Magazine Settembre - Gli Amici di Luca

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Magazine Settembre - Gli Amici di Luca
MAGAZINE
"Vale la pena:il coma un viaggio verso la luce" periodico di resistenza civile, per le professioni e la vita sociale
Pubblicazione dell’associazione di volontariato onlus “Gli amici di Luca” registrazione Tribunale di Bologna n.7176 del 27/11/2001
Tariffa Ass. Senza Fini di Lucro:"Poste italiane S.p.a - Spedizione in Abb. postale - D.L.353/2003 (conv.in L.27/02/2004 n°46) art.1, comma 2, DCB Bologna"
Giornata Nazionale dei Risvegli
Al vostro fianco
per una rete di Case dei Risvegli
S
ono compiaciuto del vostro lavoro e del vostro
impegno e sono certo che l’iniziativa di far
conoscere, attraverso seminari e convegni, le problematiche e il dramma delle famiglie che sopportano le gravi esperienze del coma, riscuoterà il plauso
della Istituzioni e la solidarietà della gente comune.
Con molta amicizia
Romano Prodi
Presidente del Consiglio dei Ministri
di
Sen. Livia Turco
Ministro della Salute
La giornata nazionale dedicata ai risvegli e alla ricerca
sul coma, promossa dalla associazione di volontariato
“Gli amici di Luca” è divenuta in questi anni un appuntamento insostituibile nel panorama degli eventi dedicati alla sensibilizzazione sui temi dell’assistenza alle
persone in coma in Italia.
Quest’anno, poi, l’evento del 7 ottobre diventa per me
particolarmente significativo perchè vi partecipo come
ministro della salute e so cosa vuol dire, per tutti quelli che sono impegnati in prima persona in questo delicato e difficile compito di sostegno e aiuto a chi soffre,
avere le istituzioni al proprio fianco e io voglio dirvi
con tutta me stessa, come ministro e come persona, che
sono al vostro fianco. Sono accanto a voi nel vostro
impegno quotidiano, costante e qualificato, sostenuto
dalla sensibilità e dall’amore che vi contraddistingue,
sono con voi per far si che questa esperienza che conosco e seguo sin dalla sua nascita sia un modello per
altre realtà del nostro Paese.
Sono convinta, come voi stessi proponete, che sia
necessario diffondere una nuova cultura dell’assistenza
alle persone in coma attraverso strutture come la “Casa
dei Risvegli Luca De Nigris” che dimostra, nella sua
armonia organizzativa, l’efficacia di una nuova alleanza terapeutica tra personale sanitario e non, familiari,
associazioni e volontari.
Ho molto a cuore il problema della disabilità e della
non autosufficienza, sono impegnata, come del resto si
è impegnata l’Unione nel programma di governo, perché sia al più presto istituito un Fondo nazionale per la
non autosufficienza da sostenere con “contributi di solidarietà” ad hoc. Trovo che un piano di assistenza domiciliare integrata introduca un aspetto nuovo e moderno
nel nostro stato sociale che fino ad ora ha delegato alle
famiglie il carico totale dell’assistenza a persone afflitte da malattie degenerative o croniche, e questo è indegno di un paese moderno.
In questo ambito trova risalto la vostra esperienza perché ha saputo attuare una sinergia profonda con tutti
gli attori dell’assistenza al malato soprattutto coinvolgendo le Istituzioni, in questo caso la regione Emilia
Romagna, il comune e la provincia di Bologna, in un
continuo confronto-apporto con gli operatori sanitari,
famiglie, associazionismo, che ha reso questa esperienza unica nel suo genere.
Accolgo come un forte stimolo la vostra richiesta di
diffusione di queste realtà su tutto territorio nazionale
in una rete di supporto che si allarghi in particolare alle
regioni del Sud e sostenga ogni famiglia che si trova
improvvisamente a vivere questo dramma, perché non
sia più sola ma possa contare su strutture come la vostra
che non rappresentino più un’eccezione per il nostro
Paese.
Un caro saluto
GIORNATA
NAZIONALE
DEI RISVEGLI
Numero 17
settembre 2006
Diamo forza a questa realtà
C
ondividiamo una responsabilità, di fronte all’ottava edizione della “Giornata nazionale
Presidente della
dei Risvegli”. E’ la responsabilità
Regione
di dare forza a questa realtà e di
Emilia-Romagna
metterla a disposizione di una
nuova stagione delle politiche sanitarie e assistenziali.
Questa , secondo me, è la sfida che abbiamo davanti e che deve
spingerci ad accelerare l’innovazione in sanità.
Consapevoli come siamo delle nostre difficoltà e dei nostri limiti: nella finanza e nell’organizzazione come nella scienza e nella
pratica medica.
Ma anche fiduciosi che l’impegno di tutti, dal Ministero al
volontariato, dalla Regione Emilia-Romagna alla Casa dei Risvegli
Luca De Nigris, possa dare risposte di grande significato e valore,
tali da rappresentare un esempio da seguire in tante altre regioni del
Paese.
Per questo sono lieto di salutare, a nome mio e della Giunta
regionale, questo nuovo appuntamento e di augurare buon lavoro a
tutti i protagonisti dell’evento.
Sono certo che da qui verrà uno stimolo a politiche che mettano al centro la famiglia, la qualità delle relazioni umane nelle strutture sanitarie e assistenziali, un sostegno più forte per le persone e
le famiglie che lottano contro le malattie e contro la solitudine.
di
Vasco Errani
Un abbraccio a voi tutti.
di
Maria Vaccari
Presidente associazione
“Gli amici di Luca”
di
Fulvio De Nigris
Direttore Centro Studi
per la Ricerca sul Coma
La “Giornata dei risvegli” è cresciuta nel
tempo di pari passo con il progetto della
Casa dei Risvegli Luca De Nigris, il centro
innovativo per giovani e adulti con esiti di
coma e stato vegetativo inaugurato a Bologna due anni fa; un modello sperimentale
della Regione Emilia Romagna, un progetto
dell’Azienda Usl di Bologna e dell’associazione Gli amici di Luca realizzato assieme
agli enti locali.
La manifestazione è promossa sotto l’Alto
Patronato del Presidente della Repubblica,
con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Salute, oltre ai molti enti ed associazioni che
condividono con noi questa esperienza. di
lavoro comune,
Siamo molto onorati di avere quest’anno la
sentita adesione del Ministero della Salute e
la partecipazione al nostro convegno del
Ministro sen. Livia Turco sul tema della
“”nuova alleanza terapeutica” e della condivisione dei saperi che vede insieme, nei
loro rispettivi ruoli, medici, operatori non
sanitari, associazioni, familiari e volontari;
tutti coinvolti attorno alle migliaia di persone che ogni anno entrano in coma.
La Giornata dei risvegli porta la consapevolezza di poter essere d’aiuto a queste
persone, ma anche di richiedere aiuto per
un nuovo sistema della cura in un difficile
percorso che ci mette in contatto con l’essenza della vita stessa.
CASA FATTA CAPO A ?
di
spalle o pacchi di posta per parlare
con altri casi? Casi, caso, storie,
volontà, premonizioni,analisi illogiche dei perchè? Parole al vento o
venti casi uguali ad altri venti? Che
percentuale ha la percentuale? E la
scienza puo’ vuole deve fare, o
prima viene il tuo percorso di uomo
persona essere anima? Si può cambiare qualcosa nell’atteggiamento
verso il coma se la parola chiave
continua a essere “vincere”? Se
ogni attimo della giornata è scandito dall’idea di sfida, di riuscita (più
che di uscita), tristemente intese
Alessandro Bergonzoni
A casa fatta continuano le domande
sul coma sull’essere in coma su chi
ne parla lo vive lo cura lo pensa lo
teme lo esorcizza evitando di pensarci: sogni o bisogni? Raffiche di
paure ad oltranza, lesioni all’illusione, ipotesi ipotecate per comprarsi
fiducia e noleggiare aspettative;
ricerca personale di contatto, voglia
di saperi, capire chi ci e’ gia’ passato cosa ti racconta e come te lo racconta: ottimismi usati solo contro
pessimismi? Oppure fatti ripetibili
ma non confermabili? Pacche sulle
Segue a pagina 2
COMUNICARE
IL COMA
QUESTA VITA
È PER TUTTI
nasce l’osservatorio
per la comunicazione
della salute
un’altalena di serenità
e difficoltà,
indipendentemente
dal nostro fisico
di Gian Piero Steccato
DA PAG. 2 A PAG. 9
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A PAGINA 17
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2
Continua da pagina 1
come unico approccio alla soluzione? E
la soluzione dei casi quando comincera’ a
interessare anche il concetto di “caso” di
“soluzione”? L’idea di “diversa” soluzione di diverso accesso all’idea di buono,
guarito, di terminato, di curato, di reintegrato, normalizzato? Se si continua a
vivere credendo che esista una idea sola e
solipsistica di bene di meglio, di normalita’,come ci ammorbano giornali pubblicita’ lavoro economia amministrazione?
So’ che potrebbe aleggiare una certa retorica per orecchie che non voglion sentir
dire che prima del cosa fare ci sono da
“vedere” i perchè i cosa i quando di quel
segnale assoluto e trascendente che e’ “la
malattia” il danno, la disgrazia, il cambiamento: ma non dovrebbe essere cosi’.
Se l’approccio antropologico filosofico e
spirituale nei confronti dell’essere non si
allarga, se il ruolo del corpo e delle sue
rappresentazioni fuorvianti, non si espande siamo sempre al punto di partenza; se
l’idea di fine, morte, dolore, non aprono a
richieste e aspettative diverse non si
comincia più. Fatemelo ripetere: se non si
cerca con anima da tartufo di “lavorare”
coma a parte, a prescindere dal contingente evento, fuori dalla sola “disgrazia”,
si lavora a meta’. Da un po di anni, grazie agli spazi che mi da La Casa Dei
Risvegli, mi piacerebbe piu’ che spiegare
(che sarebbe presuntuoso e impossibile)
piegare: piegare verso altri temi che non
escludano certo i “classici” temi fin qui
affrontati sul coma, ma che vertano su un
prima un oltre un anche,che possono
allungare la pista di atterraggio di una
ricerca importante ma che se sta sola e
troppo impostata, rischia di non dare
risposte a domande ben piu’ lunghe e inespresse,che non possono attendere piu’.
Mi riferisco a un tipo di virata piu’ marcata sul tema delle aspettative di vita
intesa in quanto tale. Si puo’ sempre e
solo parlare di ottimizzazione dei trasporti, del denaro pubblico, dell’ala politica,
se prima non si prepara un diverso
discorso di coscienza-trascendenza del
“personale umano” in quanto tale? Si può
scioperare per un contratto se prima non
si e’ manifestato per una formazione
intellettual-umana che non viva di parametri solo merceologico estetici, solo
d’effetto e di rappresentanza? Certo che
chi e’ a capo del decidere deve scegliere
anche in chiave contingente e politica,
ma perche’ solo e soprattutto in quella?
Chi sara’ a capo del decidere dei coma tra
cent’anni, sta oggi ricevendo dalla scuola, dall’informazione, dalla formazione
universitario-clinica, dalla politica dalla
gestione economica, i giusti mezzi e le
vere energie per un conoscere cosi’ largo
e diverso come e’ il tema della salute
della vita e viceversa? Cosa si studia oltre
a quello che gia’ si studia? Si studia il
saper studiare? O si continua nelle buone
ma non uniche strade di sempre? Sembra
perversamente assurdo e magari provocatorio, ma a me ora piu’ che il rapporto
che c’e’ tra un paziente in coma nella
casa dei risvegli e il suo medico, o la sua
defaiance, mi interessa molto di piu’ il
rapporto che c’e’tra cosa e come sta “studiando” un laureando in medicina economia filosofia scienze politiche, e la futura madre di un paziente in coma! La
quale futura madre e futuro paziente, a
sua volta possono e devono “studiare”
un diverso approccio all’esistere, un differente approccio al cosa si e’ e al cosa si
puo’ diventare, non per “sfortuna” (o fortuna) ma per cambiamento, per assoluto,
per divenire ed essere…..Insomma a”
casa fatta “sento che oltre alle meraviglie
del teatro, della scienza del progresso
della ricerca dei mezzi e delle strutture a
disposizione,oltre alla crescita della sensibilizzazione sul coma, oltre alla condivisione speranza e ottimismo che gli
amici di Luca sanno dare, oltre ai finanziamenti, agli spot e all’abnegazione di
tanti, oltre al sacrificio di molti genitori
e di tutti i ragazzi che abitano e abiteranno questa grande struttura, sento che non
puo’ venire a mancare l’attenzione verso
quel lato da scoprire cosi’ difficile e
profondo che e’ il cambio di visione universale e cosmico trascendentale di se,
del sé,del tempo, del luogo, di un quanto
che non puo’ fermarsi “solo” a quel che
vediamo sentiamo o subiamo: si puo’ e si
deve scavare e scovare il sopra e il dentro
dei fatti,del presente del “mio”, salirci e
andarci su. abdicando alla paura dell’umano troppo umano,per non bastarci
cosi’ come siamo. Aspettiamoci lì. Allora
grazie.
Sempre vostro, quello dei visi comunicanti,ALESSANDRO BERGONZONI
GIORNATA NAZIONALE DEI RISVEGLI
PER LA RICERCA SUL COMA. VALE LA PENA
7 Ottobre 2006 - OTTAVA EDIZIONE
Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica
con il Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Salute
Comitato Italiano
per l’Unicef - Onlus
MIUR - CSA
Centro Sportivo
Italiano
Centro amministrativo
Bologna
SINAGI PVE
partner tecnologico
Media Partner
G I O R N ATA N A Z I O N A L E D E I R I S V E G L I
BOLOGNA - Sabato 7 ottobre
BOLOGNA - Venerdì 6 ottobre
VERSO LA
CASA DEI
RISVEGLI LUCA
DE NIGRIS
In collaborazione con CSI Comitato di Bologna,
Polisportiva Zinella e Parco dei Cedri.
Con il patrocinio MIUR – Csa di Bologna
Camminata rivolta ai bambini delle scuole
elementari di Bologna e provincia.
L’appuntamento rinverdisce la tradizione iniziata da Gianni Morandi con i podisti del Centro
Sportivo Italiano nella maratona per l’inaugurazione della Casa dei Risvegli Luca De Nigris di
Bologna.
Questo il programma:
• Ore 9.30 ritrovo e partenza dal parco della
Resistenza nel Comune di S. Lazzaro di Savena. Camminata nei parchi.
• Ore 11.30 Arrivo alla Casa dei Risvegli Luca
De Nigris
• Ore 12.00 incontro con le famiglie e i pazienti
• Lancio dei palloncini con i messaggi per la
“Giornata dei Risvegli”
3
Poste Italiane
realizza
la tradizionale
targhetta postale in
occasione della
manifestazione.
Teatro Duse, ore 21 - Via Cartolerie, 42
La compagnia teatrale “Gli Amici di Luca ” in:
“LA PARTENZA
DEGLI ARRIVI
nulla di ciò che sembra è…”
in scena gli attori del laboratorio permanente
“Il gioco del teatro in situazioni di post coma”
regia di: Enzo Toma, Alessandra Cortesi e Stefano Masotti.
testi a cura di: Fulvio De Nigris
con: Elena Antonelli, Sara Brambati, Elena Cantelli, Simona Corallini,
Alessandra Cortesi, Francesca Cremonini, Paolo Facchini, Silvia Faenza, Susanna Fantini, Luigi Ferrarini, Fabrizio Gambarini, Nicola Granata, Giovanna Grosso, Silvia Landi, Lorena La Rocca, Marco Macciantelli, Juri Mazzanti, Cristian Sacchetti, Davide Sacchetti.
La fiaccola della Vita nell’atrio della
Casa dei Risvegli Luca De Nigris
Partendo dal laboratorio stabile condotto da Alessandra Cortesi e Stefano Masotti, lo spettacolo - un progetto di multiproduzione e cooperazione di abilità - nasce da un percorso di formazione della compagnia, durato circa un anno. In questo periodo il gruppo ha incontrato
artisti e ricercatori delle più disparate discipline: dal para-teatro di
Rena Mirecka, all’analisi del movimento con Lorella Rapisarda, dalla
forza del gesto fallibile di Enzo Toma, alla scoperta del metodo Feldenkrais con Teri Janette Weikel , alla poesia dei Clown lunari di Andrè
Casaca, passando per la magia degli inganni della percezione di Tonino Casula, ma anche il titolo e i disegni di Alessandro Bergonzoni.
Lo spettacolo, che si sviluppa in più quadri, ha per tema il “risveglio”
in tutte le sue dimensioni.
BOLOGNA - Dal 1 al 7 ottobre
“LE VIE DEI RISVEGLI”
in collaborazione con ASCOM
Anche quest’anno molte le iniziative di sensibilizzazione e di raccolta fondi promosse dai Comitati delle vie: Falegnami e strade
adiacenti; via D’Azeglio e strade adiacenti; via Dagnini, via degli
Orti e strade adiacenti.
NELLE ALTRE CITTÀ
siamo presenti, tra l’altro,
anche in Piemonte nelle piazze di Bra e Alba (Cuneo)
nel Veneto a Pordenone,
in Campania, in Sicilia a Caltagirone
in Sardegna in collaborazione con il centro
S. Maria Bambina di Oristano
e le associazioni Le Mani dei Sarzi, Human Arte
e Ritorno alla Vita di Cagliari.
A Gorizia, Bolzano, Cartoceto ed altre città con lo spettacolo
della compagnia “Gli amici di Luca”
TORNEO “VALE LA PENA”
di Pallavolo Femminile - Quinta Edizione
di
Gabriele Forni
L’8 ottobre si svolgerà a San Lazzaro
di Savena la quinta edizione del torneo di pallavolo femminile under 16
denominato ‘Vale la pena’.
Questa è la notizia che apparirà sui
giornali e nei vari siti sportivi su
Internet. Purtroppo le notizie così
come vengono date tradiscono spesso
il significato della manifestazione nonché il lavoro e la gioia che le persone
mettono nel costruire le cose.
Il nostro magazine ci permette però di
raccontare un po’ di più di questa
manifestazione che è diventata ormai
una costante della Giornata nazionale dei Risvegli. Sì perché, la quinta edizione di una cosa ha già una piccola
storia alle spalle e se si tratta di una
manifestazione di sport giovanile vuol
dire che in ogni edizione dal 2002 ad
oggi ha coinvolto ragazze diverse tutti
gli anni con una diffusione del messaggio di solidarietà molto vasta. Un
popolo di adolescenti di posti diversi e
regioni diverse che dopo una giornata
dedicata al loro sport preferito, la pallavolo, ritornavano a casa con il corpo
povero di energie ma la testa ricca di
conoscenze in più. Soprattutto con la
presa di coscienza verso un problema,
quello del coma, estremamente grave
e della realtà di persone che con una
passione analoga alla loro per la pallavolo studiano e cercano soluzioni per
chi si trova in questo stato di limbo fra
la vita e la morte. Il nostro impegno
come San Lazzaro Pallavolo, da cinque anni partner dell’associazione Gli
Amici di Luca è proprio questo: cercare di diffondere con le nostre atlete sui
campi sportivi di tutta Italia il messaggio di solidarietà e l’importanza del
lavoro dell’associazione nonché l’esistenza della Casa dei risvegli. Così
anche quest’anno noi tutti condivideremo lo spirito di questa giornata
immersi nell’atmosfera del PalaSavena con gli amici di sempre di Reggio
Emilia, con i graditi ritorni delle bolzanine di Bronzolo e delle toscane di
San Miniato nonché con le gradite
novità delle under 16 della Sirio Peru-
gia e delle triestine della Libertas.
Sarà una grande festa, come sempre e
insieme a ottima pallavolo giovanile
(diverse di queste sono ai vertici
nazionali di categoria) allungheremo
questo cammino di conoscenza verso
il coma coinvolgendo altri amici.
sostiene la “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” e il “Centro Studi per la Ricerca sul Coma”
Puoi contribuire anche tu con un versamento: CARISBO CC 3802 - FILIALE DUE TORRI - BOLOGNA
Piazza di Porta Ravegnana, 2/B - Cab. 02504-9 - Abi 6385-9
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La coscienza negli stati vegetativi
il recente studio su “Scienze” e le ricerche condotte a Bologna
Su “Scienze” è comparso recentemente un interessante
studio inglese da Cambridge su “Segnali di consapevolezza negli stati vegetativi” in cui si analizza il caso di
una ragazza di 23 anni, con grave trauma cerebrale a
seguito di incidente, che grazie all’indagine della Risonanza Magnetica Funzionale ha mostrato incredibili
segnali di attività cerebrale.
A Bologna Roberto Piperno direttore della Casa dei
Risvegli Luca De Nigris e responsabile scientifico del
Centro Studi per la Ricerca sul Coma diretto da Fulvio
De Nigris sta conducendo con il Servizio di Neuroradiologia, Ospedale Bellaria, Bologna, diretto dal Prof.
Marco Leonardi con l’Unità Operativa di Medicina Riabilitativa Ospedale Maggiore (che dirige) e la Casa dei
Risvegli Luca De Nigris uno studio in questa stessa
direzione.
“Normalmente si ritiene che l'assenza di responsività
comportamentale alle richieste o agli stimoli dell'ambiente – afferma Roberto Piperno, responsabile scientifico del Centro Studi per la Ricerca sul Coma - corrisponda inequivocabilmente all'assenza di un qualunque
livello di consapevolezza e ad una mancata elaborazione cognitiva degli input sensoriali. Eppure, a partire
dalla fine degli anni '90, un numero crescente di rapporti pubblicati (basati su tecniche di neuroimaging come la
fMRI o la PET oppure MEG e potenziali evento correlati - ERPs -) hanno mostrato, anche se ancora in maniera solo aneddotica, una situazione inattesa: in qualche
circostanza elementi di stimolazione complessa possono
essere processati in circuiti neuronali appropriati. Certe
funzioni cerebrali potrebbero pertanto essere più preservate di quanto si immaginava in precedenza e molti
pazienti sarebbero capaci di percepire e processare vari
aspetti visivi e uditivi dell'ambiente, incluso, in qualche
caso, elementi semantici del linguaggio. Vi è dunque
una evidenza di "covert cognitive processing" almeno in
alcuni pazienti con VS. Alcune indicazioni suggeriscono che questo effetto diviene evidente soprattutto utilizzando paradigmi di attivazione che abbiano un forte
contenuto emotivo. L'unica conclusione possibile è che,
allo stato attuale delle conoscenze, non sappiamo se i
pazienti in SV, o almeno tutti i pazienti in SV, siano
completamente incoscienti”.
Questi i dati forniti dai neuroradiologi sugli studi intrapresi a Bologna: “Da Giugno 2005 a oggi abbiamo stu-
Immagine a corredo dell’articolo apparso su “Science”
diato con Risonanza Magnetica Funzionale 9 pazienti (4
donne e 5 uomini) di età compresa tra 14 e 43 anni con
esiti di coma (stato vegetativo e stato di Coscienza
Minima. In ciascun paziente è stato eseguito lo studio di
attivazione, sottoponendo i pazienti all'ascolto di storie
di voci familiari, all'ascolto della stessa voce in reverse
e infine all'ascolto di voce familiare.
Con i dati attualmente a nostra disposizione possiamo
confermare come gli studi di attivazione con Risonanza
Magnetica siano in grado di documentare in alcuni dei
pazienti in stato vegetativo o minimamente cosciente,
l'attività di circuiti cerebrali che sono alla base di funzioni cognitive. In particolare, in uno di essi, l'attivazione di un'area corticale in regione insulare dimostra
anche un coinvolgimento emozionale da parte del
paziente. Questi nostri dati sono preliminari”.
Uno dei convegni del 7 ottobre a Bologna per l’ottava
“Giornata nazionale dei risvegli per la ricerca sul coma
–vale la pena” con il patrocinio del Ministero della Salute avrà come titolo “C'E' QUALCUNO LI' DENTRO?
Possibilità di esplorazione di funzioni mentali nascoste
o residue nel paziente in stato vegetativo e di coscienza
minima”. A questa iniziativa oltre agli studiosi di Bologna parteciperà tra gli altri Niels Birbaumer direttore
dell'istituto di neuro biologia medica del comportamento e di psicologia all’ Università Eberhard Karl Tübingen e sarà l’occasione per approfondire queste tematiche alla luce delle ricerche ancora in corso.
Sabato 7 ottobre - ore 14.30-18.00 - Cappella Farnese, Palazzo d’Accursio - Piazza Maggiore 6 - Bologna
C’È QUALCUNO LI DENTRO?
Possibilità di esplorazione di funzioni mentali nascoste o residue nel paziente in stato vegetativo e di coscienza minima.
Coordinano
Pasquale Montagna
clinica neurologica Università di Bologna
Roberto Piperno
direttore Casa dei Risvegli Luca De Nigris
Relazioni di
Monica Maffei, Raffaele Agati, Daniela Cevolani,
Stella Battaglia, Marco Leonardi, Renata Ricci
Servizio di Neuroradiologia - Ospedale Bellaria
“Le prospettive neuroradiologiche”
Levy Rahmani
ordinario di psicologia Università di Tel Aviv
Cristina Di Stefano
ricercatrice centro Studi per la Ricerca sul coma
Silvia Faenza fisioterapista Casa dei Risvegli
Luca De Nigris
“Possibilità di esplorazione di funzioni
precognitive tramite la stimolazione
facilitante”
Niels Birbaumer, direttore dell'istituto per
neuro biologia medica di comportamento e di
psicologia Università Eberhard Karl Tübingen
“Vivere il silenzio: Brain computer
interfaces (BCI) in paralisi”
Discussioni e conclusioni
Crediti ECM per Medici Fisiatri, Neurologi, Riaminatori, Psicologi, Fisioterapisti,Tecnici di
Neurofisiopatologia, Logopedisti
Diretta internet audio video realizzata da Asernet sul sito www.amicidiluca.it
Rompere il Silenzio
Brain- Computer- Interface nelle Paralisi e nei Gravi Danni Cerebrali
di Niels Birbaumer
National Institutes of Health (NIH), NINDS,
Human Cortical Physiology, USA
Institute of Medical Psychology and Behavioral Neurobiology, University of Tuebingen,
Germany
BCIs (Le Interfacce CervelloComputer) utilizzano l’attività cerebrale del paziente per
attivare un dispositivo esterno, nella maggior parte dei
casi un computer. Pazienti
con Sclerosi Laterale Amiotrofica (ALS), completamente paralizzati, e pazienti dopo
un grave trauma cranico sono
stati addestrati ad utilizzare i
loro potenziali corticali lenti
all’EEG (SCP) ed il ritmo
sensomotorio (SMR) per
selezionare lettere da un
menù del computer.
Prima dell’addestramento
con il BCI, 100 pazienti completamente paralizzati con
ALS e gravi lesioni cerebrali,
la maggior parti dei quali con
diagnosi di stato vegetativo
(VS), erano stati diagnosticati tramite un paradigma di
potenziali cerebrali eventocorrelati (ERPs). Sono stati
presentati compiti di differente complessità con registrazione degli ERPs.
Tutti i pazienti con ALS ed il
25% di quelli con VS mostrarono potenziali cerebrali
cognitivi evocati normali o
minimamente anomali. Sono
discussi i risultati del training
BCI e le conseguenze etiche
di questi risultati per il trattamento e per le decisioni sulla
fine della vita.
Con il contributo del Deutsche
Forschungsgemeinschaft (DFG) and NIH,
NINDS
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Migliorare la vita della persona disabile
alcune riflessioni in occasione della Giornata dei Risvegli
di
Luigi Mazza
Responsabile gestione
sviluppo politiche area disabili
Regione Emilia-Romagna
Quando si parla di disabilità e riabilitazione i professionisti e gli operatori
dei servizi cadono spesso nella tentazione di prestare un interesse quasi
esclusivo al sistema dei servizi formali, in particolare sanitari ed ospedalieri, dimenticando invece che sono
almeno quattro le risorse che possono
garantire alla persona disabile una
migliore qualità della vita: non solo il
sistema dei servizi formali, ma soprattutto la stessa persona con disabilità,
la sua famiglia ed infine le reti di solidarietà formale e informale, comprendendo in tale accezione sia l’associazionismo, che tutte le forme di volontariato e solidarietà informale.
Allo stesso modo quando si parla
delle situazioni individuali delle persone colpite da cerebrolesione, la
discussione si limita spesso alle situazioni di maggiore gravità, agli individui in stato vegetativo e/o di minima
coscienza. Sappiamo, invece, che è
altrettanto difficile garantire il ritorno
alla vita sociale a quelle persone che a
seguito ad esempio di un trauma, pur
non essendo totalmente non autosufficienti, riportano gravi deficit sul
piano cognitivo, motorio e comportamentale.
Sul versante delle risorse e dei bisogni
occorre dunque mantenere una prospettiva ampia, adottando quell’approccio di carattere bio-psico-sociale
che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha indicato.
In Emilia-Romagna, ad esempio, per
affrontare la sfida delle cerebrolesioni
esiste un sistema efficiente e qualificato di servizi per l'emergenza, con il
progetto sulle Gravi Cerebrolesioni è
stata realizzata una riorganizzazione
e qualificazione della rete ospedaliera
e territoriale che ha portato all'identificazione di punti di eccellenza e alla
costruzione di percorsi di continuità
assistenziale e riabilitativa. Con la
Deliberazione della Giunta Regionale
n.2068/04 è stato infine avviato un
processo di potenziamento dei servizi
territoriali extra-ospedalieri nella
logica dell'integrazione socio-sanitaria e con l'obiettivo di offrire anche
alle persone in situazione di maggiore
gravità nuove opportunità di assistenza domiciliare e di ospitalità residenziale.
Altrettanto importante è il processo
che è già stato avviato a livello regionale, così come il dibattito che si sta
riaprendo proprio in questi giorni a
livello nazionale, per la costituzione di
un fondo dedicato alla non autosufficienza, che potrebbe portare ulteriori
risorse nel settore dei servizi per
anziani e disabili per l'assistenza a
lungo termine. La Regione EmiliaRomagna ha già iniziato a dedicare
specifiche risorse al tema della non
autosufficienza e proprio in questi
giorni di inizio settembre in cui si
dibattono i contenuti del disegno di
legge finanziaria del Governo, leggiamo sui giornali che la stessa Ministro
Turco ha rilanciato la proposta di una
tassa di scopo o di un contributo di
solidarietà per finanziare un fondo
destinato alle esigenze delle famiglie
con la presenza di persone non autosufficienti.
Nonostante questi progressi siano di
fondamentale importanza, la nostra
esperienza ci porta comunque ad
affermare che i servizi formali, quando sono isolati dalla comunità locale,
da soli non possono comunque vincere la sfida del superamento dell'handicap.
Occorre dunque riflettere e valorizzare il ruolo anche degli altri tre protagonisti di questa sfida: la persona con
disabilità innanzitutto, in secondo
luogo la sua famiglia ed infine le reti
di solidarietà formale ed informale.
Come ha scritto la psicologa Sorrentino in una sua recente pubblicazione
("Figli disabili" Cortina Ed., Milano),
non è facile ipotizzare l'esperienza
soggettiva della persona disabile,
soprattutto quando questa ha pochi
mezzi per comunicarcela. Se saputi
ascoltare, tuttavia, anche le persone
con le compromissioni più gravi ci
possono parlare della difficoltà di
ricostruire la propria identità tra
prima e dopo il trauma, del conflitto
tra desiderio e incapacità, della dipendenza protratta come costrizione,
della difficoltà di ritrovare o acquisire
autonomia personale e se possibile
una vita indipendente al di fuori della
famiglia di origine.
Occorre dunque affrontare il tema
delle conseguenze psicologiche e
sociali della disabilità e riflettere sul
ruolo della persona nel sistema di
relazioni familiari ed extra familiari.
In questa stessa direzione altri Autori
hanno approfondito il concetto di
"resilienza" intesa come la capacità
che alcune persone dimostrano nel
saper riorganizzare in senso positivo
la propria vita, anche dopo esperienze
terribili o profonde situazioni di crisi
(Cyrulnik e Malaguti "Costruire la
resilienza", Ed. Erickson, Trento).
Come ci insegna la stessa classificazione internazionale “ICF” su funzionamento e disabilità elaborata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità,
per comprendere i bisogni della persona dobbiamo dunque utilizzare un
approccio bio-psico-sociale, mentre
per favorirne l’autonomia e la parteci-
pazione sociale dobbiamo assumerne
una visione positiva, mettendo in
risalto più i punti di forza dell’individuo che i sui deficit e le sue limitazioni.
Infine, anche quando le capacità dell'individuo non sono sufficienti a
sostenere una relazione, attribuire a
chi è malato, soprattutto se ricoverato,
l'identità di persona è utile per umanizzare e personalizzare l'ambiente di
cura e soprattutto per dare senso ed
un fondamento morale al processo di
assistenza. Dal punto di vista sociologico, una delle più autorevoli definizioni di questo concetto è presente
nell’opera del sociologo nordamericano Goffman (“La vita quotidiana
come rappresentazione”, Il Mulino,
Bologna), che ha ispirato il processo
di de - istituzionalizzazione e per il
quale quella delle "non-persone" è
una categoria standard di persone
che, ad esempio, sono spesso trattate
in loro presenza come se non fossero
presenti, i casi più frequenti sono tra i
giovanissimi, gli anziani ed anche i
malati.
Se dunque la letteratura scientifica di
ambito psicologico e sociale ha da
tempo messo in evidenza il ruolo
determinante dell’empowerment e
dell’iniziativa individuale, non sono
altrettanto diffusi servizi di sostegno
psicologico, interventi educativi specializzati sulle disabilità acquisite o il
cosiddetto lavoro sociale di rete.
La terza risorsa per il superamento
dell’handicap è la famiglia. Della
famiglia conosciamo ormai piuttosto
bene i bisogni, in particolare sul versante dell’assistenza e del supporto
materiale, meno sul versante psicologico. Sappiamo infatti che, oltre ad
avere i problemi di tutte le altre famiglie cosiddette normali, una famiglia
che ospita una persona non autosufficiente ha anche dei problemi extra, ad
esempio, di natura economica, quali le
maggiori spese per servizi e prestazioni o i mancati guadagni legati al fatto
che molto spesso qualcuno dei familiari è costretto a rinunciare al proprio
lavoro. Esiste poi il problema di dover
dedicare molto tempo ed energie
all'assistenza e alle cure pratiche del
proprio familiare malato, finendo così
per esaurire le proprie energie fisiche
e psicologiche, senza spesso avere sufficiente tempo libero per poterle recuperare. Altri problemi delle famiglie
sono la solitudine, l'isolamento sociale
ed anche le relazioni e gli equilibri
familiari che di fronte alla disabilità
sono sempre più difficili da mantenere e spesso compromessi, ad esempio,
tra i coniugi, tra genitori e figli o tra
fratelli.
Se da un lato la famiglia con una persona non autosufficiente ha molti pro-
blemi da affrontare, dall'altro lato è
altrettanto vero che sono molto
numerose anche le risorse che le famiglie spesso dimostrano di possedere
nell'affrontare i problemi legati alla
disabilità.
Come hanno dimostrato molti studi e
pubblicazioni la capacità di una famiglia di affrontare e risolvere problemi
dipende da fattori quali le caratteristiche personali dei vari componenti
della famiglia, quali ad esempio il loro
livello di motivazione, il loro livello di
autostima o il loro grado di apertura
mentale, tolleranza e resistenza al
cambiamento. Giocano un ruolo
determinante anche la qualità delle
relazioni ed il livello di comunicazione all'interno della famiglia, così come
il livello di accordo tra i vari componenti (AA.VV. "La sfida dell'handicap e della malattia cronica", Ed.
Erickson, Trento).
La famiglia è dunque una risorsa fondamentale che deve pertanto essere
sostenuta, non solo dal sistema dei
servizi, ma anche da quella che in questa nostra esposizione è la quarta ed
ultima risorsa per la qualità della vita
della persona disabile. Mi riferisco in
particolare al volontariato ed al ruolo
delle reti di solidarietà formale ed
informale.
Al terzo settore ed al volontariato
vengono solitamente attribuite tre
funzioni principali. La prima è quella
di rappresentare interessi e soddisfare
bisogni di determinate fasce bisognose della popolazione. Si dice infatti
che il privato sociale è capace di intercettare bisogni emergenti o latenti
perché è espressione diretta della
società civile.
Un'altra funzione è quella di proporre servizi innovativi in settori nei quali
il pubblico o il mercato non sono
ancora intervenuti o fanno più fatica
ad entrare.
Infine non va assolutamente dimenticata la capacità che le organizzazioni
non profit hanno di intercettare
nuove risorse sia economiche che
umane.
Queste tre funzioni si stanno da
tempo dimostrando preziose anche
nel settore della disabilità e delle
cerebrolesioni in particolare, che sono
caratterizzati da una forte eterogeneità dei bisogni, dalla necessità di
introdurre servizi sempre più innovativi e specializzati ed infine dal bisogno di sempre nuove risorse.
Si tratta dunque di indicazioni sulle
quali continuare a lavorare in futuro
ed è positivo che in occasione della
“Giornata dei Risvegli” sia stato organizzato un convegno per riflettere
anche sul ruolo delle associazioni e
l’impegno delle famiglie.
G I O R N ATA N A Z I O N A L E D E I R I S V E G L I
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Coma e stati vegetativi
una nuova alleanza terapeutica: ruolo delle associazioni e impegno delle famiglie
E’ possibile affrontare la riabilitazione con un team multidiscipplinare dove anche la famiglia è accolta per le sue competenze? E’ possibile integrare la visione prettamente tecnica
della medicina con una approccio umanistico che affronti l’emotività senza necessariamente “tenerla a bada”? E’ possibile la sinergia tra associazioni particolarmente affini, per storia e progettualità, al fine di definire obiettivi comuni? Sono queste solo alcune delle domande che si pone questo convegno.
Due giornate, di seminario e di confronto, per stabilire alcuni temi prioritari sui quali articolare un primo documento di discussione da esporre al Ministro della Salute Sen. Livia
Turco che ha accolto le proposte dell’ottava “Giornata nazionale dei Risvegli” con grande partecipazione.
E’ un punto di partenza, un lavoro da portare avanti assieme in vista della prossima “Giornata nazionale dei Risvegli”....
Cappella Farnese, Palazzo d’Accursio - Piazza Maggiore 6 - Bologna
PROGRAMMA
Venerdì 6 ottobre (14.00- 18.00) seminario di studio
discutono
Gli amici di Luca, Bologna
“Facilitare il reinserimento a domicilio.
Una proposta sulla legge 104”
Maria Vaccari presidente associazione Gli amici di Luca
Loris Betti responsabile clinico Casa dei Risvegli Luca De Nigris
Arco 92 Roma
“Supporto psicologico alla famiglia e al paziente
in fase di recupero postcoma”
Elena Villa, presidente associazione “Arco 92”
Francesca Bruni psicologa associazione “Arco 92”
“Rinascita e vita”, Genova
“Modello di assistenza a domicilio funzionale ed
integrato”
Elena De Girolamo
presidente dell’associazione “Rinascita e Vita”
Roberto Rago
responsabile scientifico dell’associazione “Rinascita e Vita”
Genesis S. Pellegrino Terme, Bergamo
“Oltre la riabilitazione”
G. Pietro Salvi responsabile centro neurologico Villa Quarenghi
“L’esperienza francese”
Jean-Luc TRUELLE Vice presidente European Brain Injuri
(EBIS) - Service de médecine physique et réadaptation
CHU Raymond-Poincaré, Garches
Jean Barucq Presidente UNAFCT, Parigi
Sabato 7 Ottobre 2006 (9.00 -14.00)
Saluto delle autorità
apertura dei lavori
Alessandro Bergonzoni ,
testimonial Casa dei Risvegli Luca De Nigris
Franco Riboldi direttore generale Azienda Usl di Bologna
Le esperienze delle associazioni. Presentazioni
Arco 92, Roma; “Rinascita e vita”, Genova; Genesis,
S. Pellegrino Terme, Bergamo; Gli amici di Luca,
Bologna; UNAFCT. Parigi
Interventi di:
Pina Lalli Università di Bologna
Carlo Romeo presidente Segretariato Sociale Rai
Massimo Barra presidente Croce Rossa Italiana
Edio Costantini presidente CSI (Centro Sportivo Italiano)
“Esposizione del documento elaborato nel corso
del seminario di studio”
Fulvio De Nigris dir. Centro Studi per la Ricerca sul Coma
Spazio al dibattito e conclusioni
Sen. Livia Turco, Ministro della Salute
Crediti ECM per medici fisiatri, neurologi, infermieri, educatori, psicologi, terapisti occupazionali, fisioterapisti
Il convegno promosso dal Centro Studi per la Ricerca sul
Coma, in collaborazione con U.O. Medicina riabilitativa
Ospedale Maggiore Bologna, è aperto a medici che attuano
nelle loro strutture modelli di partecipazione sociale, associazioni di settore impegnate sul territorio nazionale ed
internazionale, gruppi di famiglie che vivono il problema
commissione di esperti
Daniele Donati, Spisa,, Università di Bologna
Mauro Sarti, giornalista, Università di Bologna
Fulvio De Nigris, direttore Centro Studi Ricerca sul Coma
Anna Mazzucchi, neurologa, Centro S. Maria dei Servi,
Fondazione Don Gnocchi, Parma
Luigi Mazza, Resp. gestione sviluppo politiche area disabili
Regione Emilia-Romagna
Roberto Piperno, direttore Casa dei Risvegli Luca De Nigris
Maria Vaccari, presidente associazione Gli amici di Luca
Diretta internet audio video realizzata da Asernet sul sito www.amicidiluca.it
LOMBARDIA
Genesis
a S.Pellegrino Terme un’associazione in aiuto alle famiglie ed ai pazienti
di G. Pietro Salvi, Presidente associazione Genesis
L’Associazione Genesis ha sede presso la Clinica
Quarenghi di San Pellegrino Terme, struttura accreditata dal 1976 come istituto riabilitativo per le gravi
cerebro lesioni. Gli associati di Genesi sono 1500.
Quando nel 1989 assieme ai parenti, familiari e all’equipe riabilitativa della Clinica Quarenghi di San Pellegrino Terme abbiamo fondato l’Associazione Genesis, avevamo ben chiara in mente l’idea di incominciare a parlare di un problema, quello del trauma cranico,
che ci stava molto a cuore, che viviamo tutti i giorni e
che cominciava a farsi sentire anche fra la gente.
Non sapevamo delle difficoltà che avremmo incontrato, delle delusioni e delle soddisfazioni che avremmo
vissuto ma, con l’entusiasmo che ci accompagna in
ogni nostra iniziativa, ci siamo buttati a capofitto in
questa nuova avventura. A distanza di tempo possiamo
dire di aver fatto bene,di aver colto nel segno, di aver
anticipato i tempi. Infatti ci rendiamo conto che ora la
gente è più informata, ha una sensibilità nuova, è più
partecipe e vive con più civiltà questo problema.
Se in tutto ciò la nostra Associazione avrà avuto
anche solo un piccolo merito ne saremo felici ed
orgogliosi. Questo ci compenserà di tutti gli sforzi fino
ad ora fatti e insieme a tutti quelli che vorranno darci
una mano, con entusiasmo continueremo su questa
strada.
Che cosa fa l’Associazione Genesis.
L’intento della Genesis è quello di portare un contributo morale e materiale alle persone divenute disabili a seguito di un trauma cranico.
Genesis pone particolare attenzione ai problemi dei
genitori, dei parenti, dei pazienti che sono stati colpiti
da questa malattia, favorendo incontri e dibattici
affinché, attraverso uno scambio di esperienze, si giunga ad una migliore accettazione della propria condizione.
In particolare, durante il periodo di degenza, svolge un
ruolo importante nel sostegno psicologico alle famiglie
del parente, con sedute individuali o di gruppo. Infatti,
i famigliari sono parte fondamentale del progetto terapeutico, il loro affetto, le loro cure continue, la totale
dedizione al paziente sono un aiuto indispensabile.
Sempre in aiuto alla famiglia ed ai pazienti, Genesis
organizza attività ricreative, come atelier, lettura, giochi di società, serate in compagnia, visite a musei,
mostre, spettacoli teatrali. In caso di bisogno la Genesis offre anche aiuti materiali ed economici.
Dopo la dimissione dalla clinica l’Associazione rimane un punto di riferimento per le famiglie per i problemi medico-riabilitativi, burocratici e legali, inoltre
organizza per le famiglie a scopo informativo, incontri con medici ed operatori specialisti nella riabilitazione del trauma cranico.
Con la rivista dell’Associazione Punto d’Incontro , si
informa e si aggiorna l’associato sulle novità che vengono proposte sia nel campo medico sia legislativo che
burocratico.
Ogni anno viene organizzato un ritrovo fra tutti gli
associati e vengono promosse gite – vacanza per i
pazienti e per i familiari.
Genesis favorisce l’inserimento delle persone riabilitate nel mondo lavorativo ed inoltre si impegna nella
divulgazione e nella sponsorizzazione di opere scritte
da autori disabili.
L’Associazione si propone inoltre di far conoscere e
favorire la diffusione nella popolazione di tutte quelle informazioni necessarie a prevenire e curare le
malattie che provocano handicap psico-motorio.
Genesis è anche attiva sul fronte della campagna per
l’abbattimento delle barriere architettoniche, oltre
naturalmente di quelle psicologiche.
Genesis ha organizzato una rete comprendente le
cooperative sociali, le RSA presenti sul territorio, con
l’ufficio della provincia e dell’ASL per le disabilita,
dove i problemi burocratici, sociali ed inserimento
vengono affrontati direttamente con la nostra Associazione. Inoltre con Genesis Sport, Associazione nata
nel 2001, avviamo alla pratica sportiva i ragazzi che
desiderano effettuare attività ludica o competitiva.
Il trofeo Genesis Sport che si svolge a San Pellegrino
Terme è alla quinta edizione e comprende gare di
torball e la maratonina di 10 Km per non vedenti.
Quest’anno abbiamo fatto richiesta a Bruxel di fondi
europei per finanziare il progetto “Mimma Bellantuoni” , che ci permetterà di valutare 300 ragazzi affetti da grave cerebro lesione, al fine di reinserirli nelle
attività scolastiche e lavorative.
Se si pensa che secondo l’EBIS in Europa vi sono
1.000.000 di ricoveri all’anno per trauma cranico,
50.000 decessi e 10.000 disabili all’anno, soprattutto
giovani, ci si rende conto di quanto lavoro ed impegno
siano necessari da parte di tutti.
Per aiutare parenti e famigliari e combattere con la
prevenzione e la terapia riabilitativa questo temibile
trauma, a San Pellegrino Terme il 01 ottobre di quest’anno si è costituita l’Associazione Traumi Cranici e
Gravi Cerebro-lesioni ( A.T.C. ).
In tutta Italia abbiamo così formato una realtà di
aiuto che potrà andare incontro alle richieste di queste persone. E’ un altro piccolo germoglio che speriamo fiorisca e sia per lungo tempo ricco di frutti.
A nome di tutti i nostri associati ringrazio i volontari
di Genesis, che veri doni di Dio, guidati, sostenuti, gratificati e riconosciuti nel loro ruolo ci danno un prezioso ed insostituibile aiuto.
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LAZIO
L’A.R.Co.92 - Associazione per la Riabilitazione del Comatoso - Onlus (Organizzazione non lucrativa di utilità sociale) nasce e si sviluppa a Roma nel 1992
su iniziativa di alcune persone provate
dal dramma di un parente ricoverato in
coma a seguito di un grave trauma cranico.
Fin dalla sua costituzione, l’Associazione è presieduta da Maria Elena Villa,
coadiuvata da specialisti del settore (rianimatori, neurologi, fisiatri, fisioterapisti, logopedisti, psicologi ed infermieri.)
impegnati prevalentemente nei reparti
di Rianimazione del Policlinico "A.
Gemelli" e dell’I.R.C.C.S. "Santa
Lucia" di Roma, con l’indispensabile
aiuto di un gruppo di volontari.
L’A.R.Co.92 Onlus opera per colmare almeno parzialmente - i grandi vuoti del
Servizio Sanitario Nazionale nel settore
dell’assistenza ai post-comatosi. La
mortalità dei neurolesi è, infatti, notevolmente diminuita grazie a tecniche
rianimatorie sempre più efficaci e, progressivamente, è andato aumentando il
numero delle persone - soprattutto giovani - che necessitano di una lunga ed
attenta riabilitazione. Tuttavia, in Italia
le strutture specialistiche non sono state
adeguate alle nuove esigenze terapeutiche di questi pazienti. In troppi casi è
quindi necessario rivolgersi a strutture
straniere, con costi eccessivi per la maggior parte dei malati e dei loro familiari.
A
tale
proposito,
le
attività
Arco 92
il progetto Dago coinvolge i familiari nel
processo riabilitativo
dell’A.R.CO.92 Onlus sono indirizzate
principalmente verso i seguenti obiettivi:
- sensibilizzare l’opinione pubblica sui
problemi del coma e del post-coma;
- fornire supporto volontario agli operatori dei servizi pubblici e privati di Rianimazione e di Riabilitazione; assistere i
familiari del malato durante e dopo il
suo ricovero;
- prestare assistenza a domicilio per i
pazienti dimessi dalle strutture di ricovero e bisognosi di terapie motorie e neuropsicologiche;
reperire fondi per l’acquisto di apparecchiature, ausili e medicinali
necessari per migliorare
la qualità della vita del
malato.
Accanto alle attività di
carattere
sociale,
l’A.R.CO92 Onlus si
adopera per promuove- Elena Villa
re lo sviluppo delle conoscenze scientifiche per la prevenzione e il trattamento
dello stato di coma attraverso:
- l’istituzione di borse di studio per l’aggiornamento di medici ed infermieri;
- il sostegno alla ricerca sull’epidemiologia del trauma cranico; l’organizzazione
di convegni, congressi e giornate di studio.
Nel dicembre del 1999 l’A.R.Co.92
Onlus e la Fondazione Santa Lucia, in
collaborazione con l’Assessorato alle
Politiche per la Qualità
della Vita della Regione
Lazio e l’Istituto San
Michele, hanno inaugurato a Roma “Casa
Dago”: una struttura
demedicalizzata in grado
di accogliere il paziente
post-comatoso e un suo
congiunto nel delicato
momento della dimissione dall’ospedale di riabilitazione ed assisterlo
Presidente associazione Arco 92
concretamente nella reintegrazione
familiare, sociale e lavorativa. In questa
casa-famiglia opera un’equípe multidisciplinare dell’I.R.C.C.S. Santa Lucia.
L’obiettivo è promuovere le potenzialità e le capacità residue di un paziente
post-comatoso affinché possa essere
comunque attivo, pur con un deficit
neuromotorio o neuropsicologico.
Casa Dago è la prima struttura in Italia
per la reintegrazione familiare, sociale,
scolastica e lavorativa del paziente postcomatoso destinata a pazienti con deficit neuromotori e neuropsicologici (conseguenti al risveglio dal coma) che
seguono programmi riabilitativi in regime di day-hospital o ambulatoriale
presso istituti specializzati.
Ognuno dei pazienti trova alloggio
insieme ad un proprio familiare:
entrambi vengono istruiti per raggiungere e mantenere gli obiettivi del progetto di reintegrazione Neuropsicologi,
psicoterapisti, logopedisti, terapisti della
riabilitazione, assistenti sociali e volontari specializzati garantiscono un
ambiente protetto, dove pazienti e familiari sperimentano insieme i metodi per
recuperare la maggiore armonia e autonomia possibile nella vita quotidiana.
All’interno vengono svolti corsi di informatica, ceramica, decoupage e applicate
terapie innovative che utilizzano, tra
l’altro, arte-terapia, orto-flori-frut-ticoltura (OFFT © ) e attività assistite con
gli animali (pet-terapy).
LIGURIA
Rinascita e Vita
la famiglia nell’ambito del progetto di assistenza domiciliare
di
Elena Di Girolamo
Presidente associazione
Italiana Rinascita Vita
Viviamo in una società capace solo di dirti: “non c’è
più nulla da fare”, “mi dispiace ma ti devi arrangiare”, “sarebbe meglio se staccassimo la spina”.
Ma è proprio tutto così il mondo in cui viviamo? No,
non è tutto così.
Uno degli obiettivi di Rinascita Vita è stato quello
di usare la mia esperienza per aiutare le famiglie che
come la mia sono state costrette a vivere una dura
esperienza di vita come quella del coma, ho voluto
condividere con loro le emozioni ,le sofferenze, e le
preoccupazioni.
Insieme, lavorando con tenacia e determinazione, si
può arrivare al cuore delle Istituzioni che sembrano
non voler sentire e non voler vedere la nostra immane fatica.
Prima della nascita del servizio domiciliare cominciava per il paziente una fase estremamente logorante di abbandono sanitario e sociale, dal momento in
cui, passata la fase acuta e dimesso dall’ospedale,
viene affidato ai famigliari. Per questo motivo ho
combattuto per fare in modo che a Genova, la mia
città, nascesse , il Progetto “Assistenza Domiciliare”,
attraverso una collaborazione tra le risorse della mia
Associazione e quelle degli Enti Pubblici. Tale progetto si occupa in modo organico dei pazienti postcomatosi traumatizzati cranio-encefalici. con gravi
disabilità cognitivo-comportamentali e motorie,
dimessi dall’ospedale ed accolti a domicilio dai propri congiunti.
L’obiettivo è stato di pianificare una serie di azioni,
finalizzate alla formazione, educazione, supporto,
assistenza e riabilitazione di questi soggetti e delle
loro famiglie proponendo un intervento organico e
sinergico tra Associazione , SSN ed Enti Pubblici, al
fine di ottimizzare le risorse presenti sul territorio.
Per affrontare efficacemente i problemi di gestione
della cura domiciliare, è necessario attivare
un’“alleanza terapeutica” rivolta alla cura del
paziente, tra la famiglia, portatrice di bisogni e di
risorse, e l’Associazione erogante i servizi di sostegno e cura del traumatizzato cranio-encefalico, con
gravi esiti di coma.
Lo stress cui è esposto il familiare, porta come logica conseguenza la necessità di aiutarlo durante tutto
il percorso di malattia, attraverso l’istituzione di un
progetto di intervento Educativo-Terapeutico-Educativo-Assistenziale domiciliare sul paziente e quindi sulla famiglia.La persona che si prende cura del
malato (in genere si tratta di genitore, coniuge-compagno, figlio), è sottoposto a un logorio tale da compromettere la “qualità della cura” ed in qualche
caso, da poter indebolire il potenziale di salute, la
dimensione fisica, psichica e relazionale, del famigliare stesso.
I famigliari sono coloro che arrivano a definire la
dimensione psicomotoria del malato, attraverso la
sua conoscenza, la consapevolezza della sua personalità premorbosa, delle sue caratteristiche, abitudini, del suo modo di esprimersi e di comunicare. Il
nucleo familiare è in grado di tradurre in maniera
comprensibile parole, segnali, gesti, frasi intellegibili
ed umori del paziente, aiutandolo a riconoscere,
accogliere, accettare le modificazioni fra il prima e il
dopo. In tutto questo percorso nell’ambito del Progetto di assistenza Domiciliare, gli Operatori, con la
propria competenza, concorrono ad una lettura della
realtà, dei bisogni e delle risorse del paziente ed
anche della famiglia ed allo stesso tempo i famigliari
trovano in loro una “nuova famiglia” dalla quale
vengono sostenuti nel duro percorso della riabilitazione.
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8
EMILIA ROMAGNA
Gli amici di Luca si sono costituiti nel 1997
per provvedere, attraverso un appello alla
solidarietà, alle cure necessarie per risvegliare Luca, ragazzo bolognese di 15 anni in
coma per 240 giorni e purtroppo scomparso
nel 1998.
Dalla vicenda di Luca è germogliata una promessa: la nascita della “Casa dei Risvegli” a
lui dedicata nell’area dell’ospedale Bellaria,
un centro innovativo di riabilitazione e di
ricerca, un progetto che nasce dal felice
incontro tra l’associazione di volontariato
onlus Gli amici di Luca e l’Azienda Usl di
Bologna che lo gestisce. Al progetto sperimentale validato dalla Regione Emilia Romagna aderiscono il Comune e la Provincia di
Bologna, l’Università degli studi di Bologna
e molte preziose adesioni.
Il centro, è diretto dal prof. Roberto Piperno
(responsabile clinico dott. Loris Betti) ed è
stato inaugurato a Bologna il 7 ottobre 2004
in occasione della sesta “Giornata nazionale
dei risvegli per la ricerca sul coma- vale la
pena”. Affiancato alla struttura Il Centro
Studi per la Ricerca sul Coma, direttore Fulvio De Nigris, che nasce dal percorso di esperienza legato al progetto della “Casa dei
Risvegli Luca De Nigris”, dove si prevede la
necessaria integrazione fra competenze medico – riabilitative, psicopedagogiche, volonta-
Gli amici di Luca
innovazione e modello sperimentale
riato formato e tecnologie innovative. La
ricerca e lo sviluppo implicati nel progetto
impongono non solo una forte transdisciplinarità all’interno del singolo gruppo di ricerca ma soprattutto una costante collaborazione
tra gruppi di ricerca.
L’associazione Gli amici di Luca svolge inoltre attività di informazione e sensibilizzazione sul tema, di formazione di volontari qualificati per aiutare chi si trova in condizioni di
estrema difficoltà, per sorreggere le famiglie
e lavorare insieme ad esse, per contrapporre
una cultura della cura a una prassi dell’abbandono. Ha anche attivato da alcuni anni il
servizio “Comaiuto” (numero verde 800
998067), che diffonde gratuitamente la rivista
“Gli amici di Luca Magazine” e le guide per
le famiglie edite da Alberto Perdisa grande
sostenitore della nostra associazione e della
Casa dei Risvegli Luca De Nigris.
L’intenzione, anche attraverso la GIORNATA
DEI RISVEGLI PER LA RICERCA SUL
COMA – VALE LA PENA – 7 ottobre, giunta alla settima edizione sotto l’Alto Patronato
del Presidente della Repubblica, è quella di
sensibilizzare il sistema sanitario nazionale
per creare una rete di “Case dei risvegli” in
Italia. Un determinante contributo a questo
tema è dato dalla campagna sociale patrocinata da Pubblicità Progresso, testimonial l’attore Alessandro Bergonzoni.
Il progetto della Casa dei Risvegli Luca De
Nigris nasce nel 1998 dall’incontro fra una
associazione di volontariato onlus, Gli amici
di Luca, ed un’azienda sanitaria, l’Ausl di
Bologna.
La drammatica vicenda di Luca, un ragazzo
bolognese di 15 anni che entrò nel cuore della
città per l’appassionata iniziativa dei genitori
e dei tanti amici, mise in luce la necessità di
una diversa articolazione dell’offerta sanitaria nei percorsi di riabilitazione per il coma.
Da qui, l’intenso lavoro svolto negli anni suc-
cessivi dagli esperti dell’Azienda Usl insieme
ai professionisti e volontari dell’associazione,
con la collaborazione del Comune di Bologna, dell’Università degli Studi di Bologna e
della società civile, ha progressivamente delineato un progetto innovativo che per la prima
volta prende forma in questa struttura.
Questa prima “Casa dei Risvegli”, dedicata al
giovane Luca De Nigris, è un Centro ospedaliero di riabilitazione per persone in stato
vegetativo o post vegetativo in fase postacuta
con ancora un potenziale di cambiamento, ed
è una tappa fondamentale dell’assistenza nell’ambito del percorso integrato della provincia di Bologna per gli esiti gravi o gravissimi
di coma. Il modello di assistenza valorizza il
ruolo centrale della famiglia, e la possibilità
di una convivenza continuativa dei familiari
con un ruolo attivo e consapevole permette di
mantenere la relazione, i ritmi e riti della vita
quotidiana.
La collaborazione operativa fra l’Azienda
USL di Bologna e l’Associazione Gli Amici
di Luca consente la presenza di diverse figure professionali, non solo sanitarie, e di
volontari organizzati e quindi una flessibilità
della riabilitazione che non potrebbe esistere
in una struttura tradizionalmente ospedaliera.
e un laboratorio per migliorare costantemente
le possibilità di risveglio e riabilitazione.
CAMPANIA
Gli amici di Eleonora
una nuova associazione porta in Campania il seme della “Casa dei Risvegli”
di Claudio Lunghini
Associazione Gli Amici di Eleonora
Il giorno 07 Agosto 2003 nasceva la ns. primogenita Eleonora, presso la Casa di Cura S. Luca di Caserta, clinica privata provvisoriamente accreditata dalla Regione Campania.
Purtroppo il parto avveniva in situazione disperata, dopo una
lunga sofferenza notturna, causata dalla totale assenza di
medici e/o ginecologi presso la clinica.
Alla nascita, la bimba era praticamente asfissiata, nonché
assolutamente incapace di una autonoma respirazione. Conseguente era il ricovero presso l’Unità di Terapia Intensiva della
A.O. S. Sebastiano di Caserta, diretta dal Dott. Luigi FALCO,
Sindaco della Città.
In quel reparto cominciava una lunga e drammatica battaglia
tra l’equipe medica e la ns. famiglia sul tipo di cure di somministrare alla piccola; la situazione si presentava subito irrecuperabile, e fin dalle prime ore, mi premuravo di chiedere ai
medici di non accanirsi su quel essere già martoriato dalla
nascita, il tutto inutilmente.
I medici procedevano con terapie intensive da noi ritenute
“accanimento terapeutico”, costringendoci a trascrivere questa ns. valutazione sulla cartella clinica. Tutto ciò risultava
inutile, perchè a ns. insaputa, i medici continuavano inutili
trasfusioni e cure intensive al solo scopo di allungare la vita
della piccola , comunque compromessa, certamente destinata
a morte precoce. Pertanto incomprensibile risultava il comportamento medico, spiegabile solamente per allontanare la
possibilità di una denuncia per omicidio colposo al medico
ginecologo, responsabile del parto.
Questa querelle durava per oltre 4 mesi, fino a quando riuscimmo a trasferire ns. figlia presso l’Ospedale Santobono di
Napoli. In quel reparto, i Medici si limitarono alle cure previste dai protocolli medici, con l’ovvia conseguenza che la piccola moriva il 05 Gennaio 2004.
Ovviamente il medico-ginecologo, Dott. PAGANO, che
aveva seguito tutta la fase della nascita è stato denunciato e
rinviato a giudizio. Il processo è iniziato il 25 Maggio 2006
presso la sez. di Caserta del Tribunale di S. Maria C. Vetere.
Unitamente alla denuncia penale, abbiamo inoltrato una serie
innumerevoli di istanze ( all’ASL CE 1 , alla Regione Campania, al Ministero della Sanità) per verificare se la Casa di
Cura S. Luca e la stessa Unità TIN dell’A.O. S. Sebastiano
erano in regola con le norme che regolamentano l’autorizzazione e l’accreditamento delle istituzioni sanitarie, pubbliche
e private.
Dalle verifiche fatte e dalle risultanze dell’indagine del SICS
( Servizio Ispettivo della Regione) è risultato che la Casa di
Cura S. Luca è totalmente priva dei requisiti richiesti e per
questo il reparto di assistenza al parto è stato chiuso.
Ma anche la stessa TIN dell’A.O. S. Sebastiano di Caserta
è risultata carente in tutti i requisiti minimi richiesti dalle
leggi .
Da questa verifica si evidenzia che il Dr. FALCO, Sindaco
della Città, era l’Autorità competente per legge ad effettuare i
controlli, ma conoscendo i problemi del reparto da Lui diretto, probabilmente ha colpevolmente omesso ogni controllo su
tutti i tipi di struttura pubblica o privata esistenti in Città.
Da questo ns. dramma, e dalla verifica delle carenze esistenti nelle strutture sanitarie, nonché delle difficoltà in cui si
trovano le famiglie che vengono colpite da questi eventi,
abbiamo ritenuto utile dar vita alla Onlus “ Amici di Eleonora” per promuovere anche in Campania, una “ Casa dei Risvegli” sul modello di quella realizzata a Bologna dalla Onlus “
Gli Amici di Luca” promossa dai genitori di Luca de NIGRIS,
anche loro colpiti da un dramma simile al nostro.
Ogni risorsa raccolta dalle iniziative messe in cantiere verranno investite in questo progetto.
Il 1° marzo 2006 si è costituita a Napoli l’Associazione “GLI
AMICI DI ELEONORA onlus”, gli scopi sociali sono la promozione e la realizzazione (almeno) di una “Casa dei Risvegli” dal coma in Campania e delle attività ad essa collegate.
La casa dei risvegli dal coma è un centro post - intensivo per
pazienti in coma e l’associazione si propone anche di sostenere le famiglie che attualmente sono costrette, da un’assenza
totale di strutture in Campania, ad andare fuori regione.
Essa si propone tra l’altro di costruire una collaborazione stabile, attraverso un apposita convenzione-protocollo, con l’associazione “GLI AMICI DI LUCA” di Bologna .
I soci fondatori sono : Vincenzo Maddaloni, Claudio Lunghini, Alfredo Pietrolungo, Armando Masucci, Luca Mercogliano, Luigi Foggia, Domenico Crea, Alfredo Mazzei, Margherita Rocco, Elisa Cennamo, Vincenzo Di Cristo, Stefania
Ranucci, Oronzo Caputo, Enrico Angelone, Gerardo Pagano,
Cosimo De Vita. Nella seduta costituente è stata eletta Presidente Margherita Rocco e Presidente Onorario Armando
Masucci, Coordinatore Regionale è Claudio Lunghini.
L’associazione, prende l’avvio dall’azione di sensibilizzazione sul problema portata avanti sul problema degli “stati
vegetativi e stato di minima coscienza” che si registrano sempre più frequentemente e che al momento non trovano dignitose risposte assistenziali in Campania.
Il 21 Febbraio di quest’anno il Ministero della Salute ha reso
noto il lavoro fatto da una commissione ministeriale di studio
e ricerca sulla materia.
Il documento, presentato dal Dr. Filippo Palumbo direttore
generale della programmazione sanitaria, ha evidenziato la
drammaticità della situazione in Italia ed in particolare nelle
regioni meridionali come appunto la Campania.
Attualmente nel Paese vi sono una decina di strutture realizzate, la principale è quella di Bologna.
Nel corso della presentazione dei lavori della commissione il
Prof. Placido Bramanti, direttore del Centro Studi Neurolesi
di Messina e Vice Coordinatore della Commissione Ministeriale ha indicato alcune priorità in rapporto ai dati preliminari dello studio.
“I pazienti in stato vegetativo rappresentano il 6% dei casi
dimessi dalle Unità di Riabilitazione, di questi il 40% è rappresentato da patologie cerebrovascolari (ischemie od emoraggie), il 37% riconoscono una genesi ipotossica (per esempio a seguito di infarto del miocardio), il 22% una traumatica,
l’1% è rappresentato da altre cause (patologie tumorali, infettive...).
Integrando i dati presentati con altri presenti in letteratura,
possiamo concludere che il numero di pazienti in stato vegetativo non è inferiore a 3,5 / 5 per 100.000 abitanti, pari a
2000-2500 pazienti a livello nazionale".
Questo dato equivale ad una richiesta di posti letto in strutture dedicate pari a 3 o 4 per 100.000 abitanti.
Nella sostanza in Regione Campania se ne dovrebbero prevedere almeno 30 o 40 posti letto.
Da studi recenti sono stati individuati anche degli standard
minimi per queste strutture post-intesive: da un minimo di 10
ad un massimo di 15 posti letto.
A noi però più che “unità operativa” piace chiamarla “casa”
perchè nell’ambito di essa si realizzano percorsi terapeutici
dove si cerca di sensibilizzare “tutti i sensi”.
Ad esempio: l’accoglienza dei familiari all’interno della stessa casa dove è preso in carico il paziente facilita, attraverso
l’uso della cucina il “risveglio olfattivo” che rientra nel processo terapeutico, oltre chiaramente a tutte le altra attività riabilitative previste dai protocolli assistenziali.
Nella sostanza la nostra associazione, ritiene che la fase riabilitativa acuta ospedaliera, con un livello riabilitativo di tipo
intensivo, sia molto più efficace se condotta all’interno di aree
meno caratterizzate dal punto di vista dei modelli assistenziali tipici dell’ospedale, ma più vicine al funzionamento di un
domicilio.
Questo è il modello di “casa dei risvegli” che la nostra associazione propone e promuove ed è uno degli aspetti innovativi appunto della casa dei Risvegli dal Coma Luca De Nigris
di Bologna che l’ASL ha realizzato in collaborazione con l’associazione Gli Amici di Luca che da molti anni agisce a
sostegno delle famiglie di questi pazienti.
Ciò anche per evitare che la stessa famiglia si trovi impreparata ad accogliere il paziente nel proprio domicilio successivamente ad una dimissione, ed affinchè essa stessa possa consapevolmente giocare un ruolo riabilitativo e non si debba trovare ad un certo punto semmai dopo un anno, di fronte all’impossibilità di assistere un proprio familiare per l’impreparazione non solo tecnica ma anche emotiva.
G I O R N ATA N A Z I O N A L E D E I R I S V E G L I
9
Confini invisibili
con la Cineteca di Bologna una rassegna per le scuole
I confini invisibili del titolo possono essere tanti, quello tra il bene e il male, fra il giusto e l’ingiusto, fra l’amore e l’odio… Possono essere quelli, che qui ci
interessano, tra la vita e la morte. Un incidente stradale, così comune sulle nostre strade, e le sue conseguenze dolorose, l’impegno nel ricostruirsi la vita,
sono mostrate in due film di giovani autori italiani, Come prima e Manuale del giovane zombie; un pittore/scrittore ora autore di videoclip, Tonino Casula,
cieco fino ai trent’anni, mostrerà gli inganni della vista e della percezione visiva; e i cartoni animati di Walt Disney, così funzionali al puro divertimento di
generazioni di bambini, possono rivelare, attraverso le enormi orecchie di Dumbo o la miopia di Mister Magoo, il fascino discreto della diversità: per far
riflettere gli adolescenti sul fatto che un attimo di ebbrezza da velocità può avere conseguenze tremende e che non vale la pena, davvero.
Questa rassegna cinematografica, organizzata dall’associazione Gli amici di Luca e dalla Cineteca, fa parte dell’ottava “Giornata nazionale dei risvegli per
la ricerca sul coma – vale la pena”
Cinema Lumiere , via Azzo Gardino 65, Bologna
PROGRAMMA
Proiezioni cinematografiche incontri e dibattiti per le scuole superiori ed elementari
giovedì 12 ottobre ore 9.30 (per le superiori)
USCIRE DAL COMA
IL MANUALE DEL GIOVANE ZOMBIE
di Davide Pernicano, 2003
Come entrare in coma, ma, soprattutto, come uscirne e vivere felici.
Giovedì 19 ottobre ore 9.30 (superiori)
ADATTARSI A UNA VITA MUTATA
COME PRIMA di Mirko Locatelli, 2004
Andrea, 17 anni, su una sedia a rotelle per incidente di motorino: il suo
ritorno a casa, il percorso di accettazione e consapevolezza suo e di chi gli
sta intorno.
giovedì 16 novembre ore 9.30 (superiori)
VEDERE E SAPERE
INCONTRO SULLA PERCEZIONE VISIVA
Dialogo con l’artista Tonino Casula
Proiezione della clip “Els vels de l’eclipsi” da una poesia di Jaume Pont,
16’ di Tonino Casula con musiche di Paolo Fresu
giovedì 7 dicembre ore 9.30 (elementari)
PER UNA NORMALITÀ CONDIVISA
LA DIVERSITÀ NEL CARTONE ANIMATO
antologia di cartoni animati di diversi studi americani, a cura di Carlo
Mauro, docente all’Accademia di Belle Arti di Bologna
Ogni film sarà presentato e discusso con gli studenti insieme con registi, docenti e testimoni.
Info: 051/ 219 5309; [email protected]
Organizzazione: Segreteria Organizzativa
Manuale del Giovane Zombie
in un film la storia di Matteo e la vita dopo il coma
di Davide Pernicano
Il titolo originale del filmato doveva essere “La vendetta dello zombie”.
Nostra intenzione era vendicare un furto: dieci anni
di vita rubati da una “leggera distrazione”, una di
quelle che ognuno di noi si concede ogni tanto al
volante della propria divinità a quattro ruote.
“Accettiamo tutti tacitamente che la vita di un’altra
persona possa essere stravolta da un momentaneo
calo d’attenzione, un segnale stradale catturato solo
per un attimo, con la coda dell’occhio e subito sfuggito alle spalle, prima ancora di capire che suggeriva di
“dare la precedenza”. A questo pensavo ogni volta
che vedevo mio fratello davanti al televisore per un
pomeriggio intero.
Su quel divano avevamo visto insieme a mamma e
papà diversi telefilm, Hitchcock, qualche horror in
bianco e nero, i primi cartoni animati giapponesi.
Poi ognuno ha deciso di vedere programmi diversi e
il divano rimaneva deserto per la maggior parte del
tempo. L’incidente di Matteo ci ha costretti a ritornare su quel divano, a sfidare le leggi del tempo e della
natura, a trovare interessanti i programmi “anestetici” della tv italiana…
Da una parte un inno incessante all’apparenza sensazionale, alla velocità e al consumo, dall’altra un ragaz-
zo passivo, inespressivo e con lo sguardo assente.
Quello “zombie” era mio fratello, anche se io lo ricordavo brillante, capace di contagiare amici e parenti
con la sua vitalità.
Una sera abbiamo visto alla tv l’ennesimo “scoop” del
“ragazzo riemerso improvvisamente dal coma grazie
ad una voce registrata su un nastro”. Ricordo la rabbia
di quella cena. Qualcuno avrebbe dovuto spiegare che
non era così semplice. Matteo avrebbe voluto gridare
che ci volevano mesi di terapia prima di tornare a fare
un passo con le stampelle, “capitoli” interi di libri per
bambini dovevano essere digeriti prima di tornare a
pronunciare le parole più elementari. Volevamo raccontare qualcosa che potesse interessare tutti, perché
gli incidenti stradali sono una sorta d’epidemia da cui
nessuno è immune. Dovevamo “raccontare”, sfidando
la tv con le sue stesse armi; era un’impresa folle per
degli “autodidatti del video”, accecati, per di più, da
una smania di testimoniare che avrebbe reso meno
lucida la narrazione.
Le riprese sono state estenuanti. L’inesperienza ci ha
portato a registrare più di cento nastri da un’ora, che
il montatore spesso giudicava inutilizzabili!
Eppure questa battaglia contro i mulini a vento è
stata un’esperienza straordinaria: saremmo pronti a
ripartire domani.
Matteo ha guadagnato una maggiore fiducia nelle sue
capacità attuali ed ha potuto fare un po’ di luce su
alcuni aspetti del trauma vissuto. Si è impegnato
molto per interpretare al meglio se stesso ed ha dovuto scrivere, leggere, disegnare, camminare, recitare:
finalmente ho rivisto deserto il divano…
Abbiamo girato qualcosa tutti i giorni per circa un
anno. Non sapevamo come concludere, come spiegare che questo era, in ogni caso, uno zombie fortunato,
uno dei pochi che riescono a tornare alla vita “normale”, che per Matteo era il disegno, lo studio, gli
amici. Per descrivere nel modo più realistico possibile questa situazione ho proposto a Matteo di affrontare la selezione per un vero corso di disegno: la
sezione “cartoni animati” della Scuola di Cinema
Televisione e Nuovi Media di Milano.
Lui era scettico. Io ero sicuro che non avrebbe superato la prova pratica, dopo tutti quegli anni di inattività e, in ogni caso, il colloquio sarebbe stato proibitivo per le sue persistenti difficoltà espressive. Matteo,
invece, è stato ammesso al corso e il prossimo sarà il
suo terzo ed ultimo anno, quello del diploma.
Il filmato è poi stato proiettato in alcune scuole, ha
partecipato a molti festival ed ha ricevuto diversi
riconoscimenti, ma il premio che più mi ha emozionato rimane la comunicazione che mio fratello aveva
superato le prove di ammissione alla Scuola di Animazione…
COMUNICARE IL COMA
10
Un osservatorio per la salute
a partire dal coma un’iniziativa innovativa per l’Italia
di
Davide Simoni
Il percorso della carta di impegni “Comunicare il coma” prosegue. Già questa è
una ottima notizia.
E’ un luogo comune nel giornalismo che
questo tipo di impegni, di natura deontologica, rimangano spesso sulla carta.
Invece prosegue il percorso, iniziato un
anno fa durante la Giornata dei Risvegli,
e prosegue nel modo che si era auspicato,
con l’attivazione di un osservatorio
mediatico all’interno dell’Università di
Bologna. grazie a due borse di studio
finanziate dall’associazione “Gli amici di
Luca”. Facciamo un passo indietro: che
cos’è Comunicare il Coma? E’ una carta
di impegni, un documento in cui diversi
soggetti che si intendono di giornalismo,
di coma, e di buone pratiche di cura, uniscono le loro competenze e cercano di
migliorare il sistema dell’informazione
sulla salute. In che modo? Fissando delle
regole di correttezza professionale per la
comunicazione del coma. Senza inventarle, ma ribadendo principi che fanno già
parte del nostro ordinamento giuridico e
della deontologia del giornalismo. Contestualizzandole all’oggetto dell’informazione, cioè la persona in coma, la sua
famiglia, le persone che l’assistono e il
luogo dove è in cura. Un altro modo di scrivono bene!”, ma si chiede un conrispondere è: cercando di educare gli fronto, e si offrono strumenti per comunioperatori dell’informazione con consigli care meglio.
pratici per la redazione e diffusione di Per rafforzare il valore di Comunicare il
notizie sul coma. Per quale motivo? Per- coma diventa fondamentale un meccaniché una non corretta informazione della smo di “controllo di qualità della buona
salute ha conseguenze pratiche molto informazione”. Ciò richiede un monitogravi. Per qualunque logica di corretto raggio costante su base scientifica e un
processo assistenziale. Tanto più nel caso riconoscibile grado di competenza e terdel coma, che non è una malattia da cui ci zietà, rispetto alle imprese editoriali e al
si possa vaccinare, ma un evento improv- pubblico.
viso ed imprevisto. Quindi, bisogna Su queste basi nasce l’idea di attivare
ripensare la comunicazione della salute: i l’osservatorio mediatico universitario,
media non devono soltanto stupire, anche già proposto nella carta di impegni. Un
se questo fa parte della loro natura. Non a gruppo di lavoro formato da docenti,
caso le locandine fuori dalle edicole si ricercatori e studenti che monitorerà un
chiamano “civette” (“le civette attirano campione del sistema informativo (quotigli allocchi”). I media devono informare, diani, periodici, Internet e televisioni). Si
proporranno a cadenza semestrale analisi
sapere raccontare e spiegare.
Ora veniamo al presente: scritta e diffusa e indicazioni, ovvero consigli utili per
la carta Comunicare il coma, bisogna fare migliorare la comunicazione della salute,
e in specifico la
in modo che sia
notiziazione
del
rispettata. Non si
coma. Inoltre, l’attipossono tagliare le
vità sarà costantemani di chi ne
mente consultabile
infrange lo spirito,
on-line, al sito
per molte buone
www.comunicareilragioni: soprattutto,
coma.it.
perché il fine dell’iE’
un’iniziativa
niziativa non è coerinnovativa per l’Itacitivo, ma collabolia, dove il monitorativo. Non si fa una
raggio viene esercicampagna pubblicitato da autorità di
taria in cui si dice:
Claudio Santini
garanzia,
come
“No ai giornali, non
esecutivo ordine nazionale dei giornalisti
l’Agcom, o dalla stessa categoria, con
evidenti lacune e problemi strutturali: i
giornalisti non possono leggere tutto, non
possono sempre sapere cosa pubblicano
gli altri; pertanto, riportando le parole di
Claudio Santini, Consigliere Nazionale
dell’Ordine dei Giornalisti, “un osservatorio che possa svolgere questo lavoro è
di grande aiuto. Noi stessi auspichiamo
che il giornalista sia responsabile e competente e approviamo iniziative che possono aiutarci.”
E’un’iniziativa innovativa per l’Italia, ma
che ha già precedenti in altri paesi europei e negli Stati Uniti, dove il controllo
dell’applicazione delle regole deontologiche viene tradizionalmente affidata ad
apparati esterni indipendenti alla categoria giornalistica e all’ordinamento statale.
E’ un’iniziativa innovativa per i soggetti
che coinvolge: oltre ai professionisti dell’informazione, interessa direttamente
un’associazione impegnata sul campo,
Gli Amici di Luca, e l’Università di Bologna, con la sua autorevolezza, indipendenza ed energia (anche potenziale, di
coloro che si stanno formando per accedere alla professione). Un osservatorio
mediatico competente, a servizio e uso
dei consumatori, può dare voce alle critiche che servono per migliorare i media.
Il suo valore non si esaurisce nello specifico, ma diventa un precedente per altre
fondamentali campagne sociali.
Il sostegno del servizio pubblico
di
Carlo Romeo
Direttore responsabile
del Segretariato Sociale Rai
La nostra organizzazione sostiene un'iniziativa come “Comunicare il Coma”,
perché compatibile con il nostro spirito.
Rientra nella nostra mission dare vita e
promuovere iniziative sulle tematiche
sociali sia all'esterno che all'interno della
programmazione radiotelevisiva e multimediale, anche in collaborazione con le
associazioni e le istituzioni preposte, con
l'obiettivo di sviluppare la massima
attenzione del pubblico sulle problematiche della comunità.
La nostra azione di promozione del
documento si esplica, in primo luogo,
dandone la più ampia diffusione possibile agli operatori della comunicazione del
servizio pubblico italiano.
La salute interessa molto il pubblico,
sotto molti aspetti. La difficoltà per gli
operatori dell’informazione è quella di
essere quanto mai corretti ed esatti in un
contesto in cui non sempre, anche con la
migliore buona fede del mondo, questo è
possibile. Il coma per esempio è un tema
molto difficile da trattare in televisione.
E’ un tema delicato, cui ci si avvicina con
molta attenzione, e questo non credo sia
un male. Quando questa attenzione
diventa un alibi per non occuparsene,
però, le cose cambiano.
Occorre ripensare il mondo della comunicazione e della informazione sulla
salute nel suo complesso. Non bisogna
sottovalutare inoltre la forza delle novità
che ci sono offerte dalla rivoluzione in
corso nei media. Con il web ad esempio
è possibile sapere praticamente in presa
diretta se un centro ricerche dall'altra
parte del mondo ha scoperto o sperimentato qualcosa di nuovo. Insomma, il web
consente di andare direttamente alla
fonte. Non è poco.
COMUNICARE IL COMA
11
Rete Italiana Città Sane
l’associazione dei comuni diffonde la “carta degli impegni”
genere, che hanno una lunga vita davanti. Dobbiamo prepararci a vivere come
una ricchezza questa possibilità che tutti
abbiamo, nello stesso tempo rispettando
nel profondo le esperienze che vengono
fatte”.
Giuseppe Paruolo, assessore alla sanità
e comunicazione del Comune di Bologna
e Presidente dell’Associazione Rete Italiana Città Sane-Oms, risponde al alcune domande.
- “Comunicare il coma”, un modello
da seguire?
“E’ importante l’idea, è importante il
modello, è importante la traccia che questa carta di impegni segna, perché il
coma è una situazione di assoluta delicatezza e in questo senso è giusto avere un
sovrappiù di attenzione per quel che
riguarda le persone coinvolte in questa
avventura.
Nello stesso tempo è un impegno che si
potrebbe applicare e cercare di portare in
tante altre situazioni in cui persone vivono problemi di tipo sanitario. Persone
che vogliono che questi problemi non
diventino occasione di discriminazione
o comunque di disattenzione nei loro
confronti.
Quindi, credo che la validità della carta
vada oltre il tema del coma. Credo che
sia una regola per cercare di affrontare
un tema specifico, che si possa portare in
tutta un'altra serie di casi”.
-Un’idea comune. che coinvolge direttamente il lavoro della Rete Italiana
città Sane che lei presiede.
“Credo che il nostro sostegno a questo
progetto, come Associazione Rete Città
Sane, sia naturale perché molto vicino
all’idea di salute che cerchiamo di fare
nostra; legata allo sforzo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità sta facendo per promuovere l’idea di una salute
per tutti; per passare dal concetto che
divide il mondo in persone sane e persone malate a un modo più moderno di
vedere la salute, come un bene a disposizione della collettività e delle singole
persone. E in questo senso, la Carta
“Comunicare il coma” merita di essere
promossa con gli strumenti che abbiamo
a disposizione, perché è educazione della
categoria giornalistica. Il mondo non si
divide in malati e sani, ma ognuno ha
una serie di limitazioni con cui deve fare
i conti, che sono diverse da persona a
persona, e che dipendono dalle differenti
avventure personali.
Abbiamo avuto una serie di passaggi
positivi per costruire una nuova cultura
su questi temi: la Legge sulla Privacy ha
rappresentato un passaggio importante. Il
rischio è che si faccia comunicazione
aderendo ai principi ma eludendo di fatto
la legge. Ma uno sforzo deve essere
fatto: bisogna riportare l’attenzione all’aspetto deontologico, adottare con precisione definizioni che non siano sbagliate
e che non generino stigmi sulle persone a
cui vengono applicate. Noi, come Associazione Rete Città Sane, siamo una rete
di città. Credo sia importante mantenere
questo aspetto di “municipalità che si
mettono insieme” per condividere esperienze che vengono fatte in luoghi diversi su temi analoghi. Attraverso sforzi
- Qual’è l’obiettivo della Carta
“Comunicare il coma”?
Giuseppe Paruolo
comuni come possono essere le giornate
mondiali o attraverso occasioni in cui
insieme ad altri enti ci richiamiamo a un
attenzione, così come la Giornata dei
Risvegli per la ricerca sul coma del-7
Ottobre”.
“Il progetto della Casa dei Risvegli Luca
De Nigris è un modo di sublimare un
dolore, volgendolo in positivo. Costruendo le condizioni per cui quella che sembra un’esperienza personale con aspetti
dolorosi possa essere vissuta in modo
diverso da altre persone.
Così la Carta “Comunicare il coma” è un
modo per generalizzare a beneficio di
tutti questioni che tanti hanno vissuto
leggendosi; essendo trattati sui mezzi di
comunicazione con un attenzione tesa
unicamente al sensazionalismo, per le
persone, per la verità delle cose, nei giudizi. A partire da questa esperienza negativa, si cerca di costruire condizioni
per cui si affermi una capacità di guardare le cose in modo diverso, per una
nuova cultura.
Se noi ci pensiamo questo percorso ha
riguardato tantissimi aspetti che oggi
sembra di dare per scontati; dove qualcuno ha sofferto e poi ha lavorato per impedire la sofferenza di altri. Dal tema del
rispetto di etnie diverse, che in alcuni
luoghi del mondo è tutto da superare, al
femminismo, al tema dei diversamente
abili, degli handicap fisici, per cui oggi si
tenda a parlare di diversabilità. Il coma si
inserisce in questo percorso. Merita il
rispetto che un’esperienza così vicina
alla morte deve avere, deve meritarsi.
Questo documento non deve avere la
pretesa di iniziare una rivoluzione copernicana, ma è un sasso lanciato nello stagno: deve avere il preciso effetto di creare un clima nuovo.
Per cui coloro che avranno a che fare con
questo tipo di problema potranno fare
riferimento a questo tipo di riflessione,
che è stata offerta loro”.
- C’è un rapporto
diretto tra Bologna e
la Casa dei Risvegli
Luca De Nigris?
“C’è un attenzione
importante su aspetti
della solidarietà e della
salute che Bologna ha
nella sua tradizione. E
viene rinvigorita da iniziative come la Casa
dei Risvegli Luca De
Nigris, un classico
esempio di collaborazione virtuosa tra pubblico e privato. Da un
lato c’è la storia di persone fisiche che sono
passate da una sofferenza personale e sono riuscite a metterla al servizio di un progetto più
ampio, che va incontro
alle sofferenze di altri.
Dall’altro ci sono istituzioni che hanno dato le
gambe a questa idea, con
un impegno economico
significativo. Finita la
casa, fatta e avviata, ci si
è resi conto che queste
attività di educazione del
modo di fare giornalismo
sono necessarie. Sono il
segno di una volontà, di
una battaglia culturale che
non si ferma agli aspetti di
aiuto sanitario concreto
ma che va a incidere sulla
nostra capacità di pensare
gli eventi.
La capacità della medicina
di dare speranza a un maggior numero di persone,
rispetto a pochi anni fa,
metterà sempre più di fronte a casi di persone passate
per esperienze di questo
Pagine a cura di Davide Simoni - www.comunicareilcoma.it
LETTERE
12
Grazie alla Casa dei Risvegli
anche in Friuli Venezia Giulia auspichiamo la nascita di un centro di eccellenza
Pordenone: 12 / settembre / 2006
Siamo i genitori di Alessandro, un ragazzo di 21 anni
che si trova in stato di minima coscienza, da quasi un
anno dopo circa due mesi di coma, subentrato causa
incidente stradale.
La nostra esperienza alla “ Casa Dei Risvegli Luca De
Nigris” è durata quasi nove lunghi mesi, sono stati
intensi di lavoro, ma anche di condivisione con tutte le
persone che operano e famigliari che vivono in questa
struttura.
L’ambiente è molto accogliente e spazioso, ci si sente
in una grande famiglia allargata, dove tutti sono ben
disposti ad aiutarti, ma soprattutto ad ascoltarti.
Oltre agli operatori che si prendono cura dei pazienti,
ci sono operatori che ci pensano anche ad aiutare i
famigliari……. Cosa molto importante.
Con il nostro bagaglio pieno di entusiasmo accumulato durante i mesi trascorsi alla “ Casa Dei Risvegli
Luca De Nigris”, arrivati a Pordenone già dal secondo
giorno iniziamo a scoprire che il nostro entusiasmo
era solo “ FANTASIA” e da quel momento abbiamo
capito, che tutti i nostri sacrifici si stavano sciogliendo
come neve al sole!!!!!!
Da quel momento è iniziata la “lotta” tra noi e l’ASS
di Pordenone, dopo un mese circa dal rientro qualcosa si sta muovendo per assicurare ad Ale ciò di cui ha
bisogno e che l’ASS CI AVEVA GARANTITO!!!!!!!!!!!!!
Il Friuli Venezia Giulia è una regione autonoma dove
il modello di vita ci viene invidiato dall’Europa,
e non si guarda all’importanza del ruolo della sanità di
cui il bisogno è sempre più grande e dove nel nostro
caso specifico non esistono strutture adeguate per il
recupero di traumi gravi neurologici!!
La nostra aspettativa è di poter creare una struttura, e
formare del personale dove vengono assistiti i pazienti con patologie gravi quale il nostro caso, per non
dover recarsi al trove .
Un ringraziamento va a TUTTA la “Casa Dei Risvegli Luca De Nigris “ per l’accoglienza, la disponibilità,
la professionalità, ma soprattutto l’UMANITA’ dimostrataci, non dimenticheremo mai!!!!!!
“ LA PIVETTERIA”
Loredana, Alessandro, Tatiana, Giancarlo
Gli amici di Alessandro
Un forte pensiero positivo
per scoprire la semplicità e la purezza delle cose
“Una semplice stampa che raffigura l’amore in tutto il suo ‘bene o male’ fatta ai
tempi della scuola (con il mio Alessandro) per dirvi: GRAZIE!!”
Queste sono le parole che trovo scritte
all’inizio della lettera di accompagnamento ad un dono ricevuto: un piccolo
quadro che ci ha inviato Lisa, giovanissima ragazza, legata da un grande affetto
ad Alessandro, che è stato con noi alla
Casa dei Risvegli per sette mesi, fino a
metà luglio scorso.
L’incontro con il coma nella persona del
suo ragazzo, per lei, ci dice “è dolore…
rabbia… solitudine… malinconia…, ma
anche un mondo pieno di sensazioni …
emozione… sentimento… è un qualcosa
di semplice che ti fa vivere tutto sotto
occhi diversi con la semplicità e la purezza delle cose”
Ancora più avanti nella lettera scrive
“Grazie della forza che ci mettete ogni
giorno”
Le parole di Lisa mi hanno colpito molto,
perché sono profonde, perchè in esse il
suo grande dolore per il male che ha colpito il suo Alessandro è quasi trasfigurato dalla percezione che in questa difficilissima situazione si può cogliere la semplicità ed essenzialità della vita.
Noi, che alla Casa dei Risvegli abbiamo
conosciuto Alessandro e la sua splendida
famiglia, lo pensiamo adesso, nella sua
nuova situazione a casa, impegnato nella
difficile ripresa di una vita il più possibile “normale”; ma soprattutto, affiancato
dalla mamma Loredana, dal papà Giancarlo e dalla sorella Tatiana e accompagnato dai tanti amici che lo circondano
fra cui Lisa, impegnato in un percorso di
recupero e di miglioramento che ha iniziato e portato avanti alla Casa dei Risvegli.
In questo percorso credo che tutti coloro
che lo amano vivranno momenti di rabbia…dolore… solitudine…, ma anche la
‘grande forza’ che Lisa ha trovato in noi
e che noi abbiamo visto in loro.
Credo veramente che sia una somma di
forze che possa consentirci di andare
avanti in questo cammino così impegnativo: quella che cerchiamo e dobbiamo
trovare ognuno dentro di noi e quella che
ci viene dall’esterno, da tutte le persone
che si impegnano nell’affiancarci nella
situazione tanto complessa e dolorosa
che siamo stati chiamati ad affrontare.
La forza che circola alla Casa dei Risvegli nasce proprio dalla somma di esperienze, ormai molteplici, di tante famiglie che sono passate di lì e che hanno
lasciato una traccia indelebile non solo
nel ricordo, ma anche nella realtà stessa
di questo luogo. A tutti , cominciando da
Alessandro, il mio ‘forte pensiero positivo’, di trovare insieme sempre il coraggio di andare avanti e scoprire insieme
“la semplicità e la purezza delle cose”,
come ci scrive Lisa.
Maria e Gli amici di Luca
LETTERE
13
Affermare una cultura del coma
Ringraziandovi per l’attenzione dedicata alla paginetta scritta sul coma mentre seguivo la malattia di mia moglie, paginetta lasciata poi sia alla “Casa di accoglienza
Guglielmi” che all’ospedale di Montecatone, con la speranza che possa essere di aiuto a chi si trova in condizioni analoghe, ho pensato di aggiungere una premessa per
comprenderne meglio il senso che l’ha ispirata.
“Cosa fare quando si assiste una persona cara in coma? Quando i medici, pur impegnati sul piano clinico, ti sanno dire soltanto: “Ha fede? Preghi” e non ti danno un’indicazione sulle cose da fare nell’attesa di favorire il ritorno alla coscienza del paziente?
Nella vicenda che mi ha visto, con mia moglie in coma, inseguire la speranza del risveglio dal coma dalla rianimazione dal Sud al Nord, ad un certo punto, le uniche indicazioni utili sugli atteggiamenti da seguire nei pochi minuti che si trascorrevano in rianimazione, mi sono venute da internet ed in particolare dal sito degli “Amici di Luca”.
Allora la “Casa dei risvegli” era ancora un grande progetto.
Mentre mi trovavo a combattere la mia battaglia, purtroppo, mi accorsi che il punto più debole degli interventi sull’ammalato in coma era proprio l’ “ascolto”; ascolto che
non poteva essere solo fisico ma soprattutto del cuore e degli occhi: perché le persone in coma hanno solo due canali di comunicazione con l’esterno: gli occhi ed il cuore.
Due canali, questi, che gli operatori (medici, infermieri, fisioterapisti) tranne qualche rara eccezione, lasciano fuori e ritengono privi di efficacia.
Si tratta di affermare una “cultura del coma” che ancora è lontana dall’essere diffusa.
Quando si diventa, lungo questo percorso, una cosa sola con il congiunto, allora è il momento che ci si ritrova dall’altra parte, dalla parte di chi, in coma, tenta faticosamente di riemergere di mettersi in contatto con l’esterno; ed allora si cerca di ricostruire un “codice” per comunicare: un codice nuovo, poco convenzionale, che i medici
spesso definiscono pura fantasia.
Ho avuto la fortuna di seguire il risveglio di mia moglie, anche se l’esito finale, comunque, non è stato positivo. Le insidie della rianimazione, a volte, si rivelano determinanti.
Nel corso degli ultimi mesi di permanenza a Montecatone ho scritto la pagina che Claudia Gasperina, la responsabile della “Casa di accoglienza Guglielmi”, per una singolare coincidenza vi ha sottoposto. E’ un segno del destino, io volevo inviarvela quando l’ho scritta, anche per ringraziarvi per avermi messo sulla strada per capire la
condizione di chi si trova in coma ed i problemi che deve affrontare chi, accanto a lui, spesso in solitudine, vive questa situazione che va al di là delle possibilità umane.
“Se immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede; sarà
un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade che facilmente a chi ha perso tutto, di perdere anche se stesso.” La frase
che appartiene a Primo Levi in “Se questo è un uomo” mi lasciò il segno dopo averla letta su un foglio affisso alla parete dello studio del Servizio di psicologia di Montecatone, la cui responsabile, Daniela Rossetti, con le colleghe Norma Mazzoli e Flora Morara, rappresentava un importante punto di riferimento e di supporto per i parenti
degli ammalati. E’ stata come una rivelazione, un richiamo alla condizione di quanti lasciano dietro di sé tutto ( affetti, lavoro, radici) seguendo un congiunto in condizione di coma o di grave perdita dell’autonomia.
L’attesa di giorni, di mesi, a volte di anni dietro la porta di rianimazione è un’esperienza che segna per la vita, se si riuscirà a sopravvivere. C’è anche, infatti, chi non ce
la fa. Un richiamo, quello di Levi, che diventa drammatico quando gli eventi non si concludono nella maniera sperata. Ma tutto fa parte di un ruolo e di una condizione,
quella dei parenti dei pazienti, che è sempre scomodo negli ospedali, a qualsiasi latitudine ci si trovi, ma che costituisce anche l’indispensabile strumento di collaborazione
per la ripresa, quando è possibile.
Ma la strada è quanto mai difficile: non a caso nascono iniziative come quella dell’Associazione “Gli amici di Luca” e della “Casa di accoglienza A. Guglielmi”, per iniziativa o di chi ha provato, da familiare, quel grande senso di solitudine e di impotenza, o di chi ha potuto condividere da vicino le sofferenze.
Ma rimane sempre fermo l’elemento centrale, che è l’ammalato che giace immobile, senza espressione, con la sua umanità che rimane chiusa dentro quel corpo, in apparente condizione di sospensione della coscienza.”
Ovviamente a Voi rimane ogni possibile valutazione ed opportunità di utilizzo. Grazie ancora per l’attenzione e per quello che mi avete dato quando mi trovavo in condizione di “bisogno”.
Cordiali saluti
Giuseppe Mazzù
Imola 04/07/06
Grazie Giuseppe per la premessa e la “paginetta” che qui sotto pubblichiamo.
Un messaggio che arriva dove deve arrivare e che ci aiuta a porci continue domande...
Il linguaggio dei comi
Sono pura umanità gli ammalati quando giungono all’ospedale, in coma.
Immobili, stretti da legacci invisibili,
mani e piedi, senza sorriso e senza pianto.
Con lacrime che sgorgano solo per
comunicare, da occhi che, da soli, esprimono tutti i sentimenti.
Sono esseri umani la cui voce rimane
prigioniera nelle trappole dei muscoli
disconnessi.
E’ come se la ragnatela di nervi si fosse
tutta confusa. E la parola non segue il
cervello, e il movimento non segue il
comando.
Ma tutto sta all’interno del corpo e
della mente, senza che fuori giunga
neanche l’eco di quel drammatico grido
che rugge dentro il corpo immobile.
Per tre volte sono stato svegliato da
questo grido: un grido di dolore e di
rabbia.
Fin quando un mattino la voce, finalmente, ha trovato la forza e la via per
uscire dalle labbra appena socchiuse,
con rabbia, con veemenza: “rispondetemi, rispondetemi!” Un grido al quale
siamo stati tutti sordi, parenti, medici,
infermieri. I primi perché non capivano,
gli altri perché non ascoltavano.
Ma l’ammalato in coma è pura umanità, custodita in un guscio di sofferenza e d’impotenza.
Ha estremo bisogno di ascolto per
ricollegarsi col mondo.
Ma non bisogna mai dimenticare che si
tratta di una persona con un nome, un
cognome ed un’identità che non può
venire trascurata o mortificata.
Eppure, appena si varca la soglia dell’ospedale, sembra che la parola “umanità” acquisti altri significati. Si tolgono
gli abiti e la persona diventa “nuda
umanità” come Cristo in Croce quando
implora “Padre mio perché non mi
ascolti”!
L’essere umano diventa “paziente”
magari “posto al centro dell’interesse”
come recitano tante belle affermazioni
delle quali, a volte, l’eco si disperde
nelle sofferenze delle corsie.
Spesso nessuno tenta di “ascoltare” il
suo sguardo allarmato allorquando si
avvicinano ombre “armate” di flaconi,
bottiglie e siringhe: un grido che non ha
il suono della voce ma l’intensità di uno
sguardo colmo di lacrime, che spesso
non sgorgano, legate anch’esse da
legacci invisibili a pupille a volte apparentemente spente, a volte vivaci.
E’ atroce parlare con gli occhi mentre
nessuno ti ascolta, perché l’ascolto è
sinonimo di orecchi ma per gli ammalati l’ascolto è sinonimo prima di occhi.
Il battere di ciglia può rappresentare
un grido di dolore o un’espressione di
affetto; due occhi che si chiudono un
grande messaggio di amore, d’intensa
emozione o la chiusura desolata al
mondo esterno che non ascolta.
Chi potrà mai scrivere un dizionario
del linguaggio di chi, in coma, viene
considerato, un vegetale, ma invece è
un essere che mantiene intatta tutta la
sua carica di umanità, la sua intelligenza e la sua identità, la sua cultura, non
avendo il male “formattato” il cervello?
Intanto, dall’interno della sua prigione
corporea, l’ammalato si vede circondato da un mondo di sordi che, presi dall’impegno primario di guarire il corpo, a
volti dimenticano che in esso è rinchiusa, in una prigione senza cancelli, un’anima: una ricchezza di sentimenti e di
affetti che cercano la strada per uscire
all’esterno, magari racchiusi in una sola
lacrima che riga il volto immobile e
senza espressione.
Una lacrima, che molti giudicano
casuale, ma nella quale, colui che vede
col cuore oltre che con gli occhi, legge
tutta la struggente disperazione di chi
comunica solo così con i propri cari e
col mondo.
Giuseppe Mazzù (Palmi)
MI RICORDO DI TE
14
Sarai per sempre un grande papà
uno studente dell’Istituto Trescore (Bergamo) racconta la sua storia
di Andrea Savoldi
Squilla il telefono, è sicuramente il
papà; partito come al solito per lavoro
all’estero si trova in Repubblica Ceca.
Ci parla mamma, poi mi riferisce che
no sta tanto bene, e che perciò prenderà l’aereo e tornerà a casa l’indomani. Strano, aggiunge, non è mai successo in tanti anni che Luigi chiamasse
perché non stava bene e tanto meno
che tornasse a casa prima di concludere il proprio lavoro. La sera dopo il
taxi lo lascia davanti al cancello, felice
corro ad aprirglielo: lo centra in pieno,
c’è qualcosa che non va; così fa anche
con la porta di casa “Domani se non è
passato andiamo al pronto soccorso”
dice mamma. La notte passa tranquilla –non è nulla di grave- penso, prima
di addormentarmi. Il giorno dopo mio
padre viene ricoverato in ospedale:
emorragia celebrale. Esami ed esami,
si scopre ciò che nessuno si aspetta, ciò
che tutti cercano di fuggire, ciò che
capita, senza un perché, ed è spietato,
colpisce tutti, non facendo distinzione:
tumore. Sì, dalla tac risulta che in testa
ci sono delle metastasi, presso il cervello. Subito un esame più accurato
trova l’origine del male al rene. Non ci
si può far nulla , ora; bisogna aspettare il primo intervento. Siamo nel
periodo Natalizio, e lui è all’ospedale.
Il due gennaio ha l’intervento alla
testa, per pulirla dei grumi di sangue e
delle metastasi. I dottori son pessimisti, si rivolgono a mia madre dicendogli che non ce la farà. Il risultato dell’intervento, durato circa sei ore, è
oltre ogni aspettativa: mio padre
riprende alla grande, stupendo tutti i
medici, e aumentando la speranza nel
mio cuore. In attesa della seconda
operazione, che gli asporterà il rene, il
tumore si accresce, raggiungendo i
polmoni e intaccando l’altro rene.
Ventisei febbraio, dieci giorni dopo il
suo cinquantesimo compleanno, quattro ore di intervento fanno sì che l’organo causa del suo male venga asportato. Purtroppo il tumore non vuole
fermarsi e continua a crescere; si alternano momenti in cui pare migliorare
ad altri in cui la condizione non è delle
migliori. Alti e bassi, per un anno, fino
a giungere, la primavera seguente, ad
un punto in cui la degenerazione del
suo stato è incontrollabile. Giungo, e si
trova a letto, senza più riuscire ad
alzarsi, a mangiare. Ha bisogno di
sostegno 24 ore su 24, mia madre non
lo ha mai lasciato solo per due anni, e
ora è al suo fianco tutto il giorno. Spetta a me sistemare la casa, fare la spesa,
a volte cucinare (ma per fortuna di
rado: non son un granché ai fornelli).
Fortunatamente la scuola è finita, e,
nessuno sa come, i risultati mostrano
per il terzo anno consecutivo che sono
il ragazzo del mio anno con la valutazione migliore. Papà, a fatica, riesce ad
andare a scuola per leggere il nome di
me, suo figlio, affiancato da una pagella invidiabile; lui, mamma e nonni; l’emozione è grande, son commossi. Passano pochi giorni e la situazione si fa
più grave. Inizia a perdere a momenti
la ragione…il corpo è esile, troppo
esile, mangia a flebo. Gli viene affian-
cato un infermiere che viene a casa. pre son stato calmo, senza troppo penHa bisogno di qualcuno per ogni sin- sarci…ma ormai l’unico mio desiderio
golo movimento, è alle dipendenze era che morisse, perché mia madre era
degli altri. All’anniversario di matri- un anno e mezzo che non viveva, così
monio, che è vicino al compleanno di la nostra vita era diventato un brutto
mia madre, mi dice di comperarle una incubo, da cui volevo svegliarmi, senza
catena d’oro, che poi mi avrebbe paga- di lui, ma senza vivere quel momento.
to. Così corro dall’orafo, e faccio come Salgono le scale, aprono la porta: è
mi ha detto. Arrivo a casa, e lo trovo in mia zia “Andrea svelto, vieni giù, papà
uno dei suoi momenti di lucidità, dice non sta bene” mi alzo di scatto dal
di chiamar mamma che è fuori a fuma- letto, ancora un po’ assonnato, metto
re, così le da il pacchettino: gli occhi le ciabatte e scendo le scale: tutti son lì
della mamma in lacrime, e anche quel- sul letto, mio nonno e mia nonna
li del papà: un’immagine che mai paterni, mia zia, mia madre…arrivo e
scomparirà dalla mia mente. Mia vado al suo fianco, il respiro di lui è
mamma ora mi chiama ogni qualvolta affannoso, lento…lo prendo tra le mie
il papà è lucido, ma ormai non riesce braccia “ti voglio bene papà”, ultimo
più a parlare, fa solo dei flebili versi, e respiro, ultimo battito. Tutti in lacrime,
con gli occhi spalancati lascia traspari- io ancora una volta resisto. Esco dalla
re difficilmente emozioni; l’unica cosa camera correndo, vado in giardino -è
di cui si ciba son i ghiaccioli. È dome- finita- penso tra me e me…gli occhi si
nica pomeriggio, il 17 luglio. Lo tra- fanno lucidi, e per la seconda volta in
diciannove
scorro con
mesi piango.
Camilla, la
Con
mio
ragazza che
cugino vado
ho conosciua scegliere la
to nel dicembara, mentre
bre
dello
arrivano a
stesso anno
sistemarlo
in cui mio
quelli delle
padre si è
onoranze
ammalato, e
funebri. Il
con cui mi
funerale è
son messo
mercoledì
dal 25 genpomeriggio.
naio seguenUna marea
te: mi ha
di gente va e
accompagnaviene per la
to per tutto
casa in quei
q u e s t o
tre giorni, il
tempo, con
giardino la
tutto il suo
Una foto di Andrea da piccolo con suo padre
sera è pieno:
amore; credo
troppe persia stata la
sola cosa che mi ha permesso di conti- sone che non conosco, tante persone
nuare a vivere, senza di lei non ce l’a- che gli vogliono bene. Scrivo un breve
vrei fatta. In questo lungo periodo, ho discorso da leggere in chiesa, penso sia
pianto una sola volta, e me lo ricordo il minimo che possa fare. Arriva il
ancora: era un mercoledì sera, solo in giorno del funerale, esco dalla porta di
camera son scoppiato: mai fino ad casa e la siepe mi copre la vista della
allora una lacrima aveva bagnato il gente presente in strada…sono allemio volto, mai avevo perso la speran- gro, o così sembro. Prendono la bara e
za, mai avevo creduto che il peggio si la portano fuori dal cortile: davanti a
sarebbe potuto verificare; dopo tornai me si presenta un fiume immenso di
normale, quello di sempre, un misto di gente, e scoppio in lacrime; i suoi amici
sofferenza, racchiusa dentro come in si sono organizzati per non far sì che
prigione, che non volevo esternare, venga portato in macchina, ma sulle
per non farmi vedere debole, e di loro spalle; a gruppi di quattro si altergioia, amore, per quella fanciulla, per nano fino in chiesa. Il rito si conclude,
mia madre, per lui. Questo mi ha con- tocca a me, salgo sull’altare e ringrazio
dizionato parecchio, impedendomi di i presenti per poi leggere quelle
piangere quando lo volevo: trattenere poche righe che ho scritto:
tutto dentro di me è stato uno dei miei “Non è del dolore che ci unisce qui
errori più grandi, ma non volevo che oggi che vorrei parlare…bensì di quello che mio padre ha donato a tutti noi,
soffrisse nessuno a causa mia.
Così, quella domenica pomeriggio la un insegnamento unico: la speranza di
trascorro con Camilla: quanto è fanta- riuscire a vincere la sua malattia non
stica, quanto la adoro, mi fa star pro- gli è mai mancata, nemmeno gli ultimi
prio bene, è incredibile, non so come minuti; la sua voglia di vivere, la sua
faccia. La sera va a casa. Mi addor- battaglia per la vita non può che farci
mento dopo aver salutato mio padre, riflettere quanto questa sia importante.
senza avergli dato attenzione per quel Dobbiamo fare tesoro dei suoi insegiorno, o meglio, in quel periodo cer- gnamenti, ed io in particolare, vorrei
cavo di stare con lui il meno possibile, ricordare il suo sorriso, la sua voglia di
non riuscivo a star li con lui, a vederlo scherzare che lo hanno accompagnato
star così male. Dormo, tranquillo, per tutta la sua vita ed in particolare in
come sempre...ogni giorno di scuola questi ultimi diciannove mesi…mi
potevo ricevere la chiamata che lui mancherà, ci mancherà, perché tutti gli
non c’era più, ogni istante poteva volevano davvero tanto bene.
scomparire dalla mia vita, ed io sem- Ricordiamolo così, per quella persona
semplice e speciale che era… ricordiamolo, affinché la sua vita, come quella
di ogni essere umano, non sia solo un
ricordo, ma un immagine perenne
stampata nei nostri cuori e nelle nostre
menti.
Sei stato davvero un grande papà…e lo
sarai per sempre”.
Ancora mi trattengo dal piangere,
nonostante in conclusione la mia voce
sia tremolante. La gente in chiesa, che
fino ad allora si era trattenuta, mi
dicono sia scoppiata in lacrime. Si conclude il rito portando la bara al cimitero.
Torno a casa con tutta la famiglia e
l’immancabile Camilla. Mangiamo
una pizza insieme: da quel momento la
mia vita è cambiata. Credevo sarebbe
stato uguale, cioè: son stato bene in
quei diciannove mesi, perché dovrei
star male ora? Prima avevamo un
peso per casa, ora non c’è più, che
desidero di più? Desidero averlo lì,
anche se assente con la testa, desidero
tornare a casa e trovarlo che mi attende, desidero che quando prendo dieci,
glielo porto e lui si commuove. Ma lui
non c’è più. Settembre, mi stacco da
tutto e da tutti, madre, cugina (a cui
sono sempre stato molto legato e che
per me è sempre stata più di una sorella), mi stacco dalla zia, e mi stacco da
Camilla. Ci vuole un mese di solitudine per rendermi conto che ho sbagliato tutto, così poi piano piano ritorno a
vivere, ma giustamente lei non c’è più,
ha troppo sofferto a causa mia, e non
vuole più avere un rapporto con me.
Stupido son stato, e mi servirà di lezione, ma per il momento sto male, malissimo, tutto mi sembra andare uno
schifo. Vado dallo psicologo, che parzialmente mi aiuta, ma il più lo faccio
io con la mia testa. Dopo le vacanze
natalizie mi sento migliorato, riprendo
la scuola con lo stesso spirito che ho
sempre avuto, quello che mi ha reso il
migliore, dando il minimo…ma dura
poco, ricado presto. Non voglio creare
altri problemi a mia madre, che già ne
ha parecchi, così sto ancora in me stesso, sfogandomi ogni tanto con qualcuno che mi è stato vicino come il mio
professore Vitali, oppure mia cugina.
E ora, la scuola sta per finire…ho
preso quattro dieci questo secondo
quadrimestre, e mio padre non ne ha
visto manco uno, non l’ho visto piangere dalla commozione; non vedrà la
mia pagella, non potrà gioire, anche se
sarà peggiore rispetto al solito.
Perché continuare a vivere quando
tutto il mondo ti è caduto addosso?
Quale è il vero senso della vita, ora
che lui non c’è più? Quando tornerò
ad essere felice?
Quando…come…non lo so, so solo
che la gioia che ogni tanto si vede
espressa da me è un guscio che serve
per nascondere la sofferenza che
regna nel mio cuore. Ma ora è arrivato
il momento di voltare pagina, altrimenti che razza di uomo sarò? Sono
convinto che arriverà anche per me la
felicità, serve solo un po’ di pazienza…speriamo di averla presa dal
papà, perché mia madre di pazienza
ne ha gran poca…
TESTI
15
Risvegli di parole
a cura di Bruno Brunini
I Poeti a Bologna
“Cinque Anni Dopo Il Duemila” - Terza Edizione del Censimento della Poesia
“Cinque Anni Dopo Il Duemila” è il titolo dell’antologia che uscirà in questi giorni, edita da “Giraldi”, realizzata a conclusione del Terzo Censimento della Poesia a Bologna, a cura di Carla Castelli e del curatore di questa pagina.
La Terza Edizione del Censimento, ha proseguito l’indagine sulla poesia bolognese iniziata nel 1990 da Carla Castelli e Gilberto Centi, (poeta prematuramente
scomparso a cui è dedicato questo libro), che hanno avuto, con la prima edizione, l’idea di censire e raccogliere in un volume gli autori presenti a Bologna.
Con questa nuova ricerca si torna dunque a far luce sul sommerso di chi scrive nella nostra città, per dare testimonianza di una creatività diffusa, espressione di
questo inizio di millennio.
Da poeti affermati come Roberto Roversi, Giorgio Celli ed altri, ai più giovani esordienti, dagli autori bolognesi a quelli provenienti da altre regioni e paesi, è
possibile, in questo volume, incontrare autori distanti tra loro, per età, formazione, idee, in un proliferare di stili e di tematiche, di prospettive poetiche, che insieme formano una mappa, non certo esauriente ma significativa del nuovo scenario bolognese. Ciò che comunque ha ispirato questa nuova ricerca è il bisogno di
continuare a far circolare le parole, le idee, i pensieri, in forma di poesia, in un’infinita risonanza.
Dell’antologia se ne parlerà nel corso della presentazione che si terrà prossimamente in città. Proponiamo in anteprima, in questa pagina i testi di alcuni autori
pubblicati.
Fosse stato vero
di Roberto Boldrin
Di uscire
di Lucia Sedda
Inverno a Bologna
di Giovanni Tuozzi
Ci siamo toccati con la pelle
per dirci quel che sapevamo
ed in silenzio, abbiamo
raccolto le parole
con complicità breve
Nel silenzio, nella luce,
nella paranoia e nell’ossessione,
ti cerco nei miei ultimi sguardi
buttati sullo specchio della non riflessione
Ti cerco nell’ultimo grido
Capace di farmi ascoltare ancora il dolore
Ti cerco nei sorrisi che mai verranno
E in quelli che hai lasciato dentro i tuoi occhi.
Ti cerco nella dolcezza,
nell’indifferenza,
nella paura,
Le grigie case di via Reiter e Malvasia,
rinchiudono ormai chi attende l'imbrunire
dietro opache finestre, su strade sempre uguali.
Nei giardini d'inverno dai rami spezzati,
con le erbe ingiallite dal vento e dal gelo,
a mille anneriscono le foglie nell'acqua.
Come un fiume
di Valentina Sisera
Dormi bell’anima e cerca di sognare
quel giorno d'estate, con il vento nell'aria
che rendeva la luce nervosa e accecante.
abbiamo capito
di dividerci
per sempre
la vita
Rimanendo uniti
teneramente
spalla contro spalla.
Sottovetro
di Paola Malagoni
Inesorabilmente
Tutto segue il suo corso.
Sposto il mare a ogni passo con l’acqua annodata ai fianchi,
di nuovo sorpresa
dalla curvatura del mondo che si incolla al
primo orizzonte che vedo,
mi sigilla sotto il cielo rotondo.
In bilico tra due punti di infinito,
sono l’angolo tra due confini intersecati
orizzontale verticale
la terra e il mare, e l’inquietudine delle correnti.
Camminiamo sul fondo di una bottiglia
io e il mio pensiero dei nostri qui e ora separati,
sono il mio messaggio per te sottovetro
e questo vento che riavvolge le nuvole non mi
tocca.
Mi racconto bugie sottovoce,
ubriaca di tante dolcezze di azzurri sommati,
chiudo gli occhi, e ci credo.
La luce carica di suoni sciolti consuma la mia
voce
sottrae al mio corpo ogni fisicità,
non ho gambe né braccia, non ho cuore,
mezz’acqua e mezz’aria.
Docile e trasparente,
consegno il mio spazio al paesaggio,
invoco un incantesimo che mi spari lontano,
oltre questa campana d’azzurro che
- lo so nasconde un vuoto nero trafitto di stelle.
Come un fiume
scivolando tra le persone,
i sentimenti,
gli oggetti
e lasciando il segno
ma lento e impercettibile.
Come una fitta.
Dentro
che silenziosamente ha lacerato
tutto.
E non c’è filo per cucire.
perché le parole sono fili trasparenti,
il silenzio invece è un coltello.
E non c’è niente da cucire ora.
Ora che siamo bambole di pezza con cui si è
giocato troppo.
Ingordi
di sentimenti
che non sono mai abbastanza.
Non siamo mai abbastanza.
Abbastanza felici.
Ci ritagliamo addosso le parole
come abiti.
Parole dette
abusate,
infrante
ripetute
e mai adorate
con la parsimonia del muto.
I ricordi confusi da un sole annebbiato
si sciolgono lenti in pozze ferrose
infrante dai passi, dal silenzio e dal vuoto.
La luce stagnante che non regala più ombre,
annega i colori in un grigio uniforme
e confonde le immagini di tutte le cose.
Le strade assolate, che non davano rumore,
trasportavano il lento avanzare di ombre
che, levitanti e sfumate, si univano al caldo.
Nell’ombroso silenzio carezzato dal vento,
iniziavi a ritmare le melodie coi ricordi
e di giallo smagliante ne tingevi il pensiero.
Ràvel La Valse, Débussy Arabesque
un ritmo di danza e un'idea senza fine
che ti univano insieme a frammenti di luce.
Pavolino
di Stefano Vigna
Il computer di Pavolino è lento...
lento...troppo lento per uno come me,
lupo di città, immerso senza tregua
in questo mare di smog.
Pavolino vive di casti ossigeni agresti,
i campi sono il suo caro mondo
ove danza con le amiche piante,
respira dolci cosmi primitivi.
Beato te, Pavolino,
semplice anima contadina,
podere di saggezza senza limiti
in cui disseto la mia anima a volte arida.
La tua famiglia è l'ancora sicura
della tua umile zattera
che incessantemente viaggia
verso porti ignoti.
Il tuo computer è lento...
lento...come il tempo
che scorre felice
nell'orto dei tuoi verdi sogni di provincia.
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16
MAGAZINE
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S PA Z I O D I L U C A
17
Questa vita è per tutti
un’altalena di serenità e difficoltà, indipendentemente dal nostro fisico
di
Gian Piero Steccato
La commissione doveva essere formata da almeno quattro medici, dato che
avevo distinto le loro voci. Dopo un
masticato e velocissimo “Buongiorno” (mi chiedo sempre se per certe
persone salutare sia imbarazzante o
se venga semplicemente giudicato
una perdita di tempo) si misero a parlare tra loro. Li immaginavo mentre
compilavano la mia scheda come se
stessero giocando la schedina più facile della loro vita, una schedina con
tutti x; non avrebbero infatti tribolato
tanto, ero gia completamente paralizzato ed il verdetto era scontato: invalidità al 100%. Quello che loro non
sapevano era che con quel fare schivo
e tacito stavano sì rispettando silenziosamente la sfiga altrui come avrei
fatto anch’io qualche anno fa, ma la
stavano anche buttando troppo sul
tragico: per uno che ha scampato la
morte, ha sofferto fisicamente per
mesi e mesi, ha imparato a comunicare con un occhio e ha ripreso la vita
che aveva lasciato plasmandola a sua
misura, il giorno della visita per ottenere l’invalidità non è niente di speciale.
Era seduta ad uno dei tavoli e chiacchierava amabilmente con alcune
amiche; aveva dei profondi occhi blu
incastonati nell’ovale del bel viso
incorniciato da lucidi capelli ramati. I
camerieri facevano la spola tra l’interno del locale e il dehor sul lungomare
portando gelati, bibite e granite. Non
ero l’unico a cui era caduto l’occhio su
quella a dir poco bella signorina, un
gruppetto di ragazzi seduti sulla panchina davanti al bar l’aveva adocchiata e faceva ipotesi e previsioni ( avrà
vent’anni…no, ne ha meno..se vado lì
e le pago un caffè ci scommetto che
mi da il numero di telefono…scorda-
telo, ti manda a quel paese…).
Io e mia moglie aspettammo che si
liberasse un tavolino e ci sedemmo
non troppo lontani dal suo, così ci fu
impossibile non sentire parti dei
discorsi spensierati e gioiosi di quelle
ragazze dalle facce pulite e dai modi
garbati. Guardandole ci augurammo a
vicenda che anche i nostri figli allora
bambini potessero diventare così da
adolescenti, sereni e pieni entusiasmo,
non come certi stupidotti che si vedono in giro o come tutti quelli che non
sanno come far passare il tempo. “Con
un po’ di fortuna…” pensai io…Le
ragazze intanto si alzarono per avviarsi verso il lungomare, solo la più bella
si attardò con un’altra che raccolse la
borsetta e la agganciò dietro lo schienale della sua sedia per poi cominciare a spingerla senza interrompere la
discussione in cui erano impegnate; la
vista di quella carrozzina mi tolse il
fiato e mi fece ingoiare come fosse un
rospo quella parola che avevo solo
pensato:…fortuna…
Nei giorni successivi la incontrai
numerose volte, dapprima mi suscitava turbamento, poi un certo fastidio,
in fine mi scivolava addosso senza
lasciare traccia, faceva ormai parte del
paesaggio; come se fosse in una enorme bolla che la rendeva trasparente.
Sono sempre stato facilmente impressionabile da sangue, malattie e accidenti vari, non sono mai riuscito ad
accettare che il padre di una mia cugina acquisita avesse la tracheostomia e
ancora ricordo molto bene un paio di
giorni di vacanza passati da un’amica
di mia moglie, il cui marito aveva
avuto un ictus che gli aveva lasciato
una emiparesi facciale: non sono mai
riuscito a guardarlo in faccia. Il fatto è
che qualsiasi persona che portava sul
corpo il segno di una malattia incarnava tutte le mie paure che mi assalivano terrorizzandomi al punto da non
permettermi di ragionare; il solo pensare poi ad una vita in carrozzina o in
un letto mi metteva i brividi e mi faceva seriamente pensare che fosse
meglio la morte. La condizione di
disabile mi portava a pensare ad una
vita di privazioni, di difficoltà e di non
rari momenti di emarginazione e di
cupa tristezza; il paese marittimo in
cui trascorrevamo i periodi di vacanza
era poi un luogo in cui di disabili più o
meno gravi se ne vedevano parecchi,
solo ora capisco perché nelle città se
ne incontrano molti meno: ci sono una
marea di barriere architettoniche e
quando si rifanno i marciapiedi o si
sistemano i giardini si pensa poco a
chi deve fare “i salti mortali” per
affrontare un gradino di pochi millimetri. Immaginavo quanto la ragazza
dai capelli ramati invidiasse le sue
amiche così sane, quanto la sua esistenza patisse della precarietà e dei
limiti che la sua condizione fisica gli
davano e quanto le costasse apparire
così sorridente e serena.
Tornammo al primo piano, nel reparto di lungodegenza, utilizzando un
bisnonno dell’ascensore che solo
dopo scoprii essere una sorta di apparecchiatura infernale che si bloccava
spesso, gettando nel panico i passeggeri ed il personale dell’ospedale e
regalando qualche momento di eccitazione e movimento ai degenti ( arrivo dei pompieri, liberazione dei prigionieri e rituale litigio con polemica
sulla sicurezza dell’ascensore). Mia
moglie si fermò a parlare con un’infermiera della visita della commissione, poi arrivarono i fisioterapisti che
mi chiesero come fosse andata, successivamente telefonarono i miei figli
ed un paio di miei amici. Arrivati in
camera trovammo la ragazza che
stava con me quando mia moglie
andava a casa a riposarsi un po’ e di
nuovo ripartì il racconto di quella visita corredato da un mare di considerazioni… era veramente troppo, attaccai il dito al sensore sonoro che utilizzo per richiamare l’attenzione ed, utilizzando faticosamente il metodo di
comunicazione che da poco avevo
adottato, gliele cantai tutte: avevamo
gia perso troppo tempo, dovevo finire
Andrea Steccato con le amiche Miriam e Annarita e con la nipotina Margherita.
di dettare una ricetta alla mia badante-segretaria, dovevo cercare su internet della documentazione e mia
moglie doveva andare in una libreria
a cercare un giallo che mi interessava.
Richiamati all’ordine i miei collaboratori si misero al lavoro….
Di lì a qualche tempo avrei pubblicato il mio primo libro di ricette, successivamente avrei cominciato a “collaborare” con il quotidiano della mia
città scrivendo articoli, poi avrei intrapreso nuovi lavori letterari…ora vivo
a casa, ho un’auto attrezzata che mi
permette di uscire con l’aiuto dei miei
famigliari e dei miei amici, sono andato al mare, in collina… ho guadagnato
molti amici e non ho paura di spendere il mio entusiasmo e la mia gioia.
Certo la salute è importante, il corpo
è un involucro che se sano può permettere di fare tante cose…ho superato con il tempo la sensazione di
essere un oggetto di curiosità per gli
altri e ho imparato che a volte per
avere rispetto bisogna uscire dalla
bolla che ci rende trasparenti, bisogna
obbligare coloro che ci devono garantire i nostri diritti a guardarci negli
occhi, a spiegare a noi perché tante
cose non ci sono permesse. Sarebbe
opportuno che la società maturasse in
questo senso, dovremmo far cadere il
tabù della malattia e del dolore perché chiudersi gli occhi non serve a
nessuno. Penso sempre ad Andrea, un
mio giovanissimo amico che mi frequenta da quando ha sette anni: la
mia condizione non gli fa paura e per
lui la nostra amicizia è motivo di orgoglio; non so cosa gli abbia spiegato la
sua mamma, sono però sicuro che sarà
un adulto sereno e forte.
Questa vita è fatta per tutti, indipendentemente da come siamo fisicamente, ed è per tutti un’altalena di
serenità e di difficoltà.
Ora capisco che la ragazzina dai
capelli ramati l’avevo sopravvalutata:
non faceva fatica a sorridere perché
era felice davvero.
TESTIMONIANZE
18
Accettare se stessi
cosa cambia dopo il coma
Ho pensato a lungo. Volevo condividere la mia esperienza del coma vissuto in prima persona, ma non sapevo
come fare. Poi l’illuminazione! Scriviamo a “Gli amici di Luca”, magari
loro se ne fanno qualcosa della mia
esperienza. Magari può aiutare qualcuno, o anche no. Forse può dare speranza, e lo spero proprio.
Spesso mi hanno chiesto cosa è cambiato con il coma. Si potrebbe dire che
cambia il rapporto che si ha con gli
altri. Che cambiano le priorità che
uno si pone, che cambia la vita in
generale. Beh, sì, senza ombra di dubbio cambia anche questo. Però nel
mio caso (neanche troppo ecclatante..solo tre mesi fra coma profondo e
coma vigile) è cambiata soprattutto
una cosa: la capacità di sognare. Di
progettare, di programmare... Di sbilanciarsi, di poter pensare “Oh sì
tanto ce la faccio!”
Tutto diventa un problema: dal lavarsi i denti al mattino, al voler prendere
la patente, all’andare in vacanza o
addirittura nel voler accompagnare la
sorella minore al concerto dei “Muse”
o “The Rasmus”. E ti scontri con la
dura realtà e ti rendi conto che non ce
la fai, e che non ce la farai mai.
Allora ti butti giù, pensi che gli altri
siano normali (eppoi che cosa ci sarà
mai di bello nell’essere uguale agli
altri, conforme agli stereotipi, tutti
fotocopie o fac-simile l’uno dell’altro..senza un minimo di originalità o
peculiarità!) e che tu abbia qualcosa
che non va. Cominci ad odiarti,
cominci a detestarti perchè quella
sera non hai saputo dire di no alla tua
migliore amica e poi si sa come è finita (compagnia, discoteca, alcol, droga,
macchina, velocità, trauma cranico e
fratture varie)
Però pian piano ne esci. Con l’aiuto
degli altri, o anche no. Leggendo.
Ascoltando musica. Stando all’aria
aperta. E per un magico istante tutto
torna come era prima.
Perfetto.
Stupendo.
Ti senti il re del mondo. Senti che puoi
fare tutto, che tutto è possibile. Che
sei “normale”.
Ed hai il terrore di quando questo
prezioso e magico istante passerà.
Però intanto ti godi il momento, non
pensi a nulla, ti limiti ad scoltarti. E
dopo pochi secondi questo magico
momento finisce, e torni a dover fare i
conti con la dura realtà. Con la tua
condizione, con la tua situazione.
E via via questi momenti continuano
ad arrivare e a scomparire in un battito di ciglia. Poi un giorno succede. Ti
stai godendo l’ennesimo momento di
assoluta perfezione, una parte di te
attende che il momento passi e ritorni
la crudeltà, l’amarezza, il rimpianto, la
delusione, che si ritorni con i piedi per
terra. E aspetti. Aspetti.
Continui ad aspettare.
Ma il momento non arriva, continui a
restare sospenso in questo limbo
incantato dove tutto è com’era prima
dell’incidente. In quel preciso istante
tutto torna com’era tre anni fa. Perfetto ma diverso. Hai metabolizzato.
Hai accettato quello che ti è successo.
Ed è una sensazione talmente bella ed
appagante che i tre anni appena trascorsi passano in secondo piano.
Dimenticarli è impossibile, ma pensarci di meno, toglierli dal piedistallo
dove sono stati fino ad ora, renderti
conto che c’è dell’altro, che ci sono
tante altre cose a cui pensare è possibilissimo.
Potrebbe essere complesso e contorto
come è stato scendere dal letto e fare
il primo passo dopo quei lunghi mesi
di immobilità. Ma passo dopo passo ci
si allontana da quel letto. Da quell’ospedale. E da quei ricordi. E da quei
sentimenti.
Sta solo a te decidere quando fare il
primo passo, quando scendere da
quell’odiosissimo lettino, quando dirigerti verso la vera e propria libertà.
La libertà dai ricordi. E dai sensi di
colpa. E l’accettazione di se stessi è il
primo passo verso la vera guarigione.
Auguri Angelo
Angelo ha avuto un incidente
stradale nel 1990 e, dopo un
periodo di coma, è in stato vegetativo a San Severnio Marche.
Oggi ha 40 anni e nel corso del
tempo il suo stato è leggermente
migliorato, portandolo all'odierna vigilanza.
E' assistito amorevolmente dalla
madre Teresa.
Questa è una foto dello scorso
anno quando ha festeggiato il
suo 39esimo compleanno.
Angelo ha bisogno di amici e dell'aiuto di quanti volessero contattarlo anche dalla sua stessa
regione.
Angela Righetto
Il risveglio
personaggio libero
di
Alessandro Tosini
Tutte le mattine quando mi sveglio
mando a quel paese la sveglia perché
ha suonato troppo presto. La suoneria
è regolata alle 7.09, perché 7.10 è
troppo poco originale.
Pensate che la mia vita potrebbe cambiare se mi alzassi un minuto dopo?
Potrei uscire di casa un minuto più
tardi, incontrare delle ragazze carine
sul pianerottolo. L’ascensore potrebbe non essere occupato. Potrei non
imbattermi negli odiosi marmocchi
del piano di sotto che vanno a scuola.
In cortile il cancello elettrico potrebbe essere già aperto. Potrei non trovare il traffico congestionato della gente
che va a lavorare. Le luci dei semafori
potrebbero essere tutti quante verdi.
Potrei non aver bisogno di affrettarmi
perché arriverei al lavoro in anticipo.
Potrei...
Quante cose potrebbero succedere in
un minuto!
Comunque sia, certe mattine è pro-
prio piacevole restarsene al calduccio
delle coperte, soprattutto quando
piove. Avvinti dal torpore della veglia
immediatamente successiva al sonno.
E fuori l’acqua viene giù.
Oppure stare lì a oziare. Uomini
schiavi del vizio. Sognare ad occhi
aperti. Ascoltare il mondo che si sveglia.
Però poi purtroppo l’incanto finisce
sempre e bisogna alzarsi. Che schifo.
Per prima cosa, come un automa vado
in bagno. Sciacquo e asciugo le mani.
Certe volte mi guardo allo specchio.
Quando ne ho il coraggio. Non è sempre facile. A volte è meglio fare finta
di niente.
Mezzo addormentato vado in cucina a
fare colazione. Dei biscotti da tuffare
in una bella tazza di latte.
Terminato il momento di pace e gola,
sparecchio, lavo le stoviglie, torno imn
camera da letto e mi tolgo il pigiama.
Da lì vado ancora in bagno.
Nel frattempo mi sono un po’ svegliato. Non devo più avere paura del mio
aspetto.
Deciso, mi guardo allo specchio. Ci
trovo uno che mi assomiglia come una
goccia d’acqua e che mi guarda negli
occhi.
“Sei un po’ assonnato e spettinato,
ma... sei proprio un bel figo” penso.
Poi gli dico: “Ciao. Chi sei?”.
Lui mi fa le stesse domande. E’ maleducato e parla mentre ho preso la
parola io.
Non ho voglia di litigare di prima mattina. Aspetto.
Non succede niente.
La cosa più tragica è che non mi
risponde. Sembra che voglia qualcosa
da me, così come io attendo risposta
da lui.
Continuiamo a guardarci. Ancora,
non succede niente.
Mi spazientisco.
“Stronzo” gli dico guardandolo in faccia.
In contemporanea lui mi dice la stessa
cosa. Ormai però io non lo vedo più.
Nello specchio ci vedo solo me stesso.
Mi lavo, mi asciugo e cerco di sistemarmi come posso, alla svelta perché
quel tipo là mi ha innervosito.
Poi di scatto vengo via, diretto verso
la camera da letto.
Apro il guardaroba. Tiro fuori dei
vestiti.
All’interno dell’armadio c’è anche un
grande specchio. C’è un uomo in
mutande in procinto di vestirsi.
Posso stare tranquillo, stavolta sono
io. Devo fare però in fretta perché
quell’idiota di prima mi ha fatto perdere tempo e adesso sono in ritardo.
Chiudo il guardaroba, getto sul letto
maglia e pantaloni. Vado all’appendiabiti e prendo le calze.
Ritorno al letto e mi siedo. Mi vesto in
fretta. Prendo il marsupio con dentro
chiavi, portafoglio e portaeuro.
Accendo il cellulare e ce lo infilo.
Lascio il tutto sul letto disfatto.
Torno in bagno ed infilo le scarpe, che
già sono in posizione da ieri sera.
Ieri sera! Che sera! Ma adesso non ho
tempo. Allaccio le scarpe.
Operazione conclusa. Ancora una
controllata veloce nello specchio.
Tutto a posto, tutto in ordine. O quasi.
Però va bene così.
Sono pronto.
Mi alzo in piedi, torno nella mia stanza. Prendo il marsupio e lo metto a
tracolla. Saluti a tutti e finalmente
esco di casa.
Mi sto per rituffare nella vita di sempre, che non è mai uguale ai miei
sogni ma... chi se ne frega? Ognuno fa
quello che può. La vita è in fondo una
festa: tu divertiti e non smettere mai
di ballare.
I NOSTRI SOSTENITORI
19
Anche noi amici di Luca
CPL di Concordia ha festeggiato con noi i suoi 10 anni di attività
cooperazione!
Amici di Luca, grazie per la vostra
dell’Associazione “Amici di Luca”,
ri
memb
cari
ri,
Vacca
Gent.ma Maria
Decennale della preinizio settembre abbiamo celebrato il
per noi cooperare è fondamentale. Ad
città delle Due Torri iniNella
na.
Bolog
a
rdia
Conco
senza della nostra cooperativa - CPL
il nucleo storico
rietà cooperativa concreta, assumendo
ziammo nel 1996 con un’azione di solida
ne impianti gas/acqua per
tenzio
manu
di
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attivit
sue
le
e
r
di personale della cooperativa Edilte
conta 90 addetti ed ha
di Via della Cooperazione a Bologna
l’allora Seabo. Oggi la nostra sede
Ducati Motors, il Bologna Calla
quali
tanti
impor
i
client
per
aggiunto anche la gestione calore
cio, il Resto del Carlino, ecc.
di scarriolanti
è nata nel 1899 dalle necessità di lavoro
ha
La cooperativa stessa, CPL Concordia,
dipendenti per 250 milioni di fatturato,
1000
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oggi
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disoccupati della Bassa
do il metano ad Ischia.
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costruito il Villaggio
opera da anni, a
“Gli amici di Luca” una realtà che
propoAbbiamo riconosciuto nell’Associazione
io dei cittadini. Per questo vi abbiamo
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Bologna e non solo,
di CPL a Bologna insieme all’Associaz
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del
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della
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sto di prendere
ed assistenza sociale
altrettanti impegnativi progetti di aiuto
Bindun” di Beppe Bergomi, che ha
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per i disagi
enza stampa e il talk
Italia-Germania Master (con la confer
L’occasione della partita di calcio
- a noi della Coosso di conoscervi meglio, di persona
perme
ha
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preced
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che
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attività di informato anche l’importanza della vostra
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coma.
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mazione e sensibilizzazione sul tema
-dibattito sul cala, più della cospicua presenza alla serata
Più del risultato benefico a fine partit
ha avuto sui media
CUP
rdia
Conco
CPL
la
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cio e alla partita, siamo felici della
legata al territorio, così
sé il nome della vostra associazione
(regionali e nazionali) portando con
come siamo e vogliamo essere noi.
i l’idealità di un’imprefissi questa missione: portare avant
Come azienda cooperativa ci siamo
sociali. Una volta si diceva che la
valori
ettere
trasm
di
cerca
ma
presa che non cerca solo l’utile
oggi noi dobbiamo
ad un sistema di mercato esasperato;
cooperazione è un’impresa alternativa
profittevole per dare prospettive
essere
deve
che
io
bilanc
di
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cercare di mediare fra il risulta
è essenzialmente
nti di socialità. Perché la cooperativa
alla società – e gli indispensabili eleme
da.
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ci
che
à
societ
la
con
e
i
fatta di legami, fra uomin
ono per far creDe Nigris e a tutti coloro che si spend
Grazie quindi a Lei, Presidente, a Fulvio
ha più bisogno.
ne
chi
a
no
sosteg
il
e
ne
perso
le
scere i legami tra
Con stima e gratitudine,
Roberto Casari
Presidente CPL Concordia Group
Foto: Gianni Schicchi
Il Presidente CPL Concordia Roberto Casari insieme a Nello
Cusin e Beppe Signori in occasione della conferenza stampa
Foto: Gianni Schicchi
Alessandro "Spillo" Altobelli esulta dopo aver segnato la prima
rete alla Germania.
Foto: Gianni Schicchi
Consegna del ricavato della CPL Concordia CUP a “Gli amici
di Luca” e “I Bindun”
con i complimenti di