Daniel Goleman Intelligenza emotiva 1995

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Daniel Goleman Intelligenza emotiva 1995
Psicologia
Daniel Goleman
Intelligenza emotiva
1995
PERCHÈ LEGGERE QUESTO LIBRO
In questo lavoro pionieristico Daniel Goleman, psicologo di fama mondiale, ha introdotto
a milioni di lettori il concetto di intelligenza emotiva, cioè l’abilità nel gestire le emozioni
dalla quale deriva l’80 per cento del successo nella vita. Le sole facoltà razionali, spiega
Goleman, nella vita non bastano, perché non sempre chi ha un alto quoziente intellettivo
ha successo nel lavoro o nelle relazioni interpersonali. Molto più rilevanti sono la capacità
di dirigere il proprio stato interiore, di dirigere le proprie emozioni, di comprendere le
emozioni degli altri e di auto-motivarsi. Queste capacità vengono generalmente instillate,
o distrutte, durante l’infanzia. Anche da adulti, tuttavia, si possono imparare. Questo
best-seller di Goleman, tradotto in trenta lingue, ha aperto dunque un nuovo campo
sterminato nello studio dell’intelligenza individuale.
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PUNTI CHIAVE

Il quoziente intellettivo contribuisce solo per il 20 per cento del successo della
vita; tutto il resto proviene dalla intelligenza emotiva.

Le cinque aree dell’intelligenza emotiva sono la consapevolezza di sé, la gestione
delle emozioni, l’auto-motivazione, l’empatia e la gestione delle relazioni
interpersonali.

Gli esseri umani hanno due menti che funzionano in modo indipendente: una che
pensa e una che sente.

Occorre trovare un equilibrio tra la ragione e l’emozione.

L’intelligenza emotiva si esprime al massimo nelle situazioni di “flusso”.

L’intelligenza sociale è importante nel matrimonio, nel lavoro, nella medicina,
nell’educazione.

L’intelligenza emotiva si forma da bambini, ma può essere imparata e coltivata.
RIASSUNTO
La biologia dell’intelligenza e delle emozioni
Negli ultimi anni sono state fatte molte ricerche sulla biologia della personalità e delle
emozioni, che hanno individuato diversi aspetti determinati dalla genetica. Queste
scoperte hanno però hanno sollevato due questioni: fino a che punto una persona può
modificare la propria personalità? E perché alcune persone intelligenti falliscono nella
vita, mentre altre meno intelligenti prosperano? Per rispondere a queste domande
occorre prendere in considerazione una serie di abilità che rientrano in quella che viene
chiamata intelligenza emotiva.
L’evoluzione ha sviluppato le emozioni negli esseri umani per aiutarli ad affrontare
situazioni pericolose e ad agire rapidamente di fronte al pericolo. L’uomo moderno
conserva il sistema emozionale dei propri antenati preistorici, che affrontavano
regolarmente situazioni in cui era in gioco la vita o la morte. Nella società moderna quelle
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emozioni ancestrali possono quindi sopraffare il pensiero logico. In un certo senso
è come se ogni persona avesse due menti, una che pensa e una che sente. La mente
intellettuale consente a una persona di ragionare e di riflettere, mentre la mente
emozionale è più rapida e impulsiva. Di solito queste due menti lavorano in armonia, ma i
sentimenti intensi a volte permettono alla mente emotiva di dominare la mente
razionale.
I centri emotivi del cervello si sono evoluti per primi. La parte più primitiva del cervello è il
sistema limbico che avvolge il tronco cerebrale, dal quale derivano i centri emozionali, che
influenzano anche la memoria e l’apprendimento. Milioni di anni dopo, nel corso
dell’evoluzione, da questi centri emozionali si evolsero le aree del cervello pensante, la
neocorteccia. Quindi molto prima che esistesse un cervello razionale, esisteva già quello
emozionale.
Sopra il tronco cerebrale si trova, su entrambi i lati del cervello, l’amigdala, che è
specializzata nelle questioni emozionali. Se viene rescissa dal corpo si verifica una sorta di
“cecità affettiva”: l’individuo diventa incapace di valutare il significato emozionale degli
eventi e le interazioni umane perdono interesse. L’amigdala funziona anche come
archivio della memoria emotiva, consentendo di avere vividi ricordi di piacere o di
pericolo. In una situazione di crisi l’amigdala reagisce quasi istantaneamente, molto più
rapidamente della neocorteccia. Spinto dalla collera o dalla paura, il cervello emotivo può
agire indipendentemente dal pensiero razionale. Quando l’amigdala si attiva e la
neocorteccia non riesce a controllarla, l’individuo sperimenta un vero e proprio
“sequestro emozionale”.
Mentre l’amigdala spinge all’azione, la corteccia funziona come un ammortizzatore,
soffocando o controllando i sentimenti. Il nostro modo di comportarci nella vita è dunque
determinato da entrambe le menti: non dipende solo dal quoziente intellettivo ma anche
dall’intelligenza emotiva, senza la quale l’intelletto non può funzionare al meglio. La
complementarità del sistema limbico e della neocorteccia significa che entrambi sono
componenti essenziali a pieno diritto della vita mentale. Quando interagiscono bene tra
loro, l’intelligenza emotiva si sviluppa, e altrettanto fanno le capacità intellettuali. Invece
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di cercare di eliminare i sentimenti, le persone dovrebbero sforzarsi di trovare un
intelligente equilibrio tra ragione ed emozione.
La rilevanza limitata del Quoziente Intellettuale
Un fatto noto della psicologia è la relativa incapacità dei voti scolastici e dei punteggi nei
test sul Quoziente Intellettuale di prevedere quali individui avranno successo nella vita. Al
massimo il QI contribuisce in ragione del 20 per cento ai fattori che determinano il
successo nella vita, mentre il resto dipende da altre abilità che possono essere riassunte
sotto il nome di intelligenza emotiva, come la capacità di motivare se stessi e persistere
nel perseguire un obiettivo nonostante le frustrazioni; di controllare gli impulsi e
rimandare la gratificazione; di modulare i propri stati d’animo evitando che la sofferenza
ci impedisca di pensare; la capacità di essere empatici e di sperare.
Mentre sul QI esiste una storia ormai secolare di ricerche condotte su centinaia di migliaia
di soggetti, l’intelligenza emotiva è un concetto nuovo, ma i dati disponibili indicano che
può essere un fattore molto più potente. L’analisi del QI, ad esempio, spiega ben poco del
diverso destino di individui con talenti, istruzione e opportunità apparentemente simili.
Sapere che una persona è stata uno studente modello significa solo sapere che è
straordinariamente abile nelle prestazioni scolastiche, ma non ci dice nulla sul modo in cui
essa reagisce alle vicissitudini della vita.
L’intelligenza accademica non offre pressoché alcuna preparazione per superare i travagli
e cogliere le opportunità che la vita porta con sé. Molti dati dimostrano invece che le
persone competenti sul piano emozionale, cioè quelle che sanno controllare i propri
sentimenti, leggere quelli degli altri e trattarli efficacemente, si trovano avvantaggiate in
tutti i campi della vita. Gli individui con capacità emozionali ben sviluppate hanno anche
maggiori probabilità di essere contenti ed efficaci nella vita, essendo in grado di adottare
gli atteggiamenti mentali che alimentano la produttività. Coloro che non riescono ad
esercitare un certo controllo sulla propria vita emotiva combattono invece delle battaglie
interiori che finiscono per sabotare la loro capacità di concentrarsi sul lavoro e di pensare
lucidamente.
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Conoscere se stessi
Sono cinque gli ambiti principali in cui si manifesta l’intelligenza emotiva: l’autoconsapevolezza, ovvero la conoscenza delle proprie emozioni; il controllo delle emozioni;
la motivazione di se stessi; l’empatia, ovvero il riconoscimento delle emozioni altrui; la
gestione delle relazioni.
I sentimenti sono spesso nascosti. La consapevolezza di sé richiede un’attenzione
continua ai propri stati interiori, comprese le emozioni. È la conoscenza del nostro umore,
e dei pensieri riguardo il nostro umore. Ai fini pratici, l’auto-consapevolezza coincide con
la capacità di cambiare il proprio stato d’animo.
Schiavi delle passioni
Fin dagli antichi greci la padronanza di sé, cioè la capacità di resistere alle tempeste
emotive causate dalla sorte avversa, sono state viste come una virtù. Eppure, la vita senza
passione sarebbe noiosa e desolata. Anche se gli eccessi emozionali vanno frenati, la
soppressione delle emozioni non è auspicabile, perché ogni sentimento ha il suo valore e
il suo significato. Occorre allora perseguire una posizione intermedia: le emozioni devono
essere appropriate, cioè proporzionate alla circostanza. Saper controllare le proprie
emozioni penose è la chiave del nostro benessere psicologico, perché i sentimenti
estremi, cioè le emozioni che diventano troppo intense o durano troppo a lungo, minano
la nostra stabilità.
Gestire le proprie emozioni è come un lavoro a tempo pieno. Molte delle cose che le
persone fanno ogni giorno, soprattutto nel tempo libero, sono tentativi di gestire l’umore.
Leggere un romanzo, guardare la televisione, scegliere un’attività o alcuni amici può
essere un modo per sentirsi meglio. L’arte di tranquillizzare e confortare se stessi è una
capacità fondamentale nella vita.
Controllare la collera
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Una delle emozioni più difficili da controllare è la collera, in parte perché la rabbia è
energizzante e a volte perfino tonificante. Uno dei suoi fattori scatenanti è la sensazione
di trovarsi in pericolo, anche solo nella propria autostima o dignità. La collera tende ad
autoalimentarsi, e se il processo non viene fermato le persone possono diventare
implacabili e non sentire più ragioni: tutti i loro pensieri ruotano attorno alle idee di
vendetta e rappresaglia, incuranti delle possibili conseguenze. Questo elevato livello di
eccitazione alimenta un’illusione di invulnerabilità che facilità l’aggressività.
Per gettare acqua sopra questo fuoco interiore occorre reinquadrare la situazione in
termini più obiettivi. Si può ottenere una completa sedazione purché l’informazione
capace di mitigare la collera arrivi prima che questa si scateni. Altri sistemi per
disinnescare la collera sono l’allontanamento e la distrazione, aspettando che l’adrenalina
si estingua in un ambiente nel quale ci siano scarse probabilità di imbattersi in altri fattori
che possano stimolare l’ira. Esiste un mito secondo cui è positivo sfogare la rabbia. In
verità dare libero sfogo alla collera non raffredda, ma prolunga questo stato d’animo.
Gestire l’ansia e la depressione
Per controllare l’ansia, invece, il sistema migliore è quello di mettere in discussione i
pensieri che generano preoccupazione, assumendo un atteggiamento critico verso i loro
assunti. Questo sano scetticismo innesca un’attività mentale incompatibile con la
preoccupazione, perché toglie efficacia persuasiva ai pensieri molesti. Anche la
socializzazione, facendo qualcosa con i famigliari o gli amici, è una buona tattica per
combattere la depressione.
È utile paragonandosi a coloro che stanno peggio (“Dopotutto, non sto così male”). Questi
confronti verso situazioni meno felici della nostra hanno un effetto sorprendentemente
rasserenante. Infine, una strategia efficace per sollevare il morale è quella di aiutare altre
persone in difficoltà. Poiché la depressione è alimentata da pensieri e preoccupazioni su
se stessi, nel momento in cui aiutiamo altre persone sofferenti ci sentiamo sollevati.
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Usare le emozioni per raggiungere gli obiettivi
Quando le emozioni prevalgono sulla concentrazione annientano la “memoria di lavoro”,
cioè l’abilità di tenere a mente tutte le informazioni rilevanti per portare a termine ciò che
stiamo facendo. All’opposto, la prevalenza di sentimenti di entusiasmo, fervore e fiducia
in se stessi genera la motivazione necessaria a realizzare i propri obiettivi. Gli studi
condotti su atleti olimpionici, musicisti di fama mondiale e grandi maestri di scacchi
hanno messo in evidenza che l’aspetto comune a tutti questi individui è la capacità di
auto-motivarsi in modo da sopportare durissimi programmi di studio o di allenamento.
Tale ostinazione dipende soprattutto dai tratti emotivi della personalità, ad esempio la
capacità di provare entusiasmo ed essere perseveranti, nonostante gli insuccessi.
La capacità psicologica più importante è probabilmente quella di saper resistere agli
impulsi. Essa è alla base di ogni tipo di autocontrollo emotivo, perché tutte le emozioni si
traducono in un impulso ad agire. La capacità di rinviare la gratificazione contribuisce in
modo importante e indipendente dal QI al successo dell’individuo.
Anche l’ottimismo e la speranza sono atteggiamenti emotivi di grande importanza. La
speranza è la convinzione di avere sia la volontà sia i mezzi per raggiungere i propri
obiettivi. Essere ottimisti o inclini alla speranza significa possedere l’abilità di rassicurarsi
nei momenti difficili convincendosi che le cose andranno meglio, la flessibilità
nell’escogitare modi diversi per raggiungere gli obiettivi, la capacità di frantumare un
compito di formidabile difficoltà in tanti più piccoli e maneggevoli.
La massima espressione dell’intelligenza emotiva è lo stato di “flusso”, che si verifica
quando qualcuno supera se stesso in un’attività che ama. Si tratta di un’esperienza
stupenda, una sensazione di gioia spontanea e di rapimento. Gli individui sono assorbiti in
ciò che stanno facendo e prestano attenzione esclusivamente al loro compito. Il flusso è
uno stato in cui l’individuo si disinteressa di sé, l’opposto del rimuginare e del
preoccuparsi. L’individuo non indugia a pensare al successo o al fallimento, ma trae
intensa soddisfazione dal controllo magistrale sull’attività che sta svolgendo. Indurre uno
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stato di flusso nei bambini, cioè dando loro una motivazione interiore, è di gran
lunga più efficace del tentativo di spronarli con le minacce o con la promessa di una
ricompensa.
Empatia
L’empatia è la capacità di essere in sintonia con i sentimenti altrui, e di leggere le
emozioni degli altri da indizi non verbali. L’empatia aiuta nelle relazioni interpersonali
perché favorisce la simpatia, l’estroversione e una maggiore sensibilità. In genere
l’empatia è legata all’autoconsapevolezza, perché quanto più siamo aperti verso le nostre
emozioni, tanto più abili saremo anche nel leggere i sentimenti altrui. È possibile
rintracciare il germe dell’empatia fin dalla prima infanzia, e in generale le donne sono più
empatiche degli uomini.
La completa assenza di empatia è presente nei criminali psicopatici, negli stupratori e nei
molestatori di bambini. Anche quando il cervello emozionale sta scatenando una forte
reazione, ad esempio un collera violenta, l’empatia è scarsa o addirittura assente. Per
essere empatica, una persona deve essere abbastanza calma e ricettiva da poter ricevere i
sottili segnali emozionali emessi da un’altra persona e mimarli nel proprio cervello
emozionale.
L’abilità sociale
L’autocontrollo e l’empatia sono alla base di quell’arte raffinata delle relazioni con la
quale si riescono a controllare le emozioni di qualcun altro. Queste abilità sociali
consentono all’individuo di plasmare un’interazione, di trovarsi bene nelle relazioni
intime, di mobilitare, ispirare, persuadere e influenzare gli altri, mettendoli nel contempo
a proprio agio. La mancanza di queste capacità può invece portare un individuo
intellettualmente brillante a colare a picco nelle sue relazioni, rivelandosi arrogante,
antipatico o insensibile.
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Prese insieme, le abilità sociali costituiscono l’essenza stessa della brillantezza nei
rapporti personali, gli ingredienti necessari per il fascino, il successo sociale, il carisma.
Coloro che sono dotati dell’intelligenza sociale entrano con disinvoltura in rapporto con
gli altri, sono abili nel leggere le loro reazioni o sentimenti, sanno fare da guide o
organizzatori e riescono a comporre le dispute. Essi sono per natura dei leader.
L’intelligenza emotiva nel matrimonio
Lo sviluppo emozionale è diverso nei bambini e nelle bambine. Le femmine già a tredici
anni sono più abili, mentre i maschi sono meno sofisticati. I giochi femminili sono svolti in
piccoli gruppi dove regna l’intimità e la cooperazione; i giochi maschili si svolgono in
gruppi più numerosi, nei quali viene dato massimo risalto alla competizione. I maschi
amano parlare di fatti, le femmine cercano invece dei legami emozionali. Per questa
ragione le bambine diventano brave a leggere i segnali emozionali non verbali, mente i
maschi imparano a nascondere le emozioni che possono renderli vulnerabili.
Questa diversa educazione emotiva può generare incomprensioni nel matrimonio. Le
donne sono più esplicite nelle loro lamentele, mentre gli uomini non capiscono cosa
vanno cercando le loro mogli. Per le mogli l’intimità significa parlare della relazione in se
stessa, ma i mariti spesso cercano di eludere la discussione sugli aspetti problematici della
relazione, arrivando talvolta a vere e proprie forme di ostruzionismo, diventando
inespressivi, ritirandosi dalla conversazione o rispondendo con impassibilità e silenzio.
Nell’85 per cento dei casi il marito giunge all’ostruzionismo in risposta a una moglie che lo
attacca con disprezzo e atteggiamento critico.
Nel rapporto di coppia l’intelligenza emotiva si manifesta quando uomini e donne
riescono a superare le loro innate differenze di genere: gli uomini devono affrontare le
discussioni sulla relazione, mentre le donne non devono attaccare il marito sul piano
personale (“sei il solito egoista”) ma portare critiche solo su questioni specifiche.
L’intelligenza emotiva sul lavoro
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Anche all’interno delle aziende l’intelligenza emotiva oggi viene tenuta in grande
considerazione. Quando gli individui sono turbati o sconvolti, infatti, non sono più in
grado di imparare o prendere decisioni lucide. L’intelligenza emotiva si manifesta
nell’essere in sintonia con i sentimenti delle persone con le quali trattiamo, riuscire a
gestire i diverbi in modo da non farli degenerare, avere la capacità di entrare in uno stato
di flusso mentre lavoriamo. Il successo di un gruppo non è determinato dalla media del
quoziente intellettivo dei suoi membri, ma dalla loro intelligenza emotiva.
È stato scoperto che le persone più brave all’interno delle aziende, le cosiddette “stelle”,
sono quelle che dispongono di una rete di persone chiave alle quali rivolgersi in caso di
problemi imprevisti. Se le cose sembrano sempre andar bene per questi individui
eccezionali è perché investono parte del loro tempo nel coltivare buoni rapporti con
persone i cui servizi potrebbero essere necessari per costituire rapidamente una squadra
in grado di risolvere un problema o gestire una crisi. Le “stelle” si costruiscono reti
affidabili prima ancora di averne realmente bisogno. Quando costoro chiamano qualcuno
per un consiglio, ricevono quasi sempre una risposta più rapida degli altri.
L’intelligenza emotiva nella medicina
L’intervento sui pazienti a livello emotivo da parte di medici e infermieri dovrebbe
diventare una normale componente dell’assistenza medica. Le domande lasciate senza
risposta alimentano infatti nel malato l’incertezza, la paura, la tendenza ad avere pensieri
catastrofici. Le emozioni che fanno soffrire sono infatti negative per la salute. Le persone
che hanno sperimentato stati cronici di ansia, lunghi periodi di tristezza e pessimismo,
continua tensione o costanti sentimenti di ostilità, cinismo o sospettosità, corrono un
rischio doppio di ammalarsi di patologie quali asma, artrite, emicrania, ulcera gastrica a
cardiopatie.
Al contrario, le ricerche dimostrano che l’ottimismo e la possibilità di disporre di una rete
di relazioni personali procura dei benefici fisici. L’isolamento sociale, cioè la sensazione di
non aver nessuno con cui condividere i propri sentimenti più intimi o con cui avere uno
stretto contatto, raddoppia le probabilità di malattia o morte.
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L’intelligenza emotiva nell’educazione dei figli
Centinaia di studi dimostrano che il modo in cui i genitori trattano i bambini, con dura
disciplina o con comprensione empatica, con indifferenza o con calore, ha conseguenze
profonde e durevoli per la loro vita emotiva. I tre comportamenti inadeguati più comuni
nei genitori sono: ignorare completamente i sentimenti del bambino; assumere un
atteggiamento troppo lassista; essere sprezzanti, mostrando di non aver rispetto per i
sentimenti del figlio.
Il modo con cui una coppia gestisce i propri sentimenti reciproci costituisce una fonte di
insegnamenti profondi per i figli. Il fatto di avere genitori intelligenti da un punto di vista
emotivo è di per sé stesso una fonte di grandissimo beneficio per il bambino. Ciò fa
dell’infanzia un’opportunità fondamentale per modellare inclinazioni emotive destinate a
durare tutta la vita. Le abitudini acquisite da bambini sono infatti più difficili da
modificare. Gran parte della psicoterapia è un rimedio per ciò che in passato è stato
alterato o trascurato.
Anche a scuola i bambini considerati antipatici, cioè quelli con cui gli altri evitano di
giocare, sono quelli dotati di una minor competenza sociale. Sono quelli più inclini ad
ingannare, a tenere il broncio, ad abbandonare il gioco quando perdono, a vantarsi
quando vincono. Non sono capaci di mettere a proprio agio un coetaneo, e stare con loro
non è considerato divertente. È possibile rendere questi bambini più cordiali, divertenti e
gentili con dei corsi di “addestramento all’amicizia” che accrescono l’intelligenza sociale.
CITAZIONI RILEVANTI
L’intelligenza emotiva come abilità fondamentale
«Nella misura in cui le emozioni intralciano o potenziano le nostre capacità di pensare, di
fare progetti, di risolvere problemi, di sottoporci a un addestramento in vista di un
obiettivo lontano, e altre ancora, esse non fanno che definire i limiti della nostra capacità
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di usare abilità mentali innate, e pertanto determinano il nostro successo nella
vita. Ancora, nella misura in cui le nostre azioni sono motivate da sentimenti di
entusiasmo e di piacere … sono proprio tali sentimenti a spingerci verso la realizzazione.
In questo senso, l’intelligenza emotiva è un’abilità fondamentale che influenza
profondamente tutte le altre» (p. 107).
L’intelligenza emotiva dei leader
«Le persone che sanno esprimere i sentimenti impliciti della collettività sanno articolarli
in modo da guidare il gruppo al raggiungimento dei propri obiettivi. Questi individui sono
il tipo di persona con i quali gli altri amano stare, perché sono corroboranti dal punto di
vista emotivo – in altre parole, diffondono intorno a sé il buon umore, e portano gli altri a
esclamare che «È un piacere avere a che fare con gente così» (p. 149).
Consigli per il marito
«Agli uomini si consiglia di non evitare il conflitto, ma di comprendere che quando la
moglie solleva una rimostranza o evidenzia un punto di disaccordo, potrebbe farlo come
atto d’amore, cercando di mantenere la relazione sana e vitale … Gli uomini devono
guardarsi dal tagliar corto offrendo troppo presto una soluzione pratica – solitamente per
la moglie è più importante sentire che il marito ascolta le sue lamentele ed empatizza con
i suoi sentimenti … Molto spesso, quando una moglie si rende conto che il suo punto di
vista viene ascoltato e che il marito prende nota dei suoi sentimenti, si calma» (p. 173).
Quali sono le abilità emozionali
«Le abilità emozionali comprendono l’autoconsapevolezza; identificare, esprimere e
controllare i sentimenti; frenare gli impulsi e rimandare la gratificazione; controllare la
tensione e l’ansia. Un’abilità fondamentale, nel trattenere gli impulsi, sta nel conoscere la
differenza tra sentimenti e azioni, e nell’apprendere a migliorare le proprie decisioni
emozionali, innanzitutto frenando l’impulso ad agire e poi identificando (prima di agire) le
azioni alternative e le relative conseguenze. Molte competenze sono interpersonali:
decifrare i segnali sociali ed emozionali, ascoltare, essere in grado di resistere alle
influenze negative, mettersi dal punto di vista dell’altro e capire quale comportamento sia
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accettabile in una situazione. Queste sono le abilità sociali ed emozionali più
importanti nella vita» (p. 303).
L’AUTORE
Daniel Goleman (1946) è nato a Stockton, negli Stati Uniti, il 7 marzo 1946. Si è laureato ad
Harvard, specializzandosi in psicologia clinica e sviluppo della personalità, e ha insegnato
nella stessa università. Per lungo tempo ha scritto sul New York Times sulla neurologia e le
scienze comportamentali. Le sue pubblicazioni sul funzionamento della mente rivolte al
grande pubblico hanno ricevuto numerosi riconoscimenti dal mondo accademico e
giornalistico. La sua opera più famosa è Intelligenza emotiva del 1995.
NOTA BIBLIOGRAFICA
Daniel Goleman, Intelligenza emotiva. Che Cos’è e perché può renderci felici, Rizzoli,
Milano, (1996) 2015, p. 392, traduzione di Isabella Blum e Brunello Lotti.
Titolo originale: Emotional Intelligence. Why It Can Matter More Than IQ
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