Tra i legni - Istituto per il Credito Sportivo

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Tra i legni - Istituto per il Credito Sportivo
Arriva in libreria
“Tra i legni”
I voli taciturni di Dino Zoff
Prima presentazione alla stampa
mercoledì 12 gennaio
Istituto per il Credito Sportivo
Intervengono:
il Presidente dell’ICS Andrea Cardinaletti, Dino Zoff e l’autore Giuseppe Manfridi.
Arriva in libreria “Tra i legni”, la prima biografia su Dino Zoff, scritta dal drammaturgo e sceneggiatore
Giuseppe Manfridi, e edita da Limina con la partecipazione dell'Istituto per il Credito Sportivo.
“Quando si cerca di esprimere un valore – spiega il presidente dell'ICS Andrea Cardinaletti – basta
trovare un uomo che lo rappresenti e, attraverso il suo esempio, sarà chiaro a tutti. Noi cercavamo di
esprimere il valore che ha per noi lo sport e per questo abbiamo deciso di partecipare alla realizzazione di
questo libro, perché Dino Zoff è lo sport che intendiamo noi”.
Un libro che certo non è un manuale che riporti meramente date e cifre, quanto il racconto dell’incontro
appassionato di uno scrittore con una vita eclatante e semplice in cui la normalità fa da forziere
all’eccezionalità. Il racconto di un uomo e di un ruolo che, a tutti gli effetti, sembrerebbe uno sport a parte.
Il ruolo del portiere.
Come se in qualche modo Zoff avesse scelto un punto di vista che è quello di chi osservi l’evolvere del
mondo dalla feritoia di un mondo a sé. Stando col gruppo, ma in fondo da solo.
Nessuno quindi più di Zoff, con l’altezza del suo magistero tecnico e stilistico, avrebbe potuto essere assunto
a riferimento di un simile percorso narrato dagli anni friulani sino al tetto del mondo passando attraverso sei
maglie: quella della Marianese, dell’Udinese, del Mantova, del Napoli, della Juventus. E della Nazionale.
Ma rimanendo sempre se stesso con lo stile assieme timido e fiero che lo ha sempre caratterizzato.
“Io sono un animale che dove va sta bene. – racconta Zoff nel libro - Riesco a trovare il meglio di tutti i
posti dove mi trovo senza che questo significhi alcuna rinuncia a me stesso. Fammi abitare dove ti pare,
sono sempre io. Se non per gioco, ad esempio, non mi è mai capitato di assumere cadenze e dialetti altrui. A
molti succede, a me mai”.
Insomma, un emozionante excursus di una carriera sportiva e di una esperienza umana straordinaria, riletti
passo a passo dall’autore, assieme al portiere italiano più grande di tutti i tempi. Aneddoti e confessioni mai
pubblicate prima. Una storia sportiva che è di per sé la metafora di ciò che di più bello ed emozionante può
esprimere il calcio.
Già, perché Dino Zoff, vincente da subito e per sempre, al culmine di trofei innumerevoli, il suo capolavoro
sportivo lo realizzò quarantenne, in Spagna, conducendo da capitano la Nazionale azzurra alla conquista
della sua terza Coppa del Mondo. Forse la più clamorosa e amata. Quattro anni prima sempre lui, in
Argentina, aveva dovuto reagire alle critiche di chi lo volle giubilare come troppo anziano, e se in quel
tempo Zoff avesse abbandonato il calcio giocato si sarebbero comunque levate odi a una carriera luminosa.
Così non fu, e quel che accadde in seguito si iscrive, sia pure nella straordinaria estensione di un quadriennio,
nel novero delle più grandi imprese agonistiche di ogni epoca, al pari del record nei 200 di Mennea e del
mitico secondo gol di Maradona agli inglesi nell’86. Una vittoria incredibile, ottenuta davvero contro tutti,
soprattutto la stampa dell’epoca.
“Come scendevamo in campo per allenarci, cominciavano a insultarci. – ricorda Zoff nel libro - Un
continuo. Ma quello che toccava a noi era il meno. Il finimondo si scatenava quando dagli spogliatoi
compariva lui (Bearzot ndr.).
E nel creare questo clima di tensione asfissiante, i giornalisti ci avevano messo molto del loro. La goccia
che scava il marmo. Giorno dopo giorno. Giorno dopo giorno. Scendendo anche a livelli di deontologia
professionale inaccettabili(…) Ma la vera forza è stata quella di avere un condottiero. Bearzot era un
condottiero. Forza morale, carisma, coraggio, onestà intellettuale, aveva tutto. Sempre in prima fila. Si
mostrava ai detrattori e proclamava: “Sono qui. Che altro volete? Qualcosa non va? Avanti, eccomi!”,
mentre a noi infondeva solo convinzioni. Basti pensare al lavoro che ha fatto con Paolo Rossi. È stato
meraviglioso. Ha restaurato sia l’uomo che il calciatore. Ma perché si fidava di lui. Sia come uomo che
come calciatore. Ma pure con me. I miei quarant’anni suonati stavano lì, sotto gli occhi di tutti. Una bella
tentazione. Già in Argentina mi dicevano: trentasei anni, è vecchio, e mi avevano massacrato per quei due
gol con l’Olanda, figurarsi cosa avrebbe potuto succedere adesso! In fondo, in panchina c’era Bordon, che
era in gamba. Per Bearzot sarebbe stato quasi più comodo affidarsi a lui. Almeno gli interisti si sarebbero
un po’ calmati. L’esclusione di Beccalossi li aveva davvero inviperiti. Ma a parte la sua linea di difesa
costante, lui ci faceva capire quali fossero i ruoli, e che il rispetto dei ruoli crea il gruppo. La parola
cruciale è sempre questa. Gruppo. La Coppa l’ho alzata per primo io, mi toccava, ero il capitano, ma poi
l’hanno alzata tutti. Secondo i ruoli”.
Sorpresi da tanta loquela, quasi torrentizia?
L’autore
Giuseppe Manfridi, drammaturgo e romanziere, ha molte volte dedicato la sua attenzione al mondo del
calcio: Ultrà testo teatrale e poi film con la regia di Ricky Tognazzi, vincitore dell'Orso d'oro a Berlino,
Teppisti!, La partitella, La riserva. Per Limina ha scritto Epopea Ultrà (2009), premiato al Bancarella Sport.
Per ulteriori informazioni e richieste copia saggio per recensione: Leonardo Pancioni [email protected] -­‐ Tel. & Fax 0575 – 333010 consultate il sito web www.liminaedizioni.it o visitate il profilo Facebook di Limina.