Il ripensamento grafico della rivista.
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Il ripensamento grafico della rivista.
Dm 185 — Apr. 15 4 Il ripensamento grafico della rivista. U n prodotto editoriale è da considerarsi senz’altro un organismo vivo e dinamico, che nasce e si evolve nel tempo, adattandosi ai contesti, ai lettori, alla società intera. Per questo abbiamo ripensato la veste grafica di questa rivista. Quali sono gli elementi che ci hanno guidato nella scelta del nuovo approccio comunicativo? Senza dubbio leggerezza, dinamicità e colore. Il primo ci permette di dar respiro a pagine e doppie pagine, i contenuti devono alloggiare in uno spazio arioso e luminoso, che favorisce la comodità di lettura, la quale ci porta che ci porta in maniera abbastanza naturale a parlare del secondo punto focale: la dinamicità. Quest’ultima, caratteristica richiesta sin dall’inizio da UILDM, desiderata e ricercata già da tempo, trova conferma in leggere sovrapposizioni, asimmetrie e punti carichi di peso e interesse che si alternano all’interno dell’impaginato, contribuendo in primis a chiarire l’ordine di lettura della pagina e solo successivamente a fornire spunti di approfondimento.Il terzo e ultimo fattore chiave della nuova rivista è senz’altro il colore, elemento che racchiude in sé tutta l’essenza della comunicazione e trasmette, a partire della copertina, la carica emozionale di ogni singola pagina. h h h 5 Progettare il restyling grafico di una rivista è quindi un’operazione delicata, non deve tenere solamente conto delle abitudini del lettore consolidato ma parallelamente confrontarsi con il cambiamento delle sue esigenze e con le radicali rivoluzioni nella modalità di fruizione dei contenuti derivate dal mondo digitale, social network in primis. I tempi di attenzione infatti si stanno abbassano, i motivi di distrazione aumentano e la complessità sembra diventare insostenibile. Ordine quindi, la profondità del cambiamento è addirittura ulteriore, possiamo parlare di un ripensamento strutturale della rivista che, in fondo, è quello che ha guidato la riorganizzazione dei contenuti. La navigazione comincia da editoriale e sommario, prosegue poi con le sezioni panorama, mondo uildm, scienza e medicina e cultura e media. Il tutto intervallato da stacchi cromatici che identificano di volta in volta le numerose rubriche , lo Speciale o i vari box di approfondimento. Torniamo infine, solo per un attimo, al concetto di distrazione, precedentemente citato, e questa volta inteso come volontà di perdersi e divagare felicemente all’interno di questo bidimensionale contenitore di contenuti, lasciandosi catturare prima da una foto, poi da una linea diagonale che divide una pagina, e avanti così fino ad arrivare alla fine del volume, in assoluta leggerezza. — a cura di Mediagraf Lab l o r a P Dm 185 — Apr. 15 e r o m a ' ed C’ BIO Giornalista, scrive per La Gazzetta dello Sport, il Corriere della Sera. È responsabile di GazzettaTv, canale de La Gazzetta dello Sport. Ha seguito sei edizioni della Paralimpiade estiva (Barcellona '92, Atlanta '96, Sydney 2000, Atene 2004, Pechino 2008 e Londra 2012) e quattro di quella invernale (Lillehammer '94, Torino 2006, Vancouver 2010 e Sochi 2014). Scrive di sport per persone con disabilità per La Gazzetta dello Sport (dove cura il blog Paralimpici), Corriere della Sera (blogger di InVisibili), SportWeek. È autore di "Paralimpici" (Hoepli 2006, 2008 e 2012), dedicato a storie, storia, discipline, personaggi dello sport paralimpico. era il momento in cui Franco sparigliava. Diceva: «Perché non parliamo d’amore?». Straordinaria intuizione in momenti in cui si pensava che quella parola non entrasse per nulla. E invece no, aveva ragione. Bisogna partire da lì. E da lui. Il primo numero dell’assenza. Franco Bomprezzi è la storia di questo giornale e un gran bel pezzo di storia del movimento per i diritti delle persone con disabilità. La mente e il cuore, quella di tutti noi di DM, stanno lì, sulla strada che non si è interrotta. Franco sa che è così. Lo sappiamo noi. Diritti, comunicazione, linguaggio: insomma, cultura. Cambiarla per migliorarla. La sua eredità. Lasciata negli scritti e nella vita. Lanterna che illumina chi, come noi, vive disabilità e dintorni. Il tempo ha mostrato i percorsi. Semplificando, la partenza è dalla cultura della disabilità: riconosco che c’è, esiste, fa parte del mondo. Non è un passaggio così scontato. Siamo a neanche molti decenni fa, ma non fu facile. Poi si è andati oltre, passando a quella della riabilitazione: non solo ho scoperto che vi sono persone con disabilità, ma faccio in modo che acquisiscano, quando possono e riescono, gli strumenti per adeguarsi a come è la società. Pesante e sbagliato, ma era necessario farlo, probabilmente. Il passo successivo è quello della cultura dell’abilità: far emergere le capacità delle persone nella condizione in cui sono e vivono, qualunque essa sia. Lì dobbiamo andare, quella è la direzione. Non ci siamo ancora. È il grande messaggio dello sport paralimpico. Fra questi, uno di quelli più significativi è proprio il wheelchair hockey, che nel cuor ci (mi) sta: "UILDM dà il benvenuto al nuovo direttore responsabile di DM" lo spazio è per tutti, in qualunque condizione, sublimando le abilità. Bellissimo: trasformiamo così la società. Ho seguito sul posto, per lavoro e per passione, i Giochi fin da Barcellona 1992. A Londra, la più bella fra le Paralimpiadi, Phil Craven, storico presidente del Comitato Paralimpico Internazionale, chiede ai giornalisti: «Non usate la parola disabile». Sappiamo quanto le abilità cambino e dipendano dal contesto. Ecco il senso della richiesta di Craven: qui non si notano mancanze, solo capacità. Se punto sulle capacità, ogni persona, in qualunque condizione, è una risorsa. Ecco come deve essere la società. L’evoluzione del linguaggio è il miglioramento della cultura. Partiamo da qui. Ancora Franco, quando si passava le ore a capire come comunicare la disabilità: «Le parole sono la nostra visione del mondo». Non c’è nulla da interpretare, era giustamente un concetto diretto, senza possibili mediazioni. Dopo qualche decennio a descrivere e raccontare l’arcipelago delle disabilità, essere qui a DM, a mettere il mio nome dove quello di Franco è stato e non scomparirà mai, è seguire questa visione del mondo. Parte dal rispetto di ogni condizione e dall’esaltazione delle abilità di ognuno. Torniamo a quella parola con la quale sapeva sorprendere: Amore. Solo così si può ribaltare il “pensare comune”, quello che ogni giorno ci spinge a tenere botta, tutti insieme, con le nostre differenze e peculiarità. Sì, davvero, ma «perché non parliamo d’amore»? — Claudio Arrigoni Direttore Responsabile di DM 6 Dm 185 — Apr. 15 15 PART-TIME E LAVORATORI CON DISABILITÀ L a legge 10 dicembre 2014, n. 183, nota come Jobs Act, prevede la successiva emanazione di decreti legislativi che regolano molti aspetti legati all’occupazione e ai rapporti di lavoro. In queste settimane il Consiglio dei ministri ne ha approvati quattro che ora passano all’esame delle Camere per il relativo parere prima dell’emanazione definitiva. Ci soffermiamo sul decreto relativo alle tipologie contrattuali e mansioni per la parte che riguarda il part-time. La trasformazione del proprio rapporto di lavoro da tempo pieno a parziale rappresenta per molti lavoratori l’opportunità per conciliare esigenze personali e familiari con il mantenimento di una occupazione stabile. Di fatto il diritto di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time è limitato ai lavoratori con malattia oncologica che conservano anche il diritto di “ritornare” al tempo pieno al termine di percorsi di terapia. In tutti gli altri casi il passaggio da full a part-time è condizionato da una contrattazione fra le parti. Ma ecco la principale novità introdotta dal decreto legislativo in via di perfezionamento: ora potranno contare sugli stessi diritti anche i lavoratori affetti da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti quali, ad esempio, le distrofie muscolari. Mentre per i lavoratori con questo tipo di disabilità viene stabilito un diritto a cui l'azienda non si può opporre, per i familia- ri viene fissata solo una priorità nella concessione del part-time. Si tratta di coniuge, figlio, genitore di una persona con patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti e dei lavoratori che assistono una persona convivente “con totale e permanente inabilità lavorativa, che assuma connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, alla quale è stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita”. La priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale è ammessa in altri due casi ma limitata ai soli genitori: nel caso di figlio convivente di età non superiore a tredici anni e di figlio convivente portatore di handicap “ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 104 del 1992.” (da notare che non è richiesta la gravità indicata dal comma 3 dell’articolo citato). rapporto a tempo parziale per un periodo corrispondente, con una riduzione d’orario non superiore al 50 per cento. Il congedo richiamato non è quello previsto dall’art. 42 (Capo VI) concesso ai parenti che assistono un familiare con handicap grave, retribuito e della durata massima di due anni. I congedi citati sono quelli parentali concessi per ogni bambino, nei primi suoi otto anni, a ciascun genitore e che non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi (salvo casi particolari). Fino al terzo anno del bambino è riconosciuta un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi. Inoltre i congedi sono coperti da contributi figurativi. Nel caso il bambino sia persona con handicap grave (art. 3 comma 3 della legge 104/1992), il congedo estende la sua durata a tre anni (con indennità fino a sei mesi e copertura previdenziale figurativa). Qual è la nuova opportunità? Congedi parentali e part-time Ma c’è un’altra opportunità che riguarda il part-time. Il lavoratore può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale “spettante ai sensi del Capo V del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151”, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in Anziché fruire dei congedi si può chiedere il passaggio al part-time per la stessa durata del congedo. Ad esempio, anziché chiedere e ottenere sei mesi di congedo retribuito con indennità al 30%, si può passare a part-time per sei mesi percependo una retribuzione proporzionata e una copertura previdenziale effettiva. — di Carlo Giacobini Direttore Centro per la Documentazione Legislativa UILDM e HandyLex.org Dm 185 — Apr. 15 17 Il presidente FIWH Antonio Spinelli incontra il Pontefice Francesco durante l'evento "Believe to be alive". 20 anni di HOCKEY in ITALIA U na stagione densa, piena di sport ma anche di significati, quella iniziata lo scorso ottobre per FIWH (Federazione Italiana Wheelchair Hockey). La stagione 2014/2015 rappresenta infatti un traguardo importante: «Vent’anni di attività non sono uno scherzo o un anniversario qualsiasi» sottolinea il presidente FIWH Antonio Spinelli. «Per il nostro sport è un grandissimo traguardo che forse in pochi auspicavano al nascere di questa meravigliosa avventura». La ricorrenza del ventennale - per cui è stato realizzato un logo ad hoc scelto attraverso un contest - viene celebrata con tantissime iniziative distribuite fino al termine del 2015. Il primo appuntamento è stato la partecipazione a “Believe to be Alive” "Credi per essere vivo", evento durante il quale Papa Francesco ha incontrato il movimento paralimpico mondiale. A seguito dell’incontro, nella splendida cornice di San Pietro, si sono susseguite le esibizioni di diverse discipline paralimpiche tra cui anche il wheelchair hockey. Il campionato Intanto il campionato di A1 e A2 è ormai entrato nel vivo. Nel girone A della A1 protagoniste per la prima volta insieme tre squadre siciliane (i Leoni Sicani, vicecampioni d’Italia, i Red Cobra e le Aquile di Palermo) insieme alle tre squadre laziali (Thunder Roma, Albalonga, e Vitersport). Nel girone B della A1 oltre ai campioni d’Italia della Coco Loco Padova e alle altre “storiche” squadre del nord (Skorpions Varese, Sharks Monza e Magic Torino) e ai Black Lions Venezia, tornano i Rangers Bologna componendo così un girone equilibratissimo e dall’esito alquanto incerto. Anche in A2 la lotta è dura, i posti disponibili per i play off sono solo uno per girone e, sebbene alcune dinamiche sembrano oramai delinearsi, le sorprese sono dietro l’angolo. Da segnalare, in A2, l’esordio dei Friul Falcons di Udine, nati da una costola dei Madracs Udine. Il campionato si chiuderà a Lignano Sabbiadoro (UD) dal 14 al 17 maggio: la Federazione sta lavorando alla realizzazione di una mostra fotografica per far rivivere 20 anni di attività, passione ed emozioni. Sarà una festa in grande stile, con il coinvolgimento di alcuni danzatori della Federazione Danza Sportiva, una banda e l’esibizione durante il party finale della band musicale Controtempo. Non solo campionato Ma non c’è solo il campionato. Ritorna anche la Coppa Italia dopo le finali di Modena del settembre 2012. Quattordici le squadre partecipanti, suddivise secondo un tabellone “tennistico” e scelte con il sorteggio integrale. I detentori del trofeo (Coco Loco Padova) e l’altra squadra finalista (Thunder Roma) saltano il primo turno e passano direttamente al secondo. C’è poi la Nazionale che, a seguito del deludente mondiale bavarese, ha cambiato guida. Ad affiancare il nuovo CT Saul Vadalà è stato scelto Alessandro Marinelli. Il progetto del CT è ambizioso: oltre ai tradizionali raduni, anche amichevoli, ai tornei internazionali e a un’attenta osservazione del campionato per scoprire qualche nuovo talento nascosto, «lavoreremo con l’intento di creare un squadra competitiva, che possa giocarsela alla pari contro qualsiasi avversario». A completare il nuovo staff azzurro il team manager Paolo Cifronti, che eredita il ruolo di Fabio Rodo, eletto assieme ad Anna Rossi a ricoprire altri ruoli istituzionali nel Comitato esecutivo internazionale del Wheelchair Hockey. — di Anna Rossi Segretaria di presidenza FIWH Dm 185 — Apr. 15 23 «NON È CHE IO ABBIA PAURA DELLA MORTE Solo che, quando toccherà a me, preferirei non esserci» H o intitolato questo mio primo intervento citando il regista Woody Allen. Un modo leggero per incuriosirvi e invitarvi a entrare con me in un tema difficile ma che ci tocca tutti, e tanto più chi, come noi, vive a contatto diretto con una malattia progressiva debilitante. Ognuno di noi, o quasi, ha salutato amici che avrebbe voluto più a lungo al proprio fianco, detto addio a familiari che ha amato e che non smetterà di amare. Definiamolo in negativo, dicendo ciò che non è: come accadimento diffuso, inevitabile e universale, ricco di aspetti culturali, storici e religiosi, oltre che psicologici, il lutto non è una malattia e gran parte delle persone supera l’evento senza danni rilevanti. Tuttavia, se non elaborato, cioè non coscientemente accettato come accadimento possibile, può essere origine di una vasta gamma di problematiche psicosomatiche determinando, talvolta, un aumentato rischio di mortalità nei sopravissuti, specialmente se vedovi, così come suggerito da alcune ricerche epidemiologiche. Per questo talvolta l’eleborazione del lutto può essere agevolata da un percorso con un terapeuta. Nella nostra cultura il termine “lutto” si riferisce alle manifestazioni esteriori di dimensione sociale che, LO PSICOLOGO — di Daniele Ghezzo attraverso riti e cerimonie, regolamenta le modalità di condivisione del dolore. Io, nella mia analisi, mi riferisco invece a quello che sarebbe più corretto chiamare “cordoglio”, che invece riguarda le intime reazioni emotive alla perdita. Certo è che i riti possono essere un primo “aiuto” nel percorso di elaborazione, che continua poi nell’intimità di ciascuno con tempi e modi differenti. La psichiatra svizzera Elisabeth Kubler-Ross spiega come questo periodo intimo di elaborazione avvenga attraverso dei passaggi, in cui uno stato d’animo prevalente viene sostituito da un altro. Ciascuna di queste fasi, descritte sotto, può succedersi in un ordine diverso e non necessariamente come entità separata: Stordimento: stato di shock caratterizzato dalla negazione del fatto avvenuto, con sentimenti di irrealtà, ricerca nel proprio ambiente di rumori o segni di presenza del proprio caro; Rabbia: pianto, ansia da separazione e irritabilità con auto-accuse (e conseguente perdita di autostima) o etero-accuse (il destino, il mondo, i medici; con conseguente minore senso di sicurezza); Disorganizzazione e disperazione: stati di apatia, disperazione con isolamento e ritiro dalla vita sociale, senso di “mutilazione”, profonda tristezza e dolore per la realtà e l’irrimediabilità della morte; Riorganizzazione: graduale ritorno alla vita, ricordi non più dolorosi, ricomparsa di interessi e del desiderio di pianificare il proprio futuro. Gli obiettivi del lavoro psicologico sul lutto sono: - Accettare la realtà della perdita - Sperimentare il dolore e i sentimenti di depressione - Adattarsi alla realtà senza il proprio caro sviluppando la capacità di ricoprire nuovi ruoli, un nuovo senso di sé e del mondo - Conservare il ricordo nella memoria e proseguire nel proprio percorso di vita. Il tempo richiesto per questa elaborazione segue un andamento personale su cui incidono variabili individuali, sociali e culturali oltre al contesto in cui si è verificata la morte: anche se statisticamente va dai 6 ai 24 mesi, non viene considerato come quantificabile in modo preciso. Nel caso in cui la perdita avvenga dopo un periodo di malattia e/o di vissuti di perdita di alcune funzioni vitali o relazionali, ed è questa una situazione che può riguardare molti lettori di DM, si è soliti parlare di “lutto anticipatorio” per designare quel periodo necessario al caregiver principale, genitore o coniuge che sia, per confrontarsi con la perdita dell’assistito. In questi casi è fondamentale che il familiare impari a gestire i sentimenti negativi assieme alle sensazioni di sconforto e sconfitta, senza rifiutarli o reprimerli, favorendone il riconoscimento per salvaguardare la qualità di vita propria e del morente. Tale tipologia di lutto prevede di continuare l’assistenza al congiunto senza che la sua fine coincida con un arresto nell’evoluzione della propria vita e la possibile caduta in uno stato depressivo (“lutto complicato”). Il terapeuta dovrà quindi supportare morente e familiari nell’attraversare, senza fretta, questo periodo ponendo attenzione alla personalità, alla resilienza, cioè quella caratteristica innata di affrontare gli stress, e non ultimo al background esperienziale. Dm 185 — Apr. 15 SATIRA 32 IL MIO DISTROFICO FRIZZI E LAZZI E IRRIVERENZE SULLA DMP di Gianni Minasso La secchia rapìda (sic!) D ITEMI VOI COME GLI SCAFATI ESTENSORI DI QUESTA RUBRICA (GIUNTA FRA L’ALTRO AL 33° NUMERO) AVREBBERO MAI POTUTO IGNORARE UN EVENTO COSÌ STUZZICANTE COME L’ICE BUCKET CHALLENGE... INFATTI OGGI ESPORREMO ALCUNE RIFLESSIONI IN MERITO CHE SARANNO POI COMPLETATE DA UNA NUOVA SERIE DI VARIAZIONI. FORZA, SU COL MORALE, DISTROFICHETTI: PRIMA O POI LO TROVERANNO UN SISTEMA PER SCHIODARCI DA ‘STA CARROZZINA! Mesi orsono l’Ice bucket challenge (per i comuni mortali italofoni la “Sfida della secchiata di ghiaccio”) ha occupato per qualche giorno il trono dell’effimero mediatico. Di origini poco chiare, questa moda è stata caratterizzata dal rovesciarsi addosso un secchio d’acqua fredda, fare una donazione alle associazioni anti-sla (e il nostro caro Alberto, tesoriere dell’Aisla, si sarà fregato a lungo le mani!) e sfidare altre tre persone a compiere questi primi due gesti. Come capita nella teoria (ma mai nella pratica) del multi-level marketing, dopo un mesetto dall’inizio della faccenda tutti gli abitanti della Terra avrebbero dovuto essersi inondati la capocchia pro sclero-lateral-amiotroficini. “Variazioni su un tema” Inutile dire che, nel frattempo, il sottoscritto si è rovesciato sulla maglia soltanto un bicchiere di birra al pub e che, non a causa di ciò ma proprio per colpa dell’IBC, ha provato una certa dose di fastidio. Intendiamoci: non ho niente contro questi spettacolari metodi di lotta alle patologie incurabili, tuttavia quarant’anni di onorata distrofia e un certo qual disincanto esistenzia- 33 le (indipendente da essa) mi fanno considerare con distacco fenomeni del genere, tanto “virali” quanto di fuggevole durata. Del resto sono stato confortato in ciò nientepopodimeno che dall’austera Direzione Nazionale Uildm. Infatti la nostra beneamata DireNazi, in una comunicazione della scorsa estate, aveva diplomaticamente (ma non poi così tanto) declamato: “Esprimiamo il nostro apprezzamento per le manifestazioni di solidarietà concreta, lontane da spettacolarizzazioni e ricerche di protagonismo [...]. Auspichiamo, quindi, che coloro che hanno aderito e stanno aderendo a questa campagna di raccolta fondi, colgano l’occasione per capire veramente di cosa e soprattutto di chi si stia parlando [...] e speriamo che le stesse persone che aderiscono possano contribuire a trasformare questa in una campagna culturale e di sensibilizzazione profonda, diversa da tanti fenomeni alimentati dalla Rete che talvolta crea grandi fuochi destinati a spegnersi però in breve tempo, senza lasciare nessun segno nelle persone coinvolte”. Amen. Naturalmente potrei accennare ai vip che con l’IBC si sono fatti pubblicità scucendo di nascosto cifre irrisorie, politici di spicco che dopo la regolare auto-secchiata hanno continuato a rubare e a tagliare i fondi destinati alla disabilità (e a questo punto io stesso sarei in grado di suggerir loro con quale “profumato” materiale riempire il prossimo secchio...), il gossip su chi ha dato e chi non ha dato, i tanti lavatisi la coscienza a poco prezzo, l’ennesima americanata da dover digerire, l’imposizione di un altro sciocco rito modaiolo, il mancato raggiungimento della consapevolezza nei confronti di una pericolosa patologia, la ciccia (leggi “risorse economiche”) per i soli sclero-lateral-amiotroficini (e gli altri malatini?) eccetera. Molto volentieri non ricorderò altri particolari dell’IBC, comprese, tantomeno, le celebrità coinvolte. Ne ho già avuto abbastanza così. Piuttosto vorrei lanciare qualche modesta proposta per rimpinguare l’esanime cassa della nostra DireNazi e quindi, sulla scia di questa stupidaggine internazionale, trovare gli adattamenti utili per il mondo distrofico. Intanto si dovrebbe acquistare un congruo megafono per amplificare la flebile vocina del bravo ma minuscolo Ufficio Stampa e Comunicazione di via Vergerio. Poi travolgere il web e gli altri media con sequenze di incoscienti illustri che catapultano sulla propria crapa (o su quella di qualche povero distrofichetto) secchiate di liquidi inconsueti, tanto per attirare meglio l’attenzione. Ci si potrebbe innaffiare la cocuzza con l’economico Tavernello (piuttosto che con il più pregiato Châteu Mouton Rothschild del 1947) e così creare la WBC (non già la World Boxing Council bensì la Wine Bucket Challenge). Oppure potremmo riempire il recipiente incriminato con mascherine di ventilatore, locandine delle passate Manifestazioni Uildm o... costine di maiale alla griglia! Insomma, l’importante sarebbe far notizia e quindi deviare l’interesse del popolo bue sulla persistente incurabilità della nostra mai troppo odiata compagna di vita. In caso contrario, per noi muscoli-di-budino, l’alternativa di richiamo potrebbe essere quella di spogliarci in piazza San Pietro, magari proprio davanti a papa Bergoglio. Ma, francamente, preferirei evitarlo. Dm 185 — Apr. 15 MONDO UILDM 34 TERRITORIO: VERONA L o scorso 18 ottobre la nostra Sezione ha partecipato a EXPOdisABILITà, la prima manifestazione sul territorio della Fiera di Cerea “Area Exp” e Expogenesis dedicata alle problematiche della disabilità dalla più tenera età a quella dell’anziano. Patrocinato dal Comune di Cerea, alla realizzazione del convegno scientifico “La salute non ha età” oltre alla Sezione UILDM di Verona hanno collaborato l'ULSS 21 e il centro polifunzionale Don Calabria. L’incontro ha messo a confronto le di- verse figure sanitarie del territorio veronese (neurologi, fisiatri, pneumologi, anestesisti, pediatri e medici di base, psicologi, fisioterapisti, logopedisti) per una valutazione dell’attuale attività assistenziale: la comunicazione tra i vari operatori, la qualità e l’utilizzo delle risorse e dei servizi sanitari, la possibilità di rallentare il processo della malattia, gli ausili che aiutano a migliorare la qualità della vita e l’inserimento attivo nella realtà sociale. Durante la mattinata il Gruppo giovani ha incontrato MILANO I l Politecnico di Milano premia ogni anno i migliori progetti di carattere innovativo e tecnologico inerenti alla sfera dell’informatica, della robotica e dell’intelligenza artificiale. Il premio dell’ultima edizione dell’Alumni Polimi Awards 2014 “Area Tradition” è stato conferito a un progetto realizzato da tre studenti laureati in ingegneria informatica al celebre Politecnico milanese: Paolo Belluco, Alessandro Mauri, Flavio Mutti. Il loro lavoro di ricerca e sviluppo fa parte della start up B10NIX che realizza sistemi a basso costo per facilitare la vita quotidiana delle persone con disabilità nell’utilizzo di personal computer ed elettrodomestici, utilizzando in maniera semplice e agevole comandi vocali o sfruttando i movimenti della testa. Quando tre brillanti ingegneri informatici stabiliscono di progettare insieme un sistema che agevoli la qualità di vita delle persone con disabilità è sempre qualcosa di rilevante e assolutamente non scontato. «La passione riguardo ai sistemi di interazione ci ha spinto a creare B10NIX Srl» afferma Alessandro Mauri, uno dei premiati «e questo ha UDINE S i chiama WheelDM ed è il primo prodotto concreto del laboratorio sulla comunicazione avviato alla fine del 2014 da UILDM Udine. È un piccolo giornale di otto pagine che muove i primi passi con cautela, ma con grande entusiasmo e tante speranze per il futuro. Il nome, come spiega l’editoriale, «deriva dal termine inglese wheel, che significa ruota - chiaro riferimento alla carrozzella, compagna inseparabile delle persone con disabilità - e che si pronuncia “uil”, guarda caso come le prime tre lettere dell’acronimo UILDM, fortunata coincidenza che non abbiamo esitato un attimo a sfruttare per la nostra ‘creatura’, il cui nome si pronuncia appunto uildim”. La redazione è composta da una decina di soci con disabilità che, accompagnati da due giornalisti, si sono occupati e si occuperanno di tutto: dalla scelta del nome della testata alla grafica, dalla scrittura degli articoli ai titoli, dall’impaginazione alle foto. In questo senso WheelDM, che non ha ancora una periodicità definita, non vuole essere l’organo ufficiale della Sezione di Udine, ma l’espressione delle idee, degli 35 La Sezione con i suoi volontari sostenitori 250 studenti del liceo Scientifico di Cerea raccontando un po' di sé e dell’associazione. Domenica 30 novembre all'hotel Crowne Plaza di Verona si è tenuto l'evento “Ballando con il cuore”, un’iniziativa di beneficenza organizzata dalla scuola di ballo “Arthur Murray” a favore di UILDM e del Gruppo di sostegno DBA, che ha visto sfidarsi alcuni dei personaggi più noti del panorama veronese accompagnati dai maestri della scuola di ballo. Ospiti d’eccezione i ballerini Raimondo Todaro e Samanta Togni, direttamente dal programma di Raiuno “Ballando con le stelle”. Infine, sabato 8 e domenica 9 dicembre l’associazione culturale Quinta parete e la Galleria Orlando Arte hanno organizzato una grandiosa asta di beneficenza a favore di UILDM Verona presso il Palazzo della Gran Guardia di Verona. Durante il weekend sono state battute prestigiose opere di pittura, scultura, manifattura e oggettistica, tappeti antichi e moderni, raccogliendo 4800 euro. Valentina Bazzani generato in noi la voglia di sviluppare idee, dal concept all’implementazione finale e di misurarci con un mercato internazionale, estremamente dinamico e competitivo, come quello dei sistemi di interazione uomo-macchina». A questo progetto hanno collaborato anche UILDM Milano e il Centro Clinico NEMO, facendo testare direttamente da alcune persone con disabilità il nuovo sistema B10Mouse che permette di adoperare un PC senza utilizzare gli arti superiori. Inoltre, i tre ingegneri informatici sono attualmente impegnati a un nuovo lavoro di ricerca che si focalizza sul WISE (Wearable Interactive SystEms): si tratta di un accessorio hardware e software indossabile che rileva le azioni e i parametri biometrici degli utenti durante esercizi di riabilitazione e attività sportive. La tecnologia a scopo civile può e deve essere uno strumento prezioso per migliorare la qualità di vita delle persone, in particolare per i disabili. Ne siamo consapevoli e come UILDM di Milano continueremo a collaborare a eventuali nuovi progetti di questo tipo, sempre con passione e determinazione. Renato La Cara interessi e delle capacità del gruppo che lo realizza e che è, ovviamente, aperto a nuovi ingressi. Alla base del progetto c’è un utilizzo intensivo delle nuove tecnologie informatiche e della comunicazione. C’è chi gestisce il computer con gli occhi e chi usa i comandi vocali, chi lavora con una tastiera virtuale sullo schermo e chi usa il mouse tradizionale. I materiali viaggiano via e-mail e vengono salvati e scambiati sulla Rete, i commenti e le proposte si fanno all’interno di un forum di gruppo. Le riunioni di redazione si aprono sempre con il caratteristico squillo di Skype che annuncia l’avvio di una videochiamata di gruppo, che consente di far partecipare anche chi, per le sue condizioni di salute, fa più fatica a muoversi da casa e a prendere parte ad altre attività. È questo, del resto, uno degli obiettivi principali dell’iniziativa. La testata del giornale Luca Pantaleoni WheelDM U.I.L.D.M - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare Onlus di UDINE Numero 1 Dm 185 — Apr. 15 MONDO UILDM 36 TERRITORIO: CICCIANO D omenica 21 dicembre la UILDM di Cicciano (Napoli) è riuscita a mettere, letteralmente, sulla sedia a rotella alcuni sindaci e politici dell’Agro Nolano in occasione dell’evento denominato “Pedalata Comoda”. Un percorso sulla sedia a rotelle che è partito dalla stazione circumvesuviana di Nola per terminare in piazza Duomo presso la casa comunale, per rendersi conto di persona di quali ostacoli incontra chi, non potendo contare sull'uso delle proprie gambe, è costretto a spostarsi su sedia a rotelle. «La battaglia per l’abbattimento delle barriere architettoniche parte dalla stimolazione della sensibilità dei cittadini e delle amministrazioni» dice Giovanni De Luca, consigliere di UILDM Cicciano. «La “Pedalata Comoda” è uno dei tanti strumenti educativi volti a informare la società civile sull’inadeguatezza degli spazi degli edifici pubblici e delle attività commerciali. Il nostro obiettivo è quello di far sì che tutti i 18 Comuni dell’Agro Nolano ratifichino la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e che adottino il PEBA, ovvero quello che dal 1986 è definito Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche, reso obbligatorio dalle leggi 41/1986 e 104/1992. La libertà di movimento e di autodeterminazione sono diritti inviolabili della persona. I cittadini dovrebbero cooperare per rimuovere tutti gli ostacoli, fisici e mentali, che limitano questa libertà. Speriamo che la nostra battaglia diventi presto la battaglia di tutti». Alla passeggiata dimostrativa hanno aderito numerosi amministratori e rappresentanti politici del territorio, come i parlamentari Paolo Russo e Massimiliano Manfredi, l’assessore regionale Pasquale Sommese, 18 sindaci dell’Agro Nolano, l’Ambito di Nola N23, il governatore del Distretto 108YA Club Lions International Liliana Caruso, il presidente del Distretto 108 YA dei Leo Club Luigi Delle Cave e altre 58 associazioni. Anche il vescovo di Nola Beniamino Depalma, che ha atteso il corteo davanti al duomo, si è dimostrato disposto, nel caso si riuscissero a superare i vincoli della Sovrintendenza delle Belle Arti anche con l’aiuto della parte istituzionale presente alla manifestazione, a far in modo che le persone in carrozzina possano accedere alla chiesa dalla porta principale e non da quella secondaria. La manifestazione si è conclusa con un convegno sul tema dell’abbattimento delle barriere architettoniche nel circolo Giordano Bruno, dove è stato sottolineato che è l’ambiente a rendere le persone disabili e non la condizione dell’individuo, quindi «se la persona con disabilità viene messa nella giusta condizione di poter fare, si scopre che la persona stessa tende a migliorarsi e a migliorare l’ambiente circostante!». L’obiettivo principe di questa “Pedalata Comoda” è soprattutto quello di far capire ai politici e ai cittadini che un ambiente privo di pregiudizi, barriere culturali e ostacoli consente alle Persone con Disabilità di vivere appieno il loro diritto alla cittadinanza. Angelo Bonfiglio Un momento della "pedalata comoda" 37 OTTAVIANO L a Sezione UILDM di Ottaviano (Napoli) ha lanciato la VI edizione del Premio nazionale di Poesia “IO ESISTO e non farei rumore se tu mi ascoltassi…”. Il concorso, aperto a tutti, rappresenta in particolare per le persone con disabilità uno stimolo a dare spazio alla creatività e a far sentire la propria voce attraverso la poesia, che diventa così uno strumento di inclusione sociale. Al tempo stesso, l’iniziativa ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle tematiche relative alla disabilità e di raccogliere fondi a sostegno della Sezione UILDM di Ottaviano. «IO ESISTO, con il passare degli anni acquista sempre maggior prestigio perché la persone riescono a comprendere in modo sempre più chiaro la giusta causa per cui viene organizzato e decidono di stare dalla parte di chi non lotta per se stesso, ma per il bene del prossimo. IO ESISTO è diventato l’emblema di chi è stanco di restare in silenzio e ha scelto di fare “poeticamente rumore” per entrare nel cuore sordo dell’indifferenza», spiegano dalla UILDM di Ottaviano. Quest’anno il concorso è suddiviso in due sezioni: poesia a tema libero e poesia sul tema “La disabilità”. Si può inviare una sola opera per sezione entro il 30 aprile 2015, previo versamento di una quota di partecipazione pari a 10 euro (per ogni sezione). Saranno premiate le prime 5 opere a tema libero e le prime 5 opere sulla disabilità. Per la prima volta, inoltre, è previsto un Premio Speciale UILDM che andrà al partecipante più giovane. Gli organizzatori anche per questa VI edizione si impegnano a realizzare un'antologia in cui verranno inserite le prime 25 opere selezionate per ogni sezione e l’opera del Premio Speciale UILDM. Durante la cerimonia di premiazione 15 poesie saranno declamate da attori professionisti, accompagnati dalla musica di un Maestro del Conservatorio di Napoli. Il concorso è a scopo benefico e tutto il ricavato, escluse le spese organizzative, sarà devoluto alla Sezione UILDM di Ottaviano. Il bando di concorso completo e ogni altra informazione sono reperibili sul sito dedicato all’iniziativa Ioesisto.jimdo.com, ai numeri telefonici 081/3655909, 373/5138274, 349/1549698, e all’indirizzo e-mail [email protected]. Giada Miotto La locandina del concorso Dm 185 — Apr. 15 55 DONN — del Gruppo donne UILDM CHE PESO SENTIRSI UN PESO M ettiamo che abbiate una disabilità motoria e riceviate un invito per andare in un luogo che già sapete inaccessibile, come reagite? E se vi rispondono: «Ma dai, ma quanti problemi ti fai, ti porto io di peso!»? Cosa dite, fate presente le vostre difficoltà, passando per quella/ quello che si lamenta sempre, oppure declinate l’invito senza tante spiegazioni? Ce l’ha chiesto una nostra collaboratrice, abbiamo risposto tra di noi e poi abbiamo rivolto la stessa domanda anche ad altre persone disabili. È nata così la dispensa “Ti porto di peso?”, consultabile nella pagina web del Gruppo donne (Uildm.org/Gruppodonne). Un’iniziativa che è anche un modo diverso per trattare il problema delle barriere architettoniche. Spesso la gente è stanca di questo argomento e il colmo è che i disabili stessi sono ormai stanchi di ripetere sempre le stesse parole: in molte situazioni le persone con difficoltà considerano la loro disabilità un peso prima per se stessi e poi per le persone che li circondano e non hanno più voglia di lottare, quasi pretendessero qualcosa che non è loro dovuto. La dispensa ospita testi di vario genere, ma quasi tutti contengono i concetti di libertà, autonomia, indipendenza. Perché ciascuno deve decidere in prima persona cosa fare e come comportarsi, senza dover elemosinare un aiuto, un regalo, quasi un miracolo. Dipendere dagli altri anche per le minime cose è un’esperienza che non si può comprendere se non la si prova sulla propria pelle. Uno dei contributi più significativi è giunto da una scuola secondaria di primo grado in provincia di Sassari. La professoressa di Arte e Immagine Anna Laura Tocco ha parlato dell’argomento con gli alunni di una classe prima e ha chiesto loro di disegnare qualcosa. Ha agito come dovrebbero agire tutti gli insegnanti, ricordandosi che non sono semplici trasmettitori di nozioni ma soprattutto degli educatori. Abbiamo inviato questa dispensa anche a coloro che dovrebbero occuparsi dell’eliminazione di queste “benedette” barriere, prima di tutto di quelle mentali, e ci sembra di aver “increspato la superficie del mare, creando lievi onde”. Alcuni amministratori locali ci hanno chiesto di trattare l’argomento in incontri pubblici; qualche tecnico ha scritto che avrebbe tenuto in maggiore considerazione questa problematica; è stata realizzata una trasmissione radiofonica a cui ha partecipato insieme a noi un assessore ai Lavori pubblici. Alla fine basta poco per cambiare le priorità, perché le barriere architettoniche non sono un ostacolo solo per i disabili ma anche per le persone che spingono un bambino sul passeggino, per un anziano, per chi ha un trolley. È solo una questione di civiltà e di buon senso e basterebbe applicare il principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione. Bisognerebbe andare al di là dell’apparenza, occuparsi della concretezza, ma la tentazione è forte. Infatti, anche nel recente programma di governo riguardante “La buona scuola”, si sono stanziati nuovi fondi per la “scuola bella” mentre invece si dovrebbe utilizzare denaro stanziato in passato per la “scuola sicura”. La sicurezza non è da privilegiare rispetto alla bellezza? La cantante Conchita Wurst consiglia di considerare la personalità e non fermarsi all’esteriorità. E lei se ne intende. Conchita Wurst + Dm 185 — Apr. 15 CULTURA 56 TIPIROCK Tre progetti diversi. Chi debutta, chi festeggia 25 anni di carriera, chi si avvicina a un’associazione, tutti mostrano e suonano l’inclusione sociale a ritmo di rock&roll. — Manuela Romitelli 1 Spettacolo dei Ladri di carrozzelle 2 Spettacolo degli Abanero 3 La Scooppiati diversamente band One Nozze d’argento per i Ladri di carrozzelle. Venticinque anni immersi nella musica, solo negli ultimi quattro una media di circa cento concerti l’anno. Teatri, scuole, piazze, vengono chiamati ovunque. Ovunque ci sia un progetto finalizzato a sensibilizzare la diversità come valore contro la discriminazione. La band attuale è composta da musicisti con disabilità diverse, che si alternano a seconda degli impegni. Per loro parlano i numeri: 5 album in studio, 2 album live, 6 singoli e 7 dischi realizzati per progetti specifici. «In occasione del 25mo compleanno stiamo preparando un nuovo disco e la cosa è sempre molto divertente ed entusiasmante» dichiara Paolo Falessi, responsabile dei Laboratori Musicali dei Ladri di carrozzelle. «Speriamo sia pronto per maggio, dato che per il 6 giugno stiamo organizzando un grande evento nella piazza centrale di Frascati, in provincia di Roma, dove inviteremo gli amici che in questi anni hanno contribuito alla nostra avventura». 1 Two Uscirà a fine maggio il primo EP della Scooppiati diversamente band. “Storie di un altro mondo” è un progetto musicale che utilizza l’arte come canale d’inclusione sociale. La band è composta da 10 musicisti, 5 con disabilità diverse e 5 normodotati, tutti residenti a Roma e zone limitrofe. Dai 33 ai 50 anni, da ben 4 anni si alternano su numerosi palcoscenici. Il cantautore Riccardo Sinigallia ha partecipato a questo progetto cantando una strofa del brano “La scatola di legno”. Il disco è stato patrocinato da Roma Capitale Municipio XI e prodotto dalla Cooperativa sociale H-Annozero Onlus. La formazione è composta da Andrea Curatolo (batteria), Giuseppe Salis (basso), Enzo Tognazzi e Raffaele Annunziata (chitarre), Cristiano Tanturri (piano), Federico Zattini (percussioni), Manuela Crisafio e Alessandro Tognazzi (voci), Marianna Muggianu (corista), Viviana Franchini (voce principale). 3 b 57 Non è rock il suo, ma musica leggera italiana. Lei è bella, solare, grintosa, sognatrice e romantica. Lei è Daniela Rizzuto, 37 anni, affetta da atrofia muscolare. Lunghi riccioli biondi, un look sempre curato e un make up impeccabile, la sedia a rotelle diviene solo un “dettaglio”, qualcosa di secondario. Vive in provincia di Savona con la famiglia, ha un fidanzato che ama tantissimo e un cagnolino maltese che adora. Non potrebbe fare a meno del mare, della sua Liguria e dei gabbiani, perché le trasmettono libertà. 2 Three Alessandro Marella alla voce, Fabio Toninello e Francesco Aprigliano alle chitarre, Omar Matera al basso e Gianni Pilotto alla batteria: il loro ultimo lavoro, “Abanero SMArt”, è uscito il 18 dicembre scorso, un EP di 5 brani e un videoclip i cui proventi verranno destinati a Famiglie SMA, associazione che si occupa di atrofia muscolare spinale. Gli Abanero propongono pezzi del genere pop-rock con influenze blues e funky, ispirandosi ai gruppi più famosi. La band è nata a fine ottobre 2012 e ha già suonato in oltre 40 concerti live in tutta Italia. «Ci teniamo a far sapere che tutto è possibile sottolineando la normalità della nostra band, al di là delle apparenze» dichiara Alessandro Marella, voce del gruppo e unico tra i cinque ad essere seduto su una quattro ruote. Quali sono i vostri progetti futuri? «Sto lavorando a un progetto come solista, con il produttore dei Modà Enrico Palmosi. In estate usciranno due canzoni e un video». b Daniela Rizzuto Estratto da un’intervista a “La vita in diretta”, RAI, 2010 «Se non avessi avuto la musica forse non mi sarei mai tirata così fuori dai problemi che avevo. (…) Mi piace la TV, mi piacciono le foto, mi piacerebbe cantare da qualche parte. (…) Prima pensavo di essere l’unica, invece poi ho conosciuto tante persone tramite un centro in cui sono stata. Ci sono veramente tante, tante ragazze che sono belle, che sono curate, che non pensano di essere solo una sedia a rotelle». La sua forza in questi anni? La musica, che definisce lei stessa “gancio in mezzo al cielo”. Grazie a una voce d’angelo, che modula come vuole, Daniela ha fatto di questa passione una “missione”, impartendo lezioni di canto e pubblicando due album, “Una voce nel cuore” e “Frammenti di cielo”. Attraverso esibizioni in pubblico, manifestazioni, concorsi e trasmissioni televisive è riuscita a esprimere la sua straordinaria grinta e a lanciare un messaggio importante per abbattere i muri dell’ottusità di chi vede ancora la disabilità come un vincolo. «La musica mi ha spronata ad attivarmi, mi ha sbloccata dalla timidezza e mi ha permesso di amare la vita così com’è, e dando il meglio di me. Le mie giornate, come si può immaginare, talvolta presentano grandi difficoltà. Crescere in un mondo dove tutto nasce per chi non ha problemi significa continuare a lottare contro barriere architettoniche e ancora peggio barriere mentali. Ma si può vivere al meglio, attivando le risorse interiori». Daniela infatti sta vivendo al massimo il presente e sognando il futuro: «Ora vorrei solo trovare una stabilità per potermi sposare con il mio grande amore». È possibile contattarla tramite la sua pagina Facebook ufficiale: “Daniela Rizzuto, il mio canto libero”. Valentina Bazzani + Dm 185 — Apr. 15 CULTURA SI MUORE PERCHÉ MANCANO Il problema LE ORE dell’assistenza domiciliare insufficiente nel romanzo di un infermiere. I disabili gravissimi se assistiti bene a domicilio possono veder crescere i loro nipoti. Parola dell’infermiere Alessio Biondino, che denuncia: la morte della sua paziente, malata di SLA, è dipesa dall’insufficienza di ore di assistenza. «I — Manuela Romitelli in foto Alessio Biondino Infermiere professionista, si è molto affezionato alla sua assistita disabili gravi e gravissimi assistiti a domicilio non sono persone morenti, disperate e tristi inviate a casa dagli ospedali per assenza di risorse e che attendono solo una dipartita giusta, inevitabile e magari repentina tra le braccia dei loro cari (così pensa la maggior parte della gente). Sono invece malati cronici che, una volta stabilizzati dal punto di vista clinico (anche tramite presidi tecnologici come nel caso dei malati di SLA o di distrofia muscolare) e assistiti al meglio, possono veder crescere i nipoti. Possono godere della laurea, del matrimonio o di un successo professionale del proprio figlio. Possono festeggiare il Natale insieme alla famiglia. Possono uscire di casa e trascorrere pomeriggi all’aria aperta. Spesso sono persone caparbie, forti, vive, attive, serene, addirittura felici e in pace con la propria condizione di malattia, hanno energia da vendere e chiedono solo un aiuto dignitoso per potersi riorganizzare e ricominciare a porsi degli obiettivi». 58 Questo il pensiero del 36enne Alessio Biondino. Infermiere a Roma, ha assistito a domicilio Rosa, 64 anni, una donna affetta da sclerosi laterale amiotrofica. In “Buonanotte, madame”, il suo primo romanzo, edito da 0111 Edizioni, racconta questa intensa esperienza umana denunciando la carenza di risorse pubbliche: «Rosa era in lotta con la naturale evoluzione di una malattia “inguaribile”, ma era stabile, non contraeva infezioni, non aveva patologie concomitanti, non c’era nulla che complicasse il quadro respiratorio, le secrezioni tracheali erano poche e fluide, le analisi ematiche erano quelle di una ragazzina, era ben nutrita e molto ben assistita. La sua vita “ad alta intensità” assistenziale purtroppo però prevedeva la presenza degli infermieri solo durante le ore diurne; infatti, nonostante fosse tracheostomizzata, ventilata e nutrita artificialmente per 24 ore e quasi totalmente immobile, di notte veniva assistita per due volte da personale OSS e per cinque notti solo dal marito. Innamorato e volenteroso, questo sicuramente… ma anziano, stanco, provato dall’uragano patologico piombato nella sua vita e di sicuro privo di competenze in ambito sanitario. E il problema che ha causato 59 di estrema difficoltà. Così da sognare, organizzarsi, lottare e di conseguenza vivere per raggiungerli. E anche, perché no, quanto è bello, terapeutico e inevitabile, nonostante tutto, ridere. Il romanzo d’esordio Biondino racconta un’esperienza autobiografica la sua morte (risolvibilissimo) purtroppo è arrivato di notte». Il romanzo restituisce il rapporto umano che si instaura tra Alessio e Rosa attraverso le 2654 ore trascorse insieme in un anno e mezzo, «affrontando situazioni d’urgenza, intoppi meccanici, problemi apparentemente insormontabili, paure e periodi di depressione, ma raggiungendo anche obiettivi all’inizio impensabili, facendo sì che Rosa riconquistasse alcune “terre perdute” come qualche bella fetta di autonomia, di benessere, di autorità e di “leadership” all’interno della sua famiglia (a discapito di quel santo del marito); ma, soprattutto, Alessio e Rosa stanno sempre a ridere. Piangono dal ridere». Alessio, perché hai deciso di fare della tua esperienza un romanzo? È uscito da solo, prepotentemente. In esso ci sono delle parti fondamentali di me della mia concezione di cura e di assistenza che non ho potuto reprimere. Oltre alla storia di Rosa, cosa credi di aver comunicato? Quanto la sintonia tra due esseri possa rigenerare e aiutare a vedere la vita da punti di vista differenti. E quanto sia importante porsi degli obiettivi, anche e soprattutto nelle condizioni Attualmente dove lavori? Sono uno “pseudo libero professionista” come tanti altri colleghi infermieri. Mi occupo di formazione sanitaria sul territorio: faccio parte di una società scientifica che offre corsi, sensibilizza e divulga linee guida sulla rianimazione cardiopolmonare. Hai scelto un mestiere difficile. Non voglio creare inutili polemiche, ma a scopo informativo tengo a puntualizzare che l’infermiere da diversi anni è una professione, non un mestiere. Con tanto di laurea. E di grandi responsabilità. Credo sia giusto ricordarlo, anche se in diversi ambiti veniamo ancora trattati come “schiavi” al servizio dei malati e dei medici. Tornando alla domanda… credo di essere un infermiere fin dentro al midollo. Sono nato per assistere, credo di saperlo fare e penso che rifarei la stessa scelta. In tempi diversi, magari, visto che la mia categoria è una di quelle che più sta risentendo della crisi. Hai presentato il tuo libro in pubblico? Sì, ho già fatto due presentazioni e ne ho diverse in programma per questo 2015. La prima è stata la più emozionante. È stata organizzata in un luogo suggestivo, il Palazzo Colonna-Barberini di Palestrina, in provincia di Roma. Hanno partecipato in molti e ho avuto il piacere di ricevere un importante attestato di stima da parte di Erminia Manfredi, moglie dell’indimenticato Nino (presidente onoraria dell’associazione di familiari e malati di SLA Viva la Vita Onlus), a cui il mio romanzo è piaciuto molto. Cosa ha significato per te passare così tante ore con la signora Rosa e suo marito Renato? Ha significato conoscerli a fondo, creare un clima lavorativo e un ambiente assistenziale ottimale, migliorare e personalizzare l’assistenza di Rosa fino a livelli elevatissimi. Ma soprattutto ha significato voler loro bene. Qualcuno potrà rimproverarmi che ciò non è professionale, ma l’assistenza domiciliare sotto questo punto di vista è molto complicata. Ci si immerge totalmente in un nucleo familiare e per quanto si provi a non lasciarsi sfiorare da certe emozioni e da certe dinamiche… dopo 2654 ore diventa difficile. Perché consiglieresti di leggere il tuo libro? Perché è un inno alla vita che prova a raccontare uno spaccato della nostra società in modo semplice, con passione, ironia e senza pietismo. + Dm 185 — Apr. 15 CULTURA 60 NON CHIEDETELE CHE PATOLOGIA HA... Potrebbero girarle le ruote Ha da poco pubblicato il suo primo romanzo, “Mi girano le ruote”, ma già da tempo tiene un blog. Angela Gambirasio è varesina, psicologa, utilizza la carrozzina ma non chiedetegliene il motivo: «Non vedo come la conoscenza della mia patologia possa dire qualcosa di interessante su che tipo di persona io sia» ci ha risposto. — Manuela Romitelli Angela, come è nato il tuo libro? Mi è sempre piaciuto scrivere e condividere ciò che scrivo, magari per strappare un sorriso o una riflessione. Per esempio, da ragazzina tenevo un diario ben sapendo che mamma lo leggeva di nascosto. Era un ottimo modo per mandare messaggi subliminali a un genitore, facendolo pure sentire furbo. Poi ho iniziato a scrivere il blog Ironicamentediversi.blogspot. it, dove parlo male dei bipedi ben sapendo che i bipedi lo leggono. Il libro nasce grazie alla mia amica Francesca Arcadu (ex presidente di UILDM Sassari, ndr) che mi ha messo in contatto con una casa editrice sarda. Se il libro non vi piace, ora sapete anche con chi prendervela. Perché una casa editrice sarda? È stato il caso a farci incontrare, ma è stato amore a prima vista. Luana e Silvia - le mie editor, nonostante i nomi da pornostar - hanno apprezzato il manoscritto e io ho firmato il contratto al volo, sapendo che sarebbero sicuramente sorte occasioni per visitare l’isola più bella del mondo. Sei stata varie volte in Sardegna per presentare il libro, qual è il ricordo più emozionionante? La prima volta non si scorda mai. Nelle prime presentazioni l’emozione di parlare di me davanti a un pubblico, cercando magari di non farlo addormentare, mi rendeva più agitata di un furetto sotto anfetamina. Ogni volta in Sardegna, come in qualsiasi altro posto, è comunque speciale, perché il libro è sempre lo stesso ma le persone che incontro sono una diversa dall’altra. A oggi quante presentazioni hai fatto e dove? Il ricordo più insolito? Credo di aver perso il conto. Questo libro mi ha permesso di conoscere veramente l’Italia al di fuori dei luoghi comuni e delle classiche mete turistiche. Il ricordo più bello e insolito è quello della presentazione al carcere di Nuchis. Da ex-claustrofobica, è stata una vera messa alla prova personale. Sentendo tutti quei cancelli che si chiudevano alle mie spalle e notando che 61 In foto: Engy, questo il soprannome della nostra scrittrice atipica Che tipo di messaggio vorresti dare a chi vive una disabilità e non riesce a farsene una ragione? c’erano grate persino sopra la mia testa e nessuna maniglia a porte e finestre, sarei tornata sui miei passi… poi mi sono ricordata che è dura tornare sui tuoi passi se non cammini. Quando sono entrata nella stanza con i detenuti, avevo capito di aver solo due scelte: andare in iperventilazione o mettere alla prova l’autoironia del mio pubblico con una battuta. Così dissi: «Di solito ho sempre paura che la gente scappi nel bel mezzo di una mia presentazione, ma oggi non corro questo rischio». È da dire che i bipedi ci mettono un po’ di solito a capire le battute, o forse non se le aspettano da una disabile, ma quella fu l’unica volta che scoppiò sin dall’inizio la risata fragorosa. Non erano passati nemmeno cinque minuti che mi ero già dimenticata dove fossi e con chi. In quella stanza non c’erano handicappati e galeotti, ma solo delle persone davvero aperte al confronto tra realtà reciprocamente poco conosciute. Non sono solo i disabili a non riuscire ad accettarsi. Ho una laurea in psicologia e di bipedi infelici di ciò che sono ne conosco tanti. Spesso il non piacersi c’entra molto meno di quel che si pensi col camminare. A volte mi hanno chiesto cosa avrei fatto se fossi come gli altri. Gli altri chi, poi? Io sono io e se camminassi sarei un’altra persona, non necessariamente più felice. Se avessi sempre pensato di avere tutto il tempo e le energie che crede di avere un bipede, probabilmente mi sarei fatta scappare un sacco di occasioni. Invece io so che oggi va bene e domani potrei peggiorare: per questo non dilaziono mai e provo tutto ciò che voglio provare. E quando verrà la mia ora, saprò di aver vissuto davvero anziché aver aspettato per anni il momento adatto per vivere davvero. Non tutti i bipedi potrebbero dire altrettanto. Che patologia hai? E come la vivi? Una volta avrei risposto che il mio esempio di vita era Oscar Pistorius ma, visto che ha fatto fuori la fidanzata a fucilate, mi sono ricreduta, anche per rassicurare mio marito. Però finché è durato è stato bello sapere che ci sono disabili che vogliono e possono competere sullo stesso piano dei bipedi, anziché sempre in “categorie” a parte. No, direi che dopo essermi affidata all’idolo sbagliato ho deciso di non averne più, perché anche le grandi persone sono pur sempre uomini che prima o poi sbagliano e io so sbagliare benissimo da sola, anche senza bisogno di esempi davanti. In tanti mi hanno già chiesto che patologia ho e di solito rispondo che soffro di una forma molto grave e incurabile di stronzaggine. Non vedo come la conoscenza della mia patologia possa dire qualcosa di interessante su che tipo di persona io sia, quindi mi avvalgo del diritto di non rispondere a questa domanda, se non in presenza del mio medico curante. Ma so che molti (disabili e non), come prima forma di presentazione si scambiano le diagnosi anziché parlare di libri, film, musica e hobby. A me non è mai interessato sapere se chi ho davanti avesse la distrofia, la SLA o le emorroidi, perché le persone non sono la loro malattia. Come la vivo? Pur non camminando, al momento non provo particolari dolori o debolezza, quindi direi che va benissimo. Per me camminare è un mezzo, non un fine e si possono fare un sacco di cose anche con un set di gomme anziché con un paio di scarpe. C'è qualcuno a cui ti ispiri? «L’età di una Signora non si rivela, ma siccome non sono una Signora, posso dire di essere arrivata sulla soglia dei quaranta senza una ruga: i vantaggi di una muscolatura facciale ipotonica. Vivo in un paesino in provincia di Varese, ma poi mi sparo ogni giorno due ore di viaggio all’andata e due al ritorno per lavorare a Milano. Chi me lo fa fare? Non tanto lo stipendio purtroppo, quanto il fatto che adoro quello che faccio»: con queste parole comincia la nostra intervista ad Angela Gambirasio, autrice del libro “Mi girano le ruote” (Voltalacarta edizioni). Irriverente, ironico e riflessivo. C'è qualcuno a cui vorresti dire «grazie» e, se sì, perché? ... Dico grazie ogni giorno a tantissime persone. Ai miei genitori, a mio marito, ai miei amici e colleghi, ai miei studenti che mi aprono le porte, al mio capo, che se serve mi accompagna s Dm 185 — Apr. 15 CULTURA anche al bagno. Credo che la vera indipendenza sia dipendere da tantissime persone, per non pesare solo su alcune. Sono circondata da persone che mi aiutano e che a mio modo aiuto. Credo che “grazie” sia la parola che più pronuncio in una giornata, sinceramente e senza sforzo. Be'… un capitolo si intitola “Ora ti dico come è successo”. Quindi, se proprio non riuscite a vivere senza sapere perché sono su una carrozzina, vi toccherà sperare nella sua pubblicazione. Perché hai scelto di diventare psicologa? Tra i sogni realizzabili, visitare l’America coast to coast. Ho già comprato i biglietti dell’aereo per quest'estate, ché i desideri non vanno fatti aspettare troppo. Tra quelli più complessi, abbattere più barriere architettoniche e mentali possibile e magari vedere il mio nome stampato in lettere dorate su un edificio pubblico completamente accessibile… Sì, lo so: penso in grande, ma non vale la pena vivere di piccoli sogni. La psicologia mi ha sempre affascinato, non esattamente a fini terapeutici. Sono sempre stata (e sono tuttora) una “secchiona”. A me piace capire le cose complesse e credo non esista cosa più complessa di un essere umano… non tutti, eh! Rifarei la stessa scelta? Sì, ma lascerei perdere la psicologia clinica che avevo iniziato prima di scoprire che i depressi mi deprimono, e partirei subito con psicologia della comunicazione e dei gruppi. Nel tuo lavoro di cosa ti occupi esattamente? Mi occupo di placement e orientamento alla carriera, che significa che faccio un po’ di tutto: dagli incontri per scegliere l’Università ai colloqui sul metodo di studio o sulla comunicazione efficace, sino alla ricerca del lavoro e alla selezione del personale. C'è qualcosa che cambieresti nella tua vita? Non mi sposerei, ma solo per avere una dichiarazione dei redditi più bassa e avere accesso a servizi di assistenza e trasporto che – nonostante quello che pensa lo Stato – non posso permettermi privatamente. Non escludo la possibilità di divorziare, il giorno in cui mio marito sarà troppo vecchio per farmi anche da badante e autista. Dopo il tuo primo libro, ce ne sarà un altro? Se sì, di cosa parlerà? Lo sto finendo in questi giorni, ma non l’ho ancora sottoposto a nessuno. Se non supererà la prova “lettura fatta dagli amici bastardi”, potrebbe non vedere mai la stampa. Di cosa parla? C'è qualcosa che ti piacerebbe fare e non hai ancora fatto? È stato difficile scrivere di alcuni aneddoti personali? Dopo che hai fatto pipì in un aereo davanti ai passeggeri della prima classe senza poter chiudere la porta perché la carrozzina non ci passava, direi che il senso del pudore è difficile da ritrovare. Quindi sì, è stato sin troppo facile raccontarmi in un libro. Ti piace viaggiare? Viaggio molto, preferibilmente in paesi civili e accessibili… il che esclude buona parte dell’Italia. Ogni estate mi immergo in realtà con treni, bus, metropolitane accessibili, negozi senza gradini d’ingresso e bagni adattati. Giusto per ricordarmi che un mondo migliore esiste già e che quindi può diventarlo anche l’Italia, se lottiamo davvero. Vienna, Londra, Stoccolma, Berlino, Amsterdam… solo in Portogallo e Francia, quanto ad accessibilità, mi sembrava di stare ancora in Italia. Chi dovrebbe leggere il tuo libro? Sicuramente molti disabili potranno ritrovarsi in alcune scene abbastanza classiche che mostrano gli atteggiamenti più comuni verso chi è percepito come “diverso”. Ma se devo proprio consigliarlo, mi piacerebbe fossero i bipedi a leggerlo, così magari capirebbero quanto buffi ai nostri occhi possono sembrare. 62 Fai da te! 63 “Archimede”, ovvero l’arte di arrangiarsi Idee tecnologiche a poco prezzo per migliorare la qualità della vita. — di Silvano Zampieri P rima di presentarvi la mini tastiera che vi permette di utilizzare il computer anche quando la mobilità della mano è minima, vorrei interpellare i lettori ‘smanettoni’, quelli cioè che, oltre a utilizzare i mezzi informatici nel modo classico, amano sperimentare, provare e ricercare. È possibile che per avvalerci dei benefici più avvenieristici che la tecnologia ci offre, dobbiamo per forza essere dotati di macchinari potenti, con molta memoria, processori veloci, e periferiche sempre più all’altezza del corpo macchina? Perché si tratta di spese costose che non tutti possiamo sostenere. Chi come il sottoscritto utilizza ancora un vecchio Windows XP con due Gb di RAM deve considerarsi obsoleto ed escluso da molte delle innovazioni che il mercato propone. Ma chi come voi ne sa una più del diavolo, non può aiutarci a trovare delle soluzioni convenienti economicamente e capaci di supportare al meglio il nostro bisogno di autonomia? Non capite di cosa sto parlando? Vi faccio subito un esempio. In ambiente Android, avendo a disposizione la connessione di rete, su dettatura si riescono a scrivere discorsi molto lunghi e complessi, mentre solo fino a qualche anno fa servivano programmi costosi e addestramenti prolungati. Da più parti mi è pervenuta la richiesta di portare in ambiente Windows la connessione di un telefono domestico funzionante con il solo uso della voce. Dalla composizione del numero al mettere online il telefono di casa in viva voce fino alla conclusione della telefonata stessa. Molti dei nostri lettori ne sarebbero felici. Fiducioso di solleticare le molte intelligenze che ci leggono, invito tutti a scrivere alla mail della redazione per confrontarsi, chiedere, suggerire e proporre: [email protected]. Mini keyboard Ecco una versatile mini tastiera wireless (senza cavo) che include il touchpad (tappettino tattile) e che quindi non ha bisogno di un mouse esterno. La presento volentieri perché, con movimenti limitati e pressione contenuta, può essere utilizzata anche da chi ha una mobilità molto limitata agli arti superiori. Un amico la utilizza preferendo abbinarla a un mouse esterno con sfera grossa che ruota su se stessa (il Trak-Ball Controller), e dice che con la mano destra gli bastano spostamenti minimi per raggiungere con poca fatica tutte le lettere e i numeri presenti sulla mini tastiera. È versatile, contiene al suo interno batterie ricaricabili via cavo USB e funziona sia in ambiente Windows che in ambiente Android, si può collegare quindi a tablet e altri dispositivi mobili. È sufficiente connettere il ricevitore USB al computer o al tablet, accendere la tastiera e attendere qualche secondo. Senza installare alcun software specifico, la vostra mini tastiera sarà riconosciuta dal dispositivo e sarà online anche in parallelo a mouse e tastiera originali che non devono essere necessariamente rimossi. Personalmente l’ho piacevolmente testata con Windows XP e un tablet Android versione 4.2. “L’ho comperata su eBay e, se non ricordo male, ho speso circa 30 euro senza uscire dal mercato europeo.” Dm 185 — Apr. 15 CALENDARIO i prossimi appuntamenti SETTEMBRE MAGGIO 14-17 Finali Nazionali Federazione Italiana Wheelchair Hockey (FIWH) 11-14 — Ge. Tur, Lignano Sabbiadoro (UD) 18-20 XII Congress of Mediterranean Society of Myology (MSM) — Hotel Royal Continental, Via Partenope, Napoli * 20-23 GIUGNO 18-20 — Varallo Pombia (No) 25-27 “Feed the Passion!” Torneo FIWH 4 Nazioni — Cinisello Balsamo (MI) 30 set. ott. 4 Congresso mondiale di Miologia XV Congresso dell’Associazione Italiana di Miologia (AIM) — Hotel Royal Continental, Via Partenope, Napoli* 2° Skorpions Varese International Tournament — Brighton, Inghilterra OTTOBRE 30 ott. nov. 2 Champions Cup di wheelchair hockey Manifestazioni Nazionali UILDM — Torino — Ge. Tur, Lignano Sabbiadoro (UD) 28 giu. lug. 5 Mio figlio ha una 4 ruote — Ge. Tur, Lignano Sabbiadoro (UD) LUGLIO BREVI NOVEMBRE * Il Comitato scientifico di entrambi i congressi è composto – oltre che dal professor Giovanni Nigro, presidente di entrambi i congressi – da Luisa Politano, responsabile scientifico, da Vincenzo Nigro e dai Comitati Direttivi delle due società. Ulteriori notizie sono disponibili su: http://iscrizioni.fclass.it/eventi/msm-aim2015/ Vuoi salire in gondola? VENEZIA Partecipa al VISTA DAIfinanziamento collettivo CANALI sul web Fino al 7 maggio è possibile partecipare al crowdfonding sulla piattaforma Indiegogo.com per il progetto Gondolas4All, sostenuto anche dalla Regione Veneto. Ammirare la bellezza di Venezia da una gondola sarà possibile anche per le persone in carrozzina grazie alla costruzione a Piazzale Roma di uno speciale pontile associato a una pedana automatica. 64