L`influenza dell`inglese sul linguaggio dei giovani in Francia Un

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L`influenza dell`inglese sul linguaggio dei giovani in Francia Un
Education et Sociétés Plurilingues n°7-décembre 1999
L'influenza dell'inglese sul linguaggio dei giovani in Francia
Federico PEROTTO
How and how much does the English language affect young people's talk? In the
following essay we give a sample of how English is nowadays spreading in the usage of
young people in France.
Comment et combien la langue anglaise influence-t-elle le langage des jeunes? Dans la
recherche suivante nous présentons rapidement l’expansion actuelle de l’anglais dans le
microcosme des jeunes en France.
Un sondaggio svolto in Francia presso un gruppo di giovani partecipanti ai
Campionati d’ortografia del 1992 – in cui quasi tutti fecero più di 50 errori
– ha mostrato che, nonostante i risultati negativi, essi continuavano ad
essere irresistibilmente attratti da quella stessa ortografia – la francese –
che li faceva soffrire. Se i giovani francesi sembrano restare
incomprensibilmente dei tradizionalisti in materia d’ortografia, vero e
proprio oggetto tabù nel campo della regolamentazione linguistica moderna
in Francia, allo stesso tempo si sentono decisamente liberi nei confronti
della propria lingua laddove si tratta di trovare nuove forme d’espressione
orale.
L’importanza della lingua dei giovani
Da una trentina d’anni l’argomento della creazione di nuove parole o di
nuovi significati aggiunti a termini già presenti nella lingua è diventato
l’oggetto principale di innumerevoli pubblicazioni: il linguaggio giovanile
non è più infatti un incontrastato monopolio dei suoi creatori e utilizzatori
principali, ma viene a fare sempre più parte del repertorio comunicativo dei
“non più (propriamente) giovani”. Questo suo “uscire dagli schemi”, questo
suo appeal che lo rende non più qualificabile e gergale lo traspone da
linguaggio di nicchia a fenomeno condiviso dalla società intera a più livelli.
La nuova trasversalità e l’estrema flessibilità comunicativa che lo
contraddistinguono costituiscono la causa scatenante del diffuso interesse
che il linguaggio giovanile, recentemente denominato “giovanilese”, ha
calamitato intorno a sé. Il mondo degli adulti viene costantemente
aggiornato circa gli sviluppi delle forme giovanili grazie allo sfruttamento
che ne fanno i mass media in generale, fino alla loro accettazione talvolta
riconosciuta da dizionari generali o settoriali. L’allargamento del numero di
utenti che ne segue è stato analizzato approfonditamente per le sue
implicazioni psicologiche, comportamentali e sociolinguistiche: in una
società dove tutto ciò che è giovane è considerato vincente e
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aprioristicamente positivo, il veicolo comunicativo dei giovani non poteva
passare indenne attraverso un mondo spesso dominato dalle leggi di
mercato, dove ciò che trasmette messaggi positivi viene immediatamente
sviscerato, capitalizzato e sfruttato. Per quanto riguarda il vocabolario, i
giovani hanno sempre parlato in modo diverso rispetto alla generazione dei
loro genitori; giunti all’età adulta, o meglio nella vita attiva, generalmente
abbandonavano il loro modo di parlare per adottare i codici del mondo
degli adulti. Da qualche lustro a questa parte tale costume linguistico ha
perso i propri confini, dove non solo i giovani, maturando, non
abbandonano il proprio linguaggio, ma si assiste alla tendenza più o meno
cosciente presso la seconda e terza età ad adottarlo in modo sempre più
massiccio.
Non è certo un caso se i giovani sono compiaciuti consumatori di messaggi
pubblicitari: la pubblicità parla un linguaggio che essi capiscono,
semplicemente perché è il loro, spesso farcito di accattivanti anglismi “ad
hoc”. Il percorso compiuto da queste forme è facile da seguire: le parole e
le forme idiomatiche nate presso i giovani vengono riprese dalla pubblicità,
che le diffonde a macchia d’olio sui muri, sui giornali, attraverso l’etere,
con la televisione. All’inizio choccano i meno giovani, che cominciano a
sentirle dai loro stessi figli; a mano a mano che la loro frequenza
d’apparizione aumenta, e il loro iniziale peso semantico perde la carica
originale, esse diventano sempre più familiari. Una volta superata la soglia
d’accettabilità, le nuove espressioni sono pronte per essere pienamente
accettate ed usate dagli adulti.
Jörn Albrecht, studiando le caratteristiche generali del linguaggio giovanile
in Francia e in Germania, ne ha isolato la funzione delle parole straniere,
sostenendo che esse – in massima parte americanismi – sono markers
(parole e forme che non indicano la provenienza sociale del locutore, bensì
contraddistinguono il registro che egli sceglie) travestite da indicators
(indicatori dell’origine del locutore, della sua appartenenza ad un certo
ceto, ad un gruppo sociale specifico). Un buon esempio per spiegare
l’attualizzazione pratica di tale ambiguità è il termine “cool”, aggettivo
indicante un atteggiamento tranquillo e positivo nei confronti di una
situazione o di un oggetto; questa forma proviene dall’anglo-americano
“cool jazz” ed è tuttora in gran voga presso i giovani francesi: essa viene
usata per “distinguersi” ponendosi in una prospettiva vincente e alla moda
nei confronti di chi ascolta, senza costituire per questo un tratto distintivo
del ceto di appartenenza del locutore che ne fa uso. Secondo Albrecht, si
tratta quasi esclusivamente di “prestiti di lusso” o “di moda” non sempre
usati esattamente nel senso della lingua d’origine, più generalmente
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sfruttati per indicare l’appartenenza a un gruppo sociale separato dal resto
della società (Radtke, 1993: 32-33).
Il giovanilese francese assorbe inoltre molti termini inglesi del gergo della
tossicodipendenza. La frase seguente, che ne rappresenta un esempio
estremo, è stata pronunciata da una tossicodipendente durante un’intervista
fatta in Francia nel 1988: “Prend un joint pour avoir le feeling et rester
cool, mais où se shooter hard avec du shit peut conduire à une overdose”
(Pergnier, 1989: 126), dove le parole segnate in corsivo sono state mutuate
direttamente dallo “slang” anglo-americano della droga, e il significato è il
seguente: “Per sballarti e stare bene puoi farti uno spinello, ma se ti inietti
troppa droga pesante puoi entrare in overdose”.
L’inglese lingua sovranazionale
In un’Europa che va unificandosi progressivamente, lo scoglio da superare
per addivenire a una completa integrazione tra i popoli che la compongono
sarà la scelta di una seconda lingua comune: scelta questa che, al di là di
rivendicazioni politico-culturali spesso legittime, pare già essere stata
risolta dall’uso sovranazionale che si fa della lingua inglese – come si può
constatare dall’UDASEL (Usage Dictionary of Anglicisms in Selected
European Languages) coordinato e organizzato da Manfred Görlach. In
tale contesto è quindi molto interessante valutare come età e livello di
modernizzazione rappresentino altri fattori tra loro intimamente connessi.
Questi due parametri sono stati identificati da Lewis (1982) come
esercitanti un’influenza particolare sulla diffusione delle lingue franche.
Alcuni studi sembrano confermare la nozione che gli individui giovani
sono più propensi ad adottare una lingua franca come lingua madre,
rispetto agli individui più anziani. Inoltre, la combinazione dei parametri
“età” e “grado di educazione” è rivelatrice in questo senso, dimostrandosi
direttamente proporzionale all’attitudine positiva verso l’uso di una lingua
franca come lingua madre (Flaitz, 1988: 29-30).
Negli anni ’70 Pierre Trescases, esaminando le opinioni francesi a questo
riguardo nel XX secolo, cercò di valutare l’atteggiamento verso la lingua
inglese. La sua ricerca non fu basata sulla raccolta quantitativa di dati sul
campo, ma su una ricerca bibliografica. Le sue conclusioni, da prendere col
beneficio del dubbio, furono di generale avversione del popolo francese per
i prestiti inglesi: “Les patriotes linguistiques interprêtent l’emprunt comme
un acte d’anti-patriotisme” (Trescases, 1978: 168, op. citata in Flaitz,
1988: 49). Riconobbe allo stesso tempo che tale atteggiamento è
riscontrabile molto raramente presso i giovani in Francia, e che la cause
célèbre dell’Académie Française, la difesa della lingua, è generalmente
limitata alla ricerca e al dibattito intellettuale (Flaitz, 1988: 49).
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Decine di ricerche e studi statistici condotti in Francia portano a sostenere
la tesi del generation gap, il fattore età come determinante nello sviluppo di
un atteggiamento nei confronti dell’inglese sotto le sue manifestazioni
ideologiche e culturali. La discrepanza tra i modi di pensare una lingua
straniera vi è stata identificata intorno ai trent’anni, notando una sua larga
accettazione al di sotto di tale soglia (Flaitz, 1988: 147).
Alcune indagini e statistiche
Sulla definizione dell’importanza dei fattori di status socio-economico e del
retroterra culturale, e sul ruolo che questi parametri giocano nella
formazione delle opinioni circa la diffusione della lingua inglese, le teorie
sono diverse e spesso contrastanti fra loro: alcuni studiosi sono convinti che
tali variabili siano fondamentali per capire i vari atteggiamenti verso la
lingua inglese. Questa tesi è supportata da lunghe ed estese ricerche sullo
studio della Défense de la Langue Française (Flaitz, 1988: 121).
Nel 1986 a Strasbourg il GEPE pose un questionario a 500 bambini di 1011 anni circa l’uso e la conoscenza di 100 elementi lessicali (soprattutto
sostantivi) relativi all’abbigliamento, all’alimentazione, ai giochi, alla
musica, ai fumetti, classificati a seconda del loro grado d’”inglesità”:
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falsi anglicismi – per es. K-way, camping-car;
veri anglicismi integrati nella lingua francese – per es. ice-creams, clip,
cocktail;
termini di contatto da ingressione, cioè parole non tradotte che si
trovano su apparecchi o su giocattoli – per es. on, off, start, game over.
Dai risultati di questa ricerca si desume invece che il livello sociale ha
un’influenza minima sulla ripartizione della diffusione dell’inglese: gli
elementi acquisiti in questi campi fanno parte di un vocabolario popolare,
andando a costituire, a detta degli autori della ricerca, “gli elementi
fondamentali del franglais”, in opposizione al vocabolario insegnato a
scuola, letterario e “borghese”: i media e la pubblicità hanno
quell’influenza unificatrice che manca alla scuola, imponendo le mode e i
valori (Truchot, 1990: 58).
In una ricerca su prestiti linguistici recenti dall’inglese compiuta a Parigi,
Henriette Walter ha messo in evidenza le prime quattro categorie d’età del
campione monitorato, cioè le più giovani, organizzandole in modo molto
ravvicinato tra loro: meno di 14 anni, tra i 14 e i 18 anni, tra i 18 e i 25
anni, tra i 25 e i 35 anni. E’ stata rivolta questa attenzione particolare
seguendo la teoria per cui l’innovazione linguistica proviene
essenzialmente dalle fasce più giovani della popolazione.
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Un altro sondaggio interessante per una panoramica sul rapporto tra età e
accettazione dei prestiti inglesi è quello effettuato dal centro di indagini e
ricerche SOFRES per l’Unione Latina; alla domanda “Che cosa ne pensate
dell’uso attuale di varie parole inglesi in Francia?” si sono dichiarati
favorevoli il 20%, neutrali il 44%, contrari il 36%. Un confronto tra la
frazione più giovane del campione e quella più anziana mostra che il 20%
favorevole è trasversale e stabile (20% dei più giovani, il 19% dei più
anziani), mentre risalta la neutralità dei più giovani rispetto ai più anziani
(51% contro 21%); i giovani sono risultati nettamente più tolleranti: di
questi è “contrario” solo il 26%, laddove nella fascia più anziana rileviamo
un 46%. Il processo in corso nella società francese pare quindi essere di
accettazione piuttosto che di adozione (Truchot, 1990: 309), fenomeno
quest’ultimo ormai radicato in Svezia e in pieno sviluppo in Olanda. A
parziale conferma di questa accettazione, abbiamo i dati dell’ufficio
britannico del turismo, stando ai quali circa 600.000 giovani francesi
passano la Manica ogni anno, molti dei quali in viaggio-studio (Truchot,
1990: 59). Per spiegare questa tendenza dobbiamo inoltre considerare le
aspettative che i giovani si creano verso il futuro lavorativo, dove di fatto si
è sempre più esclusi e meno competitivi se non si possiede una buona
padronanza della lingua inglese. Nelle offerte di lavoro, laddove sia
richiesta una competenza linguistica straniera, in Francia l’inglese è
richiesto sei volte di più del tedesco, che si trova al secondo posto; la
domanda di conoscenza di tedesco, spagnolo, italiano, e delle altre lingue
estere sommate tra loro resta di quattro volte inferiore alla sola richiesta
della conoscenza della lingua inglese (Flaitz, 1988: 98).
Jeffra Flaitz paragona l’elevato grado di diffusione dell’inglese nel campo
delle scienze a ciò che succede in un qualunque settore che si serva della
comunicazione:
“The diffusion of English in the field of science in France is widespread,
and to some extent, the phenomenon may be attributed to the same
circumstances which motivate young French musicians to compose in
English. Simply stated, one gains greater notoriety and visibility if one can
communicate to the world in English” (Flaitz, 1988: 90).
L’esempio del linguaggio radiofonico nei domini della comunicazioneLa
fetta della programmazione musicale dedicata ad un repertorio
anglosassone è importante e sempre più ampia nella scelta di trasmissioni
radiofoniche di stazioni private locali. Nel campo della musica leggera, in
Francia l’inglese è prima di tutto una lingua “di diffusione”, poi, in seconda
battuta, una lingua “di consumo”. Raramente è una lingua di produzione anche se il fenomeno è in crescita, come nell’esempio del gruppo parigino
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“Air” con il successo internazionale “Sexy boy” (1998). E’ curioso notare
che, nel 1986 (Statistiche SACEM), tra i trenta pezzi più suonati nelle
discoteche francesi, ben undici erano produzioni italiane, quasi tutte in
lingua inglese (Truchot, 1990: 190).
Nel suo studio sul linguaggio adottato dalle radio locali private, Anne Le
Guilly-Wallis rileva elementi anglofili nelle presentazioni di tutte le
trasmissioni dedicate ad un pubblico giovanile, adattandosi ai supposti
gusti dei giovani. D’altro canto, le stesse stazioni hanno spesso un nome
inglese, e molti presentatori usano in modo disinvolto espressioni inglesi
come forme iperboliche (es. Tu as un comportement de caterpillar!),
espressioni correnti nel francese popolare (es. C’est in the pocket),
espressioni in sostituzione paradigmatica (es. And now un vieux classique),
inserzioni di enunciati in inglese – soprattutto in jingles preregistrati (es.
You’re listening to Campus FM) (Truchot, 1990: 209-211).
Già nel 1955 Fantapie scriveva:
“Dès sa plus tendre enfance le jeune français est plongé dans un bain
sonore et visuel anglo-américain, par la chanson d’abord..., par les films,
westerns ou policiers, par des séries américaines de télévision, celles-ci
doublées en français mais dont la constante référence à des valeurs et à
des situations américaines a pour effet... de rendre l’anglais une langue
moins “étrangère” que l’allemand, l’espagnol, l’italien ou le javanais”
(Fantapie, 1955: 216. Op. citata in Flaitz, 1988: 72).
Come ci fa presente Truchot in anni più recenti, l’ambiente in cui vivono i
giovani costituisce esso stesso fattore d’impregnazione linguistica verso
l’inglese (Truchot, 1990: 57).
Polemica e critica
Da parte dei difensori della lingua francese sono spesso mosse forti critiche
all’uso che i giovani francesi fanno della loro lingua, pervasa come non mai
da termini anglofoni. I cosiddetti “puristi” della lingua presentano spesso le
loro opinioni in modo appassionato, facendo ricorso a luoghi comuni a
detrimento dei “soliti giovani scansafatiche e superficiali”, fornendo in
questo modo una visione tutt’altro che “politically correct” della realtà,
esponendo concetti generalmente non fondati su basi scientifiche o
statistiche e non considerando la naturale tendenza all’innovazione propria
dell’universo giovanile. Talvolta viene addirittura condannato il metodo
pedagogico che fa uso di materiale culturale americano e inglese per
l’insegnamento della lingua (Pergnier, 1989: 134). Questo punto di vista
non tiene conto della realtà della glottodidattica, come è stato osservato da
Gianfranco Porcelli, sul concetto di “lingua neutra”:
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F. Perotto, L'influenza dell'inglese sul linguaggio dei giovani in Francia
“E’ difficile pensare che tutto ciò possa permettere a chi impara di
collegare la lingua straniera con le proprie esperienze quotidiane. E se si
tratta di un gioco, allora è un gioco che si basa su un mondo parallelo: non
c’è più nessuna differenza tra l’inglese e il klingoniano, tra il tedesco e il
vulcaniano, e così via” (L’école du voisin, 1998: 26).
Senza drammatizzare e senza lanciare alcuna infruttuosa caccia alle
streghe, forse dovrebbe essere presa maggiormente in considerazione
l’importanza attuale dell’insegnamento della lingua inglese non solo sul
piano strettamente letterario-grammaticale, ma puntando alla comprensione
dei termini e delle forme che già sono quotidianamente usate dagli studenti,
potendo in questo modo sfruttare meglio una base lessicale diffusa che non
sempre è semanticamente chiara e univoca, fornendo un’interpretazione
attiva delle realtà – spesso effimere – indicate dai neologismi, sviluppando
capacità conoscitive negli studenti che in questo modo si troveranno
preparati ad accogliere o respingere criticamente nuove parole o forme
nella propria lingua. Bisogna comunque tenere presente che ogni lingua
viva è un fenomeno in movimento, e come tale non passibile di analisi
certe circa gli sviluppi futuri; per quanto riguarda il successo e la stabilità
dei prestiti linguistici, si può supporre, basandosi sull’osservazione di ciò
che è successo nel passato, che resteranno nel vocabolario della lingua
accettante solo i termini che risulteranno necessari alla comunicazione e
congruenti, venendo scartato tutto ciò che è superfluo e al di là di mode
passeggere.
Bibliografia
RADTKE, Edgard (Hrsg.). 1993. La lingua dei giovani. Tübingen: Narr.
PERGNIER, Maurice. 1989. Les Anglicismes. Paris: Presses Universitaires
de France.
FLAITZ, Jeffra. 1988. The Ideology of English: French perceptions of
English as a World Language. Berlin, New York, Amsterdam: Mouton de
Gruyter.
TRUCHOT, Claude. 1990. L’anglais dans le monde contemporain. Paris:
Collection "L’Ordre des mots", Le Robert.
L’école du voisin (Chambery 6-11 luglio) – Università d’estate 1998 –
Rapporto degli interventi.
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