L`arte preistorica

Transcript

L`arte preistorica
L’ARTE PREISTORICA
Le prime manifestazioni artistiche dell’uomo,
sempre caratterizzate da tematiche strettamente
attinenti alla caccia, si fanno risalire ad un periodo
intercorrente tra il 50.000 ed il 40.000 a.C.; in
quell’epoca, per i nostri lontani progenitori, la
caccia non era soltanto quasi l’unico mezzo di
sussistenza, ma anche la massima espressione di
una cultura che diede luogo alle prime forme di vita
sociale e, quasi certamente, ad un comune sentire
spirituale. Il fiorire di credenze magico-religiose
portò, sempre più frequentemente, a riporre nelle
tombe dei manufatti artistici o semplici oggetti
d’uso comune, affinché potessero essere utilizzati
dall’estinto nell’oltretomba.
Il rapporto tra l’uomo e l’animale costituisce l’asse portante dell’attività e dell’economia di
quei popoli. Da tale presupposto è necessario partire, se si vogliono comprendere le diverse
particolarità artistiche del periodo in argomento.
Già dal 100.000 al 30.000 a.C., in modo
particolare nell’Europa settentrionale, “l’uomo di
Neanderthal” era capace di costruire una gran
varietà di utensili, ma è all’”Homo sapiens
sapiens”, il cosiddetto “uomo di Cro-Magnon”,
che dev’essere attribuita la paternità dei primi
manufatti che possono esser definiti opere d’arte.
Utensili risalenti rispettivamente a 800.000 e a 150.000 anni
orsono.
L’assenza di una datazione certa dei reperti e la loro relativa scarsità hanno, il più delle volte,
reso particolarmente arduo il compito degli storici.
Le più interessanti
testimonianze che l’arte
preistorica ci ha
tramandato, sono le
raffigurazioni rupestri
rinvenute nella zona
franco-cantabrica, tra le
regioni settentrionali della Spagna e quelle sud
occidentali della Francia.
Soffitto della grotta di Lascaux - (25000/ 15000 a. C.)
Soffitto della grotta di Altamira - (15000/ 1200 a. C.)
Le pareti e le volte di alcune caverne
naturali (v. Altamira in Spagna, di Lascaux,
Montignac e Polignac in Francia) sono ricoperte
di immagini graffite o dipinte con immagini di
tipo naturalistico.
Le tecniche impiegate nella realizzazione di tali
raffigurazioni, sono consistite nell’incisione o
2
nell’applicazione di pigmenti colorati (ottenuti da
essenze naturali quali succhi d’erbe, sangue e
altri coloranti, impastate con terre, carbone o altri
leganti), direttamente con le mani o con
rudimentali pennelli; in altre circostanze,
venivano
nebulizzati
con
tubi d’osso,
direttamente sulle superfici delle rocce.
Generalmente, le figure rappresentate
riproducono con grande naturalezza e con
notevole cura le caratteristiche morfologiche
degli animali da cacciare, quali tori, bisonti, renne, cavalli, orsi, mammut, cervi ecc.. Solo di rado
furono rappresentate figure umane.
Quasi certamente, la rappresentazione di
queste figure aveva una funzione magica e
propiziatoria: si ritiene, infatti che per gli
uomini
del
Paleolitico,
la preventiva
rappresentazione degli animali da cacciare,
avesse il significato di propiziarne magicamente
la cattura. Tale deduzione troverebbe conferma
nel fatto che, non di rado, gli animali risultano
rappresentati trafitti da frecce, feriti o morenti.
L a s cu l tu ra
Tra i più antichi reperti del Paleolitico
superiore, nel periodo aurignacio-perigordiano
(tale denominazione è derivata dalle località
francesi di Aurignac e di Périgord ), si ha una
produzione di statuette di pietra, avorio o
steatite, rappresentanti figurine femminili (v.
“Veneri”) caratterizzate da una marcata
sottolineatura dei tratti fisici legati alla
maternità ed al culto della fecondità.Tra gli
esempi più significativi del Paleolitico, si
annovera la “Venere di Willendorf” (Austria),
-a sinistra- risalente al periodi intercorrente tra
il 50.000-e il 25000 a. C. ed una seconda,
rinvenuta nella grotta dei “Balzi rossi”,
presso Ventimiglia: mentre la prima presenta
caratteristiche morfologiche decisamente più realistiche, la seconda
appare più schematica e stilizzata.
3
I l “ Mes o l i ti co ” ed i l “ N eol i ti co ”
Durante il Mesolitico (10000 – 3500 a. C.) si ha una grande trasformazione della società: le
popolazioni di quel periodo, sempre meno dedite al nomadismo (condizione irrinunciabile per la
stessa sopravvivenza degli uomini del Paleolitico, al fine di potersi procacciare le prede selvatiche
da cacciare), diventa stanziale, alleva gli animali e si avvale dei prodotti ottenuti con la coltivazione
della terra. In questo modo nascono le prime comunità agricole e i primi centri d’allevamento
del bestiame.
Naturalmente, poiché questi rivoluzionari cambiamenti (attinenti sia ai modelli di vita di
quelle popolazioni che alle caratteristiche stilistiche dei modelli espressivi) non presupponevano più
alcuna funzione propiziatoria legata alla caccia, si determinò l’affermarsi di nuovi modelli stilistici.
Già
nel
Mesolitico
e,
successivamente nel Neolitico, si
ha una produzione di manufatti
d’argilla d’uso comune (v. ciotole,
piatti, vasellame), caratterizzati da
una decorazione sostanzialmente
diversa dalle raffigurazioni rupestri
del Paleolitico: la rappresentazione
di tipo naturalistico del Paleolitico,
A sinistra: figure
stilizzate
del
Levante spagnolo; a
destra, figure incise
su uno dei due
Massi di Cemmo, in
Val Camonica. Sono
raffigurati in modo
schematico
cervi,
bovini, capre, scene
campestri,
un
emblema del culto
solare, coltelli e
pugnali.
fa spazio ad un tipo di rappresentazione di tipo simbolico, caratterizzata dalla ripetizione di segni e
di ideogrammi (dai significati spesso incomprensibili) che, nel loro complesso, costituiscono la
decorazione delle suppellettili delle epoche storiche in argomento.
In pratica, la riproposizione di simboli dello stesso tipo o di altro genere vuole, quasi
certamente, indicare da parte degli uomini del Mesolitico e, soprattutto del Neolitico, il possesso di
determinati frutti della terra o di un determinato numero di animali (magari di specie diverse), non
più cacciati o da cacciare, ma stabilmente allevati e ristretti in appositi recinti. Le decorazioni
risultanti dalla ripetizione di tali simboli, non è quindi (o non è più soltanto) fine a se stessa, ma
risponde a precise esigenze di ordine pratico.
L ’a rch i tettu ra meg a l i ti ca d el N eo l i ti co
L’architettura megalitica (il termine megalitico deriva da due parole greche: mégas = grande
e lithos = pietra) è determinata dall’utilizzo di grandi massi di pietra che, a seconda del loro
particolare utilizzo, assumono denominazioni diverse:
4
1. I “Menhir”, massi di pietra infissi verticalmente nel terreno a mò di steli, con funzione
identificativa dei siti tombali;
2. I “Dolmen”, diffusi nell’Europa occidentale, nell’Africa settentrionale e nel medio Oriente,
sono costituiti da due o più blocchi di pietra infissi nel terreno, sormontati da una o più
lastre disposte orizzontalmente; si ritiene che possano essere stati utilizzati come sepolcri
collettivi o che fossero dei luoghi sacri;
3. I “Cromlech”, diffusi in molti paesi dell’Europa occidentale e dell’Africa settentrionale,
sono costruzioni circolari costituite da blocchi di pietra infissi verticalmente nel terreno. Si
ritiene che siano stati dei luoghi religiosi legati al culto del sole.
A sinistra sono raffigurati i menhirs di Carnac, in Bretagna, a destra il dolmen di Bisceglie (Bari) e in basso, i resti del
Villaggio nuragico di Barumini.
Tra
i
più
significativi
monumenti megalitici italiani, sono da
annoverare i “nuraghi”, presenti
esclusivamente in Sardegna.
Si tratta di case-fortezza, isolate
o disposte a formare grandi complessi,
come quello del Villaggio nuragico
di Barumini, risalente al 1000 – 1500
a. C. (vedi illustrazione). Il complesso
si estende per oltre un ettaro e
comprende un poderoso torrione
fortificato ed i resti di un villaggio
circostante, le cui costruzioni, a pianta
circolare, furono abitate fino al II sec.
a.C.L’organizzazione di tale insediamento, induce a ritenere che la popolazione, decisamente
evoluta per quei tempi, vivesse in villaggi fortificati, che fosse dedita all’agricoltura e, come
comprovano i ritrovamenti di statuine, armi e monili, conoscesse l’uso del bronzo.
Il nuraghe in genere, ha forma tronco-conica ed è costituito da grandi blocchi di pietra
disposti in circoli concentrici aggettanti verso l’interno della costruzione, fino a formare una
pseudocupola nella parte alta della medesima.
Salvatore Orrù
1999