misure e misurazioni
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misure e misurazioni
MISURE E MISURAZIONI Giulio Barbato Politecnico di Torino Alcuni concetti: - Misurando: grandezza da misurare, ad esempio la lunghezza del diametro di una sfera o la massa di un corpo - Misurazione: serie di operazioni svolte per associare al misurando un valore numerico - Misura: valore numerico associato al misurando mediante la misurazione. È immediato osservare che le operazioni di misurazione sono sempre influenzate da alcune condizioni al contorno, come le condizioni funzionali dello strumento di misura (ad esempio non linearità, isteresi, effetti di attrito, sensibilità ai disturbi elettromagnetici, sensibilità alle vibrazioni meccaniche), le condizioni ambientali (ad esempio temperatura, pressione e umidità atmosferica, presenza di vibrazioni meccaniche o di disturbi elettromagnetici), comportamenti dell’operatore (ad esempio velocità nei movimenti, forze di manipolazione, risoluzione visiva nelle collimazioni) ed infine condizioni del misurando stesso (ad esempio temperatura media, disomogeneità di temperatura, caratteristiche elastiche, impedenza elettrica). Tali condizioni al contorno subiscono sempre piccole variazioni nel corso della misurazione, che portano a piccoli effetti sul risultato. L’effetto sul risultato è dovuto alla combinazione delle diverse cause e, qualora gli effetti concorrenti siano, almeno i maggiori, della stessa entità, non si riesce a stabilire una relazione di causa-effetto tra le variazioni delle grandezze al contorno e le variazioni di misura. Sia ad esempio la grandezza misurata sensibile alla temperatura, alla pressione atmosferica, all’accelerazione dovuta alle vibrazioni ed alla forza di contatto di un tastatore, le variazioni della misura non sono facilmente collegabili alle piccole variazioni di tali grandezze d’influenza, come rappresentato in figura 1. Si parla in al caso di effetti accidentali delle grandezze di influenza. Nel caso, invece, in cui una grandezza d’influenza abbia una variazione preminente, con effetti nettamente superiori a quelli delle altre, è possibile individuare una correlazione causa effetto come descritto in figura 2. Nell’esempio riportato la temperatura ha un effetto predominante sulla misura rispetto alle altre grandezze d’influenza e tale effetto, pur disturbato dalla presenza degli altri effetti, resta tuttavia riconoscibile. Si parla, in questo caso, di un effetto sistematico della temperatura sulla grandezza misurata. La differenza tra effetti accidentali e sistematici non dipende, quindi dalla loro origine, ma dal fatto che possa essere individuata la relazione causa-effetto. Gli effetti sopra descritti vengono spesso citati come Errori Accidentali ed Errori Sistematici1. È importante sottolineare il fatto che i due tipi di effetti richiedono una gestione profondamente diversa: quelli accidentali possono essere trattati solo con metodologie statistiche, traendo vantaggio 1 Il termine “Errore” è stato contestato in passato. Ciò è dovuto alla scelta infelice del termine “Valore vero” per indicare la misura esatta attribuibile ad un misurando, ma tale termine ha solo valenza ideale e nessun riscontro pratico, nel senso che non esiste una grandezza definita assegnabile ad un misurando. Si prenda, ad esempio, il campione di massa meglio definito, il chilogrammo prototipo conservato al BIPM; è evidente che la sua massa cambia perché cambiano le quantità di molecole che aderiscono o si staccano dalle sue pareti. Il “valore vero” non può, quindi, essere conosciuto e di conseguenza l’errore, definito come differenza tra il valore misurato ed il valore vero, non può essere conosciuto, e quindi il concetto di errore non può essere definito, secondo la filosofia operazionale. A mio parere il problema è solo terminologico, infatti è normale utilizzare i valori ottenuti nelle operazioni di misurazione svolte sia a livello scientifico, sia a livello tecnico, pur sapendo che il valore che si intende misurabile non è conoscibile. Se si può parlare di lunghezza di un manufatto o di massa di un corpo, valori non conoscibili, si può parlare anche di errore e di valore vero, sebbene, come si è detto, in quest’ultimo caso la terminologia stride con il concetto che si vuole rappresentare, per cui io preferisco rendere le cose più concrete parlando di “Valore di riferimento” intendendo con tale dizione il valore di misura meno incerto ottenibile allo stato dell’arte, che all’atto pratico può essere rappresentato da un campione primario nazionale o internazionale, dal confronto con un campione di un Centro di taratura o con un campione di prima linea industriale, con un riscontro pratico, quindi, molto concreto. 1 soprattutto dall’operazione di media per ridurne l’effetto, mentre quelli sistematici possono essere corretti, nel caso si individui un modello matematico che li descrive, compensati, nel caso si possano usare due fenomeni analoghi da mettere in contrapposizione all’atto della misurazione, oppure, infine, si può cercare di eliminarne la causa. Gran parte dell’attività di analisi delle condizioni di misura, sia a livello scientifico sia a livello industriale (metodi R&R e MSA), è volta all’evidenziare la presenza di effetti sistematici, come i test d’ipotesi e l’analisi della varianza, ed a identificare la relazione sistematica con un opportuno modello matematico, con i metodi di regressione. Pressione 1,5 1,0 0 ,5 0 ,0 -0 ,5 -1,0 -1,5 Variaz. Variaz. Temperatura 0 5 10 15 0 ,0 15 0 ,0 10 0 ,0 0 5 0 ,0 0 0 -0 ,0 0 5 -0 ,0 10 -0 ,0 15 20 0 5 Prova N. Accelerazione Variaz. 10 15 20 Prova N. Misura 4,0 2,0 0,0 - 2,0 - 4,0 1,5E-04 0 5 10 15 1,0E-04 20 Variaz. Prova N. Forza contatto 5,0E-05 0,0E+00 -5,0E-05 -1,0E-04 Variaz. 0 ,2 -1,5E-04 0 ,1 0 ,0 0 -0 ,1 0 5 10 15 5 10 15 20 Prova N. -0 ,2 20 Prova N. Fig. 1 Andamento delle quattro grandezze d’influenza Temperatura, Pressione, Accelerazione dovuta alle vibrazioni e forza di contatto del tastatore e dei valori di misura ottenuti. Non appare evidente alcun collegamento tra l’andamento della misura ottenuta e quelli di ciascuna grandezza d’influenza. Ciò è dovuto al fatto che gli effetti di almeno alcune delle grandezze sono simili e si compongono in maniera casuale. Si parla in questo caso di effetti accidentali. Queste condizioni primarie, insieme ad altre condizioni fondamentali come il trasferimento della informazione contenuta nella misura con la lettura del risultato e la costanza nel tempo della relazione Misurando – Misura consentono di definire le principali caratteristiche metrologiche legate ad un complesso di misura, all’insieme, cioè, formato da strumento, operatore, ambiente e misurando. Possiamo presentare tali caratteristiche in forma gerarchica (ogni caratteristica richiede, almeno in parte, la presenza delle caratteristiche precedenti) ed operativa (cioè collegata ad una evoluzione delle azioni di impostazione normalmente svolte in una attività di misurazione). La prima condizione necessaria è evidentemente il trasferimento in uscita dallo strumento di misura dell’informazione sulla misura stessa, che generalmente avviene tramite la lettura, da parte di un operatore o di un collegamento computerizzato, del risultato di misura prodotto dallo strumento. La lettura è sempre discontinua. Ciò è evidente in caso di presentazione numerica, in cui esiste un intervallo definito tra il numero presentato e quello immediatamente più piccolo o più grande. Tale 2 incremento elementare è detto “Risoluzione di lettura”. Talvolta l’incremento elementare non è costante, ad esempio esistono strumenti detti “Multirange” che hanno un incremento piccolo nella prima parte della scala, medio in quella centrale e più grande in quella finale (ad esempio incremento unitario da 0 a 1000, di due unità da 1000 a 2000 e di cinque unità da 2000 a 5000). Se si vuole dichiarare la risoluzione di lettura in un campo in cui l’incremento elementare varia, bisogna dichiarare il massimo incremento elementare in tale campo. Pressione 10 8 6 4 2 0 -2 Variaz. Variaz. Temperatura 0 5 10 15 20 0 ,0 1 0 ,0 1 0 ,0 0 -0 ,0 1 -0 ,0 1 -0 ,0 2 0 5 Prova N. 15 20 Misura 2,0 0,0 5,E-04 - 2,0 - 4,0 0 5 10 15 4,E-04 20 Variaz. Variaz. Accelerazione Prova N. Forza contatto Variaz. 10 Prova N. 3,E-04 2,E-04 1,E-04 0,E+00 0 ,3 0 ,2 0 ,1 0 0 ,0 -0 ,1 -0 ,2 5 10 15 20 Prova N. 0 5 10 15 20 Prova N. Fig. 2 Nel caso l’effetto di una delle grandezze d’influenza sia predominante, la sua traccia viene preservata nella composizione degli effetti e si può riconoscere la relazione causa-effetto tra la variazione di misura prodotta ed il fattore che la produce, come nei grafici presentati la temperatura, Si dice in questo caso che è presente un effetto sistematico. Anche nel caso delle scale analogiche non si può pensare di avere incrementi di lettura infinitesimi, per due ragioni: la prima è la risoluzione visuale dell’occhio o dello strumento ottico utilizzato per la lettura. L’occhio ha una risoluzione di circa 0,1 mm. La seconda ragione è che la risoluzione di lettura deve essere coerente con la reale capacità di misura dello strumento. È evidentemente illusorio consentire la lettura dei centesimi di millimetro con uno strumento con irregolarità nella geometria di tassazione dell’ordine di un decimo di millimetro; la risoluzione di lettura deve, quindi essere fine ma non ingannevole. L’utente deve, quindi, essere informato sulla reale possibilità di risoluzione dello strumento. Ciò è ottenuto tramite una regola costruttiva convenzionale: nelle scale analogiche ben realizzate lo spessore dei tratti delle divisioni è uniforme ed uguale allo spessore dell’indice, anch’esso costante, e tele da rappresentare con il suo rapporto dimensionale con la dimensione geometrica (larghezza o arco) della divisione più piccola della scala, detta unità di formato, le concrete possibilità di suddivisione di quest’ultima per giungere alla risoluzione. Si può osservare, cioè, negli strumenti ben costruiti, che lo spessore dell’indice è 1/2, 1/5 o 1/10 della dimensione dell’unità di formato ad indicare che il suo valore può essere suddiviso rispettivamente in due parti, cinque parti o dieci parti sempre restando nella capacità metrologica dello strumento. La lettura del valore di misura non deve, quindi, mai fermarsi all’unità di formato, ma suddividerla a occhio secondo quanto indicato dalla geometria della scala. In figura 3 è riportato un esempio. Per 3 fare la lettura si osservano, innanzitutto, le divisioni numerate ed il loro intervallo; per completezza aggiungiamo l’unità di misura che non è rappresentata in figura. Nell’esempio presentato i numeri sono 20, 40, …, quindi l’intervallo numerato vale 20 g. Si deve ora osservare che è suddiviso in 10 divisioni elementari (le divisioni più piccole) per cui ognuna di esse vale 2 g, che è, quindi, l’unità di formato. Si esamina ora la geometria della scala, in particolare lo spessore t dell’indice e dei tratti e la larghezza nt delle dimensioni elementari osservando agevolmente ad occhio che il loro rapporto è 1/10 (gli altri possibili rapporti di 1/2 ed 1/5 sono, con evidenza, diversi), per cui la risoluzione è di 2 g/10 = 0,2 g. Si osserva ora, sempre a occhio, di quanti decimi di divisione elementare è spostata la posizione dell’indice rispetto all’inizio della divisione stessa, nella figura circa 4, per cui la lettura finale è 20 + 3 divisioni elementari + 4 valori di risoluzione = 20+3x2+4x0,2 = 26,6 g. La suddivisione ad occhio dell’unità di formato è un’operazione che produce risultati ben compatibili; fatta fare da gruppi di studenti inesperti delle concrete attività di misura si ottengono risultati consistenti entro il valore della risoluzione. Fig. 3 Esempio di scala analogica con geometria corretta. Assumiamo, per completezza che l’unità di misura, non espressa in figura, siano grammi. Le divisioni numerate (20, 40, …) indicano che l’intervallo tra le divisioni numerate è di 20 g; si vede, inoltre, che tale intervallo è suddiviso in 10 divisioni elementari, per cui l’unità di formato vale 20/10 = 2 g. La geometria della scala indica che lo spessore t dell’indice è 1/10 della dimensione nt dell’unità di formato, che può essere, quindi suddivisa in 10 parti per ottenere la risoluzione che è 0,2 g. Si valuta ad occhio la posizione dell’indice rispetto al tratto iniziale, circa 4/10, per cui la lettura è 20+3x2+4x0,2=26,8 g Effettuata la lettura, la condizione successiva necessaria per ottenere un corretto risultato è che non vi siano variazioni eccessive nel complesso di misura per l’intervallo di tempo caratteristico per il tipo di misurazione effettuata. Ciò introduce la caratteristica di Stabilità. Si può distinguere tra Stabilità dello zero, cioè la capacità del complesso di misura di dare un risultato costante quando il misurando sia costante, spesso facile da controllare senza il misurando, quindi proprio sullo zero, e Stabilità della sensibilità, cioè la capacità di dare una un incremento di misura costante quando si applichi una variazione costante al misurando. I tempi su cui valutare la stabilità sono molto diversi secondo le applicazioni: si pensi a una normale bilancia da banco: lo zero è controllato automaticamente prima di ogni operazione di pesata, per cui è necessaria una stabilità di zero sul tempo di pochi secondi necessario per fare la pesata. Nel caso, invece, sempre di una bilancia che 4 sia utilizzata per pesare un silos, l’operazione di azzeramento può essere fatta solo nelle rare occasioni n cui il silos è vuoto, quindi è necessaria una stabilità di zero su periodi di alcuni mesi o addirittura di anni. Le condizioni di risoluzione di lettura e di stabilità consentono già un uso tecnologico dei complessi di misura, cioè il controllo degli impianti continui. Si pensi, ad esempio ad un impianto di trattamento termico per la produzione di serie: i parametri di produzione, quindi in particolare le temperature di tempra e rinvenimento, sono messi a punto con piccole produzioni pilota, dopodiché il compito degli strumenti di misura installati sull’impianto è di controllare che tali condizioni vengano mantenute costanti nel tempo, quindi le caratteristiche metrologiche richieste sono solo risoluzione e stabilità. Quando, invece, si debbano fare cicli di misura tipici tra lo zero ed il valore del misurando, tali caratteristiche non sono più sufficienti. Bisogna valutare la capacità del complesso di misura di dare risultati costanti quando il ciclo di misurazione è ripetuto. Si devono distinguere attentamente due condizioni diverse: - la capacità dello strumento di dare misure costanti quando il ciclo di misura venga ripetuto in condizioni controllate (breve tempo, quindi condizioni ambientali pressoché costanti, un solo operatore); - la capacità del complesso di misura di dare misure costanti quando il ciclo di misura venga ripetuto nelle condizioni reali di utilizzazione (tempi prolungati, condizioni ambientali variabili, più di un operatore). Le caratteristiche valutate in modi così diversi sono chiaramente differenti tra di loro, ed assumono il nome rispettivamente di Ripetibilità e Riproducibilità. Queste due caratteristiche presentano vantaggi e svantaggi che indicano quando sia utile applicare l’una o l’altra. Esaminiamo la ripetibilità con un esempio concreto: un trasduttore di forza. La prova di ripetibilità si svolge appoggiando e sollevando alternativamente una massa costante (non è necessario che sia un campione di massa) alla cella di carico. La prova può essere svolta in un tempo molto breve, per cui risente, in pratica, solo dell’effetto della variazione di accelerazione dovuta alle vibrazioni e della forza scambiata nella zona di contatto, che può variare nelle successive applicazioni del carico. Le condizioni di temperatura e pressione sono pressoché costanti. I vantaggi sono: - un costo molto basso della prova; - un’informazione sul comportamento nelle condizioni migliori di funzionamento (che, quindi, indicano subito se di debba escludere l’uso dello strumento provato per applicazioni che richiedano caratteristiche superiori); - un’ottima sensibilità alle condizioni di funzionamento che, insieme al costo limitato, la rende molto utile per prove periodiche di controllo della funzionalità (conferma metrologica, ISO 10012). Il principale svantaggio è: - un’informazione non rappresentativa delle reali condizioni d’uso, perché non risente di quei fattori presenti in un uso normale, come le variazioni di condizioni ambientali e di modalità di applicazione dello strumento. Esaminiamo, ora, la riproducibilità, come descritte dalla norma sulla taratura dei trasduttori di forza: “ tra un ciclo di carico e il successivo il trasduttore sia riposizionato ruotato intorno al suo asse di carico; almeno una volta nella successione dei cicli di carico sia smontato nelle sue parti, imballato come usuale per il trasporto, rimontato seguendo le indicazioni del costruttore e rimesso in prova”. Risulta evidente il notevole aumento di carico di lavoro: una prova di ripetibilità può durare pochi minuti, mentre la prova di riproducibilità richiede almeno un’ora. 5 Notiamo che la prova cosi concepita fornisce una indicazione più concreta del comportamento dello strumento nelle reali condizioni d’uso, perché tiene conto della variazioni di introduzione della forza nel trasduttore, ma pur nella sua durata di un’ora o poco più, non risente della variazione naturale della temperatura nel corso della giornata. Pressione 0 ,4 Variaz./bar Variaz./°C Temperatura 0 ,2 0 ,0 -0 ,2 -0 ,4 0 5 10 15 20 0 ,0 0 0 ,0 0 0 ,0 0 0 ,0 0 0 5 Prova N. 15 20 Misura 3 ,0 2 ,0 1,0 0 ,0 -1,0 -2 ,0 -3 ,0 2,0E-04 0 5 10 15 20 Prova N. Forza contatto 0 ,2 0 ,1 0 ,0 Variaz./kN Variaz./(m/s) 10 Prova N. Accelerazione Variaz./N Scarto tipo 4,5E-05 0 ,0 0 1,0E-04 0,0E+00 -1,0E-04 -2,0E-04 0 -0 ,1 -0 ,2 -0 ,3 5 10 15 20 Prova N. 0 5 10 15 20 Prova N. Fig. 4 Prove di ripetibilità. Si noti come le variazioni dei fattori d’influenza siano quanto mai contenute, proprio per l’attenzione che viene posta nel ripetere la misurazione introducendo il minimo possibile di disturbi. La prova, svolta in tempo breve, automaticamente riduce le variazioni delle condizioni ambientali. La riproducibilità può essere riferita all’intero complesso di misura, facendo varare le condizioni ambientali, gli operatori e, con particolari attenzioni, anche i misurandi. Non è esclusa anche la condizione in cui si desideri valutare, ad esempio, la riproducibilità di un intero reparto collaudo, ponendo in gioco anche le variazioni dovute all’uso dei diversi strumenti di misura ivi disponibili. Si possono ora focalizzare i vantaggi e gli svantaggi della riproducibilità. Vantaggi: - maggiore rappresentatività delle reali condizioni d’uso Svantaggi: - costo elevato - definizione non univoca delle condizioni di prova, per cui bisogna porre attenzione che i risultati ottenuti sono significativi solo quando le condizioni di prova sono compiutamente definite, indicando in particolare l’elenco dei fattori presi in considerazione e l’estensione della loro variazione. Sia per la ripetibilità, sia per la riproducibilità i risultati sono dati come indici di variabilità; l’indicazione più corretta è lo scarto tipo insieme ai gradi di libertà o al numero delle prove. Bisogna porre attenzione che talvolta vengono date come scarto massimo, ed ancor più in questo caso l’informazione può essere utilizzata solo se accompagnata dall’indicazione del numero di prove fatte. Alcuni esempi possono indicare le differenze tra ripetibilità, riproducibilità in condizioni di variabilità limitata e riproducibilità in condizione di variabilità ampia. 6 Pre ssione 1,5 1,0 0,5 0,0 -0,5 -1,0 0 5 10 15 20 Variaz./bar Variaz./°C Te mpe ratura 0,01 0,00 -0,01 0 5 10 Prova N. 15 Misura 2,0 1,0 0,0 -1,0 -2,0 2,0E-04 0 5 10 15 20 Variaz./kN Variaz./(m/s) 20 Prova N. Acce le raz ione Prova N. Forz a contatto Variaz./N Scarto tipo 6,7E-05 0,01 0,4 0,2 0,0 -0,2 -0,4 -0,6 1,0E-04 0,0E+00 -1,0E-04 -2,0E-04 0 0 5 10 15 5 10 15 20 20 Prova N. Prova N. Fig. 5 Riproducibilità in condizioni di variabilità limitata. L’effetto dell’applicazione del carico è presa in considerazione, ma non quello della variazione delle condizioni ambientali su base diurna. Bisogna porre attenzione a non trascurare effetti importanti (come in questo caso la temperatura) ritenendo di aver fatto un’analisi completa. Pre ssione 4 2 0 -2 -4 0 5 10 15 20 Variaz./bar Variaz./°C Te mpe ratura 0 5 Prova N. 15 20 Misura 2,0 1,0 0,0 -1,0 -2,0 -3,0 2,0E-04 0 5 10 15 20 Variaz./kN Variaz./(m/s) 10 Prova N. Acce le raz ione Prova N. Forz a contatto Variaz./N Scarto tipo 9,0E-05 0,01 0,01 0,00 -0,01 -0,01 0,4 0,2 0,0 1,0E-04 0,0E+00 -1,0E-04 -2,0E-04 0 -0,2 -0,4 0 5 10 15 20 5 10 15 Prova N. Prova N. Fig. 6 Lo svolgimento di prove lungo tutto l’arco della giornata è rappresentativo della condizione di un laboratorio di collaudo che lavori almeno su due turni. Si noti come l’effetto della temperatura sia evidente al punto di poter essere considerato sistematico. 7 20 Spesso la complessità delle prove di riproducibilità, anche quando fatte in modo limitato (prendere in considerazione tutti i fattori d’influenza significativi richiede, talvolta, una conoscenza molto approfondita del processo di misura) produce l’erronea sensazione di aver svolto un’analisi approfondita e di conoscere bene il campo di variabilità del risultato. Ciò è illusorio, come mostrato dai risultati precedenti ottenuti con molta attenzione e con molto lavoro, addirittura smontando e rimontando lo strumento nelle sue parti. Ancora più illusorio poiché la prova di riproducibilità non può tener conto di eventuali errori di scala dello strumento o, più in generale, del complesso di misura (ad esempio dovuti all’operatore che tende ad applicare troppa forza al tastatore) o, in generale, di errori sistematici costanti. Si immagini di misurare un segmento lungo circa 100 mm con un righello sbagliato lungo 101 mm invece di 100 mm. È Chiaro che pur ponendo ogni attenzione nella misurazione si otterrà un risultato prossimo a 99 mm, ed anche numerose replicazioni della misurazione daranno sempre risultati prossimi a 99 mm, per cui l’utente è portato a ritenere che )) mm sia la misura giusta. Questa è una situazione ben più comune di quanto non si pensi: quando, negli anni 50, i edeschi svolsero un’approfondita analisi sull’incertezza della scala di durezza Rockwell C indicando possibili variazioni di circa 1 HRC tra le macchine campione, i produttori americani, inventori della scala Rockwell, insorsero dichiarando che “nei loro laboratori non erano mai state osservate differenze superiori a 0,3 HRC”. Quando, negli anni 80, iniziarono negli USA ad usare la misura di durezza per valutare la resistenza a rottura di particolari importanti come bulloni o rivetti, l’istituto metrologico americano prese in mano il problema, fece un confronto tra i vari produttori e scoprì che le differenze tra loro erano ben superiori ad 1 HRC! In effetti la prova di riproducibilità all’interno di ogni laboratorio, pur approfondita, non era in grado di evidenziare le differenze sistematiche tra un laboratorio e l’altro. Per fare ciò è necessario che ogni laboratorio si confronti con il campione nazionale in una operazione di taratura volta ad evidenziare l’entità delle differenze sistematiche. Queste considerazioni portano alla successiva caratteristica metrologica dei complessi di misura, cioè l’Accuratezza. Poiché, come si è visto, nelle misure sono sempre presenti anche gli errori accidentali, bisogna ridurne gli effetti con l’operazione di media, per cui l’accuratezza, rappresentante idealmente la differenza sistematica tra il complesso di misura in esame ed i campioni nazionali, viene definita operativamente come differenza media tra le misure ottenute ed il valore di riferimento del campione nazionale. Evidentemente non tutti i complessi di misura possono essere confrontati con i campioni internazionali, per cui si sono organizzati enti preposti alla riferibilità (Istituti Metrologici Nazionali, Centri di Taratura dei Servizi di Taratura Nazionali, Campioni di prima linea aziendali) che consentono di realizzare una ininterrotta catena di confronti metrologici, come rappresentato in figura 7 e 8. Campione Nazionale Campione SIT Campione di Prima Linea Strumento di lavoro Fig.7 Importanza dell’incertezza per gestire la catena di riferibilità e la compatibilità dei risultati. 8 BIPM Ist. Metr. Naz. I.N.RI.M. IEN IMGC ENEA PTB NPL Servizi Taratura SIT 1 SIT 2 CApl 1 CApl 2 SIT 3 DKD 1 UKAS 1 CApl 2 CAsl B CAsl SL1 SL 2 SL 3 SL 1 Azienda 1 SL 2 Azienda 2 Fig. 8 Disseminazione delle unità di misura in Europa. Lo schema è a piramide, con al vertice il Bureau International des Poids et Mesures (BIPM), al quale si collegano i diversi Istituti Metrologici Europei. Qui sono indicati i tre Istituti Metrologici italiani, l’I.N.RI.M e l’ENEA e, a titolo di esempio, gli Istituti Metrologici tedesco (PTB) ed inglese (NPL). Dagli Istituti Metrologici traggono riferimento i Centri di Taratura dei Servizi di Taratura europei, qui schematizzati da tre Centri del Servizio di Taratura in Italia (SIT), un Centro del Servizio tedesco (DKD) ed uno di quello inglese (UKAS). Si noti che, per il mutuo riconoscimento, i centri di ogni nazione possono trarre i riferimenti dagli istituti metrologici di qualsiasi nazione e fornire i riferimenti agli ambiti aziendali di qualsiasi nazione. Le unità di misura sono trasferite ai Campioni Aziendali di prima linea (CApl), che sono i punti di contatto dell’azienda con l’esterno ed i punti di partenza interni per trasferire le unità di misura agli strumenti di lavoro (SL) eventualmente, se reso necessario dalla numerosità di questi ultimi, tramite Campioni Aziendali di seconda linea (CAsl). I trasferimenti avvengono mediante operazioni di taratura Infine è opportuno sottolineare l’importanza di un indice di Qualità per le operazioni di misurazione, valido a tutti i livelli, cioè applicabile alle sole risoluzione e stabilità, quando l’obiettivo sia il controllo dei processi continui, a risoluzione, stabilità, riproducibilità, quando l’obiettivo sono misure di confronto per le quali non è necessaria la riferibilità ai Campioni Nazionali, o, infine l’intero insieme delle caratteristiche metrologiche. Si tratta della valutazione dell’Incertezza di Misura, che è indispensabile per completare l’informazione di misura in modo che sia realmente utilizzabile e che ci dice se il processo di misurazione adottato è adeguato alle necessità. 9