PERCLORO ELETTRONICA
Transcript
PERCLORO ELETTRONICA
PERCLORO ELETTRONICA L'impiego del percloroetilene in impianti a circuito chiuso consente di ottenere ottimi risultati nel pieno rispetto della legislazione ambientale. Ma Gianfranco Aragno ha voluto anche fare quattro conti... ELBI International Spa fa parte del gruppo Bitron, un colosso di 6.000 addetti con sede a Collegno in provincia di Torino. L’azienda opera a livello internazionale con un migliaio di dipendenti e si estende su una superficie di 25.000 metri quadrati, producendo componenti elettromeccanici utilizzati nell’industria degli elettrodomestici. E’ presente non solo sui mercati di tutta Europa, ma anche su quelli del Nord e del Sud America, del Sud Africa, del Medio Oriente, dell’Australia, del Giappone e della Nuova Zelanda. Elbi é un’ azienda che, producendo minuteria in ottone e in ferro di diverse forme e dimensioni, si è trovata ad affrontare sin dalle sue origini il problema del lavaggio; infatti i pezzi, che servono da conduttori di elettricità e che quindi devono essere perfettamente ripuliti da residui di tranciatura e pressa, oltrechè da grassi nei casi più difficili, hanno bisogno di lavaggi differenziati, a seconda delle problematiche che presenta un pezzo. "Come soluzione ai problemi di lavaggio - ci ha spiegato il responsabile tecnico per il settore trattamento superfici, Gianfranco Aragno - la società ha sempre impiegato solventi clorurati, nonostante alcuni tentativi di impiego di sistemi acquosi a coclea, immediatamente abbandonati sia per insufficiente pulizia dei pezzi che per problemi di depurazione delle acque. Efficacia sgrassante, praticità, ma soprattutto polivalenza, sono i requisiti che ci hanno sempre indotto a utilizzare solventi clorurati, nonostante le controindicazioni di tipo ambientale, alle quali abbiamo ovviato adottando sistemi di contenimento o di abbattimento delle sostanze organiche volatili. Abbiamo così installato vari tipi di impianti, poi quando la legislazione ha imposto la sostituzione del tricloroetano, abbiamo cercato soluzioni innovative per ridurre il più possibile le emissioni in atmosfera, anche in vista dell’attuazione del DPR 203. La scelta è quindi caduta sugli impianti a circuito chiuso più che altro per motivi di natura ambientale, mentre solo più tardi ci siamo resi conto della drastica riduzione dei consumi. FACCIAMO QUATTRO CONTI La quantità di solvente impiegata viene costantemente controllata nel reparto, mediante un sistema di verifica del numero di cassette lavate giornalmente. Ciò ci ha permesso di verificare il notevole risparmio di consumo di solvente (da oltre 440 gr per cassetta, a 15 gr) che si traduce in un evidente vantaggio economico (da L. 755 per cassetta, a L. 23), unito altresì ad una qualità di lavaggio nettamente superiore, con nessun problema di smaltimento. Oltre ai risultati produttivi ed economici raggiunti, vanno sottolineati i notevoli progressi ottenuti sul fronte dell’impatto ambientale, al quale la nostra azienda è particolarmente sensibile. Ancora nel 1991 consumavamo circa 30.000 kg /anno di solvente che immettevamo in atmosfera attraverso il camino di aspirazione collegato a due macchine aperte, vale a dire circa 8000 gr/h di solvente come flusso di massa. Il limite fissato dal DPR 203/88 era di 2000 gr/h. Con il D.M. 12/7/90 furono poi fissati i valori limite di emissione per gli impianti esistenti. Poiché nelle domande di autorizzazione alle emissioni in atmosfera presentate nell’89 e nel ‘90 occorreva allegare un progetto di adeguamento nel caso in cui le emissioni superassero valori al di sopra dei limiti ammessi, diventava necessario confrontare il valore delle proprie emissioni con i valori limite e, nel caso di superamento, era obbligatorio predisporre un apposito progetto di adeguamento entro il 31/7/91, inviandolo alla Regione Piemonte, Provincia, Comune e USL. Per il 111 tricloroetano il DM 12/7/90 stabiliva che se il flusso di massa era superiore a 2000 gr/h, il valore di emissione doveva essere compreso tra i 150 e i 300 mg/m3 di aria emessa nel camino. Avevamo quindi due strade da seguire: - installazione di un impianto di depurazione fumi e recupero solvente con torri di assorbimento a carboni attivi - impiego di lavatrici a circuito chiuso. IMPIANTO DI DEPURAZIONE FUMI Questa soluzione poneva essenzialmente due vantaggi e due svantaggi: Vantaggi: a) abbattimento del solvente dal camino fino a valori inferiori a 10 mg/h b) recupero del 90% del solvente trattenuto Svantaggi: a) costo degli impianti pari a 3-4 volte il costo della macchina di lavaggio b) costi di gestione e assistenza tecnica, anche per impianti super automatizzati, tali da ridurre del 60-70% il guadagno che si ha nel recupero del solvente. LAVATRICI A CIRCUITO CHIUSO Questa soluzione consentiva invece di ottenere consumi ridotti del 90% del solvente rispetto alle macchine tradizionali, senza necessità di impianti di depurazione e con costi di manutenzione uguali alle macchine tradizionali. Per contro si dovevano sostituire le macchine esistenti e rivedere il processo di flusso automatizzato del materiale, a quell’epoca già ben collaudato e ottimamente funzionante. La scelta finale - ha concluso Aragno - ha privilegiato l’ipotesi della riduzione dei consumi "a monte", piuttosto che tamponare le perdite "a valle". Le tabelle comparative pubblicate nell’articolo confermano la validità della scelta effettuata. Nelle due tabelle seguenti viene indicato il consumo di solvente con l’impiego di impianto non dotato di circuito chiuso. Macchina aperta per lavaggio di particolari e cassette n. 74.000 cassette lavate/anno tonnellate 1850/anno di materiale lavato kg 25.000 di solvente consumato/anno dei quali: circa kg 2000 misto a kg 4000 di olio smaltito come rifiuto tossico-nocivo circa kg 23.000 emessi in atmosfera. L. 32.500.000 di costo solvente totale Macchina aperta per lavaggio di particolari dopo travaso nei cesti rotanti n. 23.000 cicli di lavaggio/anno tonnellate 300/anno di materiale lavato kg 10.000 di solvente consumato/anno dei quali: circa kg 500 smaltito misto a kg 1000 di olio smaltito come rifiuto tossico-nocivo circa kg 9.500 emessi in atmosfera. L. 14.000.000 di costo solvente totale Cassette lavate n 11.780 (kg 294.500) Percloetilene consumato 210 litri Stabilizzante 20 litri Smaltito come rifiuto 600 litri (390 olio, 210 solvente) (olio 65%, solvente 35%) Consumo medio solvente cc 0,715/kg minuteria lavata Consumo medio con macchina cc 10,8/kg minuteria lavata tradizionale Rapporto = 1:15 Consumi di percloroetilene con macchina dotata di dispositivo per recupero solvente Cassette lavate Solvente consumato Costo totale solvente Costo solvente per cass Macchina aperta n. 54.250 kg. 24.000 L. 41.000.000 L. 755 Macchina chiusa n. 25.860 kg 400 L. 600.000 L. 23 Confronto di consumo solventi tra macchina aperta e a circuito chiuso Valori massimi consentiti dal DPR Macchina aperta: valori per il 203 rilevati ai camini tricloroetano Camino D 1,2 Camino 3 Flusso di massa 2000 gr/h 2.575 gr/h 1.791 gr/h Concentrazione limite per m3 di aria 150 mg/m3 186 mg/m3 1.321 mg/m3 emessa Valori massimi consentiti dal DPR Macchina a circuito chiuso 203 per il valori rilevati ai camini percloroetilene Camino D 1,3 Flusso di massa 100 gr/h 90 gr/h Concentrazione limite per m3 di aria 20 mg/m 3 9 mg/m 3 emessa Analisi comparate delle emissioni registrate al camino della macchina aperta e di quella a circuito chiuso, in relazione ai limiti consentiti dal DPR 203