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LOS ANGELES CINEMA
POI UN GIORNO HAI DECISO DI FARE CINEMA.
Elizabeth Olsen sarebbe piaciuta a Omero, Ulisse e... anche a
Polifemo (nonostante la cecità). Prima vieni attratto dagli occhi
– grandi, onesti, verdissimi – poi eccoti ammaliato da sensualità e sorriso –
affabile e accattivante – per finire infine completamente inebriato e catturato
da calma e proprietà di linguaggio, veramente rari per un’attrice con un
pedigree di solo due film: La fuga di Martha (pluripremiato a Sundance e
Cannes) e il nuovissimo Silent house (dove la incontriamo a Beverly Hills),
remake del film dell’orrore uruguaiano La casa muda, in cui Elizabeth mostra
quello che tutti le hanno pronosticato a Hollywood: il ruolo di star.
DOPO IL SUCCESSO DE LA FUGA DI MARTHA, TUTTI SI SONO CHIESTI “...CHI È QUESTA
RAGAZZA?”, ANCHE SE IL TUO È UN COGNOME CONOSCIUTO...
“Ho sempre avuto paura di usare il mio cognome, non volevo che nessuno
pensasse che lo sfruttassi per ottenere ruoli senza meritarmeli. Oltre alle mie
famose sorelle gemelle, Mary-Kate e Ashley, ho un fratello maggiore Trent,
scrittore-sceneggiatore, e due fratelli più piccoli, Taylor e Jake. Ho alle spalle
una famiglia solida, che crede in valori concreti. In casa nostra guadagnarsi
da vivere, essere indipendenti, è sempre stata la priorità essenziale. I miei
genitori – David Olsen, broker, e Jarnette Jones, ballerina, n.d.r. – mi hanno
sempre insegnato che per essere liberi bisogna avere una disponibilità
economica che si acquisisce solo sfruttando talento e intelligenza”.
TI SEI MAI RESA CONTO CHE LE TUE SORELLE ERANO FAMOSE?
“Sin da piccolissima, dopo aver finito la scuola, passavo le giornate sul set.
A volte le mie sorelle mi chiedevano se volevo fare una parte, ma per me era
un modo per giocare con loro, niente di serio. Poi, crescendo, mi sono resa
conto che Mary-Kate e Ashley hanno sacrificato anni di vita ‘normale’ e che
le vacanze avevano sempre a che fare con la loro schedule lavorativa, non
mi sono mai accorta che in realtà mentre mi divertivo loro lavoravano. La
fama è un animale strano, pericoloso, non tutti sono capaci di domarlo. Sono
contenta di aver sempre saputo che c’è differenza tra vita pubblica e privata:
quando vado a una festa so che è lavoro, non fa parte della mia realtà, che sono
sono amici e famiglia”.
È IL MOTIVO PER CUI HAI DECISO DI FARE TEATRO INVECE CHE CINEMA?
“Sì, perché non volevo vivere sulla mia pelle la carriera delle mie sorelle. Ho
sempre avuto paura del cinema, era un mondo spietato, la telecamera mi
intimidiva. Al liceo ho deciso che sarei diventata attrice teatrale, si addice meglio
alla mia personalità e ai miei gusti letterari. A 17 anni mi sono iscritta alla Lee
Strasberg di New York dove ho passato l’estate a recitare con gente come me,
appassionata del palcoscenico. Passione che poi è cresciuta alla Atlantic Theater
Company della New York University. Grazie a loro ho studiato a Mosca per sei
mesi, dove mi sono innamorata seriamente per la prima volta di un uomo, anche
se la relazione è finita per via della distanza. Poi è arrivato Broadway, dove ho
trascorso tre anni dietro le quinte come understudy, l’attrice pronta a sostituire
la star in qualsiasi momento: anche se non sono mai salita sul palco, ho capito
che la mia presenza e serietà erano importanti”.
“Beh, il cinema mi ha sempre appassionato. Adoro il filone horror: Tremors
Aracnofobia, Lo squalo, per non parlare del film francese Them - Loro sono là fuori
di Moreau & Palud, capolavoro. Ho aspettato la fine degli studi prima di iniziare
a fare la prima audizione per Spy Kids di Robert Rodriguez. Ho scelto di fare La
fuga di Martha perché era un ruolo dove, invece di recitare, dovevo interpretare
una ragazza vera che vive in un mondo reale. Il mio idolo però è una comica,
Catherine O’Hara, la preferita di Tim Burton, vista nei suoi Beetlejuice & il
prossimo Frankenweenie. Sono contenta di aver continuato a studiare e scoprire
quello che volevo fare nella vita”.
QUALI SONO I PROGETTI A CUI STAI LAVORANDO?
“Mi sento come un paziente che si è svegliato dal coma, ho voglia di fare tutto,
vivere tutto, interpretare tutto. Sto lavorando a una piccola parte in Kill your
darlings, la storia di un omicidio che unisce Allen Ginsberg, Jack Kerouac e
William Burroughs. Poi ho un film in costume con Glenn Close, un mio mito.
Voglio fare parti che non solo cambino la mia immaginazione ma che mi
facciano vivere una vita più piena. E poi non avendo né famiglia né mutuo da
pagare, posso fare scelte non importanti a livello economico ma interessanti
per la mia formazione di attrice. Ci si eccita quando si lavora e ci si deprime
quando si rimane a casa, ma sono contenta di poter scegliere solo parti che
voglio realmente interpretare!”.
FASHIONISTA PER SCELTA O PER LAVORO?
“Da quando ho iniziato a fare cinema le mie sorelle mi hanno consigliato
di farmi aiutare, perché a quanto pare qualsiasi cosa indossi diventa una
dichiarazione mondiale! Ho un bel rapporto con il mio armadio, ma non
è un’ossessione. Ho sempre amato entrare dentro a quello di Mary-Kate,
fashion-addict della famiglia. Poi all’età del liceo sono diventata più alta e non
mi andava più bene niente. Tutte le mie amiche potevano indossare le sue cose
firmate, mentre io ho cominciato a frequentare negozi vintage, soprattutto
Wasteland, la mecca dell’usato su Melrose Ave a Los Angeles. Non sono schiava
della moda, preferisco comperare oggetti per la cucina, andare da WilliamsSonoma e Sur la Table. Sono una foodie”.
UNA FOODIE?
“Cucinare è la passione, essere foodie è la vocazione, la malattia, se vogliamo.
Ristoranti, sapori, chef, food 24/7. Durante le vacanze cucino sempre, sono
ossessionata dai cavoletti di Bruxelles! Ammiro lo chef Wylie Dufresne e la cucina
molecolare. Quando ho girato Red lights a Barcellona, capitale della molecular
gastronomy, ho passato giornate intere davanti a piatti dalle combinazioni più
strane, guarniti di schiuma, bolle e particelle, dai sapori incredibili. E adoro un
altro chef-genio, Michael Voltaggio, che non si occupa solo di nutrire l’occhio ma
anche il cervello: basta andare al suo ristorante INK di L.A. per capire cosa dico. E
poi Tom Colicchio, lo show TV Top Chef, Jon Shook e Vinny Dotolo proprietari e
chef di Animal e Son of a Gun, entrambi re del comfort food, cibo ricco e pieno di
grassi buoni, sperimentatori, innovativi di West Hollywood”.
LA TUA PAURA PIÙ GRANDE?
“La solitudine, quella fatta come scelta. Sono una persona estremamente
estroversa, mi piace viaggiare – mete preferite Grecia e Italia – ed essere
sempre a contatto con persone di culture, razze e idee diverse dalle mie. L’idea
di decidere di allontanarmi dal mondo mi terrorizza, non sentire più una
connessione con gli esseri umani mi spaventa a morte”. •
ELIZABETH
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Una faccia da ragazza della
porta accanto, un’insana
passione per recitare
in film horror e un’autentica
mania per la cucina.
Ma attenzione: non lasciate
mai Elizabeth da sola
OLSEN
TESTO ROBERTO CROCI
FOTO JEREMY KOST/WIREIMAGE
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