SANITA` USA: L` OTTOBRE ROSA DEL BUSINESS

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SANITA` USA: L` OTTOBRE ROSA DEL BUSINESS
SANITA’ USA: L’ OTTOBRE ROSA DEL BUSINESS
Sabato 10 Novembre 2007 14:30
di Bianca Cerri
Anche quest’anno, negli Stati Uniti, lo struggente color giallo-oro tipico del mese di ottobre è
stato sostituito dal rosa di “Race for the Cure”, la maratona-simbolo della lotta ai tumori del seno
che la fondazione Komen organizza da ventiquattro anni. Quest’anno, 110 città americane
hanno ospitato la manifestazione permettendo alla fondazione di raccogliere donazioni
maestose, grazie anche ai mille volontari che hanno generosamente prestato la propria opera.
Komen Foundation nacque in sordina nel 1983, per volere di Nancy Brinken, una donna che
aveva perso da poco una sorella uccisa da un tumore al seno. Da allora, molte cose sono
cambiate e Brinken vanta attualmente strettissimi legami con le grandi industrie e il mondo
politico. Grazie a “Race for the Cure” la sua immagine appare spesso sulle copertine delle più
importanti riviste americane e il 14 ottobre scorso George Bush le ha affidato l’incarico di capo
cerimoniere alla Casa Bianca. La nomina è stata festeggiata in uno dei grandi saloni della
residenza presidenziale, che per l’occasione era stato addobbato con centinaia di fiori nella
stessa identica tonalità dei gadgets della Komen Foundation. Si tratta di abiti, tazze da thè e
altre chincaglierie creati da stilisti e designers di grido appositamente per la fondazione, alla
quale andrà parte del ricavato delle vendite. Qualcuno ha definito questa produzione “l’industria
del cancro al seno”, visto che, grosso modo, si parla di 140 aziende di fama internazionale che
approfittano del mese dedicato alla lotta contro questa malattia per procurarsi un ritorno
d’immagine. “Race for the Cure”, come qualcuno saprà, viene organizzata anche a Roma nel
mese di aprile. La Komen Foundation conta infatti oggi su 125 filiali nel mondo e di una fitta
rete di addetti alle pubbliche relazioni il cui compito è quello di mantenere alto l’interesse del
pubblico sulle sue iniziative. Tradotto in soldoni, si parla di un giro d’affari che sfiora il miliardo di
dollari l’anno senza contare annessi e connessi. Il che non significa che si tratti
necessariamente di una buona notizia per molte donne americane tra i 35 ed i 49 anni, malate
di cancro al seno ma prive di copertura assicurativa, il cui tasso di mortalità supera del 60%
quello delle donne nella stessa fascia d’età assicurate. D’altra parte, risulta che la stessa
Brinken sia un’acerrima nemica dell’assistenza sanitaria estesa anche a coloro che non
dispongono dei mezzi finanziari per intraprendere terapie. Repubblicana di provata fede,
chiamata alla corte di Ronald Reagan a metà degli anni ’80 e poi riconfermata durante il
governo di Bush padre come consigliere per la Sanità, accettò senza discutere le politiche di
entrambe le amministrazioni in materia.
Nel 2001, Brinken, che aveva generosamente sostenuto George Bush durante la campagna
elettorale, si congratulò con il neo-presidente per la “forza dimostrata” nel far approvare una
legge che, di fatto, toglieva ad almeno il 40% degli americani la possibilità di accedere al
sistema sanitario perché privi di copertura assicurativa. Per ripagarla, Bush le conferì il ruolo di
ambasciatore degli Stati Uniti in Ungheria dove, assieme al marito Norman, continuò ad
organizzare maratone e a raccogliere altri fondi.
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Sabato 10 Novembre 2007 14:30
Visti i legami della Komen Foundation con le più grandi aziende farmaceutiche e con U.S.
Oncology, una catena privata di centri terapeutici, è logico che ad un certo punto qualcuno
abbia iniziato a domandarsi se per caso Brinken non abbia strumentalizzato il dramma delle
donne ammalate di tumore al seno per promuovere la propria immagine. Il minimo che si può
dire è che alla signora sono stati risparmiate molte delle difficoltà che affliggono i comuni mortali
e che la visibilità di cui gode le ha permesso di accattivarsi le simpatie di sponsors come
General Electric, DuPont, ecc. Ad ottobre, il mese che, come abbiamo premesso, gli americani
hanno consacrato alla battaglia contro i tumori del seno, la Komen Foundation e la stessa
Brinken tornano però ad indossare il vestito buono per dare vita ad una nuova campagna
pubblicitaria organizzata a tavolino, incoraggiando le donne a comprare oggetti “in rosa” o a
farsi fare una mammografia o (perché no?) a fare entrambe le cose. Chi non ha la possibilità di
partecipare alla maratona, può mettersi in pace con la coscienza acquistando fiocchetti,
spillette, berretti, candele, ciondoli, ecc. nella zuccherosa tonalità di rosa scelta dalla Komen
Foundation. Del resto, il tumore al seno offre più spunti all’industria del superfluo rispetto, per
esempio, a quello della prostrata.
Quello che risulta insopportabile è che “Race for the Cure” sembra quasi incitare le donne,
comprese quelle malate, ad abbracciare una cultura edulcorata. Lo prova il libro - con la
prefazione di Nancy Brinken in persona - che raccoglie le testimonianze di donne colpite da
tumore al seno, le quali raccontano il loro dramma quasi come se fosse motivo di orgoglio e
affermazione di identità. Definendosi “sopravvissute”, le testimoni non si rendono probabilmente
conto di denigrare con scellerato trionfalismo le donne uccise dal tumore al seno e quelle che
hanno ancora poco tempo da vivere. Abbondano le frasi (scontate) d’incoraggiamento come
“Se la vita ti offre solo limoni, spremili e fai uscire un sorriso…” e i consigli di bellezza su come
apparire al meglio nonostante la malattia. Tutto in linea con la logica della della Komen
Foundation, che ha sempre evitato di fornire consigli sulle terapie da intraprendere in caso di
diagnosi infausta preferendo concentrarsi sulla salvaguardia dell’aspetto fisico, come se il
cancro al seno fosse un incentivo ad adottare un nuovo look.
Questa cultura della sopravvivenza implacabilmente ottimista rischia di spingere le donne
sane a prendere sottogamba il problema e impedisce a quelle malate di abbandonarsi ad una
rabbia sacrosanta, magari desiderando, soprattutto se povere, di avere a portata di mano un
nastrino rosa lungo abbastanza per strangolare i politici che hanno impedito loro di curarsi. Che
piaccia o no alla Komen Foundation e ai potenti che hanno contribuito a crearne le fortune, il
cancro al seno è infatti un’aberrazione che non serve a rendere più belle e femminili le donne.
Senza terapie adeguate e accessibili a tutte, l’inevitabile conclusione sarà una morte dolorosa
che nessun orsacchiotto di peluche rosa riuscirà mai a rendere meno terribile.
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