beowulf e la traccia - POLO PSICODINAMICHE

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FRONTIERA DI PAGINE
POESIA ANTICA
BEOWULF E LA TRACCIA
di Andrea Galgano
Prato, 7 novembre 2011
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U
no dei poemi eroici più antichi che
gli Anglo-Sassoni ci abbiano lasciato
è il Beowulf (3182 versi), anonimo,
datato intorno alla metà dell’VIII secolo e trascritto da
due monaci. Il manoscritto appartenne nel XVI secolo a
Lawrence Nowell, poi finì nelle mani di Robert Bruce
Cotton (man.Cotton Vitellius) nel XVII secolo,
rimanendo danneggiato nel 1731 da un incendio. Scritto
in
una
variante
occidentale
dell’anglosassone,
rappresenta una importante rielaborazione di un antico
patrimonio di storie nordiche tramandato oralmente.
I È molto difficile oggi parlare del Beowulf. Sia per la semplicità ordinata della sua
trama (di solito la trama semplice nasconde tesori inespressi sottotraccia), sia per la
antichità e sia per il suo metodo compositivo, fondato sull’allitterazione che si adagia
sulle perifrasi (kennings), il che offre lo spazio a importanti spunti allegorici e a notevoli
tessiture linguistiche.
Narra tre avventure di un eroe dei Geati (ossia i Goti della Svezia meridionale)
Beowulf che da giovane si reca alla corte di Hrothgar, re dei Danesi, e qui uccide
Grendel, il mostro che la notte è solito divorare gli uomini di Hrothgar. Quando poi la
madre di Grendel, saputo il fatto, viene a vendicare il figlio, Beowulf la segue nelle sue
caverne, sotto il lago, e la uccide. Diversi anni dopo, ritornato in patria, va a combattere
contro un drago che sorveglia un importante tesoro. Grazie anche all’aiuto di Wiglaf,
riesce ad uccidere il mostro ma rimane ferito e muore. Il poema si chiude così.
Scrive Ludovica Koch, una delle più importanti studiose del poema:
“Il Beowulf ha una reale complessità intellettuale. I suoi strumenti di rappresentazione
sono raffinati e sensibili. Le sue abitudini mentali sono anche relativistiche e ironiche. È
dunque proprio l’insolita direttezza della sua storia a disturbare la comprensione.” Le
interpolazioni e le digressioni dell’opera danno vita all’internarratività, ossia a un
processo di incastri perfetti che si incrociano e si aprono.
Burgess osserva che questo è un poema di guerrieri basato sull’archetipo dello
scontro tra eroe e mostro, che è attirato dall’immensa costruzione del re a Heorot “Il
Cervo”. Ma non c’è solo questo. I mostri rappresentano nelle loro dimore desertiche,
nelle loro zone di confine, tra montagne o foreste inaccessibili, sia il viaggio che si ferma,
sia la forza della distruzione. Contro la distruzione combatte Beowulf, riportando
armonia, ordine, proprio come la reggia, emblema della creazione.
ccidendo Grendel, il mostro vagabondo «progenie di Caino» che abita la marca
nebbiosa, egli restaura il Bene, la società patriarcale, lo scop della creazione. L’ordine
viene continuamente sconvolto ed egli, nel suo viaggio di formazione inevitabile, si
scontra con il male, segue la madre di Grendel verso il mere, la terra desolata del
«peccato», ricolma di vento e alberi contorti. Va a distruggere il male, lo guarda nel
fondo, aiutato anche dagli amici. Divenuto maturo riesce a sconfiggere l’oscurità, ma a
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II caro prezzo, sacrificando la sua vita, perisce e il suo nome rimane su un monumento
funebre sulla riva del mare, come passaggio e memoria viva.
La tragicità del Beowulf, che colora sin dall’inizio la storia e il suo evolversi, si
dipana tra faide e svelamenti, mascheramenti e maledizioni, mantenendo però sempre una
complessa struttura portante, frammentata se vogliamo, ma potente nel suo svolgersi e
piena di percezioni, sottratte alla contingenza.
Ma è soprattutto un poema cristiano: anche i mostri hanno una relazione con la
tradizione biblica. Il creatore è ovunque presente: dal canto proemiale, al discorso di
Hrothgar a Beowulf per distoglierlo dall’orgoglio e al disgelo delle acque, nel
sopraggiungere della primavera, quando il «Padre scioglie le catene delle acque». Ma
anche nel lessico semantico, oscuro e intraducibile, alberga, nonostante il fatalismo
germanico, la traccia di un passaggio cristiano.
Il paesaggio del Beowulf è il teatro dell’azione e dell’esperienza, in cui i
personaggi peculiarmente si muovono e agiscono, sperimentando la meta e il
raggiungimento, il bisogno e l’attrattiva.
III Scrive ancora la Koch: “L’equilibrio fra la propria condizione e la propria
disposizione è attivo e mobile. Per di più la cultura controlla le soluzioni del singolo
(impostate sulla difesa dell’integrità personale), spostandone gli orientamenti al di là
dell’immediato”.
C’è un senso di labilità e di precarietà che pervade le esistenze e gli scenari, in
cui l’Ordine viene minacciato e ristabilito, apparentemente annientato, riapparendo
vittorioso fino al sacrificio. La condizione semplice del protagonista combatte l’esilio, la
privazione e la sua qualità «al di là della sua misura». Potremmo dire che il suo è uno
sproposito del guerriero esperto e prudente, saggio e virtuoso. Non sono casuali queste
doti, poiché hanno il disegno dell’uomo proteso al Bene, perché tutta una comunità ne
possa giovare, assaporandone l’esempio. L’ignoto, il tenebroso, il meraviglioso fanno
nascere la violenza e i suoi eccessi, dove i mostri sono Esseri dell’Altrove e in quella
stessa dimensione, indefinita e di passaggio, vivono la loro a-socialità, la cupezza della
non appartenenza e infine la solidità lugubre della forma. Anche la “draconità eccessiva”,
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come scrisse Tolkien, ha lo spazio di un’epoca antica e una sparita favola che custodisce
un tesoro.
Come un orafo, l’autore del Beowulf intarsia la sua storia, rielaborando materiali
eterogenei e visioni di interni. Decorando la scena, ogni momento dell’opera diventa un
intervallo intermedio, tra corpo e cosmo, tra culture che si sovrappongono.
La storia rappresenta la meta della poesia, come una genesi di interiorizzazione Negli ultimi anni, si è assistito a una resa cinematografica del Beowulf, con
risultati disprezzabili e con il tradimento di un’opera che ama il ricamo dell’arte per
raggiungere l’Armonia, non quella degli artisti, ma quella di Dio.
Dal suo paese apprese delle gesta di Grendel ... un vassallo di Hygelac, grande fra i Geati.... Era il più forte nel fisico di tutto il genere umano ... nei giorni di questa vita: IV nobile, straordinario. ... Si fece fabbricare un buon carro dei flutti ... per andare a raggiungere, di là della strada dei cigni, ... disse, il re bellicoso, il principe famoso. ... Gli servivano uomini Dal viaggio avventuroso ... quasi non lo dissuasero gli uomini più avveduti, ... pur volendogli bene. L’incoraggiarono ... nei suoi progetti di gloria, studiarono gli auspici. ... L’eroe si era scelto fra le file dei Geati ... i guerrieri più forti che riuscì a reperire ... e, in quindici con lui, si diressero al legno ... marino. Marinaio esperto, lui li guidò ... ai bordi della terra. (Beowulf, 196-209)
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