Tumori al tratto gastro-intestinale, il nuovo ruolo della

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Tumori al tratto gastro-intestinale, il nuovo ruolo della
Giovedì 23 maggio 2013
Campobasso e Provincia
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Ieri se n’è parlato in un seminario alla Fondazione Giovanni Paolo II
Tumori al tratto gastro-intestinale,
il nuovo ruolo della chirurgia
Al tavolo dei realtori Giovan Battista Doglietto e Alessandra Cassano
CAMPOBASSO. Il ruolo del chirurgo nei
casi di tumore al tratto gastro-intestinale. Il
tumore stromale gastrointestinale (denominato Gist) è tra le più comuni forme di neoplasie mesenchimali (ovvero che escono dal
tessuto connettivo)che si sviluppano nel tratto gastrointestinale, e il numero di nuovi casi all’anno in Italia dovrebbe essere intorno
al migliaio. Fino alla metà degli anni novanta, i tumori Gist venivano considerati come
tumori che si originavano nel tessuto muscolare. Solo dal 1998 viene riconosciuta una
categoria tumorale propria.
Per un caso su due l’origine
parte dallo stomaco e per 1 su
3 dall’intestino tenue. L’età
media, in cui la malattia si manifesta si attesta tra i 55 e i 65
anni, anche se in letteratura
medica esistono dei casi sporadici in età infantile e giovanile (Gist infantile). Ad essere
colpiti con maggiore frequenza sono gli uomini rispetto alle donne. La diagnosi di questi
tumori è difficile da stabilire,
perché i sintomi sono vaghi e i
test diagnostici tradizionali
non sono così specifici. La
prima scelta terapeutica di tali tipi di neoplasie è la chirurgia, in special modo in caso di
malattia localizzata, con cui rimuovere tutto
il tumore. Qual è, quindi, il ruolo del chirurgo e dell’oncologo nel trattamento combinato dei Gist?
A questo importante interrogativo rispondono due ‘luminari’ del campo, il professor
Giovan Battista Doglietto, direttore dipartimento Scienze chirurgiche, direttore U.O.C.
chirurgia digestiva dell’Università Cattolica
del Sacro Cuore – Policlinico A. Gemelli di
Roma e la dottoressa Alessandra Cassano,
dirigente medico oncologia dell’Università
Cattolica del Sacro Cuore – Policlinico A.
Gemelli di Roma, in occasione del seminario
‘Gist una patologia in espansione: novità in
tema di trattamento integrato’ che si è tenuto
ieri nell’ambito del seminario ‘Aggiornamenti in chirurgia oncologica’ organizzato
dal dipartimento di Oncologia della Fondazione Giovanni Paolo II diretto dal professor
Camillo Cavicchioni. Con questo incontro la
Fondazione di Ricerca e Cura Giovanni Paolo II, presidio d’eccellenza per l’oncologia,
chiude il ciclo di otto incontri realizzati con
il patrocinio dell’Ordine dei Medici della
provincia di Campobasso e la Società Italiana di Chirurgia Oncologica con cui ha aperto le sue porte a illustri medici specialisti che
hanno rilasciato importanti testimonianze del
progresso medico volto ad una cura più
avanzata del malato oncologico.
I Gist sono state fra le prime neoplasie in cui
si sia dimostrata notevolmente efficace una
terapia a bersaglio molecolare, caratterizzate
cioè da un meccanismo di azione rivolto verso bersagli cellulari specifici, in particolare
recettori presenti sulla membrana delle cellule, come, nel caso dei Gist, Kit o Pdgfra. Lo
‘spegnimento’ del recettore da parte della te-
rapia fa sì che anche il tumore ‘si spenga’.
Ne consegue la morte di molte cellule, e la
regressione della neoplasia.
I Gist sono tutti da considerarsi potenzialmente maligni, anche nei casi in cui l’aspetto del tumore all’esame istologico presenti
caratteristiche di benignità. La prima scelta
terapeutica è la chirurgia, soprattutto in caso
di malattia localizzata, in modo da rimuovere completamente tutto il tumore e guarire un
alto numero di pazienti.
Ma la scienza medica ha fatto passi da gigante, con una scoperta che ha permesso una terapia mirata. Si tratta del principio attivo
imatinib, che ha letteralmente rivoluzionato
la storia naturale di questo tumore, grazie alla sua efficacia tale da prolungare in maniera
significativa la sopravvivenza dei pazienti
metastatici e da ridurre il rischio di recidiva
dei paziente trattati chirurgicamente ma ad
alto rischio di ripresa di malattia.
“L’utilizzo di un principio innovativo che
permette una terapia mirata -target therapy affermano Doglietto e Cassano - consente
un’alta percentuale di guarigione anche in
caso di pazienti con malattia avanzata. È così possibile una terapia molecolare mirata,
bloccando la crescita delle cellule tumorali
nell’80-90% dei casi”.
Agnone Alto Molise 13
Giovedì 23 maggio 2013
Le prime tappe dell’opera ricostruite sulla base di vecchi articoli. Quando la struttura era vista come simbolo di “progresso civile”
Ospedale nuovo: nel
Molise degli sprechi, tra
appalti e cospicue risorse
AGNONE. Le telecamere di Striscia
la Notizia, la settimana scorsa hanno
fatto visita al clamoroso scheletro
edilizio, l’”ospedale nuovo”, arroccato sulla collina di Agnone. La puntata non è ancora andata in onda, ma
i nuovi riflettori posti sulla grande
incompiuta di Agnone, hanno dato
adito ad interrogativi sul passato e
sul destino dell’opera, che vorremmo
tentare di sciogliere. Dall’Asrem (fu
la vecchia Usl in principio a commissionare la costruzione del fantomatico edificio) e dalla Regione Molise
(che ebbe un ruolo fondamentale con
l’azienda sanitaria per intraprendere
la “realizzazione” della struttura di
mattoni e cemento) non abbiamo ricevuto notizie circa le origini di
quello che trent’anni fa si pensava
sarebbe diventato un presidio sanitario con tutti i comfort possibili ed
immaginabili. E allora ci siamo recati in biblioteca, dove abbiamo recuperato pagine di antichi quotidiani,
che già dal 1977 parlavano del “nuovo” nosocomio.
Sappiamo che i lavori sono stati appaltati nel 1985, e sono cominciati
nel 1987, con un’interruzione di sei
mesi a causa di problemi con il terreno. Sono poi ricominciati nel 1989.
Ma nessuno, ai tempi, pensava che
l’ospedale nel 2013 si sarebbe trasformato in un inutile ammasso di
mattoni “nascosti” dalla vegetazione.
Uno scempio, simbolo di sprechi che
anche in Molise hanno contribuito a
distruggere il nostro presente.
LE ORIGINI CON REMO SAMMARTINO.
Un articolo de “La Fucina” del febbraio del 1978 parla di un manifesto
affisso ad Agnone il 23 dicembre di
quell’anno, in cui l’onorevole Remo
Sammartino, democristiano che fu
senatore, deputato e amministratore
in vari ruoli, annunciava in qualità di
“commissario straordinario”, la co-
struzione
dell’ospedale nuovo, con il
finanziamento di
tre miliardi di lire (solo per il primo lotto funzionale) e l’assegnazione di 450 milioni per completare la costruzione
del “vecchio fabbricato”, oggi presidio S. Francesco Caracciolo. “A chi
domanderà che cosa faremo dell’attuale edificio ospedaliero – scriveva
Sammartino – quando sarà completato ed ammodernato, rispondo che è
mio auspicio vedere nascere in quell’ambiente rinnovato una degna casa
di riposo per anziani. Sarebbe questo
uno dei traguardi a cui ho sempre
puntato nel corso della mia vita pubblica”. Ma poi, come è noto, fu fatto
il contrario. Il “nuovo” dopo aver
speso circa dieci miliardi fu abbandonato. E il “vecchio” Caracciolo fu
ammodernato con altre risorse. Il paradosso è che nell’attuale piano sanitario dei commissari Basso e Rosato,
sono previsti 15 milioni di euro per
completare lo scheletro di località
Castelnuovo, con l’intento di istituire lì l’Rsa. Insomma, il contrario di
ciò che si pensava più di trent’anni
fa. Ma andiamo avanti. Nell’articolo
de “La Fucina” si sottolinea che la
popolazione agnonese fu molto felice delle due idee messe sul piatto. E
il giornalista, rivolgendosi a Remo
Sammartino, conclude: “è questa la
risposta che attendevamo per sbatterla in faccia ai denigratori che affollano i marciapiedi a qualificare inutili
le opere che significano progresso
civile”. Peccato che poi quei “denigratori” avessero ragione.
L’opera, come si apprende da un altro articolo del ’78, fu affidata per la
progettazione all’ingegnere Giacomo Di Pasquo, e finanziata dalla
Cassa per il Mezzogiorno. La spesa
iniziale a cui si pensava era di nove
miliardi del vecchio conio. Il progetto fu approvato lo stesso anno dalla
giunta regionale.
ANNI OTTANTA E I MILIARDI.
E passiamo al 1987. Nelle pagine in-
giallite dell’”Eco dell’Alto Molise”
il progetto del presidio viene descritto nei dettagli. I lavori furono appaltati nel luglio del 1985 dalla Fiat Engeering su delega della Usl per un
importo di sei miliardi di lire. Poi,
però dice la testata, “si son dovuti
aspettare ben diciassette
mesi, perché la società concessionaria si decidesse finalmente a consegnarli all’impresa aggiudicataria
della gara. Comunque, meglio tardi che mai…” Il
giornalista non immaginava cosa sarebbe poi successo. Il progetto iniziale,
spiega in un altro articolo
Renato Gamberale, ai tempi coordinatore amministrativo della Usl, prevedeva duecento posti letto, poi
fu ridimensionato e si decise per 133 posti, tra cui cinquanta di medicina, altri e
tanti di chirurgia, 30 del
“dipartimento materno-infantile”, tre per l’emergenza. In ogni reparto, una miriade di attività: due sale
operatorie, due sale parto e
il nido con spazi anche per
le madri. A pensarci oggi,
che ad Agnone non si può
più nascere, viene la pelle
d’oca. Si parla inoltre dell’ubicazione: “in posizione
decentrata verso est rispetto al centro storico di
Agnone, ma che insiste
lungo la direttrice in cui è
avvenuta l’espansione della città nell’ultimo quinquennio […] lungo la strada comunale Castelnuovo
ed a ridosso del bivio
Agnone- Belmonte- Poggio Sannita sulla provinciale “Verrino” in corso di ristrutturazione dall’Anas,
nel contesto di lavori ed
ammodernamento e correzione della ss. 86”, che poi
ha prodotto l’incompiuta
del ponte San Lorenzo.
Sempre Gamberale descri-
ve il “nuovo ospedale” che “sarà” a
tre piani, da realizzare in un’area di
seimila metri quadri. Una parte sarebbe stata destinata all’esterno, con
le attività ambulatoriali, il servizio di
emergenza ed accettazione, un’altra
ai pazienti interni. Nel piano terra:
farmacia, spogliatoi del personale,
cappella, economato, servizi tecnici.
Al primo, ingresso, direzione sanitaria, ambulatori, prelievi, pronto soccorso, radiologia, recupero e riabilitazione, medicina ecc… Al secondo:
blocco operatorio, blocco parto, laboratorio, chirurgia e dipartimento
materno-infantile. Anche il sottotetto viene considerato “potenzialmente utilizzabile”. Costo complessivo? Venti miliardi e seicento
milioni. “La Regione Molise – si
legge nell’articolo – ha approvato
il progetto generale ed ha già assicurato il finanziamento dei primi
due lotti, ciascuno di tre miliardi
di lire, la possibilità di accedere ad
altri finanziamenti è subordinata
dall’attivazione dei precedenti”.
Due fasi per costruire l’opera, aggiudicata dall’impresa Romagnoli, con il primo finanziamento di
sei miliardi. Ma poi, dove sono finiti tutti questi soldi?
INTRALCI AI LAVORI.
Un altro articolo dell’Eco dell’Alto Molise, datato ottobre 1987
parla di lavori bloccati che devono
essere ripresi, “lunghe e profonde
spaccature fra le rocce sottostanti
la superficie” hanno messo in discussione la stabilità del terreno e
quindi sono state svolte saldature
e “accorgimenti”, variando il progetto primitivo. Nel testo si fa riferimento anche a problemi “burocratici” tra la concessionaria
Fiat e la Usl. Quest’ultima avrebbe voluto toglierle l’incarico, ma
non è spiegato il perché. Infine,
una pagina dell’”Eco” del marzo
1989 è intitolata “Il secondo via al
nuovo ospedale”. Si parla dei lavori che sono stati ripresi e di una
“pratica che ha avuto un parto così travagliato da rasentare l’incredibile”. “Si spera che adesso non
sorgano altri intralci”, conclude lo
scrittore. Ma dopo ventiquattro
anni il mistero continua e dell’ospedale dei sogni non c’è traccia. O meglio, c’è un cantiere
aperto che si teme non sarà mai
chiuso.
Adelina Zarlenga
Giovedì 23 maggio 2013
Venafro Valle del Volturno 15
Dolore, al Neuromed la
medicina multidisciplinare
POZZILLI. Si terrà domani
mattina dalle ore 8 e 45, presso
la sala conferenze del polo didattico dell’Irccs Neuromed,
l’Ecm dal titolo “La medicina
multidisciplinare del dolore”. Il
corso è curato dal prof. Bruno
M. Fusco.
In medicina, il dolore è il sintomo più drammatico poiché mina
l’integrità psico-fisica della persona generando non solo sofferenza fisica ma anche emotiva
(angoscia, depressione), per se
stessi e per i familiari, con un
notevole impatto sul valore della
vita, sulle qualità lavorative e
sulle relazioni sociali. Il dolore,
che rappresenta una sofferta ma
indispensabile funzione per
l’adattamento
all’ambiente
esterno nonché la conservazione
dell’omeostasi interna dell’orga-
nismo, diventa il paradigma della sofferenza allorché insorge o
si prolunga al di là del necessario. Il dolore cronico rappresenta
perciò la quintessenza del malessere fisico ed esistenziale.
Il controllo del dolore cronico
rappresenta un aspetto cruciale
per una assistenza efficiente sia
per il reale controllo della sofferenza psico-fisica sia per i riflessi sugli aspetti sociali in termini
di relazioni interpersonali, di
perdita di ore di lavoro e di spesa sanitaria. La cura delle persone affette da dolore cronico non
può essere limitata ad un approccio meramente farmacologico di
controllo limitato nel tempo.
Scopo del corso è quello di presentare le risorse più innovative
e multidisciplinari nel campo
della medicina del dolore.
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Attualità
PRIMO
PIANO
L’onorevole plaude la sensibilità del ministro Lorenzin
Me
Mettodo stamina, De Camillis:
la sperimentazione continuerà
CAMPOBASSO. “Il decreto approvato in via definitiva dal Senato, che stabilisce le regole per l’uso delle cellule staminali, è stato concepito con una soluzione condivisa e solidaristica che coniuga
rigore scientifico e le
necessità ed i bisogni
dei malati e delle famiglie”. Lo ha detto il sottosegretario molisani ai
rapporti con il Parlamento, Sabrina De Camillis, commentando
positivamente il via libera che Palazzo Madama ieri ha dato con
259 sì, 2 no e 6 astenuti, al testo che consente a chi ha già iniziato le terapie con il
metodo Stamina di continuare le cure, permettendo, inoltre, la sperimentazione per altri 18 mesi, affidando alla ricerca ben 3
milioni di euro in due anni,
Sabrina
De Camillis
spostando inoltre la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari al 1° aprile
del 2014. “Grande merito
va riconosciuto al ministro
Beatrice Lorenzin che ha
seguito con grande attenzione e sensibilità queste
ultime fasi del provvedimento” ha proseguito l’ex
deputata del Pdl, sottolineando anche i buoni propositi della legge appena approvata. “La norma – ha
detto ancora De Camillis –
mette in primo piano l’interesse verso i pazienti ponendoli in condizioni di sicurezza attraverso un percorso di corretta e necessaria sperimentazione, riportandola nelle giuste
sedi scientifiche”.
tidiano del Molise
Il Quo
Quotidiano
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Gio
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Il Quo
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Dalla città
Gaw, dai un nome alla tua spesa
Il concorso di Laboratorio Aperto e Csm
Per dare un nome al Portale di Acquisto. C’è tempo fino al 15 giugno
La cooperativa sociale Laboratorio Aperto, il Csm di
Campobasso e il sito della Rete di Salute Mentale lanciano il concorso ‘Gaw, dai il nome alla tua spesa’. Una
sfida a colpi di idee e slogan per trovare la giusta denominazione al Gruppo di Acquisto sul Web, il sito di shop
online che porta la firma di Laboratorio Aperto e Csm. Il
Gaw, portale dallo spirito aggregativo, è stato presentato al pubblico giovedì 16, ma con una denominazione
provvisoria.
Quale miglior modo allora per cementare ancor di più
una rete se non quello di far decidere il nome definitivo
tramite un concorso?
Ecco alcune indicazione: parliamo di un sito di acquisti
online che ogni settimana mette in vendita uno stock di
prodotti (per lo più alimenti) a prezzi a dir poco vantaggiosi: basti pensare che si può risparmiare fino al 70%.
Fondamentale risulta essere il gioco di squadra; vige,
infatti, la logica del più persone acquistano, più il prezzo
scende.
Un ulteriore elemento da tenere bene a mente è che si
tratta del primo sito di shop online tutto molisano, dove
si alterneranno aziende leader nel settore del commercio che periodicamente metteranno in vendita i prodotti:
latte, conserve, olio, pasta
e via dicendo.
Ora è giunto,
però, il momento di scegliere il nome
con cui lanciarlo sul web (si
parla della seconda metà di
giugno).
Per una descrizione esaustiva, per capire l’etica dell’iniziativa e il funzionamento i partecipanti possono trovare
ulteriori
informazioni
sul
sito
www.rsmcampobasso.it. La proposta del nome può arrivare da chiunque, basta inviarla all’indirizzo
[email protected], indicando anche il proprio nome, cognome e, nell’oggetto, la dicitura “Concorso Gaw”. Molto semplice! Il vincitore, scelto da una giuria di esperti, sarà premiato con un’opera realizzata dalla cooperativa Laboratorio Aperto. Il termine per il concorso è fissato alle ore 12:00 del 15 giugno 2013.
CAMPOBASSO
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CITTÀ DEL MOLISE
Giovedì 23 maggio 2013
“Un calcio all’indifferenza”,
domani il secondo torneo
del Csm di Termoli
Il progetto impegna pazienti, operatori e atleti
T
ERMOLI.Domani si disputerà il II torneo di
calcetto organizzato
dal Centro Diurno
del Csm di Termoli. Il
Torneo rappresenta il
momento conclusivo del progetto “Un
Calcio all’Indifferenza” tra gli atleti del
Centro Diurno “Chesensoha” e quelli
dell’Itc G. Boccardi
di Termoli, che settimanalmente
si
incontrano per gli
allenamenti. Il torneo avrà la forma
di un quadrangolare
interregionale MoliseAbruzzo. Oltre alla
squadra del Csm/Cd
di Termoli, parteciperanno infatti giocatori
delle squadre di calcio a cinque del Liceo
scientifico-classico
F. D’Ovidio di Larino,
dell’Itc G. Boccardi di
Termoli e della Fondazione padre Alberto
Mileno di Vasto. “Il calcio - dice Malinconico,
Direttore del Centro di
Salute Mentale di Termoli - è, senza alcun
dubbio, l’espressione
ludico-socio-relazio-
nale più condivisa
nella nostra cultura
nazionale e regionale.
In nessun altro sport i
nostri pazienti si riconoscono altrettanto e
riescono a partecipare
con la giusta dose di
passione e impegno
agonistico. Attraverso
lo sport di gruppo, poi,
si assiste con naturalezza al risveglio della
corporeità. Il progetto
calcetto del Cd e Csm è
ormai un processo che
va avanti da un decennio, che vede impegnati pazienti, operatori,
psichiatra, alla ricerca
della capacità di
lasciarsi andare al
gioco, mobilizzare
energie al servizio
di creatività, confronto, capacità di
sperimentare
la
vitalità del corpo
e sentire la forza
dell’agonismo”. Gli
operatori e i volontari che accompagnano gli atleti hanno
compreso il forte valore comunicativo e
terapeutico del gioco e
la necessità di tenersi
in bilico tra il lasciarsi
andare, la professionalità e la consapevolezza di un limite interiore, che poi è quello
che dà la misura della
terapeuticità del gioco
stesso.
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Quando la sanità funziona: al San Timoteo Pasquale operato con succes...
http://www.termolionline.it/notizie/quando-la-saniteagrave-funziona-al...
Quando la sanità funziona: al San Timoteo Pasquale
operato con successo a 94 anni
TERMOLI. C’è un’intera famiglia in festa perché la sanità ha funzionato: accade in casa Di Vito dove i
figli Gabriele e Giuseppina, con orgoglio e gratitudine, vogliono raccontare un qualcosa che, per loro, ha
del miracoloso.
A papà Pasquale (due nomi come si usava una volta) alla veneranda età di 94 anni è stata riscontrata la
necessità di dover subire un intervento già di per sé complesso, ma che diventava quasi impossibile data
la sua carta d’identità. Timorosi e pronti al peggio, i due figli, 58 anni lui e 64 lei, hanno voluto affidarsi
allo staff medico dell’ospedale San Timoteo che, guidato dagli specialisti Di Donato e Zappia, avrebbe
svolto un intervento all’apparato urogenitale di elevata complessità.
Diverse ore di intervento, l’ansia al di là del vetro e poi l’uscita del medico con quella frase straordinaria
che tutti vogliono ascoltare: “è andato tutto bene”; un risultato straordinario che ha, di fatto, salvato
l’amato genitore e lustrato il curriculum di due “medici straordinari”.
La gioia di Gabriele e Giuseppina è indescrivibile e lo si percepisce parlando con loro che, spronandoci,
ci invitano a gridare la bella storia in quanto “non bisogna parlare solo di mala sanità”.
“Abbiamo dovuto ricoverare papà il 16 maggio – riporta Gabriele – ed avevamo davvero poche speranze,
eppure la professionalità dei medici del San Timoteo ce lo ha restituito sano e salvo. Da parte nostra i
più sinceri grazie e l’eco dei più grandi complimenti perché il dramma che temevamo di dover affrontare
è sparito all’uscita del medico e poi del nostro papà dalla sala operatoria”.
GP
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