«Spillo» Altobelli: «Mi chiamò Al Jazeera, io pensai a Bin Laden

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«Spillo» Altobelli: «Mi chiamò Al Jazeera, io pensai a Bin Laden
L’INTERVISTA
L’ex calciatore, 61 anni, da 7 anni vive Doha, in Qatar, e commenta le partite: «Allenare? Non fa
per me: è un mestiere troppo precario»
«Contropiede di Bruno Conti e
rasoterra perfetto. Io mi faccio trovare
in
mezzo
all’area
di
rigore.
Schumacher,
il
portiere
della
Germania, esce alla disperata. Se tiro
subito, lo colpisco. Allora penso al
dribbling: mi sposto il pallone sul
sinistro e calcio sicuro. Vedo Stielike,
sullo sfondo, che si dispera. Comincio
Alessandro Altobelli
a correre. Bellissimo». C’era un
ragazzo di Sonnino (Latina)
che
amava i Beatles, i Rolling Stones e fare gol. E poi esultava, come quell’11 luglio 1982
a Madrid, terza perla sulla collana di Italia-Germania 3-1, finale del Mundial, esultava
serio e un po’ accigliato, 128 reti in 300 presenze con l’Inter più corrucciato che nella
figurina Panini di quegli anni: «Non sono mai stato fotogenico. Ero magro e
longilineo, uno spillo appunto. E poi mi fregavano le sopracciglia cadenti...». Nel
2017, scavalcata con un cross morbido la barriera dei sessanta, Alessandro Altobelli,
bandiera nerazzurra per undici stagioni (1977-1988) e campione del mondo in
saecula saeculorum, è il fuoriclasse straniero della squadra che non ti aspetti.
Allenatore nel branco dei grandi ex passati alla panchina? No. «Non fa per me: ho
preso tutti i patentini per ogni serie, potrei guidare persino la Nazionale. Ho studiato
per essere sempre aggiornato ma non ho mai pensato di allenare: è un mestiere
troppo precario». Presenza fissa in uno dei contenitori della domenica italiana?
Macché. Se ci fate caso, in tv non lo vedete mai. Spillo si è conficcato altrove, dritto
e allampanato come quando a 14 anni tirava i primi calci nella formazione del
barbiere di Sonnino, pur essendo destinato dal padre muratore a una macelleria di
Latina. Spillo, dove sei? «Vivo a Doha, in Qatar, sul Golfo Persico». Ad agosto,
inshallah, fanno sette anni.
DA SONNINO A AL JAZEERA
«A Doha, chiusa la carriera di calciatore, andavo
spesso in vacanza. Venni contattato da Al Jazeera Sport: trasmettiamo tutto il calcio
italiano, ti interessa? E io: Al Jazeera? La tv di Bin Laden...? No, no, mi rispondono:
quello è il canale delle news, noi trasmettiamo la Serie A. Mi rilasso e accetto.
All’inizio, nel 2006, si trasmetteva dagli uffici di Milano: perfetto per me che tengo
moglie, due figli (uno calciatore) e nipoti a Brescia. Poi Al Jazeera è diventata Bein
Sport e tutta la produzione è stata trasferita a Doha. Da allora faccio il pendolare tra
Italia e Qatar». La vita agra, è un’altra cosa. «Lavoro tre-quattro giorni alla
settimana, concentrati nel weekend. Commento i match del nostro campionato, per
cui nel Golfo vanno pazzi. E, durante la settimana, Europa League e Champions.
Abito in albergo, non ho voluto casa: non mi va, a 61 anni, di pulire, rifarmi il letto,
cucinare. Mi trovo benissimo, dico la verità». Il cespo di capelli ricci, ingrigiti dal
tempo, oggi sono pettinati all’indietro: l’aiuto che in campo riceveva dal suo alter ego
Evaristo Beccalossi («Avere lui alle spalle significava ricevere sempre la palla giusta.
Eravamo affiatati anche lontano dal calcio: abbiamo fatto pure il militare insieme»),
dopo la doccia del mattino glielo dà una buona dose di gel. Persino con il pizzetto,
laggiù come a Milano, per strada lo riconoscono ancora. I campioni del mondo
godono di uno status speciale, figuriamoci l’hombre del partido contro la Germania di
Briegel, Littbarski, Müller e Rummenigge. L’ampia comunità italiana di Doha gravita
intorno al ristorante «Lo spaghetto» di Gigi, dove Spillo è accolto e trattato come un
pascià. «È il punto di ritrovo, siamo una grande famiglia». Ma il marchio
alessandroaltobelli è in grado di aprire le porte del palazzo reale dell’Emiro Tamim
bin Hamad al Thani, 36 anni, tra le altre cariche presidente del Comitato olimpico
nazionale e fondatore del Qatar Sports Investments, che possiede la squadra di
calcio del Paris Saint Germain. Investendo ad ampio raggio, il fondo sovrano si è
guadagnato un ruolo di primo piano sul playground dello sport mondiale, fino a
ottenere dalla Federcalcio internazionale (Fifa) l’assegnazione del Mondiale 2022 in
uno scenario di accuse di corruzione e compravendita di voti costate la poltrona, alla
fine dell’inchiesta che l’anno scorso ne ha terremotato i vertici, ai più alti papaveri
della Fifa.
VERSO IL MONDIALE 2022
Altobelli con i fatti di cronaca che hanno portato
all’esautoramento di Sepp Blatter non c’entra nulla, ovviamente. Ma con il
Mondiale che ha trasformato il Qatar in un immenso cantiere di 11.437 km2 e
che tra cinque anni piazzerà per un mese (atipico: si giocherà a dicembre per
evitare il caldo torrido) questa piccola penisola arabica al centro del pianeta,
forse — di rimbalzo —sì. «Non ho ruoli ufficiali. Ma conosco bene Gianni
Infantino (neo presidente della Fifa, un italo-svizzero che ammette
candidamente di avere avuto come idolo Altobelli da bambino, ndr), quando
viene a Doha visitiamo insieme i cantieri degli stadi. Vi stupiranno, vedrete...».
E se gli chiedessero di fare l’ambasciatore italiano per i vip che verranno a
vedere le partite? «Mah, sarei combattuto... Dopo tanti anni, pur tornando in
Italia spesso, mi manca la famiglia e mi dispiace non veder crescere i
nipotini... E poi c’è mamma, a Sonnino, in gamba ma anziana... So anche, però,
che in Italia sarebbe difficile lavorare: tutti i ruoli in tv sono coperti. Eppure ho
un’esperienza da commentatore pluriennale, ormai...». L’Arabia di Altobelli
pare uno Shangri-La. Le partite di calcetto sul campo refrigerato dell’Emiro, il
traduttore per le dirette («L’arabo? Mi rifiuto: troppo difficile!») negli studi
superaccessoriati e moderni di Doha, l’accoglienza («Ho amici ovunque,
persone alla mano, squisite. Lo stereotipo arabo uguale terrorista è
un’assurdità»). E lo sfruttamento degli operai?Le morti bianche? Le denunce
di Amnesty International? «Ho visitato molti compound: i lavoratori hanno la
sala tv, l’ospedale, il ristorante, tutto. Stanno costruendo strade, alberghi,
quattro linee della metropolitana. Ci tengono troppo: sarà un grande
Mondiale». Con o senza Spillo, lo scopriremo solo vivendo. Magari
lo ritroveremo, da illustre cittadino di Doha, sceicco onorario. Ride leggero, da chi sa
farsi voler bene: «Vorrebbe dire che nella vita qualcosa di buono l’ho combinato».