Mafia: posta la croce del riscatto per il piccolo Di Matteo

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Mafia: posta la croce del riscatto per il piccolo Di Matteo
Mafia: posta la croce del riscatto per il piccolo
Di Matteo
Arcivescovo Monreale, misericordia non sia strumentalizzata
09 maggio, 12:43
PALERMO, 9 MAG - È stata ribattezzata "la croce del riscatto" e posizionata nel "Giardino della
memoria", per ricordare a tutti il luogo, a San Cipirello (Palermo), in cui boss e carnefici uccisero,
dopo 779 giorni di prigionia, il piccolo Giuseppe Di Matteo, sciogliendolo nell'acido, perché figlio
di un collaboratore di giustizia. Un messaggio di saluto e vicinanza alla madre del bambino, Franca
Castellese, è stato inviato dal presidente Napolitano, che ha ricordato il sacrificio del piccolo
Giuseppe Di Matteo, "vittima innocente di un atroce atto mafioso". A promuovere l'iniziativa è stato
il "Parlamento della Legalità" di Palermo, presieduto da Nicola Mannino: "La croce in marmo è
stata donata dai bambini dell'istituto comprensivo di Apricena, in provincia di Foggia, alla Chiesa
Madre di San Cipirello. È un dono significativo - spiega Mannino - che segue la consegna di un
calice d'oro che simbolicamente raccoglie il sangue innocente versato nella valle dello Jato dalle
vittime della mafia. La data di oggi richiama quel 9 maggio del 1993 quando Giovanni Paolo II
dalla Valle dei templi lanciò l'anatema contro la mafia invitando i mafiosi alla conversione". Dura
l'omelia dell'arcivescovo di Monreale, Michele Pennisi, che ha celebrato una messa sul posto.
"Esprimiamo la più dura condanna - ha detto monsignor Pennisi - per chi ha commesso questo
atroce delitto. La Chiesa sente di avere una sua responsabilità per la formazione di una diffusa
coscienza civile e non si sente estranea all'impegno, che è di tutta la società siciliana, di liberazione
dalla triste piaga della mafia". Dopo aver rivolto un appello ai mafiosi a convertirsi, l'arcivescovo ha
precisato che compito della Chiesa è "vigilare affinché l'annuncio della misericordia di Dio non sia
strumentalizzato dal mafioso e non si configuri, di fatto, come copertura o favoreggiamento di
quanti hanno violato e talvolta continuano a violare impunemente la legge di Dio e quella degli
uomini. Nel caso del mafioso, la conversione non potrà certo ridare la vita agli uccisi - ha concluso
l'arcivescovo - ma comporta comunque un impegno fattivo affinché sia debellata la struttura
organizzativa della mafia. La mancanza di una tale indicazione da parte del mafioso convertito,
oltre a configurarsi come atto di omertà, ignora il dovere della riparazione".