Ora tocca a noi - materiale aggiuntivo

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Ora tocca a noi - materiale aggiuntivo
Un libro per te – giovani
Titolo: L’ultima riga delle favole
Autore: Massimo Gramellini
Anno: 2010
Editore: Longanesi
Recensione
Tomàs, non crede in se stesso ed è convinto di essere inadatto, incapace, poco appetibile. Crede anche
di non avere nessuna possibilità di cambiare le cose, ma di dover proseguire a sopravvivere così.
Il giovane professore impaurito Tomas, infatti, quando capisce di essersi innamorato di Arianna, ha
paura e scappa.
Una sera, però, si ritrova catapultato in un luogo sconosciuto: “Le terme dell’anima”, una sorta di
mondo parallelo, che riaccende in lui quella scintilla di curiosità che langue in ogni essere umano. Qui,
infatti, si ritrovano tutte le persone che scappano dalla vita, ma che in realtà hanno un sogno irrealizzato
nel cassetto. Incomincia così un viaggio simbolico fatto di tappe intermedie e di incontri avventurosi.
Un percorso alla scoperta di sé e del proprio importante talento, che farà rinascere Tomas, fino a
condurlo alla conoscenza dell’amore per se stesso in primo luogo e, poi, per gli altri.
Personaggio su cui focalizzarsi
Tomàs, è un uomo di mezza età in cui ciascuno di noi può riconoscersi. E' un disertore dei sentimenti,
crede poco o nulla in se stesso, subisce la vita e allontana l'amore a suon di starnuti. Fino a quando
incontra Arianna, completamente diversa da lui, perché alla ricerca dell'anima gemella e, proprio per
questo, capace di suscitare sentimenti inattesi.
Si conoscono, si scambiano il numero di telefono e una sera, quando Tomàs sta per chiamarla per
annullare l'appuntamento, a causa di un tanto improvviso quanto improbabile raffreddore, Arianna lo
precede: gli comunica che non possono vedersi, perché "c'è di mezzo un'altra persona".
Bruciato sul tempo da quella donna così diversa da lui, di cui si sarebbe davvero potuto innamorare,
preso dallo sconforto, Tomàs si rifugia sulla spiaggia, dove un gruppo di malviventi cerca di derubarlo.
Nel tentativo di fuggire cade in acqua e perde conoscenza. Al suo risveglio si trova alle Terme
dell'Anima, coperto da un semplice accappatoio e circondato da poche candele.
È in un universo parallelo, abitato da particolarissimi personaggi, dal corpo ad anfora e da allenatrici
eteree. Qui intraprende un percorso ad ostacoli, quello che le antiche tradizioni individuano in un
sentiero stretto, che dai livelli più bassi del corpo (le emozioni superficiali e i desideri materiali),
conduce alla camera del cuore. Un viaggio per raggiungere il centro di se stesso, alla scoperta di quel
talento che giace in ciascuno di noi.
Riflettiamoci su…
Tomàs non ha fiducia in se stesso e nelle sue capacità, e questo sentimento così intenso lo preoccupa e
lo spaventa. Scappa dall’amore e dalla vita e soprattutto dalla possibile sofferenza.
Le “Terme dell’Anima” non è un vero e proprio posto geografico, ma più una specie di universo
parallelo, dove vi sono tutte le persone che decidono di scappare dalla vita, ma che non sono ancora
convinte di non voler tornare indietro.
Tomàs viene messo di fronte a numerosissime prove, e incontrerà diverse persone sul suo cammino.
Ogni prova e ogni incontro serviranno per far crescere dentro di lui la consapevolezza delle sue
capacità e della sua forza interiore, che lo porterà prima di tutto ad amare se stesso e poi a creare dei
rapporti d’amore con gli altri.
Questa storia ci insegna che bisogna trovare il proprio talento e farlo crescere, per metterlo a
disposizione di se stessi e degli altri. E’ un messaggio di speranza, una delicata pomata per l'anima, che
ci permette di arrivare alla meta e di scrivere l'ultima riga della nostra favola: quel "vissero per sempre
felici e contenti" che ora, lo abbiamo imparato, rappresenta la vera avventura.
Un’ opera d’arte per te – adolescenti
Titolo: le muse inquietanti
Autore: Giorgio De Chirico
Anno: 1917
Dove si trova: Milano, collezione Mattioli
Olio su tela cm 97x 66
Recensione
Quadro ispirato alla città di Ferrara. Sullo sfondo si nota il castello che richiama al grande passato
della città, mentre le ciminiere ed il silo raffigurati di fianco ne rappresentano il presente. La città
non è abitata e sembra addormentata, surreale. In evidenza vi sono dei manichini e alcuni oggetti.
Personaggio su cui focalizzarsi
L’attenzione va ai manichini. Al loro ricordare corpi ma non averne l’aspetto e l’essenza dell’essere
umano. Ma soprattutto notiamo che manca il capo.
Riflettiamoci su…
Il riferimento alla libertà sta nel fatto che nelle nostre scelte spesso non riflettiamo se queste siano il
frutto di condizionamenti di cui siamo inconsapevoli o se siano state orientate consapevolmente da
ideali personali. Nella prima situazione ci ritroviamo nella condizione dei manichini di De Chirico.
Facciamo senza riflettere, senza ragionare con “la nostra testa”.
Scegliere chi siamo , cosa vogliamo diventare e in che modo ci rende essere umani che riflettono su
se stessi. Il più delle volte che sentiamo di non vivere come vorremmo è perché lo stiamo facendo
in modo passivo.
Fare la volontà del Padre
<<Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà1»
Quando adeguarsi alla volontà di Dio implica sacrificare se stesso e la propria vita un brivido di
paura viene anche a Suo figlio .Tuttavia la paura viene soppiantata dalla forza dell’amore. La libertà
di sacrificarsi per amore. Sembra un paradosso: libertà di limitarsi. Eppure se pensiamo alla fedeltà,
al dono reciproco , all’onestà possiamo notare come questi concetti siano correlati anche a regole e
limitazioni. Noi non possiamo dire di amare se non c’è univocità, non possiamo considerare l’latro
come un dono se superiamo i limiti del rispetto o dirci onesti se non limitiamo la fantasia delle
menzogne. La libertà di scegliere implica l’aderire anche a condizionamenti.
Conformi a Cristo
1401 “Messosi dunque in cammino, giunse fino a Spoleto e qui cominciò a non sentirsi bene.
Tuttavia,preoccupato del suo viaggio, mentre riposava, nel dormiveglia intese una voce
interrogarlo dove fosse diretto Francesco gli espose il suo ambizioso progetto. E quello: “Chi può
esserti più utile: il padrone o il servo?” Rispose: “Il padrone”. Quello riprese: “Perché dunque
abbandoni il padrone per seguire il servo, e il principe per il suddito?”. Allora Francesco
interrogò: “Signore, che vuoi ch' io faccia?”. Concluse la voce: “Ritorna nella tua città e là ti sarà
detto cosa devi fare; poiché la visione che ti è apparsa devi interpretarla in tutt'altro senso ”.
Destatosi, egli si mise a riflettere attentamente su questa rivelazione. Mentre il sogno precedente,
tutto proteso com'egli era verso il successo, lo aveva mandato quasi fuori di sé per la felicità,
questa nuova visione lo obbligò a raccogliersi dentro di sé. Attonito, pensava e ripensava così
intensamente al messaggio ricevuto, che quella notte non riuscì più a chiuder occhio.
Spuntato il mattino, in gran fretta dirottò il cavallo verso Assisi, lieto ed esultante. E aspettava che
Dio,del quale aveva udito la voce, gli rivelasse la sua volontà, mostrandogli la via della salvezza.
Ormai il suo cuore era cambiato. Non gl'importava più della spedizione in Puglia: solo bramava di
conformarsi al volere divino.2”
• Scegliere di farsi condizionare da Cristo e dal Suo esempio è parlare di conformarsi.
Francesco passò l’intera esistenza ad inseguire questo progetto.
1
2
Luca 22,42
Fonti francescane 1401
• “questa nuova visione lo obbligò a raccogliersi dentro di sé” la fraternità di cui facciamo
parte si interroga sul suo essere conforme a Cristo e alla volontà di Dio?
Scegliere di conformarsi
“...In virtù della loro vocazione, sospinti dalla dinamica evangelica, conformino il loro modo di
pensare e di agire a quello di Cristo mediante un radicale mutamento interiore che lo stesso
Vangelo designa con il none di "conversione", la quale, per l'umana fragilità, deve essere attuata
ogni giorno. In questo cammino di rinnovamento il Sacramento della Riconciliazione è segno
privilegiato della misericordia del Padre e sorgente di grazia (Regola O.F.S.,art.7).”3
• Cambiamento interiore per mutare la nostra vita e quella degli altri. Quanto siamo disposti a
farlo?
• Come fraternità siamo spinti in questo cambiamento dalla dinamica evangelica?
Dinamica: liberiamoci!
Lo scopo della dinamica è superare le nostre paure di rinnovamento e affrontarle insieme come
fraternità. I ragazzi dovranno elencare su un foglio tutto ciò che reputano un freno alla piena
realizzazione di una fraternità conforme a Cristo. Il momento di condivisione non implichi un
“botta e risposta” con gli animatori ma un silenzioso riflettere su possibili errori e soluzioni. Inoltre
è un’occasione per coinvolgere i ragazzi nel discernimento di fraternità.
Una canzone per te – giovani
Titolo: I soliti
Cantante:Vasco Rossi
Anno: 2011
“Noi siamo liberi, liberi, liberi di volare, liberi di sbagliare
siamo liberi, liberi, liberi di sognare, liberi di ricominciare…”
3
Il nostro volto art. 6c
“I soliti” é una ballata rock, un inno alla libertà di volare e di sognare che, pur richiamando
l’esperienza dello sbaglio e del fallimento, mette in evidenza il desiderio di ricominciare sempre e
comunque. Il sound trascinante e le parole semplici hanno fatto di questa canzone, scritta con Gaetano
Curreri (voce storica degli Stadio), la colonna sonora del documentario “Questa storia qua”, relativo
alla vita privata e artistica del rocker di Zocca, uscito nelle sale cinematografiche a settembre 2011.
In questo successo del Blasco, appare forte il richiamo a quel senso di libertà e sensazione di essere
pienamente liberi, svincolati da tutto ciò che può interferire con la propria integrità...
Una tappa raggiungibile per alcuni, per altri una meta da conquistare: è proprio il desiderio di
raggiungere quella libertà che ci rende liberi di vivere e amare senza condizionamenti, pienamente!!!
“Noi siamo i soliti, quelli cosi”: Noi ci sentiamo forse uomini e donne dalle forti passioni e liberi di
volare? Se così fosse, allora questa canzone parla di noi, perché mette a nudo la nostra anima e
dimostra. nel ritornello particolarmente incisivo e incalzante, che non siamo soli, ma che, come noi,
esistono altre persone che “credono/sperano” ancora nei sogni, nei “valori alti”...
Il vivere e l’operare insieme, l’esperienza della fraternità ci rivelano la libertà del “noi” che non castiga,
né costringe, ma permette di sentirsi liberi di operare, fortificando il proprio senso di appartenenza.
Riflettiamoci su …
Il “noi” è un miracolo, perché riesce ad unire insieme tante diversità che hanno uno scopo unico. Pensi
di fare esperienza di questo “noi” nella tua fraternità?
Cosa significa per te la frase “liberi di volare, di sognare”? Sei ancora capace di sognare, di avere
obiettivi grandi, di “volare alto”?
Ci sentiamo uomini e donne dalle forti passioni che nonostante gli sbagli sono disposti a ricominciare
sempre?
Una dinamica per te – adolescenti
“Il nostro Puzzle”
Obiettivo. Il “noi” si viene a creare solo e soltanto se si è attenti
a quello che si sta costruendo.
Dato che i pilastri di tale costruzione sono le persone con le quali
si condivide il percorso, ossia i componenti di questa unione (si
tratta di fratelli), è importante che l’adolescente capisca
l’importanza che ha l’entrare sempre di più nella vita dell’altro,
nella conoscenza più approfondita delle persone che lo
circondano.
Il passaggio fondamentale che bisogna trasmettere attraverso
questa dinamica è che tale interesse non ci deve essere per forza,
non è doveroso, ma bisogna volerlo, volere fermamente che il proprio obiettivo collima con quello di
tutti.
Materiale. Creare un puzzle con una foto stampata del gruppo di Adolescenti che dovrà partecipare
all’incontro.
Ulteriori note. E’ importante che nella foto ci siano proprio tutti i facente parte del gruppo, come è
importante che nel tagliarla in pezzi, ognuno ne abbia uno.
Magari stampare la foto in grandi dimensioni, ad esempio su un foglio A3.
Svolgimento dinamica
Senza dare spiegazioni iniziali, poiché è dopo che il gruppo capirà il perché di tutto, si chiede ai ragazzi
di scrivere su tre foglietti di carta, tre domande diverse su se stessi, che non richiedano una conoscenza
molto alta e quindi risposte difficili ma che almeno non siano neanche troppo scontate.
E’ importante far apporre il nome sotto ogni domanda in modo che poi possa essere riconducibile il
destinatario della risposta.
Tutto queste domande si inseriscono poi all’interno di un barattolo.
Messi tutti in cerchio ognuno pesca tre foglietti a caso dall’interno del barattolo facendo ben attenzione
a non prenderne uno con una domanda su se stessi, in quel caso si sostituisce.
A turno si prova a rispondere ad una domanda alla volta di quelle pescate.
Ovviamente a dare conferma della risposta esatta o meno sarà chi l’ha scritta.
Ogni ragazzo nel momento in cui da tre risposte esatte può ricevere il “premio” e cioè un pezzo del
puzzle precedentemente preparato dall’animatore.
E’ importante che ogni ragazzo abbia più tentativi per arrivare ad avere il pezzo del puzzle, quindi
magari il alcuni casi può far dare qualche piccola indicazione per le risposte.
Alla fine di questo momento con i pezzi “conquistati” si crea il puzzle della foto di tutto il gruppo.
Potrebbe darsi che per alcune risposte non date ci sia qualche buco nella composizione della foto.
A questo punto è arrivato il momento che l’animatore spieghi le motivazioni di tutto ciò che si è fatto
avendo al centro il puzzle completato.
Riflettiamoci su…
Il concetto del “noi” e della libertà che c’è nel costruirlo (come appunto il metodo per conquistare i
pezzi del puzzle) è abbastanza complicato da spiegare, da sviscerare, perché è facilmente confondibile
con un concetto di libertà personale e di rapporto con l’altro. Ma non è questo ciò di cui si parla.
Un buon punto di partenza per rappresentare tutto questo potrebbe essere proprio un eventuale “buco”
creato da un pezzo mancante nella costituzione del puzzle durante l’attività.
Il “buco” è creato da una mancata conoscenza di una risposta circa un’altra persona, ma che
inevitabilmente non rende completa la “fotografia” formata da tutti.
Come si fa a conoscere le risposte delle domande sui foglietti?
“Vivendo” le persone che si hanno intorno.
E’ importante far capire che non si è tenuti per forza a sapere tutto di tutti, che appunto è traducibile
con “vivere” determinati rapporti, ma automaticamente nella costruzione del “noi” ognuno ha il suo
ruolo, cruciale, e non bisogna essere delle “isole”.
Cosa non mi fa agire? La paura? Il non desiderio di un progetto comune?
Benissimo, non c’è problema, ma cerchiamo di trasmettere ai ragazzi che sono cose che vanno messe al
centro del gruppo e condivise, è solo così che anche se con idee diverse, il “noi” prende vita.
Un film per te – giovani
Titolo: AAA Achille
Anno: 2001
Regia: Giovanni Albanese
Cast: Sergio Rubini, Paolo Bonacelli, Loris Pazienza, Hélène Sevaux, Giusi
Cataldo
Durata: 85 minuti
Genere: Commedia
Trama
Achille è un bambino balbuziente di 9 anni. Dopo la morte del padre la famiglia decide di farlo curare
affidandolo alle cure del dottor Aglieri nella clinica Villa Agorà: si tratta di una terapia di gruppo che
utilizza un metodo alquanto insolito e poco efficace. In questa permanenza Achille conosce gli altri del
suo gruppo e vive con loro esperienze particolari, ma soprattutto incontra Remo, un ex balbuziente che
si offre di essere d’aiuto alla terapia del dottore grazie alle sue strane creazioni. Sarà lui che più di tutti
condurrà il gruppo sulla via della guarigione.
Recensione
“Un film che lascia qualcosa, fa riflettere e ci fa immedesimare in Achille. La balbuzie é utilizzata
come strumento per mettere a nudo tutta la grettezza tipica della nostra società.” Come dice questo
commento tratto dal sito www.leonardo.it il film ha chiari obiettivi sociali sulla balbuzie in particolare
che viene vissuta da molti come malattia genetica piuttosto che come un disturbo del linguaggio dovuto
ad un disagio di natura psico-fisica. Più in generale le riflessioni che il film fa scaturire sono legate ai
retaggi culturali tipici soprattutto di qualche generazione fa, ai rapporti di amicizia che si possono
creare quando si vivono le medesime difficoltà, al bisogno di sentirsi accettati, alla diversità.
Riflettiamoci su…
“Il bimbo è balbuziente. Imparerà a parlare, e a capire.”
Si parte dal presupposto che il problema di Achille è considerato una malattia, quasi una forma di
ignoranza (altrimenti non si sarebbe usato il verbo imparare), un handicap che lo rende quasi un passò
indietro a livello intellettivo rispetto agli altri. Questa è la considerazione che la famiglia ha di lui. Una
famiglia di ceto medio-basso del foggiano, intrappolata in un retaggio culturale che non le permette di
chiedersi innanzitutto perché il bambino abbia sviluppato questo problema e che la porta a sperimentare
rimedi improbabili contro la balbuzie come una visita dall’otorino, i gargarismi con l’acqua santa e a
ricorrere alla terapia del dottor Aglieri. È naturale che Achille non si senta compreso e amato come
invece lo faceva sentire suo padre e che di conseguenza non si senta libero di esprimere emozioni,
pensieri…è bloccato: il suo blocco si manifesta con la balbuzie.
“Aveva paura. Come avevo paura io. Allora si nascondeva; e non c’è modo migliore per nascondersi
che cambiare la parole, storpiarle, spezzarle. Achille aveva imparato che si può restare isolati anche
stando in mezzo agli altri. Basta non parlare. Anch’io mi chiudevo nella mia stanza a costruire oggetti
allegri, colorati, che non mi chiedevano niente, non mi costringevano a parlare.”
Ora pensa a te e ai tuoi atteggiamenti: credi che siano davvero il frutto della tua libertà d’essere oppure
in qualche modo, in qualche contesto, per qualche ragione ti senti condizionato dagli altri a comportarti
in un determinato modo?
“Mi hanno portato qui perché sono orfano.” È la frase che Achille pronuncia appena entra per la prima
volta nella camera creativa. È significativa perché va al cuore del problema: lui si sente solo, senza
nessuno, orfano. Vede solo la causa dei suoi problemi. La sua famiglia vede solo la conseguenza.
Molto spesso anche noi cadiamo in questo errore: guardare soltanto quello che appare e non andare a
fondo sulle ragioni del perché accade. Così ci capita di giudicare qualcuno o allo stesso modo di essere
giudicati. Così non si crea comunione. Così si perde l’occasione di conoscere qualcuno che magari
all’inizio ci ha fatto una brutta “impressione”. Rifletti sui tuoi rapporti e sul tuo approccio alle persone
che non conosci: come lo definiresti?
“Se in qualche modo me l’ero cavata è perché la solitudine invece di sfuggirla l’ho cercata, l’ho
voluta affrontare.” Riuscire a stare bene in solitudine è spesso il passo necessario per vivere bene
insieme agli altri. Se, infatti, la mia ricerca degli altri è finalizzata solo ad evitare la solitudine sarà
sempre una ricerca egoistica ed interessata. Nel percorso che stiamo facendo, infatti, siamo partiti da
noi stessi, passando per il rapporto particolare per finire con quello generale che è poi quello che
caratterizza maggiormente le nostre giornate: a scuola, all’università, al lavoro, in gifra, con il mio
gruppo di amici…si è sempre all’interno di un gruppo di persone.
Come vivi la tua solitudine? E cosa pensi dello stare in un gruppo? È possibile, secondo te, costruire dei
rapporti di qualità contemporaneamente con più persone all’interno di un gruppo?
“io non avrei fatto come loro. Io sarei scappato. E invece stavano là tutti insieme, avevano scelto di
non separarsi, di sentirsi come in un carcere dove nessuno si vergogna, perché ognuno sa che anche
l’altro è un delinquente.” Ecco che è avvenuto il “miracolo del noi”: tutto ciò che accade nel
supermercato e dopo è la dimostrazione che ogni componente del gruppo ha una ragione per lottare,
cioè l’ingiustizia che l’altro subisce. L’esperimento sul campo è servito a far capire a tutti che stando
insieme, mettendo insieme le proprie difficoltà, accettando ognuno i limiti dell’altro si può acquistare
una grande forza individuale e comunitaria.
Riesci anche tu a vivere questa dimensione? Il pensare insieme, il vivere insieme? Oppure tutto
sommato è bello stare insieme ma quando c’è da prendere delle decisioni che riguardano la mia vita
conto solo io con le mie esigenze?
Il cestino delle parole inutili: spunto dinamico
Sarebbe interessante come attività finale del cineforum provare a riproporre la stessa dinamica presente
all’interno del film: posizionare al centro della stanza un cesto che possa contenere tutte le parole
“antipatiche”, quelle che non fanno bene alla fraternità, quelle che creano divisione, quelle che ci
ricordano qualcosa di brutto, quelle che mettono in imbarazzo, quelle che non permettono al “miracolo
del noi” di avvenire. Ciascuno può avere a disposizione uno o più foglietti, scriverci le parole che
desidera, accartocciarli e buttarli nel cestino (se si vuole si può anche aggiungere il registratore). Alla
fine le si potrebbe leggere tutte in modo da ricordarle in futuro e, magari, prendere insieme l’impegno
di non pronunciarle più o di svuotarle del peso che hanno o che hanno avuto.