L‛arte è… - retescuole 14-15

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L‛arte è… - retescuole 14-15
L’arte “diversa”: Tre mostre al MACRO
L‛arte è…
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L’arte “diversa”: Tre mostre al MACRO
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L’arte “diversa”: Tre mostre al MACRO
Tre mostre “strane”, questa è stata la mia prima impressione: più che
essere ad una mostra ho pensato di essere in un parco giochi, con quel
camion piegato, quella casa tondeggiante e quelle opere senza cornice.
All‛inizio è stato un po‛ difficile guardare e capire le opere di Gianni Dessì, la cui interpretazione è molto personale, visto che non si
tratta di opere “normali”: ognuno ci può vedere qualcosa di diverso.
Per quanto riguarda le sensazioni me ne ha date molte di più la mostra
di Elrich, forse perché le sue opere sono scene tratte dalla vita di tutti i giorni, solo che, all‛ultimo, c‛è sempre la sorpresa come nell‛opera
“Luci al buio”. Ad ognuno di noi è capitato di stare in una stanza buia e
di andare verso la luce, in questo caso una luce che si vede nella fessura della porta, sopra il pavimento; e prima di aprire quella porta hai
un pensiero di libertà… e invece ti ritrovi al buio, in un‛altra stanza
uguale a quella da cui sei uscito: è molto strana come sensazione.
L‛opera che mi è piaciuta di più, tra tutte, è comunque “Staircase”
(“Scale che non salgono”) forse per la sensazione di “vuoto” che dà.
Tre mostre strane perché diverse da quelle solite e questo
vuol dire che non tutto quello che è diverso è brutto. (alaintop)
Quella del 12 aprile è stata un‛uscita bella e divertente.
Accompagnati da una simpaticissima guida siamo entrati, passo passo, a visitare le tre mostre del Macro, e abbiamo seguito le spiegazioni senza mai distrarci o per lo meno molto attenti alla descrizione di ogni opera. E proprio per questo la visita mi è piaciuta
in modo particolare: perché noi stavamo attenti ma anche per il
modo con cui si commentavano le opere, in modo scherzoso ma anche
molto serio, e con la continua richiesta della nostra partecipazione.
Le opere erano molto strane, a volte incomprensibili a prima vista, come il camion, all‛entrata, parcheggiato con
la parte posteriore piegata e appoggiata al muro: mi ha molto colpito quest‛opera e l‛ho fotografata con il mio telefonino.
La visita non è stata molto lunga dato che ogni volta che stiamo attenti
e non pensiamo a cose del tipo: “ma quanto manca”, “che ore sono” e
cose del genere, il tempo passa e neanche te ne rendi conto. E‛ proprio questo che ci ha presi alla sprovvista, il tempo, e quando siamo
usciti non ci credevamo che fosse già ora di andare a casa. (daniele)
L’arte “diversa”: Tre mostre al MACRO
Visitando le mostre del Macro, dopo aver visitato quasi sempre mostre “classiche”, ho avvertito una strana sensazione.
Le opere esposte uscivano fuori dagli schemi in cui sono abituato a pensare ad un‛opera artistica, cioè un quadro con la
cornice, con i contorni ben definiti e con forme e figure che
subito si capiscano e si riconoscano. Prendiamo ad esempio
l‛occhio, un elemento che ricorre nelle opere di Gianni Dessì:
prima di vederlo come tale bisogna soffermarsi, cercando di
sforzarsi il più possibile per mettere in risalto i particolari e questo per chi non è abituato è abbastanza difficile. Ma dopo essersi abituati in qualche modo a questo vero e proprio mondo
nuovo, si riescono a capire, anche grazie all‛aiuto della guida,
i particolari e i criteri con cui l‛artista realizza la sua opera.
Prima di questa visita non avrei mai pensato che un‛opera
d‛arte potesse essere costituita da porte che si aprono e che (al contrario di quello che si pensa per la luce che
vi si vede filtrare sotto e che sembra provenire da un posto luminoso, all‛aperto) portano in un‛altra stanza, uguale,
al buio, con un‛altra porta… una strana sensazione: come se
sapessi dove mi trovavo ma subito dopo mi sentissi perso.
La visita mi è piaciuta perché tutto per me era nuovo; molte opere erano anche divertenti perché con alcune si
poteva interagire come con “Staircase”, “Le scale che
non salgono, messe in orizzontale che, almeno per quanto mi riguarda, mi davano l‛impressione di cadere nel vuoto.
Alla fine della visita ero contento di aver capito che l‛arte non
è solo quella classica ma può essere fatta di tantissime cose e
particolari diversi che la rendono ogni volta unica. (spizzic7)
L’arte “diversa”: Tre mostre al MACRO
Un po‛ di tempo fa, con la mia classe, sono andato al Museo
d‛arte contemporanea di Roma che si trova nei locali della ex
fabbrica della Birra Peroni. Abbiamo visto tre mostre, molto “strane”. Quella che mi ha colpito particolarmente è stata
quella di Gianni Dessì. Lui, come dicono in tanti, ama realizzare
le sue opere in maniera a dir poco insolita e fantasiosa. Dessì
dipinge di solito sui muri, perché non ama vedere i suoi quadri
chiusi dentro una cornice. Gli piace uscire fuori dai limiti, come
se le sue opere fossero di grandezza infinita. Oltre a non usare
le cornice, riempie i suoi quadri di oggetti strani, oggetti che a
volte usiamo quotidianamente e che sono attaccati al “quadro”,
un esempio per tutti: dei rotoli di nastro isolante nero. Anch‛io
sono tra quelli che pensano che i quadri e le opere di Dessì
siano molto strani, ma penso anche che nella loro stranezza
siano pieni di significato. Penso che se questi quadri non venissero spiegati da una guida esperta si farebbe fatica, almeno
per me, a capirli. Ma nello stesso tempo credo che queste opere
si possano commentare e interpretare in modo diverso, da persona a persona, perché tutti ragioniamo, con la nostra testa,
abbiamo idee diverse, sensibilità diverse e quindi attribuiamo
a ciò che vediamo significati diversi. Personalmente credo che
Dessì con le sue opere ci voglia trasmettere qualcosa di sé;
in qualche modo ci vuole parlare di sé attraverso la sua arte.
Non è un artista che dipinge un paesaggio che per quanto è
bello può sembrare “vero”, è un artista che in maniera diversa,
fuori dal comune, ci trasmette dei significati, importanti. Se
il suo modo di lavorare non viene capito è difficile che possa
piacere. Noi l‛arte contemporanea tendiamo a snobbarla: va di
moda l‛dea che tutto quello che si faceva in passato, scrivere,
dipingere, comporre, suonare, cantare, fosse meglio di tutto
quello che si fa adesso. A me se una cosa piace, piace perché
è una cosa che fa parte di me e non penso, e non me ne importa nulla, se è di adesso o è una cosa del passato. (thedoctor)