellanze si dimostrano
più aggressive e violente proprio perché i membri si
ricattano a vicenda.
In conclusione, ben vengano i codici di autoregolamentazione, con l’elenco dei buoni propositi, ma
teniamo ben presente che la pornografia minorile è
una realtà complessa che differisce da quella meramente esteriore fruita attraverso i supporti venduti,
ceduti o dispensati in internet. È una realtà fatta di
profonde e radicate omertà, perversioni alimentate
sovente da genitori che tradiscono i figli, da professionisti che sfruttano la loro vicinanza all’infanzia
per trarne vantaggi e perverso piacere personale. È
una realtà nascosta, estesa e di difficile emersione
nei confronti della quale le moderne forze dell’ordine e l’opinione pubblica internazionale devono riservare l’attenzione e le strategie elaborate per disarticolare sodalizi mafiosi o eversivi nazionali ed internazionali.
*Presidente Commissione parlamentare per l’Infanzia
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3. DOSSIER
Nasce la “Carta
dei Diritti”
Una iniziativa del Consiglio
Nazionale degli Utenti
PAOLO BAFILE*
L
a neonata Carta dei diritti dei minori in rete,
approvata e resa pubblica il 3 febbraio dal
Consiglio Nazionale degli Utenti (istituito presso
l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni), costituisce la sintesi e il punto di arrivo di un’approfondita riflessione sui rapporti fra Internet e minori, che
fu avviata dal Consiglio in un Convegno svoltosi a
Napoli nel novembre del 2001 con il titolo “Minori
in Internet: doni e danni della rete”. Il lungo periodo
di riflessione si è arricchito di una serie di “audizioni” presso lo stesso C.N.U. di educatori, di esperti in
comunicazione, di providers e, in genere, di fornitori
di servizi e di contenuti in rete, ivi compresi i titolari
e proponenti dei vari sistemi di selezione e “filtraggio” delle immagini finalizzati ad una più efficace
tutela e orientamento dei giovani e giovanissimi navigatori in rete.
Da un esame, anche veloce, della “Carta” l’elemento che emerge con maggiore immediatezza dall’articolato è il senso di equilibrio che lo pervade e lo caratterizza. Equilibrio e ponderazione fra due spinte contrapposte: da una parte gli entusiasmi – più che giustificati, del resto – per questa nuova, prodigiosa conquista
della tecnologia nel settore, già così effervescente, delle
comunicazioni e, dall’altra parte, le preoccupazioni e
le cautele, altrettanto legittime, per un possibile uso
improprio o distorto o irresponsabile di Internet,
specialmente da parte e/o nei confronti di ragazzi e
bambini.
Il testo, che si articola in nove punti, si ispira
innanzitutto ai valori della nostra Costituzione, ma
anche ai principi enunciati nelle diverse Convenzioni
internazionali cui l’Italia aderisce: basti citare la
Dichiarazione dei diritti dell’uomo approvata nell’Assemblea delle Nazioni Unite del 1948 e la successiva
Dichiarazione dei diritti del fanciullo (1959) poi
riconfermata ed ampliata nella Convenzione internazionale per i diritti del fanciullo sottoscritta nel 1989,
sempre in sede O.N.U.
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Si tratta, come è noto, dell’affermazione dei diritti
di libertà di espressione, di eguaglianza, di dignità della
persona e dei conseguenti diritti all’educazione, all’istruzione-formazione, alla riservatezza, all’immagine,
come pure alla tutela della salute psico-fisica, alla sicurezza, ecc.
La Carta sottolinea con particolare forza e, soprattutto, in positivo, le immense, straordinarie potenzialità di questo nuovo mezzo di comunicazione, il cui uso
– previo il necessario apprendimento – potrà servire ad
attenuare e, possibilmente, a cancellare quella condizione di disuguaglianza (e di sostanziale discriminazione) fra ragazzi che, con specifico riferimento all’uso o
non-uso del computer, va sotto il nome anglofono di
digital divide e che l’auspicata e generalizzata “alfabetizzazione” ad Internet potrebbe – appunto – contribuire a superare.
La rete, anzi, se sapientemente utilizzata nella scuola ed in famiglia, può diventare valido strumento per
superare vari tipi di disabilità e di situazioni svantaggiate, potendo essere adoperato anche come mezzo
ordinario di istruzione e di informazione a distanza e,
comunque, di crescita civile e culturale.
D’altra parte, il richiamo contenuto nella Carta ad
una necessaria e diffusa assunzione di responsabilità
nell’uso di Internet è espresso in modo altrettanto
chiaro e forte. Esso si coglie, in particolare, quando il
testo (al punto 7), dopo aver enunciato il diritto del
fanciullo alla riservatezza nelle sue comunicazioni
personali (e, dunque, anche in Internet), sembra
porvi una sorta di limite di fronte alla (pur doverosa
e necessaria) potestà di esercitare una qualche vigilanza da parte dei genitori. Questa forma di “ingerenza” parentale, tuttavia, non va interpretata come una
limitazione del diritto alla riservatezza del fanciullo,
ma va piuttosto configurata come un suo ulteriore
diritto di non essere “abbandonato” davanti al computer e di essere comunque tutelato di fronte alla
eventualità di fare brutti incontri su Internet (ovvio il
riferimento al fenomeno della pedofilia in rete ed ai
relativi episodi di cronaca di cui hanno ampiamente
riferito i giornali).
Non resta, dunque, che augurare alla Carta di essere conosciuta, condivisa ed applicata, fino a diventare
patrimonio comune degli operatori e dell’intero
“popolo” di Internet.
*Vice presidente Consiglio Nazionale degli Utenti
1. EDITORIALE
Per una partecipazione
attiva, consapevole
e “sicura”
PIER CESARE RIVOLTELLA*
L
a promulgazione – il 4 febbraio scorso – dei “Diritti dei minori in rete” da parte del Consiglio
Nazionale degli Utenti, offre ampi spunti di riflessione
alla comunità educativa.
Occorre, anzitutto, sottolineare la bontà del Documento. Esso, infatti, registra con precisione i diversi
ambiti della navigazione del minore in rete che pare
opportuno regolamentare nella prospettiva di una
garanzia assoluta dei diritti del minore stesso. Si tratta
di diritti attivi e passivi, cioè di diritti che da una parte
sono pertinenti alla salvaguardia del minore da rischi e
danni in cui potrebbe imbattersi (sono di tal sorta i
diritti alla salute, all’ascolto, all’uguaglianza, alla dignità e alla riservatezza, alla sicurezza), dall’altra implicano invece la possibilità per il minore di diventare lui
stesso protagonista (come sottolineano i diritti alla
libertà di espressione, alla socializzazione al gioco).
Accanto a questi diritti, il Documento indica due altre
dimensioni: quella educativa e quella della responsabilità. Ci sembra interessante soffermarci su di esse perché sono di grande interesse in prospettiva pedagogica.
Partiamo dall’educazione di cui vengono evidenziate tre dimensioni:
• la dimensione alfabetica, che implica il diritto del
minore a godere delle condizioni che gli consentano
di imparare i linguaggi della rete, funzionali a realizzare con essa un’efficace interazione;
• la dimensione critica, e qui il diritto da salvaguardare è quello del minore a poter sviluppare un’adeguata consapevolezza delle opportunità e dei rischi della
rete maturando un senso critico che sia adatto a farlo
interagire in maniera virtuosa con il mondo virtuale;
• la dimensione formativa, invocata come diritto del
minore in tutti i casi in cui situazioni di impedimento non gli consentano di frequentare regolarmente la
scuola e gli rendano di conseguenza necessarie le tecnologie della formazione a distanza.
Crediamo che questo art. 4 del Documento sia
quello assolutamente più importante, poiché sposta
l’attenzione sulla vera chiave di accesso ai problemi del
rapporto tra i media e i minori, e cioè l’educazione.
Solo rendendo il minore soggetto di un’azione educativa efficace si può ridurre l’impatto potenzialmente
negativo di tutti gli altri aspetti massimizzandone quello positivo. Il minore net-educato sa esprimersi auto-
3. DOSSIER
nomamente, è in grado di costruirsi diete mediali equilibrate, socializza in maniera appropriata, si difende
meglio dai rischi in cui può capitare si imbatta durante la navigazione. Due annotazioni si possono fare a
margine di questo dato.
La prima. È curioso che proprio una carta dei diritti rivendichi l’importanza dell’educazione. Il cartismo,
infatti, da sempre costituisce la strategia opposta
rispetto a quella dell’educare: scrivere carte significa
richiamarsi alla formalità delle norme, proclamare dei
valori che spesso però si dimostrano disincarnati
rispetto alle prassi reali; educare, invece, è il modo
migliore per dare contenuto alla norma incarnando i
valori che essa richiama, non prevedendo sanzioni che
tutelino i soggetti ma procedendo a un potenziamento
(empowerment) che li renda liberi e sicuri.
Seconda osservazione. L’educazione viene definita un
diritto del minore e, di conseguenza, configurata come
un dovere per la società adulta e, in primis, per le agenzie educative (la scuola e la famiglia). Ora, richiamarsi al
dovere dell’educazione è tranquillizzante ma non risolve
la questione se poi si voglia e si possa educare di fatto:
indicato il principio il lavoro educativo è ancora tutto da
fare. Tanto più che i segnali che provengono dalle istituzioni non sono incoraggianti: basti pensare alla Riforma
della Scuola in cui tutto si riduce a una introduzione dei
linguaggi informatici sicuramente importante ma ben
lungi dal risolvere la questione di una educazione ai
media (Media Education) che altro tipo di riflessione –
in ampiezza e profondità – richiederebbe in relazione alla
costruzione del pensiero critico del minore!
Qui si intercetta la seconda questione di interesse
pedagogico forte: quella della responsabilità. In fondo
tutto il documento presuppone la responsabilità dell’adulto: dell’adulto-genitore, dell’adulto-insegnante,
dell’adulto-legislatore, dell’adulto-web master, ecc.
L’esito possibile è una contraddizione, perché se da una
parte può essere vero che i diritti del minore dipendono dalla capacità dell’adulto di essere responsabile,
dall’altra il fatto che sia stato necessario definire i
diritti del minore significa che essi vengono violati e
che quindi l’adulto non è capace di responsabilità.
Cosa si fa per costruire la responsabilità dell’adulto? Si
fissano norme e si prevedono sanzioni per i trasgressori? Lo spazio dell’educazione si ritaglia anche qui, sia
per predisporre interventi mirati al tempo presente
(formazione dei genitori, degli insegnanti, degli operatori di settore), sia per preparare oggi, educando i
minori, gli adulti responsabili di domani.
*Professore associato di Metodi e tecniche
delle interazioni educative presso la Facoltà di Scienze
della Formazione dell’Università Cattolica di Milano
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