osservazioni di un progettista

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osservazioni di un progettista
EVOLUZIONE
TECNOLOGICA:
OSSERVAZIONI
DI UN PROGETTISTA
Pensieri e parole del prof. Paolo Cori raccolti da Angelo Colombo
[email protected]
Abbiamo spesso occasione di raccogliere impressioni di designer, progettisti e
ingegneri, dai quali impariamo sempre qualcosa. In questa occasione vogliamo
mostrarvi il risultato di una ricerca nel settore dei superyacht, svolta da un noto
progettista italiano, Paolo Cori, precursore delle teorie sul dislocamento leggero
e uno dei maggiori esperti al mondo in questo ambito, specie nella progettazione di barche a vela, con il quale abbiamo avuto modo di dialogare spesso
negli ultimi tempi proprio parlando di barche leggere e pesanti. Il discorso che
stiamo per proporvi è stato di recente illustrato dallo stesso prof. Cori durante
una conferenza che ha preso vita durante
la manifestazione Alumotive, con una presentazione dal titolo “Esperienze nell’impiego di nuovi materiali e tecnologie nella
progettazione di yacht”. La ricerca si basa
su un’analisi tra i dati, caratteristiche e
prestazioni riportate nelle schede ufficiali
dei cantieri di tutto il mondo per superyacht a vela e motore da 24 a 90 metri di
lunghezza fuori tutto.
D’ora in poi vi proponiamo direttamente
il testo di Paolo Cori utilizzato nel corso
della conferenza e del suo commento
rilasciato in seguito a noi nel corso di un
lungo e piacevole scambio di idee.
Tutto il ragionamento di Cori parte da un
presupposto: “Il peso serve solo per gli
schiacciasassi”. La maggioranza delle realizzazioni di superyacht è ancora basata,
erroneamente secondo Cori, sull’anti-
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quata equazione peso = robustezza dovuta a superate costruzioni in acciaio.
Da tempo esistono materiali compositi caratterizzati da un’elevata resistenza
meccanica e da un’estrema leggerezza. Questi materiali e tecnologie sono
utilizzati con successo in diversi campi tra i quali l’aerospaziale, l’aeronautico,
l’automobilistico e l’edilizio.
Nel segmento dei superyacht a vela, perché spinta dal mondo delle regate,
l’evoluzione tecnologica legata all’utilizzo di nuovi materiali e relative tecnologie
costruttive, è avviata già da tempo.
Al contrario, nel mondo dei superyacht a motore, che rappresenta l’80% della
produzione, la cantieristica si mostra, secondo Cori, inspiegabilmente molto
conservativa, con realizzazioni di scafi superate basate su strutture in acciaio e
sovrastrutture in alluminio, e limitato utilizzo dei compositi, relegati a “carbon
look” come finiture di arredi.
Lo scafo di un superyacht costruito in alluminio, a parità di robustezza, pesa mediamente la metà di uno in acciaio. Un chilogrammo di ottimo composito ha una
resistenza doppia di un chilogrammo di allumino e uno scafo di un superyacht
costruito in composito pesa mediamente il 33% in meno di uno in alluminio.
“Quando parlo di composito intendo composito avanzato, cioè a sandwich, con
largo uso di fili di carbonio, resine epossidiche, con tecnica del vuoto, e catalisi
a temperatura e tempo controllati - afferma Cori.
Il risparmio di peso sul dislocamento finale, per realizzazioni in composito, rispetto all’acciaio e sovrastrutture in leghe leggere, si aggira intorno al
35%-50%, a seconda della lunghezza fuori tutto.
Un superyacht a motore di 46 metri di lunghezza f.t., ad esempio, realizzato
con scafo in acciaio e sovrastrutture in leghe leggere, supporti per gli arredi e
arredi in leghe leggere e legno, ha un dislocamento finale senza carburante e
liquidi di 440 tonnellate (vedi grafico curva Motor-Yacht Steel/Alloy). Se realiz-
CRN GiVi, 60 metri
di lunghezza f.t., relizzato
in acciaio e alluminio
ha un dislocamento
a pieno carico
di 950 tonnellate.
In basso a sinistra
il grafico del rapporto
dislocamento-lunghezza f.t.
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Evoluzione tecnologica:
osservazioni di un progettista
E-Motion, realizzato
in leghe leggere
dal cantiere australiano
NWBS, yacht di 62 metri
di lunghezza f.t.,
disloca 125 tonnellate.
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zato interamente in lega leggera il dislocamento finale si aggirerebbe attorno
alle 310 tonnellate (vedi grafico curva Motor-Yacht Full Alloy) mentre se realizzato interamente in composito (compresi i supporti per gli arredi) scenderebbe
tranquillamente sotto le 230 tonnellate e con un costo di produzione accettabilissimo, circa il 10-12% superiore a uno scafo in acciaio e lega leggera o lega
leggera. Infine, la manutenzione degli scafi in composito è più semplice anche
perché non c’è corrosione. I problemi dei compositi che si riscontravano in
passato oggi sono completamente risolti e non a caso anche la Boeing utilizza
fibre di carbonio e compositi per realizzare velivoli commerciali.
Tutto ciò, perché sia realmente efficace, richiede un lavoro di progettazione
strutturale molto più evoluto, così come evolute devono essere necessariamente tecnologie e strutture impiegate per la costruzione.
Il ragionamento di Cori prosegue così: in uno yacht il minor peso, il minor
dislocamento totale porta a un minor volume immerso, quindi, a un minor
freno all’avanzamento in navigazione a vantaggio di migliori prestazioni raggiungibili con minore superficie velica o motorizzazione, migliore efficienza, miglior
comfort in navigazione. C’è poi risparmio sui tempi di realizzazione, riduzione
dei costi di esercizio e, soprattutto per i motoryacht, aumento sostanziale del
range di autonomia.
L’evoluzione dei megayacht, soprattutto a motore, è più verticale che longitudinale, per l’esigenza sempre più diffusa di dominare lo spazio dall’alto. Si
aggiungono sempre più ponti che, anche se costruiti in lega leggera, innalzano
comunque il centro di gravità verticale totale dello yacht con un’inevitabile
peggioramento della distribuzione delle masse, un conseguente peggioramento
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della stabilità trasversale e longitudinale, soprattutto
in navigazione, innescando beccheggi e rollii nocivi
per la marinità e il comfort. Molti tentano di risolvere
questi problemi installando sistemi di stabilizzazione
attiva, tramite appendici esterne alla carena e/o giroscopi e casse interne, ma in realtà questi ausili non
gestiscono e non risolvono completamente il problema. Un superyacht moderno deve, invece, essere
in grado di assicurare il massimo comfort di bordo
anche navigando con mare formato, con qualsiasi
condizione deve garantire sempre un’elevata manovrabilità, prestazioni adeguate e costi di esercizio
ragionevoli. Una delle soluzioni progettuali che soddisfa tutti questi requisiti di base è il multiscafo, realizzato in composito, dove lo scafo principale lungo e
snello, è caratterizzato da una bassissima resistenza
all’avanzamento e da un elevato coefficiente prismatico, oltre che da una più equilibrata distribuzione
dei volumi al momento del passaggio sull’onda con
mare formato. Gli scafi laterali, più corti, necessari
per rendere stabile lo stretto e lungo scafo centrale,
assicurano che l’azione di rollio dello yacht possa
essere gestita al meglio tramite forme e volumi
propri. I vantaggi del multiscafo a motore, sempre
secondo Cori, sono enormemente superiori ai difetti,
in quanto il multiscafo è superiore in tutti gli aspetti
a un classico tradizionale monoscafo. Per esempio,
a parità di motorizzazione le velocità sono superiori
almeno del 75%, oppure a parità di velocità la riduzione delle motorizzazioni impiegabili è almeno del
45%, garantendo un maggior comfort in navigazione
sia a velocità di crociera sia durante navigazione con
condizioni meteo avverse. Inoltre, la stabilità dinamica in navigazione è più armonica (comfort di bordo)
e l’angolo di stabilità positiva più elevato (sicurezza),
la manovrabilità è garantita in un ampio range di
condizioni e la piattaforma permette lo sfruttamento
di una superficie utile di coperta maggiore. I multiscafi fanno pensare a larghezze elevate, ma in realtà
non è così. Se confrontiamo il rapporto larghezza
su lunghezza (ad esempio per superyacht di 60
metri di lunghezza fuori tutto) quello del poliscafo è
intorno al 22%, un dato che paragonato con il 18%
dei comuni superyacht monoscafo non rappresenta
una differenza elevata. La maggiore larghezza offre
l’opportunità di realizzare una superficie di piattaforma soprattutto nella parte poppiera quasi doppia di
un monoscafo tradizionale di pari lunghezza. Inoltre,
la maggiore stabilità trasversale e longitudinale permette uno sviluppo verticale dei ponti che mentre
sui monoscafo è un fattore negativo, nel multiscafo
non comporta svantaggi. Nel caso di superyacht
poliscafo a vela il discorso dei vantaggi è quasi il
medesimo ma si evidenziano dei problemi di comfort in navigazione controvento soprattutto con mare
formato, provocati da un elevato beccheggio dovuto
alla spinta propulsiva delle vele, alta sull’acqua. Un
aspetto che nel multiscafo a motore è limitatissimo
in quanto la spinta propulsiva generata dall’apparato
motore è vicino al pelo dell’acqua.
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