autonomia scolastica e autonomia funzionale innovazione

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autonomia scolastica e autonomia funzionale innovazione
LEZIONE
“AUTONOMIA SCOLASTICA E AUTONOMIA FUNZIONALE:
INNOVAZIONE E RIFORME ”
PROF.SSA RAFFAELLA SEMERARO
Autonomia scolastica e autonomia funzionale: innovazione e riforme
Indice
1 Introduzione ----------------------------------------------------------------------------------------------- 3 2 Autonomia didattica e autonomia funzionale: alcuni passaggi normativi -------------------- 4 3 Alcuni cenni al quadro europeo ----------------------------------------------------------------------- 8 4 L’autonomia prospettata------------------------------------------------------------------------------ 10 4.1 Titolo I- Capo I- Definizione e oggetto dell’autonomia ----------------------------------------- 10 4.2 Titolo I- Capo II- Autonomia didattica e organizzativa, di ricerca, sperimentazione e
sviluppo ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 11 4.2.1 Il Piano dell’Offerta Formativa ------------------------------------------------------------------ 11 4.2.2 L’ autonomia didattica e organizzativa --------------------------------------------------------- 11 4.2.3 L’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo ------------------------------------------ 13 4.2.4 Reti di scuole --------------------------------------------------------------------------------------- 13 4.3 Titolo I- Capo III- Curricolo nell’autonomia ------------------------------------------------------ 14 4.3.1 Definizione dei curricoli -------------------------------------------------------------------------- 14 4.3.2 Ampliamento dell’offerta formativa------------------------------------------------------------- 15 4.3.3 Verifiche e modelli di certificazione ------------------------------------------------------------ 15 4.3.4 Iniziative finalizzate all’innovazione ------------------------------------------------------------ 16 4.4 Titolo II- Capo I- Attribuzione, ripartizione e coordinamento delle funzioni----------------- 16 4.4.1 Competenze escluse ------------------------------------------------------------------------------- 17 4.4.2 Coordinamento delle competenze --------------------------------------------------------------- 17 5 Fattori di criticità presenti nella scuola italiana d’oggi ----------------------------------------- 18 5.1 Un primo fattore di criticità ------------------------------------------------------------------------- 19 5.2 Un secondo fattore di criticità ----------------------------------------------------------------------- 20 5.3 Un terzo fattore di criticità --------------------------------------------------------------------------- 21 5.4 Un quarto fattore di criticità ------------------------------------------------------------------------- 22 6 Questioni aperte ---------------------------------------------------------------------------------------- 24 Bibliografia ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 26 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1 Introduzione
Nella lezione ci si propone di illustrare le caratteristiche dell’autonomia didattica e
funzionale delle istituzioni scolastiche italiane, evidenziandone aspetti propositivi e di criticità. Ciò
comporta, in premessa, l’analisi di alcuni passaggi riguardanti la normativa nazionale di
riferimento, contestualizzata nell’ambito europeo, per poi proseguire nella presentazione delle
innovazioni didattiche, organizzative, di ricerca, sperimentazione e sviluppo prospettate dalla stessa
normativa. La lezione si concluderà evidenziando il divario tra l’autonomia scolastica prospettata e
le sue effettive forme di realizzazione nella scuola italiana d’oggi, indicando alcuni problemi
cruciali che ne ostacolano la piena realizzazione.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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2 Autonomia didattica e autonomia funzionale:
alcuni passaggi normativi
L’autonomia delle istituzioni scolastiche è stata in prima istanza normata nell’art. 21 della
legge n. 59 del 1997, legge riguardante la delega al governo per il conferimento di funzioni e
compiti alle Regioni e agli enti locali per la riforma della pubblica amministrazione e per la
semplificazione amministrativa. È a partire da questo periodo, infatti, che il governo italiano ha
emanato nuove leggi e regolamenti finalizzati a ridisegnare il sistema scolastico nel quadro di un
cambiamento dell’assetto organizzativo e didattico delle scuole, connesso all’avvio di quella che è
definita l’autonomia scolastica. Il processo di autonomizzazione delle scuole sancisce la necessità di
rapporti più flessibili tra gestione centrale e periferica dell’istruzione, e richiama al bisogno di
ridiscutere anche le forme di progettazione e organizzazione della didattica in una scuola che operi
in contesti sociali e culturali in continuo cambiamento. Inoltre, alla stessa promozione di una
maggiore autonomia degli istituti, si accompagnano normative che tendono a riorganizzare anche il
servizio scolastico in base ai bisogni degli allievi e delle popolazioni che vivono nei territori dove la
scuola opera, ipotizzando una nuova progettualità didattica e le pratiche da esse derivanti.
Nell’art 21 della legge sopra indicata si prevedono due forme di autonomia: organizzativa
(comma 8) e didattica (comma 9). Inoltre, nell’esercizio della stessa, si individuano aspetti
sistematici di collaborazione e integrazione con gli enti locali, regionali, nazionali e/o comunitari
(riferiti all’Unione Europea), allo scopo di ampliare l’offerta formativa (comma 10).
L’individuazione di nuovi stili professionali riguardanti l’operato degli insegnanti deve dunque
tener conto sia dell’autonomia organizzativa, che di quella didattica. La prima forma di autonomia
(quella organizzativa) è finalizzata, secondo il dettato della normativa, a rendere più flessibile,
efficiente ed efficace il servizio scolastico, integrando e utilizzando al meglio le risorse (umane,
materiali, finanziarie) e le strutture, introducendo nuove tecnologie e coordinando l’attività
scolastica con gli andamenti del contesto territoriale. L’autonomia didattica, fortemente
interconnessa con quella organizzativa, salvaguarda la libertà di apprendere dell’allievo, quella di
insegnamento, quella delle famiglie nelle scelte educative, fermo restando il rispetto degli obiettivi
generali indicati dal sistema nazionale di istruzione.
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Dopo un periodo intermedio di sperimentazione di queste diverse forme di autonomia (in
attesa dei regolamenti attuativi della legge delega sopra indicata) a partire dall’anno scolastico
2000/2001 la loro applicazione diviene obbligatoria per tutte le scuola italiane. Il passaggio
normativo fondamentale, prima di giungere a questo esito, è il D.P.R. n. 275 del 1999 che emana il
Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche. Questo passaggio
normativo (che verrà analizzato nel punto 3 di questa lezione) disegna in maniera più organica,
rispetto all’art. 21 della legge 59/97, le caratteristiche fondamentali delle varie forme di autonomia
riguardanti le istituzioni scolastiche e costituisce a tutt’oggi il documento di base da tenere presente
quando si consideri il processo di autonomizzazione delle scuole italiane. A questa normativa si
accompagna la legge n. 62 del 2000, che definisce i vari disegni dell’autonomia per le scuole
pubbliche e le scuole parificate, pareggiate e legalmente riconosciute.
La realizzazione dell’autonomia scolastica è stata accompagnata in parallelo dal tentativo di
realizzare in Italia un altro processo di fondamentale cambiamento del sistema di istruzione: il
riordino dei cicli scolastici. Tale processo ha costituito infatti l’altra sfida riformatrice con cui
l’Italia ha tentato di misurarsi tenendo conto delle istanze espresse dagli articoli 126 e 127 del
Trattato di Maastricht del 1993. Nell’applicazione del Trattato tutti gli Stati appartenenti all’Unione
Europea venivano infatti sollecitati a procedere non solo nella riforma del sistema di istruzione a
tutti i livelli (art. 126), ma anche nello sviluppo della formazione professionale, oltre che nella
creazione di maggiori aperture tra la scuola e il mondo del lavoro (art. 127).
Il riordino dei cicli scolastici, già proposto in Italia in una legge-quadro del 1997, è presente
nella legge n. 30 del 2000 (che prevede l’innalzamento dell’obbligo scolastico), legge che non viene
applicata per la caduta del governo allora in carica. La legge n. 53 del 2003 propone un riordino dei
cicli scolastici, riportando l’obbligo scolastico al tredicesimo anno di età e prevedendo un doppio
canale per l’istruzione post-obbligatoria, quello dei licei e quello della formazione tecnicoprofessionale, oltre ad alcune passaggi normativi specifici per la scuola primaria. Questa legge (che
avrebbe dovuto essere implementata tenendo conto del D.L. n. 59 del 2004) fa emergere un nodo
cruciale che riguarda il rapporto tra il governo centrale che legifera a livello nazionale in materia di
istruzione e lo spazio di azione dei governi regionali e locali. Nel caso della legge 53/2003 tale
rapporto era riferito alla realizzazione del secondo canale dell’istruzione post-obbligatoria (quello
della formazione tecnico-professionale) che prevedeva piani programmatici condivisi mediante
accordi da instaurarsi tra istituti scolastici ed enti territoriali, tenendo conto delle politiche regionali
e delle normative nazionali. Questa legge, iniziata ad applicarsi nella scuola primaria, non è mai
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giunta a piena applicazione per l’istruzione post-obbligatoria, anche per la conclusione della
legislatura.
Tuttavia, il nodo cruciale, non risolto in questa occasione, si riferisce ad un problema molto
più generale e riguarda la piena realizzazione dell’autonomia funzionale delle scuole (autonomia
riguardante appunto le funzioni attribuite alle stesse scuole), considerando che tale autonomia deve
tener conto non solo delle politiche nazionali in materia di istruzione, ma anche delle funzioni e dei
compiti attribuiti alle Regioni e agli enti locali. In questa prospettiva occorre fare riferimento al
nuovo Titolo V della Costituzione, che, “..oltre a riconoscere all’autonomia scolastica uno statuto
costituzionale, muta in profondità (agli artt. 116 e 117 Cost.) la ripartizione delle competenze
legislative Stato-Regioni in materia di istruzione e di istruzione/formazione professionale,
riconoscendo un ruolo significativo degli enti sub statali nella definizione delle politiche
scolastiche. Il potenziamento dell’autonomia scolastica e, al tempo stesso di quelle territoriali,
richiede infatti la definizione di linee di confine e di interrelazione dei reciproci ambiti di influenza
che non risultino incisive dello statuto costituzionale attribuito all’autonomia scolastica..” (Cocconi,
2003,14).
In virtù dell’autonomia didattica riconosciuta a ciascun istituto scolastico, ognuno di essi
può elaborare il piano dell’offerta formativa, affermando in tal modo la sua specificità culturale
secondo un principio di differenziazione. Il rischio della parcellizzazione viene evitato dall’art. 117
Cost. del nuovo Titolo V, che affida allo Stato il compito di emanare le “norme generali
sull’istruzione”, oltre che la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. Sempre in base allo
stesso articolo le Regioni hanno invece competenza concorrente sull’istruzione, fatta salva
l’autonomia delle istituzioni scolastiche, mentre hanno competenza esclusiva sull’istruzione e
formazione professionale. Mentre pare esplicito il fatto che gli elementi di equilibrio e garanzia
dell’unità del sistema scolastico sono a carico dallo Stato, che definisce l’architettura di tale sistema
emanando norme generali, il dettato costituzionale garantisce l’autonomia scolastica all’interno del
più ampio disegno di potenziamento delle autonomie territoriali (l’art. 1 della legge 53/2003
ribadiva ancora tale principio, affermando le norme statali dovevano essere emanate “in coerenza
con il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche”). Il problema che non è stato ancora
pienamente risolto (vedi il punto 4 di questa lezione) riguarda una chiara definizione delle funzioni
che esprima un nuovo riordino dell’amministrazione statale, centrale e periferica, determinando con
regole chiare il confine tra funzioni e competenze attribuite alle scuole e quelle attribuite agli Enti
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regionali e locali in materia di istruzione, non solo in termini funzionali, ma prima di tutto, e
soprattutto, in vista dell’allargamento di politiche di sviluppo dell’offerta formativa delle scuole.
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3 Alcuni cenni al quadro europeo
A livello europeo l’autonomia degli istituti scolastici viene considerata necessaria per venire
incontro ai bisogni differenziati della popolazione studentesca, allo scopo di creare e garantire ai
giovani parità di occasioni personali e professionali, pur in considerazione dei diversi contesti
culturali e territoriali di riferimento. Il potenziamento dell’autonomia scolastica è considerato
dunque, nel quadro europeo, un passaggio necessario per la realizzazione degli obiettivi futuri dei
sistemi educativi nazionali.
La documentazione da considerare a tale riguardo è assai vasta e articolata. In questa sede ci
si limiterà a segnalare alcuni riferimenti che possono giustificare l’importanza dell’autonomia degli
istituti scolastici per il raggiungimento degli scopi indicati a livello europeo.
In parallelo con il Trattato di Maastricht (di cui si è già detto), il Libro Bianco della
Commissione Europea (CE) del 1993 dal titolo “ Crescita, competitività, occupazione. Le sfide e le
vie per entrare nel XXI secolo” indica le linee di indirizzo su cui l’Unione Europea (UE) appena
ratificata dal Trattato dovrà misurarsi. Le prospettive indicate nel Libro Bianco dall’allora
Presidente uscente Jacques Delors, si basano sulla consapevolezza che gli Stati membri, di fronte a
sfide quali la diffusione delle tecnologie dell’informazione e la globalizzazione dell’economia,
devono precocemente adottare politiche idonee a garantire uguali opportunità formative e
occupazionali per tutti gli individui, controllando così fenomeni di esclusione sociale. Sotto questo
punto di vista è necessario procedere alle riforme dei sistemi scolastici in vista del cambiamento
sociale che attraversa le società europee e in questa prospettiva si colloca il Libro Verde dello stesso
anno sulla dimensione europea dell’educazione.
Il Libro Bianco del 1995, dal titolo “Insegnare e apprendere: verso una società della
conoscenza” (sempre emanato dalla CE) esplicita gli obiettivi già in precedenza indicati,
individuando gli scopi futuri verso cui devono tendere i sistemi educativi nazionali. Ad essi si
richiede un maggior investimento nell’ambito della formazione, non solo per aumentare la
qualificazione dei cittadini europei in vista del miglioramento della competitività economica
dell’UE, ma anche per sviluppare, come si è già detto, condizioni determinanti per consentire pari
opportunità di scelte per tutti gli individui, pari opportunità che risultano veicoli fondamentali per
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l’identificazione di sé, per l’accrescimento del senso di appartenenza, per la promozione sociale e di
sviluppo personale.
Considerando la grande variabilità culturale che caratterizza il complesso dei Paesi
appartenenti alla UE, il raggiungimento di tali obiettivi non può prescindere dal considerare le
differenze presenti nei e tra i singoli Stati - membri, per cui il potenziamento dell’autonomia
scolastica appare la soluzione organizzativa più adeguata. Agli stessi Stati si richiede infatti un
accesso più flessibile ai servizi di istruzione, tenendo conto delle differenze presenti nei bisogni
individuali dei soggetti in formazione.
Nel vertice europeo di Lisbona del 2000 ritorna l’attenzione al collegamento tra sistemi di
istruzione più efficaci e lo sviluppo di una economia basata sulla conoscenza, in modo che si possa
procedere con la creazione di più posti di lavoro qualificati, tenendo sempre presente però la
necessità di far crescere la coesione sociale. Si raccomanda un metodo aperto di coordinamento, in
modo che si creino convergenze tra gli Stati in materia di istruzione e formazione, anche in seguito
ad altri documenti della CE, sempre del 2000, riguardanti il Memorandum sull’istruzione e la
formazione lungo tutto l’arco della vita, la diffusione dell’e-learning per progettare l’istruzione di
domani, la Relazione europea sulla qualità dell’istruzione scolastica. Nella Relazione del 2001 si
ritorna sugli obiettivi futuri dei sistemi di istruzione, raccomandando il più ampio accesso ai servizi
di istruzione e formazione lungo tutto l’arco della vita e l’apertura dei sistemi educativi al resto del
mondo.
Le linee di fondo appena indicate, in particolare la raccomandazione di rendere aperto e
flessibile il sistema di istruzione, anche mediante una maggiore mobilità tra i percorsi scolastici e di
formazione (estendendone la fruizione lungo tutto l’arco della vita) richiede l’attenzione degli
istituti scolastici alle diversità di attitudini e bisogni degli studenti, per cui l’autonomia delle scuole
diventa l’unica modalità per prenderle in considerazione, rendendo indispensabili forme di
collaborazione tra enti territoriali, enti di formazione, altre realtà istituzionali e produttive delle
comunità di riferimento, allo scopo di orientare gli individui alla scelta dei percorsi formativi più
adeguati alle loro capacità ed attitudini.
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4 L’autonomia prospettata
Il D.P.R. n. 275 del 1999 è, come si è detto, la fonte a cui fare riferimento per individuare il
Regolamento normativo necessario ad attuare compiutamente in Italia l’autonomia delle istituzioni
scolastiche. Si articola in tre parti (definiti Titoli). Nel Titolo I si analizzano le istituzioni
scolastiche nel quadro dell’autonomia, e, nelle tre sezioni che lo compongono (definite Capi), si
presentano rispettivamente la definizione e l’oggetto dell’autonomia (Capo I), l’autonomia
didattica, organizzativa, di ricerca sperimentazione e sviluppo (Capo II) e il curricolo
nell’autonomia (Capo III). Nel Titolo II sono indicate le funzioni amministrative e di gestione del
servizio di istruzione, mentre nel Titolo III sono definite le disposizioni finali.
4.1
Titolo I- Capo I- Definizione e oggetto dell’autonomia
Nel definire le caratteristiche de Le istituzioni scolastiche nel quadro dell’autonomia (Titolo
I), si parte con il precisare Natura e scopi dell’autonomia delle istituzioni scolastiche (art. 1), che
“..sono espressione di autonomia funzionale e provvedono alla definizione e alla realizzazione
dell’offerta formativa, nel rispetto delle funzioni delegate alle Regioni e dei compiti e funzioni
trasferiti agli Enti locali..”. “..A tal fine ..(le scuole).. interagiscono tra loro e con ..(tali).. Enti
promuovendo il raccordo e la sintesi tra le esigenze e le potenzialità individuali e gli obiettivi
nazionali del sistema di istruzione..”. Nel contempo l’autonomia garantisce la “..libertà di
insegnamento e il pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di
interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati
ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il
successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e
con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento..”.
Definita in tal modo l’autonomia generale delle istituzioni scolastiche, si prosegue, nella
parte centrale del D.P.R., con il chiarimento delle forme della sua realizzazione riferite
all’Autonomia didattica e organizzativo, di ricerca, sperimentazione e sviluppo.
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4.2
Titolo I- Capo II- Autonomia didattica e organizzativa, di ricerca, sperimentazione e
sviluppo
4.2.1
Il Piano dell’Offerta Formativa
Queste diverse forme, attraverso cui l’autonomia può realizzarsi, trovano la loro sintesi nel
Piano dell’Offerta Formativa (POF) (art. 3) considerato “..il documento fondamentale costitutivo
dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ..(che).. esplicita la progettazione
curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito
della loro autonomia. Il Piano va formulato riflettendo le “..esigenze del contesto culturale, sociale
ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione territoriale dell’offerta
formativa ..(mentre).. comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi
minoritari, e valorizza le corrispondenti professionalità..”. Si ribadisce ancora che lo stesso Piano,
elaborato dal collegio dei docenti, anche in base alle scelte amministrative e gestionali definite dal
consiglio di circolo (per la scuola primaria) o dal consiglio di istituto (per la scuola secondaria),
deve aprirsi alle esigenze esterne indicate da organismi e associazioni varie, oltre che dalle famiglie
e dagli studenti (quando si parli, per questi ultimi, di scuola secondaria), attivando “.. necessari
rapporti con gli Enti locali e con le diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economiche
operanti sul territorio..”.
4.2.2
L’ autonomia didattica e organizzativa
L’autonomia didattica (art. 4) trova la sua giustificazione nella necessità di prevedere
“..percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa
di tutti gli alunni..(riconoscendo e valorizzando)..le diversità, .. (promuovendo)..le potenzialità di
ciascuno, adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo..”
A tale scopo si introduce la possibilità di regolare i tempi di insegnamento e di svolgimento
delle singole discipline tenendo conto dei ritmi di apprendimento degli alunni. Questo passaggio dà
luogo ad una progettazione didattica flessibile, in cui prevedere l’articolazione modulare di ciascuna
disciplina insegnata e delle altre attività previste, definendo unità di insegnamento non coincidenti
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con l’unità oraria della lezione, attivando percorsi didattici individualizzati (che sollecitino
l’integrazione nella classe di tutti gli alunni, compresi quelli diversamente abili), lavorando con
gruppi di alunni provenienti anche da più classi (o da diversi anni di corso) e, da ultimo, procedendo
all’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari. Se prevedono iniziative di recupero e
sostegno, di continuità didattica, di orientamento scolastico e professionale in accordo con gli Enti
locali. Per quanto riguarda le metodologie di insegnamento e gli strumenti didattici si raccomanda
che le scelte in tale senso risultino coerenti con il Piano dell’Offerta Formativa, mentre si sollecita
l’introduzione e l’utilizzazione delle tecnologie innovative. Per la prima volta si introducono i
crediti e i debiti formativi riferiti ai risultati di apprendimento dei singoli alunni, allo scopo “..di
facilitare i passaggi tra i diversi tipi e indirizzi di studio, di favorire l’integrazione tra i sistemi
formativi, di agevolare le uscite e i rientri a scuola, ..(di mettere in rapporto).. la formazione
professionale e il mondo del lavoro..”.
L’autonomia organizzativa (art. 5) si rende necessaria per la realizzazione dell’autonomia
didattica, che, come si è detto, è garantita dalla flessibilità con cui si riesce a progettare e
programmare gli interventi didattici, in ottemperanza al principio di adeguazione dei processi di
insegnamento ai ritmi di apprendimento e di crescita degli studenti, che sono mutevoli e in continua
trasformazione, non solo per gli aspetti di cambiamento propri dell’età evolutiva, ma anche per la
variabilità delle culture di appartenenza (familiari, dell’ambiente di vita ed altro). Vanno garantite,
nell’organizzazione delle attività scolastiche, non solo la libertà progettuale delle scuole, ma anche
la promozione e il sostegno di processi innovativi, oltre che il continuo miglioramento dell’offerta
formativa. Per questo si prevede che “.. l’orario complessivo del curricolo e quello destinato alle
singole discipline e attività ..(siano).. organizzati in modo flessibile e anche sulla base di una
programmazione plurisettimanale, fermi restando l’articolazione delle lezioni in non meno di cinque
giorni settimanali e il rispetto del monte ore annuale, pluriennale o di ciclo previsto per la singole
discipline o attività obbligatorie.. (Le) modalità di impiego dei docenti possono essere diversificate
nelle varie classi o sezioni in funzione delle eventuali differenziazioni nelle scelte metodologiche e
organizzative adottate nel piano dell’offerta formativa..”. Ne emerge la possibilità di ipotizzare una
articolazione sufficientemente libera e differenziata delle modalità di lavoro all’interno delle singole
scuole, ferme restando, ovviamente, le norme generali sull’istruzione emanate dai governi
nazionali.
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4.2.3
È
L’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo
la necessaria apertura delle scuole alle esigenze del contesto culturale, sociale ed
economico delle realtà locali che può ulteriormente caratterizzare la loro autonomia di ricerca,
sperimentazione e sviluppo (art. 6). Queste ulteriori forme di autonomia possono essere realizzate in
una singola istituzione scolastica, o possono essere promosse tramite il concorso di più istituzioni
associate tra loro, e volta a volta messe in atto separatamente, o congiuntamente, a seconda delle
innovazioni che si vogliono introdurre.
Si indicano alcuni ambiti di interesse che potrebbero sollecitare le scuole al cambiamento,
ad iniziare da loro ricerche riguardanti l’innovazione metodologica e disciplinare, con
l’individuazione di nuovi percorsi per la progettazione formativa e la valutazione scolastica e di
istituto. Rientrano in queste istanze, perché l’autonomia funga da volano per il cambiamento
dell’attività delle scuole, la sollecitazione perché vengano attuate scelte idonee per la formazione e
l’aggiornamento culturale e professionale del personale scolastico, per la sperimentazione delle
diverse valenze delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nella didattica, e della
loro eventuale integrazione nei processi formativi. È presente inoltre l’invito a testimoniare l’offerta
formativa degli istituti tramite una documentazione delle attività svolte, da diffondere non solo
all’interno delle scuole, anche nelle loro comunità di riferimento, sollecitando scambi di
informazioni, esperienze e materiali didattici.
Da ultimo, si ribadisce l’importanza di un sistema formativo integrato per lo sviluppo delle
attività scolastiche, invitando le scuole ad attivarsi perché vi possa essere integrazione tra le diverse
articolazioni del sistema scolastico e tra i diversi sistemi formativi, ivi compresi quelli interessati
alla formazione professionale.
4.2.4
Reti di scuole
L’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo può essere esercitata dalle scuole
promuovendo soprattutto accordi di rete (art. 7), che possono riguardare anche l’acquisto di beni e
servizi, procedure organizzative e altre attività coerenti con le loro finalità istituzionali, ferma
restando l’autonomia amministrativa e di bilancio dei singoli istituti. Tramite accordi condivisi,
approvati dai singoli collegi dei docenti e dai consigli di circolo o di istituto delle scuole interessate,
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si possono avviare progetti a cui possono partecipare docenti di più scuole, una volta individuati le
competenze e i poteri dell’organo responsabile della gestione delle risorse e del raggiungimento
delle finalità dei singoli progetti (per ciascuno dei quali va dichiarata la durata, oltre che le risorse
finanziarie e professionali messe a disposizione dalle singole istituzioni che concorrono alla sua
realizzazione). All’interno delle reti di scuole possono anche essere istituiti laboratori finalizzati alla
ricerca didattica, alla sperimentazione, alla formazione in servizio del personale scolastico,
all’orientamento scolastico e professionale, alla documentazione e circolazione (anche per via
telematica) di ricerche, esperienze, documenti e informazioni.
Possono esistere modalità più libere di partecipazione di più scuole ad attività di comune
interesse. Esse, tramite accordi o convenzioni, possono coordinarsi lo svolgimento di progetti
formativi, sui quali può anche convergere l’attenzione di istituzioni, associazioni, agenzie, enti
operanti nel territorio, che possono, a propria volta convenzionarsi con le istituzioni scolastiche.
Una ulteriore possibilità prevista è che queste stesse istituzioni possano costituire o aderire a
consorzi pubblici e privati per assolvere i loro compiti istituzionali, o per l’acquisizione di servizi e
beni che facilitino la svolgimento dei loro compiti di carattere formativo.
4.3
Titolo I- Capo III- Curricolo nell’autonomia
Le coordinate di riferimento indicate nelle parti del D.P.R. di cui si è appena parlato, trovano
precisazioni specifiche in questa sezione che riguarda la l’organizzazione dei curricoli indirizzati
alla popolazione scolastica, il loro inserimento nel quadro generale delineato per l’autonomia delle
scuole, oltre che il loro collegamento con le modalità di verifica e certificazione dei risultati
ottenuti. Sono poi segnalate alcune possibili iniziative finalizzate all’innovazione.
4.3.1
Definizione dei curricoli
Le parti costitutive del curricolo (art. 8) riguardano: gli obiettivi generali del processo
formativo e quelli specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni; le discipline e le
attività decise a livello nazionale, con l’indicazione del monte ore annuale obbligatorio (deciso
sempre a livello centrale) e della quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche; gli indirizzi
generali riferiti alla valutazione degli studenti (con il riconoscimento dei crediti e dei debiti
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Autonomia scolastica e autonomia funzionale: innovazione e riforme
formativi) e gli standard riguardanti la qualità del servizio. Si aggiungono anche i criteri generali
per l’organizzazione di percorsi formativi finalizzati all’educazione permanente degli adulti, anche
a distanza, da attuare nel sistema integrato di istruzione, formazione e lavoro, sentita la Conferenza
unificata Stato- regioni-città e autonomie locali.
In specifico riferimento alla scuola dell’obbligo e secondaria di secondo grado, si delinea
una concezione del curricolo che tiene conto delle varie componenti del processo di istruzione,
mentre si ribadisce la complementarità tra le discipline e le attività decise a livello nazionale (uguali
per tutta la popolazione scolastica italiana) e le discipline e le attività liberamente scelte dalle
scuole, a garanzia di una certa flessibilità che consenta una qualche diversificazione dell’offerta
formativa in base ai differenti bisogni degli studenti e delle loro comunità di riferimento. A questo
riguardo si ritorna a ribadire la necessità che nella determinazione dei curricoli si tenga conto delle
esigenze e delle attese espresse dalle famiglie, dagli Enti locali, dai contesti sociali, culturali ed
economici del territorio.
4.3.2
Ampliamento dell’offerta formativa
Nella prospettiva della promozione di un sistema formativo integrato in cui le scuole operino
aprendosi a rapporti con il territorio, si ribadiscono (art. 9) alcune indicazioni già espresse nelle
sezioni precedenti, quali l’auspicio a promuovere ampliamenti dell’offerta formativa creando reti di
scuole, stipulando accordi con le Regioni e gli Enti locali o accordi a livello nazionale, regionale o
locale per la realizzazione di specifici progetti. Vengono ipotizzate anche iniziative in favore degli
adulti (tra cui anche quelle di informazione e formazione rivolte ai genitori degli alunni), nelle quali
possano essere riconosciuti crediti formativi maturati nel mondo del lavoro o esperienze accertate di
autoformazione, previa valutazione delle istituzioni scolastiche.
4.3.3
Verifiche e modelli di certificazione
In questa parte (art. 10), non molto circostanziata, si indicano non solo rilevazioni
riguardanti l’efficacia dimostrata dalle scuole nel raggiungimento degli obiettivi indicati nei loro
piani di offerta formativa (tramite iniziative nazionali e locali di perequazione, promozione,
supporto e monitoraggio), ma anche i modelli nazionali per la certificazione dei risultati degli
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Autonomia scolastica e autonomia funzionale: innovazione e riforme
studenti, che indicano i criteri con cui le conoscenze, la competenze, le capacità acquisite dagli
alunni si traducano in crediti riconoscibili, compresi quelli relativi alle discipline e alle attività
realizzate nell’ambito dell’ampliamento dell’offerta formativa o liberamente scelte dagli alunni e
debitamente certificate.
4.3.4
Iniziative finalizzate all’innovazione
La realizzazione dell’autonomia scolastica dei singoli istituti può essere favorita dalla
creazione e messa in atto di progetti a carattere nazionale, regionale o locale che possono essere
proposti dal Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, dal Servizio Nazionale per la qualità
dell’istruzione, da una o più scuole, da uno o più Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e
aggiornamento educativi (oggi Istituti regionali di ricerca educativa - Irre), da una o più Regioni o
Enti locali. Lo scopo di tali progetti (che vengono finanziati dal ministero centrale) è quello di
esplorare possibili innovazioni riguardanti l’ordinamento degli studi, la loro articolazione e durata,
l’integrazione tra i sistemi formativi, i processi di continuità e orientamento.
4.4
Titolo II- Capo I- Attribuzione, ripartizione e coordinamento delle funzioni
Alcune funzioni precedentemente attribuite all’Amministrazione centrale e periferica sono
attribuite, a partire dal I° settembre 2000, alle istituzioni scolastiche (art. 14). Tali funzioni si
esplicitano in una serie di adempimenti che le scuole devono attuare nella messa in atto della loro
autonomia, funzioni che riguardano la carriera scolastica degli alunni, l’amministrazione e la
gestione del patrimonio e delle risorse attribuiti a ciascuna istituzione, la gestione del personale per
quegli aspetti non gestiti dall’Amministrazione centrale e periferica. In particolare, per
sovrintendere alla carriera scolastica degli studenti, le istituzioni scolastiche provvedono a
disciplinare le iscrizioni, le frequenze, le certificazioni, la documentazione delle prestazioni, la
valutazione dei crediti e dei debiti formativi degli alunni, oltre che la loro eventuale partecipazione
a progetti territoriali o nazionali e a scambi educativi internazionali.
Le scuole assumono autonomia anche nella gestione dei servizi amministrativi e contabili,
con lo scopo di garantire all’utenza un servizio efficace. Nella gestione delle risorse di bilancio
vanno anche contemplate iniziative riguardanti la formazione e l’aggiornamento culturale e
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Autonomia scolastica e autonomia funzionale: innovazione e riforme
professionale del personale perché possa concorrere in maniera sempre più adeguata alla
realizzazione dell’autonomia delle scuole, alle quali vengono anche attribuite competenze in
materia di articolazione territoriale delle sedi.
4.4.1
Competenze escluse
Le funzioni in materia di personale che non vengono attribuite alle istituzioni scolastiche
nell’esercizio della loro autonomia (art. 15) riguardano: la formazione delle graduatorie permanenti
riguardanti ambiti territoriali più vasti di quelli della singola istituzione scolastica; il reclutamento
del personale docente, amministrativo e tecnico con rapporto di lavoro a tempo indeterminato;
l’utilizzazione del personale eccedente l’organico di istituto; l’autorizzazione per utilizzazioni ed
esoneri per i quali sia previsto un contingente nazionale e per comandi e collocamenti fuori ruolo.
4.4.2
Coordinamento delle competenze
Questa parte riguarda tutto il personale della scuola e definisce le competenze delle varie
funzioni delle componenti di tale personale, in modo da garantire l’efficacia del loro operato. Il
dirigente scolastico sovrintende agli adempimenti di programmazione, organizzazione e
amministrazione di tutte le attività dell’istituto nel rispetto delle competenze degli organi collegiali.
Ai docenti è demandato lo specifico compito e la responsabilità della progettazione e della
attuazione dei processi di insegnamento e di apprendimento. Il responsabile amministrativo assume
le funzioni di direzione dei servizi di segreteria nel quadro dell’unità di conduzione affidata al
dirigente scolastico. Tutto il personale della scuola, ma anche i genitori e gli studenti partecipano al
processo di attuazione e sviluppo dell’autonomia assumendo le rispettive responsabilità.
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Autonomia scolastica e autonomia funzionale: innovazione e riforme
5 Fattori di criticità presenti nella scuola italiana
d’oggi
Le prospettive indicate dalla normativa, intese a delineare le modalità di attuazione
dell’autonomia scolastica in Italia, prospettavano, alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, una
profonda riorganizzazione dell’offerta formativa e un esercizio di responsabilità all’interno di
ciascuna scuola, che avrebbe dovuto portare il personale interno ad una nuova concezione del
processo di istruzione, finalmente concepito non come un percorso solitario e acontestuale, ma
come un’impresa collettiva e condivisa con le comunità territoriali.
Per quanto riguarda dirigenti scolastici e docenti, i maggiori gradi di libertà che l’autonomia
scolastica garantiva avrebbero dovuto orientarli verso metodologie, forme di organizzazione
didattica, tempi di insegnamento fortemente congruenti con la progettazione educativa e con la
programmazione scolastica dei singoli istituti. Inoltre, una delle aree di espressione di questa
maggiore flessibilità avrebbe dovuto riguardare anche la scelta dei curricoli di studio. Infatti, una
delle novità più rilevanti, insieme alle altre, era proprio questa, in quanto alle materie uguali per
tutti gli allievi presenti nei programmi nazionali, gli istituti avrebbero potuto affiancare materie e
attività liberamente scelte soprattutto in base ai bisogni degli stessi allievi e alle esigenze culturali
del territorio in cui la scuola operava, bisogni emergenti da vari ambiti sociali e istituzionali, dal
mondo del lavoro e così via. Tutto questo avrebbe dovuto rendere più ampia la possibilità di
progetti didattici diversificati in considerazione delle differenze individuali e culturali presenti
dentro e fuori la scuola, ma avrebbe dovuto anche, in parallelo, obbligare a una profonda revisione
dei sistemi di valutazione non solo del profitto degli studenti, ma anche della produttività del
sistema scolastico italiano, sia a livello regionale, che nazionale. Per quanto riguarda quest’ultimo
aspetto (quello della valutazione appunto), la realizzazione dell’autonomia scolastica, oltre che
indurre a una ridiscussione interna agli istituti dei sistemi di valutazione da adottare in base alla
ristrutturazione organizzativa e didattica degli stessi, avrebbe dovuto essere collegata a procedure
sistematiche di monitoraggio e di valutazione dell’efficacia e della funzionalità dell’intero sistema
scolastico italiano, per controbilanciare eventuali spinte periferiche troppo accentuate con sistemi
valutativi validi per tutte le scuole.
Parallelamente, se le istituzioni scolastiche sono considerate “..espressioni di autonomia
funzionale..” (vedi il già citato art. 1 del D.P.R. 275/99), esistono funzioni in materia di istruzione e
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Autonomia scolastica e autonomia funzionale: innovazione e riforme
formazione delegate come materia concorrente (nel caso dell’istruzione) o come materia esclusiva
(nel caso della formazione) alle Regioni. Questo è uno degli ambiti in cui vanno determinati i
rapporti tra scuole e enti Regionali e locali, mentre un altro ambito riguarda il rapporto delle scuole
con le forze sociali e culturali del territorio.
Prima di approfondire questo aspetto, occorre interrogarsi sugli elementi di criticità ancora
presenti nella situazione attuale, che indicano come ancora ci sia molta strada da fare per rendere
compiuta la realizzazione dell’autonomia scolastica. Dopo più di un decennio della sua
formalizzazione normativa, esistono ancora problemi irrisolti che riguardano non solo l’operato
degli istituti scolastici a loro interno e nei rapporti con enti esterni e comunità locali, ma riguardano
anche, e soprattutto, la politica nazionale in materia di istruzione/formazione e di riforme
scolastiche di sistema, cornice necessaria per permettere la piena realizzazione dell’autonomia
riguardante le scuole.
5.1
Un primo fattore di criticità
Un primo fattore di criticità riguarda appunto quest’ultimo aspetto, che può essere indicato
come la carenza di visioni organiche e unitarie riguardanti il futuro del sistema scolastico italiano
presente nei governi che si sono succeduti nell’ultimo decennio. Spesso interessati più ad abolire
scelte compiute da governi precedenti si è assistito a riforme della scuola annunciate e mai
realizzate, oppure in parte realizzate, spesso in contraddizione tra loro, aspetti che non hanno
consentito lo sviluppo organico e crescente dell’autonomia scolastica, così come prospettata dalla
normativa, in quanto tale sviluppo è stato continuamente contrastato dall’assenza in Italia di una
chiara politica riformatrice riguardante la scuola, che avrebbe dovuto essere accompagnata da una
seria riforma dei cicli scolastici e dei rispettivi curricoli nazionali ad essi attribuiti.
Alcuni sintetici passaggi rendono evidente questa delicata questione. Ad esempio, la legge n.
53 del 2003 (Ministero Moratti), di cui si è già detto, aboliva il riordino dei cicli previsti nel 2000
(Ministero Berlinguer) e l’obbligo scolastico a sedici anni, riportando l’obbligo scolastico al
quattordicesimo anno di età (confondendolo con il proclamato obbligo formativo a 18 anni) ed
introducendo, nella primaria e nella secondaria di secondo grado alcune novità, che non si sono
realizzate (quali quelle, per la secondaria, del doppio canale dei licei e della formazione
professionale, del quale abbiamo già parlato al punto 1 della presente lezione). Era stata inoltre
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Autonomia scolastica e autonomia funzionale: innovazione e riforme
prevista l’iscrizione anticipata alla scuola dell’infanzia (due anni e mezzo) e alla scuola primaria
(cinque anni e mezzo), provvedimento mai messo in atto.
Il governo successivo (Ministero Fioroni) riapprova l’estensione dell’obbligo scolastico a
sedici anni, propone il recupero dei debiti formativi a settembre, abolisce i licei tecnologico ed
economico previsti nella legge 53/2003 (previsti, ma mai realizzati) ripristinando gli istituti tecnici
e professionali, cambia la composizione delle commissioni per gli esami di maturità, oltre a
ridefinire l’esame conclusivo al termine del ciclo obbligatorio ed altro.
L’attuale governo (Ministero Gelmini) riporta l’obbligo scolastico a quattordici anni,
abolisce i moduli e l’orario di insegnamento nella scuola primaria ritornando al maestro unico,
reintroduce il voto in condotta (l’alunno è bocciate con il cinque) e la valutazione in voti da 1 a 10
(con l’accompagnamento di giudizio solo nella scuola primaria). Inoltre vengono operati forti tagli
nelle risorse da erogare per le scuole e per le università (legge n. 133 del 2008 e decreto- legge n.
137 sempre del 2008).
5.2
Un secondo fattore di criticità
L’andirivieni nelle leggi di riforma emanate dai governi precedenti all’attuale (ma mai
giunte a realizzazione o parzialmente realizzate, per poi essere abrogate) e, soprattutto, il taglio
sistematico di risorse statali per tutto il comparto dell’istruzione compiuto nell’ultimo decennio
evidenziano il secondo fattore di profonda criticità che rende precaria ancora oggi la piena
realizzazione dell’autonomia scolastica. Secondo la normativa che la sancisce, l’autonomia
funzionale degli istituti scolastici avrebbe dovuto comportare risorse adeguate loro riservate,
soprattutto per rendere praticabile l’autonomia finanziaria passaggio senza il quale mancano fondi
per le dotazioni necessarie a perseguire una nuova qualità dell’istruzione, per la promozione di
progetti di innovazione (riguardanti singoli istituti o gruppi degli stessi, oppure riguardanti la
collaborazione tra scuole ed enti esterni, a carattere nazionale o territoriale), per l’aggiornamento
dei docenti, per la sperimentazione e lo sviluppo di nuove pratiche formative ed altro, tutti passaggi
considerati fondamentali per la piena funzionalità di scuole autonome. Se le scuole devono
garantire, con l’esercizio dell’autonomia funzionale i loro diritti sul territorio, possono cercare di
reperire dallo stesso territorio ulteriori risorse, ma non devono essere obbligate a farlo, pena la
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Autonomia scolastica e autonomia funzionale: innovazione e riforme
caduta del principio, sancito dalla Costituzione, che l’istruzione debba essere considerata un diritto
per tutti i cittadini e, dunque, un servizio pubblico e non un’impresa privata. Questo principio
comporta il fatto che il governo dovrebbe farsi carico della piena funzionalità delle scuole e delle
università erogando fondi adeguati. Eventuali fondi reperiti dall’esterno dovrebbero arricchire e
completare le erogazioni statali, e non colmare i deficit, le carenze e le decurtazioni di tali
erogazioni.
5.3
Un terzo fattore di criticità
Un terzo fattore di criticità riguarda la scarsa realizzazione dell’autonomia funzionale delle
scuole, in quanto la piena realizzazione di tale forma di autonomia avrebbe dovuto portare alla
riprogettazione dei rapporti tra scuola e territorio. In questo senso, oltre ai profondi ostacoli da
superare per rendere effettivi e duraturi i processi di innovazione, va ricordato che l’applicazione
dell’art. 21 della legge 59/1997, in cui, come si è detto si sanciva l’autonomia scolastica, avrebbe
dovuto connettere la riforma del sistema di istruzione con la trasformazione più generale del sistema
istituzionale, nella direzione del decentramento, del regionalismo e del federativismo.
Negli anni successivi sono emerse profonde resistenze alla realizzazione di questo nuovo
assetto. Sul piano normativo occorre ricordare la già citata riforma del Titolo V della Costituzione,
in cui lo Stato, pur non avendo più il monopolio legislativo totale nel settore dell’istruzione,
mantiene una serie di poteri normativi, quali il compito di emanare le norme generali sulla stessa
istruzione, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, l’emanazione di regolamenti e di
principi generali e così via. Contemporaneamente, sono le Regioni (decreto-legge n. 233 del 1999)
ad acquisire il potere legislativo concorrente (titolarità nell’espressione di pareri obbligatori in
materia di distribuzione dell’offerta formativa), e in alcuni casi esclusivo (titolarità nell’espressione
di pareri in materia di integrazione tra istruzione e formazione professionale), con ampia potestà
nella regolamentazione delle questioni connesse.
Vanno ricordate inoltre alcuna sentenze della Corte Costituzionale, sempre riguardanti il
rapporto tra Stato, Regioni e scuole autonome (vedi in particolare la sentenza n. 13 del 2004 e le
sentenze n. 33, 34, 37 e 120 del 2005). Tali sentenze precisano alcuni passaggi fondamentali. Le
Regioni mantengono un ruolo forte nel campo della programmazione e gestione del servizio
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Autonomia scolastica e autonomia funzionale: innovazione e riforme
scolastico, compresa l’assegnazione alle scuole delle risorse finanziarie e di personale dal punto di
vista funzionale (visto che dal punto di vista giuridico ed economico il personale è gestito dallo
Stato e per questo si parla di un fenomeno di “doppia dipendenza”). Si precisa a tale riguardo che,
pur essendo istituzionalizzata, l’autonomia scolastica non è assoluta, ma si muove nello spazio
lasciato libero dallo Stato e dalle Regioni, che peraltro hanno materia legislativa concorrente per la
fissazione degli standard qualitativi e strutturali delle scuole, concorrono ambedue in materia di
concertazione dei criteri per il riconoscimento della parità, mentre sono le Regioni che emanano
norme sul dimensionamento delle stesse scuole e così via.
Questi brevi cenni lasciano emergere il problema della rappresentanza delle scuole
autonome nell’ambito regionale, visto che l’autonomia “funzionale” ad esse attribuita (che non può
in alcun modo essere autoreferenziale) dovrebbe riguardare il riconoscimento esterno delle funzioni
proprie degli istituti scolastici, e il loro concorso ad un diverso distribuirsi delle funzioni di altri
organismi a livello locale e regionale.
Questo problema è ancora per buona parte irrisolto, perché le strade previste (creazione di
reti di scuole, anche come premessa per la creazione di reti associative e di rappresentanza) sono
ancora per buona parte inesplorate.
5.4
Un quarto fattore di criticità
Un quarto fattore di criticità è per l’appunto costituito dalla persistente debolezza degli
istituti scolastici nel creare rapporti consolidati tra loro, in modo da accrescere la loro forza
negoziale e contrattuale verso gli organismi esterni. Occorre creare e diffondere una cultura
finalizzata alla creazione di reti di scuole e di associazioni che facciano valere le esigenze delle
strutture scolastiche, coordinandosi anche con altri soggetti competenti in materia di istruzione e
formazione. Le associazioni delle scuole autonome devono essere sostenute e sviluppate, anche per
divenire interlocutori privilegiati del sistema scolastico nazionale. Questi passaggi sono
fondamentali per creare e rendere sempre più riconosciuta una pari dignità tra la scuola e gli altri
interlocutori del territorio, visto che con il suo operato la stessa scuola contribuisce alla costruzione
della complessa realtà territoriale, rendendosi fra l’altro interprete dei bisogni delle realtà giovanili.
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Autonomia scolastica e autonomia funzionale: innovazione e riforme
In questa prospettiva si colloca anche l’esigenza della riforma degli organi collegiali interni
alla scuola, che deve avere l’obiettivo di creare un rapporto paritario e di reciproco rispetto tra le
componenti, ognuna delle quali con le proprie distinte e chiare prerogative e funzioni. La riforma è
tuttavia necessaria perché le competenze di tali organi vanno ridisegnate nel quadro dell’autonomia,
non solo per sperimentare modi di collaborazione interna (che riflettano una nuova idea di
partecipazione come condivisione di responsabilità nell’offerta formativa), ma anche per far leva su
tale collaborazione per rafforzarsi nei contatti con altre scuole e con le forze territoriali di cui si è
detto.
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6 Questioni aperte
Le problematiche presentate nella lezione rendono evidente la complessità del cammino per
la piena realizzazione dell’autonomia scolastica, nei suoi aspetti riguardanti la progettazione
didattica e organizzativa delle scuole, oltre agli aspetti che si riferiscono all’autonomia funzionale
delle stesse scuole.
Esiste infatti tuttora una distanza tra la cornice normativa riguardante l’autonomia delle
istituzioni scolastiche, inserita per la prima volta in modo chiaro nell’art. 21 della legge n. 59 del
1997 (che, come si è detto, delegava il governo a procedere al conferimento di funzioni e compiti
alle Regioni e agli enti locali con lo scopo di riformare la pubblica amministrazione tramite la
semplificazione amministrativa) e la sua effettiva e completa realizzazione ad un decennio dalla
promulgazione di tale legge.
Va prima di tutto segnalato che la messa in atto di cambiamenti di tale portata non può
essere attuata senza una riforma organica di tutto il comparto dell’istruzione, che l’Italia attende da
decenni, e che è divenuta oggetto di contesa politica e di confusione programmatica soprattutto
negli ultimi anni (vedi il precedente punto 4 di questa lezione). Vi è dunque una enorme
responsabilità politica se la crisi del sistema scolastico italiano si aggrava ogni giorno di più, per la
mancanza di scelte coerenti e di lungo periodo che sono di pertinenza dei legislatori (quindi dei
politici e dei governanti) e degli amministratori della cosa pubblica.
Ai ritardi e alle miopie riferite alle mancate riforme del sistema scolastico italiano
nell’ultimo decennio, si accompagna un secondo aspetto di non minore portata che riguarda
l’assenza di investimenti economici adeguati per migliorare la qualità dell’istruzione e della
formazione. In controtendenza rispetto molti paesi europei e rispetto a quelli definiti sul piano
internazionale “a sviluppo avanzato”, l’Italia ha da sempre riservato una esigua percentuale del
Prodotto Interno Lordo (PIL) annuale al sostegno della crescita della scuola e dell’università. Per di
più, negli ultimi anni si è proceduto non ad un incremento (teso ad invertire la tendenza, iniziando a
colmare il perenne deficit di investimenti sull’istruzione), ma ad una progressiva decurtazione delle
risorse, sino a giungere ai tagli previsti nella legge n. 133 del 2008. Questo conferma l’antico vezzo
italico di pensare che le riforme possano essere realizzate a costo zero, anzi riducendo sempre di più
gli investimenti pubblici.
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La questione che renderebbe oscuro l’impianto iniziale in cui è stata prevista l’autonomia
scolastica è la tendenza nascosta a creare le condizioni per la privatizzazione delle scuole e delle
università secondo il modello anglosassone. In questo senso la riduzione degli investimenti pubblici
è considerata la premessa per costringere ad avviare anche in Italia un processo di diversificazione
istituzionale tra istruzione erogata da strutture private (che raggiungono livelli di altissima
efficienza, visto soprattutto la profonda contribuzione data tramite tasse scolastiche molto alte dagli
“utenti” in genere molto facoltosi) e istruzione erogata da strutture pubbliche. Se tale tendenza si
realizzasse nel nostro paese, l’autonomia scolastica prospettata assumerebbe l’amaro sapore di una
copertura formale per attuare solo forme di negoziazione e contrattazione necessarie alla
“sopravvivenza” istituzionale.
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Autonomia scolastica e autonomia funzionale: innovazione e riforme
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