Magazine Settembre - Gli Amici di Luca
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Magazine Settembre - Gli Amici di Luca
MAGAZINE "Vale la pena:il coma un viaggio verso la luce" periodico di resistenza civile, per le professioni e la vita sociale Pubblicazione dell’associazione di volontariato onlus “Gli amici di Luca” registrazione Tribunale di Bologna n.7176 del 27/11/2001 Tariffa Ass. Senza Fini di Lucro:"Poste italiane S.p.a - Spedizione in Abb. postale - D.L.353/2003 (conv.in L.27/02/2004 n°46) art.1, comma 2, DCB Bologna" Giornata Nazionale dei Risvegli Al vostro fianco per una rete di Case dei Risvegli S ono compiaciuto del vostro lavoro e del vostro impegno e sono certo che l’iniziativa di far conoscere, attraverso seminari e convegni, le problematiche e il dramma delle famiglie che sopportano le gravi esperienze del coma, riscuoterà il plauso della Istituzioni e la solidarietà della gente comune. Con molta amicizia Romano Prodi Presidente del Consiglio dei Ministri di Sen. Livia Turco Ministro della Salute La giornata nazionale dedicata ai risvegli e alla ricerca sul coma, promossa dalla associazione di volontariato “Gli amici di Luca” è divenuta in questi anni un appuntamento insostituibile nel panorama degli eventi dedicati alla sensibilizzazione sui temi dell’assistenza alle persone in coma in Italia. Quest’anno, poi, l’evento del 7 ottobre diventa per me particolarmente significativo perchè vi partecipo come ministro della salute e so cosa vuol dire, per tutti quelli che sono impegnati in prima persona in questo delicato e difficile compito di sostegno e aiuto a chi soffre, avere le istituzioni al proprio fianco e io voglio dirvi con tutta me stessa, come ministro e come persona, che sono al vostro fianco. Sono accanto a voi nel vostro impegno quotidiano, costante e qualificato, sostenuto dalla sensibilità e dall’amore che vi contraddistingue, sono con voi per far si che questa esperienza che conosco e seguo sin dalla sua nascita sia un modello per altre realtà del nostro Paese. Sono convinta, come voi stessi proponete, che sia necessario diffondere una nuova cultura dell’assistenza alle persone in coma attraverso strutture come la “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” che dimostra, nella sua armonia organizzativa, l’efficacia di una nuova alleanza terapeutica tra personale sanitario e non, familiari, associazioni e volontari. Ho molto a cuore il problema della disabilità e della non autosufficienza, sono impegnata, come del resto si è impegnata l’Unione nel programma di governo, perché sia al più presto istituito un Fondo nazionale per la non autosufficienza da sostenere con “contributi di solidarietà” ad hoc. Trovo che un piano di assistenza domiciliare integrata introduca un aspetto nuovo e moderno nel nostro stato sociale che fino ad ora ha delegato alle famiglie il carico totale dell’assistenza a persone afflitte da malattie degenerative o croniche, e questo è indegno di un paese moderno. In questo ambito trova risalto la vostra esperienza perché ha saputo attuare una sinergia profonda con tutti gli attori dell’assistenza al malato soprattutto coinvolgendo le Istituzioni, in questo caso la regione Emilia Romagna, il comune e la provincia di Bologna, in un continuo confronto-apporto con gli operatori sanitari, famiglie, associazionismo, che ha reso questa esperienza unica nel suo genere. Accolgo come un forte stimolo la vostra richiesta di diffusione di queste realtà su tutto territorio nazionale in una rete di supporto che si allarghi in particolare alle regioni del Sud e sostenga ogni famiglia che si trova improvvisamente a vivere questo dramma, perché non sia più sola ma possa contare su strutture come la vostra che non rappresentino più un’eccezione per il nostro Paese. Un caro saluto GIORNATA NAZIONALE DEI RISVEGLI Numero 17 settembre 2006 Diamo forza a questa realtà C ondividiamo una responsabilità, di fronte all’ottava edizione della “Giornata nazionale Presidente della dei Risvegli”. E’ la responsabilità Regione di dare forza a questa realtà e di Emilia-Romagna metterla a disposizione di una nuova stagione delle politiche sanitarie e assistenziali. Questa , secondo me, è la sfida che abbiamo davanti e che deve spingerci ad accelerare l’innovazione in sanità. Consapevoli come siamo delle nostre difficoltà e dei nostri limiti: nella finanza e nell’organizzazione come nella scienza e nella pratica medica. Ma anche fiduciosi che l’impegno di tutti, dal Ministero al volontariato, dalla Regione Emilia-Romagna alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris, possa dare risposte di grande significato e valore, tali da rappresentare un esempio da seguire in tante altre regioni del Paese. Per questo sono lieto di salutare, a nome mio e della Giunta regionale, questo nuovo appuntamento e di augurare buon lavoro a tutti i protagonisti dell’evento. Sono certo che da qui verrà uno stimolo a politiche che mettano al centro la famiglia, la qualità delle relazioni umane nelle strutture sanitarie e assistenziali, un sostegno più forte per le persone e le famiglie che lottano contro le malattie e contro la solitudine. di Vasco Errani Un abbraccio a voi tutti. di Maria Vaccari Presidente associazione “Gli amici di Luca” di Fulvio De Nigris Direttore Centro Studi per la Ricerca sul Coma La “Giornata dei risvegli” è cresciuta nel tempo di pari passo con il progetto della Casa dei Risvegli Luca De Nigris, il centro innovativo per giovani e adulti con esiti di coma e stato vegetativo inaugurato a Bologna due anni fa; un modello sperimentale della Regione Emilia Romagna, un progetto dell’Azienda Usl di Bologna e dell’associazione Gli amici di Luca realizzato assieme agli enti locali. La manifestazione è promossa sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Salute, oltre ai molti enti ed associazioni che condividono con noi questa esperienza. di lavoro comune, Siamo molto onorati di avere quest’anno la sentita adesione del Ministero della Salute e la partecipazione al nostro convegno del Ministro sen. Livia Turco sul tema della “”nuova alleanza terapeutica” e della condivisione dei saperi che vede insieme, nei loro rispettivi ruoli, medici, operatori non sanitari, associazioni, familiari e volontari; tutti coinvolti attorno alle migliaia di persone che ogni anno entrano in coma. La Giornata dei risvegli porta la consapevolezza di poter essere d’aiuto a queste persone, ma anche di richiedere aiuto per un nuovo sistema della cura in un difficile percorso che ci mette in contatto con l’essenza della vita stessa. CASA FATTA CAPO A ? di spalle o pacchi di posta per parlare con altri casi? Casi, caso, storie, volontà, premonizioni,analisi illogiche dei perchè? Parole al vento o venti casi uguali ad altri venti? Che percentuale ha la percentuale? E la scienza puo’ vuole deve fare, o prima viene il tuo percorso di uomo persona essere anima? Si può cambiare qualcosa nell’atteggiamento verso il coma se la parola chiave continua a essere “vincere”? Se ogni attimo della giornata è scandito dall’idea di sfida, di riuscita (più che di uscita), tristemente intese Alessandro Bergonzoni A casa fatta continuano le domande sul coma sull’essere in coma su chi ne parla lo vive lo cura lo pensa lo teme lo esorcizza evitando di pensarci: sogni o bisogni? Raffiche di paure ad oltranza, lesioni all’illusione, ipotesi ipotecate per comprarsi fiducia e noleggiare aspettative; ricerca personale di contatto, voglia di saperi, capire chi ci e’ gia’ passato cosa ti racconta e come te lo racconta: ottimismi usati solo contro pessimismi? Oppure fatti ripetibili ma non confermabili? Pacche sulle Segue a pagina 2 COMUNICARE IL COMA QUESTA VITA È PER TUTTI nasce l’osservatorio per la comunicazione della salute un’altalena di serenità e difficoltà, indipendentemente dal nostro fisico di Gian Piero Steccato DA PAG. 2 A PAG. 9 PAGG. 10-11 A PAGINA 17 G I O R N ATA N A Z I O N A L E D E I R I S V E G L I 2 Continua da pagina 1 come unico approccio alla soluzione? E la soluzione dei casi quando comincera’ a interessare anche il concetto di “caso” di “soluzione”? L’idea di “diversa” soluzione di diverso accesso all’idea di buono, guarito, di terminato, di curato, di reintegrato, normalizzato? Se si continua a vivere credendo che esista una idea sola e solipsistica di bene di meglio, di normalita’,come ci ammorbano giornali pubblicita’ lavoro economia amministrazione? So’ che potrebbe aleggiare una certa retorica per orecchie che non voglion sentir dire che prima del cosa fare ci sono da “vedere” i perchè i cosa i quando di quel segnale assoluto e trascendente che e’ “la malattia” il danno, la disgrazia, il cambiamento: ma non dovrebbe essere cosi’. Se l’approccio antropologico filosofico e spirituale nei confronti dell’essere non si allarga, se il ruolo del corpo e delle sue rappresentazioni fuorvianti, non si espande siamo sempre al punto di partenza; se l’idea di fine, morte, dolore, non aprono a richieste e aspettative diverse non si comincia più. Fatemelo ripetere: se non si cerca con anima da tartufo di “lavorare” coma a parte, a prescindere dal contingente evento, fuori dalla sola “disgrazia”, si lavora a meta’. Da un po di anni, grazie agli spazi che mi da La Casa Dei Risvegli, mi piacerebbe piu’ che spiegare (che sarebbe presuntuoso e impossibile) piegare: piegare verso altri temi che non escludano certo i “classici” temi fin qui affrontati sul coma, ma che vertano su un prima un oltre un anche,che possono allungare la pista di atterraggio di una ricerca importante ma che se sta sola e troppo impostata, rischia di non dare risposte a domande ben piu’ lunghe e inespresse,che non possono attendere piu’. Mi riferisco a un tipo di virata piu’ marcata sul tema delle aspettative di vita intesa in quanto tale. Si puo’ sempre e solo parlare di ottimizzazione dei trasporti, del denaro pubblico, dell’ala politica, se prima non si prepara un diverso discorso di coscienza-trascendenza del “personale umano” in quanto tale? Si può scioperare per un contratto se prima non si e’ manifestato per una formazione intellettual-umana che non viva di parametri solo merceologico estetici, solo d’effetto e di rappresentanza? Certo che chi e’ a capo del decidere deve scegliere anche in chiave contingente e politica, ma perche’ solo e soprattutto in quella? Chi sara’ a capo del decidere dei coma tra cent’anni, sta oggi ricevendo dalla scuola, dall’informazione, dalla formazione universitario-clinica, dalla politica dalla gestione economica, i giusti mezzi e le vere energie per un conoscere cosi’ largo e diverso come e’ il tema della salute della vita e viceversa? Cosa si studia oltre a quello che gia’ si studia? Si studia il saper studiare? O si continua nelle buone ma non uniche strade di sempre? Sembra perversamente assurdo e magari provocatorio, ma a me ora piu’ che il rapporto che c’e’ tra un paziente in coma nella casa dei risvegli e il suo medico, o la sua defaiance, mi interessa molto di piu’ il rapporto che c’e’tra cosa e come sta “studiando” un laureando in medicina economia filosofia scienze politiche, e la futura madre di un paziente in coma! La quale futura madre e futuro paziente, a sua volta possono e devono “studiare” un diverso approccio all’esistere, un differente approccio al cosa si e’ e al cosa si puo’ diventare, non per “sfortuna” (o fortuna) ma per cambiamento, per assoluto, per divenire ed essere…..Insomma a” casa fatta “sento che oltre alle meraviglie del teatro, della scienza del progresso della ricerca dei mezzi e delle strutture a disposizione,oltre alla crescita della sensibilizzazione sul coma, oltre alla condivisione speranza e ottimismo che gli amici di Luca sanno dare, oltre ai finanziamenti, agli spot e all’abnegazione di tanti, oltre al sacrificio di molti genitori e di tutti i ragazzi che abitano e abiteranno questa grande struttura, sento che non puo’ venire a mancare l’attenzione verso quel lato da scoprire cosi’ difficile e profondo che e’ il cambio di visione universale e cosmico trascendentale di se, del sé,del tempo, del luogo, di un quanto che non puo’ fermarsi “solo” a quel che vediamo sentiamo o subiamo: si puo’ e si deve scavare e scovare il sopra e il dentro dei fatti,del presente del “mio”, salirci e andarci su. abdicando alla paura dell’umano troppo umano,per non bastarci cosi’ come siamo. Aspettiamoci lì. Allora grazie. Sempre vostro, quello dei visi comunicanti,ALESSANDRO BERGONZONI GIORNATA NAZIONALE DEI RISVEGLI PER LA RICERCA SUL COMA. VALE LA PENA 7 Ottobre 2006 - OTTAVA EDIZIONE Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica con il Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Salute Comitato Italiano per l’Unicef - Onlus MIUR - CSA Centro Sportivo Italiano Centro amministrativo Bologna SINAGI PVE partner tecnologico Media Partner G I O R N ATA N A Z I O N A L E D E I R I S V E G L I BOLOGNA - Sabato 7 ottobre BOLOGNA - Venerdì 6 ottobre VERSO LA CASA DEI RISVEGLI LUCA DE NIGRIS In collaborazione con CSI Comitato di Bologna, Polisportiva Zinella e Parco dei Cedri. Con il patrocinio MIUR – Csa di Bologna Camminata rivolta ai bambini delle scuole elementari di Bologna e provincia. L’appuntamento rinverdisce la tradizione iniziata da Gianni Morandi con i podisti del Centro Sportivo Italiano nella maratona per l’inaugurazione della Casa dei Risvegli Luca De Nigris di Bologna. Questo il programma: • Ore 9.30 ritrovo e partenza dal parco della Resistenza nel Comune di S. Lazzaro di Savena. Camminata nei parchi. • Ore 11.30 Arrivo alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris • Ore 12.00 incontro con le famiglie e i pazienti • Lancio dei palloncini con i messaggi per la “Giornata dei Risvegli” 3 Poste Italiane realizza la tradizionale targhetta postale in occasione della manifestazione. Teatro Duse, ore 21 - Via Cartolerie, 42 La compagnia teatrale “Gli Amici di Luca ” in: “LA PARTENZA DEGLI ARRIVI nulla di ciò che sembra è…” in scena gli attori del laboratorio permanente “Il gioco del teatro in situazioni di post coma” regia di: Enzo Toma, Alessandra Cortesi e Stefano Masotti. testi a cura di: Fulvio De Nigris con: Elena Antonelli, Sara Brambati, Elena Cantelli, Simona Corallini, Alessandra Cortesi, Francesca Cremonini, Paolo Facchini, Silvia Faenza, Susanna Fantini, Luigi Ferrarini, Fabrizio Gambarini, Nicola Granata, Giovanna Grosso, Silvia Landi, Lorena La Rocca, Marco Macciantelli, Juri Mazzanti, Cristian Sacchetti, Davide Sacchetti. La fiaccola della Vita nell’atrio della Casa dei Risvegli Luca De Nigris Partendo dal laboratorio stabile condotto da Alessandra Cortesi e Stefano Masotti, lo spettacolo - un progetto di multiproduzione e cooperazione di abilità - nasce da un percorso di formazione della compagnia, durato circa un anno. In questo periodo il gruppo ha incontrato artisti e ricercatori delle più disparate discipline: dal para-teatro di Rena Mirecka, all’analisi del movimento con Lorella Rapisarda, dalla forza del gesto fallibile di Enzo Toma, alla scoperta del metodo Feldenkrais con Teri Janette Weikel , alla poesia dei Clown lunari di Andrè Casaca, passando per la magia degli inganni della percezione di Tonino Casula, ma anche il titolo e i disegni di Alessandro Bergonzoni. Lo spettacolo, che si sviluppa in più quadri, ha per tema il “risveglio” in tutte le sue dimensioni. BOLOGNA - Dal 1 al 7 ottobre “LE VIE DEI RISVEGLI” in collaborazione con ASCOM Anche quest’anno molte le iniziative di sensibilizzazione e di raccolta fondi promosse dai Comitati delle vie: Falegnami e strade adiacenti; via D’Azeglio e strade adiacenti; via Dagnini, via degli Orti e strade adiacenti. NELLE ALTRE CITTÀ siamo presenti, tra l’altro, anche in Piemonte nelle piazze di Bra e Alba (Cuneo) nel Veneto a Pordenone, in Campania, in Sicilia a Caltagirone in Sardegna in collaborazione con il centro S. Maria Bambina di Oristano e le associazioni Le Mani dei Sarzi, Human Arte e Ritorno alla Vita di Cagliari. A Gorizia, Bolzano, Cartoceto ed altre città con lo spettacolo della compagnia “Gli amici di Luca” TORNEO “VALE LA PENA” di Pallavolo Femminile - Quinta Edizione di Gabriele Forni L’8 ottobre si svolgerà a San Lazzaro di Savena la quinta edizione del torneo di pallavolo femminile under 16 denominato ‘Vale la pena’. Questa è la notizia che apparirà sui giornali e nei vari siti sportivi su Internet. Purtroppo le notizie così come vengono date tradiscono spesso il significato della manifestazione nonché il lavoro e la gioia che le persone mettono nel costruire le cose. Il nostro magazine ci permette però di raccontare un po’ di più di questa manifestazione che è diventata ormai una costante della Giornata nazionale dei Risvegli. Sì perché, la quinta edizione di una cosa ha già una piccola storia alle spalle e se si tratta di una manifestazione di sport giovanile vuol dire che in ogni edizione dal 2002 ad oggi ha coinvolto ragazze diverse tutti gli anni con una diffusione del messaggio di solidarietà molto vasta. Un popolo di adolescenti di posti diversi e regioni diverse che dopo una giornata dedicata al loro sport preferito, la pallavolo, ritornavano a casa con il corpo povero di energie ma la testa ricca di conoscenze in più. Soprattutto con la presa di coscienza verso un problema, quello del coma, estremamente grave e della realtà di persone che con una passione analoga alla loro per la pallavolo studiano e cercano soluzioni per chi si trova in questo stato di limbo fra la vita e la morte. Il nostro impegno come San Lazzaro Pallavolo, da cinque anni partner dell’associazione Gli Amici di Luca è proprio questo: cercare di diffondere con le nostre atlete sui campi sportivi di tutta Italia il messaggio di solidarietà e l’importanza del lavoro dell’associazione nonché l’esistenza della Casa dei risvegli. Così anche quest’anno noi tutti condivideremo lo spirito di questa giornata immersi nell’atmosfera del PalaSavena con gli amici di sempre di Reggio Emilia, con i graditi ritorni delle bolzanine di Bronzolo e delle toscane di San Miniato nonché con le gradite novità delle under 16 della Sirio Peru- gia e delle triestine della Libertas. Sarà una grande festa, come sempre e insieme a ottima pallavolo giovanile (diverse di queste sono ai vertici nazionali di categoria) allungheremo questo cammino di conoscenza verso il coma coinvolgendo altri amici. sostiene la “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” e il “Centro Studi per la Ricerca sul Coma” Puoi contribuire anche tu con un versamento: CARISBO CC 3802 - FILIALE DUE TORRI - BOLOGNA Piazza di Porta Ravegnana, 2/B - Cab. 02504-9 - Abi 6385-9 G I O R N ATA N A Z I O N A L E D E I R I S V E G L I 4 La coscienza negli stati vegetativi il recente studio su “Scienze” e le ricerche condotte a Bologna Su “Scienze” è comparso recentemente un interessante studio inglese da Cambridge su “Segnali di consapevolezza negli stati vegetativi” in cui si analizza il caso di una ragazza di 23 anni, con grave trauma cerebrale a seguito di incidente, che grazie all’indagine della Risonanza Magnetica Funzionale ha mostrato incredibili segnali di attività cerebrale. A Bologna Roberto Piperno direttore della Casa dei Risvegli Luca De Nigris e responsabile scientifico del Centro Studi per la Ricerca sul Coma diretto da Fulvio De Nigris sta conducendo con il Servizio di Neuroradiologia, Ospedale Bellaria, Bologna, diretto dal Prof. Marco Leonardi con l’Unità Operativa di Medicina Riabilitativa Ospedale Maggiore (che dirige) e la Casa dei Risvegli Luca De Nigris uno studio in questa stessa direzione. “Normalmente si ritiene che l'assenza di responsività comportamentale alle richieste o agli stimoli dell'ambiente – afferma Roberto Piperno, responsabile scientifico del Centro Studi per la Ricerca sul Coma - corrisponda inequivocabilmente all'assenza di un qualunque livello di consapevolezza e ad una mancata elaborazione cognitiva degli input sensoriali. Eppure, a partire dalla fine degli anni '90, un numero crescente di rapporti pubblicati (basati su tecniche di neuroimaging come la fMRI o la PET oppure MEG e potenziali evento correlati - ERPs -) hanno mostrato, anche se ancora in maniera solo aneddotica, una situazione inattesa: in qualche circostanza elementi di stimolazione complessa possono essere processati in circuiti neuronali appropriati. Certe funzioni cerebrali potrebbero pertanto essere più preservate di quanto si immaginava in precedenza e molti pazienti sarebbero capaci di percepire e processare vari aspetti visivi e uditivi dell'ambiente, incluso, in qualche caso, elementi semantici del linguaggio. Vi è dunque una evidenza di "covert cognitive processing" almeno in alcuni pazienti con VS. Alcune indicazioni suggeriscono che questo effetto diviene evidente soprattutto utilizzando paradigmi di attivazione che abbiano un forte contenuto emotivo. L'unica conclusione possibile è che, allo stato attuale delle conoscenze, non sappiamo se i pazienti in SV, o almeno tutti i pazienti in SV, siano completamente incoscienti”. Questi i dati forniti dai neuroradiologi sugli studi intrapresi a Bologna: “Da Giugno 2005 a oggi abbiamo stu- Immagine a corredo dell’articolo apparso su “Science” diato con Risonanza Magnetica Funzionale 9 pazienti (4 donne e 5 uomini) di età compresa tra 14 e 43 anni con esiti di coma (stato vegetativo e stato di Coscienza Minima. In ciascun paziente è stato eseguito lo studio di attivazione, sottoponendo i pazienti all'ascolto di storie di voci familiari, all'ascolto della stessa voce in reverse e infine all'ascolto di voce familiare. Con i dati attualmente a nostra disposizione possiamo confermare come gli studi di attivazione con Risonanza Magnetica siano in grado di documentare in alcuni dei pazienti in stato vegetativo o minimamente cosciente, l'attività di circuiti cerebrali che sono alla base di funzioni cognitive. In particolare, in uno di essi, l'attivazione di un'area corticale in regione insulare dimostra anche un coinvolgimento emozionale da parte del paziente. Questi nostri dati sono preliminari”. Uno dei convegni del 7 ottobre a Bologna per l’ottava “Giornata nazionale dei risvegli per la ricerca sul coma –vale la pena” con il patrocinio del Ministero della Salute avrà come titolo “C'E' QUALCUNO LI' DENTRO? Possibilità di esplorazione di funzioni mentali nascoste o residue nel paziente in stato vegetativo e di coscienza minima”. A questa iniziativa oltre agli studiosi di Bologna parteciperà tra gli altri Niels Birbaumer direttore dell'istituto di neuro biologia medica del comportamento e di psicologia all’ Università Eberhard Karl Tübingen e sarà l’occasione per approfondire queste tematiche alla luce delle ricerche ancora in corso. Sabato 7 ottobre - ore 14.30-18.00 - Cappella Farnese, Palazzo d’Accursio - Piazza Maggiore 6 - Bologna C’È QUALCUNO LI DENTRO? Possibilità di esplorazione di funzioni mentali nascoste o residue nel paziente in stato vegetativo e di coscienza minima. Coordinano Pasquale Montagna clinica neurologica Università di Bologna Roberto Piperno direttore Casa dei Risvegli Luca De Nigris Relazioni di Monica Maffei, Raffaele Agati, Daniela Cevolani, Stella Battaglia, Marco Leonardi, Renata Ricci Servizio di Neuroradiologia - Ospedale Bellaria “Le prospettive neuroradiologiche” Levy Rahmani ordinario di psicologia Università di Tel Aviv Cristina Di Stefano ricercatrice centro Studi per la Ricerca sul coma Silvia Faenza fisioterapista Casa dei Risvegli Luca De Nigris “Possibilità di esplorazione di funzioni precognitive tramite la stimolazione facilitante” Niels Birbaumer, direttore dell'istituto per neuro biologia medica di comportamento e di psicologia Università Eberhard Karl Tübingen “Vivere il silenzio: Brain computer interfaces (BCI) in paralisi” Discussioni e conclusioni Crediti ECM per Medici Fisiatri, Neurologi, Riaminatori, Psicologi, Fisioterapisti,Tecnici di Neurofisiopatologia, Logopedisti Diretta internet audio video realizzata da Asernet sul sito www.amicidiluca.it Rompere il Silenzio Brain- Computer- Interface nelle Paralisi e nei Gravi Danni Cerebrali di Niels Birbaumer National Institutes of Health (NIH), NINDS, Human Cortical Physiology, USA Institute of Medical Psychology and Behavioral Neurobiology, University of Tuebingen, Germany BCIs (Le Interfacce CervelloComputer) utilizzano l’attività cerebrale del paziente per attivare un dispositivo esterno, nella maggior parte dei casi un computer. Pazienti con Sclerosi Laterale Amiotrofica (ALS), completamente paralizzati, e pazienti dopo un grave trauma cranico sono stati addestrati ad utilizzare i loro potenziali corticali lenti all’EEG (SCP) ed il ritmo sensomotorio (SMR) per selezionare lettere da un menù del computer. Prima dell’addestramento con il BCI, 100 pazienti completamente paralizzati con ALS e gravi lesioni cerebrali, la maggior parti dei quali con diagnosi di stato vegetativo (VS), erano stati diagnosticati tramite un paradigma di potenziali cerebrali eventocorrelati (ERPs). Sono stati presentati compiti di differente complessità con registrazione degli ERPs. Tutti i pazienti con ALS ed il 25% di quelli con VS mostrarono potenziali cerebrali cognitivi evocati normali o minimamente anomali. Sono discussi i risultati del training BCI e le conseguenze etiche di questi risultati per il trattamento e per le decisioni sulla fine della vita. Con il contributo del Deutsche Forschungsgemeinschaft (DFG) and NIH, NINDS G I O R N ATA N A Z I O N A L E D E I R I S V E G L I 5 Migliorare la vita della persona disabile alcune riflessioni in occasione della Giornata dei Risvegli di Luigi Mazza Responsabile gestione sviluppo politiche area disabili Regione Emilia-Romagna Quando si parla di disabilità e riabilitazione i professionisti e gli operatori dei servizi cadono spesso nella tentazione di prestare un interesse quasi esclusivo al sistema dei servizi formali, in particolare sanitari ed ospedalieri, dimenticando invece che sono almeno quattro le risorse che possono garantire alla persona disabile una migliore qualità della vita: non solo il sistema dei servizi formali, ma soprattutto la stessa persona con disabilità, la sua famiglia ed infine le reti di solidarietà formale e informale, comprendendo in tale accezione sia l’associazionismo, che tutte le forme di volontariato e solidarietà informale. Allo stesso modo quando si parla delle situazioni individuali delle persone colpite da cerebrolesione, la discussione si limita spesso alle situazioni di maggiore gravità, agli individui in stato vegetativo e/o di minima coscienza. Sappiamo, invece, che è altrettanto difficile garantire il ritorno alla vita sociale a quelle persone che a seguito ad esempio di un trauma, pur non essendo totalmente non autosufficienti, riportano gravi deficit sul piano cognitivo, motorio e comportamentale. Sul versante delle risorse e dei bisogni occorre dunque mantenere una prospettiva ampia, adottando quell’approccio di carattere bio-psico-sociale che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha indicato. In Emilia-Romagna, ad esempio, per affrontare la sfida delle cerebrolesioni esiste un sistema efficiente e qualificato di servizi per l'emergenza, con il progetto sulle Gravi Cerebrolesioni è stata realizzata una riorganizzazione e qualificazione della rete ospedaliera e territoriale che ha portato all'identificazione di punti di eccellenza e alla costruzione di percorsi di continuità assistenziale e riabilitativa. Con la Deliberazione della Giunta Regionale n.2068/04 è stato infine avviato un processo di potenziamento dei servizi territoriali extra-ospedalieri nella logica dell'integrazione socio-sanitaria e con l'obiettivo di offrire anche alle persone in situazione di maggiore gravità nuove opportunità di assistenza domiciliare e di ospitalità residenziale. Altrettanto importante è il processo che è già stato avviato a livello regionale, così come il dibattito che si sta riaprendo proprio in questi giorni a livello nazionale, per la costituzione di un fondo dedicato alla non autosufficienza, che potrebbe portare ulteriori risorse nel settore dei servizi per anziani e disabili per l'assistenza a lungo termine. La Regione EmiliaRomagna ha già iniziato a dedicare specifiche risorse al tema della non autosufficienza e proprio in questi giorni di inizio settembre in cui si dibattono i contenuti del disegno di legge finanziaria del Governo, leggiamo sui giornali che la stessa Ministro Turco ha rilanciato la proposta di una tassa di scopo o di un contributo di solidarietà per finanziare un fondo destinato alle esigenze delle famiglie con la presenza di persone non autosufficienti. Nonostante questi progressi siano di fondamentale importanza, la nostra esperienza ci porta comunque ad affermare che i servizi formali, quando sono isolati dalla comunità locale, da soli non possono comunque vincere la sfida del superamento dell'handicap. Occorre dunque riflettere e valorizzare il ruolo anche degli altri tre protagonisti di questa sfida: la persona con disabilità innanzitutto, in secondo luogo la sua famiglia ed infine le reti di solidarietà formale ed informale. Come ha scritto la psicologa Sorrentino in una sua recente pubblicazione ("Figli disabili" Cortina Ed., Milano), non è facile ipotizzare l'esperienza soggettiva della persona disabile, soprattutto quando questa ha pochi mezzi per comunicarcela. Se saputi ascoltare, tuttavia, anche le persone con le compromissioni più gravi ci possono parlare della difficoltà di ricostruire la propria identità tra prima e dopo il trauma, del conflitto tra desiderio e incapacità, della dipendenza protratta come costrizione, della difficoltà di ritrovare o acquisire autonomia personale e se possibile una vita indipendente al di fuori della famiglia di origine. Occorre dunque affrontare il tema delle conseguenze psicologiche e sociali della disabilità e riflettere sul ruolo della persona nel sistema di relazioni familiari ed extra familiari. In questa stessa direzione altri Autori hanno approfondito il concetto di "resilienza" intesa come la capacità che alcune persone dimostrano nel saper riorganizzare in senso positivo la propria vita, anche dopo esperienze terribili o profonde situazioni di crisi (Cyrulnik e Malaguti "Costruire la resilienza", Ed. Erickson, Trento). Come ci insegna la stessa classificazione internazionale “ICF” su funzionamento e disabilità elaborata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, per comprendere i bisogni della persona dobbiamo dunque utilizzare un approccio bio-psico-sociale, mentre per favorirne l’autonomia e la parteci- pazione sociale dobbiamo assumerne una visione positiva, mettendo in risalto più i punti di forza dell’individuo che i sui deficit e le sue limitazioni. Infine, anche quando le capacità dell'individuo non sono sufficienti a sostenere una relazione, attribuire a chi è malato, soprattutto se ricoverato, l'identità di persona è utile per umanizzare e personalizzare l'ambiente di cura e soprattutto per dare senso ed un fondamento morale al processo di assistenza. Dal punto di vista sociologico, una delle più autorevoli definizioni di questo concetto è presente nell’opera del sociologo nordamericano Goffman (“La vita quotidiana come rappresentazione”, Il Mulino, Bologna), che ha ispirato il processo di de - istituzionalizzazione e per il quale quella delle "non-persone" è una categoria standard di persone che, ad esempio, sono spesso trattate in loro presenza come se non fossero presenti, i casi più frequenti sono tra i giovanissimi, gli anziani ed anche i malati. Se dunque la letteratura scientifica di ambito psicologico e sociale ha da tempo messo in evidenza il ruolo determinante dell’empowerment e dell’iniziativa individuale, non sono altrettanto diffusi servizi di sostegno psicologico, interventi educativi specializzati sulle disabilità acquisite o il cosiddetto lavoro sociale di rete. La terza risorsa per il superamento dell’handicap è la famiglia. Della famiglia conosciamo ormai piuttosto bene i bisogni, in particolare sul versante dell’assistenza e del supporto materiale, meno sul versante psicologico. Sappiamo infatti che, oltre ad avere i problemi di tutte le altre famiglie cosiddette normali, una famiglia che ospita una persona non autosufficiente ha anche dei problemi extra, ad esempio, di natura economica, quali le maggiori spese per servizi e prestazioni o i mancati guadagni legati al fatto che molto spesso qualcuno dei familiari è costretto a rinunciare al proprio lavoro. Esiste poi il problema di dover dedicare molto tempo ed energie all'assistenza e alle cure pratiche del proprio familiare malato, finendo così per esaurire le proprie energie fisiche e psicologiche, senza spesso avere sufficiente tempo libero per poterle recuperare. Altri problemi delle famiglie sono la solitudine, l'isolamento sociale ed anche le relazioni e gli equilibri familiari che di fronte alla disabilità sono sempre più difficili da mantenere e spesso compromessi, ad esempio, tra i coniugi, tra genitori e figli o tra fratelli. Se da un lato la famiglia con una persona non autosufficiente ha molti pro- blemi da affrontare, dall'altro lato è altrettanto vero che sono molto numerose anche le risorse che le famiglie spesso dimostrano di possedere nell'affrontare i problemi legati alla disabilità. Come hanno dimostrato molti studi e pubblicazioni la capacità di una famiglia di affrontare e risolvere problemi dipende da fattori quali le caratteristiche personali dei vari componenti della famiglia, quali ad esempio il loro livello di motivazione, il loro livello di autostima o il loro grado di apertura mentale, tolleranza e resistenza al cambiamento. Giocano un ruolo determinante anche la qualità delle relazioni ed il livello di comunicazione all'interno della famiglia, così come il livello di accordo tra i vari componenti (AA.VV. "La sfida dell'handicap e della malattia cronica", Ed. Erickson, Trento). La famiglia è dunque una risorsa fondamentale che deve pertanto essere sostenuta, non solo dal sistema dei servizi, ma anche da quella che in questa nostra esposizione è la quarta ed ultima risorsa per la qualità della vita della persona disabile. Mi riferisco in particolare al volontariato ed al ruolo delle reti di solidarietà formale ed informale. Al terzo settore ed al volontariato vengono solitamente attribuite tre funzioni principali. La prima è quella di rappresentare interessi e soddisfare bisogni di determinate fasce bisognose della popolazione. Si dice infatti che il privato sociale è capace di intercettare bisogni emergenti o latenti perché è espressione diretta della società civile. Un'altra funzione è quella di proporre servizi innovativi in settori nei quali il pubblico o il mercato non sono ancora intervenuti o fanno più fatica ad entrare. Infine non va assolutamente dimenticata la capacità che le organizzazioni non profit hanno di intercettare nuove risorse sia economiche che umane. Queste tre funzioni si stanno da tempo dimostrando preziose anche nel settore della disabilità e delle cerebrolesioni in particolare, che sono caratterizzati da una forte eterogeneità dei bisogni, dalla necessità di introdurre servizi sempre più innovativi e specializzati ed infine dal bisogno di sempre nuove risorse. Si tratta dunque di indicazioni sulle quali continuare a lavorare in futuro ed è positivo che in occasione della “Giornata dei Risvegli” sia stato organizzato un convegno per riflettere anche sul ruolo delle associazioni e l’impegno delle famiglie. G I O R N ATA N A Z I O N A L E D E I R I S V E G L I 6 Coma e stati vegetativi una nuova alleanza terapeutica: ruolo delle associazioni e impegno delle famiglie E’ possibile affrontare la riabilitazione con un team multidiscipplinare dove anche la famiglia è accolta per le sue competenze? E’ possibile integrare la visione prettamente tecnica della medicina con una approccio umanistico che affronti l’emotività senza necessariamente “tenerla a bada”? E’ possibile la sinergia tra associazioni particolarmente affini, per storia e progettualità, al fine di definire obiettivi comuni? Sono queste solo alcune delle domande che si pone questo convegno. Due giornate, di seminario e di confronto, per stabilire alcuni temi prioritari sui quali articolare un primo documento di discussione da esporre al Ministro della Salute Sen. Livia Turco che ha accolto le proposte dell’ottava “Giornata nazionale dei Risvegli” con grande partecipazione. E’ un punto di partenza, un lavoro da portare avanti assieme in vista della prossima “Giornata nazionale dei Risvegli”.... Cappella Farnese, Palazzo d’Accursio - Piazza Maggiore 6 - Bologna PROGRAMMA Venerdì 6 ottobre (14.00- 18.00) seminario di studio discutono Gli amici di Luca, Bologna “Facilitare il reinserimento a domicilio. Una proposta sulla legge 104” Maria Vaccari presidente associazione Gli amici di Luca Loris Betti responsabile clinico Casa dei Risvegli Luca De Nigris Arco 92 Roma “Supporto psicologico alla famiglia e al paziente in fase di recupero postcoma” Elena Villa, presidente associazione “Arco 92” Francesca Bruni psicologa associazione “Arco 92” “Rinascita e vita”, Genova “Modello di assistenza a domicilio funzionale ed integrato” Elena De Girolamo presidente dell’associazione “Rinascita e Vita” Roberto Rago responsabile scientifico dell’associazione “Rinascita e Vita” Genesis S. Pellegrino Terme, Bergamo “Oltre la riabilitazione” G. Pietro Salvi responsabile centro neurologico Villa Quarenghi “L’esperienza francese” Jean-Luc TRUELLE Vice presidente European Brain Injuri (EBIS) - Service de médecine physique et réadaptation CHU Raymond-Poincaré, Garches Jean Barucq Presidente UNAFCT, Parigi Sabato 7 Ottobre 2006 (9.00 -14.00) Saluto delle autorità apertura dei lavori Alessandro Bergonzoni , testimonial Casa dei Risvegli Luca De Nigris Franco Riboldi direttore generale Azienda Usl di Bologna Le esperienze delle associazioni. Presentazioni Arco 92, Roma; “Rinascita e vita”, Genova; Genesis, S. Pellegrino Terme, Bergamo; Gli amici di Luca, Bologna; UNAFCT. Parigi Interventi di: Pina Lalli Università di Bologna Carlo Romeo presidente Segretariato Sociale Rai Massimo Barra presidente Croce Rossa Italiana Edio Costantini presidente CSI (Centro Sportivo Italiano) “Esposizione del documento elaborato nel corso del seminario di studio” Fulvio De Nigris dir. Centro Studi per la Ricerca sul Coma Spazio al dibattito e conclusioni Sen. Livia Turco, Ministro della Salute Crediti ECM per medici fisiatri, neurologi, infermieri, educatori, psicologi, terapisti occupazionali, fisioterapisti Il convegno promosso dal Centro Studi per la Ricerca sul Coma, in collaborazione con U.O. Medicina riabilitativa Ospedale Maggiore Bologna, è aperto a medici che attuano nelle loro strutture modelli di partecipazione sociale, associazioni di settore impegnate sul territorio nazionale ed internazionale, gruppi di famiglie che vivono il problema commissione di esperti Daniele Donati, Spisa,, Università di Bologna Mauro Sarti, giornalista, Università di Bologna Fulvio De Nigris, direttore Centro Studi Ricerca sul Coma Anna Mazzucchi, neurologa, Centro S. Maria dei Servi, Fondazione Don Gnocchi, Parma Luigi Mazza, Resp. gestione sviluppo politiche area disabili Regione Emilia-Romagna Roberto Piperno, direttore Casa dei Risvegli Luca De Nigris Maria Vaccari, presidente associazione Gli amici di Luca Diretta internet audio video realizzata da Asernet sul sito www.amicidiluca.it LOMBARDIA Genesis a S.Pellegrino Terme un’associazione in aiuto alle famiglie ed ai pazienti di G. Pietro Salvi, Presidente associazione Genesis L’Associazione Genesis ha sede presso la Clinica Quarenghi di San Pellegrino Terme, struttura accreditata dal 1976 come istituto riabilitativo per le gravi cerebro lesioni. Gli associati di Genesi sono 1500. Quando nel 1989 assieme ai parenti, familiari e all’equipe riabilitativa della Clinica Quarenghi di San Pellegrino Terme abbiamo fondato l’Associazione Genesis, avevamo ben chiara in mente l’idea di incominciare a parlare di un problema, quello del trauma cranico, che ci stava molto a cuore, che viviamo tutti i giorni e che cominciava a farsi sentire anche fra la gente. Non sapevamo delle difficoltà che avremmo incontrato, delle delusioni e delle soddisfazioni che avremmo vissuto ma, con l’entusiasmo che ci accompagna in ogni nostra iniziativa, ci siamo buttati a capofitto in questa nuova avventura. A distanza di tempo possiamo dire di aver fatto bene,di aver colto nel segno, di aver anticipato i tempi. Infatti ci rendiamo conto che ora la gente è più informata, ha una sensibilità nuova, è più partecipe e vive con più civiltà questo problema. Se in tutto ciò la nostra Associazione avrà avuto anche solo un piccolo merito ne saremo felici ed orgogliosi. Questo ci compenserà di tutti gli sforzi fino ad ora fatti e insieme a tutti quelli che vorranno darci una mano, con entusiasmo continueremo su questa strada. Che cosa fa l’Associazione Genesis. L’intento della Genesis è quello di portare un contributo morale e materiale alle persone divenute disabili a seguito di un trauma cranico. Genesis pone particolare attenzione ai problemi dei genitori, dei parenti, dei pazienti che sono stati colpiti da questa malattia, favorendo incontri e dibattici affinché, attraverso uno scambio di esperienze, si giunga ad una migliore accettazione della propria condizione. In particolare, durante il periodo di degenza, svolge un ruolo importante nel sostegno psicologico alle famiglie del parente, con sedute individuali o di gruppo. Infatti, i famigliari sono parte fondamentale del progetto terapeutico, il loro affetto, le loro cure continue, la totale dedizione al paziente sono un aiuto indispensabile. Sempre in aiuto alla famiglia ed ai pazienti, Genesis organizza attività ricreative, come atelier, lettura, giochi di società, serate in compagnia, visite a musei, mostre, spettacoli teatrali. In caso di bisogno la Genesis offre anche aiuti materiali ed economici. Dopo la dimissione dalla clinica l’Associazione rimane un punto di riferimento per le famiglie per i problemi medico-riabilitativi, burocratici e legali, inoltre organizza per le famiglie a scopo informativo, incontri con medici ed operatori specialisti nella riabilitazione del trauma cranico. Con la rivista dell’Associazione Punto d’Incontro , si informa e si aggiorna l’associato sulle novità che vengono proposte sia nel campo medico sia legislativo che burocratico. Ogni anno viene organizzato un ritrovo fra tutti gli associati e vengono promosse gite – vacanza per i pazienti e per i familiari. Genesis favorisce l’inserimento delle persone riabilitate nel mondo lavorativo ed inoltre si impegna nella divulgazione e nella sponsorizzazione di opere scritte da autori disabili. L’Associazione si propone inoltre di far conoscere e favorire la diffusione nella popolazione di tutte quelle informazioni necessarie a prevenire e curare le malattie che provocano handicap psico-motorio. Genesis è anche attiva sul fronte della campagna per l’abbattimento delle barriere architettoniche, oltre naturalmente di quelle psicologiche. Genesis ha organizzato una rete comprendente le cooperative sociali, le RSA presenti sul territorio, con l’ufficio della provincia e dell’ASL per le disabilita, dove i problemi burocratici, sociali ed inserimento vengono affrontati direttamente con la nostra Associazione. Inoltre con Genesis Sport, Associazione nata nel 2001, avviamo alla pratica sportiva i ragazzi che desiderano effettuare attività ludica o competitiva. Il trofeo Genesis Sport che si svolge a San Pellegrino Terme è alla quinta edizione e comprende gare di torball e la maratonina di 10 Km per non vedenti. Quest’anno abbiamo fatto richiesta a Bruxel di fondi europei per finanziare il progetto “Mimma Bellantuoni” , che ci permetterà di valutare 300 ragazzi affetti da grave cerebro lesione, al fine di reinserirli nelle attività scolastiche e lavorative. Se si pensa che secondo l’EBIS in Europa vi sono 1.000.000 di ricoveri all’anno per trauma cranico, 50.000 decessi e 10.000 disabili all’anno, soprattutto giovani, ci si rende conto di quanto lavoro ed impegno siano necessari da parte di tutti. Per aiutare parenti e famigliari e combattere con la prevenzione e la terapia riabilitativa questo temibile trauma, a San Pellegrino Terme il 01 ottobre di quest’anno si è costituita l’Associazione Traumi Cranici e Gravi Cerebro-lesioni ( A.T.C. ). In tutta Italia abbiamo così formato una realtà di aiuto che potrà andare incontro alle richieste di queste persone. E’ un altro piccolo germoglio che speriamo fiorisca e sia per lungo tempo ricco di frutti. A nome di tutti i nostri associati ringrazio i volontari di Genesis, che veri doni di Dio, guidati, sostenuti, gratificati e riconosciuti nel loro ruolo ci danno un prezioso ed insostituibile aiuto. G I O R N ATA N A Z I O N A L E D E I R I S V E G L I 7 LAZIO L’A.R.Co.92 - Associazione per la Riabilitazione del Comatoso - Onlus (Organizzazione non lucrativa di utilità sociale) nasce e si sviluppa a Roma nel 1992 su iniziativa di alcune persone provate dal dramma di un parente ricoverato in coma a seguito di un grave trauma cranico. Fin dalla sua costituzione, l’Associazione è presieduta da Maria Elena Villa, coadiuvata da specialisti del settore (rianimatori, neurologi, fisiatri, fisioterapisti, logopedisti, psicologi ed infermieri.) impegnati prevalentemente nei reparti di Rianimazione del Policlinico "A. Gemelli" e dell’I.R.C.C.S. "Santa Lucia" di Roma, con l’indispensabile aiuto di un gruppo di volontari. L’A.R.Co.92 Onlus opera per colmare almeno parzialmente - i grandi vuoti del Servizio Sanitario Nazionale nel settore dell’assistenza ai post-comatosi. La mortalità dei neurolesi è, infatti, notevolmente diminuita grazie a tecniche rianimatorie sempre più efficaci e, progressivamente, è andato aumentando il numero delle persone - soprattutto giovani - che necessitano di una lunga ed attenta riabilitazione. Tuttavia, in Italia le strutture specialistiche non sono state adeguate alle nuove esigenze terapeutiche di questi pazienti. In troppi casi è quindi necessario rivolgersi a strutture straniere, con costi eccessivi per la maggior parte dei malati e dei loro familiari. A tale proposito, le attività Arco 92 il progetto Dago coinvolge i familiari nel processo riabilitativo dell’A.R.CO.92 Onlus sono indirizzate principalmente verso i seguenti obiettivi: - sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi del coma e del post-coma; - fornire supporto volontario agli operatori dei servizi pubblici e privati di Rianimazione e di Riabilitazione; assistere i familiari del malato durante e dopo il suo ricovero; - prestare assistenza a domicilio per i pazienti dimessi dalle strutture di ricovero e bisognosi di terapie motorie e neuropsicologiche; reperire fondi per l’acquisto di apparecchiature, ausili e medicinali necessari per migliorare la qualità della vita del malato. Accanto alle attività di carattere sociale, l’A.R.CO92 Onlus si adopera per promuove- Elena Villa re lo sviluppo delle conoscenze scientifiche per la prevenzione e il trattamento dello stato di coma attraverso: - l’istituzione di borse di studio per l’aggiornamento di medici ed infermieri; - il sostegno alla ricerca sull’epidemiologia del trauma cranico; l’organizzazione di convegni, congressi e giornate di studio. Nel dicembre del 1999 l’A.R.Co.92 Onlus e la Fondazione Santa Lucia, in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche per la Qualità della Vita della Regione Lazio e l’Istituto San Michele, hanno inaugurato a Roma “Casa Dago”: una struttura demedicalizzata in grado di accogliere il paziente post-comatoso e un suo congiunto nel delicato momento della dimissione dall’ospedale di riabilitazione ed assisterlo Presidente associazione Arco 92 concretamente nella reintegrazione familiare, sociale e lavorativa. In questa casa-famiglia opera un’equípe multidisciplinare dell’I.R.C.C.S. Santa Lucia. L’obiettivo è promuovere le potenzialità e le capacità residue di un paziente post-comatoso affinché possa essere comunque attivo, pur con un deficit neuromotorio o neuropsicologico. Casa Dago è la prima struttura in Italia per la reintegrazione familiare, sociale, scolastica e lavorativa del paziente postcomatoso destinata a pazienti con deficit neuromotori e neuropsicologici (conseguenti al risveglio dal coma) che seguono programmi riabilitativi in regime di day-hospital o ambulatoriale presso istituti specializzati. Ognuno dei pazienti trova alloggio insieme ad un proprio familiare: entrambi vengono istruiti per raggiungere e mantenere gli obiettivi del progetto di reintegrazione Neuropsicologi, psicoterapisti, logopedisti, terapisti della riabilitazione, assistenti sociali e volontari specializzati garantiscono un ambiente protetto, dove pazienti e familiari sperimentano insieme i metodi per recuperare la maggiore armonia e autonomia possibile nella vita quotidiana. All’interno vengono svolti corsi di informatica, ceramica, decoupage e applicate terapie innovative che utilizzano, tra l’altro, arte-terapia, orto-flori-frut-ticoltura (OFFT © ) e attività assistite con gli animali (pet-terapy). LIGURIA Rinascita e Vita la famiglia nell’ambito del progetto di assistenza domiciliare di Elena Di Girolamo Presidente associazione Italiana Rinascita Vita Viviamo in una società capace solo di dirti: “non c’è più nulla da fare”, “mi dispiace ma ti devi arrangiare”, “sarebbe meglio se staccassimo la spina”. Ma è proprio tutto così il mondo in cui viviamo? No, non è tutto così. Uno degli obiettivi di Rinascita Vita è stato quello di usare la mia esperienza per aiutare le famiglie che come la mia sono state costrette a vivere una dura esperienza di vita come quella del coma, ho voluto condividere con loro le emozioni ,le sofferenze, e le preoccupazioni. Insieme, lavorando con tenacia e determinazione, si può arrivare al cuore delle Istituzioni che sembrano non voler sentire e non voler vedere la nostra immane fatica. Prima della nascita del servizio domiciliare cominciava per il paziente una fase estremamente logorante di abbandono sanitario e sociale, dal momento in cui, passata la fase acuta e dimesso dall’ospedale, viene affidato ai famigliari. Per questo motivo ho combattuto per fare in modo che a Genova, la mia città, nascesse , il Progetto “Assistenza Domiciliare”, attraverso una collaborazione tra le risorse della mia Associazione e quelle degli Enti Pubblici. Tale progetto si occupa in modo organico dei pazienti postcomatosi traumatizzati cranio-encefalici. con gravi disabilità cognitivo-comportamentali e motorie, dimessi dall’ospedale ed accolti a domicilio dai propri congiunti. L’obiettivo è stato di pianificare una serie di azioni, finalizzate alla formazione, educazione, supporto, assistenza e riabilitazione di questi soggetti e delle loro famiglie proponendo un intervento organico e sinergico tra Associazione , SSN ed Enti Pubblici, al fine di ottimizzare le risorse presenti sul territorio. Per affrontare efficacemente i problemi di gestione della cura domiciliare, è necessario attivare un’“alleanza terapeutica” rivolta alla cura del paziente, tra la famiglia, portatrice di bisogni e di risorse, e l’Associazione erogante i servizi di sostegno e cura del traumatizzato cranio-encefalico, con gravi esiti di coma. Lo stress cui è esposto il familiare, porta come logica conseguenza la necessità di aiutarlo durante tutto il percorso di malattia, attraverso l’istituzione di un progetto di intervento Educativo-Terapeutico-Educativo-Assistenziale domiciliare sul paziente e quindi sulla famiglia.La persona che si prende cura del malato (in genere si tratta di genitore, coniuge-compagno, figlio), è sottoposto a un logorio tale da compromettere la “qualità della cura” ed in qualche caso, da poter indebolire il potenziale di salute, la dimensione fisica, psichica e relazionale, del famigliare stesso. I famigliari sono coloro che arrivano a definire la dimensione psicomotoria del malato, attraverso la sua conoscenza, la consapevolezza della sua personalità premorbosa, delle sue caratteristiche, abitudini, del suo modo di esprimersi e di comunicare. Il nucleo familiare è in grado di tradurre in maniera comprensibile parole, segnali, gesti, frasi intellegibili ed umori del paziente, aiutandolo a riconoscere, accogliere, accettare le modificazioni fra il prima e il dopo. In tutto questo percorso nell’ambito del Progetto di assistenza Domiciliare, gli Operatori, con la propria competenza, concorrono ad una lettura della realtà, dei bisogni e delle risorse del paziente ed anche della famiglia ed allo stesso tempo i famigliari trovano in loro una “nuova famiglia” dalla quale vengono sostenuti nel duro percorso della riabilitazione. G I O R N ATA N A Z I O N A L E D E I R I S V E G L I 8 EMILIA ROMAGNA Gli amici di Luca si sono costituiti nel 1997 per provvedere, attraverso un appello alla solidarietà, alle cure necessarie per risvegliare Luca, ragazzo bolognese di 15 anni in coma per 240 giorni e purtroppo scomparso nel 1998. Dalla vicenda di Luca è germogliata una promessa: la nascita della “Casa dei Risvegli” a lui dedicata nell’area dell’ospedale Bellaria, un centro innovativo di riabilitazione e di ricerca, un progetto che nasce dal felice incontro tra l’associazione di volontariato onlus Gli amici di Luca e l’Azienda Usl di Bologna che lo gestisce. Al progetto sperimentale validato dalla Regione Emilia Romagna aderiscono il Comune e la Provincia di Bologna, l’Università degli studi di Bologna e molte preziose adesioni. Il centro, è diretto dal prof. Roberto Piperno (responsabile clinico dott. Loris Betti) ed è stato inaugurato a Bologna il 7 ottobre 2004 in occasione della sesta “Giornata nazionale dei risvegli per la ricerca sul coma- vale la pena”. Affiancato alla struttura Il Centro Studi per la Ricerca sul Coma, direttore Fulvio De Nigris, che nasce dal percorso di esperienza legato al progetto della “Casa dei Risvegli Luca De Nigris”, dove si prevede la necessaria integrazione fra competenze medico – riabilitative, psicopedagogiche, volonta- Gli amici di Luca innovazione e modello sperimentale riato formato e tecnologie innovative. La ricerca e lo sviluppo implicati nel progetto impongono non solo una forte transdisciplinarità all’interno del singolo gruppo di ricerca ma soprattutto una costante collaborazione tra gruppi di ricerca. L’associazione Gli amici di Luca svolge inoltre attività di informazione e sensibilizzazione sul tema, di formazione di volontari qualificati per aiutare chi si trova in condizioni di estrema difficoltà, per sorreggere le famiglie e lavorare insieme ad esse, per contrapporre una cultura della cura a una prassi dell’abbandono. Ha anche attivato da alcuni anni il servizio “Comaiuto” (numero verde 800 998067), che diffonde gratuitamente la rivista “Gli amici di Luca Magazine” e le guide per le famiglie edite da Alberto Perdisa grande sostenitore della nostra associazione e della Casa dei Risvegli Luca De Nigris. L’intenzione, anche attraverso la GIORNATA DEI RISVEGLI PER LA RICERCA SUL COMA – VALE LA PENA – 7 ottobre, giunta alla settima edizione sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, è quella di sensibilizzare il sistema sanitario nazionale per creare una rete di “Case dei risvegli” in Italia. Un determinante contributo a questo tema è dato dalla campagna sociale patrocinata da Pubblicità Progresso, testimonial l’attore Alessandro Bergonzoni. Il progetto della Casa dei Risvegli Luca De Nigris nasce nel 1998 dall’incontro fra una associazione di volontariato onlus, Gli amici di Luca, ed un’azienda sanitaria, l’Ausl di Bologna. La drammatica vicenda di Luca, un ragazzo bolognese di 15 anni che entrò nel cuore della città per l’appassionata iniziativa dei genitori e dei tanti amici, mise in luce la necessità di una diversa articolazione dell’offerta sanitaria nei percorsi di riabilitazione per il coma. Da qui, l’intenso lavoro svolto negli anni suc- cessivi dagli esperti dell’Azienda Usl insieme ai professionisti e volontari dell’associazione, con la collaborazione del Comune di Bologna, dell’Università degli Studi di Bologna e della società civile, ha progressivamente delineato un progetto innovativo che per la prima volta prende forma in questa struttura. Questa prima “Casa dei Risvegli”, dedicata al giovane Luca De Nigris, è un Centro ospedaliero di riabilitazione per persone in stato vegetativo o post vegetativo in fase postacuta con ancora un potenziale di cambiamento, ed è una tappa fondamentale dell’assistenza nell’ambito del percorso integrato della provincia di Bologna per gli esiti gravi o gravissimi di coma. Il modello di assistenza valorizza il ruolo centrale della famiglia, e la possibilità di una convivenza continuativa dei familiari con un ruolo attivo e consapevole permette di mantenere la relazione, i ritmi e riti della vita quotidiana. La collaborazione operativa fra l’Azienda USL di Bologna e l’Associazione Gli Amici di Luca consente la presenza di diverse figure professionali, non solo sanitarie, e di volontari organizzati e quindi una flessibilità della riabilitazione che non potrebbe esistere in una struttura tradizionalmente ospedaliera. e un laboratorio per migliorare costantemente le possibilità di risveglio e riabilitazione. CAMPANIA Gli amici di Eleonora una nuova associazione porta in Campania il seme della “Casa dei Risvegli” di Claudio Lunghini Associazione Gli Amici di Eleonora Il giorno 07 Agosto 2003 nasceva la ns. primogenita Eleonora, presso la Casa di Cura S. Luca di Caserta, clinica privata provvisoriamente accreditata dalla Regione Campania. Purtroppo il parto avveniva in situazione disperata, dopo una lunga sofferenza notturna, causata dalla totale assenza di medici e/o ginecologi presso la clinica. Alla nascita, la bimba era praticamente asfissiata, nonché assolutamente incapace di una autonoma respirazione. Conseguente era il ricovero presso l’Unità di Terapia Intensiva della A.O. S. Sebastiano di Caserta, diretta dal Dott. Luigi FALCO, Sindaco della Città. In quel reparto cominciava una lunga e drammatica battaglia tra l’equipe medica e la ns. famiglia sul tipo di cure di somministrare alla piccola; la situazione si presentava subito irrecuperabile, e fin dalle prime ore, mi premuravo di chiedere ai medici di non accanirsi su quel essere già martoriato dalla nascita, il tutto inutilmente. I medici procedevano con terapie intensive da noi ritenute “accanimento terapeutico”, costringendoci a trascrivere questa ns. valutazione sulla cartella clinica. Tutto ciò risultava inutile, perchè a ns. insaputa, i medici continuavano inutili trasfusioni e cure intensive al solo scopo di allungare la vita della piccola , comunque compromessa, certamente destinata a morte precoce. Pertanto incomprensibile risultava il comportamento medico, spiegabile solamente per allontanare la possibilità di una denuncia per omicidio colposo al medico ginecologo, responsabile del parto. Questa querelle durava per oltre 4 mesi, fino a quando riuscimmo a trasferire ns. figlia presso l’Ospedale Santobono di Napoli. In quel reparto, i Medici si limitarono alle cure previste dai protocolli medici, con l’ovvia conseguenza che la piccola moriva il 05 Gennaio 2004. Ovviamente il medico-ginecologo, Dott. PAGANO, che aveva seguito tutta la fase della nascita è stato denunciato e rinviato a giudizio. Il processo è iniziato il 25 Maggio 2006 presso la sez. di Caserta del Tribunale di S. Maria C. Vetere. Unitamente alla denuncia penale, abbiamo inoltrato una serie innumerevoli di istanze ( all’ASL CE 1 , alla Regione Campania, al Ministero della Sanità) per verificare se la Casa di Cura S. Luca e la stessa Unità TIN dell’A.O. S. Sebastiano erano in regola con le norme che regolamentano l’autorizzazione e l’accreditamento delle istituzioni sanitarie, pubbliche e private. Dalle verifiche fatte e dalle risultanze dell’indagine del SICS ( Servizio Ispettivo della Regione) è risultato che la Casa di Cura S. Luca è totalmente priva dei requisiti richiesti e per questo il reparto di assistenza al parto è stato chiuso. Ma anche la stessa TIN dell’A.O. S. Sebastiano di Caserta è risultata carente in tutti i requisiti minimi richiesti dalle leggi . Da questa verifica si evidenzia che il Dr. FALCO, Sindaco della Città, era l’Autorità competente per legge ad effettuare i controlli, ma conoscendo i problemi del reparto da Lui diretto, probabilmente ha colpevolmente omesso ogni controllo su tutti i tipi di struttura pubblica o privata esistenti in Città. Da questo ns. dramma, e dalla verifica delle carenze esistenti nelle strutture sanitarie, nonché delle difficoltà in cui si trovano le famiglie che vengono colpite da questi eventi, abbiamo ritenuto utile dar vita alla Onlus “ Amici di Eleonora” per promuovere anche in Campania, una “ Casa dei Risvegli” sul modello di quella realizzata a Bologna dalla Onlus “ Gli Amici di Luca” promossa dai genitori di Luca de NIGRIS, anche loro colpiti da un dramma simile al nostro. Ogni risorsa raccolta dalle iniziative messe in cantiere verranno investite in questo progetto. Il 1° marzo 2006 si è costituita a Napoli l’Associazione “GLI AMICI DI ELEONORA onlus”, gli scopi sociali sono la promozione e la realizzazione (almeno) di una “Casa dei Risvegli” dal coma in Campania e delle attività ad essa collegate. La casa dei risvegli dal coma è un centro post - intensivo per pazienti in coma e l’associazione si propone anche di sostenere le famiglie che attualmente sono costrette, da un’assenza totale di strutture in Campania, ad andare fuori regione. Essa si propone tra l’altro di costruire una collaborazione stabile, attraverso un apposita convenzione-protocollo, con l’associazione “GLI AMICI DI LUCA” di Bologna . I soci fondatori sono : Vincenzo Maddaloni, Claudio Lunghini, Alfredo Pietrolungo, Armando Masucci, Luca Mercogliano, Luigi Foggia, Domenico Crea, Alfredo Mazzei, Margherita Rocco, Elisa Cennamo, Vincenzo Di Cristo, Stefania Ranucci, Oronzo Caputo, Enrico Angelone, Gerardo Pagano, Cosimo De Vita. Nella seduta costituente è stata eletta Presidente Margherita Rocco e Presidente Onorario Armando Masucci, Coordinatore Regionale è Claudio Lunghini. L’associazione, prende l’avvio dall’azione di sensibilizzazione sul problema portata avanti sul problema degli “stati vegetativi e stato di minima coscienza” che si registrano sempre più frequentemente e che al momento non trovano dignitose risposte assistenziali in Campania. Il 21 Febbraio di quest’anno il Ministero della Salute ha reso noto il lavoro fatto da una commissione ministeriale di studio e ricerca sulla materia. Il documento, presentato dal Dr. Filippo Palumbo direttore generale della programmazione sanitaria, ha evidenziato la drammaticità della situazione in Italia ed in particolare nelle regioni meridionali come appunto la Campania. Attualmente nel Paese vi sono una decina di strutture realizzate, la principale è quella di Bologna. Nel corso della presentazione dei lavori della commissione il Prof. Placido Bramanti, direttore del Centro Studi Neurolesi di Messina e Vice Coordinatore della Commissione Ministeriale ha indicato alcune priorità in rapporto ai dati preliminari dello studio. “I pazienti in stato vegetativo rappresentano il 6% dei casi dimessi dalle Unità di Riabilitazione, di questi il 40% è rappresentato da patologie cerebrovascolari (ischemie od emoraggie), il 37% riconoscono una genesi ipotossica (per esempio a seguito di infarto del miocardio), il 22% una traumatica, l’1% è rappresentato da altre cause (patologie tumorali, infettive...). Integrando i dati presentati con altri presenti in letteratura, possiamo concludere che il numero di pazienti in stato vegetativo non è inferiore a 3,5 / 5 per 100.000 abitanti, pari a 2000-2500 pazienti a livello nazionale". Questo dato equivale ad una richiesta di posti letto in strutture dedicate pari a 3 o 4 per 100.000 abitanti. Nella sostanza in Regione Campania se ne dovrebbero prevedere almeno 30 o 40 posti letto. Da studi recenti sono stati individuati anche degli standard minimi per queste strutture post-intesive: da un minimo di 10 ad un massimo di 15 posti letto. A noi però più che “unità operativa” piace chiamarla “casa” perchè nell’ambito di essa si realizzano percorsi terapeutici dove si cerca di sensibilizzare “tutti i sensi”. Ad esempio: l’accoglienza dei familiari all’interno della stessa casa dove è preso in carico il paziente facilita, attraverso l’uso della cucina il “risveglio olfattivo” che rientra nel processo terapeutico, oltre chiaramente a tutte le altra attività riabilitative previste dai protocolli assistenziali. Nella sostanza la nostra associazione, ritiene che la fase riabilitativa acuta ospedaliera, con un livello riabilitativo di tipo intensivo, sia molto più efficace se condotta all’interno di aree meno caratterizzate dal punto di vista dei modelli assistenziali tipici dell’ospedale, ma più vicine al funzionamento di un domicilio. Questo è il modello di “casa dei risvegli” che la nostra associazione propone e promuove ed è uno degli aspetti innovativi appunto della casa dei Risvegli dal Coma Luca De Nigris di Bologna che l’ASL ha realizzato in collaborazione con l’associazione Gli Amici di Luca che da molti anni agisce a sostegno delle famiglie di questi pazienti. Ciò anche per evitare che la stessa famiglia si trovi impreparata ad accogliere il paziente nel proprio domicilio successivamente ad una dimissione, ed affinchè essa stessa possa consapevolmente giocare un ruolo riabilitativo e non si debba trovare ad un certo punto semmai dopo un anno, di fronte all’impossibilità di assistere un proprio familiare per l’impreparazione non solo tecnica ma anche emotiva. G I O R N ATA N A Z I O N A L E D E I R I S V E G L I 9 Confini invisibili con la Cineteca di Bologna una rassegna per le scuole I confini invisibili del titolo possono essere tanti, quello tra il bene e il male, fra il giusto e l’ingiusto, fra l’amore e l’odio… Possono essere quelli, che qui ci interessano, tra la vita e la morte. Un incidente stradale, così comune sulle nostre strade, e le sue conseguenze dolorose, l’impegno nel ricostruirsi la vita, sono mostrate in due film di giovani autori italiani, Come prima e Manuale del giovane zombie; un pittore/scrittore ora autore di videoclip, Tonino Casula, cieco fino ai trent’anni, mostrerà gli inganni della vista e della percezione visiva; e i cartoni animati di Walt Disney, così funzionali al puro divertimento di generazioni di bambini, possono rivelare, attraverso le enormi orecchie di Dumbo o la miopia di Mister Magoo, il fascino discreto della diversità: per far riflettere gli adolescenti sul fatto che un attimo di ebbrezza da velocità può avere conseguenze tremende e che non vale la pena, davvero. Questa rassegna cinematografica, organizzata dall’associazione Gli amici di Luca e dalla Cineteca, fa parte dell’ottava “Giornata nazionale dei risvegli per la ricerca sul coma – vale la pena” Cinema Lumiere , via Azzo Gardino 65, Bologna PROGRAMMA Proiezioni cinematografiche incontri e dibattiti per le scuole superiori ed elementari giovedì 12 ottobre ore 9.30 (per le superiori) USCIRE DAL COMA IL MANUALE DEL GIOVANE ZOMBIE di Davide Pernicano, 2003 Come entrare in coma, ma, soprattutto, come uscirne e vivere felici. Giovedì 19 ottobre ore 9.30 (superiori) ADATTARSI A UNA VITA MUTATA COME PRIMA di Mirko Locatelli, 2004 Andrea, 17 anni, su una sedia a rotelle per incidente di motorino: il suo ritorno a casa, il percorso di accettazione e consapevolezza suo e di chi gli sta intorno. giovedì 16 novembre ore 9.30 (superiori) VEDERE E SAPERE INCONTRO SULLA PERCEZIONE VISIVA Dialogo con l’artista Tonino Casula Proiezione della clip “Els vels de l’eclipsi” da una poesia di Jaume Pont, 16’ di Tonino Casula con musiche di Paolo Fresu giovedì 7 dicembre ore 9.30 (elementari) PER UNA NORMALITÀ CONDIVISA LA DIVERSITÀ NEL CARTONE ANIMATO antologia di cartoni animati di diversi studi americani, a cura di Carlo Mauro, docente all’Accademia di Belle Arti di Bologna Ogni film sarà presentato e discusso con gli studenti insieme con registi, docenti e testimoni. Info: 051/ 219 5309; [email protected] Organizzazione: Segreteria Organizzativa Manuale del Giovane Zombie in un film la storia di Matteo e la vita dopo il coma di Davide Pernicano Il titolo originale del filmato doveva essere “La vendetta dello zombie”. Nostra intenzione era vendicare un furto: dieci anni di vita rubati da una “leggera distrazione”, una di quelle che ognuno di noi si concede ogni tanto al volante della propria divinità a quattro ruote. “Accettiamo tutti tacitamente che la vita di un’altra persona possa essere stravolta da un momentaneo calo d’attenzione, un segnale stradale catturato solo per un attimo, con la coda dell’occhio e subito sfuggito alle spalle, prima ancora di capire che suggeriva di “dare la precedenza”. A questo pensavo ogni volta che vedevo mio fratello davanti al televisore per un pomeriggio intero. Su quel divano avevamo visto insieme a mamma e papà diversi telefilm, Hitchcock, qualche horror in bianco e nero, i primi cartoni animati giapponesi. Poi ognuno ha deciso di vedere programmi diversi e il divano rimaneva deserto per la maggior parte del tempo. L’incidente di Matteo ci ha costretti a ritornare su quel divano, a sfidare le leggi del tempo e della natura, a trovare interessanti i programmi “anestetici” della tv italiana… Da una parte un inno incessante all’apparenza sensazionale, alla velocità e al consumo, dall’altra un ragaz- zo passivo, inespressivo e con lo sguardo assente. Quello “zombie” era mio fratello, anche se io lo ricordavo brillante, capace di contagiare amici e parenti con la sua vitalità. Una sera abbiamo visto alla tv l’ennesimo “scoop” del “ragazzo riemerso improvvisamente dal coma grazie ad una voce registrata su un nastro”. Ricordo la rabbia di quella cena. Qualcuno avrebbe dovuto spiegare che non era così semplice. Matteo avrebbe voluto gridare che ci volevano mesi di terapia prima di tornare a fare un passo con le stampelle, “capitoli” interi di libri per bambini dovevano essere digeriti prima di tornare a pronunciare le parole più elementari. Volevamo raccontare qualcosa che potesse interessare tutti, perché gli incidenti stradali sono una sorta d’epidemia da cui nessuno è immune. Dovevamo “raccontare”, sfidando la tv con le sue stesse armi; era un’impresa folle per degli “autodidatti del video”, accecati, per di più, da una smania di testimoniare che avrebbe reso meno lucida la narrazione. Le riprese sono state estenuanti. L’inesperienza ci ha portato a registrare più di cento nastri da un’ora, che il montatore spesso giudicava inutilizzabili! Eppure questa battaglia contro i mulini a vento è stata un’esperienza straordinaria: saremmo pronti a ripartire domani. Matteo ha guadagnato una maggiore fiducia nelle sue capacità attuali ed ha potuto fare un po’ di luce su alcuni aspetti del trauma vissuto. Si è impegnato molto per interpretare al meglio se stesso ed ha dovuto scrivere, leggere, disegnare, camminare, recitare: finalmente ho rivisto deserto il divano… Abbiamo girato qualcosa tutti i giorni per circa un anno. Non sapevamo come concludere, come spiegare che questo era, in ogni caso, uno zombie fortunato, uno dei pochi che riescono a tornare alla vita “normale”, che per Matteo era il disegno, lo studio, gli amici. Per descrivere nel modo più realistico possibile questa situazione ho proposto a Matteo di affrontare la selezione per un vero corso di disegno: la sezione “cartoni animati” della Scuola di Cinema Televisione e Nuovi Media di Milano. Lui era scettico. Io ero sicuro che non avrebbe superato la prova pratica, dopo tutti quegli anni di inattività e, in ogni caso, il colloquio sarebbe stato proibitivo per le sue persistenti difficoltà espressive. Matteo, invece, è stato ammesso al corso e il prossimo sarà il suo terzo ed ultimo anno, quello del diploma. Il filmato è poi stato proiettato in alcune scuole, ha partecipato a molti festival ed ha ricevuto diversi riconoscimenti, ma il premio che più mi ha emozionato rimane la comunicazione che mio fratello aveva superato le prove di ammissione alla Scuola di Animazione… COMUNICARE IL COMA 10 Un osservatorio per la salute a partire dal coma un’iniziativa innovativa per l’Italia di Davide Simoni Il percorso della carta di impegni “Comunicare il coma” prosegue. Già questa è una ottima notizia. E’ un luogo comune nel giornalismo che questo tipo di impegni, di natura deontologica, rimangano spesso sulla carta. Invece prosegue il percorso, iniziato un anno fa durante la Giornata dei Risvegli, e prosegue nel modo che si era auspicato, con l’attivazione di un osservatorio mediatico all’interno dell’Università di Bologna. grazie a due borse di studio finanziate dall’associazione “Gli amici di Luca”. Facciamo un passo indietro: che cos’è Comunicare il Coma? E’ una carta di impegni, un documento in cui diversi soggetti che si intendono di giornalismo, di coma, e di buone pratiche di cura, uniscono le loro competenze e cercano di migliorare il sistema dell’informazione sulla salute. In che modo? Fissando delle regole di correttezza professionale per la comunicazione del coma. Senza inventarle, ma ribadendo principi che fanno già parte del nostro ordinamento giuridico e della deontologia del giornalismo. Contestualizzandole all’oggetto dell’informazione, cioè la persona in coma, la sua famiglia, le persone che l’assistono e il luogo dove è in cura. Un altro modo di scrivono bene!”, ma si chiede un conrispondere è: cercando di educare gli fronto, e si offrono strumenti per comunioperatori dell’informazione con consigli care meglio. pratici per la redazione e diffusione di Per rafforzare il valore di Comunicare il notizie sul coma. Per quale motivo? Per- coma diventa fondamentale un meccaniché una non corretta informazione della smo di “controllo di qualità della buona salute ha conseguenze pratiche molto informazione”. Ciò richiede un monitogravi. Per qualunque logica di corretto raggio costante su base scientifica e un processo assistenziale. Tanto più nel caso riconoscibile grado di competenza e terdel coma, che non è una malattia da cui ci zietà, rispetto alle imprese editoriali e al si possa vaccinare, ma un evento improv- pubblico. viso ed imprevisto. Quindi, bisogna Su queste basi nasce l’idea di attivare ripensare la comunicazione della salute: i l’osservatorio mediatico universitario, media non devono soltanto stupire, anche già proposto nella carta di impegni. Un se questo fa parte della loro natura. Non a gruppo di lavoro formato da docenti, caso le locandine fuori dalle edicole si ricercatori e studenti che monitorerà un chiamano “civette” (“le civette attirano campione del sistema informativo (quotigli allocchi”). I media devono informare, diani, periodici, Internet e televisioni). Si proporranno a cadenza semestrale analisi sapere raccontare e spiegare. Ora veniamo al presente: scritta e diffusa e indicazioni, ovvero consigli utili per la carta Comunicare il coma, bisogna fare migliorare la comunicazione della salute, e in specifico la in modo che sia notiziazione del rispettata. Non si coma. Inoltre, l’attipossono tagliare le vità sarà costantemani di chi ne mente consultabile infrange lo spirito, on-line, al sito per molte buone www.comunicareilragioni: soprattutto, coma.it. perché il fine dell’iE’ un’iniziativa niziativa non è coerinnovativa per l’Itacitivo, ma collabolia, dove il monitorativo. Non si fa una raggio viene esercicampagna pubblicitato da autorità di taria in cui si dice: Claudio Santini garanzia, come “No ai giornali, non esecutivo ordine nazionale dei giornalisti l’Agcom, o dalla stessa categoria, con evidenti lacune e problemi strutturali: i giornalisti non possono leggere tutto, non possono sempre sapere cosa pubblicano gli altri; pertanto, riportando le parole di Claudio Santini, Consigliere Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, “un osservatorio che possa svolgere questo lavoro è di grande aiuto. Noi stessi auspichiamo che il giornalista sia responsabile e competente e approviamo iniziative che possono aiutarci.” E’un’iniziativa innovativa per l’Italia, ma che ha già precedenti in altri paesi europei e negli Stati Uniti, dove il controllo dell’applicazione delle regole deontologiche viene tradizionalmente affidata ad apparati esterni indipendenti alla categoria giornalistica e all’ordinamento statale. E’ un’iniziativa innovativa per i soggetti che coinvolge: oltre ai professionisti dell’informazione, interessa direttamente un’associazione impegnata sul campo, Gli Amici di Luca, e l’Università di Bologna, con la sua autorevolezza, indipendenza ed energia (anche potenziale, di coloro che si stanno formando per accedere alla professione). Un osservatorio mediatico competente, a servizio e uso dei consumatori, può dare voce alle critiche che servono per migliorare i media. Il suo valore non si esaurisce nello specifico, ma diventa un precedente per altre fondamentali campagne sociali. Il sostegno del servizio pubblico di Carlo Romeo Direttore responsabile del Segretariato Sociale Rai La nostra organizzazione sostiene un'iniziativa come “Comunicare il Coma”, perché compatibile con il nostro spirito. Rientra nella nostra mission dare vita e promuovere iniziative sulle tematiche sociali sia all'esterno che all'interno della programmazione radiotelevisiva e multimediale, anche in collaborazione con le associazioni e le istituzioni preposte, con l'obiettivo di sviluppare la massima attenzione del pubblico sulle problematiche della comunità. La nostra azione di promozione del documento si esplica, in primo luogo, dandone la più ampia diffusione possibile agli operatori della comunicazione del servizio pubblico italiano. La salute interessa molto il pubblico, sotto molti aspetti. La difficoltà per gli operatori dell’informazione è quella di essere quanto mai corretti ed esatti in un contesto in cui non sempre, anche con la migliore buona fede del mondo, questo è possibile. Il coma per esempio è un tema molto difficile da trattare in televisione. E’ un tema delicato, cui ci si avvicina con molta attenzione, e questo non credo sia un male. Quando questa attenzione diventa un alibi per non occuparsene, però, le cose cambiano. Occorre ripensare il mondo della comunicazione e della informazione sulla salute nel suo complesso. Non bisogna sottovalutare inoltre la forza delle novità che ci sono offerte dalla rivoluzione in corso nei media. Con il web ad esempio è possibile sapere praticamente in presa diretta se un centro ricerche dall'altra parte del mondo ha scoperto o sperimentato qualcosa di nuovo. Insomma, il web consente di andare direttamente alla fonte. Non è poco. COMUNICARE IL COMA 11 Rete Italiana Città Sane l’associazione dei comuni diffonde la “carta degli impegni” genere, che hanno una lunga vita davanti. Dobbiamo prepararci a vivere come una ricchezza questa possibilità che tutti abbiamo, nello stesso tempo rispettando nel profondo le esperienze che vengono fatte”. Giuseppe Paruolo, assessore alla sanità e comunicazione del Comune di Bologna e Presidente dell’Associazione Rete Italiana Città Sane-Oms, risponde al alcune domande. - “Comunicare il coma”, un modello da seguire? “E’ importante l’idea, è importante il modello, è importante la traccia che questa carta di impegni segna, perché il coma è una situazione di assoluta delicatezza e in questo senso è giusto avere un sovrappiù di attenzione per quel che riguarda le persone coinvolte in questa avventura. Nello stesso tempo è un impegno che si potrebbe applicare e cercare di portare in tante altre situazioni in cui persone vivono problemi di tipo sanitario. Persone che vogliono che questi problemi non diventino occasione di discriminazione o comunque di disattenzione nei loro confronti. Quindi, credo che la validità della carta vada oltre il tema del coma. Credo che sia una regola per cercare di affrontare un tema specifico, che si possa portare in tutta un'altra serie di casi”. -Un’idea comune. che coinvolge direttamente il lavoro della Rete Italiana città Sane che lei presiede. “Credo che il nostro sostegno a questo progetto, come Associazione Rete Città Sane, sia naturale perché molto vicino all’idea di salute che cerchiamo di fare nostra; legata allo sforzo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità sta facendo per promuovere l’idea di una salute per tutti; per passare dal concetto che divide il mondo in persone sane e persone malate a un modo più moderno di vedere la salute, come un bene a disposizione della collettività e delle singole persone. E in questo senso, la Carta “Comunicare il coma” merita di essere promossa con gli strumenti che abbiamo a disposizione, perché è educazione della categoria giornalistica. Il mondo non si divide in malati e sani, ma ognuno ha una serie di limitazioni con cui deve fare i conti, che sono diverse da persona a persona, e che dipendono dalle differenti avventure personali. Abbiamo avuto una serie di passaggi positivi per costruire una nuova cultura su questi temi: la Legge sulla Privacy ha rappresentato un passaggio importante. Il rischio è che si faccia comunicazione aderendo ai principi ma eludendo di fatto la legge. Ma uno sforzo deve essere fatto: bisogna riportare l’attenzione all’aspetto deontologico, adottare con precisione definizioni che non siano sbagliate e che non generino stigmi sulle persone a cui vengono applicate. Noi, come Associazione Rete Città Sane, siamo una rete di città. Credo sia importante mantenere questo aspetto di “municipalità che si mettono insieme” per condividere esperienze che vengono fatte in luoghi diversi su temi analoghi. Attraverso sforzi - Qual’è l’obiettivo della Carta “Comunicare il coma”? Giuseppe Paruolo comuni come possono essere le giornate mondiali o attraverso occasioni in cui insieme ad altri enti ci richiamiamo a un attenzione, così come la Giornata dei Risvegli per la ricerca sul coma del-7 Ottobre”. “Il progetto della Casa dei Risvegli Luca De Nigris è un modo di sublimare un dolore, volgendolo in positivo. Costruendo le condizioni per cui quella che sembra un’esperienza personale con aspetti dolorosi possa essere vissuta in modo diverso da altre persone. Così la Carta “Comunicare il coma” è un modo per generalizzare a beneficio di tutti questioni che tanti hanno vissuto leggendosi; essendo trattati sui mezzi di comunicazione con un attenzione tesa unicamente al sensazionalismo, per le persone, per la verità delle cose, nei giudizi. A partire da questa esperienza negativa, si cerca di costruire condizioni per cui si affermi una capacità di guardare le cose in modo diverso, per una nuova cultura. Se noi ci pensiamo questo percorso ha riguardato tantissimi aspetti che oggi sembra di dare per scontati; dove qualcuno ha sofferto e poi ha lavorato per impedire la sofferenza di altri. Dal tema del rispetto di etnie diverse, che in alcuni luoghi del mondo è tutto da superare, al femminismo, al tema dei diversamente abili, degli handicap fisici, per cui oggi si tenda a parlare di diversabilità. Il coma si inserisce in questo percorso. Merita il rispetto che un’esperienza così vicina alla morte deve avere, deve meritarsi. Questo documento non deve avere la pretesa di iniziare una rivoluzione copernicana, ma è un sasso lanciato nello stagno: deve avere il preciso effetto di creare un clima nuovo. Per cui coloro che avranno a che fare con questo tipo di problema potranno fare riferimento a questo tipo di riflessione, che è stata offerta loro”. - C’è un rapporto diretto tra Bologna e la Casa dei Risvegli Luca De Nigris? “C’è un attenzione importante su aspetti della solidarietà e della salute che Bologna ha nella sua tradizione. E viene rinvigorita da iniziative come la Casa dei Risvegli Luca De Nigris, un classico esempio di collaborazione virtuosa tra pubblico e privato. Da un lato c’è la storia di persone fisiche che sono passate da una sofferenza personale e sono riuscite a metterla al servizio di un progetto più ampio, che va incontro alle sofferenze di altri. Dall’altro ci sono istituzioni che hanno dato le gambe a questa idea, con un impegno economico significativo. Finita la casa, fatta e avviata, ci si è resi conto che queste attività di educazione del modo di fare giornalismo sono necessarie. Sono il segno di una volontà, di una battaglia culturale che non si ferma agli aspetti di aiuto sanitario concreto ma che va a incidere sulla nostra capacità di pensare gli eventi. La capacità della medicina di dare speranza a un maggior numero di persone, rispetto a pochi anni fa, metterà sempre più di fronte a casi di persone passate per esperienze di questo Pagine a cura di Davide Simoni - www.comunicareilcoma.it LETTERE 12 Grazie alla Casa dei Risvegli anche in Friuli Venezia Giulia auspichiamo la nascita di un centro di eccellenza Pordenone: 12 / settembre / 2006 Siamo i genitori di Alessandro, un ragazzo di 21 anni che si trova in stato di minima coscienza, da quasi un anno dopo circa due mesi di coma, subentrato causa incidente stradale. La nostra esperienza alla “ Casa Dei Risvegli Luca De Nigris” è durata quasi nove lunghi mesi, sono stati intensi di lavoro, ma anche di condivisione con tutte le persone che operano e famigliari che vivono in questa struttura. L’ambiente è molto accogliente e spazioso, ci si sente in una grande famiglia allargata, dove tutti sono ben disposti ad aiutarti, ma soprattutto ad ascoltarti. Oltre agli operatori che si prendono cura dei pazienti, ci sono operatori che ci pensano anche ad aiutare i famigliari……. Cosa molto importante. Con il nostro bagaglio pieno di entusiasmo accumulato durante i mesi trascorsi alla “ Casa Dei Risvegli Luca De Nigris”, arrivati a Pordenone già dal secondo giorno iniziamo a scoprire che il nostro entusiasmo era solo “ FANTASIA” e da quel momento abbiamo capito, che tutti i nostri sacrifici si stavano sciogliendo come neve al sole!!!!!! Da quel momento è iniziata la “lotta” tra noi e l’ASS di Pordenone, dopo un mese circa dal rientro qualcosa si sta muovendo per assicurare ad Ale ciò di cui ha bisogno e che l’ASS CI AVEVA GARANTITO!!!!!!!!!!!!! Il Friuli Venezia Giulia è una regione autonoma dove il modello di vita ci viene invidiato dall’Europa, e non si guarda all’importanza del ruolo della sanità di cui il bisogno è sempre più grande e dove nel nostro caso specifico non esistono strutture adeguate per il recupero di traumi gravi neurologici!! La nostra aspettativa è di poter creare una struttura, e formare del personale dove vengono assistiti i pazienti con patologie gravi quale il nostro caso, per non dover recarsi al trove . Un ringraziamento va a TUTTA la “Casa Dei Risvegli Luca De Nigris “ per l’accoglienza, la disponibilità, la professionalità, ma soprattutto l’UMANITA’ dimostrataci, non dimenticheremo mai!!!!!! “ LA PIVETTERIA” Loredana, Alessandro, Tatiana, Giancarlo Gli amici di Alessandro Un forte pensiero positivo per scoprire la semplicità e la purezza delle cose “Una semplice stampa che raffigura l’amore in tutto il suo ‘bene o male’ fatta ai tempi della scuola (con il mio Alessandro) per dirvi: GRAZIE!!” Queste sono le parole che trovo scritte all’inizio della lettera di accompagnamento ad un dono ricevuto: un piccolo quadro che ci ha inviato Lisa, giovanissima ragazza, legata da un grande affetto ad Alessandro, che è stato con noi alla Casa dei Risvegli per sette mesi, fino a metà luglio scorso. L’incontro con il coma nella persona del suo ragazzo, per lei, ci dice “è dolore… rabbia… solitudine… malinconia…, ma anche un mondo pieno di sensazioni … emozione… sentimento… è un qualcosa di semplice che ti fa vivere tutto sotto occhi diversi con la semplicità e la purezza delle cose” Ancora più avanti nella lettera scrive “Grazie della forza che ci mettete ogni giorno” Le parole di Lisa mi hanno colpito molto, perché sono profonde, perchè in esse il suo grande dolore per il male che ha colpito il suo Alessandro è quasi trasfigurato dalla percezione che in questa difficilissima situazione si può cogliere la semplicità ed essenzialità della vita. Noi, che alla Casa dei Risvegli abbiamo conosciuto Alessandro e la sua splendida famiglia, lo pensiamo adesso, nella sua nuova situazione a casa, impegnato nella difficile ripresa di una vita il più possibile “normale”; ma soprattutto, affiancato dalla mamma Loredana, dal papà Giancarlo e dalla sorella Tatiana e accompagnato dai tanti amici che lo circondano fra cui Lisa, impegnato in un percorso di recupero e di miglioramento che ha iniziato e portato avanti alla Casa dei Risvegli. In questo percorso credo che tutti coloro che lo amano vivranno momenti di rabbia…dolore… solitudine…, ma anche la ‘grande forza’ che Lisa ha trovato in noi e che noi abbiamo visto in loro. Credo veramente che sia una somma di forze che possa consentirci di andare avanti in questo cammino così impegnativo: quella che cerchiamo e dobbiamo trovare ognuno dentro di noi e quella che ci viene dall’esterno, da tutte le persone che si impegnano nell’affiancarci nella situazione tanto complessa e dolorosa che siamo stati chiamati ad affrontare. La forza che circola alla Casa dei Risvegli nasce proprio dalla somma di esperienze, ormai molteplici, di tante famiglie che sono passate di lì e che hanno lasciato una traccia indelebile non solo nel ricordo, ma anche nella realtà stessa di questo luogo. A tutti , cominciando da Alessandro, il mio ‘forte pensiero positivo’, di trovare insieme sempre il coraggio di andare avanti e scoprire insieme “la semplicità e la purezza delle cose”, come ci scrive Lisa. Maria e Gli amici di Luca LETTERE 13 Affermare una cultura del coma Ringraziandovi per l’attenzione dedicata alla paginetta scritta sul coma mentre seguivo la malattia di mia moglie, paginetta lasciata poi sia alla “Casa di accoglienza Guglielmi” che all’ospedale di Montecatone, con la speranza che possa essere di aiuto a chi si trova in condizioni analoghe, ho pensato di aggiungere una premessa per comprenderne meglio il senso che l’ha ispirata. “Cosa fare quando si assiste una persona cara in coma? Quando i medici, pur impegnati sul piano clinico, ti sanno dire soltanto: “Ha fede? Preghi” e non ti danno un’indicazione sulle cose da fare nell’attesa di favorire il ritorno alla coscienza del paziente? Nella vicenda che mi ha visto, con mia moglie in coma, inseguire la speranza del risveglio dal coma dalla rianimazione dal Sud al Nord, ad un certo punto, le uniche indicazioni utili sugli atteggiamenti da seguire nei pochi minuti che si trascorrevano in rianimazione, mi sono venute da internet ed in particolare dal sito degli “Amici di Luca”. Allora la “Casa dei risvegli” era ancora un grande progetto. Mentre mi trovavo a combattere la mia battaglia, purtroppo, mi accorsi che il punto più debole degli interventi sull’ammalato in coma era proprio l’ “ascolto”; ascolto che non poteva essere solo fisico ma soprattutto del cuore e degli occhi: perché le persone in coma hanno solo due canali di comunicazione con l’esterno: gli occhi ed il cuore. Due canali, questi, che gli operatori (medici, infermieri, fisioterapisti) tranne qualche rara eccezione, lasciano fuori e ritengono privi di efficacia. Si tratta di affermare una “cultura del coma” che ancora è lontana dall’essere diffusa. Quando si diventa, lungo questo percorso, una cosa sola con il congiunto, allora è il momento che ci si ritrova dall’altra parte, dalla parte di chi, in coma, tenta faticosamente di riemergere di mettersi in contatto con l’esterno; ed allora si cerca di ricostruire un “codice” per comunicare: un codice nuovo, poco convenzionale, che i medici spesso definiscono pura fantasia. Ho avuto la fortuna di seguire il risveglio di mia moglie, anche se l’esito finale, comunque, non è stato positivo. Le insidie della rianimazione, a volte, si rivelano determinanti. Nel corso degli ultimi mesi di permanenza a Montecatone ho scritto la pagina che Claudia Gasperina, la responsabile della “Casa di accoglienza Guglielmi”, per una singolare coincidenza vi ha sottoposto. E’ un segno del destino, io volevo inviarvela quando l’ho scritta, anche per ringraziarvi per avermi messo sulla strada per capire la condizione di chi si trova in coma ed i problemi che deve affrontare chi, accanto a lui, spesso in solitudine, vive questa situazione che va al di là delle possibilità umane. “Se immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede; sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade che facilmente a chi ha perso tutto, di perdere anche se stesso.” La frase che appartiene a Primo Levi in “Se questo è un uomo” mi lasciò il segno dopo averla letta su un foglio affisso alla parete dello studio del Servizio di psicologia di Montecatone, la cui responsabile, Daniela Rossetti, con le colleghe Norma Mazzoli e Flora Morara, rappresentava un importante punto di riferimento e di supporto per i parenti degli ammalati. E’ stata come una rivelazione, un richiamo alla condizione di quanti lasciano dietro di sé tutto ( affetti, lavoro, radici) seguendo un congiunto in condizione di coma o di grave perdita dell’autonomia. L’attesa di giorni, di mesi, a volte di anni dietro la porta di rianimazione è un’esperienza che segna per la vita, se si riuscirà a sopravvivere. C’è anche, infatti, chi non ce la fa. Un richiamo, quello di Levi, che diventa drammatico quando gli eventi non si concludono nella maniera sperata. Ma tutto fa parte di un ruolo e di una condizione, quella dei parenti dei pazienti, che è sempre scomodo negli ospedali, a qualsiasi latitudine ci si trovi, ma che costituisce anche l’indispensabile strumento di collaborazione per la ripresa, quando è possibile. Ma la strada è quanto mai difficile: non a caso nascono iniziative come quella dell’Associazione “Gli amici di Luca” e della “Casa di accoglienza A. Guglielmi”, per iniziativa o di chi ha provato, da familiare, quel grande senso di solitudine e di impotenza, o di chi ha potuto condividere da vicino le sofferenze. Ma rimane sempre fermo l’elemento centrale, che è l’ammalato che giace immobile, senza espressione, con la sua umanità che rimane chiusa dentro quel corpo, in apparente condizione di sospensione della coscienza.” Ovviamente a Voi rimane ogni possibile valutazione ed opportunità di utilizzo. Grazie ancora per l’attenzione e per quello che mi avete dato quando mi trovavo in condizione di “bisogno”. Cordiali saluti Giuseppe Mazzù Imola 04/07/06 Grazie Giuseppe per la premessa e la “paginetta” che qui sotto pubblichiamo. Un messaggio che arriva dove deve arrivare e che ci aiuta a porci continue domande... Il linguaggio dei comi Sono pura umanità gli ammalati quando giungono all’ospedale, in coma. Immobili, stretti da legacci invisibili, mani e piedi, senza sorriso e senza pianto. Con lacrime che sgorgano solo per comunicare, da occhi che, da soli, esprimono tutti i sentimenti. Sono esseri umani la cui voce rimane prigioniera nelle trappole dei muscoli disconnessi. E’ come se la ragnatela di nervi si fosse tutta confusa. E la parola non segue il cervello, e il movimento non segue il comando. Ma tutto sta all’interno del corpo e della mente, senza che fuori giunga neanche l’eco di quel drammatico grido che rugge dentro il corpo immobile. Per tre volte sono stato svegliato da questo grido: un grido di dolore e di rabbia. Fin quando un mattino la voce, finalmente, ha trovato la forza e la via per uscire dalle labbra appena socchiuse, con rabbia, con veemenza: “rispondetemi, rispondetemi!” Un grido al quale siamo stati tutti sordi, parenti, medici, infermieri. I primi perché non capivano, gli altri perché non ascoltavano. Ma l’ammalato in coma è pura umanità, custodita in un guscio di sofferenza e d’impotenza. Ha estremo bisogno di ascolto per ricollegarsi col mondo. Ma non bisogna mai dimenticare che si tratta di una persona con un nome, un cognome ed un’identità che non può venire trascurata o mortificata. Eppure, appena si varca la soglia dell’ospedale, sembra che la parola “umanità” acquisti altri significati. Si tolgono gli abiti e la persona diventa “nuda umanità” come Cristo in Croce quando implora “Padre mio perché non mi ascolti”! L’essere umano diventa “paziente” magari “posto al centro dell’interesse” come recitano tante belle affermazioni delle quali, a volte, l’eco si disperde nelle sofferenze delle corsie. Spesso nessuno tenta di “ascoltare” il suo sguardo allarmato allorquando si avvicinano ombre “armate” di flaconi, bottiglie e siringhe: un grido che non ha il suono della voce ma l’intensità di uno sguardo colmo di lacrime, che spesso non sgorgano, legate anch’esse da legacci invisibili a pupille a volte apparentemente spente, a volte vivaci. E’ atroce parlare con gli occhi mentre nessuno ti ascolta, perché l’ascolto è sinonimo di orecchi ma per gli ammalati l’ascolto è sinonimo prima di occhi. Il battere di ciglia può rappresentare un grido di dolore o un’espressione di affetto; due occhi che si chiudono un grande messaggio di amore, d’intensa emozione o la chiusura desolata al mondo esterno che non ascolta. Chi potrà mai scrivere un dizionario del linguaggio di chi, in coma, viene considerato, un vegetale, ma invece è un essere che mantiene intatta tutta la sua carica di umanità, la sua intelligenza e la sua identità, la sua cultura, non avendo il male “formattato” il cervello? Intanto, dall’interno della sua prigione corporea, l’ammalato si vede circondato da un mondo di sordi che, presi dall’impegno primario di guarire il corpo, a volti dimenticano che in esso è rinchiusa, in una prigione senza cancelli, un’anima: una ricchezza di sentimenti e di affetti che cercano la strada per uscire all’esterno, magari racchiusi in una sola lacrima che riga il volto immobile e senza espressione. Una lacrima, che molti giudicano casuale, ma nella quale, colui che vede col cuore oltre che con gli occhi, legge tutta la struggente disperazione di chi comunica solo così con i propri cari e col mondo. Giuseppe Mazzù (Palmi) MI RICORDO DI TE 14 Sarai per sempre un grande papà uno studente dell’Istituto Trescore (Bergamo) racconta la sua storia di Andrea Savoldi Squilla il telefono, è sicuramente il papà; partito come al solito per lavoro all’estero si trova in Repubblica Ceca. Ci parla mamma, poi mi riferisce che no sta tanto bene, e che perciò prenderà l’aereo e tornerà a casa l’indomani. Strano, aggiunge, non è mai successo in tanti anni che Luigi chiamasse perché non stava bene e tanto meno che tornasse a casa prima di concludere il proprio lavoro. La sera dopo il taxi lo lascia davanti al cancello, felice corro ad aprirglielo: lo centra in pieno, c’è qualcosa che non va; così fa anche con la porta di casa “Domani se non è passato andiamo al pronto soccorso” dice mamma. La notte passa tranquilla –non è nulla di grave- penso, prima di addormentarmi. Il giorno dopo mio padre viene ricoverato in ospedale: emorragia celebrale. Esami ed esami, si scopre ciò che nessuno si aspetta, ciò che tutti cercano di fuggire, ciò che capita, senza un perché, ed è spietato, colpisce tutti, non facendo distinzione: tumore. Sì, dalla tac risulta che in testa ci sono delle metastasi, presso il cervello. Subito un esame più accurato trova l’origine del male al rene. Non ci si può far nulla , ora; bisogna aspettare il primo intervento. Siamo nel periodo Natalizio, e lui è all’ospedale. Il due gennaio ha l’intervento alla testa, per pulirla dei grumi di sangue e delle metastasi. I dottori son pessimisti, si rivolgono a mia madre dicendogli che non ce la farà. Il risultato dell’intervento, durato circa sei ore, è oltre ogni aspettativa: mio padre riprende alla grande, stupendo tutti i medici, e aumentando la speranza nel mio cuore. In attesa della seconda operazione, che gli asporterà il rene, il tumore si accresce, raggiungendo i polmoni e intaccando l’altro rene. Ventisei febbraio, dieci giorni dopo il suo cinquantesimo compleanno, quattro ore di intervento fanno sì che l’organo causa del suo male venga asportato. Purtroppo il tumore non vuole fermarsi e continua a crescere; si alternano momenti in cui pare migliorare ad altri in cui la condizione non è delle migliori. Alti e bassi, per un anno, fino a giungere, la primavera seguente, ad un punto in cui la degenerazione del suo stato è incontrollabile. Giungo, e si trova a letto, senza più riuscire ad alzarsi, a mangiare. Ha bisogno di sostegno 24 ore su 24, mia madre non lo ha mai lasciato solo per due anni, e ora è al suo fianco tutto il giorno. Spetta a me sistemare la casa, fare la spesa, a volte cucinare (ma per fortuna di rado: non son un granché ai fornelli). Fortunatamente la scuola è finita, e, nessuno sa come, i risultati mostrano per il terzo anno consecutivo che sono il ragazzo del mio anno con la valutazione migliore. Papà, a fatica, riesce ad andare a scuola per leggere il nome di me, suo figlio, affiancato da una pagella invidiabile; lui, mamma e nonni; l’emozione è grande, son commossi. Passano pochi giorni e la situazione si fa più grave. Inizia a perdere a momenti la ragione…il corpo è esile, troppo esile, mangia a flebo. Gli viene affian- cato un infermiere che viene a casa. pre son stato calmo, senza troppo penHa bisogno di qualcuno per ogni sin- sarci…ma ormai l’unico mio desiderio golo movimento, è alle dipendenze era che morisse, perché mia madre era degli altri. All’anniversario di matri- un anno e mezzo che non viveva, così monio, che è vicino al compleanno di la nostra vita era diventato un brutto mia madre, mi dice di comperarle una incubo, da cui volevo svegliarmi, senza catena d’oro, che poi mi avrebbe paga- di lui, ma senza vivere quel momento. to. Così corro dall’orafo, e faccio come Salgono le scale, aprono la porta: è mi ha detto. Arrivo a casa, e lo trovo in mia zia “Andrea svelto, vieni giù, papà uno dei suoi momenti di lucidità, dice non sta bene” mi alzo di scatto dal di chiamar mamma che è fuori a fuma- letto, ancora un po’ assonnato, metto re, così le da il pacchettino: gli occhi le ciabatte e scendo le scale: tutti son lì della mamma in lacrime, e anche quel- sul letto, mio nonno e mia nonna li del papà: un’immagine che mai paterni, mia zia, mia madre…arrivo e scomparirà dalla mia mente. Mia vado al suo fianco, il respiro di lui è mamma ora mi chiama ogni qualvolta affannoso, lento…lo prendo tra le mie il papà è lucido, ma ormai non riesce braccia “ti voglio bene papà”, ultimo più a parlare, fa solo dei flebili versi, e respiro, ultimo battito. Tutti in lacrime, con gli occhi spalancati lascia traspari- io ancora una volta resisto. Esco dalla re difficilmente emozioni; l’unica cosa camera correndo, vado in giardino -è di cui si ciba son i ghiaccioli. È dome- finita- penso tra me e me…gli occhi si nica pomeriggio, il 17 luglio. Lo tra- fanno lucidi, e per la seconda volta in diciannove scorro con mesi piango. Camilla, la Con mio ragazza che cugino vado ho conosciua scegliere la to nel dicembara, mentre bre dello arrivano a stesso anno sistemarlo in cui mio quelli delle padre si è onoranze ammalato, e funebri. Il con cui mi funerale è son messo mercoledì dal 25 genpomeriggio. naio seguenUna marea te: mi ha di gente va e accompagnaviene per la to per tutto casa in quei q u e s t o tre giorni, il tempo, con giardino la tutto il suo Una foto di Andrea da piccolo con suo padre sera è pieno: amore; credo troppe persia stata la sola cosa che mi ha permesso di conti- sone che non conosco, tante persone nuare a vivere, senza di lei non ce l’a- che gli vogliono bene. Scrivo un breve vrei fatta. In questo lungo periodo, ho discorso da leggere in chiesa, penso sia pianto una sola volta, e me lo ricordo il minimo che possa fare. Arriva il ancora: era un mercoledì sera, solo in giorno del funerale, esco dalla porta di camera son scoppiato: mai fino ad casa e la siepe mi copre la vista della allora una lacrima aveva bagnato il gente presente in strada…sono allemio volto, mai avevo perso la speran- gro, o così sembro. Prendono la bara e za, mai avevo creduto che il peggio si la portano fuori dal cortile: davanti a sarebbe potuto verificare; dopo tornai me si presenta un fiume immenso di normale, quello di sempre, un misto di gente, e scoppio in lacrime; i suoi amici sofferenza, racchiusa dentro come in si sono organizzati per non far sì che prigione, che non volevo esternare, venga portato in macchina, ma sulle per non farmi vedere debole, e di loro spalle; a gruppi di quattro si altergioia, amore, per quella fanciulla, per nano fino in chiesa. Il rito si conclude, mia madre, per lui. Questo mi ha con- tocca a me, salgo sull’altare e ringrazio dizionato parecchio, impedendomi di i presenti per poi leggere quelle piangere quando lo volevo: trattenere poche righe che ho scritto: tutto dentro di me è stato uno dei miei “Non è del dolore che ci unisce qui errori più grandi, ma non volevo che oggi che vorrei parlare…bensì di quello che mio padre ha donato a tutti noi, soffrisse nessuno a causa mia. Così, quella domenica pomeriggio la un insegnamento unico: la speranza di trascorro con Camilla: quanto è fanta- riuscire a vincere la sua malattia non stica, quanto la adoro, mi fa star pro- gli è mai mancata, nemmeno gli ultimi prio bene, è incredibile, non so come minuti; la sua voglia di vivere, la sua faccia. La sera va a casa. Mi addor- battaglia per la vita non può che farci mento dopo aver salutato mio padre, riflettere quanto questa sia importante. senza avergli dato attenzione per quel Dobbiamo fare tesoro dei suoi insegiorno, o meglio, in quel periodo cer- gnamenti, ed io in particolare, vorrei cavo di stare con lui il meno possibile, ricordare il suo sorriso, la sua voglia di non riuscivo a star li con lui, a vederlo scherzare che lo hanno accompagnato star così male. Dormo, tranquillo, per tutta la sua vita ed in particolare in come sempre...ogni giorno di scuola questi ultimi diciannove mesi…mi potevo ricevere la chiamata che lui mancherà, ci mancherà, perché tutti gli non c’era più, ogni istante poteva volevano davvero tanto bene. scomparire dalla mia vita, ed io sem- Ricordiamolo così, per quella persona semplice e speciale che era… ricordiamolo, affinché la sua vita, come quella di ogni essere umano, non sia solo un ricordo, ma un immagine perenne stampata nei nostri cuori e nelle nostre menti. Sei stato davvero un grande papà…e lo sarai per sempre”. Ancora mi trattengo dal piangere, nonostante in conclusione la mia voce sia tremolante. La gente in chiesa, che fino ad allora si era trattenuta, mi dicono sia scoppiata in lacrime. Si conclude il rito portando la bara al cimitero. Torno a casa con tutta la famiglia e l’immancabile Camilla. Mangiamo una pizza insieme: da quel momento la mia vita è cambiata. Credevo sarebbe stato uguale, cioè: son stato bene in quei diciannove mesi, perché dovrei star male ora? Prima avevamo un peso per casa, ora non c’è più, che desidero di più? Desidero averlo lì, anche se assente con la testa, desidero tornare a casa e trovarlo che mi attende, desidero che quando prendo dieci, glielo porto e lui si commuove. Ma lui non c’è più. Settembre, mi stacco da tutto e da tutti, madre, cugina (a cui sono sempre stato molto legato e che per me è sempre stata più di una sorella), mi stacco dalla zia, e mi stacco da Camilla. Ci vuole un mese di solitudine per rendermi conto che ho sbagliato tutto, così poi piano piano ritorno a vivere, ma giustamente lei non c’è più, ha troppo sofferto a causa mia, e non vuole più avere un rapporto con me. Stupido son stato, e mi servirà di lezione, ma per il momento sto male, malissimo, tutto mi sembra andare uno schifo. Vado dallo psicologo, che parzialmente mi aiuta, ma il più lo faccio io con la mia testa. Dopo le vacanze natalizie mi sento migliorato, riprendo la scuola con lo stesso spirito che ho sempre avuto, quello che mi ha reso il migliore, dando il minimo…ma dura poco, ricado presto. Non voglio creare altri problemi a mia madre, che già ne ha parecchi, così sto ancora in me stesso, sfogandomi ogni tanto con qualcuno che mi è stato vicino come il mio professore Vitali, oppure mia cugina. E ora, la scuola sta per finire…ho preso quattro dieci questo secondo quadrimestre, e mio padre non ne ha visto manco uno, non l’ho visto piangere dalla commozione; non vedrà la mia pagella, non potrà gioire, anche se sarà peggiore rispetto al solito. Perché continuare a vivere quando tutto il mondo ti è caduto addosso? Quale è il vero senso della vita, ora che lui non c’è più? Quando tornerò ad essere felice? Quando…come…non lo so, so solo che la gioia che ogni tanto si vede espressa da me è un guscio che serve per nascondere la sofferenza che regna nel mio cuore. Ma ora è arrivato il momento di voltare pagina, altrimenti che razza di uomo sarò? Sono convinto che arriverà anche per me la felicità, serve solo un po’ di pazienza…speriamo di averla presa dal papà, perché mia madre di pazienza ne ha gran poca… TESTI 15 Risvegli di parole a cura di Bruno Brunini I Poeti a Bologna “Cinque Anni Dopo Il Duemila” - Terza Edizione del Censimento della Poesia “Cinque Anni Dopo Il Duemila” è il titolo dell’antologia che uscirà in questi giorni, edita da “Giraldi”, realizzata a conclusione del Terzo Censimento della Poesia a Bologna, a cura di Carla Castelli e del curatore di questa pagina. La Terza Edizione del Censimento, ha proseguito l’indagine sulla poesia bolognese iniziata nel 1990 da Carla Castelli e Gilberto Centi, (poeta prematuramente scomparso a cui è dedicato questo libro), che hanno avuto, con la prima edizione, l’idea di censire e raccogliere in un volume gli autori presenti a Bologna. Con questa nuova ricerca si torna dunque a far luce sul sommerso di chi scrive nella nostra città, per dare testimonianza di una creatività diffusa, espressione di questo inizio di millennio. Da poeti affermati come Roberto Roversi, Giorgio Celli ed altri, ai più giovani esordienti, dagli autori bolognesi a quelli provenienti da altre regioni e paesi, è possibile, in questo volume, incontrare autori distanti tra loro, per età, formazione, idee, in un proliferare di stili e di tematiche, di prospettive poetiche, che insieme formano una mappa, non certo esauriente ma significativa del nuovo scenario bolognese. Ciò che comunque ha ispirato questa nuova ricerca è il bisogno di continuare a far circolare le parole, le idee, i pensieri, in forma di poesia, in un’infinita risonanza. Dell’antologia se ne parlerà nel corso della presentazione che si terrà prossimamente in città. Proponiamo in anteprima, in questa pagina i testi di alcuni autori pubblicati. Fosse stato vero di Roberto Boldrin Di uscire di Lucia Sedda Inverno a Bologna di Giovanni Tuozzi Ci siamo toccati con la pelle per dirci quel che sapevamo ed in silenzio, abbiamo raccolto le parole con complicità breve Nel silenzio, nella luce, nella paranoia e nell’ossessione, ti cerco nei miei ultimi sguardi buttati sullo specchio della non riflessione Ti cerco nell’ultimo grido Capace di farmi ascoltare ancora il dolore Ti cerco nei sorrisi che mai verranno E in quelli che hai lasciato dentro i tuoi occhi. Ti cerco nella dolcezza, nell’indifferenza, nella paura, Le grigie case di via Reiter e Malvasia, rinchiudono ormai chi attende l'imbrunire dietro opache finestre, su strade sempre uguali. Nei giardini d'inverno dai rami spezzati, con le erbe ingiallite dal vento e dal gelo, a mille anneriscono le foglie nell'acqua. Come un fiume di Valentina Sisera Dormi bell’anima e cerca di sognare quel giorno d'estate, con il vento nell'aria che rendeva la luce nervosa e accecante. abbiamo capito di dividerci per sempre la vita Rimanendo uniti teneramente spalla contro spalla. Sottovetro di Paola Malagoni Inesorabilmente Tutto segue il suo corso. Sposto il mare a ogni passo con l’acqua annodata ai fianchi, di nuovo sorpresa dalla curvatura del mondo che si incolla al primo orizzonte che vedo, mi sigilla sotto il cielo rotondo. In bilico tra due punti di infinito, sono l’angolo tra due confini intersecati orizzontale verticale la terra e il mare, e l’inquietudine delle correnti. Camminiamo sul fondo di una bottiglia io e il mio pensiero dei nostri qui e ora separati, sono il mio messaggio per te sottovetro e questo vento che riavvolge le nuvole non mi tocca. Mi racconto bugie sottovoce, ubriaca di tante dolcezze di azzurri sommati, chiudo gli occhi, e ci credo. La luce carica di suoni sciolti consuma la mia voce sottrae al mio corpo ogni fisicità, non ho gambe né braccia, non ho cuore, mezz’acqua e mezz’aria. Docile e trasparente, consegno il mio spazio al paesaggio, invoco un incantesimo che mi spari lontano, oltre questa campana d’azzurro che - lo so nasconde un vuoto nero trafitto di stelle. Come un fiume scivolando tra le persone, i sentimenti, gli oggetti e lasciando il segno ma lento e impercettibile. Come una fitta. Dentro che silenziosamente ha lacerato tutto. E non c’è filo per cucire. perché le parole sono fili trasparenti, il silenzio invece è un coltello. E non c’è niente da cucire ora. Ora che siamo bambole di pezza con cui si è giocato troppo. Ingordi di sentimenti che non sono mai abbastanza. Non siamo mai abbastanza. Abbastanza felici. Ci ritagliamo addosso le parole come abiti. Parole dette abusate, infrante ripetute e mai adorate con la parsimonia del muto. I ricordi confusi da un sole annebbiato si sciolgono lenti in pozze ferrose infrante dai passi, dal silenzio e dal vuoto. La luce stagnante che non regala più ombre, annega i colori in un grigio uniforme e confonde le immagini di tutte le cose. Le strade assolate, che non davano rumore, trasportavano il lento avanzare di ombre che, levitanti e sfumate, si univano al caldo. Nell’ombroso silenzio carezzato dal vento, iniziavi a ritmare le melodie coi ricordi e di giallo smagliante ne tingevi il pensiero. Ràvel La Valse, Débussy Arabesque un ritmo di danza e un'idea senza fine che ti univano insieme a frammenti di luce. Pavolino di Stefano Vigna Il computer di Pavolino è lento... lento...troppo lento per uno come me, lupo di città, immerso senza tregua in questo mare di smog. Pavolino vive di casti ossigeni agresti, i campi sono il suo caro mondo ove danza con le amiche piante, respira dolci cosmi primitivi. Beato te, Pavolino, semplice anima contadina, podere di saggezza senza limiti in cui disseto la mia anima a volte arida. La tua famiglia è l'ancora sicura della tua umile zattera che incessantemente viaggia verso porti ignoti. Il tuo computer è lento... lento...come il tempo che scorre felice nell'orto dei tuoi verdi sogni di provincia. S PA Z I O D I L U C A 16 MAGAZINE Direttore responsabile Fulvio De Nigris Comitato dei garanti Giana Andreatta Alessandro Bergonzoni Francesco Campione Andrea Canevaro Roberto Iovine Pasquale Montagna Maurizio Matteuzzi Roberto Piperno Maria Vaccari Comitato editoriale Lucia Bernardoni Loris Betti Giovanna Corrado Maria Regazzi Patrizia Scipione Loredana Simoncini Patrizio Tressoldi Laura Trevisani Bettina, la nostra terapista austriaca è tornata a casa … Segretaria di redazione Elena Bogliardi Coordinamento redazionale Eduardo Cigno Redazione Via Saffi 10 - 40131 Bologna Tel. 051 6494570 Fax 051 6494865 E-mail: [email protected] www.amicidiluca.it Si ringrazia Eliobiemme Centro copigrafico … anche Stefano, uno dei nostri pazienti Impaginazione OGB - Bologna Periodico associato Unione Stampa Periodica Italiana Stampa GALEATI INDUSTRIE GRAFICHE S.P.A. Richiedete le nostre guide per le famiglie edite da Alberto Perdisa sostieni la “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” e il “Centro Studi per la Ricerca sul Coma” CARISBO CC 3802 FILIALE DUE TORRI - BOLOGNA Piazza di Porta Ravegnana, 2/B Cab. 02504-9 Abi 6385-9 cc postale 26346536 Info: 051.6494570 - www.amicidiluca.it - [email protected] Un particolare ringraziamento ai nostri sostenitori: S PA Z I O D I L U C A 17 Questa vita è per tutti un’altalena di serenità e difficoltà, indipendentemente dal nostro fisico di Gian Piero Steccato La commissione doveva essere formata da almeno quattro medici, dato che avevo distinto le loro voci. Dopo un masticato e velocissimo “Buongiorno” (mi chiedo sempre se per certe persone salutare sia imbarazzante o se venga semplicemente giudicato una perdita di tempo) si misero a parlare tra loro. Li immaginavo mentre compilavano la mia scheda come se stessero giocando la schedina più facile della loro vita, una schedina con tutti x; non avrebbero infatti tribolato tanto, ero gia completamente paralizzato ed il verdetto era scontato: invalidità al 100%. Quello che loro non sapevano era che con quel fare schivo e tacito stavano sì rispettando silenziosamente la sfiga altrui come avrei fatto anch’io qualche anno fa, ma la stavano anche buttando troppo sul tragico: per uno che ha scampato la morte, ha sofferto fisicamente per mesi e mesi, ha imparato a comunicare con un occhio e ha ripreso la vita che aveva lasciato plasmandola a sua misura, il giorno della visita per ottenere l’invalidità non è niente di speciale. Era seduta ad uno dei tavoli e chiacchierava amabilmente con alcune amiche; aveva dei profondi occhi blu incastonati nell’ovale del bel viso incorniciato da lucidi capelli ramati. I camerieri facevano la spola tra l’interno del locale e il dehor sul lungomare portando gelati, bibite e granite. Non ero l’unico a cui era caduto l’occhio su quella a dir poco bella signorina, un gruppetto di ragazzi seduti sulla panchina davanti al bar l’aveva adocchiata e faceva ipotesi e previsioni ( avrà vent’anni…no, ne ha meno..se vado lì e le pago un caffè ci scommetto che mi da il numero di telefono…scorda- telo, ti manda a quel paese…). Io e mia moglie aspettammo che si liberasse un tavolino e ci sedemmo non troppo lontani dal suo, così ci fu impossibile non sentire parti dei discorsi spensierati e gioiosi di quelle ragazze dalle facce pulite e dai modi garbati. Guardandole ci augurammo a vicenda che anche i nostri figli allora bambini potessero diventare così da adolescenti, sereni e pieni entusiasmo, non come certi stupidotti che si vedono in giro o come tutti quelli che non sanno come far passare il tempo. “Con un po’ di fortuna…” pensai io…Le ragazze intanto si alzarono per avviarsi verso il lungomare, solo la più bella si attardò con un’altra che raccolse la borsetta e la agganciò dietro lo schienale della sua sedia per poi cominciare a spingerla senza interrompere la discussione in cui erano impegnate; la vista di quella carrozzina mi tolse il fiato e mi fece ingoiare come fosse un rospo quella parola che avevo solo pensato:…fortuna… Nei giorni successivi la incontrai numerose volte, dapprima mi suscitava turbamento, poi un certo fastidio, in fine mi scivolava addosso senza lasciare traccia, faceva ormai parte del paesaggio; come se fosse in una enorme bolla che la rendeva trasparente. Sono sempre stato facilmente impressionabile da sangue, malattie e accidenti vari, non sono mai riuscito ad accettare che il padre di una mia cugina acquisita avesse la tracheostomia e ancora ricordo molto bene un paio di giorni di vacanza passati da un’amica di mia moglie, il cui marito aveva avuto un ictus che gli aveva lasciato una emiparesi facciale: non sono mai riuscito a guardarlo in faccia. Il fatto è che qualsiasi persona che portava sul corpo il segno di una malattia incarnava tutte le mie paure che mi assalivano terrorizzandomi al punto da non permettermi di ragionare; il solo pensare poi ad una vita in carrozzina o in un letto mi metteva i brividi e mi faceva seriamente pensare che fosse meglio la morte. La condizione di disabile mi portava a pensare ad una vita di privazioni, di difficoltà e di non rari momenti di emarginazione e di cupa tristezza; il paese marittimo in cui trascorrevamo i periodi di vacanza era poi un luogo in cui di disabili più o meno gravi se ne vedevano parecchi, solo ora capisco perché nelle città se ne incontrano molti meno: ci sono una marea di barriere architettoniche e quando si rifanno i marciapiedi o si sistemano i giardini si pensa poco a chi deve fare “i salti mortali” per affrontare un gradino di pochi millimetri. Immaginavo quanto la ragazza dai capelli ramati invidiasse le sue amiche così sane, quanto la sua esistenza patisse della precarietà e dei limiti che la sua condizione fisica gli davano e quanto le costasse apparire così sorridente e serena. Tornammo al primo piano, nel reparto di lungodegenza, utilizzando un bisnonno dell’ascensore che solo dopo scoprii essere una sorta di apparecchiatura infernale che si bloccava spesso, gettando nel panico i passeggeri ed il personale dell’ospedale e regalando qualche momento di eccitazione e movimento ai degenti ( arrivo dei pompieri, liberazione dei prigionieri e rituale litigio con polemica sulla sicurezza dell’ascensore). Mia moglie si fermò a parlare con un’infermiera della visita della commissione, poi arrivarono i fisioterapisti che mi chiesero come fosse andata, successivamente telefonarono i miei figli ed un paio di miei amici. Arrivati in camera trovammo la ragazza che stava con me quando mia moglie andava a casa a riposarsi un po’ e di nuovo ripartì il racconto di quella visita corredato da un mare di considerazioni… era veramente troppo, attaccai il dito al sensore sonoro che utilizzo per richiamare l’attenzione ed, utilizzando faticosamente il metodo di comunicazione che da poco avevo adottato, gliele cantai tutte: avevamo gia perso troppo tempo, dovevo finire Andrea Steccato con le amiche Miriam e Annarita e con la nipotina Margherita. di dettare una ricetta alla mia badante-segretaria, dovevo cercare su internet della documentazione e mia moglie doveva andare in una libreria a cercare un giallo che mi interessava. Richiamati all’ordine i miei collaboratori si misero al lavoro…. Di lì a qualche tempo avrei pubblicato il mio primo libro di ricette, successivamente avrei cominciato a “collaborare” con il quotidiano della mia città scrivendo articoli, poi avrei intrapreso nuovi lavori letterari…ora vivo a casa, ho un’auto attrezzata che mi permette di uscire con l’aiuto dei miei famigliari e dei miei amici, sono andato al mare, in collina… ho guadagnato molti amici e non ho paura di spendere il mio entusiasmo e la mia gioia. Certo la salute è importante, il corpo è un involucro che se sano può permettere di fare tante cose…ho superato con il tempo la sensazione di essere un oggetto di curiosità per gli altri e ho imparato che a volte per avere rispetto bisogna uscire dalla bolla che ci rende trasparenti, bisogna obbligare coloro che ci devono garantire i nostri diritti a guardarci negli occhi, a spiegare a noi perché tante cose non ci sono permesse. Sarebbe opportuno che la società maturasse in questo senso, dovremmo far cadere il tabù della malattia e del dolore perché chiudersi gli occhi non serve a nessuno. Penso sempre ad Andrea, un mio giovanissimo amico che mi frequenta da quando ha sette anni: la mia condizione non gli fa paura e per lui la nostra amicizia è motivo di orgoglio; non so cosa gli abbia spiegato la sua mamma, sono però sicuro che sarà un adulto sereno e forte. Questa vita è fatta per tutti, indipendentemente da come siamo fisicamente, ed è per tutti un’altalena di serenità e di difficoltà. Ora capisco che la ragazzina dai capelli ramati l’avevo sopravvalutata: non faceva fatica a sorridere perché era felice davvero. TESTIMONIANZE 18 Accettare se stessi cosa cambia dopo il coma Ho pensato a lungo. Volevo condividere la mia esperienza del coma vissuto in prima persona, ma non sapevo come fare. Poi l’illuminazione! Scriviamo a “Gli amici di Luca”, magari loro se ne fanno qualcosa della mia esperienza. Magari può aiutare qualcuno, o anche no. Forse può dare speranza, e lo spero proprio. Spesso mi hanno chiesto cosa è cambiato con il coma. Si potrebbe dire che cambia il rapporto che si ha con gli altri. Che cambiano le priorità che uno si pone, che cambia la vita in generale. Beh, sì, senza ombra di dubbio cambia anche questo. Però nel mio caso (neanche troppo ecclatante..solo tre mesi fra coma profondo e coma vigile) è cambiata soprattutto una cosa: la capacità di sognare. Di progettare, di programmare... Di sbilanciarsi, di poter pensare “Oh sì tanto ce la faccio!” Tutto diventa un problema: dal lavarsi i denti al mattino, al voler prendere la patente, all’andare in vacanza o addirittura nel voler accompagnare la sorella minore al concerto dei “Muse” o “The Rasmus”. E ti scontri con la dura realtà e ti rendi conto che non ce la fai, e che non ce la farai mai. Allora ti butti giù, pensi che gli altri siano normali (eppoi che cosa ci sarà mai di bello nell’essere uguale agli altri, conforme agli stereotipi, tutti fotocopie o fac-simile l’uno dell’altro..senza un minimo di originalità o peculiarità!) e che tu abbia qualcosa che non va. Cominci ad odiarti, cominci a detestarti perchè quella sera non hai saputo dire di no alla tua migliore amica e poi si sa come è finita (compagnia, discoteca, alcol, droga, macchina, velocità, trauma cranico e fratture varie) Però pian piano ne esci. Con l’aiuto degli altri, o anche no. Leggendo. Ascoltando musica. Stando all’aria aperta. E per un magico istante tutto torna come era prima. Perfetto. Stupendo. Ti senti il re del mondo. Senti che puoi fare tutto, che tutto è possibile. Che sei “normale”. Ed hai il terrore di quando questo prezioso e magico istante passerà. Però intanto ti godi il momento, non pensi a nulla, ti limiti ad scoltarti. E dopo pochi secondi questo magico momento finisce, e torni a dover fare i conti con la dura realtà. Con la tua condizione, con la tua situazione. E via via questi momenti continuano ad arrivare e a scomparire in un battito di ciglia. Poi un giorno succede. Ti stai godendo l’ennesimo momento di assoluta perfezione, una parte di te attende che il momento passi e ritorni la crudeltà, l’amarezza, il rimpianto, la delusione, che si ritorni con i piedi per terra. E aspetti. Aspetti. Continui ad aspettare. Ma il momento non arriva, continui a restare sospenso in questo limbo incantato dove tutto è com’era prima dell’incidente. In quel preciso istante tutto torna com’era tre anni fa. Perfetto ma diverso. Hai metabolizzato. Hai accettato quello che ti è successo. Ed è una sensazione talmente bella ed appagante che i tre anni appena trascorsi passano in secondo piano. Dimenticarli è impossibile, ma pensarci di meno, toglierli dal piedistallo dove sono stati fino ad ora, renderti conto che c’è dell’altro, che ci sono tante altre cose a cui pensare è possibilissimo. Potrebbe essere complesso e contorto come è stato scendere dal letto e fare il primo passo dopo quei lunghi mesi di immobilità. Ma passo dopo passo ci si allontana da quel letto. Da quell’ospedale. E da quei ricordi. E da quei sentimenti. Sta solo a te decidere quando fare il primo passo, quando scendere da quell’odiosissimo lettino, quando dirigerti verso la vera e propria libertà. La libertà dai ricordi. E dai sensi di colpa. E l’accettazione di se stessi è il primo passo verso la vera guarigione. Auguri Angelo Angelo ha avuto un incidente stradale nel 1990 e, dopo un periodo di coma, è in stato vegetativo a San Severnio Marche. Oggi ha 40 anni e nel corso del tempo il suo stato è leggermente migliorato, portandolo all'odierna vigilanza. E' assistito amorevolmente dalla madre Teresa. Questa è una foto dello scorso anno quando ha festeggiato il suo 39esimo compleanno. Angelo ha bisogno di amici e dell'aiuto di quanti volessero contattarlo anche dalla sua stessa regione. Angela Righetto Il risveglio personaggio libero di Alessandro Tosini Tutte le mattine quando mi sveglio mando a quel paese la sveglia perché ha suonato troppo presto. La suoneria è regolata alle 7.09, perché 7.10 è troppo poco originale. Pensate che la mia vita potrebbe cambiare se mi alzassi un minuto dopo? Potrei uscire di casa un minuto più tardi, incontrare delle ragazze carine sul pianerottolo. L’ascensore potrebbe non essere occupato. Potrei non imbattermi negli odiosi marmocchi del piano di sotto che vanno a scuola. In cortile il cancello elettrico potrebbe essere già aperto. Potrei non trovare il traffico congestionato della gente che va a lavorare. Le luci dei semafori potrebbero essere tutti quante verdi. Potrei non aver bisogno di affrettarmi perché arriverei al lavoro in anticipo. Potrei... Quante cose potrebbero succedere in un minuto! Comunque sia, certe mattine è pro- prio piacevole restarsene al calduccio delle coperte, soprattutto quando piove. Avvinti dal torpore della veglia immediatamente successiva al sonno. E fuori l’acqua viene giù. Oppure stare lì a oziare. Uomini schiavi del vizio. Sognare ad occhi aperti. Ascoltare il mondo che si sveglia. Però poi purtroppo l’incanto finisce sempre e bisogna alzarsi. Che schifo. Per prima cosa, come un automa vado in bagno. Sciacquo e asciugo le mani. Certe volte mi guardo allo specchio. Quando ne ho il coraggio. Non è sempre facile. A volte è meglio fare finta di niente. Mezzo addormentato vado in cucina a fare colazione. Dei biscotti da tuffare in una bella tazza di latte. Terminato il momento di pace e gola, sparecchio, lavo le stoviglie, torno imn camera da letto e mi tolgo il pigiama. Da lì vado ancora in bagno. Nel frattempo mi sono un po’ svegliato. Non devo più avere paura del mio aspetto. Deciso, mi guardo allo specchio. Ci trovo uno che mi assomiglia come una goccia d’acqua e che mi guarda negli occhi. “Sei un po’ assonnato e spettinato, ma... sei proprio un bel figo” penso. Poi gli dico: “Ciao. Chi sei?”. Lui mi fa le stesse domande. E’ maleducato e parla mentre ho preso la parola io. Non ho voglia di litigare di prima mattina. Aspetto. Non succede niente. La cosa più tragica è che non mi risponde. Sembra che voglia qualcosa da me, così come io attendo risposta da lui. Continuiamo a guardarci. Ancora, non succede niente. Mi spazientisco. “Stronzo” gli dico guardandolo in faccia. In contemporanea lui mi dice la stessa cosa. Ormai però io non lo vedo più. Nello specchio ci vedo solo me stesso. Mi lavo, mi asciugo e cerco di sistemarmi come posso, alla svelta perché quel tipo là mi ha innervosito. Poi di scatto vengo via, diretto verso la camera da letto. Apro il guardaroba. Tiro fuori dei vestiti. All’interno dell’armadio c’è anche un grande specchio. C’è un uomo in mutande in procinto di vestirsi. Posso stare tranquillo, stavolta sono io. Devo fare però in fretta perché quell’idiota di prima mi ha fatto perdere tempo e adesso sono in ritardo. Chiudo il guardaroba, getto sul letto maglia e pantaloni. Vado all’appendiabiti e prendo le calze. Ritorno al letto e mi siedo. Mi vesto in fretta. Prendo il marsupio con dentro chiavi, portafoglio e portaeuro. Accendo il cellulare e ce lo infilo. Lascio il tutto sul letto disfatto. Torno in bagno ed infilo le scarpe, che già sono in posizione da ieri sera. Ieri sera! Che sera! Ma adesso non ho tempo. Allaccio le scarpe. Operazione conclusa. Ancora una controllata veloce nello specchio. Tutto a posto, tutto in ordine. O quasi. Però va bene così. Sono pronto. Mi alzo in piedi, torno nella mia stanza. Prendo il marsupio e lo metto a tracolla. Saluti a tutti e finalmente esco di casa. Mi sto per rituffare nella vita di sempre, che non è mai uguale ai miei sogni ma... chi se ne frega? Ognuno fa quello che può. La vita è in fondo una festa: tu divertiti e non smettere mai di ballare. I NOSTRI SOSTENITORI 19 Anche noi amici di Luca CPL di Concordia ha festeggiato con noi i suoi 10 anni di attività cooperazione! Amici di Luca, grazie per la vostra dell’Associazione “Amici di Luca”, ri memb cari ri, Vacca Gent.ma Maria Decennale della preinizio settembre abbiamo celebrato il per noi cooperare è fondamentale. Ad città delle Due Torri iniNella na. Bolog a rdia Conco senza della nostra cooperativa - CPL il nucleo storico rietà cooperativa concreta, assumendo ziammo nel 1996 con un’azione di solida ne impianti gas/acqua per tenzio manu di à attivit sue le e r di personale della cooperativa Edilte conta 90 addetti ed ha di Via della Cooperazione a Bologna l’allora Seabo. Oggi la nostra sede Ducati Motors, il Bologna Calla quali tanti impor i client per aggiunto anche la gestione calore cio, il Resto del Carlino, ecc. di scarriolanti è nata nel 1899 dalle necessità di lavoro ha La cooperativa stessa, CPL Concordia, dipendenti per 250 milioni di fatturato, 1000 ga impie oggi nese; Mode disoccupati della Bassa do il metano ad Ischia. portan sta e 2004 Atene di ico Olimp costruito il Villaggio opera da anni, a “Gli amici di Luca” una realtà che propoAbbiamo riconosciuto nell’Associazione io dei cittadini. Per questo vi abbiamo serviz a à seriet e no impeg con ione “I Bologna e non solo, di CPL a Bologna insieme all’Associaz nale Decen del Festa della parte sto di prendere ed assistenza sociale altrettanti impegnativi progetti di aiuto Bindun” di Beppe Bergomi, che ha rdo. lomba rio territo nel ici) (psich ati per i disagi enza stampa e il talk Italia-Germania Master (con la confer L’occasione della partita di calcio - a noi della Coosso di conoscervi meglio, di persona perme ha ci uta) preced o l’hann che show attività di informato anche l’importanza della vostra confer ha ci e così fare piace ione peraz coma. del post mazione e sensibilizzazione sul tema -dibattito sul cala, più della cospicua presenza alla serata Più del risultato benefico a fine partit ha avuto sui media CUP rdia Conco CPL la che nza risona cio e alla partita, siamo felici della legata al territorio, così sé il nome della vostra associazione (regionali e nazionali) portando con come siamo e vogliamo essere noi. i l’idealità di un’imprefissi questa missione: portare avant Come azienda cooperativa ci siamo sociali. Una volta si diceva che la valori ettere trasm di cerca ma presa che non cerca solo l’utile oggi noi dobbiamo ad un sistema di mercato esasperato; cooperazione è un’impresa alternativa profittevole per dare prospettive essere deve che io bilanc di to cercare di mediare fra il risulta è essenzialmente nti di socialità. Perché la cooperativa alla società – e gli indispensabili eleme da. circon ci che à societ la con e i fatta di legami, fra uomin ono per far creDe Nigris e a tutti coloro che si spend Grazie quindi a Lei, Presidente, a Fulvio ha più bisogno. ne chi a no sosteg il e ne perso le scere i legami tra Con stima e gratitudine, Roberto Casari Presidente CPL Concordia Group Foto: Gianni Schicchi Il Presidente CPL Concordia Roberto Casari insieme a Nello Cusin e Beppe Signori in occasione della conferenza stampa Foto: Gianni Schicchi Alessandro "Spillo" Altobelli esulta dopo aver segnato la prima rete alla Germania. Foto: Gianni Schicchi Consegna del ricavato della CPL Concordia CUP a “Gli amici di Luca” e “I Bindun” con i complimenti di