“PILLOLE” da Correggio - Intercomunione delle Famiglie

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“PILLOLE” da Correggio - Intercomunione delle Famiglie
“PILLOLE”
da
Correggio
n. 2 – ottobre, A. D. 2012
Da Antonio Frigieri, con l’ispirazione e collaborazione di Giovanna Santini,
mia sposa in Cristo,
Riccardo e Miriam, frutti del Suo e nostro amore
Saluti e salute a tutti voi, amici, nella Trinità e in Maria.
Nella nostra Intercomunione con questo secondo numero della
rubrica proseguo dopo un debutto preparato in ritagli di tempo
inferiori a quanto mi aspettassi.
Per il primo numero uscito, quello di Giugno scorso, ho ricevuto
lamentele dalla Signora Ortografia, che aveva sempre ringraziato
la genetica per me, da quando avevo compiuto il percorso
dell’istruzione scolastica obbligatoria, perché la facevo ben
figurare. Le ho risposto serenamente che anche chi ha una certa
‘classe’ può sbagliare un rigore e che questa Rubrica mica è una
finale. C’è altro che conta assai di più nella vita! Con ciò, le ho
promesso di rientrare il più possibile anche nei suoi binari.
Ma ora ecco il sommario di questa seconda uscita.
Conferenza pedagogica del Dr. Osvaldo Poli, convento di padri
Cappuccini di San Martino in Rio (RE), 2007 (4 pagg.).
‘Sensi di colpa’, di Vittorio Messori, da “Pensare la storia - una
lettura cattolica dell’avventura umana (la prima raccolta di
‘Vivaio’; “Questo libro è un provvidenziale rimedio ai nostri mali”,
Giacomo card. Biffi)”, 1992 (1 pag.).
Grazie a Dio e ad un suggerimento dei nostri cari Guerriero ho poi
reperito e avviato un lavoro di riassunto e, se necessario, di
adattamento, che conto di cominciare ad esporre in brevi puntate
dal prossimo mese, del libro di Maria Rita Castellani (prefazione di
Carlo Rocchetta) IL DIRITTO DEL BAMBINO ALLA TENEREZZA,
EDB, 2007, 199 pagg..
Antonio
ORDINE FRANCESCANO SECOLARE – fraternità di San Martino in Rio (RE)
Domenica 25 novembre A.D. 2007, h 16,00, presso il convento dei Padri Cappuccini di
San Martino in Rio
DOTT. OSVALDO POLI, Psicologo e Psicoterapeuta
”LE DIFFERENZE DELLO STILE EDUCATIVO DEL
PADRE E DELLA MADRE”
Come riscoprire e rivalutare la sensibilità educativa
maschile - ero presente da solo, senza Giovanna
(rivisitazione da parte mia nella forma, sulla base delle domande e risposte
a fine conferenza e di come ho visto la nostra situazione specifica; le note
sono mie)
Quando si dice “no” ai figli: il diverso peso del “no” della madre e di quello del
padre; come essere “pacificamente” diversi su questo?
In primo luogo, concordando, tanto dialogando, se ci si riesce, come discutendo, anche
animatamente, tra coniugi.
Sempre in assenza dei figli, se non si hanno automatismi di accordo (= accordi non
verbali), dato che i punti dissonanti iniziali non devono essere percepiti dai figli. Per
evitare che diminuisca l’autorevolezza della coppia educante.
Confrontarsi su che cosa? Su quali valori, comportamenti, materie, situazioni dire no,
appunto.
Da genitori essere concordi sulla necessità di porre limiti secondo un pensiero caro a
Cesare Beccarla: “pene - noi diciamo limiti e anche sanzioni se si oltrepassano i primi piccole ma sicure”, cioè costanti. Con spiegazioni (= perché no) solo dai 6 anni in su (prima
i bambini non sono cognitivi, perciò non solo non serve dare loro spiegazioni, ma si può
avere effetto disorientante, allevando insicuri.
Rimane in piedi anche dopo i 6 anni dei figli e finchè non escono da casa per entrare nella
vita adulta, invece, il carattere imperativo delle regole, anche se vanno riducendosene in
certi campi pre-puberi per aumentare poi in qualche altro prima neppure in scena.
Nella coppia sui “no” fondamentali deve esserci sempre concordanza.
Sulla percezione della necessità momentanea, della misura, della costanza delle sanzioni il
discernimento può presentare le più disparate ripartizioni tra i coniugi.
Invece l’essere pacificamente diversi secondo natura richiederebbe, salvo eccezioni o cause
di forza maggiore, di obbedire a questa successione: decisa assieme la sanzione, è poi il
padre, possibilmente (quale figura naturale di maggiore autorità1, se non segue le mode
dell’epoca più moderna), a comunicarla ai figli; infine la madre, anche aspettando il
momento ritenuto più adatto, è naturalmente più idonea ad applicare la sanzione (essendo
figura naturale di amministrazione, se non si defila). Questo perché anche le sculacciate, le
uniche pene corporali a volte necessarie fino alle scuole elementari, richiedono di poter
raggiungere l’unica parte del corpo dove non si danneggino fisicamente e
1
Termine rimpiazzato da autorevolezza facendo credere che corrispondesse ad autoritarismo, per rendere in realtà
debole la figura paterna e da lì l’istituto familiare onde arrivare, in ultima analisi, a colpire a morte anche la Chiesa. E’
l’obbiettivo dell’alleanza tra liberal-massoni e sinistra (non è un caso, riferisce ‘Il Timone’, se Gramsci andò a scuola
dalla massoneria per imparare ad inculturare le masse, essendo la prima limitata alle elités).
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psicologicamente2 i bambini, il sedere appunto. La mano della madre è naturalmente più
morbida per i bambini e per il coraggio che l’educanda deve darsi a sculacciare risulta più
convincente3 del padre, confermandone in sostanza il breve richiamo, per farlo via via
penetrare nella forma mentis, accordo che può esservi secondo automatismi come dopo
confronto in separata sede, si è detto4.
Come padre e madre possono interagire per gestire i “no” dei figli
(dall’infanzia all’adolescenza)?
Esempi di primi limiti/sanzioni educative posti in essere con il primo grande istinto da
imparare a dominare. Si tratta, lo immaginerete, di quello verso il cibo.
Ecco perché, come del resto fece in tempo a lasciar detto Raimondo, i primi 6-8 anni di vita
sono fondamentali per proseguire agevolmente e con buone possibilità di successo
nell’educazione complessiva della persona via via che cresce, si spera non solo
biologicamente.
1) Mangiare solo quello che, ovviamente, non fa male alla salute e, soprattutto, è stato
possibile preparare in cucina, scelto dai genitori.
2) Una volta capite, con un po’ di prassi, le porzioni approssimativamente necessarie,
chiedendo ogni volta conferma di questo ai bambini per lasciar loro un margine di
decisione minimo e contingente (non sono macchine), portarli poi irremovibilmente, con
letizia quando possibile, a non lasciare avanzi5.
Questo va fatto in media per due portate su tre del menu.
L’obbiettivo va conseguito in famiglia con la convinzione di entrambi i genitori e le
maniere di solito, per natura, più spartane, quando necessarie e giustificabili dalla
situazione, del padre6.
Poi, con la robustezza dell’educazione alimentare prima fatta emergere come necessaria,
occorre costruire gradualmente con i bambini che via via si sdoganano nella pubertà il
dominio sui primi movimenti sessuali emergenti. Motivandoglielo via via di più e meglio
già durante le scuole elementari (soprattutto nella seconda metà), dopo le abitudini
alimentari corrette da acquisire nei primi 6 anni di vita di cui si è detto. Dall’età della
scuola primaria è già difficilissimo instillarle. Quando i bambini di oggi saranno
all’ingresso della pubertà, se i genitori in primis sapranno motivare adeguatamente in essi i
comportamenti da seguire anche in materia sessuale si può credere che i ragazzini, con
l’allenamento sostenuto a partire dalla tavola, possano con più forza, se non in esclusiva,
andare controcorrente. Tavola e sesso hanno tanto in comune.
2
Quando non sono percepite come sfogo. Per generazioni, fino agli anni cinquanta del secolo scorso, mi raccontava una
volta Francesco, nostro Assistente spirituale, i maschi normalmente si sfogavano, in campagna (quindi la stragrande
maggioranza di loro), prendendo a calci animali robusti come asini e muli (eravamo bastardi ma onesti!).
3
Anche qui si vede un aspetto, nell’apparente debolezza, di quello che il beato Giovanni Paolo II ha definito
giustamente il ‘genio femminile’. Il bambino vede nella madre una vicinanza alla propria debolezza che lo convince più
che spaventarlo maggiore rispetto a quanto può fare il padre, pur con tutto l’impegno che quest’ultimo può mettere ad
andare a scuola di quanto lo completa e gli è complementare della femmina secondo il progetto naturale autentico.
4
La successione descritta ci è stata esposta varie volte da Raimondo.
5
Stabilita la quantità desiderata, conviene a tal fine servirne subito meno, per verificare l’entità della portata accolta e
sentirsi veramente chiedere quanto dichiarato con un altro passaggio, a volte di più. Così i bambini imparano meglio a
valorizzare il cibo.
6
Anche affiancando i bambini a tavola e ricordando loro che possono perdere, ad esempio, almeno 1 bel cartone
animato oppure una settimana della bevanda preferita o d’altro.
Facendo per imboccarli se non cominciano a mangiare dopo un po’ che gli altri sono partiti. A questo si affiancò, per il
nostro primogenito, a 4 anni compiuti caduto in scarsa appetenza, una sorella di 14 mesi onnivora, vorace e
intraprendente, che gli suscitò un sano, legittimo orgoglio, senza parole di confronto da parte nostra (evitando così
episodi di gelosia conseguenti).
A ciascun genitore di buona e robusta volontà di trovare il grimaldello o il mix funzionante.
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Quali insidie si nascondono dietro l’affermazione del padre e della madre “è
per il tuo bene”?
Per evitare queste insidie, almeno nell’età infantile e adolescenziale futura, cerchiamo di
non agire da filosofi.
Accanto alle fatiche che imponiamo ai figli occorre stare con più continuità possibile
insieme a loro, condividendo i loro giochi, elargendo coccole, raccontando favole, a
rotazione o a scelta loro se non si ingannano o c’è chi prova ad ingannarli, alcune semplici
storie edificanti (come alcune più prodigiose, ad esempio, su Don Bosco), ascoltandoli a
partire dai loro linguaggi, personali ed epocali, naturali e al contempo incontrantisi con
culture e istruzione. L’allenamento all’ascolto da parte dei genitori è fondamentale in vista
dell’età adolescenziale, quando è tendenza se non prassi da parte dei figli di accettare certi
discorsi con i genitori se sono solo loro i primi a proporli7. E’ uno degli accorgimenti cui
ricorrere per arrivare ad aver rotto la dipendenza infantile dai genitori ed approdare alla
vita adulta.
Che dire della sindrome da “padreterno/madreterna”? Perché e come non
assolutizzare le proprie idee e il proprio ruolo?
In primis occorre saper chiedere scusa ai bambini se ci si accorge di aver sbagliato.
Dicendo che anche il papà e la mamma e tutti i grandi sbagliano.
Dopo i 6 anni si può aggiungere che i grandi possono conoscere meglio quali sono gli sbagli
e anche farli meglio. Senza però spiegarli. Si entra nel merito di un nuovo e più grande
sbaglio di quelli fatti dal bambino fino ad un dato momento solo se è lui ad esservi incorso.
Sul fatto che i bambini possono capire e realizzare meglio dei grandi un buon numero di
cose basti pensare al nuoto nei primi mesi post-parto.
La storia di Pollicino mostra da un lato che con un linguaggio ed un’ambientazione
adeguati all’età infantile si può aumentare l’attenzione a certi pericoli, rappresentati
appunto dagli orchi. Dall’altro riconosce che i bambini, quando i genitori sono capaci di
scommettere su di loro una volta impartiti certi rudimenti di prudenza, hanno doti che
neppure i genitori portano più con sé.
Come interagire positivamente, all’interno della coppia, per armonizzare le
diverse percezioni dei problemi educativi e i diversi modi di affrontarli?
Altro flash che conferma un sano approccio pragmatico all’educazione dei bambini.
Concerne l’educazione ad attribuire vero valore, giusto sudore alle cose, in primis ai
giocattoli, poi ai soldi.
Se si è presenti un minimo, giornalmente e almeno un po’ creativi coi figli, non servono
molti giocattoli e sofisticati, evitando così un male.
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Ecco perché un minimo, crescente seppur attentissimo, sereno dialogo sul sesso va avviato dai genitori fin dalla scuola
primaria, quando i bambini, manifestando ancora il bisogno di stimare i genitori, possono essere loro ascoltatori. Si
tratta di porre paletti al linguaggio che via via arriva alle loro orecchie e viene ripetuto dicendo semplicemente: “Il papà
e la mamma parlano così? Non fatelo neanche voi , così non vi sporcate la bocca e, senza volere, anche il cervello”.
Il nostro bambino più grande, di 9 anni, si distingue già da tanti coetanei per la pulizia del linguaggio verbale. Sul piano
dei pensieri, di tendenza ed abituato anche da noi ad aprirsi senza paura di giudizi se porta a casa ‘immondizia’, si rivela
lindo. Mi ha chiesto di recente della circoncisione per aver visto un’immagine di Gesù al suo ottavo giorno dalla nascita
mentre seguivamo un rosario con i misteri gaudiosi.
La sorella di 6 anni ha recentemente corretto la mamma della sua più cara amica, donna che si impegna a vivere meglio
che può, pur ancora lontana dalla fede, i dieci comandamenti per onestissima attrattiva verso la legge naturale, per aver
usato in sua presenza, ai fini igienici della propria figlia, il termine ‘passerina’, dicendo: “non si dice così, si chiama
vulva”. Mia moglie, quando è andata a riprendere nostra figlia, è stata elogiata per il nostro lavoro di genitori.
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Un senso del valore dei soldi che ci sembra di poter aiutare ad attribuire al figlio fin dai
primi anni di età, ben prima della preparazione alla Riconciliazione, riguarda l’accensione
della candela in chiesa che è opportuno insegnare a fare personalmente la domenica.
L’offerta si preleva insieme, dopo averlo spiegato la prima volta, dal salvadanaio personale.
Il bambino poi va abituato fin dall’età della scuola dell’infanzia (materna) a collaborare,
pressoché giornalmente, ad apparecchiare la tavola e a mettere via i giocattoli prima di
andare a letto per la notte.
Pensiamo poi che sia meglio non dare la paghetta quando il bambino sarà più grande, ma
solo qualche regalo qua e là.
Ci sarà il lavoro extra scolastico a fargli gettito, con gestione del guadagno da parte dei
genitori, non autonoma finchè non sarà autonomo su vitto e alloggio.
Potrà, con quanto sudatosi, concedersi un regalo in più, fatto salvo un contributo alle spese
in famiglia e un investimento su un conto vincolato ad uno o ad entrambi i genitori,
secondo come si sono accordati.
Tutto ciò per far crescere insieme soddisfazione e senso di responsabilità in un’età in cui la
cultura dominante spinge a decidere e a lasciar decidere autonomamente rivendicando
solo diritti.
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Vittorio Messori, Pensare la storia - una lettura
cattolica dell’avventura umana (la prima raccolta
di ‘Vivaio’; “Questo libro è un provvidenziale
rimedio ai nostri mali”, Giacomo card. Biffi), 1992,
EDIZIONI PAOLINE
Sensi di colpa (adattato un minimo e abbreviato)
Ci dice Vittorio Messori, mentre è in viaggio, che Léo Moulin, nel 1992 81enne, per mezzo
secolo docente di storia e di sociologia all’università di Bruxelles, forse il maggiore
conoscitore degli Ordini religiosi medievali, è ammirato come pochi dalla sapienza di quei
monaci. Eppure, si è distaccato sì dalle logge massoniche dove ha militato, ma è restato un
laico, un razionalista, di un agnosticismo che confina con l’ateismo.
Moulin raccomanda a Messori di ripetere ai credenti una sua convinzione , maturata in
una vita di studio e di esperienza: “Date retta a me: il capolavoro della propaganda anticristiana è l’essere riusciti a creare nei cristiani, nei cattolici soprattutto, una cattiva
coscienza; a instillargli l’imbarazzo, quando non la vergogna, per la loro storia. A furia di
insistere, dalla Riforma sino ad oggi, ce l’hanno fatta a convincervi di essere i responsabili
di tutti o quasi i mali del mondo. Vi hanno paralizzati nell’autocritica masochistica, per
neutralizzare la critica di ciò che ha preso il vostro posto”.
Femministe, omosessuali, terzomondiali e terzomondismi, pacifisti, esponenti di tutte le
minoranze, contestatori e scontenti di ogni risma, scienziati, umanisti, filosofi, ecologisti,
animalisti, moralisti laici: “Da tutti vi siete lasciati presentare il conto, spesso truccato,
senza quasi discutere. Non c’è problema o errore o sofferenza della storia che non vi siano
stati addebitati. E voi, così spesso ignoranti del vostro passato, avete finito per crederci,
magari per dar loro manforte. Invece io agnostico, ma storico che cerca di essere oggettivo,
vi dico che dovete reagire, in nome della verità. Spesso, infatti, non è vero. E se talvolta del
vero c‘è, è anche vero che, in un bilancio di venti secoli di cristianesimo, le luci prevalgono
di gran lunga sulle ombre. Ma poi: perché non chiedere a vostra volta il conto a chi lo
presenta a voi? Sono stati forse migliori i risultati di ciò che è venuto dopo? Da quali pulpiti
ascoltate, contriti, certe prediche?”. Parla di quel Medioevo che da sempre frequenta come
studioso: “Quella vergognosa menzogna dei “secoli bui”, perché ispirati dalla fede del
Vangelo! Perché, allora, tutto ciò che ci resta di quei tempi è di così fascinosa bellezza e
sapienza? Anche nella storia vale la legge di causa ed effetto…”.
Messori pensa all’hinterland milanese. Qui, come in ogni altra periferia urbana, un Dante
contemporaneo potrebbe ambientare qualche girone del suo inferno. Ovunque, senti l’ira e
l’odio di tutti contro tutti. Il degrado è nei cuori, prima ancora che nell’ambiente.
Finalmente il Nostro raggiunge la mèta, il grande monastero, l’antica casa religiosa. Di
colpo, il mondo cambia. Un grande, secolare cortile, chiuso su tutti i lati da un porticato
che placa l’animo con l’armonia delle arcate. Silenzio, bellezza di affreschi, ritmo di
architetture, frescura di ombre. Al di là del cortile, un vasto giardino, ultima spiaggia sui
cui alberi si è rifugiato quanto sopravvive e vola nella terra desolata tutto attorno.
Nell’accoglienza, poi, dei religiosi senti che è gente che - malgrado tutto – cerca di voler
bene, che crede che amare sia ancora possibile. E i figli e i nipoti degli “illuminati” si
rifugiano anch’essi qui, ora, a rimpiangere quanto è stato perduto. E a rallegrarsi che
qualcosa si sia salvato dalla rabbia dei distruttori. Se è dal frutto che si riconosce l’albero,
c’è forse qualche conseguenza da trarne, anche per seguire l’ammonimento ai credenti di
Moulin, lo storico agnostico: “causa ed effetto…”.
‘Sensi.di.colpa’.di.V.Messori,da.”Pensare.la.storia”,EDIZIONI.PAOLINE,1992 - Pag. 1 di 1