La finanza islamica e la finanza etica

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La finanza islamica e la finanza etica
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Università degli Studi Roma Tre
Facoltà di Giurisprudenza
TESI DI LAUREA
in
Scienza delle Finanze
La finanza islamica e la finanza etica: due modelli
alternativi al sistema finanziario convenzionale
Chiar. mo Relatore: Prof. Elena Granaglia
Correlatori: Prof. Bruno Bises
Prof. Sergio Ginebri
Laureando: Diego Marciano
Anno accademico 2010-2011
2
A Flavia
“Quando oggi qualcuno mi chiede come mi siano venute tutte quelle idee
innovative…io rispondo che abbiamo guardato come funzionano le altre banche e
abbiamo fatto il contrario.” (Muhammad Yunus)
3
Indice
Introduzione
pag. 7
Capitolo I
Principi e caratteristiche della finanza islamica
1.1 Genesi e diffusione della finanza islamica
pag. 14
1.2. Le fonti religiose e giuridiche dell'economia islamica
18
1.3. Il profondo connubio tra etica ed economia nella cultura islamica
22
1.4. Il sistema bancario islamico
34
1.5. Gli strumenti finanziari e i contratti islamici
42
1.6. Prospettive di sviluppo della finanza islamica in Europa e in Italia
61
4
Capitolo II
L'evoluzione dei concetti di usura e speculazione finanziaria in
Occidente: le connessioni tra i divieti coranici e la filosofia
medievale
2.1 Il concetto di usura nell'etica aristotelica e nei passi biblici
pag. 71
2.2 L'interpretazione di Sant'Ambrogio: il prestito tra usura e carità
cristiana. La commenda medievale come esempio di compartecipazione del
rischio contrattuale
76
Il concetto di usura nel pensiero e nelle opere di Tommaso d'Aquino. La
nascita dei Monti di pietà
80
Il superamento definitivo del divieto di prestito ad interesse nella Riforma
protestante e nel Code Napoleon
93
Capitolo III
La finanza etica: principi e prerogative
5
3.1 Genesi e diffusione della finanza etica
pag. 99
3.2 Principi e caratteristiche
108
3.3 Strumenti finanziari tipici
121
3.4 L'esempio di Banca Etica e delle MAG in Italia
130
Conclusione
Le analogie e le differenze tra finanza etica e finanza islamica
137
Appendice A
143
Appendice B
146
Appendice C
147
Appendice D
151
Bibliografia
159
6
INTRODUZIONE
Questo lavoro si pone l'obiettivo di analizzare e porre a confronto due sistemi
finanziari alternativi alla finanza tradizionale, che negli ultimi anni hanno
suscitato un vivo interesse tra gli operatori finanziari, le istituzioni politiche, e, più
in generale, nell'opinione pubblica. Ciò che distingue in particolar modo questi
due sistemi finanziari dal modello di finanza mondialmente conosciuto al giorno
d'oggi è la rigorosa applicazione di principi etici in un ambito convenzionalmente
ritenuto antitetico a giudizi di carattere umanistico, sociale e morale.
L'esposizione di quelli che sono i tratti storici e le caratteristiche distintive alla
base di questi movimenti, non può tuttavia prescindere da un breve riferimento al
contesto storico ed economico che li ha riportati in auge nell'ultimo decennio.
Il punto di partenza da cui è opportuno prendere le mosse è senz'ombra di dubbio
il Patriot Act approvato negli Stati Uniti d'America sull'onda emotiva dell'11
settembre, su iniziativa del Presidente G. W. Bush. L'atto in questione, giudicato
da molti diffamante e discriminatorio nei confronti dei cittadini di religione
musulmana, nonché limitativo delle libertà individuali, prevedeva uno stretto
controllo sui conti corrente e sugli investimenti dei risparmiatori islamici,
considerati potenziali finanziatori del fondamentalismo e del terrorismo islamico.
Molti investitori musulmani decisero in quell'occasione di trasferire altrove gran
parte dei propri capitali, sottoscrivendo gli strumenti finanziari offerti dalle
banche islamiche, approdo ideale dei loro ingenti capitali. La conseguenza
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immediata prodotta dall'emanazione del Patriot Act fu il drastico depauperamento
del mercato finanziario americano, costretto a rinunciare all'ingente quantità di
capitali rappresentata dagli investitori musulmani. Tale perdita fu certo decisiva
nello spingere le banche d'investimento statunitensi a rivolgere maggiore
attenzione ai risparmi dell'investitore medio americano, consentendo al tempo
stesso ad un numero sempre crescente di mutuatari “low profile” di accendere
quelli che nel linguaggio tecnico vengono definiti mutui subprime. La massiccia
sottoscrizione di questa tipologia di mutui si rivelò letale per le banche:
l'insolvenza di molti mutuatari, in parte dovuta allo spropositato aumento dei tassi
di interesse, fece scoppiare nel 2008 la tristemente nota bolla del mercato
immobiliare americano portando sul lastrico, fra i tanti, il celebre colosso
finanziario Lehman Brothers. La crisi non rimase tuttavia confinata agli Stati Uniti
poiché il crollo della Borsa di Wall Street creò immediatamente un effetto domino
sui mercati finanziari di tutto il mondo occidentale.
In Medio Oriente, le cose andarono diversamente. La tempesta dei mutui
subprime lasciò infatti pressoché indenne le banche islamiche, strutture portanti di
un sistema finanziario del tutto peculiare, guidato dai principi coranici.
Sviluppatasi nei Paesi arabi a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, la
finanza islamica si fonda sulla Shari'a, la legge islamica, che, per quanto concerne
le pratiche finanziarie impone, fra l'altro: la proscrizione degli interessi (ribā),
considerati in qualsiasi caso una forma di usura; il divieto di ogni tipologia di
transazione finanziaria speculativa, che, nella pratica, esclude la possibilità di
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sottoscrivere strumenti finanziari derivati, quali futures e options (maysir); il
divieto di investire in attività illecite o contrarie ai precetti del Corano (haram); il
divieto dell'incertezza/rischio nei termini e nelle condizioni di un contratto(
gharār); un diritto contrattuale, infine, che prevede la compartecipazione di
profitti e perdite fra i contraenti.
Secondo i precetti del Corano, il tempo non può determinare un profitto su una
somma di denaro “immobile”: per crescere, esso deve essere investito in attività
concrete e produttive. Gli investimenti islamici, quindi, sono volti esclusivamente
a favorire la crescita dell'economia reale, e solo in questo caso il profitto generato
dall'investimento è ritenuto lecito. "La nostra religione vieta i prestiti basati
sull'interesse o la commercializzazione dei debiti, ogni prodotto finanziario deve
essere trasparente e in tutto e per tutto compatibile con i dettami del Corano"
spiega Rasheed Al Maraj, governatore della banca centrale del Barhain (Il Sole 24
Ore). Secondo la legge islamica, l'investitore musulmano non potrebbe quindi
acquistare prodotti complessi come le famigerate collaterized debt obligations,
che sono state tra le principali cause della tempesta subprime.
Le banche islamiche si distinguono dunque in modo sostanziale da quelle
occidentali. Piuttosto che concedere un mutuo a una persona che vuole comprare
una casa, riscuotendo in cambio un interesse sul prestito, la banca acquista
direttamente la casa e poi la concede in affitto al cliente, che si impegna a versare
la cifra corrispondente in più rate mensili, pagando una commissione sul servizio
ottenuto. Quando avrà pagato tutte le rate, il cliente diventerà il proprietario della
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casa. Questo breve esempio di come le banche islamiche interagiscano
quotidianamente con i loro clienti spiega in maniera efficace la ragione per la
quale una crisi come quella scoppiata nel 2008 negli Stati Uniti difficilmente
avrebbe potuto e potrebbe in futuro verificarsi nel mondo islamico.
Molti dei principi alla base del sistema economico-giuridico islamico, presenti
nel libro sacro dei musulmani, affondano le loro radici nella filosofia classica
greca e nella tradizione giudaico-cristiana, dalle quali, nel corso dei secoli, il
sistema economico occidentale è venuto pian piano distaccandosi, facendo dei
principi alla base del capitalismo moderno il suo unico modello di riferimento.
Simile convergenza, prodottasi nei secoli passati e venutasi a perdere in età
moderna, fra due culture apparentemente lontane l'una dall'altra, mostra come i
principi etici alla base della finanza islamica appartengano pienamente alla cultura
occidentale. Proprio in virtù di ciò, la prima grande crisi del sistema capitalistico
occidentale, prodottasi con il crollo di Wall Street del 1929, portò alla diffusione
in Occidente dell'investimento socialmente responsabile, la cosiddetta “finanza
etica”. E' questo un pensiero economico che si pone ad obiettivo l'uso del denaro
come “mezzo” di sviluppo dell'economia reale e non come scopo di profitto
individuale; l'homo oeconomicus, inoltre, non è trattato come mero fattore di
produzione, ma come un essere umano in tutto e per tutto, con propri diritti e
valori.
Il fenomeno della finanza etica ha interessato soprattutto i Paesi anglosassoni, in
particolar modo negli Anni Ottanta, con il diffondersi dei fondi d'investimento
10
etici. Successivamente, tuttavia, la moderna finanza etica si è espansa in tutto il
mondo, ampliando il suo raggio d'azione anche in Italia, con l'emergere del
risparmio autogestito e con la creazione, nel 1999, di un istituto bancario
estremamente peculiare, la Banca Popolare Etica.
Le caratteristiche principali della finanza etica si concretizzano in particolare,
nell'escludere gli investimenti in attività ritenute contrarie al benessere
dell'individuo, come la produzione di armi, tabacco, droghe e materiale
pornografico, incentivando, al contrario, progetti socialmente responsabili, come
ad esempio le attività volte alla tutela dell'ambiente. Inoltre, le pratiche finanziarie
devono favorire la massima trasparenza nella gestione del risparmio e degli
investimenti, incentivando la valorizzazione della partecipazione attiva degli
stakeholders nei processi economici.
Introdotte le peculiarità principali della finanza islamica e della finanza etica
presentiamo di seguito la struttura della nostra trattazione. Il lavoro è suddiviso in
tre capitoli: nel primo capitolo della nostra ricerca, “Principi e caratteristiche
della finanza islamica”, delineeremo l'evoluzione storica e le prerogative della
finanza islamica. Successivamente, approfondiremo lo studio delle fonti religiose
sulle quali si fonda il patrimonio giuridico di questo settore finanziario, mettendo
in risalto il profondo connubio esistente fra etica ed economia nel Testo Sacro dei
musulmani. Infine, descriveremo le peculiarità delle banche islamiche, dei singoli
contratti e degli strumenti finanziari islamici e valuteremo le prospettive future
della finanza islamica in Europa.
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Nel secondo capitolo, “l'evoluzione dei concetti di usura e speculazione
finanziaria in Occidente: le connessioni tra i divieti coranici e la filosofia
medievale”, esporremo come l'intenso connubio tra etica ed economia alla base
del sistema finanziario islamico, affondi le sue radici culturali nei testi Sacri
dell'ebraismo e del Cristianesimo e ancora, nelle trattazioni di politica economica
di Platone ed Aristotele; analizzeremo, quindi, l'evoluzione del concetto di usura
nei testi sacri della tradizione giudaico-cristiana e nella filosofia classica.
Successivamente, approfondiremo il pensiero su questa tematica di uno dei
massimi Dottori della Chiesa Cattolica, Sant'Ambrogio, e del principale esponente
della filosofia scolastica, San Tommaso d'Aquino. Infine, esamineremo l'incidenza
della Riforma protestante nel superamento definitivo del divieto di prestito ad
interesse nella cultura occidentale.
Nel terzo ed ultimo capitolo della trattazione, “la finanza etica: principi e
prerogative”, ci soffermeremo sulla genesi e la diffusione dell'approccio etico
nella finanza occidentale, descrivendo le peculiarità dei fondi d'investimento etico
e del microcredito. Successivamente, focalizzeremo la nostra attenzione
sull’attività svolta dalla Banca Etica e dalle Società di Mutua Autogestione
(MAG) in Italia.
Nella conclusione esporremo le analogie e le differenze tra le due tipologie di
finanza oggetto della nostra ricerca.
Ciò che ci interessa sottolineare è come questi due modelli di finanza,
estremamente differenti da quello convenzionale, non rappresentino affatto delle
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mere ipotesi concettuali, prive di attuabilità, ma delle effettive e concrete
alternative, dalle quali occorrerebbe ripartire per mettere fine alla crisi economica
e produttiva degli ultimi anni. A nostro giudizio, infatti, la diffusione della finanza
islamica in ambito europeo garantirebbe l'apporto di nuovi capitali da investire in
attività direttamente connesse all'economia reale, mentre l'evoluzione dello
screening e del rating etico delle imprese sottrarrebbe la finanza convenzionale al
giogo della speculazione e dell'arricchimento spregiudicato di pochi individui,
restituendole il ruolo di strumento atto a massimizzare il benessere di tutta la
comunità mondiale.
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Capitolo primo
Principi e caratteristiche della finanza islamica
Premessa
In questo capitolo descriveremo innanzi tutto l'evoluzione storica e le
caratteristiche principali della finanza islamica. Successivamente, analizzeremo le
fonti religiose dalle quali scaturiscono le basi giuridiche di questo settore,
mettendo in risalto il connubio indissolubile esistente fra etica ed economia nel
Testo Sacro dei musulmani. Infine, esporremo le peculiarità dei singoli contratti e
degli strumenti finanziari islamici e valuteremo l'incidenza e le prospettive future
della finanza islamica in ambito europeo.
1.1 Genesi e sviluppo della finanza islamica
La finanza islamica rappresenta un nuovo settore dell'economia mondiale, in netta
espansione. Con il termine “finanza islamica” intendiamo l'insieme delle
transazioni commerciali, dei servizi bancari e più in generale di tutti gli aspetti di
un sistema finanziario conforme ai precetti della shari'a, ovvero la giurisprudenza
musulmana. Nonostante la finanza islamica venga ancora valutato come un
fenomeno regionale e di nicchia (circa l'1% della finanza mondiale), le previsioni
del rapporto di Ernst & Young (2011) indicano nei prossimi cinque anni una
crescita ad un tasso medio annuale del 20%, con il 9% scarso del banking
tradizionale.
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Una crescita importante per un mercato in espansione che nel 2010 rappresentava
il 17,5% degli asset finanziari all'interno dell'area Middle East and North Africa
(MENA).
La genesi di questo sistema risale agli anni cinquanta dello scorso Secolo, quando
molti Paesi del Medio Oriente e dell'Asia, a maggioranza musulmana, divennero
Nazioni indipendenti dai dominatori occidentali, che fino a quel momento
esercitavano il controllo politico sulle risorse e, quindi, sull'economia delle
colonie orientali.
Nel 1963 venne costituito il primo istituto finanziario islamico in Egitto: la Cassa
di risparmio rurale di Mit Ghamr1 ad opera di Ahmad al-Najjar2, il quale si era
direttamente ispirato alle banche cooperative tedesche. Come descriveremo nel
dettaglio nel corso della nostra ricerca, ai risparmiatori era riconosciuto lo status
di soci della banca e compartecipavano agli utili e alle perdite derivanti
dall'attività economica di gestione secondo i dettami dell'etica musulmana 3; il
tutto avveniva sotto l'egida di un consiglio di supervisori esperti di legge coranica:
il c.d. Shari'a board, ancora oggi elemento peculiare delle banche islamiche4.
L'esperienza di questo istituto bancario fu decisiva e portò, nel 1970, alla
creazione del primo ente internazionale islamico di carattere economico: l'
1
2
3
4
Mit Ghamr è un piccolo villaggio sulle rive del Nilo.
Ahmad al-Najjar, economista egiziano. Studiò in Germania specializzandosi in economia
sociale.
L'attività di questa piccola cassa di risparmio prevedeva la concessione di microcrediti che
ridussero in breve tempo la disoccupazione nell'area del delta del Nilo. L'istituto fu chiuso nel
1968 per volontà del governo Nasser. L'esperienza di Ahmad al-Najjar è stata fonte
d'ispirazione per il premio Nobel Yunus in Bangladesh.
Le banche islamiche si affidano ad un sistema di doppia governance: da un lato c'è il consiglio
di amministrazione e dall'altro il consiglio dei supervisori religiosi.
15
Organization of the Islamic Conference (OIC)5. Fu proprio questa conferenza nel
1973 a determinare la fondazione della Islamic Development Bank con sede a
Jeddah, in Arabia Saudita6; l'economia dei Paesi musulmani, grazie agli ingenti
guadagni dovuti alla crisi petrolifera, aveva ormai acquisito forza e autonomia
rispetto alle grandi potenze occidentali, tanto da costringere l'Europa e gli Stati
Uniti a volgere lo sguardo verso questo nuovo mercato finanziario 7. Nel 1995
vennero istituiti i primi indici di borsa riservati agli strumenti finanziari islamici
shari'a- compliant in territorio americano e anglosassone: il Dow Jones Islamic
Index e il Financial Times Islamic Index. Nel 1997 la Malaysia costituì un sistema
finanziario innovativo, sintesi tra il modello convenzionale e quello shar'iatico,
dal quale sono scaturiti i primi titoli obbligazionari conformi alla giurisprudenza
islamica: i sukuk. Lo sviluppo di questo settore ha subito una forte crescita a
seguito dell' emanazione del Patriot Act, negli Stati Uniti d'America. L'atto
prevedeva un controllo stringente sui risparmi degli investitori islamici,
considerati potenziali finanziatori del fondamentalismo e del terrorismo islamico.
Molti investitori decisero di trasferire le proprie risorse, sottoscrivendo gli
strumenti finanziari offerti dalle banche islamiche, che rappresentarono l'approdo
ideale di questi ingenti capitali.
Oggi i servizi finanziari islamici vengono offerti in più di 60 Paesi del mondo,
anche non musulmani, tramite i c.d. Sportelli islamici delle banche convenzionali.
5
6
7
La prima banca islamica privata risale invece al 1975: la UAE di Dubai.
L'IDB è una banca sovranazionale partecipata dai membri dell'OIC che ha lo scopo di valutare
il rispetto dei principi coranici da parte delle istituzioni islamiche nelle loro attività
d'investimento e gestione.
Negli anni '90 fu istituito presso l'Università di Harvard un forum sulla finanza islamica.
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Per sportello islamico si intende la costituzione di un servizio riservato ai
risparmiatori di fede islamica presso le banche convenzionali, nel quale vengono
emessi solo strumenti finanziari Shari'a Compliant; gli intermediari di questi
strumenti gestiscono fondi pari a 750 miliardi di dollari 8,sotto il controllo
dell'Islamic Financial Services Board (IFSB)9 con sede a in Malaysia, ente di
coordinamento paragonabile al Comitato di Basilea per il sistema bancario
convenzionale. Secondo quanto sostenuto dalla Banca d’Indonesia, entro soli 4
anni, il giro d’affari della finanza islamica si aggirerà intorno ai 5 trilioni di
dollari, rispetto agli 895 miliardi di dollari del 2010 e ai 137 miliardi di dollari del
1996. La convergenza tra il sistema finanziario islamico e il modello
convenzionale si fa sempre più netta: “In altre parole l'economia e la finanza
islamica nascono come il prodotto di una fecondazione incrociata fra la cultura
economica occidentale e la cultura religiosa islamica”. (Hamaui-Mauri, 2009
pag.52).
8
9
La Banca Mondiale ha emesso un prestito obbligazionario rispettoso dei precetti della Shari'a
di 100 milioni di dollari.
Questo istituto fa seguito alla costituzione dell' Auditing Organisation for Islamic Institutions
(AAOIFI) nel 1991 con sede in Bahrein, organismo sovranazionale il cui obiettivo è quello di
sviluppare norme contabili e di governance compatibili con i dettami coranici.
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1.2 Le fonti giuridiche e religiose dell'economia islamica
Lo studio della finanza islamica non può prescindere dalla conoscenza, seppur
minima, di cosa si intenda per “Islam”. Pertanto, per cogliere il significato di
questo settore economico10 è fondamentale comprendere la forte influenza che la
religione esercita sulla vita sociale di un credente musulmano, imponendo ferree
regole di condotta.
Il termine Muslim è il participio del verbo arabo Salima, il cui significato letterale
è “sottomettersi”. Islam significa dedizione a Dio e fu scelto per denominare il
nuovo culto religioso dal vate Muhammad, l'ultimo dei Profeti mandato sulla
Terra da Allah per concludere la Rivelazione della fede musulmana. L'Islam è una
dottrina che va oltre l'aspetto religioso11,non prevede separazioni semantiche o
funzionali tra le sfere politiche, sociali e religiose ed interviene in ogni aspetto
dell'esistenza umana: “ La religione di Muhammad si richiama alla giustizia,
all'uguaglianza sociale e richiede ai ricchi di essere generosi utilizzando una
parte della loro ricchezza per aiutare i più poveri, i malati e gli orfani” (Siagh,
2008, p.5).
Il Qur'an è il Libro sacro dei seguaci di Maometto e custodisce i principi e i
dettami del culto islamico: è suddiviso in 114 capitoli o sure, ciascuno dei quali
formato da un numero variabile di versetti riferibili alle due città sacre: le sure
della Mecca (610-622 d.C.) e le sure della Medina (622-632 d.C.) 12. La differenza
10
11
12
Il mondo musulmano rappresenta il 25% della popolazione mondiale e il 10% del PIL.
In arabo si dice Din Wa- Dunya, è una fede che trascende la religione e permea ogni aspetto
della vita dei credenti.
Le sure della Mecca sono le rivelazioni ricevute dal profeta nel periodo meccano, mentre le
sure della Medina sono riferite alle rivelazioni successiva all'esilio di Maometto nella città
Mdina.
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tra i vari capitoli non è di poco conto; se le sure meccane tramandano
principalmente concetti morali, quelle di Medina rivelano un contenuto più
giuridico e normativo: i principi cardine del sistema economico islamico fanno
riferimento a questi ultimi capitoli rivelati a Mdina.
La Kalam Allah (Parola di Dio) riguarda tre temi fondamentali: l'unicità di Dio o
Tawhid, i racconti dei profeti precedenti a Maometto o Akhbar e le regole e le
leggi o Dyanat. Vi è poi la Tradizione (Sunna)13 ovvero la rappresentazione delle
consuetudini e delle azioni del Profeta ispirate dalla divinità che fungono da
esempi di comportamento individuali e sociali dei fedeli islamici.
L'Ijmà è la prima delle due fonti orali presenti nella tradizione musulmana e con
essa si indica il consenso dei dottori della legge in merito a determinate questioni
di natura religiosa; alcune interpretazioni dei massimi rappresentanti della
comunità possono produrre diritto positivo in base ad una massima del Profeta 14.
L'altra fonte orale è il Qiyās15, se possibile ancora più controversa di quella
precedente. Con questo termine si intende la produzione di norme giuridiche
mediante procedimento analogico, operazione logica non prevista dal testo sacro e
quindi priva di “approvazione” divina diretta e sempre soggetta ad errore, come
qualsiasi altra attività razionale dell'uomo. Accanto a queste fonti non possiamo
dimenticare l'importanza delle consuetudini come ulteriore elemento produttivo di
13
14
15
La sunna è suddivisa in cinque libri, scritti tra l'870 e il 915 d.C, dopo un'accurata verifica della
veridicità dei racconti narrati tre secoli prima. Non c'è concordia tra gli studiosi sulla possibilità
di considerare come parte della Sunna un ulteriore libro.
Il detto del profeta recita: “la mia comunità non si troverà mai d'accordo su un errore”. Tuttavia
gli sciiti non riconoscono la minima valenza a questa fonte potenzialmente normativa.
L'idea di dedurre una regola da casi simili e, più in generale, l'ammissibilità di questo
procedimento è fonte di scontro tra le quattro scuole giuridiche.
19
norme.
Il Qur'an e la Sunna sono gli elementi imprescindibili della Ash-Shari'a alIslamiyya, ovvero,
dell'interpretazione della dottrina religiosa effettuata dai
dottori della legge o Ulema .Nonostante non possa essere considerata come una
raccolta di norme codificate, il termine Shari'a viene tradotto anche come
sinonimo di Ahkam (legge in arabo).
Gli Ulema suddividono la legge in due unità: la Shari'a 'Ibadat, riguardante le
norme sulla devozione e la Shari'a Mu'amalat, inerente le attività economiche,
giuridiche e sociali. Le azioni umane sono distinte in cinque categorie:
•
Fard (atti obbligatori);
•
Mansūh ( atti consigliati);
•
Makrūh (sconsigliati);
•
Haram (proibiti);
•
Halāl ( leciti).
Vi è poi il Fiqh, ovvero la conoscenza della legge religiosa, il diritto positivo che
scaturisce dall'interpretazione shari'atica16. Nel Fiqh Al'ibadat troviamo i celebri
cinque pilastri della religione musulmana, che corrispondono agli atti obbligatori.
1) Shadada - la professione di fede: “non c'è altro Dio all'infuori di Allah e il
profeta Muhammad è il suo messaggero”.
2) Salawat – il compimento delle cinque preghiere giornaliere.
3) Sawn – l'obbligo di astenersi dal mangiare, dal bere, dal fumare e
16
La shari'a è immodificabile, in quanto direttamente rivelata da Dio. La sua difficile
interpretazione ha dato vita a 4 diverse correnti di pensiero, ciascuna di esse portate avanti da
una scuola giuridica.
20
dall'avere rapporti sessuali dall'alba al tramonto durante il mese di
Ramadan.
4) Hajj – il pellegrinaggio, almeno una volta nella vita, alla Mecca. Sono
esentati coloro che non abbiano le condizioni di salute ed economiche per
effettuare il viaggio.
5) Zakat – tassa annuale imposta a ciascun musulmano per aiutare i poveri.
Il
Fiqh Al Mu'amalat è la parte della Shari'a che più ci interessa. E' la
giurisprudenza commerciale islamica che tratta delle attività economiche lecite e
illecite, della distribuzione della ricchezza, della produzione e del diritto di
proprietà. L'interpretazione del fiqh varia in ognuna delle scuole giuridiche
esistenti (ne contiamo quattro sunnite e due sciite). Alle scuole giuridiche, di cui
parleremo più approfonditamente nell'appendice A, si aggiunge l'Islamic Fiqh
Academy, con sede a Jeddah e attiva dal 1981 a seguito della deliberazione
dell'OIC. I membri dell'accademia si riuniscono periodicamente con l'obiettivo di
ricercare soluzioni di compromesso tra le norme e i differenti contesti sociopolitici nei quali i dettami stessi esplicano la loro influenza.
I Paesi musulmani si differenziano in funzione del modello legislativo adottato dai
vari governi. Vi sono realtà nelle quali la Shari'a convive con sistemi di common
law e customary law e altre dove, invece, si sceglie il modello islamico puro 17.
17
Cfr, Appendice B.
21
1.3 Il profondo connubio tra etica ed economia nella cultura islamica
Nel paragrafo precedente ci siamo soffermati sul rapporto formale che intercorre
tra le fonti religiose e quelle giuridiche. Ora passeremo ad un'analisi più
approfondita delle sure medinesi e del Fiqh Al Mu'amalat, ove sono racchiuse le
linee-guida e i principi etici dell'economia musulmana. Vedremo come il mondo
islamico miri ad un sistema di welfare state in cui regni una giustizia sociale
improntata su principi come solidarietà e stabilità e che abbia come obiettivo
principale la garanzia del benessere economico per la comunità degli umma18. E'
doveroso premettere che i precetti coranici non sono presentati in modo
sistematico e ogni tentativo di sintesi degli stessi non può essere considerata
esaustiva.
“Uomini, temete Dio, il quale vi creò da una persona sola. Ne creò la compagna e
da essi suscitò molti uomini, e donne. Temete quel Dio nel nome del quale vi
chiedete favori l'un l'altro e rispettate il grembo che vi ha portato, Dio è sopra di
voi che vi osserva” (An-Nisâ',1). (Cfr, Ventura, 2010).
L'economia islamica si basa sul principio della fratellanza o tawhid. La
massimizzazione del profitto e la distribuzione della ricchezza non possono
prescindere dal rispetto di un'equa giustizia sociale; Dio non ha creato solo
l'individuo, bensì l'intera “comunità” dei fratelli: proteggerla e sostenerla è dovere
18
Umma: Con questo nome si indicò fin dall'inizio la prima organizzazione politica dei fedeli
musulmani che a Medina (all'epoca Yathrib) nel 622 d. C., vide la luce grazie all'azione del
profeta Muhammad.
22
di ciascun Umma. Nessun membro della comunità deve essere lasciato in
condizioni di indigenza. Questo precetto può essere assolto solo collaborando alla
creazione di un sistema che eviti l'accumulazione della ricchezza nelle mani di
pochi.
“ E assolvete all'orazione, pagate la zakat e inchinatevi con coloro che si
inchinano” (Al-Baqara, 43).
“In verità coloro che avranno creduto e avranno compiuto il bene, avranno
assolto l'orazione e versato la zakat, avranno la ricompensa presso il loro
Signore. Non avranno nulla da temere e non saranno afflitti”. ( Al-Baqara, 277).
“Preleva un'ammenda dalle loro ricchezze per purificarli e renderli puliti, e
prega per loro, le tue preghiere portano loro la quiete, Dio conosce e ascolta”
(At-Tawba, 103).
In questi passi della seconda e nona sura troviamo i principali riferimenti al
pagamento della tassa sul benessere eccedente o Zakat.19 E' doveroso per ciascun
musulmano contribuire economicamente al sostentamento dei meno fortunati, in
quanto: “Appartiene ad Allah tutto quello che è nei cieli e tutto quello che è sulla
terra” (Ash-Shura, 43). L'uomo è solo il vicario di Dio sulla Terra (Khalifa fi al
19
Il termine Zakat significa “purificazione” o “crescita”. Come abbiamo ricordato in precedenza,
rappresenta uno dei cinque pilastri della religione musulmana.
23
Ard) e per svolgere al meglio questo delicato ruolo dovrà gestire le risorse in
modo che tutta la comunità sia in grado di vivere dignitosamente; donare parte
delle proprie ricchezze è la soluzione ideale per assolvere a questo dovere sociale.
Questa imposta annuale rappresenta, quindi, una forma di raccolta di una piccola
parte di ricchezza di ciascun credente musulmano avente una determinata capacità
contributiva, a titolo di assistenza pubblica. Non si tratta di una contribuzione
volontaria ma di un obbligazione coranica nei confronti della quale si è
direttamente responsabili dinanzi alla propria fede. La base imponibile viene
calcolata sull'eccedenza del livello minimo di benessere pro capite (Nisaab). Il
Nisaab è stato fissato dal Profeta in 20 mithqaal d'oro o 200 dirham d'argento, pari
rispettivamente al valore di 87,48 grammi d'oro e 612,36 di grammi d'argento
oltre il quale scatta l'aliquota. I principali beni sui quali viene effettuato il calcolo
del Nisaab sono: possedimenti d'oro, d'argento, assets liquidi ed investimenti,
nonché terre agricole e bestiame. La percentuale d'imposta per i possedimenti
d'oro, d'argento e il denaro contante è costituita dal prelievo del 2,5% del valore
dei cespiti patrimoniali. Per quanto riguarda le terre agricole l'aliquota è pari al
10% del valore mentre le terre non irrigate subiscono un prelievo del 5%; i beni
devono essere posseduti da almeno un anno islamico o Hijiri.
Il prelievo non è previsto sui beni necessari al sostentamento (cibo, casa, ecc.). I
beneficiari e le finalità dell'imposta annuale sono individuati direttamente dal
Sacro Testo20: i poveri, i bisognosi, le vedove, gli orfani, i pellegrini e i debitori,
ovviamente solo se di fede musulmana, per la liberazione dalla schiavitù e dalla
20
Cfr, Sura 9 versetto 60
24
povertà, la diffusione dell'Islam e il sostentamento degli addetti alla riscossione
dell'imposta. Vi sono Paesi nei quali la Zakat viene reinterpretata non come
imposta sul patrimonio, bensì come imposta sul reddito delle persone fisiche e il
suo assolvimento permette l'apertura di un credito d'imposta per l'importo versato,
una vera e propria agevolazione fiscale, simile a quanto avviene in caso di
donazioni nei Paesi Occidentali. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna sono previsti
sgravi fiscali per i cittadini musulmani intenzionati a versare l'imposta coranica ad
operatori qualificati.
La questione fondamentale riguarda la ricerca di omogeneità nella riscossione
della Zakat nei differenti contesti islamici. Ad esempio, non vi è consenso tra le
varie scuole sulla determinazione del livello minimo di benessere e, quindi, sulla
base imponibile. In alcuni Paesi islamici la riscossione è obbligatoria per legge, in
altri è affidata ad agenzie o fondazioni non governative. Numerose banche
islamiche si sono impegnate a costituire e gestire un fondo speciale, il c.d. Beit AlMal o tesoro dei musulmani, arricchito da donazioni ed eredità prive di eredi.
L'attivo ottenuto dovrà essere necessariamente investito per scopi sociali, quali la
costruzione di strutture ospedaliere o scuole. In questo modo i patrimoni inattivi
vengono reinvestiti, generando posti di lavoro e crescita economica. Il fondo
finanzia anche borse di studio per studenti meritevoli. Tutto ciò chiarisce il motivo
per cui la Zakat non è solo un semplice dovere morale o atto di fede, come lo è
l'elemosina o Sādaqa, ma uno strumento di politica economica affidato ai
governanti dei Paesi islamici. L'equa distribuzione della ricchezza impone una
25
minore libertà per gli imprenditori nella massimizzazione del profitto, visto come
un potenziale limite al benessere generale. D'altronde, come abbiamo più volte
chiarito, i mezzi di produzione appartengono ad Allah e i capitalisti hanno solo il
compito di gestirli in modo sostenibile per l'intera comunità.
Veniamo ora alla definizione dell'usura. L'homo islamicus configura come “usura”
qualsiasi forma di interesse determinato ex ante applicato al contratto di prestito.
Il termine arabo utilizzato per definire questo divieto è Ribā, letteralmente
“eccesso”, “incremento”.
“Coloro invece che si nutrono di usura resusciteranno come chi sia stato toccato
da Satana. E questo perché dicono: Il commercio è come l'usura! Ma Allah ha
permesso il commercio e ha proibito l'usura. Chi desiste dopo che gli è giunto il
monito del suo Signore, tenga per sé quello che ha e il suo caso dipende da Allah.
Quanto a chi persiste, ecco i compagni del Fuoco. Vi rimarranno in perpetuo”
(Al-Baqara, 275).
“Allah vanifica l'usura e fa decuplicare l'elemosina. Allah non ama nessun
ingrato peccatore”. ( Al-Baqara, 276).
“O voi che credete, temete Allah e rinunciate ai profitti dell'usura se siete
credenti” (Al-Baqara, 278).
26
“Se non lo farete vi è dichiarata guerra da parte di Allah e del Suo Messaggero;
se vi pentirete, conserverete il vostro patrimonio. Non fate torto e non subirete
torto”. (Al-Baqara, 279).
“Quel che prestate a usura perché cresca con l'accrescersi dei beni altrui non
crescerà affatto presso Dio, ma quel che date in elemosina cercando il Volto di
Dio, quello vi sarà raddoppiato”( Ar-Rum, 39).
Dalla lettura di questi versetti si evincono chiaramente due concetti: l'apertura nei
confronti delle attività commerciali ( Allah ha permesso il commercio...) e la netta
presa di posizione contro l'usura, considerata un arricchimento ingiustificato e un
peccato gravissimo nei confronti di Allah. Il netto rifiuto nei confronti dell'usura
rappresentava una novità nel contesto sociale delle tribù arabe pre-islamiche,
dedite ad un sistema di prestiti in virtù del quale, in caso di ritardo o di mancato
pagamento alla scadenza, il debito stesso veniva raddoppiato; una pratica contraria
al principio della fratellanza e quindi ferocemente contrastata dai seguaci del
Profeta Muhammad21. L'interesse è il vantaggio patrimoniale dovuto a titolo di
compenso per la disponibilità del capitale finanziario prestato, ma la teoria
economica islamica rifiuta l'idea che il denaro possa generare altro denaro;
l'incremento del capitale è conforme alla Shari'a esclusivamente se inserito in un
contesto produttivo reale: solo la crescita reale genera profitto e non la sterile
aspettativa di una remunerazione priva di causa. Pertanto, il risparmio prestato
21
Vedi Sura II, versetto 280.
27
non legittima l'acquisizione di un tornaconto.
Il significato semantico di ribā non è definito minuziosamente nel Sacro Corano,
di conseguenza è materia di dibattito tra i dottori della Legge. La dottrina delle
scuole giuridiche dominanti ritiene che non vi sia differenza tra la concezione
occidentale di usura22 e ribā: il prestito ad interesse sarebbe comunque attività
illegittima (Haram)23. La proibizione non riguarda, quindi, l'eventuale
sproporzione dell'interesse ex se, bensì la sua quantificazione predeterminata in
qualsiasi tipo di contratto sinallagmatico. Nelle valutazioni degli Ulema vi è
maggiore apertura verso il riconoscimento del ribà' al-nas'iah, ossia l'interesse
riferito ai rapporti debitori. Netta è la chiusura nei confronti del ribā al fadl,
ovvero la remunerazione nello scambio. La compravendita non è legittima se
prevede un vantaggio patrimoniale ulteriore rispetto a quello del valore
dell'oggetto della trattativa24. E' per questo motivo che i contratti a prestazioni
istantanee sono nettamente preferibili, con essi si evita che una parte monetizzi
l'eventuale mutamento del valore dei beni compravenduti nella fase che intercorre
tra la stipulazione e la consegna effettiva.
Gli effetti della proibizione si propagano anche nell'attività d'impresa. Un
corollario del ribā è l'assunzione del rischio di subire perdite nella ricerca del
Usura intesa nella cultura latina.
Il Pakistan Council of Islamic Ideology del 1980 ha categoricamente rifiutato ogni distinzione
tra prestiti adibiti al consumo e alla produzione, nonché differenze di sorta tra debitori enti
pubblici e privati.
24
Questa interpretazione viene riferita al passo Hadith raccolto da Muslim: “vendi oro per oro,
argento per argento, grano per grano, orzo per orzo, dattero per dattero, sale per sale, uguale
per uguale, simile per simile; se le merci differiscono puoi vendere come desideri, purché lo
scambio sia contestuale. Chi paga di più o riceve di più cade nel ribā. Chi prende e riceve è
uguale (nel peccato).
22
23
28
profitto, quello che definiamo rischio d'impresa. In base ai dettami coranici,
l'imprenditore musulmano è legittimato a percepire un profitto se esso è il frutto
della sua attività lavorativa e, allo stesso tempo, l'imprenditore deve accettare la
possibilità di subire perdite nel caso in cui i suoi investimenti non siano redditizi.
Il binomio profitto-perdite non si riscontra nel prestito; il finanziatore è sempre
garantito dalle condizioni che impone nel contratto, addirittura otterrà maggiore
guadagno in funzione del ritardo nei pagamenti da parte del debitore. Nulla di più
distante dal principio della cooperazione e dalle raccomandazioni del Profeta: “ se
il vostro debitore si troverà in difficoltà gli sia accordata dilazione finché una
buona occasione gli si presenterà, ma se rimetterete il debito sarà meglio per voi,
se lo sapeste.” (Al-Baqara, 280). In conclusione, i prestiti hanno la funzione di
finanziare gli investimenti e l'unica possibilità lecita di remunerarne l'utilizzo è la
partecipazione agli utili prodotti dall'investimento stesso.
Un altro principio etico fondamentale dell'economia islamica è la equa
remunerazione
del
lavoro
prestato.
Come
abbiamo già
affermato,
la
massimizzazione del profitto non è l'obiettivo principale dell'impresa islamica: i
risultati dell'attività imprenditoriale dovranno portare giovamento alla comunità,
non solo agli azionisti, e il lavoro è un fattore della produzione da trattare con
molta attenzione. Nell'economia di mercato applicata nel mondo occidentale è la
legge della domanda e dell'offerta a regolamentare il livello retributivo di un
individuo; nel sistema shari'atico il salario di un lavoratore dovrà essere stabilito
in funzione del quantum di ore prestato e della tipologia di prestazione
29
professionale svolta. L'imprenditore che non rispetta queste valutazioni incorre nel
rischio di una cattiva gestione dei mezzi di produzione 25. Un passo del Hadith ci
chiarirà le idee:
“ Il profeta disse: ' Allah disse, il Giorno della Resurrezione mi opporrò a tre tipi
di persone: a coloro che trasgrediscono un accordo fatto in mio nome, a coloro
che vendono uomini liberi e si cibano del compenso e a coloro che assumono un
lavoratore e ottengono pieno lavoro da questo, ma non lo ricompensano con un
salario adeguato.” (Narrato da Abu Huraira).26
Proseguiamo la nostra ricerca analizzando altri due divieti previsti dalla Shari'a,
ovvero il maysìr e il ghārar. Il termine maysìr significa letteralmente
“speculazione” mentre ghārar viene tradotto con l'espressione “ irragionevole
incertezza”.
Per “incertezza” non consentita si intende “la frode perpetuata nei confronti di
una o più parti di un contratto stipulato facendo affidamento sull'ignoranza. Vi
sono vari tipi di contratto considerati "gharār", i principali dei quali sono:
•
•
La vendita di beni che il venditore è incapace di consegnare;
La vendita di beni senza una precisa descrizione, così come un
negoziante vende vestiti di taglia imprecisata;
•
25
26
La vendita di beni senza un prezzo evidenziato;
Ricordiamo che i mezzi di produzione appartengono ad Allah (As-Shura, 43).
Al-Bukhari, Volume 3, Libro 36, Numero 470.
30
•
Stipulare un contratto sulla base di una scadenza imprecisata;
•
La vendita di beni sulla base di false descrizioni;
•
La vendita di beni senza permettere al compratore di esaminare le merci.”
(Cfr, Masullo-Di Gennaro, 2001).
Questo divieto è assoluto solo nel caso in cui si presenti in modo rilevante in uno
dei suddetti contratti, le garanzie corredate ad un bene reale non rientrano nel
divieto; rispetto al ribā vi è maggiore flessibilità.
Storicamente il maysir è il gioco d'azzardo eseguito con l'intenzione di ottenere un
facile profitto: “ Ti chiederanno del vino e del maysir. Rispondi: ' In entrambi c'è
un peccato grave e anche un vantaggio per gli uomini, però il peccato è maggiore
del vantaggio“ (Al-Baqara, 219). Nel sistema economico islamico il maysir è
esteso alle pratiche finanziarie e ai contratti speculativi quali l'assicurazione, gli
options e i futures.
La definizione dei divieti ribā', ghārar e maysir è fondamentale per comprendere
la distinzione tra le attività lecite (Halal) e le azioni proibite (Harām)27. E' illecito
il profitto derivante dal compimento di attività palesemente contrarie ai dettami
etico-religiosi dell'Islam. E' fatto divieto a ciascun fedele di trarre beneficio dalle
seguenti attività commerciali:
27
•
la vendita e l'assunzione di prodotti alcoolici e stupefacenti;
•
il gioco d'azzardo e le scommesse;
Nella religione islamica il termine Harām permea qualsiasi aspetto della vita del fedele, dal
cibo agli orientamenti sessuali. La nostra ricerca si limiterà ad affrontare le prospettive
economiche.
31
•
la vendita e lo sfruttamento di materiale pornografico;
•
il commercio e la fruizione di carne suina.
Altri esempi sono inerenti agli utili acquisiti tramite il furto, la corruzione,
l'inganno, l'omicidio oppure con qualsiasi altra modalità che arrechi danno ad un
altro individuo. E' lapalissiano aggiungere che rientra nel divieto anche il semplice
investimento in salumerie, distillerie, sale giochi e società d'assicurazione.
Dall'excursus normativo appena concluso è possibile delineare il profilo
dell'homo islamicus e altresì delle imprese rispettose della Parola di Dio. Le fonti
della religione islamica guidano tutti gli aspetti della vita del credente, non vi è
distinzione tra le sfere politiche, sociali ed economiche; il Qur'an, la Sunna e i
detti e i fatti del Profeta fungono da codici di condotta della vita esteriore ed
interiore del buon musulmano. I testi che abbiamo analizzato evidenziano
l'esistenza di una teoria economica basata sul principio di cooperazione e
solidarietà tra gli uomini, nel quale il benessere della comunità deve prevalere
sugli interessi individuali. La proprietà privata è interpretata in chiave solidaristica
più che nella tipica concezione liberale, l'individuo ha il solo compito di sfruttare
in modo razionale e per il bene di tutti le risorse economiche che appartengono a
Dio. La libera concorrenza è preferita al monopolio in quanto funzionale al bene
comune. Il credente deve astenersi dal consumare e incentivare la diffusione di
sostanze che alterino il suo equilibrio psico-fisico. Una parte del suo reddito andrà
devoluta in beneficenza per aiutare i bisognosi. L'indebitamento è considerata una
pratica degenerativa del sistema economico al pari della predeterminazione di un
32
tasso d'interesse nel contratto di prestito. Gli investimenti in strumenti finanziari
speculativi e aleatori sono illeciti. Le imprese non devono puntare alla
massimizzazione del profitto perché quest'ultima limita il benessere della
comunità. Il sistema ideale è la condivisione dei profitti e delle perdite, nel quale
ad ogni investimento corrisponde una partecipazione agli utili e alle eventuali
perdite dell'attività imprenditoriale e dove le aziende non possono accedere al
mercato del debito, anch'esso visto poco confacente ad una visione economica
eticamente sostenibile. Lo Stato ha lo scopo di perseguire la coesione sociale,
elemento base dei rapporti economici, vegliando sul buon funzionamento del
mercato e intervenendo nei casi in cui sia necessario modificare l'allocazione delle
risorse e la distribuzione delle rendite.
33
1.4 Il sistema bancario islamico
Il lavoro dei giuristi islamici ha generato un sistema finanziario del tutto peculiare
e alternativo al modello convenzionale adottato praticamente in tutto il mondo. I
divieti, che abbiamo analizzato nel paragrafo precedente, hanno sollecitato gli
economisti islamici a strutturare un prototipo in grado di fornire servizi finanziari,
direttamente connessi ai principi etici e religiosi28. Vi sono realtà nella quali si è
deciso di riorganizzare completamente l'attività bancaria in base ai dettami
coranici, altre dove si è optato per un sistema misto nel quale convivano banche
convenzionali e islamiche.
L'Islamic banking si configura in tre modi:
1) banche islamiche pure, ove vengono offerti solo servizi finanziari
conformi alla Legge Coranica;
2) sportelli islamici presso banche convenzionali29, nei quali i credenti
musulmani possono investire i propri risparmi in prodotti Shari'a
compliant.
3) succursali presso banche convenzionali, specializzate nell'offerta di
strumenti conformi al Corano.
La banca islamica è un istituto creditizio organizzato nel rispetto delle fonti
giuridiche e della giurisprudenza prodotta dalle quattro scuole di pensiero. La
finalità principale rimane il raggiungimento di un profitto mediante la raccolta del
28
Con l'espressione etica islamica in campo economico non vogliamo descrivere un sistema
moralmente superiore o meritevole rispetto a quello Occidentale. Ci limitiamo a trattare la materia
in base a ciò che viene definito “etico” da un punto di vista islamico.
29
Sono sempre più numerose le banche occidentali che hanno aperto sportelli islamici: ABN
AMRO, ANZ, Barclays Bank, Citibank, Goldman Sachs & Co e HSBC solo per citarne alcune.
34
risparmio e l'erogazione del credito, ma esso non può derivare dal pagamento o
dalla ricezione di interessi in qualsiasi tipo di operazione bancaria. Il modello di
riferimento è il profit and loss sharing; i clienti e l'istituto bancario devono
condividere gli utili e le perdite dell'investimento proposto, in una sorta di
partnership. Non è prevista alcuna forma di operazione in strumenti finanziari
speculativi, in quanto, come abbiamo già chiarito precedentemente, il denaro può
produrre ricchezza solo nel momento in cui viene inserito in un contesto
produttivo reale. Al tasso d'interesse si sostituisce il tasso di rendimento su attività
reali.
Le banche islamiche presentano una struttura originale; all'assemblea dei soci
(presente in qualsiasi tipo di istituto bancario mondiale) si affianca il cosiddetto
Consiglio della Shari'a. Questa istituzione è un comitato di giuristi esperti del
Fiqh Al Mu'amalat che ha il duplice compito di valutare la conformità ai principi
etici di ciascun servizio finanziario offerto e di diffondere la cultura etica o
Sulukiat tra i dipendenti della banca; è composto da un minimo di 4 membri ad un
massimo di 7, spesso originari di Paesi diversi. Alla fine di ogni anno finanziario,
il Consiglio presenta un rapporto ai soci e ai clienti sulle attività supervisionate. I
membri del Comitato non sono generalmente retribuiti e possono svolgere le
proprie mansioni di controllo in più di un istituto bancario; maggiore è la notorietà
accademica dei membri e maggiore sarà la credibilità e la affidabilità della banca.
E', quindi, lo Shari'a board ha stabilire se un prodotto bancario è illecito (haram)
o lecito (halal) e le valutazioni (fatwa) possono cambiare in funzione del contesto
35
territoriale o del pensiero della scuola giuridica di riferimento di ciascun comitato.
Vi sono Paesi nei quali il giudizio del Consiglio si ritiene vincolante e altre dove
svolge un ruolo più esortativo e meno tecnico 30.
Per avere un esempio della composizione e delle mansioni specifiche di un
Consiglio della Shari'a, riportiamo integralmente il testo della pagina web
ufficiale del Comitato shar'iatico dell'AAOIFI (Accounting and Auditing
Organization for Islamic Financial Institutions), che svolge il ruolo di supervisore
dell'attività di tutti gli altri Shari'a board :
The Shari’a Board is composed of not more than twenty members to be
appointed by the Board of Trustees for a four-year term from among fiqh
scholars who represent Shari’a supervisory boards in the Islamic financial
institutions that are members of AAOIFI, and Shari’a supervisory boards in
central banks.
The powers of the Shari’a Board include, among others, the following:
(1)
Achieving harmonization and convergence in the concepts
andapplication among the Shari’a supervisory boards of Islamic
30
Nel Sud Est Asiatico vi sono Shar'ia Boards meno conservatori e più flessibili rispetto a quelli
delle banche situate nei Paesi del Golfo.
36
financial institutions to avoid contradiction or inconsistency
between the fatwas and applications by these institutions, thereby
providing a pro-active role for the Shari’a supervisory boards of
Islamic financial institutions and central banks.
(2) Helping in the development of Shari’a approved instruments,
thereby enabling Islamic financial institutions to cope with the
developments taking place in instruments and formulas in fields of
finance, investment and other banking services.
(3) Examining any inquiries referred to the Shari’a Board from
Islamic financial institutions or from their Shari’a supervisory
boards, either to give the Shari’a opinion in matters requiring
collective Ijtihad (reasoning), or to settle divergent points of view, or
to act as an arbitrator.
(4)
Reviewing
the
standards
which
AAOIFI
issues
in
accounting, auditing and code of ethics and related statements
throughout the various stages of the due process, to ensure that these
issues are in compliance with the rules and principles of Islamic
Shari’a
In dottrina e nella prassi societaria è controverso il rapporto gerarchico che
intercorre tra i membri del Consiglio e gli azionisti, soprattutto il grado
d'incidenza delle valutazioni del Comitato stesso sulle scelte finali del CDA. E'
37
chiaro che gli azionisti, in quanto proprietari della banca, sono a capo dell'intero
organigramma e, per quanto lo Shar'ia board sia un ente indipendente, è sempre
revocabile da parte del CDA31. Non dobbiamo dimenticare, però, che l'attività
economica deve essere esercitata in base alle regole religiose e morali, delle quali
i membri del Consiglio shar'iatico sono i massimi studiosi. La buona reputazione
di una banca islamica dipende anche dalle sinergie tra gli esperti di finanza e i
dottori della Legge Coranica; un dirigente che sottovaluta le fatawa dello Shar'ia
board rischia di perdere numerosi clienti.
Un'ulteriore funzione specifica di un Comitato di controllo islamico è lo screening
etico di un fondo d'investimento da inserire negli indici finanziari principali, tra i
quali il più importante è il Dow Jones Islamic Market (DJIM). Lo Shari'a Board
del DJIM ha il compito di verificare l'eticità dell'oggetto dell'investimento da far
sottoscrivere dai risparmiatori interessati seguendo una determinata verifica, il c.d.
Filtro islamico:
− la società che emette il fondo non deve aver violato i divieti coranici 32;
− la società non deve avere partecipazioni in altre società il cui interesse
primario sia riconducibile ad una delle attività haram;
Successivamente il Comitato del DJIM analizzerà il livello di debito e la presenza
di redditi valutabili come proibiti ed escluderà le società se:
-il rapporto tra debito totale e capitalizzazione di mercato è superiore al 33%;
31
32
La revoca di un Comitato della Shar'ia può avvenire solo per gravi motivi.
E' prevista una percentuale di flessibilità che oscilla tra il 5 e il 15%.
38
− il rapporto tra la liquidità sommata ai titoli fruttiferi di interessi e la
capitalizzazione di mercato è superiore al 33% 33;
− il rapporto tra crediti e attività totali è superiore al 45%.
Dopodiché verrà posto in relazione il reddito non operativo da interessi (NonOperating Interest Income, NOII) al reddito totale. Questo controllo è diretto a
valutare il livello di speculazione della gestione di cassa di alcune società che
collocano i flussi di liquidità in conti fruttiferi per un periodo limitato, violando il
divieto del ribā: se la violazione è inferiore al 15% al reddito totale della società
viene “tollerata”, riportando fedelmente i dati sulla percentuale affinché i
risparmiatori siano informati che quel fondo si basa anche per un minimo su
attività impure. Qualora il livello di attività haram superi il 15%, le società non
potranno, invece, emettere titoli e fondi nel mercato finanziario islamico. Un po'
di flessibilità è concessa anche nel mondo del Profeta.
Un
ulteriore
elemento
peculiare
degli
istituiti
di
credito
islamici
è
l'indottrinamento dei dipendenti, o Suluki'at. Con questo termine si indica il
comportamento etico che ciascun impiegato della banca deve rispettare durante le
ore di lavoro, affinché i clienti possano saggiare la dimensione religiosa dell'intero
sistema al quale affideranno i propri risparmi. La Bahrein Islamic Bank e la Dubai
Islamic Bank hanno istituito una scuola di formazione sulla cultura etica e le
tecniche bancarie conformi alla Legge islamica; i dipendenti sono tenuti a
Questa apparente violazione legalizzata dei divieti coranici è giustificata da un passo della
tradizione (hadith), nel quale il Profeta affermò che “un terzo è un buon accordo” quando gli
venne chiesto quanto si potesse chiedere in più come giusta eredità oltre quanto fosse stato
prescritto.
33
39
frequentare i corsi di aggiornamento e a rispettare gli orari di preghiera, uno dei
cinque pilastri della religione. Alla fine di ogni preghiera l'Imam compirà una
predica di quindici minuti sull'importanza dell'etica e della religione nell'attività
lavorativa di ogni buon musulmano 34.
Questo sistema sottopone i dirigenti della banca al controllo di una doppia
governance che riduce di gran lunga la loro autonomia gestionale. Infatti, da un
lato, dovranno soddisfare le esigenze di carattere puramente finanziario del CDA e
rispettare le aspettative di profitto previste dal medesimo organo, e dall'altro
saranno incentivati a sponsorizzare con maggiore attenzione i prodotti bancari
eticamente sostenibili “preferiti” dagli Ulema, per non correre il rischio di un
giudizio negativo sul proprio operato da parte del Consiglio dei giuristi. I dirigenti
dovranno, quindi, conciliare gli interessi apparentemente contrastanti dei due
organi di controllo, convincendo i giuristi della necessità di adeguare i prodotti
bancari alla realtà capitalistica mondiale e suggerendo al CDA l'emanazione di
strumenti conformi alla cultura religiosa dei potenziali clienti.
La suluki'at è il mezzo fondamentale per coadiuvarli in questa funzione
“diplomatica”: i dirigenti conosciuti nel mondo bancario islamico per la loro
elevata cultura etica acquisiranno una reputazione talmente elevata da influenzare
le scelte degli stessi azionisti. A questo proposito è interessante il pensiero del
34
Un banchiere islamico, intervistato sull'argomento suluki'at ha dichiarato in proposito: “Grazie
alla suluki'at la banca realizza un doppio risultato. Sul piano interno raggiungiamo la sinergia,
la cooperazione, l'efficacia e soprattutto la legittimità interna. Sul piano esterno rinforziamo
l'immagine della banca e di conseguenza la sua legittimità esterna nei confronti dei beneficiari,
in seno alla comunità e alle società in generale. In fin dei conti tutto ciò porta al rendimento
organizzativo” cit. da L. Siagh, 2008.
40
direttore dell'ABC Islamic Bank, Hussain Al Khaja: “ Reclutando il personale, la
banca islamica deve prima di tutto considerare la Suluki'at, poiché il
comportamento etico è molto importante in questa industria. Ad esempio, che una
persona beva o non beva dell'alcool è molto importante. I dipendenti devono
rispettare l'immagine della banca. Se un dipendente frequenta le discoteche o
beve alcool in pubblico, distrugge l'immagine della banca agli occhi dei clienti.
La finanza islamica è prima di tutto una questione di etica e i dipendenti sono
tenuti in ogni modo possibile a rispettare i principi del'Islam, altrimenti devono
andare a lavorare in un altro settore”.
La cultura etica funge da collante tra i collaboratori facendoli sentire parte di una
comunità lavorativa che persegue gli stessi obiettivi di crescita economica e
persino morale.
41
1.5 Gli strumenti finanziari e i contratti islamici
Le banche islamiche attirano sempre maggiori capitali, non solo basandosi sul
desiderio dei credenti di vedere le proprie risorse purificate in settori rispettosi
della Fede, ma anche proponendo investimenti concorrenziali e redditizi.
La raccolta del risparmio avviene in due modalità peculiari:
1) conti di deposito non remunerati o Al hisāb al gari;
2) conti di deposito partecipativi o hisābat al-istitmār.
La prima tipologia di conto corrente non produce alcun tipo di rendimento, né
spese da parte dei correntisti. I vantaggi per i depositanti si limitano alla custodia
in banca dei contanti e altri servizi quali, l'utilizzo del carnet d'assegni e il
controllo delle operazioni di trasferimento dei fondi in entrata e uscita senza
commissione35. Per ovviare alla mancanza di una remunerazione basata sul
calcolo degli interessi per il denaro depositato è prevista l'elargizione di “regali”
in natura (ikrāmiyya), ossia piccole somme di denaro sotto forma di donazioni
(hibā) o condizioni vantaggiose per il supporto finanziario di progetti
imprenditoriali (tamwil) alla fine dell'anno finanziario e a discrezione della banca.
Il risparmio raccolto verrà gestito dalla banca in base ad un contratto di mandato
stipulato con il cliente o wakala per finanziare, ad esempio, l'acquisto di un bene
reale o l'apertura di un'attività commerciale da parte di un altro cliente. L'istituto
35
Non è possibile richiedere una carta di credito con questo conto corrente in quanto l'utilizzo
della stessa carta comporterebbe la legittimità di pagamenti dilazionati con interesse.
42
di credito otterrà un margine sull'investimento, anziché interessi sul prestito
approvato. Le medesime peculiarità caratterizzano i depositi a risparmio o hisāb
al-tawfir. I movimenti vengono registrati su un libretto nominativo (daftar)
intestato a determinati beneficiari o al depositante stesso.
I conti corrente partecipativi o d'investimento sono depositi a termine fondati sul
principio di compartecipazione agli utili e alle perdite; la banca gestisce i fondi
acquisiti dal cliente e si obbliga a restituirli alla scadenza. Il correntista non ha
poteri di controllo sulle attività imprenditoriali che verranno finanziate (anche con
il suo denaro), e non ha certezza che il capitale iniziale venga restituito nella sua
interezza o ad un tasso di rendimento stabilito a priori. Egli affida i suoi risparmi
alla banca consapevole del rischio che gli investimenti potrebbero produrre utili
quanto perdite; questo sollecita l'istituto bancario a valutare con molta più
attenzione i livelli di redditività di ciascuna operazione piuttosto che le garanzie
prestate. I fondi possono essere depositati per un periodo che va da un mese a
cinque anni. Nel caso in cui si stabilisca di ritirare parte del denaro è necessario
rispettare la tempistica di un mese di preavviso e, a quel punto, l'eventuale profitto
realizzato dalla data del progetto sovvenzionato a quella del preavviso verrà
riversata sulla parte del fondo restante, così come le eventuali passività. In base a
questo sistema il correntista non è un creditore della banca, bensì un “socio” di
capitale, privo del diritto di voto e di poteri gestori. Il rischio di perdite è mitigato,
però, da due tipi di riserve volontarie, costituite presso le banche islamiche: la c.d.
Investment Risk Reserve e la Profit Equalization Reserve 36.
36
In questa riserva sono depositati i guadagni da elargire nel caso in cui la remunerazione dei
43
Bisogna distinguere l'ipotesi in cui la raccolta del risparmio venga destinata ad
operazioni determinate (unrestricted mudaraba) da quella in cui, invece, i fondi
vengono utilizzati per finanziare l'attività bancaria ordinaria (restricted
mudaraba). Nel primo caso la remunerazione del conto è direttamente connessa
alla proficuità dell'investimento sponsorizzato. Nella seconda ipotesi non vi è
scissione tra i fondi dei correntisti e le risorse totali della banca 37. In entrambi i
casi, a fine anno, i conti hisābat al-istitmār verranno remunerati in base al tasso di
rendimento del progetto finanziato.
L'obiettivo principale delle banche islamiche è quello di impiegare questi fondi in
attività Sharia'a compliant. A causa della proibizione del ribā non è possibile
accedere al mercato interbancario o investire in titoli convenzionali a breve e a
basso rischio, quali i titoli di Stato, con rendimenti sicuri e di pronta liquidità.
L'impiego del credito avviene in due diverse modalità:
1) contratti di compartecipazione ai profitti e alle perdite;
2) contratti “trade based”.
Nella prima categoria di finanziamenti rientrano tutti quei contratti nei quali gli
elementi cardine sono l'assunzione del rischio da parte di tutti i paciscenti e la
condivisione dei risultati. Le tipiche garanzie delle banche convenzionali non
vengono prese in considerazione se non per evitare comportamenti speculativi
37
conti d'investimento non fosse consona alle aspettative.
Come afferma Siagh (2008), le banche islamiche sono assimilabili alle Società d'investimento a
capitale variabile.
44
delle parti.
Il sistema contrattuale islamico può essere suddiviso in tre figure fondamentali:
•
il contratto tout court o aqd';
•
la promessa unilaterale o wa'd;
•
la promessa bilaterale o mua'hida.
I contratti principali sono:
1) il mudaraba;
2) il musharaka;
3) il bay'murabaha;
4) il mugarada.
Il contratto mudaraba è una tipologia di contratto fiduciario partecipativo con il
quale vengono finanziate determinate iniziative imprenditoriali prive delle risorse
economiche adeguate. Le parti sono: il mudarib e il rabb al-mal. La prima è il
cliente-imprenditore, che impiegherà il suo lavoro e le sue competenze
manageriali per sviluppare il programma esecutivo, la seconda è la banca che
elargirà il capitale necessario. In questo modo la banca potrà lucrare sugli utili
dell'investimento e l'imprenditore disporrà dei capitali necessari per sovvenzionare
la sua attività. Il cliente dovrà convincere il rabb al-mal del buon esito dell'affare
e, a differenza del prestito a interesse del sistema bancario convenzionale, la
banca analizzerà le prospettive di sviluppo del progetto piuttosto che la solvibilità
45
del mudarib. I profitti dell'attività saranno ripartiti tra le parti in base alle quote
stabilite proporzionalmente agli utili e inserite in forma scritta nel contratto. Se il
progetto non dovesse essere produttivo, il cliente-imprenditore restituirà il
finanziamento ricevuto senza ulteriori somme. E’ interessante notare anche in
questo passaggio la sostanziale differenza che intercorre tra il mudaraba e il
contratto di prestito utilizzato nel mondo occidentale, nel quale il cliente è
obbligato a restituire i capitali ricevuti aumentati dell'interesse stabilito
indipendentemente dal buon esito dell'affare finanziato. Le eventuali perdite però
graveranno solo sul rabb al-mal. Questo perché le perdite del mudarib sono già
rappresentate dal tempo e l'impegno profuso nel progetto stesso. Non sarebbe
etico aggiungervi la quota di capitale perduto. Il cliente ha l'obbligo di gestire
l'impresa in modo trasparente e onesto e non può apportare maggiori capitali
rispetto a quelli già stanziati dalla banca. Tutte le spese necessarie per
l'adempimento del progetto verranno addebitate sul conto mudaraba, con la sola
esclusione delle spese personali del mudarib. Il rabb al-mal si cautela inserendo
nel contratto di mudaraba alcune condizioni, ad esempio la clausola rebus sic
stantibus, con la quale ha il diritto di chiedere la risoluzione del contratto nel caso
in cui sorgano dubbi sulla realizzazione o sulla redditività del progetto a causa di
intervenuti mutamenti nelle circostanze esistenti al momento della stipulazione.
La ripartizione degli utili e la restituzione dei fondi prestati avverranno al
momento della liquidazione del contratto.
La Shari'a non prevede la separazione del patrimonio della società da quello dei
46
singoli soci per stabilire la responsabilità tra i soci e verso terzi. Nella mudaraba
la responsabilità finanziaria del rabb al-mal è limitata solo al capitale finanziato e
si esaurisce al momento del primo atto esecutivo compiuto dal clienteimprenditore.
Un esempio del sistema mudaraba lo ritroviamo nei conti di deposito partecipativi
che abbiamo analizzato in precedenza. Nei conti hisābat al-istitmār, però, le parti
si invertono: il cliente diventa il rabb al-mal e la banca gestirà i fondi come il
mudarib.
Un ulteriore esempio di mudaraba è il mozara'ah, contratto che ha per oggetto lo
sfruttamento dell'attività di un'azienda agricola, ove la banca fornisce i capitali o
la terra ricevendo in cambio parte dei raccolto a titolo di utili dell'investimento.
Nell'ambito delle attività profit and loss sharing troviamo il musharaka, un
sistema contrattuale simile alla joint veinture, ove il cliente e la banca
costituiscono una società indipendente. A differenza del mudaraba, il clienteimprenditore non si limiterà a gestire l'affare con le sue capacità manageriali, ma
apporterà anche una quota di capitale per finanziare il progetto. Inoltre, sia la
banca che il cliente parteciperanno alle perdite e ai profitti in base alle condizioni
del contratto. E' possibile stabilire quote di partecipazione uguali per la
ripartizione degli utili, ma le eventuali perdite dovranno essere suddivise in
proporzione al capitale apportato; nella maggior parte dei casi viene nominato uno
dei partner o un gestore esterno per seguire giornalmente il lavoro. Il musharaka è
strutturato per finanziare principalmente investimenti a lungo termine, ma può
47
essere adottato anche come sistema d'intermediazione, ad esempio quando le parti
stipulino un accordo in virtù del quale la banca acquisisce partecipazioni delle
imprese sovvenzionate per poi ricollocarle sul mercato o ritrasferirle all'impresa
partecipata ad un prezzo concordato e ad una certa data; in questo caso siamo
dinanzi al c.d. bay'murabaha (partnership decrescente).
Diversamente, se l'attività finanziata ha ad oggetto proventi agricoli rientrerà nel
contratto c.d. Mosa'qaat.
Concludiamo la nostra rassegna sui finanziamenti profit and loss sharing
analizzando la mugarada, uno schema contrattuale che presuppone l'emissione di
titoli obbligazionari da parte di una società al fine di sponsorizzare una
determinata iniziativa imprenditoriale; le obbligazioni saranno acquisite
dall'istituto bancario e il ricavato verrà trasferito sul conto del progetto finanziato.
La banca parteciperà agli utili e alle perdite in base ad una percentuale stabilita nel
contratto ma non avrà diritto di voto sulle scelte della società (non voting
financing).
Un sistema equipollente ai contratti analizzati in precedenza è l'investimento
diretto in attività lecite dal punto di vista islamico; la banca finanzia le iniziative
economiche di una società e partecipa ad ogni deliberazione del consiglio di
amministrazione con diritto di voto (full equity sharing). La partecipazione ai
profitti e alle perdite avverrà in proporzione al capitale acquisito.
Nell'ambito degli investimenti non profit and loss sharing rientrano tutti gli
strumenti finanziari residuali rispetto a quelli PLS, ovvero i contratti nei quali non
48
è prevista nessuna forma di condivisione dei risultati tra le parti. Queste forme di
finanziamento di natura non partecipativa sono il risultato del grande lavoro
innovativo degli economisti islamici, volto a definire nuove tecniche bancarie che,
pur non distaccandosi dai precetti religiosi, siano in grado di adeguarsi agli
strumenti finanziari offerti dalle banche convenzionali. Essi presuppongono la
compravendita e lo scambio di beni e servizi con l’applicazione di un mark-up sul
prezzo di rivendita e rappresentano chiaramente un'anomalia nel sistema bancario
islamico nei casi in cui non sia conveniente utilizzare strumenti compartecipativi,
per esempio per finanziamenti a breve e medio termine e per il credito al
consumo. Negli investimenti trade based viene stabilito una remunerazione
determinata a priori, e persino la connessione con forme seppur indirette di
garanzia. Per evitare che questa tecnica contrasti con i divieti della Legge
Coranica, i giuristi islamici hanno reinterpretato il rendimento prefissato
valutandolo come il corrispettivo di una prestazione di intermediazione
commerciale o per la fruizione di un bene in base al tipo di contratto stipulato
dalle parti. In questo modo il guadagno viene scisso dalla dimensione temporale
dell'affare “aggirando” i limiti coranici.
La natura innovativa di questi contratti crea profondi dissidi tra le scuole
giuridiche tradizionaliste e quelle più moderne; per questo la maggioranza degli
Ulema ritiene legittimo l'utilizzo degli strumenti indirettamente partecipativi solo
in casi eccezionali, ovvero quando non sarebbe possibile incanalare determinati
investimenti delle forme interest based.
49
I principali contratti non partecipativi sono:
 murābaha (contratto di vendita a premio);
 salam ( contratto di vendita a termine con pagamento immediato);
 bai'mu'ajjal (contratto di vendita a termine);
 istisnā (contratto di appalto islamico);
 ijāra wa iqtinā (contratto di leasing).
Il contratto murābaha consiste in una doppia vendita con pagamento differito; è
l'operazione bancaria più diffusa nel mondo islamico per finanziare l'acquisto di
materie prime da parte delle imprese o il credito al consumo. Il cliente interessato
ad acquistare un determinato bene richiede alla banca un finanziamento al fine di
ottenere la cifra necessaria. Al momento dell'erogazione del credito verrà stabilito
un margine di profitto per la banca come remunerazione del servizio reso; la
banca acquista la proprietà del bene direttamente dal venditore, mentre il cliente
sarà nominato agente e potrà immediatamente utilizzare la cosa. Con un atto
separato la banca trasferirà il bene al cliente al prezzo di vendita pattuito
aumentato del mark up (il contributo a titolo di commissione da elargire alla banca
per il servizio reso). Il cliente potrà effettuare il pagamento in un'unica soluzione
o, di concerto con la banca, in forma rateale. In un'operazione siffatta è evidente il
pagamento dell'interesse, ma il divieto del ribā viene “aggirato” scindendo la
compravendita in due fasi distinte. Infatti, nel diritto islamico due atti giuridici
50
singolarmente validi, indirettamente collegati, vengono tollerati anche se passibili
di violare i precetti religiosi. Ma c'è di più. I giuristi islamici ritengono che il
margine di profitto sia connesso ai rischi che la banca corre mantenendo la
proprietà del bene nell'interesse del cliente-utilizzatore. Difatti, è la banca che
subirà gli effetti negativi di un eventuale furto o deterioramento del bene nel
periodo che intercorre tra le due operazioni di vendita e, inoltre, accetterà il
pagamento differito da parte del consumatore. Questi servizi sono direttamente
connessi ad un'operazione reale e non al prestito di denaro, perciò vanno
remunerati.
Il contratto salam presuppone la vendita a termine di un bene con il pagamento
dello stesso al momento della stipulazione dell'accordo. Il compratore paga in
anticipo rispetto al momento della consegna del bene. Anche qui vi è una evidente
forzatura dei divieti coranici, in primis del ghārar che vieta i contratti aleatori. Il
venditore, infatti, potrebbe non essere ancora il proprietario della res
compravenduta o il bene potrebbe non esistere al momento della firma del
contratto. Per ovviare a questi inconvenienti i giuristi hanno concentrato la loro
attenzione sui vantaggi reciproci delle parti che annullerebbero gli effetti
sperequativi dell'alea: il venditore riceve immediatamente il prezzo del bene
mentre l'acquirente diventa proprietario fin dalla stipulazione ed evita il rischio di
pagare una cifra maggiore al momento della consegna. La validità del salam è
connessa alla determinazione di alcune condizioni fondamentali oltre al
pagamento immediato: devono essere stabiliti con precisione il luogo e la data,
51
l'oggetto del contratto può essere soltanto un bene fungibile standardizzato e già
specificato in quantità e qualità. E' un'operazione finanziaria utilizzata
principalmente da piccole e medie imprese, le quali ottenendo subito il prezzo di
un bene non ancora finito potranno già acquistare materie prime per continuare la
produzione.
Una tipologia particolare di questo contratto è il bai salam ove la banca favorisce
il cliente finanziandolo mediante l'acquisto del bene in fase di creazione.
Il bai'mu'ajjal è un contratto di vendita a termine con mark up che racchiude
quattro differenti operazioni: un ordine garantito da una promessa d'acquisto e due
contratti di vendita. La banca acquista in contanti un bene per conto del cliente, il
quale promette di riacquistarlo a sua volta con un pagamento rateale maggiorato
dal jo'adah, ossia la commissione per il servizio ricevuto. Come nel caso del
murābaha i divieti coranici vengono superati scindendo la transazione in due atti
distinti e collegandola ad un bene reale.
L'istisnā è il contratto di appalto islamico, con il quale la banca finanzia il fondo
di rotazione del cliente-imprenditore. Nella maggior parte dei casi rientra
nell'ambito del project financing ed è utilizzato per la costruzione di infrastrutture
o beni intangibili quali elettricità e gas. Il committente ordina al produttore di
costruire un bene determinato fornendogli le materie prime o i finanziamenti per
acquistarle, la data di consegna e il prezzo devono essere stabiliti al momento
della firma e i pagamenti avvengono in funzione dello stato di avanzamento dei
lavori. Il contratto può essere cancellato unilateralmente solo nel caso in cui i
52
lavori non siano ancora iniziati o se il prodotto finito non rispecchia le
caratteristiche previste dal contratto, a differenza del salam dove le parti non
possono recedere dal contratto per nessun motivo.
L' Al-Istisnā al-Tamwili prevede la stipulazione di due differenti contratti della
tipologia appena descritta: uno tra la banca e il beneficiario, ove la prima si
impegna a consegnare il bene oggetto dell'accordo nella data stabilita a fronte del
pagamento rateale da parte del committente, e il secondo tra la stessa banca e un
altro imprenditore, al quale viene subappaltato il lavoro da eseguire. La consegna
può essere effettuata direttamente al committente nella data prevista.
Proseguiamo la nostra rassegna sui contratti islamici non profit sharing con
l'analisi del ijāra wa iqtinā, assimilabile al contratto di leasing finanziario del
mondo anglosassone. La banca acquista un bene e lo cede in comodato d'uso al
cliente, questi verserà un canone mensile per l'utilizzo della res e comprensivo del
costo d'acquisto pagato dalla banca, ma solo dal momento in cui sarà
effettivamente in possesso del bene strumentale. La proprietà del bene rimane in
capo alla banca fino alla scadenza del contratto, data in cui il cliente avrà versato
il valore della cosa maggiorato da una commissione in favore dell'istituto
bancario.
A differenza del leasing finanziario tipico del sistema economico anglosassone,
l'ijara prevede alcune peculiarità rimarcabili: in primo luogo, il fatto che la banca
islamica rimanga proprietaria del bene strumentale fino alla scadenza del contratto
comporta l'assunzione da parte di quest'ultima di tutti i costi connessi alla
53
proprietà; il cliente verrà nominato agente ed in questo modo gran parte della
responsabilità verrà delegata all'utilizzatore finale. In secondo luogo, come
abbiamo già visto nell'analisi del murabahā, la banca sosterrà i costi di qualsiasi
danno o deterioramento della res, salvo che sia dimostrata la responsabilità del
cliente-agente; in più non dobbiamo dimenticare che il contratto di Ijara viene
stipulato solo se ha per oggetto le attività conformi alla Shari'a. Ad esempio,
alcune compagnie aeree islamiche quali la Emirates e la Jordanian Airlines
adottano questo sistema di leasing per finanziare l'acquisto della loro flotta aerea.
Il servizio finanziario più significativo del sistema bancario islamico è senza
dubbio il Qard Hassan, ossia il contratto di mutuo senza interessi previsto dalla
Shari'a. E' un prestito gratuito concesso dalla banca islamica ai clienti in specifici
casi di necessità quali la celebrazione di un matrimonio, la nascita di un figlio o
un lutto. Gli istituti bancari effettuano questa operazione di beneficenza
prelevando il denaro da prestare dal fondo della Zakat o, più precisamente, dal
Beit Al-Mal. In alcune realtà del mondo islamico e in Inghilterra, il Qard Hassan
viene utilizzato anche per finanziare il credito al consumo per beni di prima
necessità o per l'acquisto della prima casa; questa tipologia di mutuo si chiama
manzil ijara. Nell'ambito di questo contratto, il cliente-compratore si accorda con
il venditore dell'immobile ma sarà la banca ad acquistare il bene per poi
rivenderlo al cliente, al prezzo pattuito da quest'ultimo con il venditore, entro
venticinque anni. Nel frattempo il cliente verserà mensilmente le rate per
l'acquisto definitivo dell'immobile e avrà la possibilità di estinguere il mutuo in
54
qualsiasi momento. La banca si tutela dall'eventuale insolvenza del cliente
richiedendo a quest'ultimo un acconto pari al 20% del valore del bene.
Nonostante le tecniche finanziarie PLS siano largamente preferite dagli Shari'a
board delle principali banche islamiche e dalle scuole giuridiche di maggiore
importanza, numerosi studi settoriali dimostrano che le operazioni non PLS
rappresentano una quota tra il 20 e il 30% dell'attivo bancario dal lato degli
impieghi delle banche prese in considerazione. Un dato molto significativo se si
pensa alle numerose valutazioni negative espresse nei confronti di questo tipo di
operazioni in dottrina.
Un recente studio della Banca d'Italia indica le motivazioni in virtù delle quali le
operazioni profit and loss sharing non incidano in modo determinante sulle scelte
finanziarie degli istituti bancari islamici. In primo luogo, alcune tecniche di
finanziamento, per loro natura, non si adattano all’applicazione del principio della
compartecipazione ai profitti e alle perdite. In secondo luogo, in alcuni contesti
(paesi/settori) la presenza di asimmetrie informative e i problemi connessi di
moral hazard potrebbero scoraggiare l’uso di tecniche basate sul sistema PLS;
infine, le forze concorrenziali potrebbero incentivare le banche islamiche ad
adeguare le condizioni di offerta dei prodotti a quelle delle banche convenzionali,
soprattutto negli ordinamenti statali in cui i due modelli convivono (Gomel,
2010).
Nel paragrafo precedente avevamo concentrato la nostra attenzione sui divieti del
gharar e del maysir, in base ai quali sarebbe impossibile immaginare la
55
stipulazione di un contratto di assicurazione nel mondo del Profeta;
nell'assicurazione convenzionale la società assicurativa ottiene un profitto solo se
la somma dei premi incassati sia superiore alla somma elargita in caso di sinistri
compiuti dai clienti assicurati (il guadagno deriva quindi da una scommessa,
maysir) e gli stessi assicurati sono costretti a pagare un premio determinato per un
beneficio eventuale (siamo nell'ambito dell'incertezza, gharār). Il grande lavoro
interpretativo della giurisprudenza commerciale islamica ha superato anche questo
apparente limite strutturale con la creazione del takāful, la mutua assicurazione
islamica. Il takāful è una forma di assicurazione basata sul principio shari'atico
della mutua assistenza e i suoi fondamenti di base fanno riferimento alla
cooperazione e alla reciprocità, alla responsabilità condivisa e all’interesse
comune; gli assicurati costituiscono un fondo di solidarietà dal quale attingere in
caso di sinistri perpetrati a loro danno. Per superare i limiti dell'incertezza e più in
generale dell'alea, tipica in contesti di carattere accidentale, i giuristi islamici
hanno configurato il versamento del premio come una vera e propria donazione, in
favore del partecipante al fondo che ha subito il danneggiamento. Il fondo
assicurativo può essere creato da una società commerciale o da una società noprofit, nella prima ipotesi vi sarà separazione tra i fondi degli assicurati e degli
azionisti della società e sarà nominato un gestore per amministrare i versamenti
“donati” dai contribuenti al fondo takāful38. L'assicurazione islamica si estrinseca
in due tipologie contrattuali:
38
Nell'assicurazione islamica il fondo di sottoscrizione o underwriting fund appartiene agli
assicurati.
56
1) takāful mudaraba;
2) takāful wakāla.
Nel takāful mudaraba gli assicurati rappresentano il rabb al-mal mentre il gestore
è il mudarib; le perdite graveranno solo sugli assicurati come in qualsiasi
contratto mudaraba, tranne nel caso in cui si possa dimostrare la negligenza o il
dolo del gestore/mudarib. L'eccedenza del fondo di sottoscrizione e i profitti
derivanti dagli investimenti verranno suddivisi tra le due parti del contratto. Nel
takāful wakāla gli assicurati e il gestore stipulano un contratto di agenzia,
quest'ultimo agirà come agente per conto dei partecipanti al fondo e riceverà una
commissione per il servizio svolto. Nonostante il sistema delle assicurazioni
islamiche non sia ancora molto diffuso, nel 2007 sono state registrate 118 società
assicurative takāful con attivi pari a 41 miliardi di dollari, due terzi appartenenti
alla Takāful IBB Berhad del Brunei (Gomel, 2010).
E' doveroso concludere la nostra rassegna sugli strumenti finanziari islamici
analizzando la figura più innovativa: i sukuk.
I sukuk sono certificati fiduciari d'investimento rispettosi delle regole coraniche,
paragonabili ai titoli obbligazionari del mercato finanziario convenzionale. Queste
“obbligazioni” islamiche sono garantite da progetti e attività produttive reali.
L'emissione di un sukuk avviene in base ad un sistema equivalente alla
cartolarizzazione: innanzitutto viene costituito uno special purpose vehicle (spv),
autonomo soggetto di diritto, al quale l'originator del progetto di finanziamento
consegna gli asset; in funzione di questi beni verranno emessi i certificati sukuk e
57
i fondi raccolti grazie alla sottoscrizione dei titoli verranno utilizzati per finanziare
progetti e attività reali. Al momento della sottoscrizione, gli investitori
diventeranno proprietari di una quota dei beni originari e lo spv stipulerà un
contratto islamico con l'originator per conto degli investitori stessi; dal punto di
vista giuridico, si può considerare quindi come un titolo di proprietà di un attivo
che genera flussi finanziari. Alla scadenza dei titoli obbligazionari l'originator
tornerà il proprietario dei beni sottostanti e coloro che hanno sottoscritto i
certificati sukuk otterranno il rimborso del capitale al prezzo stabilito dal contratto
stipulato in precedenza dallo spv per loro conto.
L'emissione di questi titoli si differenzierà sulla tipologia di contratto islamico
stipulato tra le parti e quindi possiamo distinguere 39:
1) sukuk murabahā- quota parte di proprietà di un prestito;
2) sukuk al-ijara, quota-parte di un leasing;
3) sukuk al-istisna', quota-parte di un progetto;
4) sukuk al-musharaka, quota-parte di un affare;
5) sukuk al-istithmar, quota-parte di un investimento.
Come tutti gli altri titoli di debito i sukuk hanno una durata predeterminata che va
da tre mesi, per le obbligazioni islamiche che hanno una struttura simile ai BOT, a
cinque o dieci anni.
La differenza con le obbligazioni del sistema convenzionale si basa sulla proprietà
della quota del bene o del progetto finanziato; la cedola di un bond viene pagata a
39
La AAOFII ha classificato 14 tipologie differenti di sukuk.
58
prescindere dall'andamento delle attività sottostanti mentre i profitti di un sukuk
saranno direttamente proporzionali all'andamento dei beni in base ai quali sono
stati emessi i titoli; mentre l’obbligazionista ha il diritto di ricevere il pagamento
degli interessi a scadenze fisse, chi sottoscrive le obbligazioni islamiche ha invece
il diritto di partecipare sia ai profitti generati dalle attività sottostanti, sia ai ricavi
che derivano dalla produttività di tali investimenti. La diffusione dei sukuk ha
facilitato la creazione di un mercato obbligazionario anche in un contesto restìo
come quello islamico, le stime di crescita delle emissioni del 2010 sono eclatanti:
da 33.5 miliardi di dollari a 50.3 miliardi. L'evidente sviluppo di questi certificati
è dovuto ad una interessante peculiarità: possono essere emessi anche da società
non shari'a compliant e sottoscritti da investitori non musulmani. I maggiori
fruitori delle obbligazioni sukuk sono i governi, non solo quelli islamici; ad
esempio il governo malese ha sottoscritto nel 2007 un'operazione sukuk al-ijara
trust certificates di 600 milioni di dollari emessi dalla Malaysia Global Sukuk Inc.
e inseriti nel listino della borsa del Lussemburgo. I ricavi derivanti dalle
sottoscrizioni verranno utilizzati per l'acquisto di quattro lotti di terreno nella
capitale malese, Kuala Lumpur. La società emittente (MGS) darà in locazione i
terreni al governo mediante un contratto ijara e il governo pagherà il canone per
un periodo di cinque anni. Il surplus costituito dal canone verrà ridistribuito ai
sottoscrittori dei sukuk. Alla scadenza del periodo di affitto il governo acquisirà la
proprietà dei lotti40. L’emissione di sukuk ha raggiunto i 47 miliardi di dollari in
tutto il mondo, in particolar modo grazie alla immensa liquidità delle potenze
40
Il Bahrein garantisce liquidità al proprio sistema finanziario sfruttando l'emissione di sukuk.
59
petrolifere41. Le ripercussioni della crisi finanziaria degli ultimi anno non sembra
intaccare le previsioni e le stime di crescita delle obbligazioni islamiche che
dovrebbero raggiungere i 100 miliardi di dollari entro due anni. E le istituzioni
internazionali ed europee non si limitano ad osservare questo fenomeno in
continuo sviluppo; nel 2004 il Land della Sassonia-Anhalt in Germania ha emesso
per la prima volta in una realtà europea dei fondi sovrani del tipo sukuk per un
ammontare di 123 milioni di dollari, con l'obiettivo dichiarato di attrarre capitali
dal Golfo Persico. Nel 2005 la Banca Mondiale ha emesso un sukuk pari a 200
miliardi di dollari e dal 2006 le obbligazioni islamiche sono quotate nel London
Stock Exchange.
41
I Paesi promotori dei sukuk sono: Malesia, Bahrein, Qatar e Pakistan.
I c.d “well rated” : Turchia, Arabia Saudita,Kuwait.
I c.d. “wallabies”: Egitto, Sud Africa, Senegal, Kenya. Fonte: ASSAIF.
60
1.6 Prospettive e sviluppo della finanza islamica in Europa e in Italia
Il grande obiettivo dell'islamic banking è quello di diffondersi in nuovi contesti ed
uscire dal regionalismo nel quale si è sviluppato dagli Anni Settanta ad oggi. La
presenza di sempre più ingenti comunità musulmane nei Paesi Occidentali rende il
fenomeno della finanza islamica di grande interesse anche in Paesi non islamici.
Attualmente, sono circa quindici i milioni di musulmani residenti in Europa, con
un ammontare totale di risparmio gestito, stimato in quattordici milioni di dollari
nel 2020 (Lewis-Algoud, 2007). In questo senso, svolge un ruolo decisivo anche il
sempre più intenso interesse per i prodotti finanziari islamici mostrato anche da
parte degli investitori non musulmani, vista la maggiore stabilità che i prodotti
Shari'a compliant garantiscono sia in termini etici che di collegamento con il
sistema reale. Tuttavia sono molte le differenze economiche e sociali di ciascuna
realtà europea; nel Regno Unito, ad esempio, è presente una comunità di circa due
milioni di musulmani tendenzialmente benestante e molto interessata all'offerta di
prodotti finanziari Shari'a compliant, a differenza di paesi come l'Italia, nel quale
gli immigrati di fede musulmana provengono principalmente dai Paesi del Nord
Africa (realtà economicamente più povere rispetto ai Paesi del Golfo) e,
quantomeno nel periodo attuale, non hanno ancora manifestato un serio interesse
verso il sistema bancario approvato dai giuristi coranici.
Fino ad ora, quindi, la maggior parte dei seguaci del Profeta in Europa gestisce le
proprie risorse finanziarie con l'intermediazione delle banche convenzionali,
perché i principali fornitori di servizi finanziari islamici non sono presenti nel
61
mercato al dettaglio.
Le banche occidentali (ABN Amro, Barclays Bank, BNP Paribas, Citibank, HSBC,
Societé Generale UBS) comprendendo gli sviluppi di questo settore, hanno
limitato la concorrenza presente e futura delle banche islamiche in Europa grazie
all'apertura degli sportelli islamici.
Il Regno Unito ha colto le potenzialità di questo sistema innovativo con largo
anticipo rispetto agli altri partners europei e Londra è considerata da tutti l'hub
principale della finanza islamica nel mondo economico occidentale. Lo sviluppo
del sistema bancario islamico in Inghilterra risale agli albori degli anni '80, con
l’istituzione dell’Al Baraka International Bank a Londra. Negli anni successivi,
gli inglesi hanno incentivato la crescita della finanza islamica nel territorio
anglosassone, evitando ogni contrapposizione di natura religiosa e valutando il
settore dell’islamic banking come una interessante innovazione finanziaria da
affiancare al sistema convenzionale.
Nel 2007 il governo inglese ha dato seguito ad una serie di riforme del sistema
fiscale britannico affinché i prodotti finanziari islamici non venissero più
discriminati, seguendo come principio fondamentale la regola “no obstacles no
special favours”42.
Tra le misure più incidenti ricordiamo l'abolizione della doppia imposta di registro
nelle operazioni immobiliari della tipologia murabaha e il riconoscimento della
deducibilità fiscale del canone di contratti islamici della tipologia musharaka o
42
Il Ministero del Tesoro britannico ha costituito un gruppo di lavoro per favorire l'emanazione di
norme che garantiscano una parità di trattamento tra gli strumenti finanziari convenzionali e
quelli islamici.
62
Ijara, assimilabile alla deducibilità degli interessi passivi di un comune contratto
di mutuo. Le banche islamiche nel Regno Unito (sul territorio britannico ne sono
presenti ventidue) si costituiscono rispettando il medesimo iter delle banche
convenzionali, non vi è una licenza bancaria differente come avviene, ad esempio,
in Malaysia. La banca più importante è la Islamic Bank of Britain43, con sede a
Birmingham.
La IBB ha avuto il merito di adottare una politica innovativa in materia di tutela
dei depositi, da sempre elemento di distinzione profonda tra le norme tipiche di
tutela previste nel sistema convenzionale e le peculiarità dell'islamic banking.
Ricordiamo infatti che le regole fondamentali della finanza islamica impediscono
di stabilire a priori la determinazione obbligatoria di un rimborso in caso di
deposito44. Le soluzioni della IBB sono le seguenti: in caso di diminuzione del
valore nominale del deposito, la banca arginerà la perdita attingendo dai fondi di
stabilità45 o rinunciando ad una parte del guadagno delle commissioni previste dal
contratto di conto corrente. Ovviamente, per rispettare le norme britanniche in
materia bancaria, la IBB si vedrà comunque “costretta” a proporre un rimborso al
cliente islamico come a qualsiasi altro cliente occidentale, in caso contrario ci
troveremmo di fronte ad una violazione della parità di trattamento; sarà poi il
correntista a rinunciare all'offerta per non violare le norme coraniche (R. Wilson,
43
Il capitale sociale iniziale della IBB ammontava a 14 milioni di sterline, successivamente, con
un’offerta pubblica iniziale lanciata in Gran Bretagna e un successivo private placement nel Medio
Oriente, il capitale sociale è stato portato a oltre 50 milioni di sterline.
44
La previsione di un rimborso a tutela del valore nominale del deposito contrasterebbe con il
principio della partecipazione alle perdite tra cliente e banca. Come abbiamo analizzato in
precedenza, il rimborso dipende dall'attività d'impresa connessa al deposito.
45
La Investement risk reserve.
63
2002). La City di Londra è anche la più importante piazza d’Europa per la
gestione fondi, sia per i fondi onshore che per i fondi offshore quotati in vari Paesi
Europei, tra i quali Lussemburgo e le isole Channel. E' interessante mettere in
risalto che ben sette fondi islamici, concepiti per i facoltosi clienti dell'area del
Golfo, vengono commercializzati nel mercato orientale ma gestiti a Londra e
amministrati in paradisi fiscali. L’Amanah Global Equity Fund dell’HSBC,
quotato in Lussemburgo e gestito nell'interesse delle grandi aziende del mondo, in
particolar modo multinazionali statunitensi.
In Francia si stima una comunità musulmana di oltre sei milioni di persone, per la
maggior parte proveniente dalle antiche colonie dell'Africa Settentrionale; in base
alla legislazione transalpina sul diritto di cittadinanza, la metà di essi sono in
possesso anche del passaporto francese. Questo particolare status di cittadino
francese di religione islamica accresce la necessità di creare una sinergia tra il
sistema finanziario d'Oltralpe e gli strumenti bancari islamici, rispondendo così
alle esigenze peculiari di questa comunità.
Lo sviluppo in Francia di una finanza conforme ai principi della Shari'a ha trovato
in Cristine Lagarde, già Ministro dell'Economia e ora direttore del Fondo
Monetario Internazionale (FMI), un inaspettato promotore. Nonostante le
opposizioni dei deputati socialisti, contrari alla diffusione dei principi della
finanza islamica nel diritto francese, in nome del principio di laicità, il 17
settembre del 2009 il Parlamento d'oltralpe aveva adottato un emendamento
legislativo alla legge sulle piccole e medie imprese (PME), volto a permettere
64
l'emissione delle obbligazioni islamiche (sukuk), una norma che faceva seguito
alla creazione di schemi d'investimento collettivo della tipologia islamica da parte
delle autorità garanti del mercato finanziario francese fin dal 2007 46.
Successivamente, il Conseil d'Etat ha censurato il testo per un vizio di forma. La
sentenza della Corte ha solo rinviato la questione e i dibattiti in materia di
sviluppo dell' islamic banking in Francia sono all'ordine del giorno. Un esempio è
la creazione dell'Istituto Francese di Finanza Islamica, promosso dal presidente
della Camera di commercio franco-araba Hervé de Charette, già Ministro degli
affari esteri. Nella conferenza stampa di presentazione dell'istituto, Hervé de
Charette aveva dichiarato che "C'est le mot islamique qui pose question auprès
d'une partie de l'opinion qui ne connaît pas le sujet (...) la finance islamique est
une question qui intéresse le développement économique mondial et notre
développement (…) Elle pourrait servir à financer en France des PME ou des
projets descollectivités locales”47 . Sempre nel 2009, al Palais de Bercy è stata
organizzata una conferenza con la finalità di dimostrare le opportunità concrete
dell'apertura nei confronti di questo sistema finanziario alternativo. Gli
organizzatori dell'evento ritengono la diffusione della finanza Shari'ah Compliant
in Francia permetterebbe a privati e imprese, che investono all'estero o che si
astengono dal sottoscrivere strumenti finanziari convenzionali, di disporre di
strumenti d'investimento compatibili con le proprie opinioni religiose. In base ad
46
47
Questi schemi di investimento non possono essere sottoscritti dalle aziende con debito in
bilancio superiore ad un terzo della loro capitalizzazione media dell'ultimo anno.
“ E' il termine “Islam” che crea problemi in una parte dell'opinione pubblica che non conosce
la materia di cui si parla...la finanza islamica interessa lo sviluppo economico mondiale e il
nostro sviluppo, potrebbe servire a finanziare in Francia piccole e medie imprese o progetti di
collettività locali”. Cit. da “Hervé de la Charette...”, 2009.
65
uno studio di due analisti transalpini, Elyès Jouini e Olivier Pastré, i capitali
islamici da attirare verso la piazza di Parigi ammonterebbero a circa 100 miliardi
di euro, una stima non ritenuta attendibile dagli esperti, che permetterebbe a Parigi
competere con Londra per la leadership europea in questo settore finanziario
(AFP,2009). Attualmente, la Qatar Islamic Bank ha fatto richiesta alle autorità
francesi di aprire una succursale a Parigi; in caso di autorizzazione sarebbe la
prima banca islamica in Francia.
In Germania è presente una comunità di circa 5 milioni di musulmani, per lo più
di origine turca e poco inclini, almeno fino ad ora, ad incentivare, anche in
territorio teutonico, la diffusione di strumenti finanziari compatibili con la legge
islamica. Nonostante questa mancata propensione da parte dei potenziali
investitori di religione musulmana, il governo tedesco ha manifestato un notevole
interesse nei confronti della finanza islamica, a cominciare dalla sottoscrizione di
sukuk per 100 milioni di euro da parte della Land Sassonia-Anhalt (come abbiamo
analizzato nel paragrafo precedente) fino ad arrivare nel 2010 all'apertura di una
succursale di una banca islamica presente a Kuwait City e Istanbul: la Kuveyt
Türk Beteiligungsbank a Manheim, che ha già palesato l'intenzione di espandersi
in tutta la Germania con almeno altre dieci filiali .
Concludiamo la nostra rassegna sulle prospettive della finanza islamica in Europa
con l'analisi della situazione italiana. Nel nostro Paese, rispetto alle altre potenze
economiche europee, la comunità musulmana è composta da circa 1,6 milioni di
persone, per lo più immigrati di prima generazione, ancora lontani dall'essere
66
realmente integrati con la società italiana e nella maggior parte dei casi sono
impiegati in attività lavorative poco remunerative o sono privi di contratti di
lavoro che certifichino la loro posizione economica e contributiva; non potendo
contare su fondi da investire, i servizi bancari richiesti degli immigrati di religione
musulmana sono quasi esclusivamente i conti di deposito, le rimesse e gli
strumenti standard di pagamento. Questo è uno dei motivi per cui la diffusione di
strumenti finanziari islamici non ha ancora trovato una considerevole importanza
nel sistema bancario italiano. Ciò nonostante l'analisi delle prospettive di questo
sistema finanziario alternativo comincia ad attirare l'attenzione di molti istituti
bancari italiani.
Un esempio concreto di questa nuova mentalità è la firma, nel 2007, di un
memorandum d'intesa tra l' Associazione Bancaria Italiana (ABI) e l'Unione delle
Banche Arabe (UAB), in base al quale è stata rafforzata la cooperazione
economica e politica tra l'Italia e i Paesi del Golfo. Obiettivo primario di questo
accordo è trovare il punto d'incontro tra i due sistemi bancari e fare in modo che
anche in Italia si possano gettare le basi per l'apertura di una banca islamica nel
più breve tempo possibile48. Inoltre, l'Abi ha costituito un comitato di studio sulla
finanza islamica volto a proporre una proposta di legge che renda possibile
l'emissione di sukuk anche in Italia (Sisto, 2011) Guido Rosa, vice-presidente
dell'associazione bancaria ha sollecitato il governo italiano ad intervenire a livello
legislativo per introdurre strumenti finanziari "Sharia compliant". “È importante
48
In Italia contiamo una sola banca islamica privata; la Bank Sepah, istituto iraniano con sede a
Roma dal 1972.
67
non restare indietro e modificare il nostro impianto normativo, civilistico e fiscale,
per favorire lo sviluppo della finanza islamica in Italia, aprendo la strada a nuove
opportunità per gli intermediari e intercettando la grande liquidità dei paesi arabi”
(Latour, 2010).
L’Area Research di Banca Monte dei Paschi ha studiato il potenziale sviluppo
della finanza islamica in Italia, valutando l'ipotesi di una raccolta potenziale di
4,5 miliardi di Euro nel 2015. Lo studio effettuato nel 2009 dal centro di ricerca di
MPS, parte dall'analisi dei dati di crescita del fenomeno dell' islamic finance nel
Regno Unito: “Si evidenzia, in particolare, che in UK la prima banca ad operare
interamente secondo i principi della Shari’a alla fine del 2008, dopo 4 anni
dall’apertura, conta più di 40.000 clienti e una raccolta di 153 mln £. Sulla base
dei dati relativi alla crescita delle banche già avviate in UK, lo studio dell’ ”Area
Research” effettua delle stime sul potenziale di crescita della finanza islamica in
Italia. I clienti islamici secondo l’Istat potrebbero salire a 1,3 milioni nel 2015: in
caso di avvio di filiali islamiche o di sportelli islamici sarebbero in grado di
generare per il sistema bancario italiano una raccolta potenziale di circa €4.500
milioni nel 2015 e ricavi superiori a 150 milioni. I numeri evidenziano, dunque,
l’esistenza di un potenziale sviluppo del mercato finanziario islamico in Italia, la
cui diffusione però è ancora ritardata da un contesto fiscale e regolamentare non
ancora implementato” (Cit. da Sienafree.it, 19/10/2009).
Non mancano le iniziative dei privati, tra le quali citiamo l'accordo tra CO.RE.IS.
(Comunità Religiosa Islamica) e Deloitte Consulting S.p.A., volta a condividere ed
68
integrare le competenze ed expertise in materia finanziaria di Deloitte (nazionali
ed internazionali) con quelle dello Shari’a Board di CO.RE.IS. ed offrire così
servizi di consulenza compatibili con i principi giuridico-religiosi dell’Islam in
tema di finanza.. Ancora più importante è la costituzione dell' Associazione per lo
Sviluppo di Strumenti Alternativi e di Innovazione Finanziaria (ASSAIF), nata
con l'obiettivo di presentare soluzioni di investimento Sharia'a compliant,
compatibili con il sistema bancario italiano, ai potenziali investitori interessati.
Questa associazione ha avuto il merito di realizzare nel 2006 la prima operazione
italiana della tipologia Murabaha per un investimento immobiliare in Lombardia,
un'iniziativa che ha mostrato tutti i limiti della legislazione italiana in materia, in
quanto la doppia imposta di registro prevista dal nostro ordinamento, per il
duplice trasferimento dell'immobile, dal venditore alla banca e dalla banca al
cliente, rende l'intero progetto finanziario estremamente oneroso.
In conclusione, è necessario raccogliere le fila del discorso e chiederci perché
possa essere desiderabile creare delle convergenze tra il nostro sistema economico
e quello islamico. Per i governi e per gli investitori europei la finanza islamica
rappresenta una possibilità interessante di diversificare gli investimenti delle
proprie risorse di budgetary financing, captando il surplus di liquidità delle
potenze petrolifere finanziando la crescita con strumenti eticamente sostenibili.
Inoltre, studiare in modo più approfondito questo sistema innovativo può fungere
da esempio per rilanciare temi fondamentali in ambito di finanza convenzionale:
la trasparenza e la standardizzazione dei contratti sono una necessità.
69
Il sistema finanziario islamico non ha subito i medesimi effetti recessivi sofferti in
tutto il mondo occidentale a causa della crisi finanziaria del triennio 2008-2010;
l'emissione di prodotti collegati ad attività reali e il mancato ricorso alla leva
finanziaria hanno salvaguardato la crescita costante delle banche islamiche,
dimostrazione tangibile degli ottimi risultati ottenuti dal binomio etica-economia
del profit and loss sharing system.
Un recente working paper del Fondo Monetario Internazionale (Hasan-Dridi,
2010) ha analizzato gli effetti della crisi globale sul sistema bancario
convenzionale e sul sistema islamico. I risultati di questo studio comparato sono
tutti a favore dell'islamic banking: “ Ibs' credit and asset growth were at least
twice higher than that of Cbs during the crisis, suggesting a growing market
share going foward and larger supervisory responsability. External rating
agencies re-assessment og IB's risk was generally more favorable or similar to
that of Cbs. Higher solvency has facilitated meeting the relatively more robust
demand for Islamic banking finance and maintaining stable external ratings.
Lending to the less affected consumer sector has helped support strong credit and
asset growth.”
70
Capitolo secondo
L'evoluzione dei concetti di usura e speculazione finanziaria in
Occidente: le connessioni tra i divieti coranici e la filosofia
medievale
Premessa
Il connubio tra etica ed economia non è una prerogativa esclusiva della religione
musulmana, esso affonda le sue profonde radici culturali nei testi Sacri
dell'ebraismo e del Cristianesimo e ancora, nel pensiero filosofico del grande
padre ispiratore della filosofia scolastica: Aristotele.
In questo capitolo della nostra ricerca analizzeremo l'evoluzione del concetto di
usura nei testi sacri della tradizione giudaico-cristiana e nella filosofia classica.
Successivamente, approfondiremo il pensiero su questa tematica di uno dei
massimi Dottori della Chiesa Cattolica, Sant'Ambrogio, e del principale esponente
della filosofia scolastica, San Tommaso d'Aquino. Infine, esamineremo l'incidenza
della Riforma protestante nel superamento definitivo del divieto di prestito ad
interesse nella cultura occidentale.
2.1 Il concetto di usura nell'etica aristotelica e nei passi biblici.
La solidarietà, il giusto mezzo e la visione dell'individuo-membro della comunità,
già analizzati nelle fonti giuridico-religiose dell'Islam, sono gli elementi portanti
dell'economia etica aristotelica. Nel Libro I del De Politica troviamo la distinzione
illuminante tra oikos-nomia (economia) e crema-atos (la crematistica, ovvero
71
l'accumulazione della moneta). L'economia è la buona amministrazione della casa
e delle risorse della comunità dei cittadini.
La crema-atos viene distinta in crematistica “per natura”, che rientra nell'ambito
dell'economia e rappresenta l'accumulazione della ricchezza con la precipua
finalità di sostenere la comunità della polis, e "crematistica contro natura", ovvero
la produzione di un profitto priva di qualsiasi scopo sociale. Ciò che distingue la
crematistica “per natura” dalla crematistica “contro natura” è la finalità etica di
ogni attività produttiva, la buona accumulazione del denaro trova il limite del
giusto e moderato profitto della comunità, mentre la speculazione monetaria è
vista come un atto contro natura, priva di fini specifici o di limiti ed esercita una
forza distruttrice dell'etica comunitaria e persino dell'intera polis. La crematistica
per natura presuppone il rispetto di norme morali che fungano da
regolamentazione del flusso monetario, l'esatto contrario della tipologia contro
natura, il cui unico obiettivo è quello di favorire l'arricchimento individuale
sfrenato ed egoistico. Aristotele definisce la crematistica contro natura con un
termine dispregiativo: Tokos, letteralmente “figlio” o “parto”, ma inteso quale
risultato di atti impuri (l'immagine di un “figlio bastardo”, nato al di fuori della
moralità dell'epoca di cui si tratta): è Tokos il denaro prodotto attraverso se stesso.
Sempre nel De Politica troviamo la definizione di prestito a interesse:
“ ben ragionevolmente si nutre odio per il prestito a interesse, in quanto trae
guadagno dal denaro stesso e non dal fine per cui esso fu escogitato: infatti esso
72
fu prodotto per gli scambi, mentre l'interesse ne aumenta la quantità. Di qui esso
ha tratto il nome con cui lo si designa in greco (tokos): infatti i figli sono simili ai
genitori e l'interesse è denaro di denaro, costituendo appunto per questo il più
innaturale di tutti i modi di arricchire.” (Aristotele, De politica, Cpt. VIII e IX)
Un ulteriore riferimento è riscontrabile nella visione politica di Platone. Nel II
libro de la Repubblica, l'accumulazione della ricchezza senza limite dei crematisti
conduce la città priva di una guida politica (polis acefala) alla degenerazione dei
costumi, alla pleonexia49. Nel modello ideale di polis, le attività economiche
trovano, invece, il limite del bene comune della città. I crematisti devono produrre
e acquisire ricchezze fino a garantire l'equa distribuzione delle risorse della polis
secondo le disposizioni dei governanti; nella città ben governata essi sono costretti
a limitare le loro brame di ricchezza e potere, la giustizia e la temperanza guidano
e controllano le attività economiche.
Il rifiuto del prestito a interesse è riscontrabile anche in molti passi biblici, i più
celebri e controversi sono contenuti nel Deuteronomio...
“ Non farai a tuo fratello prestiti ad interesse, né di denaro, né di viveri, né di
qualunque cosa che si presta ad interesse. Allo straniero potrai prestare ad
interesse, ma non al tuo fratello” (XXIII,19,20)
Pleonexia - (PLE-O-nĕx'-bis) - il desiderio insaziabile di più, una condizione di profonda
insoddisfazione con ciò che si ha, cercando di realizzarsi attraverso l'acquisizione di beni, prestigio
o potere.
49
73
...e nel Levitico:
“Se tuo fratello impoverisce e si trova nell'indigenza in mezzo a voi, tu lo
sosterrai come un forestiero e un ospite perché possa vivere presso di te. Non
trarre da lui alcun interesse o utile; ma temi il tuo Dio, e il tuo fratello vivrà
presso di te. Non gli presterai il tuo denaro a interesse, né gli darai i tuoi viveri
per ricavarne un utile.” (25,36).
In questi passi biblici è evidenziata la ferma condanna del contratto di prestito a
interesse, ma solo nei confronti dei “fratelli”, ovvero i membri della propria
comunità religiosa. L'ammonimento non riguarda le somme di denaro prestare
agli stranieri; al contrario, la richiesta di una somma a titolo di interesse nei
riguardi di un nokri50 veniva utilizzata come elemento di indebolimento delle
comunità nemiche. Non è un caso che questa esortazione sia collocata nel
Deuteros nomios, la seconda legge, il libro nel quale vengono stabiliti i diritti e i
doveri dei membri della comunità, escludendo di fatto da queste regole tutti coloro
che non fanno parte del popolo d'Israele.
Nel passi evangelici viene meno questa distinzione:
“E se prestate a uno di coloro dai quali sperate ricevere, quale grazie ne avrete?
Anche i peccatori prestano ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i
vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio
sarò grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gl'ingrati e i
50
Il nokri è lo straniero, colui che non fa parte di nessun clan.
74
malvagi” (Luca 6, 34-35).
Questo passo tratto dal Vangelo secondo Luca ricorda il versetto coranico già
citato nel capitolo precedente: “O voi che credete, temete Allah e rinunciate ai
profitti dell'usura se siete credenti” (Al-Baqara, 278). I dottori della Chiesa
troveranno il modo di tutelare questo principio etico, ma allo stesso tempo lo
renderanno più flessibile per venire incontro anche alle esigenze dell'economia di
mercato, in pieno sviluppo in età medievale.
75
2.2 L'interpretazione esegetica di Sant'Ambrogio: il prestito tra usura e
carità cristiana. La commenda medievale come primo esempio di
contratto di compartecipazione ai profitti e alle perdite
Il sommo dottore della Chiesa Cattolica e celebre vescovo di Milano
Sant'Ambrogio ebbe un ruolo decisivo nella legittimazione del prestito ad
interesse, offrendo un'interessante riflessione del concetto di usura. In età
medievale, le istituzioni cattoliche prenderanno ad esempio il lavoro del grande
esegeta milanese per venire incontro alle esigenze dei nuovi soggetti economici. Il
passo del Deuteronomio viene ridefinito nel De Tobia, dove il giurista cristiano
analizza la differenza tra fratello e straniero : “ La legge ti proibisce in qualunque
circostanza di prestare usura a tuo fratello (...) ma forse replicherai che sta
scritto: allo straniero presterai ad interesse(...) Chi erano allora gli stranieri? Se
non gli Amaleciti, gli Amorrei51 e i nemici? (...) Dunque, ti si dice in quel
comandamento, domanda l'usura a colui il quale tu a buon diritto vuoi nuocere,
contro il quale tu impugni legittimamente le armi. Da questi puoi legalmente
esigere l'usura. Da colui che tu non puoi facilmente vincere in guerra puoi trarre
vendetta coll'imposizione della centesima. A colui che potresti uccidere senza
commettere delitto, tu puoi chiedere l'usura. Chi domanda l'usura combatte senza
armi: chi riscuote gli interessi dal suo nemico, e si vendica così su di lui,
combatte senza la spada. Perciò, dove c'è il diritto di guerra, ivi è anche il diritto
51
Gli Amaleciti e gli Amorrei sono le popolazioni che si rifiutarono di concedere le terre al
popolo eletto da Dio.
76
dell'usura”. Nelle riflessioni di Sant'Ambrogio, il passo evangelico di Luca (6,3435) esprime la vittoria della carità sulla vendetta, della riconoscenza sulla mera
obbligazione: “...se, infatti, qualcuno restituisce il denaro, non salda certamente il
favore ricevuto e rimane debitore del favore, anche se non lo è più del denaro.
Come possiamo pensare di restar senza obblighi quando abbiamo dimostrato
concretamente la nostra gratitudine, se il fatto stesso di sdebitarci prova che noi
abbiamo ricevuto più che non compensato il bene?”52.
Senza soffermarci sull'esegesi del testo, è chiara l'intenzione di dimostrare che la
ricezione di un prestito presuppone un vantaggio economico ulteriore alla mera
disponibilità di credito, un beneficio da ricompensare53 grazie alla qualità più
importante del buon cristiano: la carità insegnata da Gesù. Siamo agli albori della
valutazione dell'interesse quale giusto emolumento nei confronti del creditore a
fronte della sua rinuncia ad una somma di denaro, palesata dalla concessione del
capitale stesso a titolo di prestito, fino alla restituzione. Nelle riflessioni di
Sant'Ambrogio non vi è , però, il superamento del divieto di prestito ad interesse
quando sono palesi le disuguaglianze sociali: “Non è del tuo avere che fai dono al
povero. Tu non fai che rendergli ciò che gli appartiene. Poiché è quel che è dato
in comune per l'uso di tutti, ciò che tu ti annetti. La terra è data a tutti e non
solamente ai ricchi (...) Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò
52
53
Sant'Ambrogio, Opera Omnia, esposizione del Vangelo secondo Luca /1 Biblioteca
Ambrosiana, Città Nuova Editrice, Milano 1996 v.11.
Contra, Chiara Scattone ne “L'usura nel verbo religioso” pag.58, ove l'autrice non ritiene
plausibile ritenere che nel passo lucano interpretato da Sant' Ambrogio vi sia l'intenzione di
giustificare l'interesse sul mutuum come forma di riconoscenza: “Non è del denaro che si
diviene debitori, bensì della carità che viene noi concessa”.
77
che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario54.
In epoca medievale, l'assenza di una interpretazione univoca da parte dei giuristi
acuiva i dubbi sulla possibilità di richiedere una somma di denaro a titolo
d'interesse nei contratti di prestito e nella realtà fattuale il divieto etico e non
giuridico dell'interesse veniva puntualmente eluso da tecniche contrattuali
innovative.
Un esempio fu la commenda medievale teorizzata da Benedetto da Norcia,
fondatore dell'ordine dei benedettini. Questo contratto prevedeva due parti: il
tractator e lo stans. Lo stans (capitalista) apportava il capitale necessario per
finanziare le attività commerciali del tractator, quest'ultimo, alla scadenza del
contratto, si impegnava a restituire il capitale e il 75% degli utili ottenuti
dall'investimento intrapreso. I rischi dell'operazione erano tutti a carico del
tractator, così come la responsabilità illimitata nei confronti dei terzi, mentre il
capitalista correva il solo rischio di perdere il capitale apportato. E' evidente la
somiglianza con in contratto islamico mudaraba: la posizione giuridica del
tractator è la stessa del mudarib, mentre lo stans ha gli stessi diritti e doveri del
rabb al-mal, una forma antesignana del profit and loss sharing system.
Sempre
in
epoca
medievale,
alcune
confraternite
di
monaci
inglesi
sperimentarono un particolare contratto di prestito, basato sul sistema gage
(garanzia sotto forma di pegno o ipoteca), nelle due forme mortgage e vifgage,
Nel mortgage, termine ancora utilizzato in terra anglosassone per tradurre la
parola mutuo, il creditore prestava una determinata somma di denaro al debitore,
54
Sant'Ambrogio, De Nobutae Historia: sulla proprietà, i ricchi e i poveri, in Opera Omnia.
78
in cambio del possesso e del godimento di un bene, solitamente fruttifero, di
proprietà del mutuatario. Alla scadenza del contratto, il godimento del bene dato
in garanzia veniva reso al debitore solo nel caso in cui egli avesse onorato il
debito. Il termine mort, ripreso dal francese, significava che i frutti del bene dato
in pegno erano da subito “morti” per il debitore, in quanto non contribuivano a
pagare una parte del debito e rimanevano in godimento al creditore. In questo
caso, quindi, la rendita del bene si mostrava come una forma d'interesse occulto,
formalmente osteggiata dalla Chiesa.
Nel vifgage la differenza con il tipo di prestito mortgage era rappresentata dalla
possibilità di imputare la rendita del bene dato in garanzia al pagamento
dell'obbligazione, in questo modo i frutti erano “vivi”, vif appunto, in capo al
mutuatario.
79
2.3 Il concetto di usura nel pensiero e nelle opere di Tommaso d'Aquino.
La nascita dei Monti di Pietà
Il maggior rappresentante della filosofia cristiana medievale e dottore della Chiesa
Cattolica enuncia il suo pensiero sulla liceità dell'usura nella Quaestio 78 della
Secunda Secundae della Summa Theologiae, ove l'Aquinate si pone quattro
domande alle quali risponde analizzando i passi biblici e il pensiero dei filosofi
greci: “Deinde considerandum est de peccato usurae, quod committitur in mutuis.
Et circa hoc quaeruntur quator. Primo, utrum sit peccatum accipere pecuniam in
pretium pro pecunia mutuata, quod est accipere usuram. Secundo, utrum liceat
pro eodem quamcumque utilitatem accipere quasi in recompensationem mutui.
Tertio, utrum aliquis restituere teneatur id quod de pecunia usuraria iusto lucro
lucratus est. Quarto, utrum liceat accipere mutuo pecuniam sub usura.”
Negli articoli 1 e 2 San Tommaso si chiede se possa essere considerato un peccato
percepire un interesse o un qualsivoglia vantaggio economico come compenso di
una somma di denaro concessa in prestito.
IIª-IIae q. 78 a. 1 co. “Percepire l'usura, o interesse, per il denaro prestato è per
se stesso un'ingiustizia: poiché si vende così una cosa inesistente, determinando
una sperequazione che è in contrasto con la giustizia. Per averne l'evidenza si
deve considerare che ci sono delle cose il cui uso consiste nel loro consumo: tali
sono, p. es., il vino che consumiamo usandolo per bere, e il grano che
consumiamo usandolo per mangiare. Perciò in codeste cose l'uso non si deve
80
computare come distinto dalle cose stesse, ché la concessione dell'uso implica la
concessione della cosa. E quindi per tali cose il prestito determina un passaggio
di proprietà. Perciò se uno volesse vendere il vino separatamente dall'uso del
vino, venderebbe due volte la stessa cosa, oppure venderebbe un'entità
inesistente. È chiaro, quindi, che commetterebbe un peccato d'ingiustizia. Per lo
stesso motivo commette un'ingiustizia chi presta il vino, o il grano chiedendo due
compensi, cioè la restituzione della merce equivalente, e in più il prezzo dell'uso
denominato usura.
Ci sono invece altre cose il cui uso non consiste nel loro consumo: l'uso della
casa, p. es., consiste nell'abitarla, non già nel distruggerla. Perciò in questi casi
si può concedere l'una, o l'altra delle due cose: uno può concedere a un altro la
proprietà della casa, riservandosene l'uso per un certo tempo; o viceversa uno
può concedere l'uso, conservandone la proprietà. Ecco perché si può percepire un
compenso per l'uso della casa, ed esigere la restituzione della casa stessa; il che è
evidente nei contratti di conduzione o di locazione.
Il denaro, come insegna il Filosofo, è stato inventato principalmente per facilitare
gli scambi: quindi l'uso proprio e principale del denaro è il consumo, o la spesa
che di esso si fa negli scambi. Perciò di suo è illecito percepire un compenso per
l'uso del denaro prestato, cioè per l'usura. Pertanto, come l'uomo è tenuto a
restituire le altre cose ingiustamente acquistate, così è tenuto a farlo per il denaro
ricevuto come usura, o interesse”.
IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 2. Agli ebrei fu proibito di percepire l'usura "dai loro
81
fratelli", cioè dagli ebrei. E questo ci fa comprendere che percepire l'usura da un
uomo qualsiasi è intrinsecamente peccaminoso. Infatti noi dobbiamo considerare
ogni uomo "come prossimo e fratello", specialmente dopo l'instaurazione della
legge evangelica, aperta a tutta l'umanità. Ecco perché nella Scrittura si elogiano
senza restrizioni, "chi il suo denaro non dà ad usura", e "chi non esigerà usura e
interessi". Ma agli ebrei fu concesso di percepire l'usura dagli stranieri, non
come cosa lecita, bensì come una permissione per evitare un male maggiore: e
cioè perché, spinti dall'avarizia cui erano dediti a detta del profeta Isaia, non
l'esigessero dagli ebrei stessi, adoratori di Dio. Invece la promessa riferita: "Tu
darai ad usura a molti popoli", va intesa in senso lato per prestito; cioè nel senso
di quel passo dell'Ecclesiastico: "Molti non danno ad usura", vale a dire "non
danno a prestito", "non per cattiveria (ma per paura di restare sacrificati)".
Perciò agli ebrei vien promesso in quel testo abbondanza di ricchezze, da cui
deriva il fatto che possano prestare (queste ricchezze) ad altri.
IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 3. Poiché gli uomini sono imperfetti, le leggi umane
lasciano impuniti alcuni peccati. Se venissero, infatti, rigorosamente puniti tutti i
peccati, gli uomini verrebbero privati di molti vantaggi. Perciò le leggi umane
permettono l'usura, non perché la ritengono secondo giustizia, ma per non
impedire i vantaggi di molti. Difatti anche nel diritto civile si legge: "Le cose
consuntibili con l'uso non sono suscettibili di usufrutto né secondo il diritto
naturale, né secondo il diritto civile". E ancora: "Il Senato non ha ammesso
l'usufrutto, o interesse di codeste cose, né poteva farlo; ma ne ha fissato i
82
termini", nel concedere l'usura. Anche il Filosofo, seguendo la ragione naturale,
afferma che "l'acquisto del denaro mediante l'usura è quello più estraneo alla
natura".
IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 4. Non sempre si è tenuti a dare in prestito: ecco perché ciò
rientra nei consigli. Ma rientra nell'ambito dei precetti non cercare un guadagno
dal prestito. Oppure può considerarsi un consiglio rispetto alle massime dei
Farisei, i quali pensavano che in certi casi l'usura fosse lecita: e cioè come può
dirsi consiglio l'amore dei nemici. In quel testo si condanna non la speranza
relativa al guadagno dell'usura, ma la speranza riposta nell'uomo. Infatti non
dobbiamo dare a prestito o fare qualsiasi altro bene sperando nell'uomo, ma
riponendo la speranza in Dio.
IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 5. Chi non è tenuto a prestare può percepire una ricompensa
del suo gesto: ma non deve esigere di più. Ora, egli viene ricompensato con
perfetta uguaglianza, con la restituzione di quanto aveva prestato. Perciò, se
esigesse di più per l'usufrutto di una cosa che non ha altro uso all'infuori del suo
consumo, esigerebbe un compenso per una cosa inesistente. Si avrebbe quindi
una richiesta ingiusta.
IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 6. L'uso principale degli arredi d'argento non è il loro
consumo: perciò si può vendere lecitamente codesto uso, conservandone la
proprietà. Invece l'uso principale delle monete d'argento è la loro spesa negli
acquisti. Dunque non è lecito vendere l'uso del denaro dato a prestito, e insieme
pretenderne la restituzione. Si deve però notare che, come uso secondario, gli
83
arredi d'argento possono avere quello di moneta di scambio. In tal caso non è
lecito venderne l'uso. Parimenti ci può essere un uso secondario delle monete
d'argento: prestarle, p. es., come campioni di raffronto, o in sostituzione di un
pegno. Ebbene, codesto è un uso del denaro che può essere venduto.
IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 7. Chi dà l'interesse o l'usura dà volontariamente non già in
senso assoluto, ma costretto dalla necessità: perché costretto a prendere denaro a
prestito, che l'offerente non vuol concedere senza l'usura.”.
L'Aquinate mette in luce il rischio che corre colui che presta denaro, rinunciando
ad una parte del suo patrimonio ed esponendosi al pericolo di un danno nel caso in
cui l'operazione finanziaria non vada a buon fine. In base a questa impostazione
di carattere risarcitorio, non può essere illecito richiedere una maggiorazione a
titolo di indennizzo per gli eventuali danni. Si arriva persino ad avvicinare questo
surplus ad una obbligazione naturale, ad un favore si risponde con un favore. In
più, vi è il paragone tra il denaro concesso in prestito e il denaro dato per
finanziare la commenda: se è ritenuto lecito ottenere un vantaggio economico da
questa tipologia di contratto, non può essere altrimenti anche per il surplus nel
caso di un prestito, valutato alla medesima stregua di un'operazione commerciale
finanziata.
IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 1 Si ritiene che per il denaro prestato uno possa richiedere
qualche altro vantaggio. Infatti: 1. Chiunque può lecitamente provvedere alla
84
propria indennità. Ma nel prestare il denaro spesso ci si espone a un danno.
Perciò è lecito richiedere e persino esigere, oltre il denaro prestato, un compenso
per il danno affrontato.
IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 2 A detta del Filosofo, per un dovere di onestà ciascuno è
tenuto a "ricompensare in qualche modo chi gli ha fatto un favore". Ora, chi
presta il denaro a chi si trova in necessità offre un favore: e quindi si esige un
ringraziamento. Perciò chi lo riceve ha il dovere naturale di ricompensare in
qualche modo. Ora, non sembra possa essere illecito obbligarsi a un dovere cui si
è tenuti per legge naturale. Dunque non è illecito se uno, nel prestare ad altri del
denaro, esiga l'obbligazione di un compenso.
IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 3.La Glossa nel commento a quel passo di Isaia: "Beato
chi scuote dalle mani ogni donativo", spiega che ci sono donativi di mano, ma ce
ne sono anche di lingua e di servizio. Ora, da chi ha avuto in prestito il denaro,
uno può lecitamente ricevere lodi e servizi. Dunque può riceverne, per lo stesso
motivo, qualsiasi altro donativo.
IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 4. Identico appare il rapporto tra prestito e prestito con
quello esistente tra offerta e offerta. Ma percepire del denaro per l'offerta di altro
denaro è cosa lecita. Perciò, per il denaro prestato, è lecito ricevere il compenso
di un prestito dal mutuatario.
IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 5. Aliena di più il denaro chi ne trasferisce il dominio col
prestito, che colui il quale l'affida a un mercante o a un artigiano. Eppure
85
percepire un guadagno dal denaro affidato a un mercante o a un artigiano è cosa
lecita. Quindi è lecito anche percepire un guadagno dal denaro prestato.
IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 6. Per il denaro prestato uno può ricevere un pegno il cui
uso si potrebbe anche vendere: come quando si pignora un campo, o una casa
d'abitazione. Perciò è lecito ricevere un guadagno dal denaro prestato
IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 7. Talora capita che, a motivo di un prestito, uno venda più
cara una cosa, o compri a meno la roba altrui, oppure aumenti il prezzo per il
ritardo del pagamento, o lo diminuisca perché pagata in contanti: ma in tutte
queste cose è evidente un compenso per il prestito del denaro. Ora, tutto ciò non
sembra chiaramente illecito. Dunque è lecito attendere e persino esigere un
compenso per il denaro prestato.
IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 1 SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Chi concede il
mutuo può, senza peccato, stabilire nei patti col mutuatario un compenso per il
danno, privandolo di qualche cosa di quanto dovrebbe avere: infatti questo non è
vendere l'uso del denaro, ma evitare il danno. E può darsi che chi riceve il
prestito eviti così un danno maggiore di quello incorso dal mutuante: perciò il
mutuatario ricompensa il danno altrui a proprio vantaggio. - Ma non si può nei
patti fissare una ricompensa per il danno dovuto al fatto che con quel denaro uno
non può guadagnare: egli infatti non ha il diritto di vendere ciò che ancora non
ha e che in più modi potrebbe venirgli a mancare.
IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 2. Il compenso di un beneficio si può avere in due modi.
Primo, per dovere di giustizia: dovere al quale uno può essere obbligato con un
86
patto preciso. E codesto debito si misura dalla grandezza del beneficio ricevuto.
Perciò chi ha ricevuto un prestito in denaro, o in altre cose di consumo, non è
tenuto a dare di più di quanto ha ricevuto in prestito. E quindi sarebbe contro
giustizia, se venisse obbligato a rendere di più. - Secondo, uno è tenuto a
ricompensare il beneficio ricevuto per un dovere di amicizia: e in questo si
considera più l'affetto col quale uno ha beneficato, che la grandezza di ciò che ha
fatto. E codesto dovere esula da un'obbligazione civile, la quale impone una
necessità, che distrugge la spontaneità del compenso.
IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 3. Se uno per il denaro prestato attenda od esiga, come per
l'obbligazione di un patto tacito o espresso, il compenso di una prestazione di
servizio o di lingua, è come se attendesse o esigesse un donativo: poiché son tutte
cose che si possono valutare in denaro, com'è evidente nel caso dei salariati, che
prestano l'opera loro con la mano o con la lingua. Se invece le prestazioni
suddette non vengono date per obbligo, ma per benevolenza, la quale non è
valutabile in denaro, allora è lecito riceverle, esigerle e attenderle.
IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 4. Il denaro non si può vendere a un prezzo superiore a
quello del denaro prestato, e che deve essere restituito: e in questo non c'è da
esigere e da attendere altro che la benevolenza, la quale non è valutabile in
denaro, e da cui può derivare in seguito un prestito spontaneo. Ma l'obbligo di un
prestito successivo è inammissibile: poiché anche codesto obbligo si può valutare
in denaro. Perciò è lecito scambiarsi dei prestiti reciprocamente: ma non è lecito
obbligare il mutuatario a un prestito successivo.
87
IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 5 .Chi presta il denaro cede il dominio di esso a chi lo
riceve. Cosicché costui lo detiene a suo rischio, ed è tenuto a restituirlo
integralmente. Perciò il mutuante non deve da lui esigere di più. Invece chi
consegna il proprio denaro a un mercante o a un artigiano facendo società con
essi, non cede loro il dominio, ma il denaro rimane di sua proprietà; cosicché è a
suo rischio l'uso che ne fa il mercante, o l'artigiano. Ecco perché egli può
pretendere parte del guadagno, come di roba sua.
IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 6. Se uno per il denaro avuto in prestito dà in pegno una
cosa il cui uso può essere valutato in moneta, il mutuante nella restituzione è
tenuto a computarne l'uso. Altrimenti, se pretendesse l'uso gratuito di quella cosa
come un sovrappiù, sarebbe come se, da usuraio, ricevesse del denaro in prestito:
a meno che non si trattasse di cose che si è soliti cedere agli amici senza
compenso, come il prestito di un libro.
IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 7. Se uno pretende di vendere la sua merce a un prezzo
maggiorato per rifarsi sul compratore della dilazione del pagamento, commette
un'usura evidente: poiché codesta dilazione di pagamento ha natura di prestito; e
quindi tutto ciò che si esige oltre il prezzo giusto a motivo della dilazione è come
la paga di un prestito, e questo è precisamente usura o interesse. - Parimenti, se
un compratore volesse comprare a un prezzo inferiore a quello giusto, per aver
anticipato il denaro prima di avere la merce, commetterebbe un peccato di usura:
poiché anche codesto anticipo ha l'aspetto di un prestito, il cui compenso sta
88
nella diminuzione del prezzo. - Se invece chi vende diminuisce spontaneamente il
vero prezzo per aver prima il denaro, allora non c'è un peccato di usura.
Il punto n. 5 (Chi presta il denaro cede il dominio di esso a chi lo riceve.
Cosicché costui lo detiene a suo rischio, ed è tenuto a restituirlo integralmente...)
è molto esplicativo. Anche in questo caso ci troviamo dinanzi ad un esempio di
compartecipazione ai profitti e alle perdite simile ai contratti islamici: colui che
presta una somma di denaro ad un artigiano al fine di finanziare le sue attività o
per realizzare una determinata opera diviene soggetto attivo del progetto stesso ed
ha diritto agli utili e il dovere di partecipare alle eventuali perdite. In questo senso
è come se il finanziatore fosse il legittimo proprietario di una parte dei guadagni.
La richiesta di un surplus sul prestito a titolo di guadagno non può essere ritenuto
usura. Tommaso d'Aquino giunge alla conclusione che le due parti, il mercator e
l'artifex investono il proprio capitale, a rischio di colui che lo concede. Questi ha
diritto ad una parte degli utili ottenuti dall'operazione commerciale finanziata in
quanto è come se non avesse mai perduto la proprietà del capitale. E' chiaro il
motivo per cui l'Aquinate arriva a questa considerazione: tra le due parti la
compartecipazione agli utili e alle perdite è la rappresentazione della funzione
economica solidaristica tipica della società mercantile medievale, ove l'interesse
dei nuovi protagonisti dell'economia prevale sui vincoli e sui limiti dei testi sacri:
“ la norma biblica, come viene qui dimostrato, non ha avuto bisogno né di essere
smentita né di essere elusa, ma semplicemente storicizzata. L'idea dell'Aquinate di
far istituire tra il capitalista e il mercante finanziato una quaedam societas, pur se
89
lontano dal concetto di societas, è tutta via geniale e innovativa, soprattutto perché
espressa da un teologo e non da un giurista” (Scattone, 2010). Al di là delle
valutazione etiche e filosofiche l'usura era il problema finanziario per eccellenza
del XIII secolo, terreno di scontro perenne tra teologi puristi e giuristi progressisti.
I nuovi valori dell'economia medievale costringevano le istituzioni ecclesiastiche
ad uno sforzo interpretativo non indifferente per assicurare, allo stesso tempo,
crescita economica e rispetto dei testi sacri.
Il primo passo fu il Concilio Lateranense III del 1179, ove venne confermata
l'illiceità del prestito a interesse ma si decise la scomunica solo nei confronti degli
usurai manifesti, i professionisti di tale pratica. Nel Concilio Lateranense IV del
1215 venne condannata solo l'usura grave et immoderata; la posizione della
Chiesa si fece meno intransigente nei confronti del delitto di usura, prevedendo la
scomunica solo verso coloro che ne facessero un utilizzo smodato ed eccessivo,
l'obiettivo era quello di distinguere una volta per tutte il concetto di interesse
lecito da quello di usura. Nonostante le innovazioni teoriche e le sanzioni previste,
il fenomeno del prestito ad interessi divenne sempre più ingente, tanto da
scatenare pericolose rivolte popolari nei riguardi degli usurai.
La soluzione per arginare il problema fu la nascita dei Monti di Pietà nel XV
secolo, istituiti per venire incontro alle esigenze finanziarie delle popolazioni più
povere. Fortunatus de Coppolis, un frate perugino, nel Consilium montis pietatis,
scritto nel 1462 per il Monte di Pietà della città di Perugia 55, ebbe l'illuminante
55
Il Monte di Pietà di Perugia fu la prima istituzione finanziaria senza scopo di lucro nata in
Italia.
90
idea di scomporre il contratto di prestito in quattro fattispecie principali: il
contratto di pegno, il contratto di mutuo, il contratto di mandato e il contratto di
locazione d'opera. I prestiti venivano concessi senza usura, era previsto solo il
pagamento di una commissione destinata a garantire una minima retribuzione agli
impiegati del Monte, responsabili della custodia del bene lasciato in pegno per la
concessione del finanziamento. Il pegno doveva avere un valore pari o superiore
ad un terzo rispetto alla somma di denaro richiesta in prestito. Questi antesignani
istituti di credito furono definitivamente approvati dalla Chiesa con la bolla inter
multiplices di Leone X nel 1515, nella quale venne stabilito l'interesse massimo
del 6% a titolo di salario per il personale e per le spese correnti degli immobili,
un vantaggio non indifferente per i debitori se si pensa alla percentuale di
interesse applicato in città come Firenze in quel periodo storico: il 20-30%.
L'approvazione papale dei Monti di Pietà fu necessaria allo scopo di porre fine
alle forti critiche apportate dai teologi agostiniani e domenicani, convinti
dell'illiceità di qualsiasi forma di interesse nella concessione di un prestito.
La risposta definitiva della Chiesa assopì ogni attrito: “con l'approvazione del
sacro concilio , dichiariamo e difendiamo che i suddetti Monti di Pietà costituiti
dalle pubbliche autorità e finora approvati e confermati dalla Sede Apostolica, nei
quali si esiga, oltre il deposito un modesto compenso per le sole spese degli
impiegati e di quanto è necessario per il mantenimento, senza un guadagno per gli
stessi Monti, non presentano nessun male specifico, né costituiscono incentivo al
peccato. Essi non possono in nessun modo essere condannati, ma al contrario un
91
tale tipo di prestito è meritorio e deve essere lodato e approvato, né deve essere
assolutamente considerato una usura (...) Tutti i religiosi e gli ecclesiastici e i
secolari, che in futuro osassero predicare o discutere sia a voce che per iscritto
contro il testo di questa decisione, incorreranno nella scomunica.”. 56
Affinché si potesse lecitamente percepire un interesse sul capitale non era
concepibile la durata del prestito come titolo estrinseco, poiché non si riteneva che
il valore del denaro potesse mutare nel tempo.
Come si evince chiaramente dal decreto, l'attività di queste proto-banche fu
ritenuta fondamentale per lo sviluppo economico e sociale della popolazione,
l'attività di erogazione del credito venne sempre più legittimata e gli istituti
bancari cominciarono a diffondersi in tutta Europa.
56
Conciliorum Oecomenicorum Decreta, op.cit., pp.626-627.
92
2.4 Il superamento definitivo del divieto di prestito ad interesse nella
Riforma protestante e nel Code Napoleon
La Riforma protestante ha avuto un ruolo pionieristico nello sviluppo
dell'economia capitalistica moderna e nella crescita di uno spirito produttivo ed
imprenditoriale libero dai condizionamenti della tradizione della religione
cattolica medievale. Con Lutero nasce una nuova concezione della visione del
profitto, lo spirito del capitalismo religioso, basato sulla massima efficienza
lavorativa come strada principale per il massimo guadagno, guidato da uno stile di
vita austero e rigoroso. Nel pensiero luterano il divieto di usura vive una profonda
evoluzione: nei primi anni, la Riforma condanna qualsiasi forma di interesse o
vantaggio economico a titolo di danno emergente, riconoscendo la legittimità solo
del prestito gratuito, così come è previsto nei testi Sacri. La salvezza dell'uomo
non è assicurata o prevedibile con certezza nella cultura protestante e solo una vita
rispettosa dei principi cristiani e austera può far sperare in essa, praticare l'usura
ne è l'esatto contrario nel pensiero del riformatore tedesco.
L'impostazione cambia nettamente negli ultimi anni della sua vita, ove il pensiero
di Lutero si adegua alle necessità e agli interessi dei nuovi protagonisti
dell'economia mercantile tedesca. L'usura resterà un grave peccato per l'etica
protestante, in quanto strumento di accumulazione delle ricchezze nelle mani di
pochi a danno dell'intera comunità, ma il prestito a interesse otterrà la benedizione
anche della nuova Chiesa, ovviamente nei limiti di una percentuale di interessi
93
ragionevole e non speculativa.
Il superamento definitivo dell'interdizione del prestito a interesse avverrà grazie
alle teorie economico-filosofiche del calvinismo. Calvino parte dal presupposto
che il divieto biblico del prestito usuraio abbia portato nessun miglioramento alle
condizioni sociale ed economiche delle popolazioni credenti; in più ritiene che
siano stati ben pochi a rispettarlo nel corso della storia, in primis le stesse autorità
ecclesiastiche. Sempre Calvino cita l'esempio della città di Ginevra, ove i vescovi
concedevano il permesso di praticare l'usura ai ricchi imprenditori svizzeri in
cambio di protezione. Il riformatore ginevrino era convinto che le istituzioni
religiose avrebbero dovuto assecondare gli interessi della nuova classe sociale
dominante dell'epoca, ovvero la borghesia mercantile. E il prestito usuraio era una
delle attività predilette dai borghesi di tutta Europa.
Per Calvino la disapprovazione della ricchezza, in tutte le sue forme,
rappresentava un'offesa a Dio, in quanto la “variabile mescolanza di ricchi e
poveri” era determinata dalla provvidenza divina. La salvezza dell'anima era
concessa a tutti coloro che avessero saputo utilizzare adeguatamente la propria
ricchezza e ai poveri che fossero stati in grado di accettare la povertà con dignità
e pazienza, tesi corroborate da una rilettura dei testi sacri in chiave capitalistica.
Inoltre, viene posta l'attenzione sul fatto che l'interdizione dell'usura fosse vietata
presso la comunità ebraica, ma non nel rapporto degli ebrei coi pagani57 e che gli
ebrei stessi fossero costretti all'usura nei confronti dei pagani, in quanto questi la
praticavano senza limiti. La conclusione del riformatore svizzero è quella di
57
Cfr. Es 22,25; Lv 25,35. Dt 23,19.
94
considerare il divieto di prestito a interesse semplicemente una legge politica,
priva di qualsiasi valore universale e quindi limitata al periodo storico di
riferimento.
Giovanni Calvino reinterpreta anche il passo evangelico di Luca 6,35: “date a
mutuo senza sperarne nulla”: l'avvocato del vescovo di Noyon, dunque, sostiene
che il pensiero di Luca non possa necessariamente impedire di richiedere un
interesse, visto che l'unico obiettivo è quello di incentivare i credenti a donare ai
poveri. Gesù Cristo nella parabola dei talenti non condanna in forma esplicita
l'usura, si limita a predicare l'amore universale e non impone delle leggi severe ai
suoi discepoli. Calvino stravolge l'esegesi medievale del divieto biblico di San
Tommaso d'Aquino, secondo cui la concessione agli ebrei di praticare l'usura nei
confronti dei nemici fosse un escamotage per evitare che la medesima pratica
avvenisse all'interno della stessa comunità ebraica, tra fratelli spinti dall'avidità.
Se per i giuristi medievali l'usura era illecita e illegittima, per Calvino andava
giustificata e storicizzata, anche all'interno della comunità dei cristiani, l'amore
universale avrebbe evitato ogni eccesso.
La grande rottura del pensiero di Calvino con l'impostazione concettuale comune
ad Aristotele, al cattolicesimo,e all'islamismo è l'esaltazione del crematismo: il
denaro, in quanto merce universale, può produrre ulteriore denaro. E' interessante
il saggio di Enrico Galavotti (2007) in materia: “Dopo aver costatato, amaramente,
che il principio medievale della carità cristiana era venuto meno, Calvino pensò
che era rimasto solo un modo per convincere il borghese a diventare "cristiano",
95
pur restando "borghese": quello di assicurargli un interesse sui suoi crediti. E'
stato così che il denaro è diventato più importante della proprietà della "terra" (...).
Il vero sofisma di Calvino, quello assolutamente inedito, sta nell'aver distinto tra il
profitto di soccorso o di consumo, destinato al povero o all'acquisto di beni di
consumo, per il quale non è previsto alcun interesse, essendo questo improduttivo;
é il prestito di produzione o d'investimento, non previsto dalla Bibbia, perché è un
credito commerciale o d'impresa. Chi riceve del denaro in prestito e lo investe,
deve pagare un giusto interesse. Il ragionamento, dal punto di vista borghese, è
-come si può notare- perfettamente logico, ma appunto perché si era voluti
assolutamente uscire da un'economia di autosussistenza, fondata sul valore d'uso,
ovvero perché, nel democratizzare la vita rurale, abolendo il servaggio, si era
preferito concedere ampia autonomia allo "spirito capitalistico" delle manifatture
e dei commerci privati. Naturalmente Calvino si rendeva conto che, potendo
scegliere fra il concedere prestiti a un povero incapace di metterli a frutto, e il
concedere gli stessi crediti a uno intenzionato a lavorare sodo, il borghese avrebbe
sempre scelto la seconda alternativa. Egli dunque doveva escogitare un sistema
per impedire che qualcuno potesse rivolgergli la seguente obiezione: chi potrebbe
prestare senza interesse per soccorrere altri e non lo fa, col pretesto che col suo
denaro può acquistare dei vantaggi con un buon investimento, è come se fosse un
usuraio. I problemi di coscienza -come si può notare- avevano ancora un certo
peso agli albori del capitalismo. Sapendo questo, Calvino si preoccupò di elencare
una serie di restrizioni sul prestito a interesse (si preoccupò naturalmente solo di
96
questo e non anche di come risolvere il problema della povertà). Nessuno può far
di professione l'usuraio; 2) è vietato chiedere un interesse al povero; 3) il creditore
non può pensare solo ai propri interessi; 4) l'interesse dev'essere equo, benché sia
impossibile stabilire una regola oggettiva in base alla quale fissare un tasso
uniforme; 5) l'interesse va chiesto solo se chi lo riceve ha ottenuto, dopo aver
impegnato il prestito in un'attività produttiva, un guadagno superiore alle spese
sostenute; 6) l'interesse dev'essere pubblico, perché bisogna controllare che non
aumenti, in virtù di esso, il costo della vita. Occorre quindi un controllo statale.
Tutte queste restrizioni sembrano volerci far capire che Calvino si assoggettò
malvolentieri all'idea di dover concedere ampio spazio ai prestiti con interesse. In
realtà egli lo fece con la convinzione ch'essi erano non solo legittimi ma anche
indispensabili alla vita economica borghese. "E' chiarissimo -egli afferma- che
agli antichi era proibita l'usura, ma dobbiamo riconoscere che ciò faceva parte
della loro costituzione politica. Ne consegue che oggi l'usura non è illegale,
purché non contravvenga all'equità a alla fraternità". In questo senso la sua opera
segna una svolta epocale, un punto di non ritorno. L'usura non è più proibita come
principio ma solo post-factum, cioè quando l'interesse richiesto diventa eccessivo.
L'interesse, prima proibito come principio ma tollerato in diversi casi particolari
(uno era appunto quello dei Monti di pietà), ora diventa lecito come principio,
nell'illusione che lo si possa proibire ogni volta che sembri contrario all'equità”.
In sintesi, il tempo dei limiti etici era definitivamente tramontato e anche a livello
normativo il prestito ad interesse trovò la sua legittimità nel codice civile francese
97
voluto da Napoleone Bonaparte. La produzione di denaro sul denaro diventò uno
degli elementi strutturali della moderna finanza convenzionale.
98
Capitolo terzo
La finanza etica: principi e prerogative
Premessa
Nei capitoli precedenti abbiamo analizzato il fenomeno della finanza islamica e lo
sviluppo di questo sistema finanziario nell'ambito della economia globale, per poi
concentrare l'attenzione del lettore sulle analogie culturali che intercorrono tra i
divieti posti dalla religione islamica e l'evoluzione dei medesimi concetti nei Testi
Sacri e nella filosofia medievale. In questo capitolo esamineremo le caratteristiche
principali di un settore della finanza mondiale che condivide alcune delle
peculiarità teoriche dell'islamic banking: la finanza etica.
3.1 Genesi e diffusione della finanza etica
Con il termine finanza etica si intende “l'organizzazione e la gestione dei servizi
d'intermediazione finanziaria con lo scopo di rispettare determinati valori umani,
sociali e ambientali e di raggiungere obiettivi ritenuti moralmente vincolanti”. Gli
effetti negativi della crisi finanziaria del 2008, propagatasi dagli Stati Uniti in
tutto il mondo, e che continua ancora oggi a rendere i mercati finanziari molto
fragili dinanzi ai comportamenti speculativi, ha convinto gli operatori finanziari a
ricercare strategie di investimento più affidabili e attente alle esternalità sociali e
ambientali, superando il principio dogmatico della massimizzazione del profitto e
99
inserendo il criterio della responsabilità sociale in un ambito scevro da qualsiasi
valutazione etica come quello della finanza. Infatti, per l'opinione generale,
l'espressione “finanza etica” può sembrare un ossimoro, un'incoerenza linguistica
e semantica; la finanza tout court gode di una reputazione negativa, rievoca l'idea
di transazioni milionarie volte solo all'arricchimento individuale, mentre l'etica, al
di là delle svariate definizioni che si possono prendere in considerazione, ha una
connotazione positiva e rimanda a valori sociali, morali o religiosi.
L'obiettivo primario di questa “presunta” contraddizione in termini è quello di
fungere da leva culturale per tutti gli interpreti del mondo finanziario e bancario,
affinché la finanza possa trasformarsi da strumento di profitto per pochi
privilegiati a elemento portante dello sviluppo e della crescita dell'economia reale,
rendendo, appunto le scelte degli investitori più sensibili alle attività socialmente
sostenibili58.
Secondo il pensiero di Milano (2001) però, commetteremmo un errore a
presentare la finanza etica come una sorta di alternativa, politicamente corretta,
alla finanza convenzionale, “E' una finanza classica con tutte le sue regole: la
diversità sta nel suo scopo, nel benessere dell'uomo globale e non solo quello di
uno spicchio di mondo. E' una disciplina per l'uomo, e non solo per alcuni
uomini” In realtà si potrebbe persino affermare che la finanza etica sia una
sovrastruttura destinata ad essere superata nel momento in cui riuscirà a cambiare
le regole e i comportamenti degli stakeholders della finanza tradizionale. Il grande
58
Ad esempio, aumentando il capitale di quelle aziende che operano nel settore della
cooperazione sociale, del commercio equo e solidale, della produzione eco-sostenibile.
100
limite dell'intero sistema è, però, la ricerca di una valutazione oggettiva del
termine “etica” negli investimenti, un concetto troppo spesso abusato e che spesso
ha generato diffidenze nei confronti dei promotori dei c.d. Socially Responsible
Investment (SRI), conosciuti e diffusi in Italia con la denominazione di Fondi
etici. Nei paragrafi successivi affideremo questa ardua interpretazione alle
definizioni presentate, ad esempio nel nostro Paese, dalla Consob e dalla
associazione Assogestione, leader nel settore del risparmio gestito. Prima di
affrontare l'analisi delle prerogative tecniche dell'approccio etico nella finanza, e
per comprende l'evoluzione di questo movimento, è necessario partire da alcuni
riferimenti storici.
La finanza etica è un movimento culturale che affonda le sue radici fin dai tempi
della costituzione dei Monti di Pietà, che come abbiamo analizzato nel capitolo
precedente, furono la prima tipologia di istituti bancari a vocazione solidale.
Lorenzo de Tonti59, pioniere del microcredito e Antonio Genovesi 60, professore di
Economia Pubblica della prima facoltà di economia al mondo, furono i promotori
in Italia di una filosofia che, reinterpretando la figura dell' homo oeconomicus
come “persona” e non solo come “merce”, aprirono la strada alla rivalutazione
dell'economia quale bene comune e, in particolar modo, del denaro come mezzo
59
60
L.Tonti (ca. 1602- ca. 1684) fu un banchiere di origini napoletane, inventore della “tontina”, la
prima forma di microcredito, ancora utilizzata in alcune zone dell' Africa e fonte di ispirazione
del Premio Nobel, M. Yunus, per la sua attività bancaria. Nella tontina, ogni partecipante paga
una quota d'ingresso, il denaro raccolto viene investito e i partecipanti godono degli utili per
tutta la vita. Alla morte di uno dei partecipanti la quota del de cuius viene ripartita tra i
superstiti.
A.Genovesi (1713-1769) economista e filosofo napoletano, pioniere dell'Economia civile e
professore di metafisica, etica ed Economia Pubblica all'università di Napoli. Fu il promotore
di una politica economica influenzata dalle dottrine fisiocratiche e liberiste.
101
per la salvaguardia del benessere economico e sociale della comunità. Giuseppe
Toniolo, uno dei padri della dottrina sociale della Chiesa, si fece portavoce morale
del buon lavoro delle neonate casse di risparmio mutualistiche del '700, nelle quali
la teoria dell'utilitarismo nell'economia, aspramente criticata dal sacerdote, veniva
mitigata dall'incidenza dell'etica. Fu però in ambito internazionale che vennero
mossi i primi passi concreti verso una più forte convergenza tra etica ed
economia. Nel 1760, il teologo e fondatore del movimento britannico protestante
metodista, John Wesley, sostenne l'idea che gli imprenditori non avrebbero dovuto
più produrre ricchezza in modo egoistico e a svantaggio della comunità; agendo
da custodi dei propri beni piuttosto che da proprietari. Questa nuova concezione
ispirò il pensiero economico delle Chiese protestanti del mondo anglosassone.
Agli albori del XX secolo i movimenti protestanti negli Stati Uniti cominciarono a
criticare, in modo sempre più deciso, il deposito di denaro e l'impiego del
risparmio dei propri seguaci in attività moralmente sconvenienti, quali la vendita
di prodotti alcoolici, tabacco, pornografia e gioco d'azzardo. Su questa
impostazione, nel 1928, il Federal Council of Churches lanciò il primo fondo
comune etico della storia: il c.d. Pioneer Fund (Milano, 2001). I sottoscrittori del
fondo61 vennero informati minuziosamente sulla gestione dei loro risparmi: in
base all'etica cristiana il denaro venne impiegato solo in attività ritenute favorevoli
per la comunità. Il Fondo non subì gli effetti negativi della crisi di Wall Street del
1929 e ciò aprì la strada all'emissione di nuovi fondi etici.
I decenni di maggiori sviluppo della finanza etica in America furono gli Anni
61
Il Pioneer Fund poteva essere sottoscritto solo dai seguaci del movimento dei Mennoniti.
102
Sessanta e Settanta, quando il movimento pacifista, contrario alla guerra del
Vietnam, e gli anti-nuclearisti, cominciarono a sensibilizzare l'opinione pubblica
sulla mancanza di responsabilità sociale delle multinazionali statunitensi. E non
solo. In quel periodo vennero costituite numerose associazioni di piccoli azionisti,
pronte a far sentire il proprio peso specifico all'interno dei consigli di
amministrazione delle aziende e a boicottare i prodotti proveniente dalle Nazioni
responsabili di eccidi e violazioni dei diritti umani62. Da questi movimenti di
protesta costruttiva nacquero i primi fondi etici con “criteri positivi”, ovvero i
fondi comuni che non si limitavano a non investire in attività disdicevoli ma che
supportavano economicamente le aziende ritenute meritevoli: il Foursquare
(1961), il Pax World Fund (1971) e il Third Century Fox (1972). Il fondo più
emblematico per il movimento fu il Pax World Fund, perché la sottoscrizione
venne aperta a tutti gli interessati e non solo ai sostenitori e ai seguaci delle Chiese
promotrici. In Europa, l'evoluzione della finanza etica avvenne in modo più lento
e graduale, il primo strumento di investimento etico fu il fondo Ansvar della
società scandinava Swedish Temperance Society, anch'esso come il Pioneer Fund,
aperto alla sottoscrizione dei soli sostenitori del movimento. In Gran Bretagna, la
Chiesa Anglicana cominciò a diversificare le proprie scelte d'impiego del
risparmio mirando ad investimenti eticamente sostenibili fin dal 1948 ma
bisognerà attendere il 1984 per assistere alla promulgazione del primo fondo
comune etico: lo Stewardship Unit Trust della Friends Provident, una compagnia
di mutue assicurazioni facente parte della corrente protestante dei Quakers, un
62
Gli Stati in questione erano principalmente: il Sud Africa, il Cile e la Cina.
103
movimento religioso particolarmente attento alle tematiche della responsabilità
sociale in ambito finanziario. L'esperienza della Friends Provident fu seguita da
altre società e, in brevissimo tempo, furono lanciati numerosi fondi comuni dello
stesso genere63. La tabella riportata in seguito ci dà un'idea dei diversi veicoli
d'investimento etici sottoscritti in Gran Bretagna dal 1984 al 1990 ( Cit. pag. 62)
A cornetichal unit trust
No: armi, tabacco, alcool, esperimenti su
animali, attività in Sud Africa.
Amity Fund
Si: aziende che contribuiscono alla
qualità della vita della famiglia nei campi
dell'educazione, della salute, della
sicurezza casalinga.
Conscience Fund
Sì: aziende preoccupate dell'ecologia, in
buoni rapporti con i propri dipendenti,
dedite alla beneficienza.
No: tabacco, alcool, armi, gioco
d'azzardo, regimi oppressivi, sfruttamento
degli animali.
Investment Fund Ethical
No: armi, attività in Sud Africa o
Namibia, energia nucleare, esperimenti
sugli animali, pellicce, gioco d'azzardo,
alcool,banche, pubblicità scorretta.
Ethical Trust
Sì: salute, costruzioni, protezione
dell'ambiente.
No: armi, tabacco, alcol, nucleare, gioco
d'azzardo, sperimentazioni irresponsabili
sugli animali, affari con regimi oppressivi
o non democratici.
Fellowship Trust
No: gioco d'azzardo, alcol, tabacco, armi,
affari in Sud Africa, gruppi petroliferi e
bancari internazionali.
63
Gli investimenti etici nel Regno Unito fanno seguito all'istituzione dell'EIRIS (Ethical
Investment Research service). La rivista annuale di questo ente funge da guida agli
investimenti etici, con tutte le informazioni da sapere sulle aziende che svolgono attività
meritevoli di essere menzionate tra quelle etiche.
104
Fidelity Famous Name Trust
No: tabacco.
Health Fund
Sì: salute e protezione dell'ambiente.
No: alcol, tabacco, gioco d'azzardo, affari
in Sud Africa.
Merlin Ecology Fund
No: affari in Sud Africa, armi, tabacco,
nucleare.
Stewardship Unit Trust
No: armi, sfruttamento degli animali,
gioco d'azzardo, alcol, tabacco, affari in
Paesi con dittature e regimi oppressivi.
Target Global Opportunities
No: armi, gioco d'azzardo, alcol, tabacco,
affari con regimi che praticano
l'apartheid.
Sì: aziende con buona politica sociale
verso i dipendenti e attenzione
all'ambiente.
Il Regno Unito é ancora oggi il paese guida della finanza etica in Europa. In
Francia, i primi fondi comuni etici risalgono al 1983 e al 1989:il fondo Nouvelle
Stratégie 50, lanciato dalla società d'investimento Meeschaert e dalla
organizzazione no profit Éthique et Investissement e il fondo Hymnos, emanato
dall'istituto bancario Credit Lyonnais, dedicato alle scelte finanziarie delle
congregazioni religiose. In Italia, nonostante le grandi innovazioni teoriche di
economisti come Genovese e Tonti, la finanza etica non trovò grande spazio fino
agli anni Ottanta, quando la società cooperativa finanziaria di mutua Autogestione
(Mag) di Verona lanciò la sua proposta di risparmio autogestito. Gli investimenti
della Mag furono diretti su tre attività principali: la solidarietà sociale, l'ambiente,
la cultura e l'informazione; l'intero sistema si basa tutt'oggi su presupposti del
tutto nuovi nel panorama finanziario italiano: la partecipazione dei soci alla
gestione, finanziamento di progetti di cooperative e associazioni ethical friendly,
105
massima trasparenza nelle informazioni sui progetti finanziati, riducendo al
minimo le asimmetrie informative. Gli Anni Novanta vedranno poi la nascita della
massima espressione della espressione della finanza etica in Italia, la Banca
Popolare Etica.
Questa breve rassegna storica ha evidenziato l'importanza che hanno avuto le
congregazioni religiose nella diffusione della finanza etica; oggi, la maggior parte
dei fondi etici è detenuta da società e aziende laiche che hanno portato avanti
l'utopia di una finanza socialmente responsabile. I dati di crescita della finanza
etica sono emblematici; secondo l'associazione dei forum europei per la finanza
sostenibile (EUROSIF) nel periodo 2008-2010 vi è stato un incremento dei
patrimoni investiti in Europa in base a criteri di responsabilità sociale pari all'
87%, le risorse investite hanno raggiunto la cifra record di 5000 miliardi euro a
fine 2009. Di questa cifra, 3800 miliardi sono investiti solo in base a criteri di
esclusione di determinate aziende mentre ben 1200 miliardi sono investiti
seguendo criteri selettivi negativi e positivi, ovvero non limitandosi ad eliminare
dal portafoglio le aziende produttrici di armi e altri prodotti ritenuti nocivi per
l'uomo, ma prevedendo una selezione di aziende particolarmente meritevoli di
essere finanziate in funzione delle ottime politiche di governance all'interno di
esse. Lo schema che segue rappresenta l'emissione di fondi etici in Europa al
giugno 2010
106
L'Italia ha vissuto un periodo di forte crescita tra il 2003 e il 2009 ed in base ai
dati in possesso di EUROSIF (2009), 312,4 miliardi di euro sono investiti nel
nostro paese secondo criteri di responsabilità sociale (banknoise.com)
107
3.2 Principi e caratteristiche della finanza etica
Nel paragrafo precedente abbiamo accennato al fatto che sia molto complesso
trovare una definizione univoca e oggettiva di etica nella finanza. Ci siamo
limitati a sostenere che la finanza etica mira alla ridefinizione delle regole degli
investimenti nel mercato finanziario, inserendo ulteriori parametri di riferimento
ai requisiti tipici del sistema tradizionale. Al rischio e al rendimento si aggiunge il
criterio della responsabilità sociale. Ma in cosa consiste la responsabilità sociale?
Cosa distingue effettivamente l'investimento etico da quello tradizionale?
Vi sono almeno quattro diverse fasi di evoluzione del concetto di responsabilità
sociale nella finanza, che corrispondo a a quattro concezioni differenti di finanza
etica (Becchetti-Paganetto, 2003):
 gli intermediari finanziari e i risparmiatori utilizzano una parte dei
rendimenti percepiti sui mercati finanziari in attività di beneficenza;
 gli intermediari finanziari svolgono un ruolo attivo nei consigli di
amministrazione delle aziende di cui sono azionisti, affinché il CDA
indirizzi gli investimenti in fondi eticamente sostenibili;
 gli intermediari finanziari e i risparmiatori si astengono dal compiere
investimenti in quelle aziende che abbiano violato determinati criteri etici
selezionati aprioristicamente da agenzie di rating etico;
 Si istituisce un' Agenzia Internazionale di controllo e consulenza che valuti
con attenzione,in nome del Fondo, ogni società oggetto di investimento.
Nel primo caso, l'intero sistema della finanza etica si basa sulla beneficenza tout
108
court, senza effettuare distinzioni tra le tipologie di investimento. L'intermediario
finanziario o il risparmiatore si limitano a versare una parte dei loro profitti in
attività ritenute socialmente utili, prescindendo da qualsiasi valutazione sulla fonte
dei profitti stessi. E' evidente come in funzione di questa prima definizione, la
convergenza tra la finanza tradizionale e la finanza etica sia quasi impercettibile.
Non vi è diversificazione negli investimenti ma semplice diversificazione
nell'impiego del profitto individuale. Il finanziamento delle attività etiche avviene
in modo indiretto e sporadico64. La situazione cambia nella seconda fase: si
valutano criteri positivi nella selezione degli investimenti: i gestori del fondo
vengono incentivati, dalla partecipazione attiva dei piccoli azionisti, ad effettuare
gli investimenti in aziende considerate sostenitrici di politiche sociali e produttive
attente alla crescita del benessere sociale della comunità. Ad esempio, finanziando
le aziende che producono energie rinnovabili o che adottano una buona politica
sociale nei confronti dei dipendenti. In tal modo, la crescita degli investimenti in
queste attività etiche costringerebbe tutte le aziende presenti sul mercato a
modificare le proprie attività al fine di non perdere fruttuosi capitali. La terza fase
prevede l'adozione di criteri negativi di selezione: i manager delle società di
gestione fondi e i risparmiatori attuano una selezione degli investimenti,
escludendo dal portafoglio titoli gli strumenti e i prodotti finanziari di quelle
aziende che favoriscono l'incremento di attività produttive ritenute eticamente
64
La dottrina non è unanime nella valutazione di questa fase. Riccardo Milano ritiene che non
possa essere considerata un'attività rientrante nell'ambito della finanza etica la semplice
rinuncia di una parte del profitto ottenuto finanziando il sistema tradizionale per destinarlo a
organizzazioni no profit e del Terzo settore in genere. La beneficenza è un'azione moralmente
rilevante ma non è finanza etica.
109
dannose per il benessere della comunità. L'esempio è quello dei fondi comuni che
escludono dagli investimenti le attività di promozione e produzione di tabacco,
alcool, materiale pornografico ed energia nucleare. Lo screening etico avviene in
base alla informazioni acquisite da determinati organismi professionali esterni e
società di consulenza quali, ad esempio, la Kinder-Lyndemberg and Domini negli
Stati Uniti e la Eiris in Gran Bretagna, che aggiornano gli investitori sul rating
etico delle varie aziende presenti sul mercato. Nella maggior parte dei casi
vengono utilizzati criteri misti, sia positivi che negativi. Nella quarta fase, la
finanza etica cristallizza l'elemento essenziale, ovvero istituzionalizza le società di
consulenza nella gestione del risparmio che effettuano valutazioni sul livello di
responsabilità sociale delle varie aziende presenti sul mercato, per poi aggiornare
gli intermediari finanziari sul rating di ciascuna società. In questo modo, lo
screening etico diventa più credibile e decifrabile.
La responsabilità sociale non è l'unico parametro di riferimento della finanza
etica, la visione economica di questo sistema rispetto alla finanza tradizionale è
riconducibile ad alcuni punti chiave che proveremo a sintetizzare, seguendo lo
schema adottato da Milano (2001).
La finanza tradizionale:
•
prevede un tasso d'interesse liberamente determinato dalle regole del
mercato (in ambito di apertura di un conto corrente);
•
la trasparenza nella gestione della raccolta del risparmio e negli
investimenti è contemplata ma non è vista come un valore aggiunto. Il
110
cliente non viene minimamente incentivato alla condivisione delle scelte
da effettuare in ambito finanziario, se non da precisi obblighi di legge;
•
la massimizzazione del profitto individuale è la regola fondamentale di
ciascun investimento, più è alto il rendimento e più il cliente è incentivato
ad investire su un determinato settore, senza alcuna valutazione ulteriore;
•
gli investimenti sono effettuati senza considerare il livello di impatto
ambientale che possono produrre;
•
la concorrenza è intensa e legata solo alle regole del mercato;
•
Il mercato è libero, le aziende devono solo dimostrare di avere bilanci
attivi;
•
non vi è l'obiettivo di creare un modello di sviluppo inclusivo e
socialmente utile;
•
la concentrazione della ricchezza è nelle mani di pochi.
La finanza etica:
 prevede la determinazione di un tasso d'interesse tra 0 e un massimo
concordato tra banca e cliente;
 la trasparenza nella gestione del risparmio e degli investimenti è
considerato un valore assoluto, da sponsorizzare e incentivare in ogni
modo;
 la valorizzazione degli operatori del mercato è una prerogativa
insindacabile, l'homo oeconomicus è una persona e non un mezzo di
111
profitto;
 la massimizzazione preferita è quella che mira al benessere comune, gli
investimenti che permettono la crescita dell'economia reale sono i più
sponsorizzati;
 ciascun investimento deve essere valutato in funzione dell'impatto che può
generare sull'ambiente;
 il mercato è organizzato in modo da incentivare il commercio equo e
solidale;
 la concorrenza esasperata è sostituita dalla competizione solidale, aperta
anche a possibili alleanze che potenzino il benessere sociale;
 la creazione di un modello di sviluppo sostenibile da un punto di vista
etico è l'obiettivo fondamentale;
 La distribuzione della ricchezza è una delle conseguenze del mercato
solidale.
Al di là delle facili conclusioni di carattere morale sulla preferibilità di un sistema
rispetto all'altro, quello che desideriamo porre in evidenza sono le diverse finalità.
Nella finanza etica, la crescita del bene comune è un obiettivo imprescindibile, da
realizzarsi puntando ad un rendimento equo e solidale. Senza soffermarci in
esempi banali, gli alti profitti realizzabili da un'azienda che produce energie
rinnovabili non si limitano ad arricchire esclusivamente l'azienda produttrice, ma
rappresentano esternalità positive per tutta la comunità. L'apertura di un conto di
112
deposito in una Banca Etica permette di determinare un tasso d'interesse tra 0
(come avviene nel sistema delle banche islamiche) e un massimo determinato, ciò
avviene perché il fine ultimo di un correntista di queste banche non è la
massimizzazione del guadagno sui soldi depositati: l'obiettivo primario è quello di
investire il proprio denaro in modo da partecipare attivamente alla crescita di
progetti reali e costruttivi. La speculazione finanziaria non trova spazio.
Quindi, se dovessimo trovare una definizione di etica nella finanza che rappresenti
la differenza di questo settore con la finanza tradizionale, potremmo affermare che
i criteri etici effettuano una drastica selezione della raccolta dei capitali e
nell'impiego degli stessi, rifiutando l'afflusso di denaro di dubbia provenienza e
valutando attentamente gli strumenti finanziari meritevoli di essere sottoscritti. In
Italia, ad esempio, si è arrivati alla promulgazione di un Manifesto della Finanza
Etica che faccia da base portante dell'intero sistema 65.
Una delle caratteristiche principali della finanza etica è la valorizzazione della
partecipazione attiva degli stakeholders66 nei processi economici, senza la
quale non sarebbe possibile attuare le politiche solidaristiche e democratiche
necessarie per presentarsi al mondo finanziario come aziende ethical friendly. Lo
statuto di Banca Etica, ad esempio, dichiara : “ Va favorita la partecipazione alle
scelte dell'impresa, non solo da parte dei soci, ma anche dei risparmiatori.
L'istituzione che accetta i principi della finanza etica orienta con tali criteri l'intera
65
66
Cfr, Appendice C.
Con il termine stakeholders, letteralmente “portatori d'interesse”, si intendono tutti i soggetti
che posseggono un interesse nei confronti di un'iniziativa economica, azienda o progetto. Tra
questi consideriamo i clienti, i fornitori, le banche, gli azionisti.
113
sua attività” ( Art. 5 Statuto Banca Etica).
Gli organismi partecipativi possono essere direttamente previsti dalla legge, come
il Cda o l'assemblea dei soci o costituiti da regolamenti interni come i Comitati
Etici ma non bisogna trascurare l'incidenza della partecipazione di ogni piccolo
azionista. Infatti, nell'era della globalizzazione, come ricorda Becchetti (cfr,
2003): oltre al voto, il consumo e il risparmio sono gli strumenti più efficaci per
influenzare i comportamenti delle imprese e delle istituzioni in modo socialmente
responsabile e possono essere esercitati quotidianamente, preferendo un fondo
d'investimento che tuteli l'ambiente o acquistando prodotti di aziende che
rispettano le regole del commercio equo e solidale. Ogni forma di partecipazione
arricchisce la diversificazione delle opinioni all'interno dell'assemblea dei soci e le
aziende che inseriscono nel proprio statuto un Comitato Etico si pongono sul
mercato come imprese socialmente responsabili. E non solo. La democraticità,
aumentando il livello di incidenza delle strategie comunitarie all'interno dei CDA,
riduce una delle grandi problematiche della finanza etica: le asimmetrie
informative. La valutazione dell'eticità di un prodotto finanziario, infatti, è
un'operazione complessa, soggetta a criteri oggettivi e soggettivi che possono
variare e confondere le idee dei risparmiatori intenti a investire il proprio
risparmio secondo i principi della finanza etica. Non è semplice stabilire se una
società promotrice di fondi etici investa in aziende che rispettino seriamente
l'ambiente o che adottino con continuità una politica rispettosa dei diritti dei
lavoratori. Molte imprese, per catturare profitti in questo nuovo settore e per
114
migliorare la propria immagine agli occhi del mondo dei risparmiatori, potrebbero
mettere in atto vere e proprie trasformazioni di facciata, offrendo prodotti etici
senza modificare nulla della propria governance, e rifiutando quindi l'idea di una
finanza etica come frutto di una vocazione differente. E' evidente che l'interesse
di grandi intermediari “tradizionali” possa essere visto come una buona pubblicità
per l'intero sistema ma il rischio di assistere alla trasformazione della finanza etica
in una opportunità usa e getta, inghiottita nei meandri della massimizzazione del
profitto tipica della finanza convenzionale, sarebbe elevatissimo. In questo
contesto è fondamentale l'istituzione di autorità autonome e indipendenti che
valutino attentamente i comportamenti delle imprese socialmente responsabili, e
l'inserimento nella governance delle aziende di un Comitato Etico è una soluzione
percorribile, esattamente come avviene nel sistema della finanza islamica con gli
Shar'ia boards. Questi comitati hanno quindi il compito di garantire il profilo di
responsabilità sociale dei fondi e della gestione delle società di riferimento e sono
composti da membri scelti tra personalità di alto profilo morale e di riconosciuta
esperienza nel campo del sociale, dell'ambiente,dell'impegno civile, del mondo
religioso, dell'università. L'attività dei comitati si concentra sul controllo del
livello di trasparenza delle singole operazioni finanziarie e dovrà dare certezze
sulla affidabilità dei fondi, affinché gli operatori finanziari possano investire il
proprio risparmio senza cadere in errore. I risparmiatori, però, possono prendere
in considerazione anche le valutazioni delle società di consulenza, agenzie private
di ethic rating come, ad esempio la Eiris in Gran Bretagna, che ogni anno stila
115
l'elenco dei fondi etici sottoscrivibili Oltremanica e indica i criteri positivi e
negativi specifici da seguire per lanciare fondi d'investimento 67. In Italia, un
sistema di rating etico viene adottato dall'Osservatorio finanza etica, il primo
portale nazionale di analisi dei fondi e investimenti eticamente sostenibili. A
livello europeo, l'agenzia di rating più importante è la Standard Ethics, con sede
a Bruxelles. La Standars Ethics68 valuta la sostenibilità e la responsabilità sociale
d'impresa e i modelli di governance delle aziende interessante al settore
Corporate Social Responsability (CRS), senza definire un concetto oggettivo di
investimento etico ma basandosi direttamente sui criteri stabiliti dalle Nazioni
Unite, dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo (OCSE) e
dell'Unione Europea. Grazie a questa convergenza con le maggiori istituzioni
internazionali del Mondo, i rating di sostenibilità della Standard Ethics (SE)
hanno un'influenza particolarmente forte sugli indici del mercato finanziario etico.
L'Agenzia SE non si limita ad analizzare i comportamenti delle aziende,
promuovendo la diffusione dei principi etici in ambito economico e finanziario ma
67
68
Esempi di criteri positivi Eiris (www.eiris.org):
-protezione dell'ambiente mediante l'utilizzo di sistemi di riciclaggio dei rifiuti eco-sostenibili;
-assistenza sanitaria e assistenza agli anziani;
-progetti nei paesi in via di sviluppo;
- attenzione alla promozione di attività di educazione e cultura;
Esempi di criteri negativi:
-attività in Paesi che non rispettano i diritti umani;
-partecipazioni in aziende produttrici di armi, alcol, pellicce, materiale pornografico,energia
nucleare;
-aziende produttrici di: pesticidi, prodotti inquinanti per lo strato dell'ozono e le foreste
tropicali;
-che utilizzano cavie animali o che non ne limitano l'utilizzo.
La Standard Ethics nasce dall'esperienza innovativa di una holding italiana, la Agenzia Europea
d'investimenti (AEI). La AEI fu costituita nel 2001 da 65 soci (sia privati che istituzionali)
come Holding di Partecipazioni di diritto italiano, L’Aei Spa controllava al 100% la Aei Sgr
(Società di Gestione del Risparmio), vigilata dalla Banca d'Italia e dalla Consob, iscritta al
numero 136 dell’Albo delle Sgr (con sede a Milano). La Aei Sgr fu la prima Sgr italiana ad
amministrare esclusivamente fondi comuni d’investimento etici.
116
fornisce anche un quadro di riferimento per gli studi sulla responsabilità sociale e
la sostenibilità delle imprese. In nessun caso, quindi, l’Agenzia, attraverso la
pubblicazione del rating, incentiva la sottoscrizione di determinati investimenti.
Le valutazioni finali della Standard Ethics riguardano le attività delle aziende
private e il rispetto dei valori etici espressi da ONU, OCSE e UE delle singole
nazioni.
Il rating viene stabilito su otto livelli, introdotti per la prima volta nel 2002: EEE;
EEE-; EE+; EE; EE-; E+; E; E-; dove “EEE” rappresenta il modello, “EE” la
media, la singola “E” sotto la media. Le Nazioni o società quotate che si
distanziano in modo evidente dai criteri etici considerati dall'Agenzia, non
ricevono il Rating e vengono inserite tra gli emittenti “sospesi”.
Ecco i dati riguardanti le aziende del nostro Paese analizzate da Standard Ethics
(www.agenziaeuropea.it).
Company
Rating
Outlook
Date
Eni
EE+
01/07/11
Saipem
EE+
“
Banca Popolare di EE
Milano
“
Banco Popolare
EE
“
Enel
EE
“
Fiat
EE
Sotto osservazione “
Fiat Industrial
EE
“
STMicroeletronics EE
“
117
UBI Banca
EE
“
A2A
EE-
“
Monte dei Paschi
di Siena
EE-
“
Campari
EE-
“
Enel Green Power EE-
“
Generali
EE-
“
Luxottica
EE-
“
Snam Rete Gas
EE-
“
Telecom Italia
EE-
“
Unicredit
EE-
“
Ansaldo STS
E+
“
Bulgari
E
“
Diasorin
E+
“
Fondiaria SAI
E+
“
Intesa San Paolo
E+
Parmalat
E+
“
Pirelli & C.
E+
“
Prismian
E+
“
Tenaris
E+
“
Autogrill
E
“
Atlantia
E
“
Buzzi Unicem
E
“
Exor
E
“
Mediobanca
E
“
Terna
E
“
Mediaset
E
“
Mediolanum
E-
“
Impregilo
E-
“
Lottomatica
E-
“
Finmeccanica
Sospesa
“
Positivo
118
“
E i dati riguardanti le singole Nazioni:
Country
Rating
Outlook
Argentina
E+
01/05/11
Australia
EE+
“
Austria
EEE-
“
Belgio
EE-
“
Brasile
EE-
“
Bulgaria
EE-
“
Canada
EE+
“
Cile
E+
“
Cina
E-
“
Rep. Ceca
EE
“
Danimarca
EEE
NEGATIVO
“
Egitto
E-
POSITIVO
“
Estonia
EE-
“
Finlandia
EEE
“
Francia
EEE-
“
Germania
EEE-
“
Regno Unito
EEE
“
Grecia
EE
“
Ungheria
EE-
Islanda
EEE
“
India
E
“
Irlanda
EEE-
“
Israele
E+
“
Italia
EE-
Giappone
EE
“
Lussemburgo
EE+
“
Messico
EE
Paesi Bassi
EEE-
NEGATIVO
NEGATIVO
NEGATIVO
Date
“
“
“
“
119
Nuova Zelanda
EEE-
“
Norvegia
EEE
“
Polonia
E+
“
Portogallo
EE+
“
Romania
EE-
“
Russia
E
“
Slovenia
EE+
“
Sud Africa
EE-
“
Corea del Sud
E+
“
Spagna
EEE-
“
Svezia
EEE
“
Svizzera
EE+
“
Turchia
E+
“
Stati Uniti
d'America
EE+
POSITIVO
“
In base a questi dati, i Paesi scandinavi sono le realtà più attente allo sviluppo
degli investimenti etici mentre i c.d. Paesi in via di sviluppo si collocano agli
ultimi posti della classifica. In conclusione, possiamo affermare che il
coinvolgimento delle istituzione europee ed internazionali, come nel caso della
creazione dell'Agenzia Standards Ethics, sia essenziale, affinché la finanza etica
possa superare tutte le diffidenze e i dubbi sulla effettiva credibilità di un sistema
finanziario basato su principi morali e non esclusivamente matematici.
3.3 Strumenti finanziari e attività tipiche della finanza etica
120
La finanza etica utilizza i medesimi prodotti della finanza tradizionale; come
sappiamo, l'elemento di distinzione è rappresentato dalle finalità e non dagli
strumenti di investimento. Ciò non esclude la presenza di determinate peculiarità
strutturali di alcuni strumenti. Ad esempio per quanto riguarda le banche etiche,
che differiscono completamente dalle banche convenzionali, possiamo distinguere
le attività in:
 fondi comuni d'investimento;
 fondi pensione;
 microcredito.
I fondi comuni etici si distinguono dai prodotti finanziari tradizionali perché la
valutazione e la gestione degli investimenti avviene in funzione di principi etici e
sociali, che si sostituiscono alla massimizzazione del profitto. In Italia, l'effettivo
grado di eticità di un fondo, oltre ad essere sotto il controllo delle agenzie di
rating, è sottoposto alla verifica della Commissione Nazionale per le Società e la
Borsa (CONSOB). Infatti, in base al Testo Unico sull'intermediazione finanziaria
e al D. Lgs. n. 164/2007 che ha recepito i dettami della Direttiva MiFID
2004/39/CE (Market in Financial Instruments Directive), la CONSOB ha avuto la
delega ad emanare disposizioni in materia di obblighi informativi e di
rendicontazione sulle società che promuovono fondi etici. L'attività normativa
della CONSOB ha portato all'emanazione del Libro VII del TUF sulle
121
Disposizioni in materia di finanza etica o socialmente responsabile (artt. 55Bis89). La medesima Commissione Nazionale ha definito la finanza etica: “ un
processo d'investimento fondato su criteri di selezione dei titoli che non si
pongono, come fine esclusivo, la massimizzazione dei rendimenti (dato un certo
grado di rischio), ma anche la salvaguardia di valori universali di equità sociale,
protezione dell'ambiente e salute, svolgimento dell'attività economica nel rispetto
degli interessi di tutti gli stakeholders e, più in generale, dei cittadini” (Consob,
2005). Le disposizione della CONSOB stabiliscono gli obblighi di trasparenza che
devono precedere l'emissione di un fondo etico:
 obiettivi e caratteristiche che qualificano il prodotto o servizio come etico
o socialmente responsabile;
 criteri generali di selezione degli strumenti finanziari, conformi agli
obiettivi e alle caratteristiche delineate;
 politiche e obiettivi di azionariato attivo perseguiti;
 destinazione dei proventi ad iniziative di carattere sociale o ambientale;
 misura dei proventi destinati ad iniziative di carattere sociale o ambientale;
 procedure adottate per assicurare il perseguimento degli obiettivi dichiarati
(come l'istituzione di organi interni specializzati e l'attribuzione di
specifiche funzioni);
 adesione a codici di autoregolamentazione, promossi da soggetti
specializzati.
122
Successivamente all'emanazione del fondo d'investimento, gli obblighi di
rendicontazione si sommano agli obblighi di trasparenza:
 illustrazione dell'attività di gestione in relazione ai criteri generali di
selezione degli strumenti finanziari detenuti in portafoglio;
 esercizio dell'attività di azionariato attivo;
 devoluzione dei proventi ad iniziative di carattere sociale e ambientale e
relativa misura.
Per quanto riguarda i dati di diffusione dei fondi di questa tipologia, in base ad un
rapporto di Eurosif, risalente al 2009, il 94,8% dei fondi etici italiani non investe
in armi, il 52% nel tabacco, il 33,3% nel mercato degli alcolici e il 41% in quello
della pornografia. In più, vi sono sette fondi che escludono i titoli di debito
pubblico dei Paesi che applicano la pena di morte e 28 che escludono i titoli dei
Paesi che violano libertà e diritti civili. Sempre per quanto concerne il nostro
Paese, non possiamo esimerci dal menzionare l'attività della più importante e
strutturata società di gestione di fondi etici: Etica Sgr.
L'attività di questa società si fonda sull'emissione diretta di fondi d'investimento
basati sui criteri etici di EIRIS69 e sull'azionariato attivo70. Attualmente, Etica Sgr
ha emesso quattro diverse tipologie di fondi etici sotto la denominazione di fondi
valori responsabili: fondo monetario, fondo obbligazionario misto, fondo
Cfr. nota 9.
Esercizio dei diritti di voto collegati al possesso di azioni, attraverso il quale si cerca di
sensibilizzare l'impresa verso una maggiore sostenibilità, intervenendo in assemblea o votando i
punti all'ordine del giorno della stessa.
69
70
123
bilanciato e fondo azionario. Il fondo monetario è un investimento a breve
termine, dai 2 ai 3 anni e presenta un grado di rischio medio-basso, e per questo è
consigliato a chi ha una minima propensione al rischio e preferisce gestire la
liquidità in un'ottica di breve periodo. Il Fondo investe in obbligazioni e titoli di
Stato con una durata massima di 2,5 anni, emessi o garantiti direttamente dagli
Stati o da Organismi Sovranazionali. Esclusivamente in via residuale possono
essere effettuati investimenti in obbligazioni emesse da società. I mercati
regolamentati di riferimento sono quelli dell'area-euro. Non rientrano in questa
tipologia di sottoscrizione i titoli azionari. I parametri oggettivi di riferimento
(benchmark) sono: 80% JP Morgan EMU e 20% JP Morgan Index euro 3 mesi 71.
Il versamento minimo iniziale ammonta a 500 euro ed è prevista una commissione
annuale di gestione dello 0,60 %. Il fondo obbligazionario misto ha un grado di
rischio medio ed un orizzonte temporale massimo di 4 anni. Gli investimenti
hanno come oggetto obbligazioni, titoli di stato e fondi sovrani europei, emessi
anche da organizzazioni internazionali. Per questa tipologia di fondo, è possibile
acquisire anche titoli azionari, ma il relativo importo complessivo non deve
superare il 20 % del portafoglio. Gli indici di riferimento sono: 65% JP Morgan
EMU, 25 % JP Morgan Index euro 3 mesi e 10% MSCI DM World Index (in
euro). Anche per questo fondo il versamento iniziale minimo è di 500 euro ed è
prevista una commissione di gestione annua dell' 1,20%. Il fondo bilanciato
prevede un rischio più alto e prevede un livello massimo d'investimento in titoli
71
Jp Morgan Emu e Jp Morgan Index sono gli indici di riferimento dei fondi di liquidità e dei
fondi obbligazionari internazionali.
124
azionari del 70% del portafoglio complessivo. I benchmark sono: 35% Jp Morgan
Emu, 5% Jp Morgan Index euro 3 mesi e 65% MSCI DM World Index. In questo
caso la commissione annua è dell'1,80 %. Infine, il fondo azionario internazionale
è il fondo con il livello di rischio più alto e quindi con la redditività maggiore. Gli
investimenti vengono effettuati acquistando titoli azionari da qualsiasi mercato
azionario del mondo, fino al 100% del portafoglio. I benchmark sono: 10% Jp
Morgan Index e 90% MSCI DM World Index. La commissione annua è pari
all'1,85%. La sottoscrizione di qualsiasi investimento di questa società comporta
la trattenuta di una commissione ulteriore pari al 1% da destinare al finanziamento
di operazioni di microcredito. I criteri positivi si basano su tre grandi campi:
ambiente, governance e sviluppo sociale:
Criteri positivi aziende
Criteri positivi Stati
Valutazione dell'impatto ambientale
nella realizzazione dei prodotti
Rispetto dei Trattati internazionali sulla
diminuzione dell'inquinamento terrestre
Presenza nel CDA di amministratori
indipendenti e qualificati
Rispetto delle libertà politiche e
trasparenza nelle procedure elettorali
Rispetto di criteri sociali quali:
Riduzione costante del tasso di
sicurezza e sanità nei luoghi di lavoro e disoccupazione e di mortalità infantile.
rispetto dei diritti dei lavoratori
I criteri negativi d'investimento di Etica Sgr sono i seguenti:
Criteri negativi aziende
Criteri negativi Stati
Produzione armi
Applicazione della pena di morte
Produzione cosmetici con test su
animali
Violazione dei diritti umani
Energia nucleare
Violazione dei diritti civili
125
Gioco d'azzardo
tabacco
Modificazione genetica di animali o
piante non a scopo medico
Utilizzo di legname proveniente da
foreste protette
Produzione di pesticidi
Non rispetto del Codice Internazionale
di Marketing dei sostituti del latte
materno
Spetterà al Comitato Etico vigilare sull'effettivo rispetto dei suddetti criteri.
L'approccio etico sta allargando il suo ampio raggio anche nell'ambito dei fondi
pensione, ovvero gli strumenti principali della previdenza complementare. Nel
2001 ben il 60% degli investimenti etici statunitensi erano rappresentati da fondi
previdenziali. In Italia il primo fondo pensione etico è stato lanciato dalla
UNIPOL nel 2001 ma nel nostro Paese non è ancora prevista una legislazione
specifica in materia di investimenti socialmente responsabili in materia
previdenziale; gli investitori istituzionali non hanno particolari incentivi ad
investire secondo criteri etici ed in base all' art. 6 comma 13 lettera C del D. Lgs.
252/2005 l'unico obbligo previsto è la trasparenza nel prospetto informativo, nel
quale deve essere specificata l'eventuale considerazione di criteri ambientali e
sociali dell'investimento o in che misura vi sia il rispetto dei suddetti criteri etici.
Nonostante i dati sulla scelta di fondi pensione etici da parte degli investitori non
siano ancora particolarmente rilevanti (in Italia si contano circa 2 miliardi di euro
investiti), in base ad uno studio effettuato dalla società Allianz Global Investors
126
Europe in collaborazione con il Centre European Economic Research, il 62%
degli italiani ritiene che i fondi pensione futuri prenderanno sempre più in
considerazione i criteri etici al momento di investire i capitali raccolti dai
risparmiatori interessati ad una forma di previdenza complementare. Tra i più
ottimisti vi sono i francesi (il 90%) mentre i più scettici sono gli inglesi, sono il
30% degli intervistati ritiene che l'approccio etico possa avere uno sviluppo
sempre più considerevole in questo settore specifico.
Lo strumento più celebre del sistema finanziario etico è senza dubbio il
microcredito, concesso dalle c.d. Banche Etiche. Questa tipologia di istituti
bancari, nati dall'esperienza pionieristica della Graamen Bank del premio Nobel
Muhammad Yunus in Bangladesh, fondano la propria attività di erogazione del
credito su criteri e garanzie completamente diverse rispetto alle banche del
sistema tradizionale. Il microcredito viene definito un “credito di piccolo
ammontare finalizzato all'avvio di un'attività imprenditoriale o per far fronte a
spese d'emergenza, nei confronti di soggetti vulnerabili dal punto di vista sociale
ed economico, che generalmente sono esclusi dal settore finanziario
convenzionale”. Gli studi del Prof. Yunus si basano sulla tesi, comprovata da
decenni di prove empiriche nell'ambito del Progetto Graamen nel villaggio
bengalese di Jobra, che la concessione di piccolissime disponibilità di denaro, a
soggetti privi delle tipiche garanzie reali necessarie per ottenere un finanziamento,
possa rilanciare in modo esponenziale la crescita economica di quei ceti sociali
definiti poveri. Yunus ritiene che la beneficenza tout court non abbia reali
127
esternalità positive sul superamento della povertà delle popolazioni indigenti,
bensì peggiora la situazione generale; la raccolta di denaro tramite la carità non
motiva il beneficiario a migliorare le sue condizioni economiche, lo rende ancora
più passivo e incline ad accettare definitivamente il suo status di povero. In base a
questa impostazione, i funzionari della Graamen Bank, tecnicamente molto
preparati, girano i villaggi al fine di comprendere le reali esigenze e le possibilità
di sviluppo di progetti imprenditoriali o di consumo di ogni famiglia, proponendo
finanziamenti alle donne, solitamente impossibilitate a ricevere qualsiasi forma di
vantaggio economico. Le garanzie richieste sono minime, l'obiettivo è quello di
fare affidamento sulla moralità e l'ambizione dei beneficiari, spesso il
finanziamento viene erogato ad un piccolo gruppo eterogeneo di famiglie, facendo
in modo che i rimborsi vengano pagati con la partecipazione e l'aiuto di tutti.
Solitamente, il credito concesso prevede un rientro rateale a cadenza settimanale,
con un tasso d'interesse che può raggiungere anche il 20% 72 ma i debitori hanno la
possibilità di pagare anche piccolissime rate giornaliere, che permette loro di
mostrare affidabilità alla banca creditrice. D'altronde, la banca non ha garanzie su
beni reali sui quali rivalersi in caso di mancato pagamento delle rate e la
determinazione di un elevato tasso d'interesse è considerato un elemento
essenziale affinché i funzionari possano elargire credito ad altri gruppi o individui.
Il rapporto di fiducia tra debitori e creditori è fondamentale, i beneficiari del
finanziamento diventano soci della banca stessa e il 5% del totale di ogni credito
72
La concessione di un prestito ad un interesse così elevato contrasta con i principi della finanza
islamica. Per questo, Yunus è stato accusato dai giuristi islamici di diffondere una cultura
economica anti-islamica nei villaggi del Bangladesh.
128
serve a sovvenzionare un fondo di salvaguardia, dal quale attingere in casi
specifici di necessità. La Graamen Bank ha elargito finanziamenti a oltre 7 milioni
di clienti di circa 78000 villaggi negli ultimi 20 anni, il 97% dei beneficiari sono
donne e il tasso di rimborso è stato del 98% (Hamaui-Mauri, 2009) dati che hanno
reso l'utopia di Yunus una realtà concreta. L'esperienza dell'economista bengalese
ha ispirato il lavoro di tante banche etiche anche in realtà del ricco mondo
occidentale. La prima Banca Etica in Europa risale al 1974, con l'istituzione della
GLS-Bank in Germania, alla quale seguirono in pochi anni la Alternative Bank
Suisse in Svizzera e la Triodos Bank in Olanda. Questi particolari istituti bancari
forniscono i medesimi servizi di qualsiasi altra banca convenzionale, la differenza
si sostanzia nel rispetto dei criteri tipici della finanza etica nella realizzazione di
ogni operazione. Ad esempio, una banca etica si obbliga a impiegare i capitali
raccolti dai risparmiatori solo per finanziare fondi etici, garantendo ai clienti la
massima trasparenza nella presentazione di ogni settore d'investimento;
trasparenza che si esplica anche nella scelta di non emettere depositi al portatore,
affinché il risparmiatore sia facilmente rintracciabile, così come il suo denaro.
Inoltre, i correntisti potranno determinare autonomamente il tasso d'interesse del
proprio conto corrente, da zero ad un massimo previsto dalla banca stessa.
3.4 L'esempio di Banca Etica e delle MAG in Italia
In Italia, il settore bancario etico è rappresentato da Banca Popolare Etica, istituita
a Padova nel 1998. Lo slogan di questo istituto bancario è “ l'interesse più alto è
129
quello di tutti”, una massima che rende l'idea della politica finanziaria scelta dai
soci fondatori. L'art. 5 dello Statuto di Banca Popolare Etica chiarisce i principi di
riferimento e la “missione” dei funzionari: l'obiettivo è “ essere pionieri di una
nuova idea di banca, intesa come luogo di incontro, dove le persone e la banca
manifestano trasparenza, solidarietà, e partecipazione facendo della banca uno
strumento anche culturale per la promozione di un'economia che ritiene
fondamentale la valutazione sociale ed ambientale del proprio agire.(...)
permettere l'accesso al credito ai soggetti dell'Economia Sociale: imprese,
persone e progetti valutati principalmente per la loro capacità di produrre valore
sociale” (bancaetica.com). La presenza operativa sul territorio è assicurata dalla
presenza di circoscrizioni locali, nelle quali operano due categorie di promotori: i
dipendenti e i soci volontari, di cui abbiamo già analizzato la missione. Seguendo
l'esempio della Graamen Bank di Yunus, i promotori finanziari di Banca Etica
hanno il compito di cercare un contatto diretto con i potenziali clienti, trovando le
migliori soluzioni in base alle esigenze precipue di quella categoria di persone che
difficilmente viene presa in considerazione dalla banche convenzionali. A questo
fine, le garanzie richieste per il finanziamento di un'attività imprenditoriale o per
il consumo non saranno solo di natura patrimoniale (fidejussione individuale e
collettiva) ma verrà esaminata la validità sociale del progetto 73,prevedendo forme
di sostegno reciproco che possano coinvolgere associazioni o Enti locali. Le
decisioni aziendali vengono prese in funzione del principio “una testa, un voto”,
73
La sostenibilità del progetto da finanziare comporterà l'esame di requisiti quali: la
partecipazione, il rispetto dell'ambiente e la valorizzazione del volontariato.
130
affinché ogni socio possa partecipare democraticamente alle scelte politiche della
banca, prescindendo dalla quota di capitale posseduta, quota tra l'altro, che non
può superare lo 0,50% del capitale sociale. In questo modo, il principio di
democraticità non rischia di essere superato da logiche lobbistiche in seno
all'Assemblea dei Soci. A livello territoriale, i soci di ogni circoscrizione eleggono
il GIT (Gruppo di Iniziativa Territoriale), formato da un minimo di 3 e un
massimo di 11 rappresentanti, i quali eleggeranno a loro volta il coordinatore
locale. Sarà compito del GIT assicurare la massima trasparenza sull'attività della
Banca, fungendo da mediatore tra le esigenze del territorio e le politiche della
sede centrale. Inoltre, la missione di Banca Etica è supportata da consorzi esterni e
banche che si impegnano a favorire la diffusione dei prodotti bancari socialmente
responsabili, stipulando apposite convenzioni. Il rispetto dei principi tipici
dell'approccio etico nelle operazioni bancarie è assicurato dal Comitato Etico, il
cui compito è quello di coadiuvare l'attività del Consiglio di Amministrazione
nella valutazione dei prodotti da offrire alla platea dei risparmiatori interessati. La
trasparenza nella determinazione delle clausole contrattuali è considerata la regola
cardine dell'intera attività bancaria. Ad esempio, per quanto riguarda i conti
corrente, nei quali gli accrediti degli interessi attivi e passivi avviene
esclusivamente su base annuale, evitando ogni forma di anatocismo. Il recesso è
concesso alle medesime condizioni sia per la banca che per il correntista ed il foro
di competenza in caso di controversie legali è quello del cliente. Nel caso dei
depositi, non viene effettuata nessuna forma di distinzione quantitativa, in quanto
131
il denaro raccolto ha l'unica funzione di finanziare progetti etici ed ognuno
partecipa in base alle proprie capacità contributive. Inoltre, la scelta del tasso
d'interesse spetta al singolo cliente entro una soglia massima prevista dalla banca.
La politica non cambia in caso di concessione di un prestito, il tasso d'interesse
sarà sempre lo stesso per qualsiasi cifra e senza distinzione tra Nord e Sud Italia o
ceto sociale. I correntisti di Banca Etica dovranno sottoscrivere la dichiarazione di
condivisione delle finalità della banca e, come abbiamo già accennato, tutti i
rapporti dovranno essere nominativi, nessuna operazione potrà essere effettuata
con denaro di cui non si garantisca la provenienza. L'offerta dei prodotti riguarda
quattro grandi settori: la cooperazione sociale, la cooperazione internazionale,
ambiente, cultura e società civile, prediligendo la concessione di capitali al c.d.
Terzo Settore74. Per quanto riguarda la valutazione delle performance etiche di
ciascuna impresa da finanziare, Banca Etica si avvale di un sistema particolare:
viene assegnato un coefficiente in base al rispetto dei valori presi in
considerazione: partecipazione democratica (3 punti), qualità sociale prodotta (3
punti), rispetto per l'ambiente (3 punti), solidarietà (3 punti), pari opportunità (2
punti), rispetto delle condizioni di lavoro (2 punti), legami territoriali (2 punti),
volontariato (1 punto). L'analisi finale del punteggio ottenuto, combinato con
l'autocertificazione dell'impresa di non effettuare investimenti contrari ai principi
della finanza etica, permetterà alla banca di definire l'istruttoria e di accertare
74
Per Terzo Settore si intende il complesso delle istituzioni che si inseriscono tra Stato e mercato,
senza poter essere considerate una diretta espressione dell'uno o dell'altro; sono organizzazioni
di diritto privato, tra le quali ricordiamo le ONLUS, le ONG e le associazioni di volontariato
dedite alla produzione di beni e servizi a destinazione collettiva e a scopo sociale.
132
l'affidabilità del progetto. Per raccogliere le fila di quanto abbiamo esposto,
schematizzeremo le differenze sostanziali tra la politica di una banca
convenzionale e quella di una banca etica, prendendo ispirazione dalle
considerazioni di Katharina Beck dell'Institut for Social Banking75 e dal lavoro di
Milano:
Banca Etica
Banca Convenzionale
Vincolo etico che lega contratto di
deposito e impiego
Separazione gestionale tra contratti di
deposito e contratti di impiego
Fini mutualistici e di utilità sociale
Fini lucrativi
Esercizio dell'intermediazione
Ottimizzazione dell'efficacia e
monetaria in funzione di principi etici e dell'efficienza dell'intermediazione
solidali dichiarati espressamente
monetaria e finanziaria
Preminenza del capitale umano
Preminenza del capitale finanziario
Tipologia selezionante dei
finanziamenti
Tipologia anonima dei finanziamenti
Interesse per il progetto del cliente
Interesse relativo per il progetto del
cliente
Credito anche a coloro che non possono Credito solo a chi è già stabile
presentare particolari garanzie
economicamente
Responsabilizzazione del risparmiatore Relativo disinteresse per la provenienza
del denaro, nei limiti della legge antiriciclaggio
Informazione costante sulla
destinazione degli investimenti
Informazione sporadica o inesistente
sulla destinazione degli investimenti
Maggiore considerazione per le persone Valgono gli azionisti
Creazione di ricchezza nel rispetto
Creazione di ricchezza per massimizzare
dell'ambiente e delle generazioni future i guadagni a brevissimo termine
Garanzie personali, di categoria e di
comunità
75
Garanzie patrimoniali
L' Institute for Social Banking è un associazione senza scopo di lucro, composto da 15 banche
ed istituti finanziari ad orientamento eco-sociale in Europa. Tra i soci ci sono anche Banca
Etica, la Alternative Bank Schweiz, la GLS Bank a Bochum e la Triodos Bank nei Paesi Bassi.
133
Le banche etiche in Europa sono in netta ascesa, analizziamo il quadro economico
per avere un'idea del potenziale di questo settore innovativo (Meggiolari, 2008):
I dati sono espressi in milioni di euro
Paesi
Istituto
Capitale
sociale
Raccolta di Finanziame N° dipendenti
risparmio in nti
ITALIA
Banca
Popolare
Etica
19,43
414
322
122
FRANCIA
NEF
11
32
35,5
28
REGNO
UNITO
Charity
Bank
9,47
44,87
25,42
64
SPAGNA
Fiare
9,57
2,06
-
4
NORVEGI
A
Cultura
Sparebank
OLANDA
Triodos
Bank*
124
1,36
854
349
DANIMAR Merkur
CA
7,87
77,4
57,54
37
SVEZIA
2,65
19,43
15,57
8
SVIZZERA BAS
24,35
418
340,91
62
BCL
7,30.
98,55
82,82
15
GERMANI GLS
35,5
A
Umweltban 51,5
k
567,8
383,8
174
515,8
685,9
135
Ekobanken
13
(2) i dati si riferiscono anche alle sedi Triodos Bank in Spagna, Belgio e Regno Unito.
La Banca Popolare Etica, con la la Fondazione Fiare e la Nouvelle Economie
fraternelle (NEF) hanno dato vita al progetto di una nuova realtà finanziaria di
caratura internazionale: la Banca Etica Europea. I tre istituti hanno costituito un
gruppo di lavoro con l'obiettivo di definire un quadro di valori comuni, il cui
risultato più emblematico è rappresentato dal Manifesto per una Banca Etica
134
Europea76.
Concludiamo la nostra rassegna sulle organizzazioni promotrici di un sistema
economico basato sulla responsabilità sociale e sulla solidarietà, portando
l'esempio delle MAG: società cooperative di mutua autogestione. Queste società
finanziarie, sorte agli verso la fine degli Anni Ottanta, si pongono il medesimo
fine delle banche etiche: ridimensionare le “regole del gioco” del sistema bancario
convenzionale, offrendo ai soci la possibilità di impiegare i propri risparmi in
progetti finanziari eticamente sostenibili e ad un tasso d'interesse equo, non
superiore al tasso d'inflazione. Le MAG raccolgono i versamenti dei soci e li
reinvestono in base ai principi del “Manifesto della finanza mutualistica e
solidale”, del tutto simili ai valori espressi dai promotori del microcredito.
L'accesso al credito è scevro da ogni tipo di discriminazione basata sul
patrimonio, sesso, etnia o religione ed è volto al sostegno di attività che
favoriscano il benessere della comunità, l'unico requisito necessario per ottenere
un finanziamento è lo status di socio della MAG. Il 75% dei finanziamenti
concessi deve basarsi solo su garanzie personali, con una predilezione per le
garanzie di gruppo (esattamente come la Graamen Bank) e l'istruttoria economica
deve avere pari valore a quella socio-ambientale. Trasparenza, partecipazione e
mutualità sono le linee guida di ogni operazione effettuata dalla società. Infine,
come ulteriore elemento di distinzione, la cooperativa dovrà adottare idonei
strumenti, discussi e approvati dalla propria assemblea dei soci, per definire e
verificare periodicamente in modo partecipato, il raggiungimento dei propri fini
76
Cfr, Appendice D.
135
sociali.
136
Conclusione
Le analogie e le differenze tra la finanza etica e la finanza islamica
Nei paragrafi precedenti abbiamo esposto i principi fondamentali della finanza
etica e, giunti alla conclusione della nostra ricerca, valutiamo le possibili analogie
tra l'approccio etico nella finanza occidentale e i valori di riferimento del sistema
finanziario Shari'a Compliant.
Analizzeremo le sinergie in funzione dei seguenti argomenti:
 responsabilità sociale delle imprese;
 sviluppo sostenibile;
 investimenti e strumenti finanziari;
 politiche di governance di banche e aziende;
 propensione alla rinuncia ad un rendimento massimizzato nel breve
periodo.
Il primo punto di convergenza tra i due settori riguarda la responsabilità sociale
delle imprese, in base alla quale, le aziende sono portate a riconoscere maggiore
importanza alle esternalità sociali e ambientali delle loro attività, evitando di
considerare solo la massimizzazione del profitto. L'attività socialmente
responsabile si fonda su alcuni presupposti: produrre di più, al servizio del più
ampio numero possibile di utenti, con un occhio di riguardo per la salvaguardia
dell'ambiente. Questa visione della produttività aziendale influendo positivamente
sulla lotta alla povertà e sulla crescita dell'economia reale è incentivata in
entrambi i sistemi finanziari oggetto del nostro studio, anche se nel mondo
137
economico e sociale islamico ha necessariamente una valenza più religiosa che
politica. L'imprenditore islamico non deve considerare la responsabilità sociale
come una semplice possibilità di valorizzare la propria immagine o i propri
guadagni, tutt'altro: i profitti di un'impresa islamica devono essere investiti per lo
sviluppo di attività utili alla comunità e alle generazioni future, attività che siano
in linea con il volere di Allah. Questo perché le imprese sono viste come risorse
economiche appartenenti a tutta la società, le conseguenze finanziarie, positive o
negative che siano, non hanno il potere di influenzare la politica economica di
un'azienda rispettosa della Shari'a.
La responsabilità sociale delle imprese è elemento integrante dello sviluppo
sostenibile, ulteriore punto di contatto tra le due concezioni di finanza. La
definizione di “sviluppo sostenibile” enuncia che “ esso è uno sviluppo che
risponde alle esigenze del presente senza compromettere la possibilità delle
generazioni future di pensare alle proprie (...) Lo sviluppo sostenibile mira a
favorire uno stato di armonia tra gli essere umani e tra l'uomo e la natura”
(Rapporto Bruntland,1987). Queste considerazioni collimano perfettamente con i
principi della Legge Islamica, i quali si fondano sull'armonia tra l'uomo e la natura
circostante creata da Allah. Il buon musulmano deve farsi promotore di uno stile
di vita che rispetti la salvaguardia della fede, dell'individuo, dell'intelletto, della
ricchezza della comunità e delle generazioni future. Questa vocazione sociale
condivisa non può che incidere sul tipo di investimenti promossi dalle banche
etiche e dagli istituti islamici, nonché sulla costruzione di un qualsiasi prodotto
138
finanziario che sia compatibile con i valori ideologici di entrambi gli ordinamenti
finanziari. I Socially Responsible Investsments (SRI) tipici della finanza etica, e
gli investimenti islamici basati sui divieti coranici del maysir e del gharar
presentano svariate analogie; ad esempio per quanto concerne l'esclusione di
determinate attività ritenute contrarie ai principi etici o religiosi.
Come abbiamo esposto in precedenza, nel mondo della finanza islamica un titolo
finanziario è ritenuto un investimento conforme ai dettami coranici se supera il
filtro costituito da quattro requisiti negativi: la società emittente non deve
sviluppare attività proibite; l'indebitamento di questa società non può superare il
33%; l'attivo liquido della società non può essere superiore al 50% dell'attivo
complessivo; i profitti della società provenienti da attività non conformi alla
Shar'ia non deve superare il 5% o il 15% dei guadagni totali.
Le strategie d'investimento nell'ambito della finanza etica si fondano su criteri di
selezione molto simili: ambiente, sviluppo sociale, governance. Gli investitori
valuteranno il rispetto dei suddetti criteri in base alle informazioni ottenute da
agenzie di rating specializzate (ad esempio la Standard Ethics), o da società di
consulenza che effettueranno lo screening delle aziende sulle quali poter effettuare
investimenti. Verranno prediletti gli strumenti finanziari delle società best in class,
ovvero le aziende posizionate ai vertici delle classifiche stilate dalle agenzie di
rating etico, o i prodotti emessi dalle società best effort, ossia gli enti che hanno
mostrato una reale propensione ad adottare politiche aziendali rispettose dei
principi fondamentali dell'ethical finance. I criteri di esclusione sono quasi
139
coincidenti nelle scelte dei due sistemi finanziari; non possono essere promossi
investimenti in attività quali la produzione di alcool, armi, materiale pornografico,
gioco d'azzardo, tabacco. Una sostanziale differenza riguarda il collocamento di
fondi in aziende produttrici di combustibili fossili come il petrolio, elemento
preponderante dell'economia islamica ma, allo stesso tempo, rientrante nelle
esclusioni ambientali da parte dei promotori della finanza etica, insieme
all'ingegneria genetica, all'agricoltura geneticamente modificata e all'energia
nucleare.
Per quanto concerne la governance, è interessante la convergenza di struttura e di
attività tra i Comitati Etici delle Banche Etiche e delle società di gestione del
risparmio del medesimo settore, e gli Shar'ia Boards, presenti in tutte le banche
islamiche. Entrambi gli enti hanno il compito di monitorare il rispetto dei valori di
riferimento da parte degli istituti nei quali offrono la propria conoscenza tecnica,
collaborando a stretto contatto con i Consigli di Amministrazione. Inoltre, la
trasparenza assoluta nei rapporti con la clientela e la scelta di investimenti volti
alla crescita dell'economia reale sono elementi emblematici degli istituti di credito
etici e islamici.
Passando all'analisi della propensione alla rinuncia di un profitto massimizzato nel
breve periodo77 da parte del risparmiatore, che decide di investire in strumenti
finanziari etici o islamici, ci troviamo dinanzi ad una peculiarità interessante: nel
caso sia dell'investitore socialmente responsabile, sia dell'investitore islamico la
77
Il rendimento nel lungo periodo degli strumenti finanziari etici ed islamici tende ad equipararsi
e, in alcuni casi, persino a superare quello dei prodotti convenzionali.
140
massimizzazione del profitto non si estrinseca in un guadagno economico
maggiore, bensì nella certezza di aver impiegato il proprio denaro in attività
rispettose di valori morali o religiosi. In realtà, queste categorie di risparmiatori
rischierà di subire un duplice costo in più rispetto all'investitore convenzionale: il
primo è rappresentato dall'informazione necessaria per venire a conoscenza della
effettiva responsabilità sociale delle imprese o del rispetto dei dettami coranici, e
il secondo è il vincolo imposto al gestore del portafoglio di smobilizzare un
investimento nel caso in cui l'impresa selezionata abbandoni i criteri etici o
religiosi nel lungo periodo. Insomma, non solo il rendimento monetario ha una
minore importanza per l'investitore etico: quest'ultimo è disposto a pagare di più
per l'eticità del prodotto finanziario, rinunciando alla massimizzazione del
rendimento nel breve periodo, e accettando l'aggravio dei costi di gestione.
L'attitudine del risparmiatore etico rispecchia esattamente quella dell'investitore
musulmano: la scelta di investire in strumenti finanziari rispettosi dei principi
coranici è vista come una vera e propria purificazione della coscienza del
credente, per la quale si è disposti anche a ridurre i guadagni materiali nel breve
periodo.
Nonostante, come abbiamo dimostrato, la finanza islamica sia una finanza etica,
non possiamo tuttavia considerare tali modelli perfettamente speculari. La finanza
islamica scaturisce da una visione economica rigorosamente legata ai dettami
religiosi
e
presenta
elementi
di
particolare
rigidità
strutturale,
quale
l'indottrinamento quotidiano dei dipendenti delle banche islamiche. La finanza
141
etica, sebbene condivida con il sistema islamico la genesi religiosa, negli anni ha
assunto sempre più i contorni di un modello finanziario di matrice liberale ed
universalista. Quindi, mentre la finanza islamica rappresenta il modello di
riferimento di una comunità religiosa ben definita, la finanza etica si pone
l'obiettivo di rappresentare l'intera comunità umana.
142
APPENDICE A
Le scuole giuridiche sunnite
Il diritto islamico è il frutto dell'interpretazione delle quattro scuole di cui
descriveremo le caratteristiche principali.
La scuola hanafita
Questa scuola di pensiero deve la sua denominazione al giurista islamico iracheno
Abu Hanifa (696-767). Gli Hanafiti riconoscono al procedimento analogico
(Qiyās) il rango di fonte giuridica. E' considerata la scuola più liberale e seguita
del mondo islamico, alla quale aderiscono circa 350 milioni di fedeli,
principalmente le popolazioni musulmane di etnia non araba (indiani, turchi,
iraniani e afgani).
La scuola malikita
I Malikiti si definiscono seguaci del pensiero giuridico dell' Imam Malik Ibn BenAnas (709-795), fondatore della suddetta scuola teologica nella città di Medina.
La scuola vanta un seguito di circa 160 milioni di fedeli, la maggior parte dei
quali originari dell'Africa settentrionale e centrale (Algeria, Marocco, Tunisia,
143
Sudan). Viene riconosciuta grandissima importanza alla Sunna (Tradizione).
La scuola hanbalita
Questa scuola prende il nome dall' Imam Ahmed Ibn Abdul Wahab ( 1703-1792),
giurista conservatore saudita e fondatore del movimento wahabihista. Il Qiyās
viene rifiutato nella sua interezza e, anche per questa impostazione estremamente
rigida riguardo alle fonti orali, è considerata la scuola ultratradizionalista. Sebbene
il pensiero e l'interpretazione dei wahabiti non goda di grandissima diffusione tra i
fedeli musulmani (solo lo 0,2%), la sua influenza è molto rilevante, essendo la
scuola di riferimento dell'Arabia Saudita.
La scuola Shafiita
Il rappresentante principale di questa corrente giuridica è l'Imam Al-Shàf'i Abu
'Abd Allah Muhammad Ibn Idris (767-820), seguace del fondatore della scuola
malikita. Fu il primo ad organizzare in modo sistematico la giurisprudenza
islamica e a coordinare i quattro pilastri (Corano, Sunna, Qiyàs, Ijmà). La scuola è
diffusa maggiormente in Siria, Caucaso, Arabia Occidentale e Meridionale, Egitto
e Africa Orientale, raccogliendo circa 175 milioni di fedeli. Al Shāf'i è anche il
fondatore del fiqh.
144
Le scuole giuridiche sciite
La scuola Ismailita, duodecimana e alawita
Gli studiosi di questa scuola si ispirano al pensiero e alle opere dell' Imam Ja'far
al-Sadiq (702-765), tradizionalista giuridico e massimo interprete sciita della
Shari'a. Tra i suoi discepoli ricordiamo il fondatore della scuola malikita sunnita.
Gli Ismailiti credono che l'applicazione storica del corano sia stata portata a
termine e che sia fondamentale una maggiore apertura verso interpretazioni
umanistiche e liberali. Questa corrente di pensiero è diffusa principalmente nel
nord del Pakistan e dell'Afghanistan, Zanzibar e Africa orientale, circa 15 milioni
di fedeli.
145
APPENDICE B
PAESI ISLAMICI E MODELLI LEGISLATIVI DI RIFERIMENTO
Sistema misto Shari'a, Common Law e Civil Law: Arabia Saudita, Giordania,
Iran, Yemen.
Sistema misto Shari'a, Common Law e Customary Law: Brunei, Gambia,
Kenya, India, Malaysia, Nigeria.
Sistema misto Shari'a, Civil Law e Customary Law: Eritrea, Gibuti, Indonesia,
Timor Est.
Sistema misto Shari'a e Common Law: Bangladesh, Bahrein, Emirati Arabi
Uniti, Oman, Pakistan, Qatar, Singapore, Sudan.
Sistema misto Shari'a e Civil Law: Algeria, Afghanistan, Egitto, Isole Comore,
Kuwait, Libano, Libia, Marocco, Mauritania, Siria, Tunisia.
Sistema islamico puro: Maldive. (Giustiniani, 2006, pag.26)
146
APPENDICE C
Manifesto della finanza etica*
*promosso in occasione del Convegno “Verso una carta d'intenti per la finanza etica
italiana”. Firenze 1998.
L'economia e la finanza eticamente orientate si pongono domande e cercano
risposte sulle conseguenze delle azioni economiche. Quali conseguenze comporta
una attività produttiva o finanziaria per la vita delle persone, per il bene comune,
per l'ambiente naturale?
La finanza eticamente orientata :
1. Ritiene che il credito, in tutte le sue forme, sia un diritto umano.
Non discrimina tra i destinatari degli impieghi sulla base del sesso, dell'etnia o
della religione e neanche sulla base del patrimonio curando perciò i diritti dei
poveri e degli emarginati.
Finanzia quindi attività di promozione umana, sociale ed ambientale, valutando i
progetti con il duplice criterio della vitalità economica e della utilità sociale.
Le garanzie sui crediti sono un'altra forma con cui i partner si assumono la
responsabilità dei progetti finanziati. La finanza etica valuta, al pari delle garanzie
di tipo patrimoniale, altrettanto valide quelle forme di garanzie personali, di
147
categoria o di comunità che consentono l'accesso al credito anche alle fasce più
deboli della popolazione.
2. Considera l'efficienza una componente della responsabilità etica
Non è una forma di beneficenza: è un'attività economicamente vitale che intende
essere socialmente utile. L'assunzione di responsabilità, sia nel mettere a
disposizione il proprio risparmio, sia nel farne un uso che consenta di conservarne
il valore, è fondamento di una partnership tra soggetti con pari dignità.
3. Non ritiene legittimo l'arricchimento basato sul solo possesso e scambio di
denaro
Il tasso di interesse, in questo contesto, è una misura di efficienza nell'utilizzo del
risparmio, una misura dell'impegno a salvaguardare le risorse messe a
disposizione dai risparmiatori e a farle fruttare in progetto vitali. Di conseguenza
il tasso di interesse, il rendimento del risparmio, è diverso da zero, ma va
mantenuto il più basso possibile, sulla base di valutazioni economiche, ma anche
sociali ed etiche.
4. E' trasparente
L'intermediario finanziario ha il dovere di trattare con riservatezza le informazioni
sui risparmiatori di cui entra in possesso nel corso della sua attività, tuttavia il
rapporto trasparente con il cliente impone la nominatività dei risparmi. I
depositanti hanno il diritto di conoscere i processi di funzionamento
148
dell'istituzione finanziaria e le sue decisioni d'impiego e di investimento.
5. Prevede la partecipazione alle scelte importanti dell'impresa non solo da parte
dei soci, ma anche dei risparmiatori
Le forme possono comprendere sia meccanismi diretti di indicazione delle
preferenze nella destinazione dei fondi, sia meccanismi democratici di
partecipazione alle decisioni. La finanza etica è così portatrice di un messaggio
forte e coraggioso di democrazia economica.
6. Ha come criteri di riferimento per gli impieghi la responsabilità sociale ed
ambientale
Individua i campi di impiego, ed eventualmente alcuni campi privilegiati,
introducendo nell'istruttoria economica criteri di riferimento basati sulla
promozione dello sviluppo umano e sulla responsabilità sociale ed ambientale.
Esclude per principio rapporti finanziari con quelle attività economiche che
ostacolano lo sviluppo umano e contribuiscono a violare i diritti fondamentali
della persona, come la produzione e il commercio di armi, le produzioni
gravemente lesive della salute e dell'ambiente, le attività che si fondano sullo
sfruttamento dei minori o sulla repressione delle libertà civili.
7. Richiede un'adesione globale e coerente da parte del gestore che ne orienta tutta
la attività.
149
Qualora invece l'attività finanziaria eticamente orientata fosse soltanto parziale, è
necessario spiegare, in modo trasparente, le ragioni della limitazione adottata. In
ogni caso l'intermediario si dichiara disposto ad essere monitorato da istituzioni di
garanzia dei risparmiatori.
150
APPENDICE D
MANIFESTO PER UNA BANCA ETICA EUROPEA
Premessa
Il denaro, che dovrebbe essere lo strumento dello sviluppo umano, è divenuto
l’obiettivo principale dell’economia con il rischio di far perdere ogni senso alle
attività economiche. Nei paesi ricchi, come nei paesi emergenti, lo sviluppo
economico ha di certo consentito un aumento del tenore di vita, ma ha generato al
contempo
un
deterioramento
della
qualità
delle
relazioni
umane
e,
paradossalmente, della soddisfazione degli individui. La disoccupazione, la
precarietà e le disuguaglianze si sono moltiplicate. In realtà, l’economia ha preso
il sopravvento sulle altre sfere di attività e troppo spesso l’uomo è diventato uno
strumento a servizio delle leggi di mercato.
L’inquinamento dell’ambiente vitale e l’esaurimento delle risorse naturali (in
particolare le energie), addirittura prima che l’insieme delle popolazioni possano
avervi accesso, rendono urgenti l’investimento nelle pratiche e nelle tecnologie
pulite e rinnovabili, nel Nord come nel Sud del mondo.
Occorre opporre a questa situazione una resistenza costruttiva ed energica.
Parallelamente alla lenta reazione delle istituzioni pubbliche e delle imprese in
proposito, la società civile, ispirandosi ai principi di cooperazione, di fratellanza e
di sostenibilità, intesa come solidarietà fra generazioni, si è fatta promotrice di
molteplici iniziative a forte impatto sociale ed ambientale.
151
In questo contesto, nell’aver colto dall’orientamento della loro storia e dai
rispettivi manifesti, una comunanza di valori e di finalità e la consapevolezza
dell’elevata importanza dell’etica economica e finanziaria ai fini di un armonioso
sviluppo culturale, sociale ed economico, la BANCA POPOLARE ETICA (Italia),
la NEF (Francia) e FIARE (Spagna) hanno deciso di unire le loro forze e le loro
complementarietà nella volontà di creare una banca etica europea. Insieme, hanno
formulato e adottato questo manifesto comune per guidare le azioni quotidiane
della banca. Il manifesto va inteso come documento aperto, destinato ad evolversi
proseguendo il dialogo e gli scambi iniziati tra i partner del progetto. Ogni
organizzazione che intenderà confluire nel progetto e partecipare alla governance
della banca etica europea dovrà recepire questo manifesto.
Intenti
Come hanno voluto e lo vivono ora le istituzioni fondatrici, la banca etica
europea si propone di promuovere nuove modalità nelle relazioni economiche (in
particolare in campo finanziario) in seno alla società, ponendo la centralità
sull’etica, sull’esercizio della responsabilità e sull’interesse per l’altro.
Quello che, quindi, essa sta ponendo è una formidabile sfida: centrare l’economia
sull’essere e non sull’avere. Si tratta di dare voce a tutti ed in particolare ai meno
abbienti. Si tratta di non cedere più all’immagine di una società dove si combatte
l’uno contro l’altro per la sopravvivenza, e di dare libero corso alle forze di
giustizia e di fratellanza presenti in ogni essere umano. La banca etica europea
viene creata e gestita dalle persone e dalle organizzazioni che intendono agire
152
all'interno della società affinché il denaro unisca gli uomini.
Con la sua attività, la banca etica europea si propone:
La trasformazione sociale tramite il rapporto con il denaro
− Accompagnare una trasformazione sociale nonviolenta al fine di far
crescere l’essere umano, e per proteggere e rigenerare i beni comuni in una
società giusta, sia nei paesi del Nord che in quelli del Sud. Ogni persona
deve trovare in questa società di che soddisfare i bisogni primari e potere
sviluppare pienamente le proprie capacità.
- Ricercare questa trasformazione tramite l’esercizio della responsabilità da parte
delle persone e delle organizzazioni nello scambio del denaro. Le organizzazioni
fondatrici hanno infatti constatato che il cambiamento di attitudine nei confronti
del denaro comporta, quando si generalizza, un forte potenziale di cambiamento
sociale. Nella pratica della finanza etica, non si agisce solamente nel proprio
interesse, ma anche consapevolmente a favore di quelli di altre persone.
- Essere un laboratorio di “reinvenzione della ricchezza”, dove si sperimenta
l’integrazione tra valori economici e non economici (gratuità, solidarietà,
attenzione all’altro, volontariato, qualità della vita, rispetto dell’ambiente,
valutazione di costi sommersi, ecc.)
La trasparenza e l’etica
- Praticare la trasparenza in tutti i processi bancari, nella circolazione del denaro
ed, in particolare, nel suo impiego. Si tratta di dare a tutti gli stakeholders le
informazioni necessarie affinché possano formarsi un parere etico e giocare il
153
ruolo che loro gli compete in modo responsabile.
- Operare nella consapevolezza delle conseguenze non economiche di ogni azione
economica.
- Fare in modo che la ricchezza prodotta ed ottenuta dal possesso e dallo scambio
di denaro siano
la conseguenza di attività orientate a favore dell’interesse comune e non degli
interessi particolari.
 Considerare, con i risparmiatori, che il denaro depositato in attesa della sua
utilizzazione debba essere gestito come un bene comune, affinché ciascun
essere umano possa coltivare le proprie capacità ed assumersi le proprie
responsabilità quando si inserisce nella vita
Governance
 Far emergere un sistema di governance partecipativa, fondata sullo spirito
di cooperazione e che implichi il coinvolgimento del maggior numero di
persone (risparmiatori, fruitori di credito, dirigenti, lavoratori/trici ecc.) e
di organizzazioni, fra le quali gli istituti finanziari.
•
Favorire la partecipazione e la responsabilità personale nel funzionamento
della banca attraverso la pratica della trasparenza istituzionale.
•
Rispettare le libertà individuali di scelta di natura religiosa, filosofica o
politica e quindi la diversità delle opinioni o degli impegni, nel rispetto
dei valori che ispirano il presente manifesto. a economica.
Modalità di azione
154
Per realizzare i propri intenti, la banca etica europea intende:
Costruire una vera banca etica …
- Cooperare con le reti economiche e finanziarie (produzione di ricchezza,
risparmio, produzione di beni e servizi, credito) al servizio dell’economia reale e
non dell’attività speculativa;
- Essere un attore autonomo e significativo del sistema bancario, sia sul piano
economico che sul piano sociale, favorendo al contempo la sobrietà e l’efficienza.
- Concedere credito ai progetti portatori dei valori di rispetto dell’uomo e
dell’ambiente.
- Offrire ai propri soci e clienti i migliori prodotti e servizi finanziari possibili a
servizio dei valori comuni, compatibilmente con le risorse della banca e in
funzione delle priorità definite in un processo permanente di concertazione e di
mediazione. Costituire le condizioni affinché la banca etica europea possa
riscuotere fiducia e diventare la banca di riferimento dei propri soci.
- Gestire il risparmio come un bene comune e quindi accogliere con rispetto e
attenzione tutte le richieste di credito, pur assumendo pienamente la responsabilità
di un eventuale diniego di credito. In quest’ultimo caso, ascoltare, dialogare,
cercare con l’aiuto della società civile di ricreare le condizioni che rendano
possibile l’accesso al credito (accompagnamento, garanzie, ecc.).
… fondata sulla vita cooperativa
- Impegnarsi affinché la banca nel suo insieme si sviluppi in maniera coerente
155
rispetto ai valori espressi nel manifesto, grazie all’assunzione di responsabilità da
parte di tutti i portatori d’interesse.
- Essere un’istituzione aperta a chi, condividendone i valori, intende unirsi ad
essa.
- Sviluppare un processo di concertazione fra i diversi attori coinvolti al fine di
trovare soluzioni equilibrate alle rispettive domande (ad esempio nella relazione
tra la raccolta di risparmio e la sua utilizzazione).
Definizione delle parole chiave in italico nel testo
Beni comuni
Un bene comune è qualcosa di materiale o di immateriale che riceviamo
gratuitamente e che dobbiamo ritrasmettere possibilmente arricchito alle future
generazioni. L’aria, l’acqua, la terra, la diversità delle sementi, e così via,
costituiscono tali beni comuni materiali; le conoscenze, i diritti dell’uomo e della
donna, i saper fare sono beni comuni immateriali. La protezione e la rigenerazione
dei beni comuni richiedono molta cura. La presa di coscienza del deterioramento
dei beni comuni naturali ha portato alla rivoluzione ecologica. Quando questi beni
sono minacciati, appartiene ai cittadini consci della loro importanza di attivarsi
per allertare la società e organizzare la loro tutela con l’appoggio delle
organizzazioni, e nel caso la presa di coscienza raggiunga la sfera pubblica, con i
pubblici poteri.
Economia reale
La circolazione del denaro può riguardare sia un’operazione economica reale
156
(acquisto, investimento, acquisto di quote di un’impresa, ….), sia un’operazione
virtuale (scambio di valori finanziari per ottimizzare la relazione profitto-rischioliquidità).
Etica
E’ importante notare che la parola etica si riferisce al fatto che ciascun essere
umano è chiamato ad essere istanza di giudizio di valore sulle proprie azioni o su
quelle compiute a suo nome. Il giudizio etico è di natura fondamentalmente
individuale, pur ispirandosi ad un corpus di valori riconosciuti dalla collettività. In
se, nessuna organizzazione può essere etica, se non a partire dal giudizio degli
uomini e delle donne che ne assumono il funzionamento. Una organizzazione non
può quindi qualificarsi come etica se non pratica sistematicamente e attivamente
la trasparenza, a partire della messa a disposizione di informazioni pertinenti.
Finanza etica
La definizione della finanza etica si deduce dal manifesto nel suo insieme. Non
dovrebbe esserci motivo di parlare di finanza etica in quanto tale, poiché l’insieme
dell’attività finanziaria dovrebbe essere etica di per sé. La finanza etica esiste e
non cessa di svilupparsi nel mondo intero. Ma, stiamo attenti, esiste un altro
fenomeno: molte istituzioni tentano di offrire prodotti finanziari cosiddetti “etici”,
ma solamente allo scopo di conquistare nuovi mercati… Molte sono le persone
che tendono a far confusione a questo proposito. Sono convinte di agire bene
senza realmente viverlo come un gesto normale corrispondente a motivazioni
ideali ben definite per apportare un cambiamento a situazioni economiche
157
discutibili. Ne deriva la necessità di una definizione chiara, coerente e condivisa
della finanza etica, come intende contenerla questo manifesto. Occorre tuttavia
rimanere consapevoli che, visto l’inesistenza di una definizione giuridica nella
legge dei nostri diversi paesi, il termine etico può essere utilizzato senza
restrizioni da qualsiasi realtà.
Governance partecipativa
La governance partecipativa include e supera la tradizione cooperativa.
L’assemblea generale consente ad ogni persona di esprimere il proprio voto
qualunque sia l’ammontare del suo apporto finanziario. Essa da regolarmente la
parola ai soci e riconosce alla dimensione locale la capacità di trattare tutte le
questioni affrontabili a questo livello sviluppando una vita cooperativa locale.
Interesse comune
L'interesse comune è l’obiettivo che ogni cittadino dovrebbe perseguire nel
praticare le proprie responsabilità nella sfera pubblica, cercando di raggiungere in
questo ambito accordi equi e onesti. Perciò, l’idea di interesse comune richiama in
ultima analisi il valore della giustizia e comporta una serie di condizioni per poter
compiersi pienamente nella nostra società, fra le quali l’impegno civico e la
partecipazione.
Sobrietà
La sobrietà è un’arte di vivere e di resistere a quanto spinge al consumo.
158
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