lapo e il suo pianoforte

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lapo e il suo pianoforte
Edizione 2006
Racconto libero
1° classificato:
LAPO E IL SUO PIANOFORTE
di Azzurra Pergola (4B erica)
Lapo aveva delle mani bellissime.
È raro trovare in un ragazzo delle mani così curate, mani che per lui
costituivano lo scrigno del suo tesoro. Un tesoro che nessuno riusciva a
comprendere, nemmeno i suoi amici.
Lapo era un ragazzo di diciotto anni a cui dicevano sempre di dimostrarne
molti meno.
I suoi capelli biondo cenere erano sempre spettinati. Odiava il gel.
Aveva un sorriso bellissimo, ma erano pochi quelli che avevano avuto la
fortuna di apprezzarlo. Abitava a Puliciano, un piccolo paese in provincia di
Arezzo.
In quel paesino si conoscevano tutti, e tutti conoscevano Sergio.
Sergio e i suoi occhi azzurri. Non c’era ragazza che non avesse desiderato
almeno una volta le sue attenzioni. Ma anche i ragazzi parlavano di lui.
Entrare nel gruppo di Sergio. Sergio al centro del mondo. Sergio, Sergio e
ancora Sergio. E Lapo, come gli altri, desiderava entrare a far parte di quel
gruppo. Ma sapeva che non sarebbe successo. Non sarebbe mai diventato
amico di Sergio. Ricordava ancora le sue parole:
“Diventare mio amico, dici?! Ma certo, e magari qualche volta vengo a
chiederti qualche ripetizione di pianoforte!”
La risata fu automatica. Ridevano a tutto quello che diceva. Così Lapo se ne
andò, senza dire niente, trattenendo le lacrime.
Odiava piangere, ma per lui riuscire a evitarlo era una lotta che non era mai
stato in grado di vincere. E a ogni lacrima sentiva risuonare nella mente le
parole di un padre che non capiva:
“Ma cosa piangi? Non vedi quanto fai pena?! Sei un uomo, non te lo
dimenticare.”
E con queste parole strazianti nella mente, arrivò a casa.
Entrò in camera e gettò con violenza il cappotto sulla scrivania facendo
cadere la foto di lui da bambino. Si portò le maniche della camicia appena
sopra il gomito come di consueto e si abbandonò tra le note de “La Marcia
Turca” di Mozart.
Suonava sempre quel brano quando era nervoso.
Appena i polpastrelli sfioravano i tasti di quella Sauter color nero cromo,
riusciva a percepire il nervosismo defluire dalle dita, per consumarsi insieme
alle note della sinfonia.
Fu sua madre a insegnargli a suonare, ma Lapo era ancora troppo piccolo
per apprezzare ciò che lei desiderasse trasmettergli.
Quando Lapo andava con suo padre ai concerti della madre non riusciva a
capire perché per lei fosse così importante suonare.
Suo padre gli diceva sempre:
“E’ solo un lavoro, Lapo. Un modo per guadagnare, come tanti altri!”
Ma Lapo sapeva che non era così e solo quando sua madre morì capì che
per lei non era un lavoro, era la vita.
E adesso anche per Lapo, il piano era diventato la vita.
Sfiorava i tasti, e appena le note gli giungevano alle orecchie un brivido gli
passava lungo la schiena. In quell’istante perdeva il controllo delle dita, che
si muovevano come se danzassero al ritmo della musica.
Il pianoforte era l’unico amico fidato, l’unico che lo comprendeva e che
non lo avrebbe mai tradito. Così trascorreva le sue giornate Lapo.
Tornava da scuola, terminava i compiti e suonava.
Ma un giorno un inaspettato avvenimento scosse la routine delle sue
giornate.
Erano poco più delle 14 e Lapo stava camminando verso casa, con la testa
bassa e le mani in tasca,come sempre.
“Ciao”. Era Asia.
Una sua compagna di classe. Ma non una compagna qualunque.
Lei era bellissima. Aveva i capelli neri e lisci.
Li teneva sempre legati in una coda alta che le valorizzava lo sguardo.
Quello sguardo faceva impazzire tutti. Anche Lapo. Ma Asia era solo un
sogno proibito, irraggiungibile. Asia era la ragazza di Sergio.
“Ciao, Asia.” Non disse altro. Voleva che fosse lei ad aprire il discorso.
“Senti, oggi sei occupato?” Lapo si fermò un istante e la guardò.
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Non capiva. Perchè una ragazza come lei si sarebbe dovuta interessare a
lui?!
Esitò ancora un attimo e le rispose nel piu’ naturale dei modi:
“Non lo so… no…non sono occupato! Perché?”
“Beh, hai presente l’ultimo argomento di storia?! Non l’ho proprio capito e
così pensavo che tu mi avresti potuto dare una mano!”
Lapo sospirò e riprese a camminare. Era stato uno stupido a pensare che lei
si fosse interessata realmente.
“Va bene.” Rispose. “Ma dove ci ritroviamo?”
Asia accese una sigaretta: “Potremo fare a casa tua verso le tre e mezzo! che
ne pensi?”
“A casa mia?!” Non riuscì a nascondere l’imbarazzo.“Sì, si può fare!”
Abbassò lo sguardo.
“Ok, stupendo. Allora a più tardi.”
“A più tardi.”
Ma Asia era già lontana quando Lapo le rispose.
Quando arrivò a casa trovò sul tavolo un biglietto del padre:
“Il pranzo è nel forno.”
Ma Lapo non aveva fame. Tra poco più di un’ora Asia sarebbe stata lì e
non riusciva a pensare ad altro. Si precipitò in camera e solo in quell’istante
si rese conto di quanto fosse in disordine. Così iniziò a sistemare gli
indumenti sul letto e sulla sedia, mise nel cesto dei panni sporchi i calzini
usati e spazzò per terra.
Suonò il campanello. Erano le 15:50. Lapo respirò profondamente e si
diresse verso la porta. Prima di aprire diede un’occhiata allo specchio e si
sistemò i capelli. Poi aprì.
“Scusa il ritardo.” disse Asia sorridendo.
Lapo la osservò per un attimo. Indossava le stesse cose della mattina ma a
lui sembrava ancora più bella.
“Non ti preoccupare. Entra.” Le fece strada fino al salotto e poi la invitò a
sedere di fronte a un grande tavolo al centro della stanza.
“Hai una bella casa!” disse Asia.
“Grazie! Ti va bene se stiamo qua?” Lapo tentò di deviare il discorso.
“Benissimo. Iniziamo… ah, ti disturba se fumo?”
“No, no, non ti preoccupare!” Mentiva. In realtà detestava quando suo
padre fumava in casa, ma lei non era suo padre.
Le ore passavano e Lapo parlava di guerre, sconfitte e vittorie. Poi il
cellulare di Asia squillò.
“Pronto… ciao, amore, sono da Lisa a studiare storia… adesso?...
d’accordo, arrivo!”
Lapo capì subito di chi si trattava. Era Sergio.
“Lapo, scusa, ma devo scappare! Ti va bene se continuiamo domani alla
stessa ora?”
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Voleva risponderle di no per rabbia, ma poi non ne ebbe il coraggio e
accettò.
La mattina seguente, in classe, Lapo cercò più volte lo sguardo di Asia, ma
lei si comportò come aveva sempre fatto. Lo ignorò. Così cominciò a
pensare di essersi immaginato tutto. Ma era la realtà e lui sapeva di essere
stato soltanto usato.
Quel pomeriggio il campanello suonò puntualmente. Asia e Lapo si
sedettero nello stesso tavolo del giorno precedente.
“Scusa se oggi non ti ho parlato a scuola. Ma avevo troppi pensieri per la
testa! Non ti ho nemmeno ringraziato per ieri!” disse Asia mentre si
accendeva la solita sigaretta.
“Non ti preoccupare.” Lapo non aveva voglia di parlarne e così si alzò
cercando una scusa per chiudere il discorso.
“Vado in camera a prendere il libro.”
E senza aspettare una risposta si diresse verso la sua stanza.
Entrò in camera e si appoggiò al pianoforte. Chiuse gli occhi e respirò
profondamente.
“E’ questo il tuo pianoforte?” Asia lo aveva seguito e adesso era lì, di fronte
a lui.
Lapo aprì subito gli occhi e facendo finta di cercare qualcosa le rispose:
”Sì.”
“Non credo che sia stupido.” continuò Asia.
“Cosa?”
“Il fatto che suoni il pianoforte! Credo sia una cosa bellissima. Anche a
me piacerebbe saperlo suonare!”
“Il tuo ragazzo non la pensa come te.” Adesso Lapo era nervoso.
“Lascia stare Sergio. È solo uno stupido!”
“Perché dici così? C’è qualcosa che non va?” Fece finta di interessarsi, ma
in realtà sperava che avessero litigato.
“Ci siamo lasciati ieri, quando sono venuta via da casa tua!”
“Mi dispiace!” Mentiva. In quel momento sarebbe voluto scoppiare a
ridere.
“Non ti preoccupare. Senti, mi suoneresti qualcosa?”
Lapo fece un cenno di approvazione con la testa. Poi si sedette al
pianoforte e Asia si mise accanto a lui. Iniziò a suonare le prime note di
“Sorry seems to be the hardest word” di Elton John.
Asia lo guardava e sorrideva. Dopo qualche minuto Lapo si fermò e la
guardò.
”Che ne pensi? Ti piace?” le chiese.
“Sei bravissimo. Posso provare anche io?”
“Sei capace?”
“No, ma potresti insegnarmi!”
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Si guardarono un istante e Lapo cominciò a spiegarle la posizione delle note
e le insegnò a leggere lo spartito. Asia tentò di suonare qualche nota.
“No, non così. Più dolcemente. Devi lasciarti trascinare dalla musica.” disse
Lapo.
Asia scoppiò a ridere. “Sono una frana, vero?!”
“E’ normale. È solo la prima volta. Chiudi gli occhi e appoggia le tue mani
sulle mie…”
Asia lo guardò, poi chiuse gli occhi e si lasciò trascinare.
Non erano mai stati così vicini. Lapo sentiva il calore di Asia.
La guardava di nascosto mentre sorrideva ad occhi chiusi. Poi smise di
suonare e le domandò:
“Adesso hai capito come devi fare?!”
Lei aprì gli occhi, non disse niente. Lo guardò e basta. Adesso a Lapo
sembrava di non aver mai visto quegli occhi. Erano diversi dal solito.
Brillavano di una luce che non aveva mai notato. Il suo corpo reagì d’istinto
e senza rendersene conto la baciò.
“Scusa.” le disse subito dopo. “Non so cosa mi sia preso!”
Lei non rispose. Si avvicinò a lui e lo baciò nuovamente. Furono gli attimi
più lunghi della vita di Lapo. Adesso non esisteva altro. Solo loro. Rimasero
a lungo seduti al pianoforte. Parlarono e si baciarono ancora. Erano ormai
le sette di sera e Asia doveva andarsene.
“Devo andare adesso!”
“Ok.”
“Sono stata bene.”
“Anche io.” Lapo era confuso.
Non si dissero nient’altro. Asia prese le sue cose e uscì. Quella notte Lapo
non dormì molto. Fece strani sogni e si svegliò spesso.
La mattina seguente la stanchezza prese il sopravvento e così decise di non
andare a scuola. Dormì a lungo e quando si svegliò erano poco più dell’una.
Si alzò, scese in cucina e mangiò qualcosa.
Lapo continuava a pensare ad Asia e a tutto quello che era successo in
quegli ultimi giorni. Era pieno di dubbi e incertezze. E ora? Nascerà
qualcosa tra noi? O tornerà tutto come prima? La sua testa era piena di
punti interrogativi.
Suonò il campanello. Era Asia. Ne era certo!
Si precipitò alla porta e aprì senza la minima esitazione.
Ma non era Asia e non gli fu difficile capire chi era quando si ritrovò per
terra con l’occhio malconcio e il naso sanguinante.
“Ti uccido, stupido pianista!”
Sergio aveva scoperto cos’era successo tra lui ed Asia.
“Allora, non lo sai che Asia è la mia ragazza?!”
Non rispose. Non ne aveva le forze.
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“Non rispondi? Che ti succede, eh?!” Sergio continuava a urlare e a
gesticolare freneticamente davanti a lui.
“Stai lontano da lei!” gli urlò spintonandolo indietro.
Lapo inciampò e cadde a terra.
Sergio gli tirò un calcio sul fianco e uscì di casa sbattendo la porta. Lapo
rimase a terra ancora un po’, sentiva il sangue sulle labbra. Ma non provava
nessun dolore. Trovò le forze per alzarsi e si diresse verso il bagno. Dopo
essersi sciacquato il viso si guardò allo specchio e notò come un enorme
livido gli circondasse l’occhio sinistro, mentre il naso aveva già smesso di
sanguinare. Provava una strana sensazione di piacere. Lo divertiva
immaginare quei lividi come ferite di battaglia. Il feroce duello tra
l’inesperto Lapo e il potentissimo Sergio per la conquista dell’amore della
dolcissima Asia. E il vincitore era proprio lui. Lapo.
Con questi strani pensieri nella mente si diresse verso la camera, si
abbandonò sul letto e cadde in un sonno profondo. Squillò il telefono.
Lapo impiegò qualche secondo a capire che non stava sognando, aprì gli
occhi e allungò il braccio verso il comodino per raggiungere il cordless.
“Pronto…ciao, papà!” Era il padre di Lapo.
Telefonava per avvertire che sarebbe tornato tardi.
“Non ti preoccupare, ordinerò una pizza… ok, ciao!” Riattaccò il telefono
e guardò l’orologio.
Erano le 18:00. Adesso gli faceva male la schiena. Probabilmente per il
calcio di Sergio. Si alzò dal letto e decise di farsi una doccia. L’acqua lo
rilassava. Riprese a pensare ad Asia e fu assalito dalla voglia di chiamarla.
Uscì, prese un asciugamano e se lo avvolse attorno alla vita senza asciugarsi.
Corse in camera lasciando le impronte dei piedi bagnati lungo il corridoio.
Prese il cordless e si mise seduto sul letto. Fissò la tastiera ma non arrivò a
comporre il numero di Asia. Posò il telefono e avvicinandosi al pianoforte
si sedette e iniziò a suonare. Suonò con passione, lasciando scivolare via
tutte le preoccupazioni dalle dita. Per qualche minuto smise di pensare ad
Asia.
Quando suonava, nella mente balenavano solo le note che componeva, il
resto del mondo cadeva in un totale black-out. Ma fu presto costretto ad
abbandonare il suo mondo fantastico. Il telefono stava suonando.
“Pronto…”
“Possiamo vederci?” Era lei, Asia. Lapo era felice di sentirla…
“Quando?” Non voleva farle capire che moriva dalla voglia di vederla.
“Per me va bene anche adesso!”
“Ok, a tra poco!”
“A tra poco”
Lapo gettò il telefono sul letto e urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Asia voleva rivederlo. Probabilmente voleva dirgli che aveva
definitivamente lasciato Sergio e che si era accorta che provava realmente
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qualcosa nei suoi confronti. Lapo per la prima volta si sentì al centro del
mondo, invincibile. La più bella ragazza del paese si era innamorata di lui.
Aprì l’armadio e indossò i vestiti più nuovi che avesse. Poi corse in camera
del padre e si spruzzò il suo Giorgio Armani. Andò verso la porta e attese.
Si guardò allo specchio. Si trovava alquanto irresistibile.
I minuti passavano. L’orologio scandiva ogni secondo con estrema
lentezza.
Finalmente il campanello suonò. Lapo aprì la porta.
“Oh, mio Dio… cosa ti ha fatto?!” disse Asia sfiorando con due dita il
livido nell’occhio sinistro di Lapo.
“Non ti preoccupare. Non fa male!” Mentiva.
“Mi dispiace tantissimo, Lapo. Tutto questo non sarebbe dovuto succedere.
È tutta colpa mia… sono stata io a metterti in questa…” Lapo la fermò e la
baciò.
“No, Lapo” Asia lo respinse.
“E’ di questo che sono venuta a parlarti.” A Lapo non piaceva questo tono
di voce.
Perché l’aveva respinto?
“Perché fai così? Sergio prima o poi capirà e accetterà che noi…”
“Non ci sarà mai un noi, Lapo!”
Lapo sentì un brivido invadere tutto il suo corpo. Non riuscì a dire
nemmeno una parola.
“Senti, non è colpa tua. Ieri ero triste perché mi ero appena lasciata con
Sergio e ho cercato consolazione tra le tue braccia.”
“Non è stato un errore! Ho sentito nascere qualcosa dentro di me e
pensavo che anche per te fosse stato lo stesso.” Lapo tentò di avvicinarsi,
ma lei indietreggiò.
“Ci siamo rimessi insieme, questa mattina.” Asia teneva gli occhi bassi.
Lapo si sentì improvvisamente stupido e ridicolo.
“Insieme?! Forse hai ragione, è stata solo la passione di un attimo.”
“Mi dispiace.” Asia aveva gli occhi lucidi.
“Sono felice che tu abbia risolto con Sergio”
Le aprì la porta. Asia lo guardò e poi uscì, senza dire niente.
Lapo tornò in camera, si mise a sedere al pianoforte e iniziò a suonare.
“La Marcia Turca” di Mozart.
Quella che suonava ogni volta che era nervoso.
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