Testo di riferimento per la serata dell`11 settembre 2016

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Testo di riferimento per la serata dell`11 settembre 2016
MARIAMADREDIMISERICORDIA
Screncis 11 settembre 2016
Abbiamo sentito nel vangelo l’inizio del canto di Maria, che una
splendida, freschissima nostra canzone rilancia così:
Da font de me anime 'o gjolt 'o esulti
Il miôr de me musiche a Diu lu cjanti
Che ancje se piciule s'impense di me
Da font de me anime 'o cjanti al gran Re!
"Vergine Madre
se tu non riappari
anche Dio sarà triste " (David Maria Turoldo).
Ma non nelle apparizioni che costellano il mondo cristiano;
se non ritorni a raccontarci di quel Dio che a Cana gode della gioia
dei suoi, la provoca, la attende;
se non riappari accanto alle infinite croci dove Cristo è ancora
crocifisso nei suoi fratelli;
Se non riappari nella fede, cambiando il nostro modo di credere e di
vivere, Dio e la nostra fede saranno più tristi.
Andare da Maria è andare a scuola di cristianesimo,
è la grammatica per parlare la lingua della vita e quella del Vangelo.
Vera devozione non è moltiplicare rosari, accendere candele, fare
pellegrinaggi;
vera devozione è diventare come lei. Madri di misericordia.
Non si prega la Madonna per ottenere qualcosa, ma per ottenere lei;
non si prega per domandare, ma per essere trasformati, per fare come
lei: servire Dio con serietà e i fratelli con tenerezzaVera devozione è diventare come lei: persone annunciate, persone
gravide di Dio,
gente che si prende cura del Dio bambino fra noi, come lei e
Giuseppe nella fuga;
che si prende cura della vita in tutte le sue forme, dei rifugiati, dei
migranti, dei naufraghi come del proprio bambino.
Nella vita datori di vita. Misericordiosi.
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Salveregina,madredimisericordia
Maria, madre di misericordia. Questa espressione è pregata e cantata
da un millennio con una delle più antiche antifone mariane, la Salve
Regina.
Madre di misericordia, vita dolcezza e speranza nostra salve.
Ma la primitiva redazione di questa preghiera suonava però
diversamente. Diceva: Salve regina di misericordia.
Senza la parola madre, eco dei secoli XI-XII quando Maria entra
trionfalmente in tutte le cattedrali d’Europa, è riprodotta su tutti i portali,
occupa il catino dell’abside con la sua imponente immagine in trono, in
affresco o mosaico. Dà il nome alle stesse chiese. È l’epoca di santa Maria
gloriosa, Regina in trono, alta più che creatura.
Nel secolo XIII, Maria diventa Madre, è l’epoca di Francesco, di
Domenico, dei Servi di Maria, e la devozione mariana riscopre la piena
umanità della donna di Nazaret; è l’epoca del presepio a Greccio.
In questa epoca alla Salve, dopo l’appellativo di Regina viene
aggiunta la parola Madre: Salve Regina, madre di misericordia.
Che cosa intendevano affermare con questa espressione i nostri padri?
Che Maria è madre nel senso che genera misericordia?
No, unica sorgente rimane Dio.
Che, mentre il Padre è il giudice giusto, Maria ne mitiga la severità,
intercedendo per noi con la sua dolcezza materna, fino ad avere la
meglio sulla severa giustizia divina?
No, questi sono significati in parte distorti e in parte infantili.
Il padre di ogni misericordia rimane Dio.
Il significato dell’espressione è molto più alto. Lo rivela una frase di s.
Ambrogio:“Dove c’è misericordia c’è Dio. Dove c’è severità ci sono forse
i ministri di Dio, ma Dio non c’è. Deus deest”.
Madre di misericordia vuol dire: tu sei il luogo dove Dio c’è.
Eco della parola dell’angelo Gabriele: il Signore è con te.
Si tratta di capire bene il significato della parola Misericordia che noi
abbiamo immiserito, rattrappito allo schema colpa/perdono.
Misericordia comprende e convoglia tutto ciò che serve a tutta la vita
dell’uomo.
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In ebraico misericordia si dice rahamim, un termine che è il plurale di
rehem, utero, il grembo di madre da cui proviene la vita.
Non possiamo mai ridurre la misericordia a perdono di colpe passate,
non dobbiamo mai separare l’idea di misericordia dall’immagine di
generazione;
essa è indissolubilmente legata alla metafora dell’utero di madre, la
misericordia-grembo rivela un Dio che presiede ad ogni nascita, ad ogni
rinascita.
Infatti la misericordia per eccellenza si realizza nel grembo di una
donna, quando accoglie in sé un seme di vita e restituisce un frutto:
benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo.
Noi tutti viviamo perché una donna un giorno ci ha detto il suo sì, ci
ha ricevuto e accolto nel suo grembo, ci ha offerto e ci ha fatto vivere della
sua misericordia-rahamim.
Maria è madre di misericordia prima di tutto perché accoglie nel suo
grembo il Figlio di Dio, come terra pura protesa granello per granello
solamente ai semi dello Spirito.
Davanti a lei Dio si inchina e attende il suo sì, attende la misericordia
primordiale che solo lei può accordargli: un grembo in cui farsi carne.
Maria è misericordiosa con Dio. Lo accoglie e gli offre la sua carne e
la sua vita.
E di questo si tratta anche per noi: di essere misericordiosi con Dio,
di accoglierlo, offrirgli tempo e cuore.
Forse poi saremo più misericordiosi gli uni con gli altri.
Dio non si merita, si accoglie.
La misericordia assoluta è accogliere Dio, essergli madre, dargli casa,
aiutarlo a incarnarsi, a rimanere vivo in questo mondo ostile e in questo
cuore distratto.
Lo Spirito eternamente compie in noi la stessa, identica opera che ha
compiuto a Nazaret, in santa Maria: verrà lo Spirito, dice l’angelo, e ti
coprirà con la sua ombra e tu sarai madre. Lo Spirito realizza la perenne,
ininterrotta, in-finita incarnazione di Cristo.
Ancora adesso il Misericordioso senza casa cerca casa, e la cerca
proprio in me.
Tocca a noi diventare madri di misericordia, difendere la casa di Dio in
noi, aiutarlo a incarnarsi ancora in queste case, in queste strade, in queste
piazze, in questi dolori.
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OCCHIMISERICORDIOSI
Un’altra espressione di Misericordia emerge dalla Salve Regina: volgi a
noi quegli occhi tuoi misericordiosi.
Occhi di misericordia. Bellissima immagine.
Ma che soccorso può portare un occhio che ti guarda con amore?
Non ti toglie dalle lacrime, ma è con te nelle lacrime;
Dio non protegge dal dolore ma nel dolore;
non ti custodisce dalla sofferenza ma nella sofferenza.
Dio non salva Gesù dalla croce ma nella croce.
Un piccolo cambio di preposizione e cambia tutto.
E sai di essere guardato, sai che qualcuno ha cura, attenzione, cuore per te.
Non sei gettato via, affidato solo a te stesso e ai tuoi naufragi. Non sei uno
scarto o un bambino rifiutato e gettato in un cassonetto, ma sei affidato alle
cure di una madre.
Una madre accanto al letto del figlio malato non lo può guarire, non è un
chirurgo che strappa via il male dal corpo, ma può alleviare le sofferenze
del figlio con la sua carezza, può dare con-forto, che significa un di più di
forza, può non lasciarlo solo a lottare con le sue paure.
Occhi misericordiosi che non portano la soluzione del problema, ma
portano il respiro di Dio che si intreccia col tuo respiro.
Dio non porta la soluzione dei problemi, porta se stesso dentro i problemi.
La fede non è una assicurazione contro gli infortuni della vita,
è un supplemento, un incremento, un accrescimento dell’umano più
umano, anche nel grembo della nostra notte.
Nel logo del Giubileo (il buon Pastore e l’Adamo soccorso e portato sulle
spalle) hanno i due volti così vicini che l’occhio destro del pastore e
l’occhio sinistro di Adamo si fondono e diventano un solo occhi: imparare
a guardare il mondo con lo stesso sguardo di Cristo, con i suoi occhi.
Lo sguardo non giudicante. Ma abbracciante. Per Gesù guardare e
amare era la stessa cosa: lo guardò e lo amò, è detto del giovane ricco.
J.B. Metz fa osservare una cosa straordinaria: nel vangelo il primo
sguardo di Gesù non si posa mai sul peccato di una persona ma sempre
sulla sua sofferenza!
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Gesù sapeva guardare negli occhi di una persona e scoprire, dietro un
centimetro quadrato di iride, l’urgenza di una promessa, boccioli gonfi, un
desiderio, energia trattenuta, futuro.
Troppo facile chiudere gli occhi, adducendo a pretesto il grigiore della
città e dei volti. Io so una cosa: ogni volta che mi chino a sorprendere
germogli, ogni volta che mi succede di navigare per occhi di persone che
amo, ogni volta che pianto un seme e spio il gonfiarsi della terra, esco con
gli occhi che sorridono (Angelo Casati).
Ermanno Olmi, grande regista cinematografico credente, dice che per
vedere bene un prato bisogna inginocchiarsi e guardarlo da vicino.
Forse potremmo continuare all’infinito. C’è un solo modo per
conoscere un povero, Dio, una città, una ferita, un fiore: inginocchiarsi e
guardarla da vicino. Guardare gli altri a millimetro di viso, di occhi, di
voce, e non da lontano. Guardare come bambini e ascoltare come
innamorati. Si conosce solo in ginocchio. Guardando e ascoltando.
Se vedessimo la terra, l’umanità, la nostra casa, ogni creatura con gli
occhi che accarezzano in silenzio e illuminano l’altro, senza seduzione e
senza violenza, quante cose cambierebbero! Le parole nascerebbero lievi e
non di pietra.
L’occhio è la lucerna del corpo, avere occhi di lampada (Mt 6,22) che
non solo vedono ma sono come una lampada che illumina in ciascuno il
lato migliore, il bello, il talento, che non fa coincidere nessuno con le sue
ombre.
Quando dicono: che begli occhi ha quella persona.
È sbagliato, non sono gli occhi che sono belli, è lo sguardo che è bello,
che ha luce o non ha luce.
Non è la bocca che è bella, ma il sorriso.
Avere occhi di misericordia, come il buon samaritano. Perché mi
diceva un amico don Gino Rigoldi cappellano del carcere Beccaria a
Milano, a noi ci frega lo sguardo... se guardi un volto, una giovane vita,
una cicatrice, poi non guarisci più: lo sguardo abbracciante. (9000)
IILAMISERICORDIANELLEPAROLEDIMARIA
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I Vangeli sono composti di 5621 versetti. Di questi 152 versetti riportano
parole su Maria e parole di Maria. Queste ultime sono le più importanti:
contengono il suo messaggio ai cristiani di tutti i tempi.
Il vangelo di Luca, il più bravo scrittore del Nuovo Testamento,
amico delle donne e di Maria, è – non a caso- il vangelo della misericordia.
La misericordia fa la sua comparsa da subito, nel primo capitolo, il
capitolo delle nascite.
Nel Magnificat il termine ricorre due volte:
- Di generazione in generazione si stende la sua misericordia (Lc
1,50)
- ricordandosi della sua misericordia (Lc 1,54).
Ma è tutto il Magnificat ad essere vangelo della misericordia.
Misericordia è una parola composta di due parole: misero e cuore. E
sono due parole che riempiono la Bibbia.
I “poveri del Signore”, gli anawim d’Israele, che si affidano totalmente a
Dio, riempiono il magnificat, come hanno riempito tutta la bibbia, e la
storia, e il cuore di Dio.
I poveri non hanno storia, né archivi,
e anche Maria sfugge per poco, solo per quel suo figlio speciale,
all’anonimato della storia di tutti i poveri.
Ma Dio fa storia non con i potenti e le azioni spettacolari degli eroi,
ma con piccole cose, dentro lo spazio sacro della vita: un ventre che
lievita, una ragazza che dice sì, un grembo sterile che è fiorito e in cui,
nell’abbraccio delle madri, danza di gioia un bimbo di sei mesi.
Dio viene, non ruba niente e dona tutto;
viene, e il suo arrivo re-incanta la vita.
Da dove nasce il canto di Maria? Da una esperienza felice: ha capito
Dio.
Maria ci insegna lo stupore di una religione felice, ci ricorda che la
nostra riserva di gioia viene dal saperci stupire per ciò che la mano di Dio
compie:
lui che riempie di gemme la primavera, che riempie di vino le anfore di
pietra a Cana, che riempie le nostre albe ricche di tenebra con la prima
luce.
Non è Maria che è gioiosa, o il suo temperamento, è la sua fede!
‘Ha guardato me che non sono niente:
sperate con me, siate felici con me,
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tutti che mi udite’.
Cose più grandi di me mi stanno succedendo.
E’ Lui che può tutto, lui solo, il Santo!’ (Lc 1, 48-49).
'O jeri tant puare e mi à preferide
Parceche plui libare in cûr mi à cjatade
Par chest ogni anime mi benedirà
'O jeri tant puare e Diu mi cjalà.
L’esultanza non deriva dall’aver trovato regole morali migliori.
No, la bella notizia che lei trasmette è l'innamoramento di Dio per i
piccoli, di Dio che ha messo le mani nel folto della vita, nelle ferite della
storia.
Il magnificat è il vangelo di Maria.
Vangelo significa buona notizia. Non tutta la Bibbia è vangelo.
Ho l’impressione che noi oggi non sentiamo il vangelo come una
buona notizia perché le stesse chiese l’hanno imbalsamato, ne hanno fatto
un breviario di etica, un deposito di dogmi.
Il vangelo non è una morale, ma una sconvolgente liberazione,
e dovrebbe rallegrare, spingere verso la felicità.
È una buona notizia che non si può dare in modo arrogante, rabbioso,
nemico. Ma al modo del Magnificat.
Il fatto è che noi cristiani non sappiamo più dare una buona notizia.
Che ci possa aiutare il vangelo di Maria?
Vangelo, lieta notizia, è ripetere con santa Maria per dieci volte:
'è lui che ha guardato, è lui che solleva, è lui che colma di beni, è lui che
rimanda, è lui...', per dieci volte.
Maria rabdomante di Dio nella storia, lo cerca, lo vede, lo sente
innamorato, che altro non fa che considerare ogni uomo più importante
della sua stessa vita.
La bella notizia: è possibile vivere meglio e Gesù ne possiede la chiave.
Al centro del Magnificat c’è il decalogo del Dio appassionato.
Sono quattordici i verbi dei cantico:
di essi dieci sono la bella notizia che Dio ha attraversato i cieli, mi conta
i capelli in capo, mi invita a respirare il suo respiro, a sognare i suoi sogni,
a vivere la sua vita.
Nella prima alleanza il centro era la Legge, e al centro di essa i dieci
comandamenti.
Maria invece intuisce il nuovo decalogo, ma non più una serie di
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obblighi dell'uomo verso Dio e i fratelli, ma il racconto di ciò che Dio fa
per l’uomo, gli obblighi di Dio.
Un altro decalogo è riportato da Luca, bellissimo, con i dieci verbi della
parabola del buon samaritano: 'lo vide, si mosse a pietà, si curvò, fasciò,
caricò, si prese cura, pagò...', fino al decimo: 'eventualmente al mio
ritorno pagherò' (Lc 10, 30-37).
Il nuovo decalogo di ogni uomo, credente o no, che sogni una terra fatta
di prossimi e non di nemici.
Il Magnificat è il Vangelo che pone al centro della religione non quello
che io faccio per Dio, ma quello che Dio fa per me.
Al cuore del cristianesimo non è il mio comportamento, o il mio dovere,
ma il comportamento di Dio, la sua misericordia.
‘Ha saziato la fame degli affamati di vita,
ha lasciato a se stessi i ricchi:
le loro mani sono vuote,
i loro tesori sono aria’.
‘Ha liberato la sua forza,
ha imprigionato i progetti dei forti’ (Lc 1, 5 1-53).
La misericordia fa molto di più che cancellare le colpe: è saziare,
colmare, liberare, rovesciare, svuotare, generare, durare per sempre.
PASSATO-FUTURO
Ma perché Maria usa i verbi dell'agire di Dio al passato? Perché dice: ha
già fatto? I poveri sono ancora poveri, i barconi affondano ancora, Erode è
ancora sul trono e farà ancora stragi di bambini.
Le parole raccontano un tempo che inizia. Perchè il futuro entra in noi
molto prima che accada (Rainer Maria Rilke).
Maria usa il verbo al passato perché il futuro di Dio, l'esito dell'azione di
Dio è sicuro. Sicuro quanto il passato.
Si è fatta (vuol dire: si farà con assoluta certezza) una nuova architettura
del mondo e dei rapporti umani.
La profezia brucia i tempi e canta il futuro già visto anche se solo con gli
occhi del cuore.
La speranza non si sbaglia scommettendo su Dio vincitore in partenza.
Per questo Maria usa audacemente i verbi al passato:
Per affermare che ciò che tarda verrà: verrà come albero grande ciò che
ora è solo granello di senape. Verrà come meriggio ciò che ora è solo un
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soffio di luce.
Il tempo della misericordia è l’anticipo, amore preveniente.
La speranza viene a noi vestita di stracci, perché le confezioniamo un
abito da festa (P. Ricoeur). Viene come dono, ma artigianale, che ha
bisogno delle nostre mani.
TENEREZZACOMBATTIVA
Nel Magnificat appare lo stile della Misericordia: una combattiva
tenerezza.
Felice formula verbale di papa Francesco (E. G. 85).
Umiltà è riconoscere i propri limiti ma non abbassare la testa davanti
all’ingiustizia. Il cristiano si oppone al male, combatte tutto ciò che fa
male ai figli di Dio, non è mai passivo, ma opera con lo stile della
tenerezza, inerme e indomita, che non si arrende, mai succube “dello
spirito cattivo della sconfitta” (EG85). È lo stile del Magnificat: Rimanda
i ricchi, rovescia i potenti, ma non li ferisce, non li imprigiona.
Non fa loro del male, li libera invece proprio da quello che faceva
loro del male.
Tenerezza implica mettere al centro non un sistema di nozioni,
l’ideologia o le paure, ma il volto dell’altro, la sua presenza fisica che
interpella, la carne con il suo dolore e con la sua gioia contagiosa.
La lingua del vangelo è la rivoluzione della tenerezza, che è poi
l’unica lingua comune dell’uomo sulla terra, detta in una pluralità di
dialetti quanti sono i linguaggi umani.
Che cosa ha rivelato Gesù ai piccoli?
Non una dottrina, ma il racconto della tenerezza di Dio (E. G. 88)
Nel fazzoletto di terra che abitiamo noi siamo il racconto della
tenerezza di Dio.
Invece quanti annunciatori del vangelo sono dei burocrati delle
formule, funzionari delle regole e analfabeti del cuore!
Osservate: chi è tenero è contento; chi è rigido è infelice, sta male al
mondo. Tutti i fondamentalisti sono degli infelici, vedono tutto brutto e
malato. Gesù invece era rigoroso, ma mai rigido: “diffida dell’uomo
rigido, è un traditore” (Shakespeare).
Anche le liturgie sono così spesso senza tenerezza. e noiose, Ma Dio
non è noioso.
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Dio può morire di noia nelle nostre chiese. E noi preti non sappiamo
trasmettere un volto bello, solare, luminoso di Dio.
Dio ucciso dalle nostre mestissime omelie (Turoldo).
RICORDARSI
'Ha soccorso Israele. Ricordandosi....
Ma la traduzione non dà ragione della forma verbale originaria, che
suona invece così: 'ricordarsi della misericordia'. Si tratta di un verbo
posto all'infinito, senza un legame grammaticale o sintattico. Uno slogan.
Ricordarsi!'
Chi? Dio, noi, tutti, ogni lettore, ogni orante.
'Non dimenticare la misericordia'.
La misericordia è il nome e la perfezione di Dio.
Possiamo dimenticare anche tutte le altre parole. Basterà ricordare la
misericordia.
Lo Spirito Santo ha il compito di ricordare ai discepoli tutte le parole di
Cristo (Gv 15, 26); santa Maria riporta al cuore questa parola:
misericordia.
Ciascuno potrebbe forse ricordare del suo viaggio nella vita non soltanto
le delusioni, ma l'acqua scaturita un giorno all'improvviso mentre non se
l'aspettava: la manna discesa dal cielo sotto forma di un amico, quando
credeva di non avere più forza.
Ognuno potrebbe ricordare momenti in cui, mentre era quasi disperato,
improvvisi squarci si sono aperti in un cielo chiuso, piccoli samaritani
buoni sono arrivati.
Ed è scattata l’infinita pazienza di ricominciare.
Quante straordinarie sorprese da ricordare e di cui fare memoria gioiosa.
Abbiamo forse vissuto prodigi che duravano come la manna un giorno
solo; per il giorno dopo occorreva dell'altro, ma intanto abbiamo scoperto
che ci sono nelle cose sorgenti segrete di speranza.
'Ricordarsi' Prendiamo come nostro, come scritto per noi, questo verbo
del Magnificat, che non ha un soggetto, che è rivolto a tutti.
Ricordati: Salvezza è che Lui mi ama, non che io lo ami.
È questa la religione del Magnificat, che vede Dio all'opera, misericordia
instancabile, con le mani ancora impigliate nel folto della vita.
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Una ragazza incinta di vita nuova, fa scendere su di noi una
benedizione di speranza, consolante, su tutto ciò che rappresenta il nostro
male di vivere, benedizione sugli anni che passano,
sulle tenerezze negate, sulle solitudini patite,
sul decadimento di questo nostro corpo,
sulla corruzione della morte,
sul nostro piccolo o grande drago rosso dell’Apocalisse,
che ci insidia ma che non vincerà
perché la bellezza è più forte della violenza.
Santa Maria ci aiuti ad abitare la terra come Lei,
benedicendo le creature e facendo grande Dio.
Ci aiuti a camminare occupati, incalzati dall'avvenire di cielo che è già in
noi, da un futuro di cielo che già cresce e si arrampica in questo nostro
cuore come un germoglio di luce.
Il
Il
Ma
Il
plen di supjerbie Idiu lu savolte
grant in te storie da l'alt lu dismonte
il debul al sacie di ogni bontât
plen di supjerbie al sbasse il so cjâf.
Gno popul, consoliti, che no ti bandone
(questo è il cuore della divina misericordia!)
Che Lui di difinditi ti à fat la promesse
La farce dai debui 'e reste in Javè
Gno popul, consoliti, che Diu al'è cun te!
Preghiera
Maria, madre di misericordia,
Prega per noi, peccatori, che venga il suo perdono
Di ciò che fa soffrire, di ciò che fa morire.
Il suo perdono, per tutto ciò che non sa fiorire,
per avere amato poco e male.
Il suo perdono nel tempo e nell’eternità.
Prega per noi e tutte le nostre notti
Tu che nella notte del tuo grembo
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Hai fatto spazio alla luce della vita.
Prega per noi, tu primizia degli amati,
tu che sei già nel cuore dell’Amato. Amen
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