Giornale di Brescia 27 maggio 2012

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Giornale di Brescia 27 maggio 2012
CULTURA
GIORNALE DI BRESCIA DOMENICA 27 MAGGIO 2012
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Michele Giuttari
«I miei gialli?
Storie credibili»
P
Nella storia del movimento
■ Nella foto grande Filippo Turati, che in un intervento a Brescia nel febbraio
1891 sollecitò la costituzione di una Camera del Lavoro sull’esempio di quanto
andava maturando a Milano. Qui sopra una tessera di riconoscimento della Cdl
nel 1903, riprodotta sul libro di Diego Bertozzi «La festa dei lavoratori»
Investire cinque ore di salario
per migliorare la propria condizione
Centoventi anni da quando a Brescia 14 associazioni aderenti al Consolato operaio
fondarono la Camera del Lavoro. Il balzo da 1.077 iscritti nel 1894 a 5.496 nel 1902
«S
u fratelli, su compagne, su, venite in fitta
schiera: sulla libera
bandiera splende il
sol dell’avvenir». Finestre chiuse, la
sera del primo maggio 1893, nei palazzi signorili fra via Musei, via Cattaneo e piazza Tebaldo Brusato per
non sentire le note e le parole dell’Inno dei lavoratori,cantato da centinaia di manifestanti. In vicolo delle Galline, nella sede del Consolato
operaio, si concludeva la giornata
promossa dal sodalizio (che dal
1881 riuniva le associazioni di mestiere cittadine) e dalla Camera del
Lavoro.La festa non era ancorariconosciuta legalmente. La Camera del
Lavoro aveva invitato allo sciopero
per parteciparee sostenerela richiesta delle otto ore. Era il suo primo
maggio di esordio, essendo nata da
appena otto mesi. Esattamente il 7
settembre 1892.
Quel giorno i rappresentanti di 14
associazioni professionali aderenti
al Consolato operaio fondarono la
nuovaistituzione allo scopo di combattere la disoccupazione, intermediando l’offerta e la domanda di lavoro, e di promuovere leggi per migliorare le condizioni dei lavoratori.
Non aveva ancora un carattere politico dichiarato, ma era preponderante l’indirizzo socialista, che ben
presto divenne palese. L’esigenza
di creareun nuovoorganismounita-
rio e autonomo del proletariatobresciano, in grado di rappresentarne
istanze e interessi «saltando» la mediazione del ceto liberale, era sentita da tempo. Filippo Turati, in un intervento a Brescia il 23 febbraio
1891, aveva sollecitato la costituzione della Camera del Lavoro sull’esempio di quanto stava maturando a Milano.
A Brescia principali promotori furono i tipografi della Federazione nazionalelavoratoridel libro, unacategoriapiù istruita e dunquepiù sensi-
Principali promotori i tipografi
e primo segretario un fabbro
bile di altre al tema dell’emancipazione sociale. Primo segretario della Camera fu tuttavia un fabbro, il
socialistaAntonio Molinari. La quota di iscrizione era 50 centesimi l’anno, come cinque ore di salario di un
operaio. Per altro, l’Amministrazione comunale accordò un sussidio
annuo di tremila lire, il corrispondente di circa 40 mensilità. Sindaco
era Giuseppe Bonardi, liberale zanardelliano. Ma l’aiuto comunale,
provvidenziale dal punto di vista
economico, innescò problemi di tipo politico: il settimanale socialista
«Il Lavoratore Bresciano» non lesi-
nò critiche all’azione della Camera,
ritenuta poco battagliera, incapace
di smarcarsidall’influenzadella borghesia, per quanto progressista. Il
decollo industrialebresciano di fine
Ottocento-primi Novecento e
l’acuirsi delle tensioni sociali nelle
fabbriche e nelle campagne avrebbe poi marcato decisamente in senso socialista e di classe l’azione della Camera. La prima sede fu ospitata nei locali di vicolo Galline, con il
Consolatooperaio e il Circolo operaio.
La nascita della Cdl bresciana si inscrive appieno nel contesto di quegli anni. La questione sociale era
esplosa sulla scena nazionale. Nel
maggio del 1891 papa Leone XIII,
nellaRerumNovarum,aveva delineato gli indirizzi della dottrina sociale della Chiesa, anche per contrastare la diffusione del socialismo. Nell’agosto del 1892, a Genova, era nato il Partito dei lavoratori italiani
(Psi dal 1895), con il contributo del
Circolo popolare di Brescia. Nella
nostra provincia in quel periodo
funzionavano oltre mille e trecento
opifici con più di 21mila operai, costretti a condizionidi lavoro e a salari miserevoli. La base di uno sviluppo impetuoso: nel 1911 gli occupati
nell’industriasarebberosaliti a quasi 52mila. Numeri che si riflettevano
sull’andamentodegli iscritti alla Camera del Lavoro: 1.077 nel 1894,
ben 5.496 nel 1902.
Lo sviluppo della Cdl bresciana
compì un salto decisivo dall’inizio
del Novecento, in anni di grandi
contrasti sociali e di scioperi. Nel
giugno del 1898 la Camera (come
migliaia di altri enti e associazioni,
socialisti o clericali, ritenuti sovversivi) era stata sciolta per ordine del
governoCrispi, dopo i tumultidi Milano per il pane, quando i cannoni
del generale Bava Beccaris avevano
sedato nel sangue le proteste popolari. Alla fine del 1899 la Camera si
I finanziamenti del Comune
e i problemi di tipo politico
era ricostituita in un contesto politico tutto particolare a Brescia. Le forze moderate e cattoliche avevano
cacciato dal municipio gli zanardelliani, che nel 1902 tornarono tuttavia al potere grazie all’alleanza con
socialisti e repubblicani.L’Amministrazione comunale riprese a finanziare massicciamente la Camera
del Lavoro, ormai braccio economico del movimento operaio bresciano, in dialogo piuttosto vivace con il
partito socialista. Nel 1906 avrebbe
poi aderito alla neonata Confederazione generale del lavoro.
Enrico Mirani
Al Teatro Blu due medaglie al merito dal Presidente
Prestigiosi riconoscimenti ai festival internazionali promossi dalla bresciana Silvia Priori
D
Silvia Priori,
direttrice del
Teatro Blu
ue festival internazionali, ideati e organizzati dal Teatro Blu, con la direzione artistica della bresciana Silvia Priori, hanno avuto
due medaglie di rappresentanza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Sitratta del «Cadegliano Festival - Piccola Spoleto», festival
internazionale delle arti sceniche e figurative, dedicato al
maestro Gian Carlo Menotti
nel suo paese natale (sarà in
programma dal 5 all’8 luglio
prossimi) e il «Terra e laghi Festival di teatro nell’Insubria», progetto italosvizzero a
carattere itinerante per la promozione culturale e turistica
dei territori di confine, la cui
VI edizione si svolgerà dal 14
luglio al 30 ottobre prossimi.
Nel ricco cartellone del «Cadegliano Festival» quest’anno ci sarà uno spettacoloevento dal titolo «La festa dei
Capuleti», nel quale sono
coinvolti centinaia di artisti.
Teatro Blu nacque come
gruppo di lavoro nel 1989 proprio a Brescia dall’incontro
tra la concittadina Silvia Priori, attrice, regista e drammaturga diplomata alla Scuola
«Paolo Grassi» di Milano, e
Daniele Finzi Pasca, direttore
artistico del Teatro Sunil di
Lugano. Dopo aver avuto per
anni la sua sede a Milano, dal
1992 Teatro Blu si è trasferito
a Cadegliano(Va). Ifestival organizzati da Teatro Blu erano
già stati nominati progetti di
eccellenza dalla Regio Insubrica (ente che raggruppa varie province fra Italia e Canton Ticino) e dalla Provincia
di Varese.
«Sono davvero felice per questi riconoscimenti», dichiara
Silvia Priori. Poi aggiunge:
«Teatro Blu fa spettacoli praticamente in tutta Italia, ormai. Purtroppo non a Brescia, e visto che sono bresciana mi piacerebbe davvero sapere il perché».
c.
oliziotto, investigatore e scrittore. I tre momenti della vita di Michele Giuttari. Una vita che si
trova nei suoi libri, tra gli omicidi raccontati e tra i personaggi - protagonisti e non - delle pagine dei suoi polizieschi. Una filigrana che porta il lettore
quasi a chiedersi se, quanto raccontato,
sia vero oppure solo il frutto della fantasia. Ed è proprio la verosimiglianza uno
dei principi che Giuttari persegue nelle
sue opere, l’ultima delle quali - «I sogni
cattivi di Firenze», edita da Rizzoli - è stata presentata, venerdì sera, alla biblioteca civica «Lanfranchi» di Palazzolo sull’Oglio, nell’ambito della rassegna organizzata dal Comune, «Primavera in …
giallo».
I saluti del neo-eletto sindaco Gabriele
Zanni hanno aperto la conversazione tra
l’ex poliziotto ed il segretario generale
del Comune, Silvio Masullo, partita da
subito nel segno della credibilità delle
storie raccontate. Ma se è vero che «I sogni cattivi di Firenze» è considerata la
continuazione de «Le rose nere di Firenze», «perché c’era ancora qualcosa che,
dopo aver dato il testo all’editore, mi era
rimasto nella penna» - come ha spiegato
Giuttari -, è altrettanto significativo lo
slancio dell’autore nel proiettarsi verso
un terzo lavoro, a formare una trilogia fiorentina, di cui i primi due lavori sono ormai tradotti in decine di lingue e venduti
in numerosi Paesi.
Ma è la verosimiglianza ad essere il punto centrale dei thriller di Giuttari, una verosimiglianza
che si avvale di
personaggi credibili, a partire
dal commissario Ferrara, alle
prese ne «I sogni
cattivi di Firenze» con un duplice omicidio, poco dopo l’archiviazione del caso Berghoff.
Ancora una vol- Michele Giuttari
ta Firenze vede
scorrere il sangue, laddove non sembra
debellata la misteriosa loggia massonica
della Rosa nera. Sono i poteri occulti,
l’omertà, le paure ad essere il cuore dei
gialli/polizieschi ma anche al centro delle indagini e dei delitti di oggi: «Certi ambienti non si possono sfiorare - ha spiegato l’autore - e non solo in un libro, ma
anche nella realtà, dove purtroppo la
massoneria, gli accordi tra stato e mafia
vanificano il lavoro di anni di bravi investigatori».
Sono proprio le tecniche investigative e
il ruolo della polizia giudiziaria, secondo
Giuttari, a dover essere riequilibrate rispetto al potere dalla legge conferito al
pubblico ministero.
«Quando stavo indagando sui delitti del
mostro di Firenze - ha raccontato ancora
Giuttari - il tribunale di Firenze mi ha
condannato per concorso in abuso d’ufficio, comportando il blocco delle indagini; poi la Corte d’Appello ha annullato la
condanna dicendo che quella procura
non poteva indagare».
Questa ed altre delusioni non hanno portato però alla progressiva disaffezione
per un mestiere, svolto per oltre 30 anni
e che ha visto Michele Giuttari assumere
incarichi nella Squadra mobile di Reggio
Calabria e Cosenza e, successivamente,
nella Direzione investigativa antimafia
di Napoli e Firenze, dirigendo le indagini
sul caso del «mostro».
«Bisogna però ritornare alla vera tecnica
investigativa - ha concluso -, di cui si è
persa la cultura e l’abitudine; questa negligenza culturale, questa mancanza di
attenzione nei confronti delle prime indagini, ha purtroppo contribuito al fatto
che molti casi, anche semplici, rimanessero irrisolti. È altresì necessario che vengano ristabiliti i limiti dello strapotere dato dalla legge ai pm e ripristinati quelli di
Polizia giudiziaria, strappati alle forze
dell’ordine».
Roberta Bellino