1 Profilo dell`opera e della figura di Steve Jobs Vorrei iniziare questo

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1 Profilo dell`opera e della figura di Steve Jobs Vorrei iniziare questo
Profilo dell’opera e della figura di Steve Jobs
di Teresa Numerico
Vorrei iniziare questo intervento con due notizie di cronaca. La prima è che nel maggio
2010 Apple ha superato Microsoft per capitalizzazione in borsa, diventando la prima
azienda tecnologica degli USA. È il grande capolavoro di Steve Jobs, fondatore e per
lungo tempo capo della Apple, sia pure fra alterne vicende.
La seconda è che a New York in questi giorni si recita una pièce teatrale, un monologo
di Mike Daisey, che metta in scena problemi di di Apple sulla produzione su larga
scala dei suoi prodotti. Secondo alcuni il fatto che la Apple non abbia fatto proprio il
controllo sulle qualità di lavoro dei produttori dei suoi apparecchi è un'occasione
mancata. Sicuramente la situazione dell’azienda cinese FoxConn è delirante e
meriterebbe un approfondimento. Tuttavia non credo che quello si debba imputare
direttamente a Jobs quanto a un sistema di produzione internazionale che esporta le
malefatte e importa i manufatti. Come se le malefatte in Cina fossero meno gravi che
nel mondo occidentale. Ma questo non riguarda solo la Apple e forse il fatto che si
associ il tutto a Jobs ha costituisce il risvolto della mitologia legata al personaggio che,
nel bene e nel male, si pone come una specie di spartiacque tra il mondo dei
computer com'erano prima e quello degli infodomestici di oggi.
Ma chi era Steve Jobs e perché i media di tutto il mondo gli hanno dedicato questa
grande attenzione? Bisogna ammettere che, oltre ad aver attraversato la storia
dell'informatica proponendo prototipi non sempre di successo nel mercato, ma sempre
all'avanguardia nella definizione dei desideri del mercato, Jobs è stato per molti versi
un geniale innovatore e uomo di marketing.
Un’attitudine all'innovazione tecnologica assai precoce: appena dodicenne contattò
Hewlett Packard che nell’estate del 1967 gli propose un “summer job” presso la sua
azienda.
Dal 1974 al 1976 lavorò, insieme all’amico e futuro co-fondatore di Apple Steve
Wozniak, alla costruzione dei giochi per l'Atari e partecipò alle riunioni dell'Homebrew
Computer Club, fucina della controcultura nerd e proto-hacker degli anni ‘70. In una
intervista del 1995 allo Oral History Project dello Smithsonian Institution, un anno
prima del grande rientro in Apple, Jobs insiste molto sulla centralità di quell'humus
nella Silicon Valley, dell'atmosfera elettrizzante che si respirava e della sensazione che
quelle idee avrebbero cambiato il mondo proprio come l’amata LSD. Secondo le parole
di Jobs negli anni ‘70 si respirava ancora l'onda lunga della contestazione anni ‘60, ma
anche le speranze e le promesse di un mondo migliore che stavano tutte nei progetti
dei vari personaggi che si incontravano al Homebrew Computer Club.
Sotto il profilo della protezione intellettuale del software, Jobs è sempre stato un
punto avanti a Bill Gates, nel senso Gates pensava che il software si dovesse
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licenziare (a pagamento) a qualsiasi produttore di hardware che ne fosse interessato,
mentre Jobs non poteva nemmeno pensare che si potesse dissociare il software
dall'hardware, tanto che in Apple tutto era assolutamente in controllo dell'azienda. Del
resto il carattere innovativo delle loro macchine riguardava anche il processore che,
all'epoca usava il metodo RISC (Reduced Instruction Set Computing) contrariamente
al CISC (Complex Instruction Set Computing) adottato da IBM e IBM compatibili.
Tale scelta voleva coniugare la volontà di semplificazione delle procedure con una
grande prestanza delle macchine. Se nel processore si potevano eseguire solo
operazioni molto semplici (molto nella logica della macchina di Turing) allora queste
operazioni potevano avvenire ad alta velocità ed essere quindi più efficienti.
Il periodo dal 1976, quando fonda la Apple, al gennaio 1983, quando esce il computer
LISA, può essere considerato un lungo periodo di apprendistato e incubazione, dopo
cui arrivano il successo e anche la collocazione in borsa dell'azienda. (Se ne parla
anche nel film Forrest Gump come un “investimento sicuro”).
In questi anni si colloca anche l’importante visita di Jobs al laboratorio PARC di Palo
Alto della Xerox: è qui che si progetta davvero il futuro, dove Robert Taylor, dopo aver
lanciato Arpanet, la rete militare e di ricerca dalla quale sorgerà Internet, sta
rivoluzionando il mondo delle interfacce. Il computer Alto commercializzato nel 1973 e
quelli che seguirono erano rivoluzionari nell'idea di trasformare il computer in una
macchina amichevole, come aveva profetizzato Douglas Engelbart, sostenuto da
Joseph Licklider e dai finanziamenti dell'IPTO. Ma al PARC si faceva sul serio:
ricordiamo che tutto quello che ha rivoluzionato le interfacce e i sistemi operativi dei
calcolatori fu progettato in questa sede. Tuttavia come spesso accade non sempre gli
inventori vengono premiati per l'idea che regalano al mondo. Anzi, Alto e i dispositivi
che seguirono non ebbero successo commerciale, tanto che la Xerox chiuse il settore
dei computer. Ma quando Jobs li vide nel 1979 confessò di aver pensato che quello era
il computer del futuro, se ne innamorò e oltre a qualche dipendente del laboratorio di
ricerca, portò con sé lo spirito di quegli anni e la convinzione che quelle fossero le
macchine di cui le persone avevano bisogno. Oltre al fatto che non bisognava essere
ingegneri per poter apprezzare l'utilità di un dispositivo del genere e che la bellezza
dell'oggetto poteva essere altrettanto importante quanto le sue funzionalità, anzi forse
di più. Questa forse era farina del suo sacco più di quello che si progettava nel
laboratorio di ricerca.
Le tre cose che vide al PARC erano le interfacce a icone, la programmazione a oggetti
e la rete. Avvenne qui l'incontro fortunato tra l'inventore, o meglio gli inventori e
l'imprenditore: coloro che fecero ricca la silicon valley e la popolarono di coppie
improbabili.
Il computer Lisa, prodotto nel 1983, fu l’esperimento più vicino ai progetti del PARC.
La leggenda narra che Wozniak si ammalò e Jobs ne approfittò per rivoluzionare il suo
progetto infilandoci tutte quelle componenti che resero il Mac ciò che è.
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Ma il successo non arrivò subito Lisa costava troppo (quasi 10.000 dollari) e nessuno
ancora sapevo a cosa sarebbe stata utile. A quel punto Jobs decise di assumere John
Sculley come presidente. Sculley veniva dalla Pepsi-Cola e sempre la leggenda narra
che Jobs lo convinse dicendogli “vuoi passare il resto della tua vita a vendere acqua
zuccherata o vuoi avere la tua chance di cambiare il mondo?”
Questa assunzione, solo due anni dopo, nel settembre del 1985, porterà alla rottura di
Jobs con la sua azienda. Prima però, nel gennaio 1984, Apple lancia il primo
Macintosh, uno dei primi personal a interfaccia grafica e dotato di mouse. Ma Sculley è
un manager tradizionale che bada ai profitti e non a vendere sogni. Questa situazione
è un po' il segnale dell'ambivalenza di Jobs, da un lato un visionario sognatore,
dall'altro uomo di marketing. Steve Wozniak, l’anima “tecnica” del duo fondatore di
Apple, più volte ha raccontato che ai primordi, mentre lui lavorava, Steve era sempre
al telefono. Ma il fatto è che le due componenti riescono ad armonizzarsi e lì scoppia la
grana del conflitto con Sculley, che è probabilmente un conflitto tutto interno al
progetto di Jobs. Quando nel 1984 lancia il Macintosh, cercò di tenere insieme queste
due anime. e inventò la pubblicità emozionale. L'idea era che Apple poteva
sconfiggere il grande fratello impersonato dall'IBM (vd. link spot) e in effetti a lungo
termine ci è riuscita, ma al di là dei fatti, il marchio della mela diventa portatore di
valori emotivi non solo di valori economici. È in questo che Jobs è insuperabile: nel
mettere insieme valori e sentimenti e associarli alla vendita di un prodotto. Se di
“invenzione” dobbiamo parlare questa è certamente quella più vincente. Prima e oltre
quella tecnologica, nella quale egli fu più un talent scout che un vero inventore, ma
piuttosto un facilitatore, un visionario, per aver compreso che un'invenzione non sua
avrebbe cambiato il mondo.
Il fatto è che Jobs è stato spesso in anticipo sui tempi e che le sue macchine
costavano ancora troppo per un mercato poco sensibile al senso delle macchine che
proponeva la Apple. La strategia di chiudere il mercato mentre Gates spandeva il suo
software dappertutto creando lo standard delle cose e copiando sia pure male, ma a
un prezzo inferiore, le macchine Apple, fece il resto.
Norbert Wiener lo aveva detto nel 1950 "information is more a matter of process than
of storage"; sembra un po' un verso di una poesia, ma vi è contenuta una verità, sia
pure parziale. Se si chiude lo steccato della propria capacità innovativa, senza
neanche riuscire (come invece faceva Microsoft, in un certo senso con una maggiore
generosità, sia pure interessata) a creare lo standard, il rischio è restare nella nicchia
degli affezionati, religiosi, fautori e sostenitori della superiorità eterna del marchio
della mela morsa, ma non si crea un mercato di massa. L'appropriazione
dell'innovazione come se fosse qualcosa che si può contenere o ottenere una volta per
tutte senza l'aiuto della collettività, quella stessa che l'aveva prodotta al principio,
allora tutto diventa solo temporaneo e destinato a disperdersi. Chiudere l'informazione
in un forziere farà anche guadagnare qualcuno, ma nel caso di Apple fu perdente.
Tuttavia negli anni precedenti alla sua uscita da Apple Jobs ebbe un'altra intuizione,
che segnala un po' anche l'altra sua parte, quella di un sognatore rivoluzionario e
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libertario: mettere al centro l'educazione. Nel 1983 infatti progetta di mettere un
computer in ogni scuola e riesce ad ottenerlo grazie a un aiuto dello Stato della
California. L'idea che trascinava Jobs era quella di far innamorare i giovani di un
computer:
And that's what Apple stood for. That was one of the things. The other thing was a little
bit further back in time. One of the things that built Apple II's was schools buying Apple
II's; but even so there was about only 10% of the schools that even had one computer
in them in 1979 I think it was. When I grew up I was lucky because I was in Silicon
Valley. When I was ten or eleven I saw my first computer. It was down at NASA Ames
(Research Center). I didn't see the computer, I saw a terminal and it was theoretically a
computer on the other end of the wire. I fell in love with it. I saw my first desktop
computer at Hewlett-Packard which was called the 9100A. It was the first desktop in
the world. It ran BASIC and APL I think. I fell in love with it. And I thought, looking at
these statistics in 1979, I thought if there was just one computer in every school, some
of the kids would find it. It will change their life. We saw the rate at which this was
happening and the rate at which the school bureaucracies were deciding to buy a
computer for the school and it was real slow. We realized that a whole generation of
kids was going to go through the school before they even got their first computer so we
thought the kids can't wait. We wanted to donate a computer to every school in
America.
[…] However, fortunately something unique happened. California thought this was such
a good idea they came to us and said "You don't have to do a thing. We're going to
pass a bill that says 'Since you operate in the State of California and pay California Tax,
we're going to pass this bill that says that if the federal bill doesn't pass, then you get
the tax break in California'. You can do it in California, which is ten thousand schools".
So we did. We gave away ten thousand computers in the State of California. We got a
whole bunch of the software companies to give away software. We trained teachers for
free and monitored this thing over the next few years. It was phenomenal. One of my
great experiences and one of my biggest regrets was that really tried to do this on a
national level and got so close.
L’idea di spingere sul lato educational l'inserimento dei computer rifletteva entrambi
gli aspetti, da un lato l'idea di far innamorare del computer i giovani e metter loro in
mano tutte le potenzialità dell'innovazione, dall'altro fidelizzare al marchio
consumatori in erba, che poi diventati adulti avrebbero continuato a preferirlo, se non
altro per ragioni sentimentali.
Quando Jobs esce da Apple nel 1985 fa due cose parallelamente molto importanti.
Innanzitutto fonda NEXT, un'azienda che si propone di produrre macchine potenti, ma
basate su interfacce usabili da inserire nel mondo della ricerca scientifica o delle alte
sfere del business. Jobs si accorse a quel punto che non poteva tenere tutto in casa,
hardware e software, e dopo averci provato e non aver avuto successo conservò solo
il software e fece funzionare al meglio le tre cose che aveva visto alla Xerox. Fu una di
queste macchine che ospitò il progetto del web al CERN di Ginevra, in possesso di Tim
Berners-Lee, quindi pur non avendo avuto molto successo era nelle mani delle
persone che realizzarono la successiva rivoluzione telematica, quella della rete.
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Jobs comprese immediatamente il valore del Web rispetto allo sviluppo della
comunicazione. Nel 1995 agli albori del suo sviluppo dichiarò che “The Web is the
missing piece of the puzzle which is really going to power that vision[the computer as
a communication device] much farther forward.”
Egli riteneva che il Web avrebbe cancellato strati di intermediari (probabilmente
comprendeva che ne avrebbe creati di nuovi e che avrebbe potuto essere lui uno di
quelli) e che Microsoft non avrebbe potuto controllarlo, perché l'investimento
governativo lo avrebbe proibito. Era convinto che questo fosse un nuovo capitolo
dell'egemonia culturale della California nel mondo della comunicazione dei computer e
riteneva che questo fosse un passaggio positivo rispetto alla sua caratteristica di
globalizzazione:
So I do expect the Web to be a worldwide phenomenon, distributed fairly broadly. But
right now I think it's a U.S. phenomenon that's moving to be global, and one which is
very concentrated in certain pockets, such as California.
Questo passaggio meriterebbe una maggiore riflessione, perché probabilmente illustra
una verità ma non necessariamente una verità positiva. L'egemonia culturale
americana e in particolare californiana sulla rete può avere, ha avuto e potrebbe
ancora portare molti guasti nel processo della mondializzazione delle pratiche di
connessione. L'evoluzione del Web 2.0 e della seconda giovinezza di Jobs alla Apple ne
sono una conseguenza.
Oltre all'interesse per l'aspetto educational, sempre nella logica dell'ambivalenza
caratteristica del personaggio, troviamo quello dell'entertainment. Non solo i computer
Apple sono quelli sempre più attenti alle esigenze dei creativi che costituiscono una
nicchia che lo ha sempre preferito, ma i computer Apple erano quelli sempre più
all'avanguardia nell'ambito della multimedialità. Jobs rileva da George Lucas la Pixar
una azienda di animazione computerizzata e la porta al successo nel 1995 con Toy
Story nel 1995.
La centralità dell'entertainment associata con la rete porta Jobs a comprendere che è
possibile entrare con dei dispositivi nel mondo dell'entertainment.
A dicembre del 1996 Jobs rientra nella Apple prima come consulente poi come CEO
(amministratore delegato) ad interim e dal 2000 come CEO effettivo. Sono gli anni del
ritorno alla progettazione della bellezza: nascono iMac (1998), iBook (1999), e quelli
del meno fortunato Power Mac G4 Cube (2000) che però interromperà la produzione
nel giro di un anno.
Il fatto è che forse non c'è più spazio per la leadership nel mondo dei computer: troppi
concorrenti e troppe difficoltà. Ma Jobs tira fuori dal cilindro iPod (2001) che forse
proprio a causa della sua esperienza nel mondo dell'entertainment abbraccia una
nuova filosofia, la filosofia degli infodomestici, inaugurata dal guru dell’ergonomia e
della User Experience Donald Norman, consulente di Apple dal 1995 al 1998. Sempre
nella logica della semplificazione: perché avere oggetti che possono fare tutto quando
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si possono avere oggetti che fanno cose singole semplicemente? Dopo iPod è la volta
di iPhone (2007) e la leggenda narra di due progetti rimandati indietro perché Jobs
vuole che tutto funzioni con un solo bottone, e alla fine lo ottiene (non è un solo
bottone ma lo sembra attraverso l'interfaccia touch che è la successiva rivoluzione) la
prossima versione del telefono dovrebbe consentire anche un'interfaccia vocale. Nel
2010 nasce iPad lettore di libri ma anche molto di più.
In mezzo a questi nuovi oggetti c'è una nuova concezione della rete come uno spazio
protetto e abitato solo dalle applicazioni volute e approvate da Apple, anche se
prodotte dalla collettività. In questo Apple è subito pronta a sposare fino in fondo una
filosofia (che del resto l'ha sempre caratterizzata) di concentrarsi sul mondo chiuso
che produce valore aggiunto, entro un regime di protezione e di funzionalità voluti dal
marchio. Forse Jobs stava invecchiando o forse la filosofia libertaria è sempre solo una
maschera per il liberismo sfrenato, sia pure sotto le vesti della vocazione educational.
al computer in “every school”.
Molto si potrebbe dire su iPod, iTunes l'apertura di propri spazi commerciali e la
volontà di porsi come il nuovo intermediario dell'intrattenimento, dopo che il Web ha
distrutto gli altri, l'impressione è che della parabola si salvi solo la bellezza, e la
creatività, non tutta e non solo a fin di bene. L'idea che Microsoft in rete non ce la
possa fare, non equivale a dire nessuno ce la può fare. E allora che ne resta della
libertà negli spazi di applicazioni approvate da Apple, quando si oscura l'applicazione
di un giornalista satirico che con le sue vignette ha vinto il Pulitzer? Qual è la
differenza dell'occhio della Apple sui suoi dispositivi e lo sguardo del grande fratello
evocato nello spot anti IBM? Forse un po' di quelle tecniche tanto odiate nei nemici
(Microsoft e IBM) sono state introiettate e assimilate da un Jobs ormai adulto e
sofferente? Chissà la differenza può anche esserci, ma trovarla significa andare con la
lente di ingrandimento. Questi oggetti culto, bellissimi e con l'anima, sembrano un po'
l'infrazione del sogno di cambiare il mondo promesso al manager Pepsi e in qualche
modo fanno diventare anche Apple una specie di venditore di acqua zuccherata sia
pure ad alto valore aggiunto… e in bottiglie meravigliose.
Link ai materiali utilizzati e approfondimenti
http://allaboutstevejobs.com/
http://americanhistory.si.edu/collections/comphist/sj1.html
http://www.nytimes.com/interactive/2011/10/05/business/20111005jobs-lifetimeline.html
http://www.unita.it/tecnologia/steve-jobs-la-rockstar-digitale-1.339458
http://www.technologyreview.com/printer_friendly_article.aspx?id=18621
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http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/tecnologia/grubrica.asp?ID_blog=3
0&ID_articolo=7675&ID_sezione=38
http://www.infoaut.org/index.php/blog/clipboard/item/2827-ifu-lam
http://youtu.be/s2PfOZTIlbA (spot Apple 1984, girato da Ridley Scott)
http://www.youtube.com/watch?v=oObxNDYyZPs (discorso di Jobs a Stanford, con
sottotitoli in italiano)
http://www.youtube.com/watch?v=dK_XEGrzHUo (intervista al co-fondatore Steve
Wozniak subito dopo la notizia della morte di Jobs)
Un libro “pro” e uno “contro”:
Carmine Gallo, Pensare come Steve Jobs, Sperling & Kupfer, 2011
NGN, Mela marcia. La mutazione genetica di Apple, Agenzia X, 2010
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