Il ripensamento grafico della rivista.

Transcript

Il ripensamento grafico della rivista.
Dm 185 — Apr. 15
4
Il ripensamento
grafico della
rivista.
U n prodotto editoriale è da considerarsi senz’altro un organismo vivo
e dinamico, che nasce e si evolve
nel tempo, adattandosi ai contesti,
ai lettori, alla società intera.
Per questo abbiamo ripensato la veste grafica
di questa rivista. Quali sono gli elementi che ci
hanno guidato nella scelta del nuovo approccio comunicativo? Senza dubbio leggerezza,
dinamicità e colore. Il primo ci permette di dar
respiro a pagine e doppie pagine, i contenuti
devono alloggiare in uno spazio arioso e luminoso, che favorisce la comodità di lettura, la
quale ci porta che ci porta in maniera abbastanza naturale a parlare del secondo punto focale:
la dinamicità. Quest’ultima, caratteristica
richiesta sin dall’inizio da UILDM, desiderata e
ricercata già da tempo, trova conferma in leggere sovrapposizioni, asimmetrie e punti carichi
di peso e interesse che si alternano all’interno
dell’impaginato, contribuendo in primis a
chiarire l’ordine di lettura della pagina e solo
successivamente a fornire spunti di approfondimento.Il terzo e ultimo fattore chiave della
nuova rivista è senz’altro il colore, elemento
che racchiude in sé tutta l’essenza della comunicazione e trasmette, a partire della copertina, la
carica emozionale di ogni singola pagina.
h
h
h
5
Progettare il restyling grafico di una rivista è
quindi un’operazione delicata, non deve tenere
solamente conto delle abitudini del lettore
consolidato ma parallelamente confrontarsi
con il cambiamento delle sue esigenze e con le
radicali rivoluzioni nella modalità di fruizione dei contenuti derivate dal mondo digitale,
social network in primis. I tempi di attenzione
infatti si stanno abbassano, i motivi di distrazione aumentano e la complessità sembra diventare insostenibile.
Ordine quindi, la profondità del cambiamento
è addirittura ulteriore, possiamo parlare di un
ripensamento strutturale della rivista che, in
fondo, è quello che ha guidato la riorganizzazione dei contenuti. La navigazione comincia
da editoriale e sommario, prosegue poi con
le sezioni panorama, mondo uildm, scienza e
medicina e cultura e media. Il tutto intervallato
da stacchi cromatici che identificano di volta in
volta le numerose rubriche , lo Speciale o i vari
box di approfondimento.
Torniamo infine, solo per un attimo, al concetto di distrazione, precedentemente citato, e
questa volta inteso come volontà di perdersi e
divagare felicemente all’interno di questo bidimensionale contenitore di contenuti, lasciandosi catturare prima da una foto, poi da una
linea diagonale che divide una pagina, e avanti
così fino ad arrivare alla fine del volume, in
assoluta leggerezza.
—
a cura di
Mediagraf Lab
l
o
r
a
P
Dm 185 — Apr. 15
e
r
o
m
a
'
ed
C’ BIO
Giornalista, scrive
per La Gazzetta dello
Sport, il Corriere della
Sera. È responsabile
di GazzettaTv, canale
de La Gazzetta dello
Sport. Ha seguito sei
edizioni della Paralimpiade estiva (Barcellona '92, Atlanta '96,
Sydney 2000, Atene
2004, Pechino 2008 e
Londra 2012) e quattro
di quella invernale (Lillehammer '94, Torino
2006, Vancouver 2010
e Sochi 2014). Scrive
di sport per persone
con disabilità per La
Gazzetta dello Sport
(dove cura il blog
Paralimpici), Corriere
della Sera (blogger di
InVisibili), SportWeek.
È autore di "Paralimpici" (Hoepli 2006, 2008
e 2012), dedicato a
storie, storia, discipline, personaggi dello
sport paralimpico.
era il momento in cui
Franco sparigliava. Diceva: «Perché non parliamo
d’amore?». Straordinaria intuizione in
momenti in cui si pensava che quella
parola non entrasse per nulla. E invece no, aveva ragione. Bisogna partire
da lì. E da lui.
Il primo numero dell’assenza. Franco
Bomprezzi è la storia di questo giornale e un gran bel pezzo di storia del
movimento per i diritti delle persone
con disabilità. La mente e il cuore,
quella di tutti noi di DM, stanno lì,
sulla strada che non si è interrotta.
Franco sa che è così. Lo sappiamo noi.
Diritti, comunicazione, linguaggio:
insomma, cultura. Cambiarla per
migliorarla. La sua eredità. Lasciata
negli scritti e nella vita. Lanterna che
illumina chi, come noi, vive disabilità
e dintorni.
Il tempo ha mostrato i percorsi.
Semplificando, la partenza è dalla
cultura della disabilità: riconosco che
c’è, esiste, fa parte del mondo. Non è
un passaggio così scontato. Siamo a
neanche molti decenni fa, ma non fu
facile. Poi si è andati oltre, passando
a quella della riabilitazione: non solo
ho scoperto che vi sono persone con
disabilità, ma faccio in modo che
acquisiscano, quando possono e riescono, gli strumenti per adeguarsi a
come è la società. Pesante e sbagliato,
ma era necessario farlo, probabilmente. Il passo successivo è quello della
cultura dell’abilità: far emergere le
capacità delle persone nella condizione in cui sono e vivono, qualunque
essa sia. Lì dobbiamo andare, quella è
la direzione. Non ci siamo ancora.
È il grande messaggio dello sport
paralimpico. Fra questi, uno di quelli
più significativi è proprio il wheelchair hockey, che nel cuor ci (mi) sta:
"UILDM dà il benvenuto al nuovo
direttore responsabile di DM"
lo spazio è per tutti, in qualunque
condizione, sublimando le abilità.
Bellissimo: trasformiamo così la
società. Ho seguito sul posto, per
lavoro e per passione, i Giochi fin
da Barcellona 1992. A Londra, la più
bella fra le Paralimpiadi, Phil Craven, storico presidente del Comitato
Paralimpico Internazionale, chiede
ai giornalisti: «Non usate la parola
disabile». Sappiamo quanto le abilità
cambino e dipendano dal contesto. Ecco il senso della richiesta di
Craven: qui non si notano mancanze,
solo capacità. Se punto sulle capacità, ogni persona, in qualunque
condizione, è una risorsa. Ecco come
deve essere la società.
L’evoluzione del linguaggio è il miglioramento della cultura. Partiamo
da qui. Ancora Franco, quando si
passava le ore a capire come comunicare la disabilità: «Le parole sono
la nostra visione del mondo». Non
c’è nulla da interpretare, era giustamente un concetto diretto, senza
possibili mediazioni. Dopo qualche
decennio a descrivere e raccontare
l’arcipelago delle disabilità, essere
qui a DM, a mettere il mio nome
dove quello di Franco è stato e non
scomparirà mai, è seguire questa
visione del mondo. Parte dal rispetto
di ogni condizione e dall’esaltazione
delle abilità di ognuno.
Torniamo a quella parola con la
quale sapeva sorprendere: Amore.
Solo così si può ribaltare il “pensare
comune”, quello che ogni giorno ci
spinge a tenere botta, tutti insieme,
con le nostre differenze e peculiarità.
Sì, davvero, ma «perché non parliamo d’amore»?
—
Claudio Arrigoni
Direttore Responsabile di DM
6
Dm 185 — Apr. 15
15
PART-TIME E
LAVORATORI
CON DISABILITÀ
L
a legge 10 dicembre 2014, n. 183,
nota come Jobs Act, prevede la
successiva emanazione di decreti
legislativi che regolano molti aspetti legati
all’occupazione e ai rapporti di lavoro. In
queste settimane il Consiglio dei ministri
ne ha approvati quattro che ora passano
all’esame delle Camere per il relativo parere prima dell’emanazione definitiva. Ci
soffermiamo sul decreto relativo alle tipologie contrattuali e mansioni per la parte
che riguarda il part-time.
La trasformazione del proprio rapporto di
lavoro da tempo pieno a parziale rappresenta per molti lavoratori l’opportunità per
conciliare esigenze personali e familiari con
il mantenimento di una occupazione stabile.
Di fatto il diritto di trasformare il rapporto
di lavoro da tempo pieno a part-time è limitato ai lavoratori con malattia oncologica
che conservano anche il diritto di “ritornare” al tempo pieno al termine di percorsi di
terapia. In tutti gli altri casi il passaggio da
full a part-time è condizionato da una contrattazione fra le parti. Ma ecco la principale novità introdotta dal decreto legislativo
in via di perfezionamento: ora potranno
contare sugli stessi diritti anche i lavoratori affetti da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti quali, ad esempio, le
distrofie muscolari.
Mentre per i lavoratori con questo tipo di
disabilità viene stabilito un diritto a cui
l'azienda non si può opporre, per i familia-
ri viene fissata solo una priorità nella concessione del part-time. Si tratta di coniuge,
figlio, genitore di una persona con patologie
oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti e dei lavoratori che
assistono una persona convivente “con totale e permanente inabilità lavorativa, che
assuma connotazione di gravità ai sensi
dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, alla quale è stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al
100 per cento, con necessità di assistenza
continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita”.
La priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale è ammessa in altri due casi ma limitata
ai soli genitori: nel caso di figlio convivente
di età non superiore a tredici anni e di figlio
convivente portatore di handicap “ai sensi
dell’articolo 3 della legge n. 104 del 1992.”
(da notare che non è richiesta la gravità indicata dal comma 3 dell’articolo citato).
rapporto a tempo parziale per un periodo
corrispondente, con una riduzione d’orario non superiore al 50 per cento.
Il congedo richiamato non è quello previsto
dall’art. 42 (Capo VI) concesso ai parenti che
assistono un familiare con handicap grave,
retribuito e della durata massima di due
anni. I congedi citati sono quelli parentali
concessi per ogni bambino, nei primi suoi
otto anni, a ciascun genitore e che non possono complessivamente eccedere il limite
di dieci mesi (salvo casi particolari). Fino
al terzo anno del bambino è riconosciuta
un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi. Inoltre i congedi sono coperti da contributi figurativi.
Nel caso il bambino sia persona con handicap grave (art. 3 comma 3 della legge
104/1992), il congedo estende la sua durata
a tre anni (con indennità fino a sei mesi e
copertura previdenziale figurativa).
Qual è la nuova
opportunità?
Congedi parentali
e part-time
Ma c’è un’altra opportunità che riguarda il
part-time.
Il lavoratore può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale “spettante ai sensi del Capo V del decreto legislativo
26 marzo 2001, n. 151”, la trasformazione
del rapporto di lavoro a tempo pieno in
Anziché fruire dei congedi si può chiedere il passaggio al part-time per la stessa
durata del congedo. Ad esempio, anziché
chiedere e ottenere sei mesi di congedo retribuito con indennità al 30%, si può passare a part-time per sei mesi percependo una
retribuzione proporzionata e una copertura previdenziale effettiva.
—
di Carlo Giacobini
Direttore Centro per la Documentazione
Legislativa UILDM e HandyLex.org
Dm 185 — Apr. 15
17
Il presidente FIWH Antonio
Spinelli incontra il Pontefice
Francesco durante l'evento
"Believe to be alive".
20 anni di HOCKEY
in ITALIA
U
na stagione densa, piena di sport ma anche
di significati, quella iniziata lo scorso ottobre per FIWH (Federazione Italiana Wheelchair Hockey). La stagione 2014/2015 rappresenta
infatti un traguardo importante: «Vent’anni di attività non sono uno scherzo o un anniversario qualsiasi» sottolinea il presidente FIWH Antonio Spinelli.
«Per il nostro sport è un grandissimo traguardo che
forse in pochi auspicavano al nascere di questa meravigliosa avventura». La ricorrenza del ventennale
- per cui è stato realizzato un logo ad hoc scelto attraverso un contest - viene celebrata con tantissime iniziative distribuite fino al termine del 2015. Il primo
appuntamento è stato la partecipazione a “Believe
to be Alive” "Credi per essere vivo", evento durante
il quale Papa Francesco ha incontrato il movimento
paralimpico mondiale. A seguito dell’incontro, nella splendida cornice di San Pietro, si sono susseguite le esibizioni di diverse discipline paralimpiche
tra cui anche il wheelchair hockey.
Il campionato
Intanto il campionato di A1 e A2 è ormai entrato nel
vivo. Nel girone A della A1 protagoniste per la prima volta insieme tre squadre siciliane (i Leoni Sicani, vicecampioni d’Italia, i Red Cobra e le Aquile di
Palermo) insieme alle tre squadre laziali (Thunder
Roma, Albalonga, e Vitersport). Nel girone B della
A1 oltre ai campioni d’Italia della Coco Loco Padova
e alle altre “storiche” squadre del nord (Skorpions
Varese, Sharks Monza e Magic Torino) e ai Black
Lions Venezia, tornano i Rangers Bologna componendo così un girone equilibratissimo e dall’esito
alquanto incerto.
Anche in A2 la lotta è dura, i posti disponibili per i
play off sono solo uno per girone e, sebbene alcune
dinamiche sembrano oramai delinearsi, le sorprese
sono dietro l’angolo. Da segnalare, in A2, l’esordio
dei Friul Falcons di Udine, nati da una costola dei
Madracs Udine.
Il campionato si chiuderà a Lignano Sabbiadoro (UD)
dal 14 al 17 maggio: la Federazione sta lavorando alla
realizzazione di una mostra fotografica per far rivivere 20 anni di attività, passione ed emozioni. Sarà
una festa in grande stile, con il coinvolgimento di
alcuni danzatori della Federazione Danza Sportiva,
una banda e l’esibizione durante il party finale della
band musicale Controtempo.
Non solo campionato
Ma non c’è solo il campionato. Ritorna anche la Coppa Italia dopo le finali di Modena del settembre 2012.
Quattordici le squadre partecipanti, suddivise secondo un tabellone “tennistico” e scelte con il sorteggio integrale. I detentori del trofeo (Coco Loco Padova) e l’altra squadra finalista (Thunder Roma) saltano
il primo turno e passano direttamente al secondo.
C’è poi la Nazionale che, a seguito del deludente
mondiale bavarese, ha cambiato guida. Ad affiancare il nuovo CT Saul Vadalà è stato scelto Alessandro Marinelli. Il progetto del CT è ambizioso: oltre
ai tradizionali raduni, anche amichevoli, ai tornei
internazionali e a un’attenta osservazione del campionato per scoprire qualche nuovo talento nascosto, «lavoreremo con l’intento di creare un squadra
competitiva, che possa giocarsela alla pari contro
qualsiasi avversario».
A completare il nuovo staff azzurro il team manager
Paolo Cifronti, che eredita il ruolo di Fabio Rodo,
eletto assieme ad Anna Rossi a ricoprire altri ruoli
istituzionali nel Comitato esecutivo internazionale
del Wheelchair Hockey.
—
di Anna Rossi
Segretaria di presidenza FIWH
Dm 185 — Apr. 15
23
«NON È CHE
IO ABBIA PAURA
DELLA MORTE
Solo che, quando toccherà
a me, preferirei non esserci»
H
o intitolato questo mio
primo intervento citando
il regista Woody Allen.
Un modo leggero per incuriosirvi e
invitarvi a entrare con me in un tema
difficile ma che ci tocca tutti, e tanto
più chi, come noi, vive a contatto
diretto con una malattia progressiva
debilitante. Ognuno di noi, o quasi,
ha salutato amici che avrebbe voluto
più a lungo al proprio fianco, detto
addio a familiari che ha amato e che
non smetterà di amare. Definiamolo
in negativo, dicendo ciò che non è:
come accadimento diffuso, inevitabile e universale, ricco di aspetti
culturali, storici e religiosi, oltre
che psicologici, il lutto non è una
malattia e gran parte delle persone
supera l’evento senza danni rilevanti. Tuttavia, se non elaborato,
cioè non coscientemente accettato
come accadimento possibile, può
essere origine di una vasta gamma di
problematiche psicosomatiche determinando, talvolta, un aumentato
rischio di mortalità nei sopravissuti,
specialmente se vedovi, così come
suggerito da alcune ricerche epidemiologiche.
Per questo talvolta l’eleborazione del
lutto può essere agevolata da un percorso con un terapeuta.
Nella nostra cultura il termine “lutto” si riferisce alle manifestazioni
esteriori di dimensione sociale che,
LO PSICOLOGO
—
di Daniele Ghezzo
attraverso riti e cerimonie, regolamenta le modalità di condivisione del dolore. Io, nella mia analisi, mi riferisco invece a quello
che sarebbe più corretto chiamare “cordoglio”, che invece riguarda le intime reazioni emotive alla
perdita. Certo è che i riti possono
essere un primo “aiuto” nel percorso di elaborazione, che continua poi
nell’intimità di ciascuno con tempi e
modi differenti.
La psichiatra svizzera Elisabeth Kubler-Ross spiega come questo periodo
intimo di elaborazione avvenga attraverso dei passaggi, in cui uno stato d’animo prevalente viene sostituito da un
altro. Ciascuna di queste fasi, descritte
sotto, può succedersi in un ordine diverso e non necessariamente come entità separata:
Stordimento: stato di shock caratterizzato
dalla negazione del fatto avvenuto, con sentimenti di irrealtà, ricerca nel proprio ambiente
di rumori o segni di presenza del proprio caro;
Rabbia: pianto, ansia da separazione e irritabilità con auto-accuse (e conseguente perdita
di autostima) o etero-accuse (il destino, il mondo, i medici; con conseguente minore senso di
sicurezza);
Disorganizzazione e disperazione: stati di
apatia, disperazione con isolamento e ritiro
dalla vita sociale, senso di “mutilazione”, profonda tristezza e dolore per la realtà e l’irrimediabilità della morte;
Riorganizzazione: graduale ritorno alla
vita, ricordi non più dolorosi, ricomparsa di
interessi e del desiderio di pianificare il proprio futuro.
Gli obiettivi del lavoro psicologico sul
lutto sono:
- Accettare la realtà della perdita
- Sperimentare il dolore e i sentimenti di
depressione
- Adattarsi alla realtà senza il proprio caro
sviluppando la capacità di ricoprire nuovi
ruoli, un nuovo senso di sé e del mondo
- Conservare il ricordo nella memoria e
proseguire nel proprio percorso di vita.
Il tempo richiesto per questa elaborazione segue un andamento personale su cui incidono variabili individuali, sociali e culturali oltre al
contesto in cui si è verificata la morte: anche se statisticamente va dai
6 ai 24 mesi, non viene considerato
come quantificabile in modo preciso.
Nel caso in cui la perdita avvenga
dopo un periodo di malattia e/o di
vissuti di perdita di alcune funzioni
vitali o relazionali, ed è questa una
situazione che può riguardare molti lettori di DM, si è soliti parlare di
“lutto anticipatorio” per designare
quel periodo necessario al caregiver
principale, genitore o coniuge che
sia, per confrontarsi con la perdita
dell’assistito. In questi casi è fondamentale che il familiare impari a gestire i sentimenti negativi assieme
alle sensazioni di sconforto e sconfitta, senza rifiutarli o reprimerli,
favorendone il riconoscimento per
salvaguardare la qualità di vita propria e del morente.
Tale tipologia di lutto prevede di
continuare l’assistenza al congiunto
senza che la sua fine coincida con un
arresto nell’evoluzione della propria
vita e la possibile caduta in uno stato
depressivo (“lutto complicato”). Il
terapeuta dovrà quindi supportare
morente e familiari nell’attraversare, senza fretta, questo periodo ponendo attenzione alla personalità,
alla resilienza, cioè quella caratteristica innata di affrontare gli stress, e
non ultimo al background esperienziale.
Dm 185 — Apr. 15
SATIRA
32
IL MIO
DISTROFICO
FRIZZI E LAZZI E IRRIVERENZE SULLA DMP
di Gianni Minasso
La secchia rapìda (sic!)
D
ITEMI VOI COME GLI SCAFATI
ESTENSORI DI QUESTA RUBRICA
(GIUNTA FRA L’ALTRO AL 33° NUMERO)
AVREBBERO MAI POTUTO IGNORARE
UN EVENTO COSÌ STUZZICANTE COME
L’ICE BUCKET CHALLENGE... INFATTI OGGI
ESPORREMO ALCUNE RIFLESSIONI IN MERITO
CHE SARANNO POI COMPLETATE DA UNA
NUOVA SERIE DI VARIAZIONI.
FORZA, SU COL MORALE, DISTROFICHETTI:
PRIMA O POI LO TROVERANNO UN SISTEMA
PER SCHIODARCI DA ‘STA CARROZZINA!
Mesi orsono l’Ice bucket
challenge (per i comuni
mortali italofoni la “Sfida
della secchiata di ghiaccio”) ha occupato per
qualche giorno il trono
dell’effimero mediatico. Di
origini poco chiare, questa
moda è stata caratterizzata dal rovesciarsi addosso
un secchio d’acqua fredda, fare una donazione
alle associazioni anti-sla
(e il nostro caro Alberto, tesoriere
dell’Aisla, si sarà fregato a lungo le
mani!) e sfidare altre tre persone
a compiere questi primi due gesti.
Come capita nella teoria (ma mai
nella pratica) del multi-level marketing, dopo un mesetto dall’inizio
della faccenda tutti gli abitanti della Terra avrebbero dovuto essersi
inondati la capocchia pro sclero-lateral-amiotroficini.
“Variazioni
su un tema”
Inutile dire che, nel frattempo, il sottoscritto si è rovesciato sulla maglia
soltanto un bicchiere di birra al pub
e che, non a causa di ciò ma proprio
per colpa dell’IBC, ha provato una
certa dose di fastidio.
Intendiamoci: non ho niente contro
questi spettacolari metodi di lotta
alle patologie incurabili, tuttavia
quarant’anni di onorata distrofia e
un certo qual disincanto esistenzia-
33
le (indipendente da essa) mi fanno
considerare con distacco fenomeni
del genere, tanto “virali” quanto
di fuggevole durata. Del resto sono
stato confortato in ciò nientepopodimeno che dall’austera Direzione
Nazionale Uildm. Infatti la nostra
beneamata DireNazi, in una comunicazione della scorsa estate, aveva
diplomaticamente (ma non poi così
tanto) declamato: “Esprimiamo il
nostro apprezzamento per le manifestazioni di solidarietà concreta,
lontane da spettacolarizzazioni e
ricerche di protagonismo [...]. Auspichiamo, quindi, che coloro che
hanno aderito e stanno aderendo a
questa campagna di raccolta fondi,
colgano l’occasione per capire veramente di cosa e soprattutto di chi si
stia parlando [...] e speriamo che le
stesse persone che aderiscono possano contribuire a trasformare questa in una campagna culturale e di
sensibilizzazione profonda, diversa
da tanti fenomeni alimentati dalla
Rete che talvolta crea grandi fuochi
destinati a spegnersi però in breve
tempo, senza lasciare nessun segno
nelle persone coinvolte”. Amen.
Naturalmente potrei accennare ai
vip che con l’IBC si sono fatti pubblicità scucendo di nascosto cifre
irrisorie, politici di spicco che dopo
la regolare auto-secchiata hanno
continuato a rubare e a tagliare
i fondi destinati alla disabilità (e
a questo punto io stesso sarei in
grado di suggerir loro con quale
“profumato” materiale riempire il
prossimo secchio...), il gossip su chi
ha dato e chi non ha dato, i tanti
lavatisi la coscienza a poco prezzo,
l’ennesima americanata da dover
digerire, l’imposizione di un altro
sciocco rito modaiolo, il mancato
raggiungimento della consapevolezza nei confronti di una pericolosa patologia, la ciccia (leggi “risorse
economiche”) per i soli sclero-lateral-amiotroficini (e gli altri malatini?) eccetera. Molto volentieri non
ricorderò altri particolari dell’IBC,
comprese, tantomeno, le celebrità
coinvolte. Ne ho già avuto abbastanza così. Piuttosto vorrei lanciare qualche modesta proposta per
rimpinguare l’esanime cassa della
nostra DireNazi e quindi, sulla scia
di questa stupidaggine internazionale, trovare gli adattamenti utili
per il mondo distrofico.
Intanto si dovrebbe acquistare un
congruo megafono per amplificare la flebile vocina del bravo ma
minuscolo Ufficio Stampa e Comunicazione di via Vergerio. Poi
travolgere il web e gli altri media
con sequenze di incoscienti illustri
che catapultano sulla propria crapa (o su quella di qualche povero
distrofichetto) secchiate di liquidi
inconsueti, tanto per attirare meglio l’attenzione. Ci si potrebbe innaffiare la cocuzza con l’economico
Tavernello (piuttosto che con il più
pregiato Châteu Mouton Rothschild
del 1947) e così creare la WBC (non
già la World Boxing Council bensì
la Wine Bucket Challenge). Oppure potremmo riempire il recipiente incriminato con mascherine di
ventilatore, locandine delle passate
Manifestazioni Uildm o... costine di
maiale alla griglia! Insomma, l’importante sarebbe far notizia e quindi deviare l’interesse del popolo bue
sulla persistente incurabilità della
nostra mai troppo odiata compagna di vita. In caso contrario, per
noi muscoli-di-budino, l’alternativa
di richiamo potrebbe essere quella
di spogliarci in piazza San Pietro,
magari proprio davanti a papa Bergoglio. Ma, francamente, preferirei
evitarlo.
Dm 185 — Apr. 15
MONDO UILDM
34
TERRITORIO:
VERONA
L
o scorso 18 ottobre la nostra Sezione ha partecipato a EXPOdisABILITà, la prima manifestazione sul territorio della Fiera di Cerea
“Area Exp” e Expogenesis dedicata alle problematiche della disabilità dalla più tenera età a quella
dell’anziano. Patrocinato dal Comune di Cerea, alla
realizzazione del convegno scientifico “La salute
non ha età” oltre alla Sezione UILDM di Verona hanno collaborato l'ULSS 21 e il centro polifunzionale
Don Calabria. L’incontro ha messo a confronto le di-
verse figure sanitarie del territorio veronese (neurologi, fisiatri, pneumologi, anestesisti, pediatri e
medici di base, psicologi, fisioterapisti, logopedisti)
per una valutazione dell’attuale attività assistenziale: la comunicazione tra i vari operatori, la qualità e l’utilizzo delle risorse e dei servizi sanitari, la
possibilità di rallentare il processo della malattia,
gli ausili che aiutano a migliorare la qualità della
vita e l’inserimento attivo nella realtà sociale. Durante la mattinata il Gruppo giovani ha incontrato
MILANO
I l Politecnico di Milano premia ogni anno i migliori progetti di carattere innovativo e tecnologico
inerenti alla sfera dell’informatica, della robotica
e dell’intelligenza artificiale. Il premio dell’ultima
edizione dell’Alumni Polimi Awards 2014 “Area Tradition” è stato conferito a un progetto realizzato da
tre studenti laureati in ingegneria informatica al
celebre Politecnico milanese: Paolo Belluco, Alessandro Mauri, Flavio Mutti. Il loro lavoro di ricerca e
sviluppo fa parte della start up B10NIX che realizza
sistemi a basso costo per facilitare la vita quotidiana
delle persone con disabilità nell’utilizzo di personal
computer ed elettrodomestici, utilizzando in maniera semplice e agevole comandi vocali o sfruttando i
movimenti della testa.
Quando tre brillanti ingegneri informatici stabiliscono di progettare insieme un sistema che agevoli la qualità di vita delle persone con disabilità è
sempre qualcosa di rilevante e assolutamente non
scontato. «La passione riguardo ai sistemi di interazione ci ha spinto a creare B10NIX Srl» afferma
Alessandro Mauri, uno dei premiati «e questo ha
UDINE
S i chiama WheelDM ed è il primo prodotto concreto del laboratorio sulla comunicazione avviato alla fine del 2014 da UILDM Udine. È un
piccolo giornale di otto pagine che muove i primi
passi con cautela, ma con grande entusiasmo e tante
speranze per il futuro.
Il nome, come spiega l’editoriale, «deriva dal termine
inglese wheel, che significa ruota - chiaro riferimento alla carrozzella, compagna inseparabile delle persone con disabilità - e che si pronuncia “uil”, guarda
caso come le prime tre lettere dell’acronimo UILDM,
fortunata coincidenza che non abbiamo esitato un
attimo a sfruttare per la nostra ‘creatura’, il cui nome
si pronuncia appunto uildim”.
La redazione è composta da una decina di soci con disabilità che, accompagnati da due giornalisti, si sono
occupati e si occuperanno di tutto: dalla scelta del
nome della testata alla grafica, dalla scrittura degli
articoli ai titoli, dall’impaginazione alle foto. In questo senso WheelDM, che non ha ancora una periodicità definita, non vuole essere l’organo ufficiale della
Sezione di Udine, ma l’espressione delle idee, degli
35
La Sezione con i suoi
volontari sostenitori
250 studenti del liceo Scientifico di Cerea raccontando un po' di sé e dell’associazione.
Domenica 30 novembre all'hotel Crowne Plaza di
Verona si è tenuto l'evento “Ballando con il cuore”,
un’iniziativa di beneficenza organizzata dalla scuola di ballo “Arthur Murray” a favore di UILDM e
del Gruppo di sostegno DBA, che ha visto sfidarsi
alcuni dei personaggi più noti del panorama veronese accompagnati dai maestri della scuola di ballo. Ospiti d’eccezione i ballerini Raimondo Todaro
e Samanta Togni, direttamente dal programma
di Raiuno “Ballando con le stelle”. Infine, sabato
8 e domenica 9 dicembre l’associazione culturale
Quinta parete e la Galleria Orlando Arte hanno organizzato una grandiosa asta di beneficenza a favore di UILDM Verona presso il Palazzo della Gran
Guardia di Verona. Durante il weekend sono state
battute prestigiose opere di pittura, scultura, manifattura e oggettistica, tappeti antichi e moderni,
raccogliendo 4800 euro.
Valentina Bazzani
generato in noi la voglia di sviluppare idee, dal concept all’implementazione finale e di misurarci con
un mercato internazionale, estremamente dinamico
e competitivo, come quello dei sistemi di interazione
uomo-macchina».
A questo progetto hanno collaborato anche UILDM
Milano e il Centro Clinico NEMO, facendo testare direttamente da alcune persone con disabilità il nuovo
sistema B10Mouse che permette di adoperare un PC
senza utilizzare gli arti superiori.
Inoltre, i tre ingegneri informatici sono attualmente
impegnati a un nuovo lavoro di ricerca che si focalizza sul WISE (Wearable Interactive SystEms): si tratta
di un accessorio hardware e software indossabile che
rileva le azioni e i parametri biometrici degli utenti
durante esercizi di riabilitazione e attività sportive.
La tecnologia a scopo civile può e deve essere uno
strumento prezioso per migliorare la qualità di vita
delle persone, in particolare per i disabili. Ne siamo
consapevoli e come UILDM di Milano continueremo
a collaborare a eventuali nuovi progetti di questo
tipo, sempre con passione e determinazione.
Renato La Cara
interessi e delle capacità del gruppo che lo realizza e
che è, ovviamente, aperto a nuovi ingressi. Alla base
del progetto c’è un utilizzo intensivo delle nuove tecnologie informatiche e della comunicazione. C’è chi
gestisce il computer con gli occhi e chi usa i comandi vocali, chi lavora con una tastiera virtuale sullo
schermo e chi usa il mouse tradizionale. I materiali
viaggiano via e-mail e vengono salvati e scambiati
sulla Rete, i commenti e le proposte si fanno all’interno di un forum di gruppo. Le riunioni di redazione si
aprono sempre con il caratteristico squillo di Skype
che annuncia l’avvio di una videochiamata di gruppo, che consente di far partecipare anche chi, per le
sue condizioni di salute, fa più fatica a muoversi da
casa e a prendere parte ad altre attività. È questo, del
resto, uno degli obiettivi principali dell’iniziativa.
La testata del giornale
Luca Pantaleoni
WheelDM
U.I.L.D.M - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare Onlus di UDINE
Numero 1
Dm 185 — Apr. 15
MONDO UILDM
36
TERRITORIO:
CICCIANO
D omenica 21 dicembre la UILDM di Cicciano
(Napoli) è riuscita a mettere, letteralmente,
sulla sedia a rotella alcuni sindaci e politici
dell’Agro Nolano in occasione dell’evento denominato “Pedalata Comoda”. Un percorso sulla sedia a
rotelle che è partito dalla stazione circumvesuviana di Nola per terminare in piazza Duomo presso
la casa comunale, per rendersi conto di persona di
quali ostacoli incontra chi, non potendo contare
sull'uso delle proprie gambe, è costretto a spostarsi
su sedia a rotelle.
«La battaglia per l’abbattimento delle barriere architettoniche parte dalla stimolazione della sensibilità dei cittadini e delle amministrazioni» dice
Giovanni De Luca, consigliere di UILDM Cicciano.
«La “Pedalata Comoda” è uno dei tanti strumenti
educativi volti a informare la società civile sull’inadeguatezza degli spazi degli edifici pubblici e delle
attività commerciali. Il nostro obiettivo è quello di
far sì che tutti i 18 Comuni dell’Agro Nolano ratifichino la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone
con Disabilità e che adottino il PEBA, ovvero quello
che dal 1986 è definito Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche, reso obbligatorio dalle
leggi 41/1986 e 104/1992. La libertà di movimento e
di autodeterminazione sono diritti inviolabili della
persona. I cittadini dovrebbero cooperare per rimuovere tutti gli ostacoli, fisici e mentali, che limitano questa libertà. Speriamo che la nostra battaglia
diventi presto la battaglia di tutti».
Alla passeggiata dimostrativa hanno aderito numerosi amministratori e rappresentanti politici del
territorio, come i parlamentari Paolo Russo e Massimiliano Manfredi, l’assessore regionale Pasquale
Sommese, 18 sindaci dell’Agro Nolano, l’Ambito di
Nola N23, il governatore del Distretto 108YA Club
Lions International Liliana Caruso, il presidente del
Distretto 108 YA dei Leo Club Luigi Delle Cave e altre
58 associazioni. Anche il vescovo di Nola Beniamino
Depalma, che ha atteso il corteo davanti al duomo, si
è dimostrato disposto, nel caso si riuscissero a superare i vincoli della Sovrintendenza delle Belle Arti
anche con l’aiuto della parte istituzionale presente
alla manifestazione, a far in modo che le persone in
carrozzina possano accedere alla chiesa dalla porta
principale e non da quella secondaria.
La manifestazione si è conclusa con un convegno
sul tema dell’abbattimento delle barriere architettoniche nel circolo Giordano Bruno, dove è stato
sottolineato che è l’ambiente a rendere le persone
disabili e non la condizione dell’individuo, quindi
«se la persona con disabilità viene messa nella giusta condizione di poter fare, si scopre che la persona
stessa tende a migliorarsi e a migliorare l’ambiente
circostante!».
L’obiettivo principe di questa “Pedalata Comoda” è
soprattutto quello di far capire ai politici e ai cittadini che un ambiente privo di pregiudizi, barriere culturali e ostacoli consente alle Persone con Disabilità
di vivere appieno il loro diritto alla cittadinanza.
Angelo Bonfiglio
Un momento della
"pedalata comoda"
37
OTTAVIANO
L a Sezione UILDM di Ottaviano (Napoli) ha lanciato la VI edizione del Premio nazionale di
Poesia “IO ESISTO e non farei rumore se tu mi
ascoltassi…”.
Il concorso, aperto a tutti, rappresenta in particolare per le persone con disabilità uno stimolo a dare
spazio alla creatività e a far sentire la propria voce
attraverso la poesia, che diventa così uno strumento di inclusione sociale. Al tempo stesso, l’iniziativa
ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle tematiche relative alla disabilità e di raccogliere
fondi a sostegno della Sezione UILDM di Ottaviano.
«IO ESISTO, con il passare degli anni acquista sempre maggior prestigio perché la persone riescono a
comprendere in modo sempre più chiaro la giusta
causa per cui viene organizzato e decidono di stare
dalla parte di chi non lotta per se stesso, ma per il
bene del prossimo. IO ESISTO è diventato l’emblema di chi è stanco di restare in silenzio e ha scelto di
fare “poeticamente rumore” per entrare nel cuore
sordo dell’indifferenza», spiegano dalla UILDM di
Ottaviano.
Quest’anno il concorso è suddiviso in due sezioni:
poesia a tema libero e poesia sul tema “La disabilità”. Si può inviare una sola opera per sezione entro
il 30 aprile 2015, previo versamento di una quota
di partecipazione pari a 10 euro (per ogni sezione).
Saranno premiate le prime 5 opere a tema libero e
le prime 5 opere sulla disabilità. Per la prima volta,
inoltre, è previsto un Premio Speciale UILDM che
andrà al partecipante più giovane.
Gli organizzatori anche per questa VI edizione si
impegnano a realizzare un'antologia in cui verranno inserite le prime 25 opere selezionate per ogni
sezione e l’opera del Premio Speciale UILDM. Durante la cerimonia di premiazione 15 poesie saranno declamate da attori professionisti, accompagnati dalla musica di un Maestro del Conservatorio di
Napoli. Il concorso è a scopo benefico e tutto il ricavato, escluse le spese organizzative, sarà devoluto
alla Sezione UILDM di Ottaviano.
Il bando di concorso completo e ogni altra informazione sono reperibili sul sito dedicato all’iniziativa Ioesisto.jimdo.com, ai numeri telefonici
081/3655909, 373/5138274, 349/1549698, e all’indirizzo e-mail [email protected].
Giada Miotto
La locandina
del concorso
Dm 185 — Apr. 15
55
DONN
—
del Gruppo
donne UILDM
CHE PESO
SENTIRSI UN PESO
M ettiamo che abbiate una disabilità motoria e riceviate un invito per andare in un
luogo che già sapete inaccessibile, come
reagite? E se vi rispondono: «Ma dai, ma quanti
problemi ti fai, ti porto io di peso!»? Cosa dite, fate
presente le vostre difficoltà, passando per quella/
quello che si lamenta sempre, oppure declinate
l’invito senza tante spiegazioni? Ce l’ha chiesto una
nostra collaboratrice, abbiamo risposto tra di noi
e poi abbiamo rivolto la stessa domanda anche ad
altre persone disabili. È nata così la dispensa “Ti
porto di peso?”, consultabile nella pagina web del
Gruppo donne (Uildm.org/Gruppodonne).
Un’iniziativa che è anche un modo diverso per trattare il problema delle barriere architettoniche.
Spesso la gente è stanca di questo argomento e il colmo è che i disabili stessi sono ormai stanchi di ripetere sempre le stesse parole: in molte situazioni le
persone con difficoltà considerano la loro disabilità
un peso prima per se stessi e poi per le persone che
li circondano e non hanno più voglia di lottare, quasi pretendessero qualcosa che non è loro dovuto.
La dispensa ospita testi di vario genere, ma quasi
tutti contengono i concetti di libertà, autonomia,
indipendenza. Perché ciascuno deve decidere in
prima persona cosa fare e come comportarsi, senza dover elemosinare un aiuto, un regalo, quasi un
miracolo. Dipendere dagli altri anche per le minime
cose è un’esperienza che non si può comprendere se
non la si prova sulla propria pelle.
Uno dei contributi più significativi è giunto da una
scuola secondaria di primo grado in provincia di
Sassari. La professoressa di Arte e Immagine Anna
Laura Tocco ha parlato dell’argomento con gli alunni di una classe prima e ha chiesto loro di disegnare
qualcosa. Ha agito come dovrebbero agire tutti gli
insegnanti, ricordandosi che non sono semplici trasmettitori di nozioni ma soprattutto degli educatori.
Abbiamo inviato questa dispensa anche a coloro che
dovrebbero occuparsi dell’eliminazione di queste
“benedette” barriere, prima di tutto di quelle mentali, e ci sembra di aver “increspato la superficie del
mare, creando lievi onde”.
Alcuni amministratori locali ci hanno chiesto di
trattare l’argomento in incontri pubblici; qualche
tecnico ha scritto che avrebbe tenuto in maggiore
considerazione questa problematica; è stata realizzata una trasmissione radiofonica a cui ha partecipato insieme a noi un assessore ai Lavori pubblici.
Alla fine basta poco per cambiare le priorità, perché
le barriere architettoniche non sono un ostacolo solo
per i disabili ma anche per le persone che spingono
un bambino sul passeggino, per un anziano, per chi
ha un trolley. È solo una questione di civiltà e di buon
senso e basterebbe applicare il principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione. Bisognerebbe andare al di là dell’apparenza, occuparsi della
concretezza, ma la tentazione è forte. Infatti, anche
nel recente programma di governo riguardante “La
buona scuola”, si sono stanziati nuovi fondi per la
“scuola bella” mentre invece si dovrebbe utilizzare
denaro stanziato in passato per la “scuola sicura”.
La sicurezza non è da privilegiare rispetto alla bellezza? La cantante Conchita Wurst consiglia di considerare la personalità e non fermarsi all’esteriorità. E lei se ne intende.
Conchita Wurst
+
Dm 185 — Apr. 15
CULTURA
56
TIPIROCK
Tre progetti diversi. Chi
debutta, chi festeggia
25 anni di carriera,
chi si avvicina a
un’associazione, tutti
mostrano e suonano
l’inclusione sociale a
ritmo di rock&roll.
—
Manuela
Romitelli
1
Spettacolo dei
Ladri di carrozzelle
2
Spettacolo degli
Abanero
3
La Scooppiati
diversamente
band
One Nozze d’argento per i Ladri di
carrozzelle. Venticinque anni
immersi nella musica, solo negli ultimi quattro
una media di circa cento concerti l’anno. Teatri,
scuole, piazze, vengono chiamati ovunque.
Ovunque ci sia un progetto finalizzato a sensibilizzare la diversità come valore contro la
discriminazione. La band attuale è composta da
musicisti con disabilità diverse, che si alternano a seconda degli impegni. Per loro parlano i
numeri: 5 album in studio, 2 album live, 6 singoli e 7 dischi realizzati per progetti specifici.
«In occasione del 25mo compleanno stiamo
preparando un nuovo disco e la cosa è sempre
molto divertente ed entusiasmante» dichiara
Paolo Falessi, responsabile dei Laboratori
Musicali dei Ladri di carrozzelle. «Speriamo sia
pronto per maggio, dato che per il 6 giugno stiamo organizzando un grande evento nella piazza
centrale di Frascati, in provincia di Roma, dove
inviteremo gli amici che in questi anni hanno
contribuito alla nostra avventura».
1
Two Uscirà a fine maggio il primo
EP della Scooppiati diversamente band. “Storie di un altro mondo” è
un progetto musicale che utilizza l’arte come
canale d’inclusione sociale. La band è composta da 10 musicisti, 5 con disabilità diverse e
5 normodotati, tutti residenti a Roma e zone
limitrofe. Dai 33 ai 50 anni, da ben 4 anni si
alternano su numerosi palcoscenici. Il cantautore Riccardo Sinigallia ha partecipato a
questo progetto cantando una strofa del brano
“La scatola di legno”. Il disco è stato patrocinato da Roma Capitale Municipio XI e prodotto
dalla Cooperativa sociale H-Annozero Onlus.
La formazione è composta da Andrea Curatolo
(batteria), Giuseppe Salis (basso), Enzo Tognazzi e Raffaele Annunziata (chitarre), Cristiano
Tanturri (piano), Federico Zattini (percussioni), Manuela Crisafio e Alessandro Tognazzi
(voci), Marianna Muggianu (corista), Viviana
Franchini (voce principale).
3
b
57
Non è rock il suo, ma musica leggera italiana. Lei è bella, solare, grintosa, sognatrice
e romantica. Lei è Daniela Rizzuto, 37 anni,
affetta da atrofia muscolare. Lunghi riccioli
biondi, un look sempre curato e un make up
impeccabile, la sedia a rotelle diviene solo
un “dettaglio”, qualcosa di secondario. Vive
in provincia di Savona con la famiglia, ha un
fidanzato che ama tantissimo e un cagnolino
maltese che adora. Non potrebbe fare a meno
del mare, della sua Liguria e dei gabbiani,
perché le trasmettono libertà.
2
Three
Alessandro Marella alla
voce, Fabio Toninello e
Francesco Aprigliano alle chitarre, Omar Matera al basso e Gianni Pilotto alla batteria: il loro
ultimo lavoro, “Abanero SMArt”, è uscito il 18
dicembre scorso, un EP di 5 brani e un videoclip
i cui proventi verranno destinati a Famiglie
SMA, associazione che si occupa di atrofia
muscolare spinale. Gli Abanero propongono
pezzi del genere pop-rock con influenze blues e
funky, ispirandosi ai gruppi più famosi. La band
è nata a fine ottobre 2012 e ha già suonato in
oltre 40 concerti live in tutta Italia. «Ci teniamo
a far sapere che tutto è possibile sottolineando
la normalità della nostra band, al di là delle apparenze» dichiara Alessandro Marella, voce del
gruppo e unico tra i cinque ad essere seduto su
una quattro ruote. Quali sono i vostri progetti
futuri? «Sto lavorando a un progetto come solista, con il produttore dei Modà Enrico Palmosi.
In estate usciranno due canzoni e un video».
b
Daniela Rizzuto
Estratto da un’intervista a “La vita in
diretta”, RAI, 2010
«Se non avessi avuto la musica forse non
mi sarei mai tirata così fuori dai problemi
che avevo. (…) Mi piace la TV, mi piacciono
le foto, mi piacerebbe cantare da qualche
parte. (…) Prima pensavo di essere l’unica,
invece poi ho conosciuto tante persone tramite un centro in cui sono stata. Ci sono
veramente tante, tante ragazze che sono
belle, che sono curate, che non pensano di
essere solo una sedia a rotelle».
La sua forza in questi anni? La musica, che
definisce lei stessa “gancio in mezzo al cielo”.
Grazie a una voce d’angelo, che modula come
vuole, Daniela ha fatto di questa passione
una “missione”, impartendo lezioni di canto
e pubblicando due album, “Una voce nel cuore” e “Frammenti di cielo”. Attraverso esibizioni in pubblico, manifestazioni, concorsi e
trasmissioni televisive è riuscita a esprimere
la sua straordinaria grinta e a lanciare un
messaggio importante per abbattere i muri
dell’ottusità di chi vede ancora la disabilità
come un vincolo. «La musica mi ha spronata
ad attivarmi, mi ha sbloccata dalla timidezza
e mi ha permesso di amare la vita così com’è, e
dando il meglio di me. Le mie giornate, come
si può immaginare, talvolta presentano grandi difficoltà. Crescere in un mondo dove tutto
nasce per chi non ha problemi significa continuare a lottare contro barriere architettoniche e ancora peggio barriere mentali. Ma
si può vivere al meglio, attivando le risorse
interiori».
Daniela infatti sta vivendo al massimo il presente e sognando il futuro: «Ora vorrei solo
trovare una stabilità per potermi sposare con
il mio grande amore». È possibile contattarla
tramite la sua pagina Facebook ufficiale: “Daniela Rizzuto, il mio canto libero”.
Valentina Bazzani
+
Dm 185 — Apr. 15
CULTURA
SI MUORE
PERCHÉ
MANCANO
Il problema LE ORE
dell’assistenza domiciliare
insufficiente nel romanzo
di un infermiere.
I disabili gravissimi se assistiti bene a
domicilio possono veder crescere i loro
nipoti. Parola dell’infermiere Alessio
Biondino, che denuncia: la morte della
sua paziente, malata di SLA, è dipesa
dall’insufficienza di ore di assistenza.
«I —
Manuela
Romitelli
in foto
Alessio Biondino
Infermiere professionista, si è molto
affezionato alla
sua assistita
disabili gravi e gravissimi assistiti a domicilio non sono persone
morenti, disperate e tristi inviate a
casa dagli ospedali per assenza di risorse e che
attendono solo una dipartita giusta, inevitabile
e magari repentina tra le braccia dei loro cari
(così pensa la maggior parte della gente). Sono
invece malati cronici che, una volta stabilizzati
dal punto di vista clinico (anche tramite presidi
tecnologici come nel caso dei malati di SLA o di
distrofia muscolare) e assistiti al meglio, possono veder crescere i nipoti. Possono godere della
laurea, del matrimonio o di un successo professionale del proprio figlio. Possono festeggiare
il Natale insieme alla famiglia. Possono uscire
di casa e trascorrere pomeriggi all’aria aperta. Spesso sono persone caparbie, forti, vive,
attive, serene, addirittura felici e in pace con la
propria condizione di malattia, hanno energia
da vendere e chiedono solo un aiuto dignitoso
per potersi riorganizzare e ricominciare a
porsi degli obiettivi».
58
Questo il pensiero del 36enne Alessio Biondino.
Infermiere a Roma, ha assistito a domicilio Rosa,
64 anni, una donna affetta da sclerosi laterale
amiotrofica. In “Buonanotte, madame”, il suo
primo romanzo, edito da 0111 Edizioni, racconta
questa intensa esperienza umana denunciando
la carenza di risorse pubbliche: «Rosa era in lotta
con la naturale evoluzione di una malattia “inguaribile”, ma era stabile, non contraeva infezioni, non aveva patologie concomitanti, non c’era
nulla che complicasse il quadro respiratorio, le
secrezioni tracheali erano poche e fluide, le analisi ematiche erano quelle di una ragazzina, era
ben nutrita e molto ben assistita. La sua vita “ad
alta intensità” assistenziale purtroppo però prevedeva la presenza degli infermieri solo durante
le ore diurne; infatti, nonostante fosse tracheostomizzata, ventilata e nutrita artificialmente
per 24 ore e quasi totalmente immobile, di notte
veniva assistita per due volte da personale OSS
e per cinque notti solo dal marito. Innamorato e
volenteroso, questo sicuramente… ma anziano,
stanco, provato dall’uragano patologico piombato nella sua vita e di sicuro privo di competenze
in ambito sanitario. E il problema che ha causato
59
di estrema difficoltà. Così da
sognare, organizzarsi, lottare
e di conseguenza vivere per
raggiungerli.
E anche, perché no, quanto è
bello, terapeutico e inevitabile, nonostante tutto, ridere.
Il romanzo
d’esordio
Biondino
racconta
un’esperienza
autobiografica
la sua morte (risolvibilissimo) purtroppo è arrivato di notte».
Il romanzo restituisce il rapporto umano che si
instaura tra Alessio e Rosa attraverso le 2654 ore
trascorse insieme in un anno e mezzo, «affrontando situazioni d’urgenza, intoppi meccanici,
problemi apparentemente insormontabili,
paure e periodi di depressione, ma raggiungendo anche obiettivi all’inizio impensabili, facendo
sì che Rosa riconquistasse alcune “terre perdute”
come qualche bella fetta di autonomia, di benessere, di autorità e di “leadership” all’interno
della sua famiglia (a discapito di quel santo del
marito); ma, soprattutto, Alessio e Rosa stanno
sempre a ridere. Piangono dal ridere».
Alessio, perché hai deciso
di fare della tua esperienza
un romanzo?
È uscito da solo, prepotentemente. In esso ci sono delle
parti fondamentali di me
della mia concezione di cura
e di assistenza che non ho
potuto reprimere.
Oltre alla storia di Rosa,
cosa credi di aver comunicato?
Quanto la sintonia tra due
esseri possa rigenerare e
aiutare a vedere la vita da
punti di vista differenti.
E quanto sia importante
porsi degli obiettivi, anche e
soprattutto nelle condizioni
Attualmente dove lavori?
Sono uno “pseudo libero
professionista” come tanti
altri colleghi infermieri. Mi
occupo di formazione sanitaria sul territorio: faccio parte
di una società scientifica
che offre corsi, sensibilizza e
divulga linee guida sulla rianimazione cardiopolmonare.
Hai scelto un mestiere
difficile.
Non voglio creare inutili
polemiche, ma a scopo
informativo tengo a puntualizzare che l’infermiere da
diversi anni è una professione, non un mestiere. Con
tanto di laurea. E di grandi
responsabilità. Credo sia
giusto ricordarlo, anche se
in diversi ambiti veniamo
ancora trattati come “schiavi” al servizio dei malati e
dei medici. Tornando alla
domanda… credo di essere un
infermiere fin dentro al midollo. Sono nato per assistere,
credo di saperlo fare e penso
che rifarei la stessa scelta. In
tempi diversi, magari, visto
che la mia categoria è una di
quelle che più sta risentendo
della crisi.
Hai presentato il tuo libro
in pubblico?
Sì, ho già fatto due presentazioni e ne ho diverse in
programma per questo 2015.
La prima è stata la più emozionante.
È stata organizzata in un
luogo suggestivo, il Palazzo
Colonna-Barberini di Palestrina, in provincia di Roma.
Hanno partecipato in molti e
ho avuto il piacere di ricevere
un importante attestato di
stima da parte di Erminia
Manfredi, moglie dell’indimenticato Nino (presidente
onoraria dell’associazione
di familiari e malati di SLA
Viva la Vita Onlus), a cui
il mio romanzo è piaciuto
molto.
Cosa ha significato per
te passare così tante ore
con la signora Rosa e suo
marito Renato?
Ha significato conoscerli
a fondo, creare un clima
lavorativo e un ambiente
assistenziale ottimale, migliorare e personalizzare l’assistenza di Rosa fino a livelli
elevatissimi. Ma soprattutto
ha significato voler loro bene.
Qualcuno potrà rimproverarmi che ciò non è professionale, ma l’assistenza domiciliare sotto questo punto di
vista è molto complicata.
Ci si immerge totalmente in
un nucleo familiare e per
quanto si provi a non lasciarsi sfiorare da certe emozioni
e da certe dinamiche… dopo
2654 ore diventa difficile.
Perché consiglieresti di
leggere il tuo libro?
Perché è un inno alla vita che
prova a raccontare uno spaccato della nostra società in
modo semplice, con passione,
ironia e senza pietismo.
+
Dm 185 — Apr. 15
CULTURA
60
NON
CHIEDETELE CHE
PATOLOGIA HA...
Potrebbero girarle le ruote
Ha da poco pubblicato il suo primo
romanzo, “Mi girano le ruote”, ma già da
tempo tiene un blog. Angela Gambirasio è
varesina, psicologa, utilizza la carrozzina
ma non chiedetegliene il motivo: «Non
vedo come la conoscenza della mia
patologia possa dire qualcosa di
interessante su che tipo di persona io sia»
ci ha risposto.
—
Manuela
Romitelli
Angela, come è nato il tuo libro?
Mi è sempre piaciuto scrivere e condividere
ciò che scrivo, magari per strappare un sorriso
o una riflessione. Per esempio, da ragazzina
tenevo un diario ben sapendo che mamma lo
leggeva di nascosto. Era un ottimo modo per
mandare messaggi subliminali a un genitore,
facendolo pure sentire furbo. Poi ho iniziato a
scrivere il blog Ironicamentediversi.blogspot.
it, dove parlo male dei bipedi ben sapendo che
i bipedi lo leggono. Il libro nasce grazie alla
mia amica Francesca Arcadu (ex presidente di
UILDM Sassari, ndr) che mi ha messo in contatto con una casa editrice sarda. Se il libro non vi
piace, ora sapete anche con chi prendervela.
Perché una casa editrice sarda?
È stato il caso a farci incontrare, ma è stato amore a prima vista. Luana e Silvia - le mie editor,
nonostante i nomi da pornostar - hanno apprezzato il manoscritto e io ho firmato il contratto al
volo, sapendo che sarebbero sicuramente sorte
occasioni per visitare l’isola più bella del mondo.
Sei stata varie volte in Sardegna per
presentare il libro, qual è il ricordo più
emozionionante?
La prima volta non si scorda mai. Nelle prime
presentazioni l’emozione di parlare di me
davanti a un pubblico, cercando magari di non
farlo addormentare, mi rendeva più agitata di
un furetto sotto anfetamina. Ogni volta in Sardegna, come in qualsiasi altro posto, è comunque speciale, perché il libro è sempre lo stesso
ma le persone che incontro sono una diversa
dall’altra.
A oggi quante presentazioni hai fatto e
dove? Il ricordo più insolito?
Credo di aver perso il conto. Questo libro mi ha
permesso di conoscere veramente l’Italia al di
fuori dei luoghi comuni e delle classiche mete
turistiche. Il ricordo più bello e insolito è quello
della presentazione al carcere di Nuchis. Da
ex-claustrofobica, è stata una vera messa alla
prova personale. Sentendo tutti quei cancelli
che si chiudevano alle mie spalle e notando che
61
In foto: Engy, questo
il soprannome della
nostra scrittrice atipica
Che tipo di messaggio vorresti dare a chi
vive una disabilità e non riesce a farsene
una ragione?
c’erano grate persino sopra la mia testa e nessuna maniglia a porte e finestre, sarei tornata
sui miei passi… poi mi sono ricordata che è dura
tornare sui tuoi passi se non cammini. Quando
sono entrata nella stanza con i detenuti, avevo
capito di aver solo due scelte: andare in iperventilazione o mettere alla prova l’autoironia
del mio pubblico con una battuta. Così dissi: «Di
solito ho sempre paura che la gente scappi nel
bel mezzo di una mia presentazione, ma oggi
non corro questo rischio». È da dire che i bipedi
ci mettono un po’ di solito a capire le battute,
o forse non se le aspettano da una disabile, ma
quella fu l’unica volta che scoppiò sin dall’inizio
la risata fragorosa. Non erano passati nemmeno
cinque minuti che mi ero già dimenticata dove
fossi e con chi. In quella stanza non c’erano
handicappati e galeotti, ma solo delle persone
davvero aperte al confronto tra realtà reciprocamente poco conosciute.
Non sono solo i disabili a non riuscire ad accettarsi. Ho una laurea in psicologia e di bipedi
infelici di ciò che sono ne conosco tanti. Spesso
il non piacersi c’entra molto meno di quel che si
pensi col camminare. A volte mi hanno chiesto
cosa avrei fatto se fossi come gli altri. Gli altri
chi, poi? Io sono io e se camminassi sarei un’altra persona, non necessariamente più felice. Se
avessi sempre pensato di avere tutto il tempo e
le energie che crede di avere un bipede, probabilmente mi sarei fatta scappare un sacco di occasioni. Invece io so che oggi va bene e domani
potrei peggiorare: per questo non dilaziono mai
e provo tutto ciò che voglio provare. E quando
verrà la mia ora, saprò di aver vissuto davvero
anziché aver aspettato per anni il momento
adatto per vivere davvero. Non tutti i bipedi
potrebbero dire altrettanto.
Che patologia hai? E come la vivi?
Una volta avrei risposto che il mio esempio di
vita era Oscar Pistorius ma, visto che ha fatto
fuori la fidanzata a fucilate, mi sono ricreduta,
anche per rassicurare mio marito. Però finché
è durato è stato bello sapere che ci sono disabili
che vogliono e possono competere sullo stesso
piano dei bipedi, anziché sempre in “categorie”
a parte. No, direi che dopo essermi affidata
all’idolo sbagliato ho deciso di non averne
più, perché anche le grandi persone sono pur
sempre uomini che prima o poi sbagliano e io
so sbagliare benissimo da sola, anche senza
bisogno di esempi davanti.
In tanti mi hanno già chiesto che patologia ho e
di solito rispondo che soffro di una forma molto
grave e incurabile di stronzaggine. Non vedo
come la conoscenza della mia patologia possa
dire qualcosa di interessante su che tipo di persona io sia, quindi mi avvalgo del diritto di non
rispondere a questa domanda, se non in presenza del mio medico curante. Ma so che molti (disabili e non), come prima forma di presentazione
si scambiano le diagnosi anziché parlare di libri,
film, musica e hobby. A me non è mai interessato
sapere se chi ho davanti avesse la distrofia, la
SLA o le emorroidi, perché le persone non sono
la loro malattia. Come la vivo? Pur non camminando, al momento non provo particolari dolori
o debolezza, quindi direi che va benissimo. Per
me camminare è un mezzo, non un fine e si
possono fare un sacco di cose anche con un set
di gomme anziché con un paio di scarpe.
C'è qualcuno a cui ti ispiri?
«L’età di una Signora non si rivela,
ma siccome non
sono una Signora,
posso dire di essere arrivata sulla
soglia dei quaranta senza una
ruga: i vantaggi di
una muscolatura
facciale ipotonica.
Vivo in un paesino
in provincia di
Varese, ma poi mi
sparo ogni giorno
due ore di viaggio
all’andata e due al
ritorno per lavorare
a Milano. Chi me
lo fa fare? Non
tanto lo stipendio
purtroppo, quanto
il fatto che adoro
quello che faccio»:
con queste parole
comincia la nostra
intervista ad
Angela Gambirasio, autrice del
libro “Mi girano
le ruote” (Voltalacarta edizioni).
Irriverente, ironico
e riflessivo.
C'è qualcuno a cui vorresti dire «grazie»
e, se sì, perché?
...
Dico grazie ogni giorno a tantissime persone.
Ai miei genitori, a mio marito, ai miei amici
e colleghi, ai miei studenti che mi aprono le porte, al mio capo, che se serve mi accompagna
s
Dm 185 — Apr. 15
CULTURA
anche al bagno. Credo che la vera indipendenza sia dipendere da tantissime persone, per
non pesare solo su alcune. Sono circondata da
persone che mi aiutano e che a mio modo aiuto.
Credo che “grazie” sia la parola che più pronuncio in una giornata, sinceramente e senza
sforzo.
Be'… un capitolo si intitola “Ora ti dico come è
successo”. Quindi, se proprio non riuscite a vivere senza sapere perché sono su una carrozzina, vi toccherà sperare nella sua pubblicazione.
Perché hai scelto di diventare
psicologa?
Tra i sogni realizzabili, visitare l’America coast
to coast. Ho già comprato i biglietti dell’aereo
per quest'estate, ché i desideri non vanno fatti
aspettare troppo. Tra quelli più complessi, abbattere più barriere architettoniche e mentali
possibile e magari vedere il mio nome stampato
in lettere dorate su un edificio pubblico completamente accessibile… Sì, lo so: penso in grande,
ma non vale la pena vivere di piccoli sogni.
La psicologia mi ha sempre affascinato, non
esattamente a fini terapeutici. Sono sempre
stata (e sono tuttora) una “secchiona”. A me piace capire le cose complesse e credo non esista
cosa più complessa di un essere umano… non
tutti, eh! Rifarei la stessa scelta? Sì, ma lascerei
perdere la psicologia clinica che avevo iniziato
prima di scoprire che i depressi mi deprimono,
e partirei subito con psicologia della comunicazione e dei gruppi.
Nel tuo lavoro di cosa ti occupi
esattamente?
Mi occupo di placement e orientamento alla
carriera, che significa che faccio un po’ di tutto:
dagli incontri per scegliere l’Università ai
colloqui sul metodo di studio o sulla comunicazione efficace, sino alla ricerca del lavoro e alla
selezione del personale.
C'è qualcosa che cambieresti nella tua
vita?
Non mi sposerei, ma solo per avere una dichiarazione dei redditi più bassa e avere accesso
a servizi di assistenza e trasporto che – nonostante quello che pensa lo Stato – non posso
permettermi privatamente. Non escludo la
possibilità di divorziare, il giorno in cui mio
marito sarà troppo vecchio per farmi anche da
badante e autista.
Dopo il tuo primo libro, ce ne sarà un
altro? Se sì, di cosa parlerà?
Lo sto finendo in questi giorni, ma non l’ho
ancora sottoposto a nessuno. Se non supererà
la prova “lettura fatta dagli amici bastardi”, potrebbe non vedere mai la stampa. Di cosa parla?
C'è qualcosa che ti piacerebbe fare e non
hai ancora fatto?
È stato difficile scrivere di alcuni
aneddoti personali?
Dopo che hai fatto pipì in un aereo davanti
ai passeggeri della prima classe senza poter
chiudere la porta perché la carrozzina non ci
passava, direi che il senso del pudore è difficile
da ritrovare. Quindi sì, è stato sin troppo facile
raccontarmi in un libro.
Ti piace viaggiare?
Viaggio molto, preferibilmente in paesi civili e
accessibili… il che esclude buona parte dell’Italia. Ogni estate mi immergo in realtà con treni,
bus, metropolitane accessibili, negozi senza
gradini d’ingresso e bagni adattati. Giusto per
ricordarmi che un mondo migliore esiste già
e che quindi può diventarlo anche l’Italia, se
lottiamo davvero. Vienna, Londra, Stoccolma,
Berlino, Amsterdam… solo in Portogallo e
Francia, quanto ad accessibilità, mi sembrava di
stare ancora in Italia.
Chi dovrebbe leggere il tuo libro?
Sicuramente molti disabili potranno ritrovarsi
in alcune scene abbastanza classiche che mostrano gli atteggiamenti più comuni verso chi
è percepito come “diverso”. Ma se devo proprio
consigliarlo, mi piacerebbe fossero i bipedi a
leggerlo, così magari capirebbero quanto buffi
ai nostri occhi possono sembrare.
62
Fai da te!
63
“Archimede”,
ovvero l’arte di arrangiarsi
Idee tecnologiche a poco prezzo
per migliorare la qualità della vita.
—
di Silvano Zampieri
P rima di presentarvi la mini tastiera che vi
permette di utilizzare il computer anche
quando la mobilità della mano è minima,
vorrei interpellare i lettori ‘smanettoni’, quelli cioè
che, oltre a utilizzare i mezzi informatici nel modo
classico, amano sperimentare, provare e ricercare.
È possibile che per avvalerci dei benefici più avvenieristici che la tecnologia ci offre, dobbiamo per
forza essere dotati di macchinari potenti, con molta
memoria, processori veloci, e periferiche sempre
più all’altezza del corpo macchina?
Perché si tratta di spese costose che non tutti possiamo sostenere. Chi come il sottoscritto utilizza
ancora un vecchio Windows XP con due Gb di RAM
deve considerarsi obsoleto ed escluso da molte delle innovazioni che il mercato propone. Ma chi come
voi ne sa una più del diavolo, non può aiutarci a trovare delle soluzioni convenienti economicamente e
capaci di supportare al meglio il nostro bisogno di
autonomia?
Non capite di cosa sto parlando? Vi faccio subito un
esempio.
In ambiente Android, avendo a disposizione la connessione di rete, su dettatura si riescono a scrivere
discorsi molto lunghi e complessi, mentre solo fino a
qualche anno fa servivano programmi costosi e addestramenti prolungati.
Da più parti mi è pervenuta la richiesta di portare
in ambiente Windows la connessione di un telefono domestico funzionante con il solo uso della voce.
Dalla composizione del numero al mettere online
il telefono di casa in viva voce fino alla conclusione
della telefonata stessa. Molti dei nostri lettori ne sarebbero felici.
Fiducioso di solleticare le molte intelligenze che ci leggono, invito tutti a scrivere alla mail della redazione per
confrontarsi, chiedere, suggerire e proporre:
[email protected].
Mini
keyboard
Ecco una versatile mini tastiera wireless (senza cavo) che include il touchpad (tappettino tattile) e che quindi
non ha bisogno di un mouse esterno.
La presento volentieri perché, con movimenti limitati e pressione contenuta, può essere utilizzata anche da chi
ha una mobilità molto limitata agli arti
superiori. Un amico la utilizza preferendo abbinarla a un mouse esterno
con sfera grossa che ruota su se stessa
(il Trak-Ball Controller), e dice che con
la mano destra gli bastano spostamenti minimi per raggiungere con poca fatica tutte le lettere e i numeri presenti
sulla mini tastiera.
È versatile, contiene al suo interno batterie ricaricabili via cavo USB e funziona sia in ambiente Windows che
in ambiente Android, si può collegare
quindi a tablet e altri dispositivi mobili. È sufficiente connettere il ricevitore
USB al computer o al tablet, accendere
la tastiera e attendere qualche secondo. Senza installare alcun software
specifico, la vostra mini tastiera sarà
riconosciuta dal dispositivo e sarà
online anche in parallelo a mouse e tastiera originali che non devono essere
necessariamente rimossi. Personalmente l’ho piacevolmente testata con
Windows XP e un tablet Android
versione 4.2.
“L’ho comperata su eBay
e, se non
ricordo male,
ho speso
circa 30 euro
senza uscire
dal mercato
europeo.”
Dm 185 — Apr. 15
CALENDARIO
i prossimi appuntamenti
SETTEMBRE
MAGGIO
14-17
Finali Nazionali Federazione Italiana
Wheelchair Hockey (FIWH)
11-14
— Ge. Tur, Lignano Sabbiadoro (UD)
18-20
XII Congress of Mediterranean Society
of Myology (MSM)
— Hotel Royal Continental,
Via Partenope, Napoli *
20-23
GIUGNO
18-20
— Varallo Pombia (No)
25-27
“Feed the Passion!”
Torneo FIWH 4 Nazioni
— Cinisello Balsamo (MI)
30 set.
ott. 4 Congresso mondiale di Miologia
XV Congresso dell’Associazione Italiana
di Miologia (AIM)
— Hotel Royal Continental,
Via Partenope, Napoli*
2° Skorpions Varese International
Tournament
— Brighton, Inghilterra
OTTOBRE
30 ott.
nov. 2 Champions Cup di wheelchair hockey
Manifestazioni Nazionali UILDM
— Torino
— Ge. Tur, Lignano Sabbiadoro (UD)
28 giu.
lug. 5 Mio figlio ha una 4 ruote
— Ge. Tur, Lignano Sabbiadoro (UD)
LUGLIO
BREVI
NOVEMBRE
* Il Comitato scientifico di entrambi i congressi è composto – oltre che dal professor Giovanni Nigro, presidente
di entrambi i congressi – da Luisa Politano, responsabile
scientifico, da Vincenzo Nigro e dai Comitati Direttivi delle
due società. Ulteriori notizie sono disponibili su:
http://iscrizioni.fclass.it/eventi/msm-aim2015/
Vuoi salire
in gondola?
VENEZIA Partecipa al
VISTA DAIfinanziamento
collettivo
CANALI sul web
Fino al 7 maggio è possibile partecipare al crowdfonding sulla
piattaforma Indiegogo.com per il
progetto Gondolas4All, sostenuto anche dalla Regione Veneto.
Ammirare la bellezza di Venezia
da una gondola sarà possibile anche per le persone in carrozzina
grazie alla costruzione a Piazzale
Roma di uno speciale pontile associato a una pedana automatica.
64