La finanza islamica e la finanza etica
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La finanza islamica e la finanza etica
1 Università degli Studi Roma Tre Facoltà di Giurisprudenza TESI DI LAUREA in Scienza delle Finanze La finanza islamica e la finanza etica: due modelli alternativi al sistema finanziario convenzionale Chiar. mo Relatore: Prof. Elena Granaglia Correlatori: Prof. Bruno Bises Prof. Sergio Ginebri Laureando: Diego Marciano Anno accademico 2010-2011 2 A Flavia “Quando oggi qualcuno mi chiede come mi siano venute tutte quelle idee innovative…io rispondo che abbiamo guardato come funzionano le altre banche e abbiamo fatto il contrario.” (Muhammad Yunus) 3 Indice Introduzione pag. 7 Capitolo I Principi e caratteristiche della finanza islamica 1.1 Genesi e diffusione della finanza islamica pag. 14 1.2. Le fonti religiose e giuridiche dell'economia islamica 18 1.3. Il profondo connubio tra etica ed economia nella cultura islamica 22 1.4. Il sistema bancario islamico 34 1.5. Gli strumenti finanziari e i contratti islamici 42 1.6. Prospettive di sviluppo della finanza islamica in Europa e in Italia 61 4 Capitolo II L'evoluzione dei concetti di usura e speculazione finanziaria in Occidente: le connessioni tra i divieti coranici e la filosofia medievale 2.1 Il concetto di usura nell'etica aristotelica e nei passi biblici pag. 71 2.2 L'interpretazione di Sant'Ambrogio: il prestito tra usura e carità cristiana. La commenda medievale come esempio di compartecipazione del rischio contrattuale 76 Il concetto di usura nel pensiero e nelle opere di Tommaso d'Aquino. La nascita dei Monti di pietà 80 Il superamento definitivo del divieto di prestito ad interesse nella Riforma protestante e nel Code Napoleon 93 Capitolo III La finanza etica: principi e prerogative 5 3.1 Genesi e diffusione della finanza etica pag. 99 3.2 Principi e caratteristiche 108 3.3 Strumenti finanziari tipici 121 3.4 L'esempio di Banca Etica e delle MAG in Italia 130 Conclusione Le analogie e le differenze tra finanza etica e finanza islamica 137 Appendice A 143 Appendice B 146 Appendice C 147 Appendice D 151 Bibliografia 159 6 INTRODUZIONE Questo lavoro si pone l'obiettivo di analizzare e porre a confronto due sistemi finanziari alternativi alla finanza tradizionale, che negli ultimi anni hanno suscitato un vivo interesse tra gli operatori finanziari, le istituzioni politiche, e, più in generale, nell'opinione pubblica. Ciò che distingue in particolar modo questi due sistemi finanziari dal modello di finanza mondialmente conosciuto al giorno d'oggi è la rigorosa applicazione di principi etici in un ambito convenzionalmente ritenuto antitetico a giudizi di carattere umanistico, sociale e morale. L'esposizione di quelli che sono i tratti storici e le caratteristiche distintive alla base di questi movimenti, non può tuttavia prescindere da un breve riferimento al contesto storico ed economico che li ha riportati in auge nell'ultimo decennio. Il punto di partenza da cui è opportuno prendere le mosse è senz'ombra di dubbio il Patriot Act approvato negli Stati Uniti d'America sull'onda emotiva dell'11 settembre, su iniziativa del Presidente G. W. Bush. L'atto in questione, giudicato da molti diffamante e discriminatorio nei confronti dei cittadini di religione musulmana, nonché limitativo delle libertà individuali, prevedeva uno stretto controllo sui conti corrente e sugli investimenti dei risparmiatori islamici, considerati potenziali finanziatori del fondamentalismo e del terrorismo islamico. Molti investitori musulmani decisero in quell'occasione di trasferire altrove gran parte dei propri capitali, sottoscrivendo gli strumenti finanziari offerti dalle banche islamiche, approdo ideale dei loro ingenti capitali. La conseguenza 7 immediata prodotta dall'emanazione del Patriot Act fu il drastico depauperamento del mercato finanziario americano, costretto a rinunciare all'ingente quantità di capitali rappresentata dagli investitori musulmani. Tale perdita fu certo decisiva nello spingere le banche d'investimento statunitensi a rivolgere maggiore attenzione ai risparmi dell'investitore medio americano, consentendo al tempo stesso ad un numero sempre crescente di mutuatari “low profile” di accendere quelli che nel linguaggio tecnico vengono definiti mutui subprime. La massiccia sottoscrizione di questa tipologia di mutui si rivelò letale per le banche: l'insolvenza di molti mutuatari, in parte dovuta allo spropositato aumento dei tassi di interesse, fece scoppiare nel 2008 la tristemente nota bolla del mercato immobiliare americano portando sul lastrico, fra i tanti, il celebre colosso finanziario Lehman Brothers. La crisi non rimase tuttavia confinata agli Stati Uniti poiché il crollo della Borsa di Wall Street creò immediatamente un effetto domino sui mercati finanziari di tutto il mondo occidentale. In Medio Oriente, le cose andarono diversamente. La tempesta dei mutui subprime lasciò infatti pressoché indenne le banche islamiche, strutture portanti di un sistema finanziario del tutto peculiare, guidato dai principi coranici. Sviluppatasi nei Paesi arabi a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, la finanza islamica si fonda sulla Shari'a, la legge islamica, che, per quanto concerne le pratiche finanziarie impone, fra l'altro: la proscrizione degli interessi (ribā), considerati in qualsiasi caso una forma di usura; il divieto di ogni tipologia di transazione finanziaria speculativa, che, nella pratica, esclude la possibilità di 8 sottoscrivere strumenti finanziari derivati, quali futures e options (maysir); il divieto di investire in attività illecite o contrarie ai precetti del Corano (haram); il divieto dell'incertezza/rischio nei termini e nelle condizioni di un contratto( gharār); un diritto contrattuale, infine, che prevede la compartecipazione di profitti e perdite fra i contraenti. Secondo i precetti del Corano, il tempo non può determinare un profitto su una somma di denaro “immobile”: per crescere, esso deve essere investito in attività concrete e produttive. Gli investimenti islamici, quindi, sono volti esclusivamente a favorire la crescita dell'economia reale, e solo in questo caso il profitto generato dall'investimento è ritenuto lecito. "La nostra religione vieta i prestiti basati sull'interesse o la commercializzazione dei debiti, ogni prodotto finanziario deve essere trasparente e in tutto e per tutto compatibile con i dettami del Corano" spiega Rasheed Al Maraj, governatore della banca centrale del Barhain (Il Sole 24 Ore). Secondo la legge islamica, l'investitore musulmano non potrebbe quindi acquistare prodotti complessi come le famigerate collaterized debt obligations, che sono state tra le principali cause della tempesta subprime. Le banche islamiche si distinguono dunque in modo sostanziale da quelle occidentali. Piuttosto che concedere un mutuo a una persona che vuole comprare una casa, riscuotendo in cambio un interesse sul prestito, la banca acquista direttamente la casa e poi la concede in affitto al cliente, che si impegna a versare la cifra corrispondente in più rate mensili, pagando una commissione sul servizio ottenuto. Quando avrà pagato tutte le rate, il cliente diventerà il proprietario della 9 casa. Questo breve esempio di come le banche islamiche interagiscano quotidianamente con i loro clienti spiega in maniera efficace la ragione per la quale una crisi come quella scoppiata nel 2008 negli Stati Uniti difficilmente avrebbe potuto e potrebbe in futuro verificarsi nel mondo islamico. Molti dei principi alla base del sistema economico-giuridico islamico, presenti nel libro sacro dei musulmani, affondano le loro radici nella filosofia classica greca e nella tradizione giudaico-cristiana, dalle quali, nel corso dei secoli, il sistema economico occidentale è venuto pian piano distaccandosi, facendo dei principi alla base del capitalismo moderno il suo unico modello di riferimento. Simile convergenza, prodottasi nei secoli passati e venutasi a perdere in età moderna, fra due culture apparentemente lontane l'una dall'altra, mostra come i principi etici alla base della finanza islamica appartengano pienamente alla cultura occidentale. Proprio in virtù di ciò, la prima grande crisi del sistema capitalistico occidentale, prodottasi con il crollo di Wall Street del 1929, portò alla diffusione in Occidente dell'investimento socialmente responsabile, la cosiddetta “finanza etica”. E' questo un pensiero economico che si pone ad obiettivo l'uso del denaro come “mezzo” di sviluppo dell'economia reale e non come scopo di profitto individuale; l'homo oeconomicus, inoltre, non è trattato come mero fattore di produzione, ma come un essere umano in tutto e per tutto, con propri diritti e valori. Il fenomeno della finanza etica ha interessato soprattutto i Paesi anglosassoni, in particolar modo negli Anni Ottanta, con il diffondersi dei fondi d'investimento 10 etici. Successivamente, tuttavia, la moderna finanza etica si è espansa in tutto il mondo, ampliando il suo raggio d'azione anche in Italia, con l'emergere del risparmio autogestito e con la creazione, nel 1999, di un istituto bancario estremamente peculiare, la Banca Popolare Etica. Le caratteristiche principali della finanza etica si concretizzano in particolare, nell'escludere gli investimenti in attività ritenute contrarie al benessere dell'individuo, come la produzione di armi, tabacco, droghe e materiale pornografico, incentivando, al contrario, progetti socialmente responsabili, come ad esempio le attività volte alla tutela dell'ambiente. Inoltre, le pratiche finanziarie devono favorire la massima trasparenza nella gestione del risparmio e degli investimenti, incentivando la valorizzazione della partecipazione attiva degli stakeholders nei processi economici. Introdotte le peculiarità principali della finanza islamica e della finanza etica presentiamo di seguito la struttura della nostra trattazione. Il lavoro è suddiviso in tre capitoli: nel primo capitolo della nostra ricerca, “Principi e caratteristiche della finanza islamica”, delineeremo l'evoluzione storica e le prerogative della finanza islamica. Successivamente, approfondiremo lo studio delle fonti religiose sulle quali si fonda il patrimonio giuridico di questo settore finanziario, mettendo in risalto il profondo connubio esistente fra etica ed economia nel Testo Sacro dei musulmani. Infine, descriveremo le peculiarità delle banche islamiche, dei singoli contratti e degli strumenti finanziari islamici e valuteremo le prospettive future della finanza islamica in Europa. 11 Nel secondo capitolo, “l'evoluzione dei concetti di usura e speculazione finanziaria in Occidente: le connessioni tra i divieti coranici e la filosofia medievale”, esporremo come l'intenso connubio tra etica ed economia alla base del sistema finanziario islamico, affondi le sue radici culturali nei testi Sacri dell'ebraismo e del Cristianesimo e ancora, nelle trattazioni di politica economica di Platone ed Aristotele; analizzeremo, quindi, l'evoluzione del concetto di usura nei testi sacri della tradizione giudaico-cristiana e nella filosofia classica. Successivamente, approfondiremo il pensiero su questa tematica di uno dei massimi Dottori della Chiesa Cattolica, Sant'Ambrogio, e del principale esponente della filosofia scolastica, San Tommaso d'Aquino. Infine, esamineremo l'incidenza della Riforma protestante nel superamento definitivo del divieto di prestito ad interesse nella cultura occidentale. Nel terzo ed ultimo capitolo della trattazione, “la finanza etica: principi e prerogative”, ci soffermeremo sulla genesi e la diffusione dell'approccio etico nella finanza occidentale, descrivendo le peculiarità dei fondi d'investimento etico e del microcredito. Successivamente, focalizzeremo la nostra attenzione sull’attività svolta dalla Banca Etica e dalle Società di Mutua Autogestione (MAG) in Italia. Nella conclusione esporremo le analogie e le differenze tra le due tipologie di finanza oggetto della nostra ricerca. Ciò che ci interessa sottolineare è come questi due modelli di finanza, estremamente differenti da quello convenzionale, non rappresentino affatto delle 12 mere ipotesi concettuali, prive di attuabilità, ma delle effettive e concrete alternative, dalle quali occorrerebbe ripartire per mettere fine alla crisi economica e produttiva degli ultimi anni. A nostro giudizio, infatti, la diffusione della finanza islamica in ambito europeo garantirebbe l'apporto di nuovi capitali da investire in attività direttamente connesse all'economia reale, mentre l'evoluzione dello screening e del rating etico delle imprese sottrarrebbe la finanza convenzionale al giogo della speculazione e dell'arricchimento spregiudicato di pochi individui, restituendole il ruolo di strumento atto a massimizzare il benessere di tutta la comunità mondiale. 13 Capitolo primo Principi e caratteristiche della finanza islamica Premessa In questo capitolo descriveremo innanzi tutto l'evoluzione storica e le caratteristiche principali della finanza islamica. Successivamente, analizzeremo le fonti religiose dalle quali scaturiscono le basi giuridiche di questo settore, mettendo in risalto il connubio indissolubile esistente fra etica ed economia nel Testo Sacro dei musulmani. Infine, esporremo le peculiarità dei singoli contratti e degli strumenti finanziari islamici e valuteremo l'incidenza e le prospettive future della finanza islamica in ambito europeo. 1.1 Genesi e sviluppo della finanza islamica La finanza islamica rappresenta un nuovo settore dell'economia mondiale, in netta espansione. Con il termine “finanza islamica” intendiamo l'insieme delle transazioni commerciali, dei servizi bancari e più in generale di tutti gli aspetti di un sistema finanziario conforme ai precetti della shari'a, ovvero la giurisprudenza musulmana. Nonostante la finanza islamica venga ancora valutato come un fenomeno regionale e di nicchia (circa l'1% della finanza mondiale), le previsioni del rapporto di Ernst & Young (2011) indicano nei prossimi cinque anni una crescita ad un tasso medio annuale del 20%, con il 9% scarso del banking tradizionale. 14 Una crescita importante per un mercato in espansione che nel 2010 rappresentava il 17,5% degli asset finanziari all'interno dell'area Middle East and North Africa (MENA). La genesi di questo sistema risale agli anni cinquanta dello scorso Secolo, quando molti Paesi del Medio Oriente e dell'Asia, a maggioranza musulmana, divennero Nazioni indipendenti dai dominatori occidentali, che fino a quel momento esercitavano il controllo politico sulle risorse e, quindi, sull'economia delle colonie orientali. Nel 1963 venne costituito il primo istituto finanziario islamico in Egitto: la Cassa di risparmio rurale di Mit Ghamr1 ad opera di Ahmad al-Najjar2, il quale si era direttamente ispirato alle banche cooperative tedesche. Come descriveremo nel dettaglio nel corso della nostra ricerca, ai risparmiatori era riconosciuto lo status di soci della banca e compartecipavano agli utili e alle perdite derivanti dall'attività economica di gestione secondo i dettami dell'etica musulmana 3; il tutto avveniva sotto l'egida di un consiglio di supervisori esperti di legge coranica: il c.d. Shari'a board, ancora oggi elemento peculiare delle banche islamiche4. L'esperienza di questo istituto bancario fu decisiva e portò, nel 1970, alla creazione del primo ente internazionale islamico di carattere economico: l' 1 2 3 4 Mit Ghamr è un piccolo villaggio sulle rive del Nilo. Ahmad al-Najjar, economista egiziano. Studiò in Germania specializzandosi in economia sociale. L'attività di questa piccola cassa di risparmio prevedeva la concessione di microcrediti che ridussero in breve tempo la disoccupazione nell'area del delta del Nilo. L'istituto fu chiuso nel 1968 per volontà del governo Nasser. L'esperienza di Ahmad al-Najjar è stata fonte d'ispirazione per il premio Nobel Yunus in Bangladesh. Le banche islamiche si affidano ad un sistema di doppia governance: da un lato c'è il consiglio di amministrazione e dall'altro il consiglio dei supervisori religiosi. 15 Organization of the Islamic Conference (OIC)5. Fu proprio questa conferenza nel 1973 a determinare la fondazione della Islamic Development Bank con sede a Jeddah, in Arabia Saudita6; l'economia dei Paesi musulmani, grazie agli ingenti guadagni dovuti alla crisi petrolifera, aveva ormai acquisito forza e autonomia rispetto alle grandi potenze occidentali, tanto da costringere l'Europa e gli Stati Uniti a volgere lo sguardo verso questo nuovo mercato finanziario 7. Nel 1995 vennero istituiti i primi indici di borsa riservati agli strumenti finanziari islamici shari'a- compliant in territorio americano e anglosassone: il Dow Jones Islamic Index e il Financial Times Islamic Index. Nel 1997 la Malaysia costituì un sistema finanziario innovativo, sintesi tra il modello convenzionale e quello shar'iatico, dal quale sono scaturiti i primi titoli obbligazionari conformi alla giurisprudenza islamica: i sukuk. Lo sviluppo di questo settore ha subito una forte crescita a seguito dell' emanazione del Patriot Act, negli Stati Uniti d'America. L'atto prevedeva un controllo stringente sui risparmi degli investitori islamici, considerati potenziali finanziatori del fondamentalismo e del terrorismo islamico. Molti investitori decisero di trasferire le proprie risorse, sottoscrivendo gli strumenti finanziari offerti dalle banche islamiche, che rappresentarono l'approdo ideale di questi ingenti capitali. Oggi i servizi finanziari islamici vengono offerti in più di 60 Paesi del mondo, anche non musulmani, tramite i c.d. Sportelli islamici delle banche convenzionali. 5 6 7 La prima banca islamica privata risale invece al 1975: la UAE di Dubai. L'IDB è una banca sovranazionale partecipata dai membri dell'OIC che ha lo scopo di valutare il rispetto dei principi coranici da parte delle istituzioni islamiche nelle loro attività d'investimento e gestione. Negli anni '90 fu istituito presso l'Università di Harvard un forum sulla finanza islamica. 16 Per sportello islamico si intende la costituzione di un servizio riservato ai risparmiatori di fede islamica presso le banche convenzionali, nel quale vengono emessi solo strumenti finanziari Shari'a Compliant; gli intermediari di questi strumenti gestiscono fondi pari a 750 miliardi di dollari 8,sotto il controllo dell'Islamic Financial Services Board (IFSB)9 con sede a in Malaysia, ente di coordinamento paragonabile al Comitato di Basilea per il sistema bancario convenzionale. Secondo quanto sostenuto dalla Banca d’Indonesia, entro soli 4 anni, il giro d’affari della finanza islamica si aggirerà intorno ai 5 trilioni di dollari, rispetto agli 895 miliardi di dollari del 2010 e ai 137 miliardi di dollari del 1996. La convergenza tra il sistema finanziario islamico e il modello convenzionale si fa sempre più netta: “In altre parole l'economia e la finanza islamica nascono come il prodotto di una fecondazione incrociata fra la cultura economica occidentale e la cultura religiosa islamica”. (Hamaui-Mauri, 2009 pag.52). 8 9 La Banca Mondiale ha emesso un prestito obbligazionario rispettoso dei precetti della Shari'a di 100 milioni di dollari. Questo istituto fa seguito alla costituzione dell' Auditing Organisation for Islamic Institutions (AAOIFI) nel 1991 con sede in Bahrein, organismo sovranazionale il cui obiettivo è quello di sviluppare norme contabili e di governance compatibili con i dettami coranici. 17 1.2 Le fonti giuridiche e religiose dell'economia islamica Lo studio della finanza islamica non può prescindere dalla conoscenza, seppur minima, di cosa si intenda per “Islam”. Pertanto, per cogliere il significato di questo settore economico10 è fondamentale comprendere la forte influenza che la religione esercita sulla vita sociale di un credente musulmano, imponendo ferree regole di condotta. Il termine Muslim è il participio del verbo arabo Salima, il cui significato letterale è “sottomettersi”. Islam significa dedizione a Dio e fu scelto per denominare il nuovo culto religioso dal vate Muhammad, l'ultimo dei Profeti mandato sulla Terra da Allah per concludere la Rivelazione della fede musulmana. L'Islam è una dottrina che va oltre l'aspetto religioso11,non prevede separazioni semantiche o funzionali tra le sfere politiche, sociali e religiose ed interviene in ogni aspetto dell'esistenza umana: “ La religione di Muhammad si richiama alla giustizia, all'uguaglianza sociale e richiede ai ricchi di essere generosi utilizzando una parte della loro ricchezza per aiutare i più poveri, i malati e gli orfani” (Siagh, 2008, p.5). Il Qur'an è il Libro sacro dei seguaci di Maometto e custodisce i principi e i dettami del culto islamico: è suddiviso in 114 capitoli o sure, ciascuno dei quali formato da un numero variabile di versetti riferibili alle due città sacre: le sure della Mecca (610-622 d.C.) e le sure della Medina (622-632 d.C.) 12. La differenza 10 11 12 Il mondo musulmano rappresenta il 25% della popolazione mondiale e il 10% del PIL. In arabo si dice Din Wa- Dunya, è una fede che trascende la religione e permea ogni aspetto della vita dei credenti. Le sure della Mecca sono le rivelazioni ricevute dal profeta nel periodo meccano, mentre le sure della Medina sono riferite alle rivelazioni successiva all'esilio di Maometto nella città Mdina. 18 tra i vari capitoli non è di poco conto; se le sure meccane tramandano principalmente concetti morali, quelle di Medina rivelano un contenuto più giuridico e normativo: i principi cardine del sistema economico islamico fanno riferimento a questi ultimi capitoli rivelati a Mdina. La Kalam Allah (Parola di Dio) riguarda tre temi fondamentali: l'unicità di Dio o Tawhid, i racconti dei profeti precedenti a Maometto o Akhbar e le regole e le leggi o Dyanat. Vi è poi la Tradizione (Sunna)13 ovvero la rappresentazione delle consuetudini e delle azioni del Profeta ispirate dalla divinità che fungono da esempi di comportamento individuali e sociali dei fedeli islamici. L'Ijmà è la prima delle due fonti orali presenti nella tradizione musulmana e con essa si indica il consenso dei dottori della legge in merito a determinate questioni di natura religiosa; alcune interpretazioni dei massimi rappresentanti della comunità possono produrre diritto positivo in base ad una massima del Profeta 14. L'altra fonte orale è il Qiyās15, se possibile ancora più controversa di quella precedente. Con questo termine si intende la produzione di norme giuridiche mediante procedimento analogico, operazione logica non prevista dal testo sacro e quindi priva di “approvazione” divina diretta e sempre soggetta ad errore, come qualsiasi altra attività razionale dell'uomo. Accanto a queste fonti non possiamo dimenticare l'importanza delle consuetudini come ulteriore elemento produttivo di 13 14 15 La sunna è suddivisa in cinque libri, scritti tra l'870 e il 915 d.C, dopo un'accurata verifica della veridicità dei racconti narrati tre secoli prima. Non c'è concordia tra gli studiosi sulla possibilità di considerare come parte della Sunna un ulteriore libro. Il detto del profeta recita: “la mia comunità non si troverà mai d'accordo su un errore”. Tuttavia gli sciiti non riconoscono la minima valenza a questa fonte potenzialmente normativa. L'idea di dedurre una regola da casi simili e, più in generale, l'ammissibilità di questo procedimento è fonte di scontro tra le quattro scuole giuridiche. 19 norme. Il Qur'an e la Sunna sono gli elementi imprescindibili della Ash-Shari'a alIslamiyya, ovvero, dell'interpretazione della dottrina religiosa effettuata dai dottori della legge o Ulema .Nonostante non possa essere considerata come una raccolta di norme codificate, il termine Shari'a viene tradotto anche come sinonimo di Ahkam (legge in arabo). Gli Ulema suddividono la legge in due unità: la Shari'a 'Ibadat, riguardante le norme sulla devozione e la Shari'a Mu'amalat, inerente le attività economiche, giuridiche e sociali. Le azioni umane sono distinte in cinque categorie: • Fard (atti obbligatori); • Mansūh ( atti consigliati); • Makrūh (sconsigliati); • Haram (proibiti); • Halāl ( leciti). Vi è poi il Fiqh, ovvero la conoscenza della legge religiosa, il diritto positivo che scaturisce dall'interpretazione shari'atica16. Nel Fiqh Al'ibadat troviamo i celebri cinque pilastri della religione musulmana, che corrispondono agli atti obbligatori. 1) Shadada - la professione di fede: “non c'è altro Dio all'infuori di Allah e il profeta Muhammad è il suo messaggero”. 2) Salawat – il compimento delle cinque preghiere giornaliere. 3) Sawn – l'obbligo di astenersi dal mangiare, dal bere, dal fumare e 16 La shari'a è immodificabile, in quanto direttamente rivelata da Dio. La sua difficile interpretazione ha dato vita a 4 diverse correnti di pensiero, ciascuna di esse portate avanti da una scuola giuridica. 20 dall'avere rapporti sessuali dall'alba al tramonto durante il mese di Ramadan. 4) Hajj – il pellegrinaggio, almeno una volta nella vita, alla Mecca. Sono esentati coloro che non abbiano le condizioni di salute ed economiche per effettuare il viaggio. 5) Zakat – tassa annuale imposta a ciascun musulmano per aiutare i poveri. Il Fiqh Al Mu'amalat è la parte della Shari'a che più ci interessa. E' la giurisprudenza commerciale islamica che tratta delle attività economiche lecite e illecite, della distribuzione della ricchezza, della produzione e del diritto di proprietà. L'interpretazione del fiqh varia in ognuna delle scuole giuridiche esistenti (ne contiamo quattro sunnite e due sciite). Alle scuole giuridiche, di cui parleremo più approfonditamente nell'appendice A, si aggiunge l'Islamic Fiqh Academy, con sede a Jeddah e attiva dal 1981 a seguito della deliberazione dell'OIC. I membri dell'accademia si riuniscono periodicamente con l'obiettivo di ricercare soluzioni di compromesso tra le norme e i differenti contesti sociopolitici nei quali i dettami stessi esplicano la loro influenza. I Paesi musulmani si differenziano in funzione del modello legislativo adottato dai vari governi. Vi sono realtà nelle quali la Shari'a convive con sistemi di common law e customary law e altre dove, invece, si sceglie il modello islamico puro 17. 17 Cfr, Appendice B. 21 1.3 Il profondo connubio tra etica ed economia nella cultura islamica Nel paragrafo precedente ci siamo soffermati sul rapporto formale che intercorre tra le fonti religiose e quelle giuridiche. Ora passeremo ad un'analisi più approfondita delle sure medinesi e del Fiqh Al Mu'amalat, ove sono racchiuse le linee-guida e i principi etici dell'economia musulmana. Vedremo come il mondo islamico miri ad un sistema di welfare state in cui regni una giustizia sociale improntata su principi come solidarietà e stabilità e che abbia come obiettivo principale la garanzia del benessere economico per la comunità degli umma18. E' doveroso premettere che i precetti coranici non sono presentati in modo sistematico e ogni tentativo di sintesi degli stessi non può essere considerata esaustiva. “Uomini, temete Dio, il quale vi creò da una persona sola. Ne creò la compagna e da essi suscitò molti uomini, e donne. Temete quel Dio nel nome del quale vi chiedete favori l'un l'altro e rispettate il grembo che vi ha portato, Dio è sopra di voi che vi osserva” (An-Nisâ',1). (Cfr, Ventura, 2010). L'economia islamica si basa sul principio della fratellanza o tawhid. La massimizzazione del profitto e la distribuzione della ricchezza non possono prescindere dal rispetto di un'equa giustizia sociale; Dio non ha creato solo l'individuo, bensì l'intera “comunità” dei fratelli: proteggerla e sostenerla è dovere 18 Umma: Con questo nome si indicò fin dall'inizio la prima organizzazione politica dei fedeli musulmani che a Medina (all'epoca Yathrib) nel 622 d. C., vide la luce grazie all'azione del profeta Muhammad. 22 di ciascun Umma. Nessun membro della comunità deve essere lasciato in condizioni di indigenza. Questo precetto può essere assolto solo collaborando alla creazione di un sistema che eviti l'accumulazione della ricchezza nelle mani di pochi. “ E assolvete all'orazione, pagate la zakat e inchinatevi con coloro che si inchinano” (Al-Baqara, 43). “In verità coloro che avranno creduto e avranno compiuto il bene, avranno assolto l'orazione e versato la zakat, avranno la ricompensa presso il loro Signore. Non avranno nulla da temere e non saranno afflitti”. ( Al-Baqara, 277). “Preleva un'ammenda dalle loro ricchezze per purificarli e renderli puliti, e prega per loro, le tue preghiere portano loro la quiete, Dio conosce e ascolta” (At-Tawba, 103). In questi passi della seconda e nona sura troviamo i principali riferimenti al pagamento della tassa sul benessere eccedente o Zakat.19 E' doveroso per ciascun musulmano contribuire economicamente al sostentamento dei meno fortunati, in quanto: “Appartiene ad Allah tutto quello che è nei cieli e tutto quello che è sulla terra” (Ash-Shura, 43). L'uomo è solo il vicario di Dio sulla Terra (Khalifa fi al 19 Il termine Zakat significa “purificazione” o “crescita”. Come abbiamo ricordato in precedenza, rappresenta uno dei cinque pilastri della religione musulmana. 23 Ard) e per svolgere al meglio questo delicato ruolo dovrà gestire le risorse in modo che tutta la comunità sia in grado di vivere dignitosamente; donare parte delle proprie ricchezze è la soluzione ideale per assolvere a questo dovere sociale. Questa imposta annuale rappresenta, quindi, una forma di raccolta di una piccola parte di ricchezza di ciascun credente musulmano avente una determinata capacità contributiva, a titolo di assistenza pubblica. Non si tratta di una contribuzione volontaria ma di un obbligazione coranica nei confronti della quale si è direttamente responsabili dinanzi alla propria fede. La base imponibile viene calcolata sull'eccedenza del livello minimo di benessere pro capite (Nisaab). Il Nisaab è stato fissato dal Profeta in 20 mithqaal d'oro o 200 dirham d'argento, pari rispettivamente al valore di 87,48 grammi d'oro e 612,36 di grammi d'argento oltre il quale scatta l'aliquota. I principali beni sui quali viene effettuato il calcolo del Nisaab sono: possedimenti d'oro, d'argento, assets liquidi ed investimenti, nonché terre agricole e bestiame. La percentuale d'imposta per i possedimenti d'oro, d'argento e il denaro contante è costituita dal prelievo del 2,5% del valore dei cespiti patrimoniali. Per quanto riguarda le terre agricole l'aliquota è pari al 10% del valore mentre le terre non irrigate subiscono un prelievo del 5%; i beni devono essere posseduti da almeno un anno islamico o Hijiri. Il prelievo non è previsto sui beni necessari al sostentamento (cibo, casa, ecc.). I beneficiari e le finalità dell'imposta annuale sono individuati direttamente dal Sacro Testo20: i poveri, i bisognosi, le vedove, gli orfani, i pellegrini e i debitori, ovviamente solo se di fede musulmana, per la liberazione dalla schiavitù e dalla 20 Cfr, Sura 9 versetto 60 24 povertà, la diffusione dell'Islam e il sostentamento degli addetti alla riscossione dell'imposta. Vi sono Paesi nei quali la Zakat viene reinterpretata non come imposta sul patrimonio, bensì come imposta sul reddito delle persone fisiche e il suo assolvimento permette l'apertura di un credito d'imposta per l'importo versato, una vera e propria agevolazione fiscale, simile a quanto avviene in caso di donazioni nei Paesi Occidentali. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna sono previsti sgravi fiscali per i cittadini musulmani intenzionati a versare l'imposta coranica ad operatori qualificati. La questione fondamentale riguarda la ricerca di omogeneità nella riscossione della Zakat nei differenti contesti islamici. Ad esempio, non vi è consenso tra le varie scuole sulla determinazione del livello minimo di benessere e, quindi, sulla base imponibile. In alcuni Paesi islamici la riscossione è obbligatoria per legge, in altri è affidata ad agenzie o fondazioni non governative. Numerose banche islamiche si sono impegnate a costituire e gestire un fondo speciale, il c.d. Beit AlMal o tesoro dei musulmani, arricchito da donazioni ed eredità prive di eredi. L'attivo ottenuto dovrà essere necessariamente investito per scopi sociali, quali la costruzione di strutture ospedaliere o scuole. In questo modo i patrimoni inattivi vengono reinvestiti, generando posti di lavoro e crescita economica. Il fondo finanzia anche borse di studio per studenti meritevoli. Tutto ciò chiarisce il motivo per cui la Zakat non è solo un semplice dovere morale o atto di fede, come lo è l'elemosina o Sādaqa, ma uno strumento di politica economica affidato ai governanti dei Paesi islamici. L'equa distribuzione della ricchezza impone una 25 minore libertà per gli imprenditori nella massimizzazione del profitto, visto come un potenziale limite al benessere generale. D'altronde, come abbiamo più volte chiarito, i mezzi di produzione appartengono ad Allah e i capitalisti hanno solo il compito di gestirli in modo sostenibile per l'intera comunità. Veniamo ora alla definizione dell'usura. L'homo islamicus configura come “usura” qualsiasi forma di interesse determinato ex ante applicato al contratto di prestito. Il termine arabo utilizzato per definire questo divieto è Ribā, letteralmente “eccesso”, “incremento”. “Coloro invece che si nutrono di usura resusciteranno come chi sia stato toccato da Satana. E questo perché dicono: Il commercio è come l'usura! Ma Allah ha permesso il commercio e ha proibito l'usura. Chi desiste dopo che gli è giunto il monito del suo Signore, tenga per sé quello che ha e il suo caso dipende da Allah. Quanto a chi persiste, ecco i compagni del Fuoco. Vi rimarranno in perpetuo” (Al-Baqara, 275). “Allah vanifica l'usura e fa decuplicare l'elemosina. Allah non ama nessun ingrato peccatore”. ( Al-Baqara, 276). “O voi che credete, temete Allah e rinunciate ai profitti dell'usura se siete credenti” (Al-Baqara, 278). 26 “Se non lo farete vi è dichiarata guerra da parte di Allah e del Suo Messaggero; se vi pentirete, conserverete il vostro patrimonio. Non fate torto e non subirete torto”. (Al-Baqara, 279). “Quel che prestate a usura perché cresca con l'accrescersi dei beni altrui non crescerà affatto presso Dio, ma quel che date in elemosina cercando il Volto di Dio, quello vi sarà raddoppiato”( Ar-Rum, 39). Dalla lettura di questi versetti si evincono chiaramente due concetti: l'apertura nei confronti delle attività commerciali ( Allah ha permesso il commercio...) e la netta presa di posizione contro l'usura, considerata un arricchimento ingiustificato e un peccato gravissimo nei confronti di Allah. Il netto rifiuto nei confronti dell'usura rappresentava una novità nel contesto sociale delle tribù arabe pre-islamiche, dedite ad un sistema di prestiti in virtù del quale, in caso di ritardo o di mancato pagamento alla scadenza, il debito stesso veniva raddoppiato; una pratica contraria al principio della fratellanza e quindi ferocemente contrastata dai seguaci del Profeta Muhammad21. L'interesse è il vantaggio patrimoniale dovuto a titolo di compenso per la disponibilità del capitale finanziario prestato, ma la teoria economica islamica rifiuta l'idea che il denaro possa generare altro denaro; l'incremento del capitale è conforme alla Shari'a esclusivamente se inserito in un contesto produttivo reale: solo la crescita reale genera profitto e non la sterile aspettativa di una remunerazione priva di causa. Pertanto, il risparmio prestato 21 Vedi Sura II, versetto 280. 27 non legittima l'acquisizione di un tornaconto. Il significato semantico di ribā non è definito minuziosamente nel Sacro Corano, di conseguenza è materia di dibattito tra i dottori della Legge. La dottrina delle scuole giuridiche dominanti ritiene che non vi sia differenza tra la concezione occidentale di usura22 e ribā: il prestito ad interesse sarebbe comunque attività illegittima (Haram)23. La proibizione non riguarda, quindi, l'eventuale sproporzione dell'interesse ex se, bensì la sua quantificazione predeterminata in qualsiasi tipo di contratto sinallagmatico. Nelle valutazioni degli Ulema vi è maggiore apertura verso il riconoscimento del ribà' al-nas'iah, ossia l'interesse riferito ai rapporti debitori. Netta è la chiusura nei confronti del ribā al fadl, ovvero la remunerazione nello scambio. La compravendita non è legittima se prevede un vantaggio patrimoniale ulteriore rispetto a quello del valore dell'oggetto della trattativa24. E' per questo motivo che i contratti a prestazioni istantanee sono nettamente preferibili, con essi si evita che una parte monetizzi l'eventuale mutamento del valore dei beni compravenduti nella fase che intercorre tra la stipulazione e la consegna effettiva. Gli effetti della proibizione si propagano anche nell'attività d'impresa. Un corollario del ribā è l'assunzione del rischio di subire perdite nella ricerca del Usura intesa nella cultura latina. Il Pakistan Council of Islamic Ideology del 1980 ha categoricamente rifiutato ogni distinzione tra prestiti adibiti al consumo e alla produzione, nonché differenze di sorta tra debitori enti pubblici e privati. 24 Questa interpretazione viene riferita al passo Hadith raccolto da Muslim: “vendi oro per oro, argento per argento, grano per grano, orzo per orzo, dattero per dattero, sale per sale, uguale per uguale, simile per simile; se le merci differiscono puoi vendere come desideri, purché lo scambio sia contestuale. Chi paga di più o riceve di più cade nel ribā. Chi prende e riceve è uguale (nel peccato). 22 23 28 profitto, quello che definiamo rischio d'impresa. In base ai dettami coranici, l'imprenditore musulmano è legittimato a percepire un profitto se esso è il frutto della sua attività lavorativa e, allo stesso tempo, l'imprenditore deve accettare la possibilità di subire perdite nel caso in cui i suoi investimenti non siano redditizi. Il binomio profitto-perdite non si riscontra nel prestito; il finanziatore è sempre garantito dalle condizioni che impone nel contratto, addirittura otterrà maggiore guadagno in funzione del ritardo nei pagamenti da parte del debitore. Nulla di più distante dal principio della cooperazione e dalle raccomandazioni del Profeta: “ se il vostro debitore si troverà in difficoltà gli sia accordata dilazione finché una buona occasione gli si presenterà, ma se rimetterete il debito sarà meglio per voi, se lo sapeste.” (Al-Baqara, 280). In conclusione, i prestiti hanno la funzione di finanziare gli investimenti e l'unica possibilità lecita di remunerarne l'utilizzo è la partecipazione agli utili prodotti dall'investimento stesso. Un altro principio etico fondamentale dell'economia islamica è la equa remunerazione del lavoro prestato. Come abbiamo già affermato, la massimizzazione del profitto non è l'obiettivo principale dell'impresa islamica: i risultati dell'attività imprenditoriale dovranno portare giovamento alla comunità, non solo agli azionisti, e il lavoro è un fattore della produzione da trattare con molta attenzione. Nell'economia di mercato applicata nel mondo occidentale è la legge della domanda e dell'offerta a regolamentare il livello retributivo di un individuo; nel sistema shari'atico il salario di un lavoratore dovrà essere stabilito in funzione del quantum di ore prestato e della tipologia di prestazione 29 professionale svolta. L'imprenditore che non rispetta queste valutazioni incorre nel rischio di una cattiva gestione dei mezzi di produzione 25. Un passo del Hadith ci chiarirà le idee: “ Il profeta disse: ' Allah disse, il Giorno della Resurrezione mi opporrò a tre tipi di persone: a coloro che trasgrediscono un accordo fatto in mio nome, a coloro che vendono uomini liberi e si cibano del compenso e a coloro che assumono un lavoratore e ottengono pieno lavoro da questo, ma non lo ricompensano con un salario adeguato.” (Narrato da Abu Huraira).26 Proseguiamo la nostra ricerca analizzando altri due divieti previsti dalla Shari'a, ovvero il maysìr e il ghārar. Il termine maysìr significa letteralmente “speculazione” mentre ghārar viene tradotto con l'espressione “ irragionevole incertezza”. Per “incertezza” non consentita si intende “la frode perpetuata nei confronti di una o più parti di un contratto stipulato facendo affidamento sull'ignoranza. Vi sono vari tipi di contratto considerati "gharār", i principali dei quali sono: • • La vendita di beni che il venditore è incapace di consegnare; La vendita di beni senza una precisa descrizione, così come un negoziante vende vestiti di taglia imprecisata; • 25 26 La vendita di beni senza un prezzo evidenziato; Ricordiamo che i mezzi di produzione appartengono ad Allah (As-Shura, 43). Al-Bukhari, Volume 3, Libro 36, Numero 470. 30 • Stipulare un contratto sulla base di una scadenza imprecisata; • La vendita di beni sulla base di false descrizioni; • La vendita di beni senza permettere al compratore di esaminare le merci.” (Cfr, Masullo-Di Gennaro, 2001). Questo divieto è assoluto solo nel caso in cui si presenti in modo rilevante in uno dei suddetti contratti, le garanzie corredate ad un bene reale non rientrano nel divieto; rispetto al ribā vi è maggiore flessibilità. Storicamente il maysir è il gioco d'azzardo eseguito con l'intenzione di ottenere un facile profitto: “ Ti chiederanno del vino e del maysir. Rispondi: ' In entrambi c'è un peccato grave e anche un vantaggio per gli uomini, però il peccato è maggiore del vantaggio“ (Al-Baqara, 219). Nel sistema economico islamico il maysir è esteso alle pratiche finanziarie e ai contratti speculativi quali l'assicurazione, gli options e i futures. La definizione dei divieti ribā', ghārar e maysir è fondamentale per comprendere la distinzione tra le attività lecite (Halal) e le azioni proibite (Harām)27. E' illecito il profitto derivante dal compimento di attività palesemente contrarie ai dettami etico-religiosi dell'Islam. E' fatto divieto a ciascun fedele di trarre beneficio dalle seguenti attività commerciali: 27 • la vendita e l'assunzione di prodotti alcoolici e stupefacenti; • il gioco d'azzardo e le scommesse; Nella religione islamica il termine Harām permea qualsiasi aspetto della vita del fedele, dal cibo agli orientamenti sessuali. La nostra ricerca si limiterà ad affrontare le prospettive economiche. 31 • la vendita e lo sfruttamento di materiale pornografico; • il commercio e la fruizione di carne suina. Altri esempi sono inerenti agli utili acquisiti tramite il furto, la corruzione, l'inganno, l'omicidio oppure con qualsiasi altra modalità che arrechi danno ad un altro individuo. E' lapalissiano aggiungere che rientra nel divieto anche il semplice investimento in salumerie, distillerie, sale giochi e società d'assicurazione. Dall'excursus normativo appena concluso è possibile delineare il profilo dell'homo islamicus e altresì delle imprese rispettose della Parola di Dio. Le fonti della religione islamica guidano tutti gli aspetti della vita del credente, non vi è distinzione tra le sfere politiche, sociali ed economiche; il Qur'an, la Sunna e i detti e i fatti del Profeta fungono da codici di condotta della vita esteriore ed interiore del buon musulmano. I testi che abbiamo analizzato evidenziano l'esistenza di una teoria economica basata sul principio di cooperazione e solidarietà tra gli uomini, nel quale il benessere della comunità deve prevalere sugli interessi individuali. La proprietà privata è interpretata in chiave solidaristica più che nella tipica concezione liberale, l'individuo ha il solo compito di sfruttare in modo razionale e per il bene di tutti le risorse economiche che appartengono a Dio. La libera concorrenza è preferita al monopolio in quanto funzionale al bene comune. Il credente deve astenersi dal consumare e incentivare la diffusione di sostanze che alterino il suo equilibrio psico-fisico. Una parte del suo reddito andrà devoluta in beneficenza per aiutare i bisognosi. L'indebitamento è considerata una pratica degenerativa del sistema economico al pari della predeterminazione di un 32 tasso d'interesse nel contratto di prestito. Gli investimenti in strumenti finanziari speculativi e aleatori sono illeciti. Le imprese non devono puntare alla massimizzazione del profitto perché quest'ultima limita il benessere della comunità. Il sistema ideale è la condivisione dei profitti e delle perdite, nel quale ad ogni investimento corrisponde una partecipazione agli utili e alle eventuali perdite dell'attività imprenditoriale e dove le aziende non possono accedere al mercato del debito, anch'esso visto poco confacente ad una visione economica eticamente sostenibile. Lo Stato ha lo scopo di perseguire la coesione sociale, elemento base dei rapporti economici, vegliando sul buon funzionamento del mercato e intervenendo nei casi in cui sia necessario modificare l'allocazione delle risorse e la distribuzione delle rendite. 33 1.4 Il sistema bancario islamico Il lavoro dei giuristi islamici ha generato un sistema finanziario del tutto peculiare e alternativo al modello convenzionale adottato praticamente in tutto il mondo. I divieti, che abbiamo analizzato nel paragrafo precedente, hanno sollecitato gli economisti islamici a strutturare un prototipo in grado di fornire servizi finanziari, direttamente connessi ai principi etici e religiosi28. Vi sono realtà nella quali si è deciso di riorganizzare completamente l'attività bancaria in base ai dettami coranici, altre dove si è optato per un sistema misto nel quale convivano banche convenzionali e islamiche. L'Islamic banking si configura in tre modi: 1) banche islamiche pure, ove vengono offerti solo servizi finanziari conformi alla Legge Coranica; 2) sportelli islamici presso banche convenzionali29, nei quali i credenti musulmani possono investire i propri risparmi in prodotti Shari'a compliant. 3) succursali presso banche convenzionali, specializzate nell'offerta di strumenti conformi al Corano. La banca islamica è un istituto creditizio organizzato nel rispetto delle fonti giuridiche e della giurisprudenza prodotta dalle quattro scuole di pensiero. La finalità principale rimane il raggiungimento di un profitto mediante la raccolta del 28 Con l'espressione etica islamica in campo economico non vogliamo descrivere un sistema moralmente superiore o meritevole rispetto a quello Occidentale. Ci limitiamo a trattare la materia in base a ciò che viene definito “etico” da un punto di vista islamico. 29 Sono sempre più numerose le banche occidentali che hanno aperto sportelli islamici: ABN AMRO, ANZ, Barclays Bank, Citibank, Goldman Sachs & Co e HSBC solo per citarne alcune. 34 risparmio e l'erogazione del credito, ma esso non può derivare dal pagamento o dalla ricezione di interessi in qualsiasi tipo di operazione bancaria. Il modello di riferimento è il profit and loss sharing; i clienti e l'istituto bancario devono condividere gli utili e le perdite dell'investimento proposto, in una sorta di partnership. Non è prevista alcuna forma di operazione in strumenti finanziari speculativi, in quanto, come abbiamo già chiarito precedentemente, il denaro può produrre ricchezza solo nel momento in cui viene inserito in un contesto produttivo reale. Al tasso d'interesse si sostituisce il tasso di rendimento su attività reali. Le banche islamiche presentano una struttura originale; all'assemblea dei soci (presente in qualsiasi tipo di istituto bancario mondiale) si affianca il cosiddetto Consiglio della Shari'a. Questa istituzione è un comitato di giuristi esperti del Fiqh Al Mu'amalat che ha il duplice compito di valutare la conformità ai principi etici di ciascun servizio finanziario offerto e di diffondere la cultura etica o Sulukiat tra i dipendenti della banca; è composto da un minimo di 4 membri ad un massimo di 7, spesso originari di Paesi diversi. Alla fine di ogni anno finanziario, il Consiglio presenta un rapporto ai soci e ai clienti sulle attività supervisionate. I membri del Comitato non sono generalmente retribuiti e possono svolgere le proprie mansioni di controllo in più di un istituto bancario; maggiore è la notorietà accademica dei membri e maggiore sarà la credibilità e la affidabilità della banca. E', quindi, lo Shari'a board ha stabilire se un prodotto bancario è illecito (haram) o lecito (halal) e le valutazioni (fatwa) possono cambiare in funzione del contesto 35 territoriale o del pensiero della scuola giuridica di riferimento di ciascun comitato. Vi sono Paesi nei quali il giudizio del Consiglio si ritiene vincolante e altre dove svolge un ruolo più esortativo e meno tecnico 30. Per avere un esempio della composizione e delle mansioni specifiche di un Consiglio della Shari'a, riportiamo integralmente il testo della pagina web ufficiale del Comitato shar'iatico dell'AAOIFI (Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institutions), che svolge il ruolo di supervisore dell'attività di tutti gli altri Shari'a board : The Shari’a Board is composed of not more than twenty members to be appointed by the Board of Trustees for a four-year term from among fiqh scholars who represent Shari’a supervisory boards in the Islamic financial institutions that are members of AAOIFI, and Shari’a supervisory boards in central banks. The powers of the Shari’a Board include, among others, the following: (1) Achieving harmonization and convergence in the concepts andapplication among the Shari’a supervisory boards of Islamic 30 Nel Sud Est Asiatico vi sono Shar'ia Boards meno conservatori e più flessibili rispetto a quelli delle banche situate nei Paesi del Golfo. 36 financial institutions to avoid contradiction or inconsistency between the fatwas and applications by these institutions, thereby providing a pro-active role for the Shari’a supervisory boards of Islamic financial institutions and central banks. (2) Helping in the development of Shari’a approved instruments, thereby enabling Islamic financial institutions to cope with the developments taking place in instruments and formulas in fields of finance, investment and other banking services. (3) Examining any inquiries referred to the Shari’a Board from Islamic financial institutions or from their Shari’a supervisory boards, either to give the Shari’a opinion in matters requiring collective Ijtihad (reasoning), or to settle divergent points of view, or to act as an arbitrator. (4) Reviewing the standards which AAOIFI issues in accounting, auditing and code of ethics and related statements throughout the various stages of the due process, to ensure that these issues are in compliance with the rules and principles of Islamic Shari’a In dottrina e nella prassi societaria è controverso il rapporto gerarchico che intercorre tra i membri del Consiglio e gli azionisti, soprattutto il grado d'incidenza delle valutazioni del Comitato stesso sulle scelte finali del CDA. E' 37 chiaro che gli azionisti, in quanto proprietari della banca, sono a capo dell'intero organigramma e, per quanto lo Shar'ia board sia un ente indipendente, è sempre revocabile da parte del CDA31. Non dobbiamo dimenticare, però, che l'attività economica deve essere esercitata in base alle regole religiose e morali, delle quali i membri del Consiglio shar'iatico sono i massimi studiosi. La buona reputazione di una banca islamica dipende anche dalle sinergie tra gli esperti di finanza e i dottori della Legge Coranica; un dirigente che sottovaluta le fatawa dello Shar'ia board rischia di perdere numerosi clienti. Un'ulteriore funzione specifica di un Comitato di controllo islamico è lo screening etico di un fondo d'investimento da inserire negli indici finanziari principali, tra i quali il più importante è il Dow Jones Islamic Market (DJIM). Lo Shari'a Board del DJIM ha il compito di verificare l'eticità dell'oggetto dell'investimento da far sottoscrivere dai risparmiatori interessati seguendo una determinata verifica, il c.d. Filtro islamico: − la società che emette il fondo non deve aver violato i divieti coranici 32; − la società non deve avere partecipazioni in altre società il cui interesse primario sia riconducibile ad una delle attività haram; Successivamente il Comitato del DJIM analizzerà il livello di debito e la presenza di redditi valutabili come proibiti ed escluderà le società se: -il rapporto tra debito totale e capitalizzazione di mercato è superiore al 33%; 31 32 La revoca di un Comitato della Shar'ia può avvenire solo per gravi motivi. E' prevista una percentuale di flessibilità che oscilla tra il 5 e il 15%. 38 − il rapporto tra la liquidità sommata ai titoli fruttiferi di interessi e la capitalizzazione di mercato è superiore al 33% 33; − il rapporto tra crediti e attività totali è superiore al 45%. Dopodiché verrà posto in relazione il reddito non operativo da interessi (NonOperating Interest Income, NOII) al reddito totale. Questo controllo è diretto a valutare il livello di speculazione della gestione di cassa di alcune società che collocano i flussi di liquidità in conti fruttiferi per un periodo limitato, violando il divieto del ribā: se la violazione è inferiore al 15% al reddito totale della società viene “tollerata”, riportando fedelmente i dati sulla percentuale affinché i risparmiatori siano informati che quel fondo si basa anche per un minimo su attività impure. Qualora il livello di attività haram superi il 15%, le società non potranno, invece, emettere titoli e fondi nel mercato finanziario islamico. Un po' di flessibilità è concessa anche nel mondo del Profeta. Un ulteriore elemento peculiare degli istituiti di credito islamici è l'indottrinamento dei dipendenti, o Suluki'at. Con questo termine si indica il comportamento etico che ciascun impiegato della banca deve rispettare durante le ore di lavoro, affinché i clienti possano saggiare la dimensione religiosa dell'intero sistema al quale affideranno i propri risparmi. La Bahrein Islamic Bank e la Dubai Islamic Bank hanno istituito una scuola di formazione sulla cultura etica e le tecniche bancarie conformi alla Legge islamica; i dipendenti sono tenuti a Questa apparente violazione legalizzata dei divieti coranici è giustificata da un passo della tradizione (hadith), nel quale il Profeta affermò che “un terzo è un buon accordo” quando gli venne chiesto quanto si potesse chiedere in più come giusta eredità oltre quanto fosse stato prescritto. 33 39 frequentare i corsi di aggiornamento e a rispettare gli orari di preghiera, uno dei cinque pilastri della religione. Alla fine di ogni preghiera l'Imam compirà una predica di quindici minuti sull'importanza dell'etica e della religione nell'attività lavorativa di ogni buon musulmano 34. Questo sistema sottopone i dirigenti della banca al controllo di una doppia governance che riduce di gran lunga la loro autonomia gestionale. Infatti, da un lato, dovranno soddisfare le esigenze di carattere puramente finanziario del CDA e rispettare le aspettative di profitto previste dal medesimo organo, e dall'altro saranno incentivati a sponsorizzare con maggiore attenzione i prodotti bancari eticamente sostenibili “preferiti” dagli Ulema, per non correre il rischio di un giudizio negativo sul proprio operato da parte del Consiglio dei giuristi. I dirigenti dovranno, quindi, conciliare gli interessi apparentemente contrastanti dei due organi di controllo, convincendo i giuristi della necessità di adeguare i prodotti bancari alla realtà capitalistica mondiale e suggerendo al CDA l'emanazione di strumenti conformi alla cultura religiosa dei potenziali clienti. La suluki'at è il mezzo fondamentale per coadiuvarli in questa funzione “diplomatica”: i dirigenti conosciuti nel mondo bancario islamico per la loro elevata cultura etica acquisiranno una reputazione talmente elevata da influenzare le scelte degli stessi azionisti. A questo proposito è interessante il pensiero del 34 Un banchiere islamico, intervistato sull'argomento suluki'at ha dichiarato in proposito: “Grazie alla suluki'at la banca realizza un doppio risultato. Sul piano interno raggiungiamo la sinergia, la cooperazione, l'efficacia e soprattutto la legittimità interna. Sul piano esterno rinforziamo l'immagine della banca e di conseguenza la sua legittimità esterna nei confronti dei beneficiari, in seno alla comunità e alle società in generale. In fin dei conti tutto ciò porta al rendimento organizzativo” cit. da L. Siagh, 2008. 40 direttore dell'ABC Islamic Bank, Hussain Al Khaja: “ Reclutando il personale, la banca islamica deve prima di tutto considerare la Suluki'at, poiché il comportamento etico è molto importante in questa industria. Ad esempio, che una persona beva o non beva dell'alcool è molto importante. I dipendenti devono rispettare l'immagine della banca. Se un dipendente frequenta le discoteche o beve alcool in pubblico, distrugge l'immagine della banca agli occhi dei clienti. La finanza islamica è prima di tutto una questione di etica e i dipendenti sono tenuti in ogni modo possibile a rispettare i principi del'Islam, altrimenti devono andare a lavorare in un altro settore”. La cultura etica funge da collante tra i collaboratori facendoli sentire parte di una comunità lavorativa che persegue gli stessi obiettivi di crescita economica e persino morale. 41 1.5 Gli strumenti finanziari e i contratti islamici Le banche islamiche attirano sempre maggiori capitali, non solo basandosi sul desiderio dei credenti di vedere le proprie risorse purificate in settori rispettosi della Fede, ma anche proponendo investimenti concorrenziali e redditizi. La raccolta del risparmio avviene in due modalità peculiari: 1) conti di deposito non remunerati o Al hisāb al gari; 2) conti di deposito partecipativi o hisābat al-istitmār. La prima tipologia di conto corrente non produce alcun tipo di rendimento, né spese da parte dei correntisti. I vantaggi per i depositanti si limitano alla custodia in banca dei contanti e altri servizi quali, l'utilizzo del carnet d'assegni e il controllo delle operazioni di trasferimento dei fondi in entrata e uscita senza commissione35. Per ovviare alla mancanza di una remunerazione basata sul calcolo degli interessi per il denaro depositato è prevista l'elargizione di “regali” in natura (ikrāmiyya), ossia piccole somme di denaro sotto forma di donazioni (hibā) o condizioni vantaggiose per il supporto finanziario di progetti imprenditoriali (tamwil) alla fine dell'anno finanziario e a discrezione della banca. Il risparmio raccolto verrà gestito dalla banca in base ad un contratto di mandato stipulato con il cliente o wakala per finanziare, ad esempio, l'acquisto di un bene reale o l'apertura di un'attività commerciale da parte di un altro cliente. L'istituto 35 Non è possibile richiedere una carta di credito con questo conto corrente in quanto l'utilizzo della stessa carta comporterebbe la legittimità di pagamenti dilazionati con interesse. 42 di credito otterrà un margine sull'investimento, anziché interessi sul prestito approvato. Le medesime peculiarità caratterizzano i depositi a risparmio o hisāb al-tawfir. I movimenti vengono registrati su un libretto nominativo (daftar) intestato a determinati beneficiari o al depositante stesso. I conti corrente partecipativi o d'investimento sono depositi a termine fondati sul principio di compartecipazione agli utili e alle perdite; la banca gestisce i fondi acquisiti dal cliente e si obbliga a restituirli alla scadenza. Il correntista non ha poteri di controllo sulle attività imprenditoriali che verranno finanziate (anche con il suo denaro), e non ha certezza che il capitale iniziale venga restituito nella sua interezza o ad un tasso di rendimento stabilito a priori. Egli affida i suoi risparmi alla banca consapevole del rischio che gli investimenti potrebbero produrre utili quanto perdite; questo sollecita l'istituto bancario a valutare con molta più attenzione i livelli di redditività di ciascuna operazione piuttosto che le garanzie prestate. I fondi possono essere depositati per un periodo che va da un mese a cinque anni. Nel caso in cui si stabilisca di ritirare parte del denaro è necessario rispettare la tempistica di un mese di preavviso e, a quel punto, l'eventuale profitto realizzato dalla data del progetto sovvenzionato a quella del preavviso verrà riversata sulla parte del fondo restante, così come le eventuali passività. In base a questo sistema il correntista non è un creditore della banca, bensì un “socio” di capitale, privo del diritto di voto e di poteri gestori. Il rischio di perdite è mitigato, però, da due tipi di riserve volontarie, costituite presso le banche islamiche: la c.d. Investment Risk Reserve e la Profit Equalization Reserve 36. 36 In questa riserva sono depositati i guadagni da elargire nel caso in cui la remunerazione dei 43 Bisogna distinguere l'ipotesi in cui la raccolta del risparmio venga destinata ad operazioni determinate (unrestricted mudaraba) da quella in cui, invece, i fondi vengono utilizzati per finanziare l'attività bancaria ordinaria (restricted mudaraba). Nel primo caso la remunerazione del conto è direttamente connessa alla proficuità dell'investimento sponsorizzato. Nella seconda ipotesi non vi è scissione tra i fondi dei correntisti e le risorse totali della banca 37. In entrambi i casi, a fine anno, i conti hisābat al-istitmār verranno remunerati in base al tasso di rendimento del progetto finanziato. L'obiettivo principale delle banche islamiche è quello di impiegare questi fondi in attività Sharia'a compliant. A causa della proibizione del ribā non è possibile accedere al mercato interbancario o investire in titoli convenzionali a breve e a basso rischio, quali i titoli di Stato, con rendimenti sicuri e di pronta liquidità. L'impiego del credito avviene in due diverse modalità: 1) contratti di compartecipazione ai profitti e alle perdite; 2) contratti “trade based”. Nella prima categoria di finanziamenti rientrano tutti quei contratti nei quali gli elementi cardine sono l'assunzione del rischio da parte di tutti i paciscenti e la condivisione dei risultati. Le tipiche garanzie delle banche convenzionali non vengono prese in considerazione se non per evitare comportamenti speculativi 37 conti d'investimento non fosse consona alle aspettative. Come afferma Siagh (2008), le banche islamiche sono assimilabili alle Società d'investimento a capitale variabile. 44 delle parti. Il sistema contrattuale islamico può essere suddiviso in tre figure fondamentali: • il contratto tout court o aqd'; • la promessa unilaterale o wa'd; • la promessa bilaterale o mua'hida. I contratti principali sono: 1) il mudaraba; 2) il musharaka; 3) il bay'murabaha; 4) il mugarada. Il contratto mudaraba è una tipologia di contratto fiduciario partecipativo con il quale vengono finanziate determinate iniziative imprenditoriali prive delle risorse economiche adeguate. Le parti sono: il mudarib e il rabb al-mal. La prima è il cliente-imprenditore, che impiegherà il suo lavoro e le sue competenze manageriali per sviluppare il programma esecutivo, la seconda è la banca che elargirà il capitale necessario. In questo modo la banca potrà lucrare sugli utili dell'investimento e l'imprenditore disporrà dei capitali necessari per sovvenzionare la sua attività. Il cliente dovrà convincere il rabb al-mal del buon esito dell'affare e, a differenza del prestito a interesse del sistema bancario convenzionale, la banca analizzerà le prospettive di sviluppo del progetto piuttosto che la solvibilità 45 del mudarib. I profitti dell'attività saranno ripartiti tra le parti in base alle quote stabilite proporzionalmente agli utili e inserite in forma scritta nel contratto. Se il progetto non dovesse essere produttivo, il cliente-imprenditore restituirà il finanziamento ricevuto senza ulteriori somme. E’ interessante notare anche in questo passaggio la sostanziale differenza che intercorre tra il mudaraba e il contratto di prestito utilizzato nel mondo occidentale, nel quale il cliente è obbligato a restituire i capitali ricevuti aumentati dell'interesse stabilito indipendentemente dal buon esito dell'affare finanziato. Le eventuali perdite però graveranno solo sul rabb al-mal. Questo perché le perdite del mudarib sono già rappresentate dal tempo e l'impegno profuso nel progetto stesso. Non sarebbe etico aggiungervi la quota di capitale perduto. Il cliente ha l'obbligo di gestire l'impresa in modo trasparente e onesto e non può apportare maggiori capitali rispetto a quelli già stanziati dalla banca. Tutte le spese necessarie per l'adempimento del progetto verranno addebitate sul conto mudaraba, con la sola esclusione delle spese personali del mudarib. Il rabb al-mal si cautela inserendo nel contratto di mudaraba alcune condizioni, ad esempio la clausola rebus sic stantibus, con la quale ha il diritto di chiedere la risoluzione del contratto nel caso in cui sorgano dubbi sulla realizzazione o sulla redditività del progetto a causa di intervenuti mutamenti nelle circostanze esistenti al momento della stipulazione. La ripartizione degli utili e la restituzione dei fondi prestati avverranno al momento della liquidazione del contratto. La Shari'a non prevede la separazione del patrimonio della società da quello dei 46 singoli soci per stabilire la responsabilità tra i soci e verso terzi. Nella mudaraba la responsabilità finanziaria del rabb al-mal è limitata solo al capitale finanziato e si esaurisce al momento del primo atto esecutivo compiuto dal clienteimprenditore. Un esempio del sistema mudaraba lo ritroviamo nei conti di deposito partecipativi che abbiamo analizzato in precedenza. Nei conti hisābat al-istitmār, però, le parti si invertono: il cliente diventa il rabb al-mal e la banca gestirà i fondi come il mudarib. Un ulteriore esempio di mudaraba è il mozara'ah, contratto che ha per oggetto lo sfruttamento dell'attività di un'azienda agricola, ove la banca fornisce i capitali o la terra ricevendo in cambio parte dei raccolto a titolo di utili dell'investimento. Nell'ambito delle attività profit and loss sharing troviamo il musharaka, un sistema contrattuale simile alla joint veinture, ove il cliente e la banca costituiscono una società indipendente. A differenza del mudaraba, il clienteimprenditore non si limiterà a gestire l'affare con le sue capacità manageriali, ma apporterà anche una quota di capitale per finanziare il progetto. Inoltre, sia la banca che il cliente parteciperanno alle perdite e ai profitti in base alle condizioni del contratto. E' possibile stabilire quote di partecipazione uguali per la ripartizione degli utili, ma le eventuali perdite dovranno essere suddivise in proporzione al capitale apportato; nella maggior parte dei casi viene nominato uno dei partner o un gestore esterno per seguire giornalmente il lavoro. Il musharaka è strutturato per finanziare principalmente investimenti a lungo termine, ma può 47 essere adottato anche come sistema d'intermediazione, ad esempio quando le parti stipulino un accordo in virtù del quale la banca acquisisce partecipazioni delle imprese sovvenzionate per poi ricollocarle sul mercato o ritrasferirle all'impresa partecipata ad un prezzo concordato e ad una certa data; in questo caso siamo dinanzi al c.d. bay'murabaha (partnership decrescente). Diversamente, se l'attività finanziata ha ad oggetto proventi agricoli rientrerà nel contratto c.d. Mosa'qaat. Concludiamo la nostra rassegna sui finanziamenti profit and loss sharing analizzando la mugarada, uno schema contrattuale che presuppone l'emissione di titoli obbligazionari da parte di una società al fine di sponsorizzare una determinata iniziativa imprenditoriale; le obbligazioni saranno acquisite dall'istituto bancario e il ricavato verrà trasferito sul conto del progetto finanziato. La banca parteciperà agli utili e alle perdite in base ad una percentuale stabilita nel contratto ma non avrà diritto di voto sulle scelte della società (non voting financing). Un sistema equipollente ai contratti analizzati in precedenza è l'investimento diretto in attività lecite dal punto di vista islamico; la banca finanzia le iniziative economiche di una società e partecipa ad ogni deliberazione del consiglio di amministrazione con diritto di voto (full equity sharing). La partecipazione ai profitti e alle perdite avverrà in proporzione al capitale acquisito. Nell'ambito degli investimenti non profit and loss sharing rientrano tutti gli strumenti finanziari residuali rispetto a quelli PLS, ovvero i contratti nei quali non 48 è prevista nessuna forma di condivisione dei risultati tra le parti. Queste forme di finanziamento di natura non partecipativa sono il risultato del grande lavoro innovativo degli economisti islamici, volto a definire nuove tecniche bancarie che, pur non distaccandosi dai precetti religiosi, siano in grado di adeguarsi agli strumenti finanziari offerti dalle banche convenzionali. Essi presuppongono la compravendita e lo scambio di beni e servizi con l’applicazione di un mark-up sul prezzo di rivendita e rappresentano chiaramente un'anomalia nel sistema bancario islamico nei casi in cui non sia conveniente utilizzare strumenti compartecipativi, per esempio per finanziamenti a breve e medio termine e per il credito al consumo. Negli investimenti trade based viene stabilito una remunerazione determinata a priori, e persino la connessione con forme seppur indirette di garanzia. Per evitare che questa tecnica contrasti con i divieti della Legge Coranica, i giuristi islamici hanno reinterpretato il rendimento prefissato valutandolo come il corrispettivo di una prestazione di intermediazione commerciale o per la fruizione di un bene in base al tipo di contratto stipulato dalle parti. In questo modo il guadagno viene scisso dalla dimensione temporale dell'affare “aggirando” i limiti coranici. La natura innovativa di questi contratti crea profondi dissidi tra le scuole giuridiche tradizionaliste e quelle più moderne; per questo la maggioranza degli Ulema ritiene legittimo l'utilizzo degli strumenti indirettamente partecipativi solo in casi eccezionali, ovvero quando non sarebbe possibile incanalare determinati investimenti delle forme interest based. 49 I principali contratti non partecipativi sono: murābaha (contratto di vendita a premio); salam ( contratto di vendita a termine con pagamento immediato); bai'mu'ajjal (contratto di vendita a termine); istisnā (contratto di appalto islamico); ijāra wa iqtinā (contratto di leasing). Il contratto murābaha consiste in una doppia vendita con pagamento differito; è l'operazione bancaria più diffusa nel mondo islamico per finanziare l'acquisto di materie prime da parte delle imprese o il credito al consumo. Il cliente interessato ad acquistare un determinato bene richiede alla banca un finanziamento al fine di ottenere la cifra necessaria. Al momento dell'erogazione del credito verrà stabilito un margine di profitto per la banca come remunerazione del servizio reso; la banca acquista la proprietà del bene direttamente dal venditore, mentre il cliente sarà nominato agente e potrà immediatamente utilizzare la cosa. Con un atto separato la banca trasferirà il bene al cliente al prezzo di vendita pattuito aumentato del mark up (il contributo a titolo di commissione da elargire alla banca per il servizio reso). Il cliente potrà effettuare il pagamento in un'unica soluzione o, di concerto con la banca, in forma rateale. In un'operazione siffatta è evidente il pagamento dell'interesse, ma il divieto del ribā viene “aggirato” scindendo la compravendita in due fasi distinte. Infatti, nel diritto islamico due atti giuridici 50 singolarmente validi, indirettamente collegati, vengono tollerati anche se passibili di violare i precetti religiosi. Ma c'è di più. I giuristi islamici ritengono che il margine di profitto sia connesso ai rischi che la banca corre mantenendo la proprietà del bene nell'interesse del cliente-utilizzatore. Difatti, è la banca che subirà gli effetti negativi di un eventuale furto o deterioramento del bene nel periodo che intercorre tra le due operazioni di vendita e, inoltre, accetterà il pagamento differito da parte del consumatore. Questi servizi sono direttamente connessi ad un'operazione reale e non al prestito di denaro, perciò vanno remunerati. Il contratto salam presuppone la vendita a termine di un bene con il pagamento dello stesso al momento della stipulazione dell'accordo. Il compratore paga in anticipo rispetto al momento della consegna del bene. Anche qui vi è una evidente forzatura dei divieti coranici, in primis del ghārar che vieta i contratti aleatori. Il venditore, infatti, potrebbe non essere ancora il proprietario della res compravenduta o il bene potrebbe non esistere al momento della firma del contratto. Per ovviare a questi inconvenienti i giuristi hanno concentrato la loro attenzione sui vantaggi reciproci delle parti che annullerebbero gli effetti sperequativi dell'alea: il venditore riceve immediatamente il prezzo del bene mentre l'acquirente diventa proprietario fin dalla stipulazione ed evita il rischio di pagare una cifra maggiore al momento della consegna. La validità del salam è connessa alla determinazione di alcune condizioni fondamentali oltre al pagamento immediato: devono essere stabiliti con precisione il luogo e la data, 51 l'oggetto del contratto può essere soltanto un bene fungibile standardizzato e già specificato in quantità e qualità. E' un'operazione finanziaria utilizzata principalmente da piccole e medie imprese, le quali ottenendo subito il prezzo di un bene non ancora finito potranno già acquistare materie prime per continuare la produzione. Una tipologia particolare di questo contratto è il bai salam ove la banca favorisce il cliente finanziandolo mediante l'acquisto del bene in fase di creazione. Il bai'mu'ajjal è un contratto di vendita a termine con mark up che racchiude quattro differenti operazioni: un ordine garantito da una promessa d'acquisto e due contratti di vendita. La banca acquista in contanti un bene per conto del cliente, il quale promette di riacquistarlo a sua volta con un pagamento rateale maggiorato dal jo'adah, ossia la commissione per il servizio ricevuto. Come nel caso del murābaha i divieti coranici vengono superati scindendo la transazione in due atti distinti e collegandola ad un bene reale. L'istisnā è il contratto di appalto islamico, con il quale la banca finanzia il fondo di rotazione del cliente-imprenditore. Nella maggior parte dei casi rientra nell'ambito del project financing ed è utilizzato per la costruzione di infrastrutture o beni intangibili quali elettricità e gas. Il committente ordina al produttore di costruire un bene determinato fornendogli le materie prime o i finanziamenti per acquistarle, la data di consegna e il prezzo devono essere stabiliti al momento della firma e i pagamenti avvengono in funzione dello stato di avanzamento dei lavori. Il contratto può essere cancellato unilateralmente solo nel caso in cui i 52 lavori non siano ancora iniziati o se il prodotto finito non rispecchia le caratteristiche previste dal contratto, a differenza del salam dove le parti non possono recedere dal contratto per nessun motivo. L' Al-Istisnā al-Tamwili prevede la stipulazione di due differenti contratti della tipologia appena descritta: uno tra la banca e il beneficiario, ove la prima si impegna a consegnare il bene oggetto dell'accordo nella data stabilita a fronte del pagamento rateale da parte del committente, e il secondo tra la stessa banca e un altro imprenditore, al quale viene subappaltato il lavoro da eseguire. La consegna può essere effettuata direttamente al committente nella data prevista. Proseguiamo la nostra rassegna sui contratti islamici non profit sharing con l'analisi del ijāra wa iqtinā, assimilabile al contratto di leasing finanziario del mondo anglosassone. La banca acquista un bene e lo cede in comodato d'uso al cliente, questi verserà un canone mensile per l'utilizzo della res e comprensivo del costo d'acquisto pagato dalla banca, ma solo dal momento in cui sarà effettivamente in possesso del bene strumentale. La proprietà del bene rimane in capo alla banca fino alla scadenza del contratto, data in cui il cliente avrà versato il valore della cosa maggiorato da una commissione in favore dell'istituto bancario. A differenza del leasing finanziario tipico del sistema economico anglosassone, l'ijara prevede alcune peculiarità rimarcabili: in primo luogo, il fatto che la banca islamica rimanga proprietaria del bene strumentale fino alla scadenza del contratto comporta l'assunzione da parte di quest'ultima di tutti i costi connessi alla 53 proprietà; il cliente verrà nominato agente ed in questo modo gran parte della responsabilità verrà delegata all'utilizzatore finale. In secondo luogo, come abbiamo già visto nell'analisi del murabahā, la banca sosterrà i costi di qualsiasi danno o deterioramento della res, salvo che sia dimostrata la responsabilità del cliente-agente; in più non dobbiamo dimenticare che il contratto di Ijara viene stipulato solo se ha per oggetto le attività conformi alla Shari'a. Ad esempio, alcune compagnie aeree islamiche quali la Emirates e la Jordanian Airlines adottano questo sistema di leasing per finanziare l'acquisto della loro flotta aerea. Il servizio finanziario più significativo del sistema bancario islamico è senza dubbio il Qard Hassan, ossia il contratto di mutuo senza interessi previsto dalla Shari'a. E' un prestito gratuito concesso dalla banca islamica ai clienti in specifici casi di necessità quali la celebrazione di un matrimonio, la nascita di un figlio o un lutto. Gli istituti bancari effettuano questa operazione di beneficenza prelevando il denaro da prestare dal fondo della Zakat o, più precisamente, dal Beit Al-Mal. In alcune realtà del mondo islamico e in Inghilterra, il Qard Hassan viene utilizzato anche per finanziare il credito al consumo per beni di prima necessità o per l'acquisto della prima casa; questa tipologia di mutuo si chiama manzil ijara. Nell'ambito di questo contratto, il cliente-compratore si accorda con il venditore dell'immobile ma sarà la banca ad acquistare il bene per poi rivenderlo al cliente, al prezzo pattuito da quest'ultimo con il venditore, entro venticinque anni. Nel frattempo il cliente verserà mensilmente le rate per l'acquisto definitivo dell'immobile e avrà la possibilità di estinguere il mutuo in 54 qualsiasi momento. La banca si tutela dall'eventuale insolvenza del cliente richiedendo a quest'ultimo un acconto pari al 20% del valore del bene. Nonostante le tecniche finanziarie PLS siano largamente preferite dagli Shari'a board delle principali banche islamiche e dalle scuole giuridiche di maggiore importanza, numerosi studi settoriali dimostrano che le operazioni non PLS rappresentano una quota tra il 20 e il 30% dell'attivo bancario dal lato degli impieghi delle banche prese in considerazione. Un dato molto significativo se si pensa alle numerose valutazioni negative espresse nei confronti di questo tipo di operazioni in dottrina. Un recente studio della Banca d'Italia indica le motivazioni in virtù delle quali le operazioni profit and loss sharing non incidano in modo determinante sulle scelte finanziarie degli istituti bancari islamici. In primo luogo, alcune tecniche di finanziamento, per loro natura, non si adattano all’applicazione del principio della compartecipazione ai profitti e alle perdite. In secondo luogo, in alcuni contesti (paesi/settori) la presenza di asimmetrie informative e i problemi connessi di moral hazard potrebbero scoraggiare l’uso di tecniche basate sul sistema PLS; infine, le forze concorrenziali potrebbero incentivare le banche islamiche ad adeguare le condizioni di offerta dei prodotti a quelle delle banche convenzionali, soprattutto negli ordinamenti statali in cui i due modelli convivono (Gomel, 2010). Nel paragrafo precedente avevamo concentrato la nostra attenzione sui divieti del gharar e del maysir, in base ai quali sarebbe impossibile immaginare la 55 stipulazione di un contratto di assicurazione nel mondo del Profeta; nell'assicurazione convenzionale la società assicurativa ottiene un profitto solo se la somma dei premi incassati sia superiore alla somma elargita in caso di sinistri compiuti dai clienti assicurati (il guadagno deriva quindi da una scommessa, maysir) e gli stessi assicurati sono costretti a pagare un premio determinato per un beneficio eventuale (siamo nell'ambito dell'incertezza, gharār). Il grande lavoro interpretativo della giurisprudenza commerciale islamica ha superato anche questo apparente limite strutturale con la creazione del takāful, la mutua assicurazione islamica. Il takāful è una forma di assicurazione basata sul principio shari'atico della mutua assistenza e i suoi fondamenti di base fanno riferimento alla cooperazione e alla reciprocità, alla responsabilità condivisa e all’interesse comune; gli assicurati costituiscono un fondo di solidarietà dal quale attingere in caso di sinistri perpetrati a loro danno. Per superare i limiti dell'incertezza e più in generale dell'alea, tipica in contesti di carattere accidentale, i giuristi islamici hanno configurato il versamento del premio come una vera e propria donazione, in favore del partecipante al fondo che ha subito il danneggiamento. Il fondo assicurativo può essere creato da una società commerciale o da una società noprofit, nella prima ipotesi vi sarà separazione tra i fondi degli assicurati e degli azionisti della società e sarà nominato un gestore per amministrare i versamenti “donati” dai contribuenti al fondo takāful38. L'assicurazione islamica si estrinseca in due tipologie contrattuali: 38 Nell'assicurazione islamica il fondo di sottoscrizione o underwriting fund appartiene agli assicurati. 56 1) takāful mudaraba; 2) takāful wakāla. Nel takāful mudaraba gli assicurati rappresentano il rabb al-mal mentre il gestore è il mudarib; le perdite graveranno solo sugli assicurati come in qualsiasi contratto mudaraba, tranne nel caso in cui si possa dimostrare la negligenza o il dolo del gestore/mudarib. L'eccedenza del fondo di sottoscrizione e i profitti derivanti dagli investimenti verranno suddivisi tra le due parti del contratto. Nel takāful wakāla gli assicurati e il gestore stipulano un contratto di agenzia, quest'ultimo agirà come agente per conto dei partecipanti al fondo e riceverà una commissione per il servizio svolto. Nonostante il sistema delle assicurazioni islamiche non sia ancora molto diffuso, nel 2007 sono state registrate 118 società assicurative takāful con attivi pari a 41 miliardi di dollari, due terzi appartenenti alla Takāful IBB Berhad del Brunei (Gomel, 2010). E' doveroso concludere la nostra rassegna sugli strumenti finanziari islamici analizzando la figura più innovativa: i sukuk. I sukuk sono certificati fiduciari d'investimento rispettosi delle regole coraniche, paragonabili ai titoli obbligazionari del mercato finanziario convenzionale. Queste “obbligazioni” islamiche sono garantite da progetti e attività produttive reali. L'emissione di un sukuk avviene in base ad un sistema equivalente alla cartolarizzazione: innanzitutto viene costituito uno special purpose vehicle (spv), autonomo soggetto di diritto, al quale l'originator del progetto di finanziamento consegna gli asset; in funzione di questi beni verranno emessi i certificati sukuk e 57 i fondi raccolti grazie alla sottoscrizione dei titoli verranno utilizzati per finanziare progetti e attività reali. Al momento della sottoscrizione, gli investitori diventeranno proprietari di una quota dei beni originari e lo spv stipulerà un contratto islamico con l'originator per conto degli investitori stessi; dal punto di vista giuridico, si può considerare quindi come un titolo di proprietà di un attivo che genera flussi finanziari. Alla scadenza dei titoli obbligazionari l'originator tornerà il proprietario dei beni sottostanti e coloro che hanno sottoscritto i certificati sukuk otterranno il rimborso del capitale al prezzo stabilito dal contratto stipulato in precedenza dallo spv per loro conto. L'emissione di questi titoli si differenzierà sulla tipologia di contratto islamico stipulato tra le parti e quindi possiamo distinguere 39: 1) sukuk murabahā- quota parte di proprietà di un prestito; 2) sukuk al-ijara, quota-parte di un leasing; 3) sukuk al-istisna', quota-parte di un progetto; 4) sukuk al-musharaka, quota-parte di un affare; 5) sukuk al-istithmar, quota-parte di un investimento. Come tutti gli altri titoli di debito i sukuk hanno una durata predeterminata che va da tre mesi, per le obbligazioni islamiche che hanno una struttura simile ai BOT, a cinque o dieci anni. La differenza con le obbligazioni del sistema convenzionale si basa sulla proprietà della quota del bene o del progetto finanziato; la cedola di un bond viene pagata a 39 La AAOFII ha classificato 14 tipologie differenti di sukuk. 58 prescindere dall'andamento delle attività sottostanti mentre i profitti di un sukuk saranno direttamente proporzionali all'andamento dei beni in base ai quali sono stati emessi i titoli; mentre l’obbligazionista ha il diritto di ricevere il pagamento degli interessi a scadenze fisse, chi sottoscrive le obbligazioni islamiche ha invece il diritto di partecipare sia ai profitti generati dalle attività sottostanti, sia ai ricavi che derivano dalla produttività di tali investimenti. La diffusione dei sukuk ha facilitato la creazione di un mercato obbligazionario anche in un contesto restìo come quello islamico, le stime di crescita delle emissioni del 2010 sono eclatanti: da 33.5 miliardi di dollari a 50.3 miliardi. L'evidente sviluppo di questi certificati è dovuto ad una interessante peculiarità: possono essere emessi anche da società non shari'a compliant e sottoscritti da investitori non musulmani. I maggiori fruitori delle obbligazioni sukuk sono i governi, non solo quelli islamici; ad esempio il governo malese ha sottoscritto nel 2007 un'operazione sukuk al-ijara trust certificates di 600 milioni di dollari emessi dalla Malaysia Global Sukuk Inc. e inseriti nel listino della borsa del Lussemburgo. I ricavi derivanti dalle sottoscrizioni verranno utilizzati per l'acquisto di quattro lotti di terreno nella capitale malese, Kuala Lumpur. La società emittente (MGS) darà in locazione i terreni al governo mediante un contratto ijara e il governo pagherà il canone per un periodo di cinque anni. Il surplus costituito dal canone verrà ridistribuito ai sottoscrittori dei sukuk. Alla scadenza del periodo di affitto il governo acquisirà la proprietà dei lotti40. L’emissione di sukuk ha raggiunto i 47 miliardi di dollari in tutto il mondo, in particolar modo grazie alla immensa liquidità delle potenze 40 Il Bahrein garantisce liquidità al proprio sistema finanziario sfruttando l'emissione di sukuk. 59 petrolifere41. Le ripercussioni della crisi finanziaria degli ultimi anno non sembra intaccare le previsioni e le stime di crescita delle obbligazioni islamiche che dovrebbero raggiungere i 100 miliardi di dollari entro due anni. E le istituzioni internazionali ed europee non si limitano ad osservare questo fenomeno in continuo sviluppo; nel 2004 il Land della Sassonia-Anhalt in Germania ha emesso per la prima volta in una realtà europea dei fondi sovrani del tipo sukuk per un ammontare di 123 milioni di dollari, con l'obiettivo dichiarato di attrarre capitali dal Golfo Persico. Nel 2005 la Banca Mondiale ha emesso un sukuk pari a 200 miliardi di dollari e dal 2006 le obbligazioni islamiche sono quotate nel London Stock Exchange. 41 I Paesi promotori dei sukuk sono: Malesia, Bahrein, Qatar e Pakistan. I c.d “well rated” : Turchia, Arabia Saudita,Kuwait. I c.d. “wallabies”: Egitto, Sud Africa, Senegal, Kenya. Fonte: ASSAIF. 60 1.6 Prospettive e sviluppo della finanza islamica in Europa e in Italia Il grande obiettivo dell'islamic banking è quello di diffondersi in nuovi contesti ed uscire dal regionalismo nel quale si è sviluppato dagli Anni Settanta ad oggi. La presenza di sempre più ingenti comunità musulmane nei Paesi Occidentali rende il fenomeno della finanza islamica di grande interesse anche in Paesi non islamici. Attualmente, sono circa quindici i milioni di musulmani residenti in Europa, con un ammontare totale di risparmio gestito, stimato in quattordici milioni di dollari nel 2020 (Lewis-Algoud, 2007). In questo senso, svolge un ruolo decisivo anche il sempre più intenso interesse per i prodotti finanziari islamici mostrato anche da parte degli investitori non musulmani, vista la maggiore stabilità che i prodotti Shari'a compliant garantiscono sia in termini etici che di collegamento con il sistema reale. Tuttavia sono molte le differenze economiche e sociali di ciascuna realtà europea; nel Regno Unito, ad esempio, è presente una comunità di circa due milioni di musulmani tendenzialmente benestante e molto interessata all'offerta di prodotti finanziari Shari'a compliant, a differenza di paesi come l'Italia, nel quale gli immigrati di fede musulmana provengono principalmente dai Paesi del Nord Africa (realtà economicamente più povere rispetto ai Paesi del Golfo) e, quantomeno nel periodo attuale, non hanno ancora manifestato un serio interesse verso il sistema bancario approvato dai giuristi coranici. Fino ad ora, quindi, la maggior parte dei seguaci del Profeta in Europa gestisce le proprie risorse finanziarie con l'intermediazione delle banche convenzionali, perché i principali fornitori di servizi finanziari islamici non sono presenti nel 61 mercato al dettaglio. Le banche occidentali (ABN Amro, Barclays Bank, BNP Paribas, Citibank, HSBC, Societé Generale UBS) comprendendo gli sviluppi di questo settore, hanno limitato la concorrenza presente e futura delle banche islamiche in Europa grazie all'apertura degli sportelli islamici. Il Regno Unito ha colto le potenzialità di questo sistema innovativo con largo anticipo rispetto agli altri partners europei e Londra è considerata da tutti l'hub principale della finanza islamica nel mondo economico occidentale. Lo sviluppo del sistema bancario islamico in Inghilterra risale agli albori degli anni '80, con l’istituzione dell’Al Baraka International Bank a Londra. Negli anni successivi, gli inglesi hanno incentivato la crescita della finanza islamica nel territorio anglosassone, evitando ogni contrapposizione di natura religiosa e valutando il settore dell’islamic banking come una interessante innovazione finanziaria da affiancare al sistema convenzionale. Nel 2007 il governo inglese ha dato seguito ad una serie di riforme del sistema fiscale britannico affinché i prodotti finanziari islamici non venissero più discriminati, seguendo come principio fondamentale la regola “no obstacles no special favours”42. Tra le misure più incidenti ricordiamo l'abolizione della doppia imposta di registro nelle operazioni immobiliari della tipologia murabaha e il riconoscimento della deducibilità fiscale del canone di contratti islamici della tipologia musharaka o 42 Il Ministero del Tesoro britannico ha costituito un gruppo di lavoro per favorire l'emanazione di norme che garantiscano una parità di trattamento tra gli strumenti finanziari convenzionali e quelli islamici. 62 Ijara, assimilabile alla deducibilità degli interessi passivi di un comune contratto di mutuo. Le banche islamiche nel Regno Unito (sul territorio britannico ne sono presenti ventidue) si costituiscono rispettando il medesimo iter delle banche convenzionali, non vi è una licenza bancaria differente come avviene, ad esempio, in Malaysia. La banca più importante è la Islamic Bank of Britain43, con sede a Birmingham. La IBB ha avuto il merito di adottare una politica innovativa in materia di tutela dei depositi, da sempre elemento di distinzione profonda tra le norme tipiche di tutela previste nel sistema convenzionale e le peculiarità dell'islamic banking. Ricordiamo infatti che le regole fondamentali della finanza islamica impediscono di stabilire a priori la determinazione obbligatoria di un rimborso in caso di deposito44. Le soluzioni della IBB sono le seguenti: in caso di diminuzione del valore nominale del deposito, la banca arginerà la perdita attingendo dai fondi di stabilità45 o rinunciando ad una parte del guadagno delle commissioni previste dal contratto di conto corrente. Ovviamente, per rispettare le norme britanniche in materia bancaria, la IBB si vedrà comunque “costretta” a proporre un rimborso al cliente islamico come a qualsiasi altro cliente occidentale, in caso contrario ci troveremmo di fronte ad una violazione della parità di trattamento; sarà poi il correntista a rinunciare all'offerta per non violare le norme coraniche (R. Wilson, 43 Il capitale sociale iniziale della IBB ammontava a 14 milioni di sterline, successivamente, con un’offerta pubblica iniziale lanciata in Gran Bretagna e un successivo private placement nel Medio Oriente, il capitale sociale è stato portato a oltre 50 milioni di sterline. 44 La previsione di un rimborso a tutela del valore nominale del deposito contrasterebbe con il principio della partecipazione alle perdite tra cliente e banca. Come abbiamo analizzato in precedenza, il rimborso dipende dall'attività d'impresa connessa al deposito. 45 La Investement risk reserve. 63 2002). La City di Londra è anche la più importante piazza d’Europa per la gestione fondi, sia per i fondi onshore che per i fondi offshore quotati in vari Paesi Europei, tra i quali Lussemburgo e le isole Channel. E' interessante mettere in risalto che ben sette fondi islamici, concepiti per i facoltosi clienti dell'area del Golfo, vengono commercializzati nel mercato orientale ma gestiti a Londra e amministrati in paradisi fiscali. L’Amanah Global Equity Fund dell’HSBC, quotato in Lussemburgo e gestito nell'interesse delle grandi aziende del mondo, in particolar modo multinazionali statunitensi. In Francia si stima una comunità musulmana di oltre sei milioni di persone, per la maggior parte proveniente dalle antiche colonie dell'Africa Settentrionale; in base alla legislazione transalpina sul diritto di cittadinanza, la metà di essi sono in possesso anche del passaporto francese. Questo particolare status di cittadino francese di religione islamica accresce la necessità di creare una sinergia tra il sistema finanziario d'Oltralpe e gli strumenti bancari islamici, rispondendo così alle esigenze peculiari di questa comunità. Lo sviluppo in Francia di una finanza conforme ai principi della Shari'a ha trovato in Cristine Lagarde, già Ministro dell'Economia e ora direttore del Fondo Monetario Internazionale (FMI), un inaspettato promotore. Nonostante le opposizioni dei deputati socialisti, contrari alla diffusione dei principi della finanza islamica nel diritto francese, in nome del principio di laicità, il 17 settembre del 2009 il Parlamento d'oltralpe aveva adottato un emendamento legislativo alla legge sulle piccole e medie imprese (PME), volto a permettere 64 l'emissione delle obbligazioni islamiche (sukuk), una norma che faceva seguito alla creazione di schemi d'investimento collettivo della tipologia islamica da parte delle autorità garanti del mercato finanziario francese fin dal 2007 46. Successivamente, il Conseil d'Etat ha censurato il testo per un vizio di forma. La sentenza della Corte ha solo rinviato la questione e i dibattiti in materia di sviluppo dell' islamic banking in Francia sono all'ordine del giorno. Un esempio è la creazione dell'Istituto Francese di Finanza Islamica, promosso dal presidente della Camera di commercio franco-araba Hervé de Charette, già Ministro degli affari esteri. Nella conferenza stampa di presentazione dell'istituto, Hervé de Charette aveva dichiarato che "C'est le mot islamique qui pose question auprès d'une partie de l'opinion qui ne connaît pas le sujet (...) la finance islamique est une question qui intéresse le développement économique mondial et notre développement (…) Elle pourrait servir à financer en France des PME ou des projets descollectivités locales”47 . Sempre nel 2009, al Palais de Bercy è stata organizzata una conferenza con la finalità di dimostrare le opportunità concrete dell'apertura nei confronti di questo sistema finanziario alternativo. Gli organizzatori dell'evento ritengono la diffusione della finanza Shari'ah Compliant in Francia permetterebbe a privati e imprese, che investono all'estero o che si astengono dal sottoscrivere strumenti finanziari convenzionali, di disporre di strumenti d'investimento compatibili con le proprie opinioni religiose. In base ad 46 47 Questi schemi di investimento non possono essere sottoscritti dalle aziende con debito in bilancio superiore ad un terzo della loro capitalizzazione media dell'ultimo anno. “ E' il termine “Islam” che crea problemi in una parte dell'opinione pubblica che non conosce la materia di cui si parla...la finanza islamica interessa lo sviluppo economico mondiale e il nostro sviluppo, potrebbe servire a finanziare in Francia piccole e medie imprese o progetti di collettività locali”. Cit. da “Hervé de la Charette...”, 2009. 65 uno studio di due analisti transalpini, Elyès Jouini e Olivier Pastré, i capitali islamici da attirare verso la piazza di Parigi ammonterebbero a circa 100 miliardi di euro, una stima non ritenuta attendibile dagli esperti, che permetterebbe a Parigi competere con Londra per la leadership europea in questo settore finanziario (AFP,2009). Attualmente, la Qatar Islamic Bank ha fatto richiesta alle autorità francesi di aprire una succursale a Parigi; in caso di autorizzazione sarebbe la prima banca islamica in Francia. In Germania è presente una comunità di circa 5 milioni di musulmani, per lo più di origine turca e poco inclini, almeno fino ad ora, ad incentivare, anche in territorio teutonico, la diffusione di strumenti finanziari compatibili con la legge islamica. Nonostante questa mancata propensione da parte dei potenziali investitori di religione musulmana, il governo tedesco ha manifestato un notevole interesse nei confronti della finanza islamica, a cominciare dalla sottoscrizione di sukuk per 100 milioni di euro da parte della Land Sassonia-Anhalt (come abbiamo analizzato nel paragrafo precedente) fino ad arrivare nel 2010 all'apertura di una succursale di una banca islamica presente a Kuwait City e Istanbul: la Kuveyt Türk Beteiligungsbank a Manheim, che ha già palesato l'intenzione di espandersi in tutta la Germania con almeno altre dieci filiali . Concludiamo la nostra rassegna sulle prospettive della finanza islamica in Europa con l'analisi della situazione italiana. Nel nostro Paese, rispetto alle altre potenze economiche europee, la comunità musulmana è composta da circa 1,6 milioni di persone, per lo più immigrati di prima generazione, ancora lontani dall'essere 66 realmente integrati con la società italiana e nella maggior parte dei casi sono impiegati in attività lavorative poco remunerative o sono privi di contratti di lavoro che certifichino la loro posizione economica e contributiva; non potendo contare su fondi da investire, i servizi bancari richiesti degli immigrati di religione musulmana sono quasi esclusivamente i conti di deposito, le rimesse e gli strumenti standard di pagamento. Questo è uno dei motivi per cui la diffusione di strumenti finanziari islamici non ha ancora trovato una considerevole importanza nel sistema bancario italiano. Ciò nonostante l'analisi delle prospettive di questo sistema finanziario alternativo comincia ad attirare l'attenzione di molti istituti bancari italiani. Un esempio concreto di questa nuova mentalità è la firma, nel 2007, di un memorandum d'intesa tra l' Associazione Bancaria Italiana (ABI) e l'Unione delle Banche Arabe (UAB), in base al quale è stata rafforzata la cooperazione economica e politica tra l'Italia e i Paesi del Golfo. Obiettivo primario di questo accordo è trovare il punto d'incontro tra i due sistemi bancari e fare in modo che anche in Italia si possano gettare le basi per l'apertura di una banca islamica nel più breve tempo possibile48. Inoltre, l'Abi ha costituito un comitato di studio sulla finanza islamica volto a proporre una proposta di legge che renda possibile l'emissione di sukuk anche in Italia (Sisto, 2011) Guido Rosa, vice-presidente dell'associazione bancaria ha sollecitato il governo italiano ad intervenire a livello legislativo per introdurre strumenti finanziari "Sharia compliant". “È importante 48 In Italia contiamo una sola banca islamica privata; la Bank Sepah, istituto iraniano con sede a Roma dal 1972. 67 non restare indietro e modificare il nostro impianto normativo, civilistico e fiscale, per favorire lo sviluppo della finanza islamica in Italia, aprendo la strada a nuove opportunità per gli intermediari e intercettando la grande liquidità dei paesi arabi” (Latour, 2010). L’Area Research di Banca Monte dei Paschi ha studiato il potenziale sviluppo della finanza islamica in Italia, valutando l'ipotesi di una raccolta potenziale di 4,5 miliardi di Euro nel 2015. Lo studio effettuato nel 2009 dal centro di ricerca di MPS, parte dall'analisi dei dati di crescita del fenomeno dell' islamic finance nel Regno Unito: “Si evidenzia, in particolare, che in UK la prima banca ad operare interamente secondo i principi della Shari’a alla fine del 2008, dopo 4 anni dall’apertura, conta più di 40.000 clienti e una raccolta di 153 mln £. Sulla base dei dati relativi alla crescita delle banche già avviate in UK, lo studio dell’ ”Area Research” effettua delle stime sul potenziale di crescita della finanza islamica in Italia. I clienti islamici secondo l’Istat potrebbero salire a 1,3 milioni nel 2015: in caso di avvio di filiali islamiche o di sportelli islamici sarebbero in grado di generare per il sistema bancario italiano una raccolta potenziale di circa €4.500 milioni nel 2015 e ricavi superiori a 150 milioni. I numeri evidenziano, dunque, l’esistenza di un potenziale sviluppo del mercato finanziario islamico in Italia, la cui diffusione però è ancora ritardata da un contesto fiscale e regolamentare non ancora implementato” (Cit. da Sienafree.it, 19/10/2009). Non mancano le iniziative dei privati, tra le quali citiamo l'accordo tra CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) e Deloitte Consulting S.p.A., volta a condividere ed 68 integrare le competenze ed expertise in materia finanziaria di Deloitte (nazionali ed internazionali) con quelle dello Shari’a Board di CO.RE.IS. ed offrire così servizi di consulenza compatibili con i principi giuridico-religiosi dell’Islam in tema di finanza.. Ancora più importante è la costituzione dell' Associazione per lo Sviluppo di Strumenti Alternativi e di Innovazione Finanziaria (ASSAIF), nata con l'obiettivo di presentare soluzioni di investimento Sharia'a compliant, compatibili con il sistema bancario italiano, ai potenziali investitori interessati. Questa associazione ha avuto il merito di realizzare nel 2006 la prima operazione italiana della tipologia Murabaha per un investimento immobiliare in Lombardia, un'iniziativa che ha mostrato tutti i limiti della legislazione italiana in materia, in quanto la doppia imposta di registro prevista dal nostro ordinamento, per il duplice trasferimento dell'immobile, dal venditore alla banca e dalla banca al cliente, rende l'intero progetto finanziario estremamente oneroso. In conclusione, è necessario raccogliere le fila del discorso e chiederci perché possa essere desiderabile creare delle convergenze tra il nostro sistema economico e quello islamico. Per i governi e per gli investitori europei la finanza islamica rappresenta una possibilità interessante di diversificare gli investimenti delle proprie risorse di budgetary financing, captando il surplus di liquidità delle potenze petrolifere finanziando la crescita con strumenti eticamente sostenibili. Inoltre, studiare in modo più approfondito questo sistema innovativo può fungere da esempio per rilanciare temi fondamentali in ambito di finanza convenzionale: la trasparenza e la standardizzazione dei contratti sono una necessità. 69 Il sistema finanziario islamico non ha subito i medesimi effetti recessivi sofferti in tutto il mondo occidentale a causa della crisi finanziaria del triennio 2008-2010; l'emissione di prodotti collegati ad attività reali e il mancato ricorso alla leva finanziaria hanno salvaguardato la crescita costante delle banche islamiche, dimostrazione tangibile degli ottimi risultati ottenuti dal binomio etica-economia del profit and loss sharing system. Un recente working paper del Fondo Monetario Internazionale (Hasan-Dridi, 2010) ha analizzato gli effetti della crisi globale sul sistema bancario convenzionale e sul sistema islamico. I risultati di questo studio comparato sono tutti a favore dell'islamic banking: “ Ibs' credit and asset growth were at least twice higher than that of Cbs during the crisis, suggesting a growing market share going foward and larger supervisory responsability. External rating agencies re-assessment og IB's risk was generally more favorable or similar to that of Cbs. Higher solvency has facilitated meeting the relatively more robust demand for Islamic banking finance and maintaining stable external ratings. Lending to the less affected consumer sector has helped support strong credit and asset growth.” 70 Capitolo secondo L'evoluzione dei concetti di usura e speculazione finanziaria in Occidente: le connessioni tra i divieti coranici e la filosofia medievale Premessa Il connubio tra etica ed economia non è una prerogativa esclusiva della religione musulmana, esso affonda le sue profonde radici culturali nei testi Sacri dell'ebraismo e del Cristianesimo e ancora, nel pensiero filosofico del grande padre ispiratore della filosofia scolastica: Aristotele. In questo capitolo della nostra ricerca analizzeremo l'evoluzione del concetto di usura nei testi sacri della tradizione giudaico-cristiana e nella filosofia classica. Successivamente, approfondiremo il pensiero su questa tematica di uno dei massimi Dottori della Chiesa Cattolica, Sant'Ambrogio, e del principale esponente della filosofia scolastica, San Tommaso d'Aquino. Infine, esamineremo l'incidenza della Riforma protestante nel superamento definitivo del divieto di prestito ad interesse nella cultura occidentale. 2.1 Il concetto di usura nell'etica aristotelica e nei passi biblici. La solidarietà, il giusto mezzo e la visione dell'individuo-membro della comunità, già analizzati nelle fonti giuridico-religiose dell'Islam, sono gli elementi portanti dell'economia etica aristotelica. Nel Libro I del De Politica troviamo la distinzione illuminante tra oikos-nomia (economia) e crema-atos (la crematistica, ovvero 71 l'accumulazione della moneta). L'economia è la buona amministrazione della casa e delle risorse della comunità dei cittadini. La crema-atos viene distinta in crematistica “per natura”, che rientra nell'ambito dell'economia e rappresenta l'accumulazione della ricchezza con la precipua finalità di sostenere la comunità della polis, e "crematistica contro natura", ovvero la produzione di un profitto priva di qualsiasi scopo sociale. Ciò che distingue la crematistica “per natura” dalla crematistica “contro natura” è la finalità etica di ogni attività produttiva, la buona accumulazione del denaro trova il limite del giusto e moderato profitto della comunità, mentre la speculazione monetaria è vista come un atto contro natura, priva di fini specifici o di limiti ed esercita una forza distruttrice dell'etica comunitaria e persino dell'intera polis. La crematistica per natura presuppone il rispetto di norme morali che fungano da regolamentazione del flusso monetario, l'esatto contrario della tipologia contro natura, il cui unico obiettivo è quello di favorire l'arricchimento individuale sfrenato ed egoistico. Aristotele definisce la crematistica contro natura con un termine dispregiativo: Tokos, letteralmente “figlio” o “parto”, ma inteso quale risultato di atti impuri (l'immagine di un “figlio bastardo”, nato al di fuori della moralità dell'epoca di cui si tratta): è Tokos il denaro prodotto attraverso se stesso. Sempre nel De Politica troviamo la definizione di prestito a interesse: “ ben ragionevolmente si nutre odio per il prestito a interesse, in quanto trae guadagno dal denaro stesso e non dal fine per cui esso fu escogitato: infatti esso 72 fu prodotto per gli scambi, mentre l'interesse ne aumenta la quantità. Di qui esso ha tratto il nome con cui lo si designa in greco (tokos): infatti i figli sono simili ai genitori e l'interesse è denaro di denaro, costituendo appunto per questo il più innaturale di tutti i modi di arricchire.” (Aristotele, De politica, Cpt. VIII e IX) Un ulteriore riferimento è riscontrabile nella visione politica di Platone. Nel II libro de la Repubblica, l'accumulazione della ricchezza senza limite dei crematisti conduce la città priva di una guida politica (polis acefala) alla degenerazione dei costumi, alla pleonexia49. Nel modello ideale di polis, le attività economiche trovano, invece, il limite del bene comune della città. I crematisti devono produrre e acquisire ricchezze fino a garantire l'equa distribuzione delle risorse della polis secondo le disposizioni dei governanti; nella città ben governata essi sono costretti a limitare le loro brame di ricchezza e potere, la giustizia e la temperanza guidano e controllano le attività economiche. Il rifiuto del prestito a interesse è riscontrabile anche in molti passi biblici, i più celebri e controversi sono contenuti nel Deuteronomio... “ Non farai a tuo fratello prestiti ad interesse, né di denaro, né di viveri, né di qualunque cosa che si presta ad interesse. Allo straniero potrai prestare ad interesse, ma non al tuo fratello” (XXIII,19,20) Pleonexia - (PLE-O-nĕx'-bis) - il desiderio insaziabile di più, una condizione di profonda insoddisfazione con ciò che si ha, cercando di realizzarsi attraverso l'acquisizione di beni, prestigio o potere. 49 73 ...e nel Levitico: “Se tuo fratello impoverisce e si trova nell'indigenza in mezzo a voi, tu lo sosterrai come un forestiero e un ospite perché possa vivere presso di te. Non trarre da lui alcun interesse o utile; ma temi il tuo Dio, e il tuo fratello vivrà presso di te. Non gli presterai il tuo denaro a interesse, né gli darai i tuoi viveri per ricavarne un utile.” (25,36). In questi passi biblici è evidenziata la ferma condanna del contratto di prestito a interesse, ma solo nei confronti dei “fratelli”, ovvero i membri della propria comunità religiosa. L'ammonimento non riguarda le somme di denaro prestare agli stranieri; al contrario, la richiesta di una somma a titolo di interesse nei riguardi di un nokri50 veniva utilizzata come elemento di indebolimento delle comunità nemiche. Non è un caso che questa esortazione sia collocata nel Deuteros nomios, la seconda legge, il libro nel quale vengono stabiliti i diritti e i doveri dei membri della comunità, escludendo di fatto da queste regole tutti coloro che non fanno parte del popolo d'Israele. Nel passi evangelici viene meno questa distinzione: “E se prestate a uno di coloro dai quali sperate ricevere, quale grazie ne avrete? Anche i peccatori prestano ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarò grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gl'ingrati e i 50 Il nokri è lo straniero, colui che non fa parte di nessun clan. 74 malvagi” (Luca 6, 34-35). Questo passo tratto dal Vangelo secondo Luca ricorda il versetto coranico già citato nel capitolo precedente: “O voi che credete, temete Allah e rinunciate ai profitti dell'usura se siete credenti” (Al-Baqara, 278). I dottori della Chiesa troveranno il modo di tutelare questo principio etico, ma allo stesso tempo lo renderanno più flessibile per venire incontro anche alle esigenze dell'economia di mercato, in pieno sviluppo in età medievale. 75 2.2 L'interpretazione esegetica di Sant'Ambrogio: il prestito tra usura e carità cristiana. La commenda medievale come primo esempio di contratto di compartecipazione ai profitti e alle perdite Il sommo dottore della Chiesa Cattolica e celebre vescovo di Milano Sant'Ambrogio ebbe un ruolo decisivo nella legittimazione del prestito ad interesse, offrendo un'interessante riflessione del concetto di usura. In età medievale, le istituzioni cattoliche prenderanno ad esempio il lavoro del grande esegeta milanese per venire incontro alle esigenze dei nuovi soggetti economici. Il passo del Deuteronomio viene ridefinito nel De Tobia, dove il giurista cristiano analizza la differenza tra fratello e straniero : “ La legge ti proibisce in qualunque circostanza di prestare usura a tuo fratello (...) ma forse replicherai che sta scritto: allo straniero presterai ad interesse(...) Chi erano allora gli stranieri? Se non gli Amaleciti, gli Amorrei51 e i nemici? (...) Dunque, ti si dice in quel comandamento, domanda l'usura a colui il quale tu a buon diritto vuoi nuocere, contro il quale tu impugni legittimamente le armi. Da questi puoi legalmente esigere l'usura. Da colui che tu non puoi facilmente vincere in guerra puoi trarre vendetta coll'imposizione della centesima. A colui che potresti uccidere senza commettere delitto, tu puoi chiedere l'usura. Chi domanda l'usura combatte senza armi: chi riscuote gli interessi dal suo nemico, e si vendica così su di lui, combatte senza la spada. Perciò, dove c'è il diritto di guerra, ivi è anche il diritto 51 Gli Amaleciti e gli Amorrei sono le popolazioni che si rifiutarono di concedere le terre al popolo eletto da Dio. 76 dell'usura”. Nelle riflessioni di Sant'Ambrogio, il passo evangelico di Luca (6,3435) esprime la vittoria della carità sulla vendetta, della riconoscenza sulla mera obbligazione: “...se, infatti, qualcuno restituisce il denaro, non salda certamente il favore ricevuto e rimane debitore del favore, anche se non lo è più del denaro. Come possiamo pensare di restar senza obblighi quando abbiamo dimostrato concretamente la nostra gratitudine, se il fatto stesso di sdebitarci prova che noi abbiamo ricevuto più che non compensato il bene?”52. Senza soffermarci sull'esegesi del testo, è chiara l'intenzione di dimostrare che la ricezione di un prestito presuppone un vantaggio economico ulteriore alla mera disponibilità di credito, un beneficio da ricompensare53 grazie alla qualità più importante del buon cristiano: la carità insegnata da Gesù. Siamo agli albori della valutazione dell'interesse quale giusto emolumento nei confronti del creditore a fronte della sua rinuncia ad una somma di denaro, palesata dalla concessione del capitale stesso a titolo di prestito, fino alla restituzione. Nelle riflessioni di Sant'Ambrogio non vi è , però, il superamento del divieto di prestito ad interesse quando sono palesi le disuguaglianze sociali: “Non è del tuo avere che fai dono al povero. Tu non fai che rendergli ciò che gli appartiene. Poiché è quel che è dato in comune per l'uso di tutti, ciò che tu ti annetti. La terra è data a tutti e non solamente ai ricchi (...) Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò 52 53 Sant'Ambrogio, Opera Omnia, esposizione del Vangelo secondo Luca /1 Biblioteca Ambrosiana, Città Nuova Editrice, Milano 1996 v.11. Contra, Chiara Scattone ne “L'usura nel verbo religioso” pag.58, ove l'autrice non ritiene plausibile ritenere che nel passo lucano interpretato da Sant' Ambrogio vi sia l'intenzione di giustificare l'interesse sul mutuum come forma di riconoscenza: “Non è del denaro che si diviene debitori, bensì della carità che viene noi concessa”. 77 che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario54. In epoca medievale, l'assenza di una interpretazione univoca da parte dei giuristi acuiva i dubbi sulla possibilità di richiedere una somma di denaro a titolo d'interesse nei contratti di prestito e nella realtà fattuale il divieto etico e non giuridico dell'interesse veniva puntualmente eluso da tecniche contrattuali innovative. Un esempio fu la commenda medievale teorizzata da Benedetto da Norcia, fondatore dell'ordine dei benedettini. Questo contratto prevedeva due parti: il tractator e lo stans. Lo stans (capitalista) apportava il capitale necessario per finanziare le attività commerciali del tractator, quest'ultimo, alla scadenza del contratto, si impegnava a restituire il capitale e il 75% degli utili ottenuti dall'investimento intrapreso. I rischi dell'operazione erano tutti a carico del tractator, così come la responsabilità illimitata nei confronti dei terzi, mentre il capitalista correva il solo rischio di perdere il capitale apportato. E' evidente la somiglianza con in contratto islamico mudaraba: la posizione giuridica del tractator è la stessa del mudarib, mentre lo stans ha gli stessi diritti e doveri del rabb al-mal, una forma antesignana del profit and loss sharing system. Sempre in epoca medievale, alcune confraternite di monaci inglesi sperimentarono un particolare contratto di prestito, basato sul sistema gage (garanzia sotto forma di pegno o ipoteca), nelle due forme mortgage e vifgage, Nel mortgage, termine ancora utilizzato in terra anglosassone per tradurre la parola mutuo, il creditore prestava una determinata somma di denaro al debitore, 54 Sant'Ambrogio, De Nobutae Historia: sulla proprietà, i ricchi e i poveri, in Opera Omnia. 78 in cambio del possesso e del godimento di un bene, solitamente fruttifero, di proprietà del mutuatario. Alla scadenza del contratto, il godimento del bene dato in garanzia veniva reso al debitore solo nel caso in cui egli avesse onorato il debito. Il termine mort, ripreso dal francese, significava che i frutti del bene dato in pegno erano da subito “morti” per il debitore, in quanto non contribuivano a pagare una parte del debito e rimanevano in godimento al creditore. In questo caso, quindi, la rendita del bene si mostrava come una forma d'interesse occulto, formalmente osteggiata dalla Chiesa. Nel vifgage la differenza con il tipo di prestito mortgage era rappresentata dalla possibilità di imputare la rendita del bene dato in garanzia al pagamento dell'obbligazione, in questo modo i frutti erano “vivi”, vif appunto, in capo al mutuatario. 79 2.3 Il concetto di usura nel pensiero e nelle opere di Tommaso d'Aquino. La nascita dei Monti di Pietà Il maggior rappresentante della filosofia cristiana medievale e dottore della Chiesa Cattolica enuncia il suo pensiero sulla liceità dell'usura nella Quaestio 78 della Secunda Secundae della Summa Theologiae, ove l'Aquinate si pone quattro domande alle quali risponde analizzando i passi biblici e il pensiero dei filosofi greci: “Deinde considerandum est de peccato usurae, quod committitur in mutuis. Et circa hoc quaeruntur quator. Primo, utrum sit peccatum accipere pecuniam in pretium pro pecunia mutuata, quod est accipere usuram. Secundo, utrum liceat pro eodem quamcumque utilitatem accipere quasi in recompensationem mutui. Tertio, utrum aliquis restituere teneatur id quod de pecunia usuraria iusto lucro lucratus est. Quarto, utrum liceat accipere mutuo pecuniam sub usura.” Negli articoli 1 e 2 San Tommaso si chiede se possa essere considerato un peccato percepire un interesse o un qualsivoglia vantaggio economico come compenso di una somma di denaro concessa in prestito. IIª-IIae q. 78 a. 1 co. “Percepire l'usura, o interesse, per il denaro prestato è per se stesso un'ingiustizia: poiché si vende così una cosa inesistente, determinando una sperequazione che è in contrasto con la giustizia. Per averne l'evidenza si deve considerare che ci sono delle cose il cui uso consiste nel loro consumo: tali sono, p. es., il vino che consumiamo usandolo per bere, e il grano che consumiamo usandolo per mangiare. Perciò in codeste cose l'uso non si deve 80 computare come distinto dalle cose stesse, ché la concessione dell'uso implica la concessione della cosa. E quindi per tali cose il prestito determina un passaggio di proprietà. Perciò se uno volesse vendere il vino separatamente dall'uso del vino, venderebbe due volte la stessa cosa, oppure venderebbe un'entità inesistente. È chiaro, quindi, che commetterebbe un peccato d'ingiustizia. Per lo stesso motivo commette un'ingiustizia chi presta il vino, o il grano chiedendo due compensi, cioè la restituzione della merce equivalente, e in più il prezzo dell'uso denominato usura. Ci sono invece altre cose il cui uso non consiste nel loro consumo: l'uso della casa, p. es., consiste nell'abitarla, non già nel distruggerla. Perciò in questi casi si può concedere l'una, o l'altra delle due cose: uno può concedere a un altro la proprietà della casa, riservandosene l'uso per un certo tempo; o viceversa uno può concedere l'uso, conservandone la proprietà. Ecco perché si può percepire un compenso per l'uso della casa, ed esigere la restituzione della casa stessa; il che è evidente nei contratti di conduzione o di locazione. Il denaro, come insegna il Filosofo, è stato inventato principalmente per facilitare gli scambi: quindi l'uso proprio e principale del denaro è il consumo, o la spesa che di esso si fa negli scambi. Perciò di suo è illecito percepire un compenso per l'uso del denaro prestato, cioè per l'usura. Pertanto, come l'uomo è tenuto a restituire le altre cose ingiustamente acquistate, così è tenuto a farlo per il denaro ricevuto come usura, o interesse”. IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 2. Agli ebrei fu proibito di percepire l'usura "dai loro 81 fratelli", cioè dagli ebrei. E questo ci fa comprendere che percepire l'usura da un uomo qualsiasi è intrinsecamente peccaminoso. Infatti noi dobbiamo considerare ogni uomo "come prossimo e fratello", specialmente dopo l'instaurazione della legge evangelica, aperta a tutta l'umanità. Ecco perché nella Scrittura si elogiano senza restrizioni, "chi il suo denaro non dà ad usura", e "chi non esigerà usura e interessi". Ma agli ebrei fu concesso di percepire l'usura dagli stranieri, non come cosa lecita, bensì come una permissione per evitare un male maggiore: e cioè perché, spinti dall'avarizia cui erano dediti a detta del profeta Isaia, non l'esigessero dagli ebrei stessi, adoratori di Dio. Invece la promessa riferita: "Tu darai ad usura a molti popoli", va intesa in senso lato per prestito; cioè nel senso di quel passo dell'Ecclesiastico: "Molti non danno ad usura", vale a dire "non danno a prestito", "non per cattiveria (ma per paura di restare sacrificati)". Perciò agli ebrei vien promesso in quel testo abbondanza di ricchezze, da cui deriva il fatto che possano prestare (queste ricchezze) ad altri. IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 3. Poiché gli uomini sono imperfetti, le leggi umane lasciano impuniti alcuni peccati. Se venissero, infatti, rigorosamente puniti tutti i peccati, gli uomini verrebbero privati di molti vantaggi. Perciò le leggi umane permettono l'usura, non perché la ritengono secondo giustizia, ma per non impedire i vantaggi di molti. Difatti anche nel diritto civile si legge: "Le cose consuntibili con l'uso non sono suscettibili di usufrutto né secondo il diritto naturale, né secondo il diritto civile". E ancora: "Il Senato non ha ammesso l'usufrutto, o interesse di codeste cose, né poteva farlo; ma ne ha fissato i 82 termini", nel concedere l'usura. Anche il Filosofo, seguendo la ragione naturale, afferma che "l'acquisto del denaro mediante l'usura è quello più estraneo alla natura". IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 4. Non sempre si è tenuti a dare in prestito: ecco perché ciò rientra nei consigli. Ma rientra nell'ambito dei precetti non cercare un guadagno dal prestito. Oppure può considerarsi un consiglio rispetto alle massime dei Farisei, i quali pensavano che in certi casi l'usura fosse lecita: e cioè come può dirsi consiglio l'amore dei nemici. In quel testo si condanna non la speranza relativa al guadagno dell'usura, ma la speranza riposta nell'uomo. Infatti non dobbiamo dare a prestito o fare qualsiasi altro bene sperando nell'uomo, ma riponendo la speranza in Dio. IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 5. Chi non è tenuto a prestare può percepire una ricompensa del suo gesto: ma non deve esigere di più. Ora, egli viene ricompensato con perfetta uguaglianza, con la restituzione di quanto aveva prestato. Perciò, se esigesse di più per l'usufrutto di una cosa che non ha altro uso all'infuori del suo consumo, esigerebbe un compenso per una cosa inesistente. Si avrebbe quindi una richiesta ingiusta. IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 6. L'uso principale degli arredi d'argento non è il loro consumo: perciò si può vendere lecitamente codesto uso, conservandone la proprietà. Invece l'uso principale delle monete d'argento è la loro spesa negli acquisti. Dunque non è lecito vendere l'uso del denaro dato a prestito, e insieme pretenderne la restituzione. Si deve però notare che, come uso secondario, gli 83 arredi d'argento possono avere quello di moneta di scambio. In tal caso non è lecito venderne l'uso. Parimenti ci può essere un uso secondario delle monete d'argento: prestarle, p. es., come campioni di raffronto, o in sostituzione di un pegno. Ebbene, codesto è un uso del denaro che può essere venduto. IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 7. Chi dà l'interesse o l'usura dà volontariamente non già in senso assoluto, ma costretto dalla necessità: perché costretto a prendere denaro a prestito, che l'offerente non vuol concedere senza l'usura.”. L'Aquinate mette in luce il rischio che corre colui che presta denaro, rinunciando ad una parte del suo patrimonio ed esponendosi al pericolo di un danno nel caso in cui l'operazione finanziaria non vada a buon fine. In base a questa impostazione di carattere risarcitorio, non può essere illecito richiedere una maggiorazione a titolo di indennizzo per gli eventuali danni. Si arriva persino ad avvicinare questo surplus ad una obbligazione naturale, ad un favore si risponde con un favore. In più, vi è il paragone tra il denaro concesso in prestito e il denaro dato per finanziare la commenda: se è ritenuto lecito ottenere un vantaggio economico da questa tipologia di contratto, non può essere altrimenti anche per il surplus nel caso di un prestito, valutato alla medesima stregua di un'operazione commerciale finanziata. IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 1 Si ritiene che per il denaro prestato uno possa richiedere qualche altro vantaggio. Infatti: 1. Chiunque può lecitamente provvedere alla 84 propria indennità. Ma nel prestare il denaro spesso ci si espone a un danno. Perciò è lecito richiedere e persino esigere, oltre il denaro prestato, un compenso per il danno affrontato. IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 2 A detta del Filosofo, per un dovere di onestà ciascuno è tenuto a "ricompensare in qualche modo chi gli ha fatto un favore". Ora, chi presta il denaro a chi si trova in necessità offre un favore: e quindi si esige un ringraziamento. Perciò chi lo riceve ha il dovere naturale di ricompensare in qualche modo. Ora, non sembra possa essere illecito obbligarsi a un dovere cui si è tenuti per legge naturale. Dunque non è illecito se uno, nel prestare ad altri del denaro, esiga l'obbligazione di un compenso. IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 3.La Glossa nel commento a quel passo di Isaia: "Beato chi scuote dalle mani ogni donativo", spiega che ci sono donativi di mano, ma ce ne sono anche di lingua e di servizio. Ora, da chi ha avuto in prestito il denaro, uno può lecitamente ricevere lodi e servizi. Dunque può riceverne, per lo stesso motivo, qualsiasi altro donativo. IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 4. Identico appare il rapporto tra prestito e prestito con quello esistente tra offerta e offerta. Ma percepire del denaro per l'offerta di altro denaro è cosa lecita. Perciò, per il denaro prestato, è lecito ricevere il compenso di un prestito dal mutuatario. IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 5. Aliena di più il denaro chi ne trasferisce il dominio col prestito, che colui il quale l'affida a un mercante o a un artigiano. Eppure 85 percepire un guadagno dal denaro affidato a un mercante o a un artigiano è cosa lecita. Quindi è lecito anche percepire un guadagno dal denaro prestato. IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 6. Per il denaro prestato uno può ricevere un pegno il cui uso si potrebbe anche vendere: come quando si pignora un campo, o una casa d'abitazione. Perciò è lecito ricevere un guadagno dal denaro prestato IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 7. Talora capita che, a motivo di un prestito, uno venda più cara una cosa, o compri a meno la roba altrui, oppure aumenti il prezzo per il ritardo del pagamento, o lo diminuisca perché pagata in contanti: ma in tutte queste cose è evidente un compenso per il prestito del denaro. Ora, tutto ciò non sembra chiaramente illecito. Dunque è lecito attendere e persino esigere un compenso per il denaro prestato. IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 1 SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Chi concede il mutuo può, senza peccato, stabilire nei patti col mutuatario un compenso per il danno, privandolo di qualche cosa di quanto dovrebbe avere: infatti questo non è vendere l'uso del denaro, ma evitare il danno. E può darsi che chi riceve il prestito eviti così un danno maggiore di quello incorso dal mutuante: perciò il mutuatario ricompensa il danno altrui a proprio vantaggio. - Ma non si può nei patti fissare una ricompensa per il danno dovuto al fatto che con quel denaro uno non può guadagnare: egli infatti non ha il diritto di vendere ciò che ancora non ha e che in più modi potrebbe venirgli a mancare. IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 2. Il compenso di un beneficio si può avere in due modi. Primo, per dovere di giustizia: dovere al quale uno può essere obbligato con un 86 patto preciso. E codesto debito si misura dalla grandezza del beneficio ricevuto. Perciò chi ha ricevuto un prestito in denaro, o in altre cose di consumo, non è tenuto a dare di più di quanto ha ricevuto in prestito. E quindi sarebbe contro giustizia, se venisse obbligato a rendere di più. - Secondo, uno è tenuto a ricompensare il beneficio ricevuto per un dovere di amicizia: e in questo si considera più l'affetto col quale uno ha beneficato, che la grandezza di ciò che ha fatto. E codesto dovere esula da un'obbligazione civile, la quale impone una necessità, che distrugge la spontaneità del compenso. IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 3. Se uno per il denaro prestato attenda od esiga, come per l'obbligazione di un patto tacito o espresso, il compenso di una prestazione di servizio o di lingua, è come se attendesse o esigesse un donativo: poiché son tutte cose che si possono valutare in denaro, com'è evidente nel caso dei salariati, che prestano l'opera loro con la mano o con la lingua. Se invece le prestazioni suddette non vengono date per obbligo, ma per benevolenza, la quale non è valutabile in denaro, allora è lecito riceverle, esigerle e attenderle. IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 4. Il denaro non si può vendere a un prezzo superiore a quello del denaro prestato, e che deve essere restituito: e in questo non c'è da esigere e da attendere altro che la benevolenza, la quale non è valutabile in denaro, e da cui può derivare in seguito un prestito spontaneo. Ma l'obbligo di un prestito successivo è inammissibile: poiché anche codesto obbligo si può valutare in denaro. Perciò è lecito scambiarsi dei prestiti reciprocamente: ma non è lecito obbligare il mutuatario a un prestito successivo. 87 IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 5 .Chi presta il denaro cede il dominio di esso a chi lo riceve. Cosicché costui lo detiene a suo rischio, ed è tenuto a restituirlo integralmente. Perciò il mutuante non deve da lui esigere di più. Invece chi consegna il proprio denaro a un mercante o a un artigiano facendo società con essi, non cede loro il dominio, ma il denaro rimane di sua proprietà; cosicché è a suo rischio l'uso che ne fa il mercante, o l'artigiano. Ecco perché egli può pretendere parte del guadagno, come di roba sua. IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 6. Se uno per il denaro avuto in prestito dà in pegno una cosa il cui uso può essere valutato in moneta, il mutuante nella restituzione è tenuto a computarne l'uso. Altrimenti, se pretendesse l'uso gratuito di quella cosa come un sovrappiù, sarebbe come se, da usuraio, ricevesse del denaro in prestito: a meno che non si trattasse di cose che si è soliti cedere agli amici senza compenso, come il prestito di un libro. IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 7. Se uno pretende di vendere la sua merce a un prezzo maggiorato per rifarsi sul compratore della dilazione del pagamento, commette un'usura evidente: poiché codesta dilazione di pagamento ha natura di prestito; e quindi tutto ciò che si esige oltre il prezzo giusto a motivo della dilazione è come la paga di un prestito, e questo è precisamente usura o interesse. - Parimenti, se un compratore volesse comprare a un prezzo inferiore a quello giusto, per aver anticipato il denaro prima di avere la merce, commetterebbe un peccato di usura: poiché anche codesto anticipo ha l'aspetto di un prestito, il cui compenso sta 88 nella diminuzione del prezzo. - Se invece chi vende diminuisce spontaneamente il vero prezzo per aver prima il denaro, allora non c'è un peccato di usura. Il punto n. 5 (Chi presta il denaro cede il dominio di esso a chi lo riceve. Cosicché costui lo detiene a suo rischio, ed è tenuto a restituirlo integralmente...) è molto esplicativo. Anche in questo caso ci troviamo dinanzi ad un esempio di compartecipazione ai profitti e alle perdite simile ai contratti islamici: colui che presta una somma di denaro ad un artigiano al fine di finanziare le sue attività o per realizzare una determinata opera diviene soggetto attivo del progetto stesso ed ha diritto agli utili e il dovere di partecipare alle eventuali perdite. In questo senso è come se il finanziatore fosse il legittimo proprietario di una parte dei guadagni. La richiesta di un surplus sul prestito a titolo di guadagno non può essere ritenuto usura. Tommaso d'Aquino giunge alla conclusione che le due parti, il mercator e l'artifex investono il proprio capitale, a rischio di colui che lo concede. Questi ha diritto ad una parte degli utili ottenuti dall'operazione commerciale finanziata in quanto è come se non avesse mai perduto la proprietà del capitale. E' chiaro il motivo per cui l'Aquinate arriva a questa considerazione: tra le due parti la compartecipazione agli utili e alle perdite è la rappresentazione della funzione economica solidaristica tipica della società mercantile medievale, ove l'interesse dei nuovi protagonisti dell'economia prevale sui vincoli e sui limiti dei testi sacri: “ la norma biblica, come viene qui dimostrato, non ha avuto bisogno né di essere smentita né di essere elusa, ma semplicemente storicizzata. L'idea dell'Aquinate di far istituire tra il capitalista e il mercante finanziato una quaedam societas, pur se 89 lontano dal concetto di societas, è tutta via geniale e innovativa, soprattutto perché espressa da un teologo e non da un giurista” (Scattone, 2010). Al di là delle valutazione etiche e filosofiche l'usura era il problema finanziario per eccellenza del XIII secolo, terreno di scontro perenne tra teologi puristi e giuristi progressisti. I nuovi valori dell'economia medievale costringevano le istituzioni ecclesiastiche ad uno sforzo interpretativo non indifferente per assicurare, allo stesso tempo, crescita economica e rispetto dei testi sacri. Il primo passo fu il Concilio Lateranense III del 1179, ove venne confermata l'illiceità del prestito a interesse ma si decise la scomunica solo nei confronti degli usurai manifesti, i professionisti di tale pratica. Nel Concilio Lateranense IV del 1215 venne condannata solo l'usura grave et immoderata; la posizione della Chiesa si fece meno intransigente nei confronti del delitto di usura, prevedendo la scomunica solo verso coloro che ne facessero un utilizzo smodato ed eccessivo, l'obiettivo era quello di distinguere una volta per tutte il concetto di interesse lecito da quello di usura. Nonostante le innovazioni teoriche e le sanzioni previste, il fenomeno del prestito ad interessi divenne sempre più ingente, tanto da scatenare pericolose rivolte popolari nei riguardi degli usurai. La soluzione per arginare il problema fu la nascita dei Monti di Pietà nel XV secolo, istituiti per venire incontro alle esigenze finanziarie delle popolazioni più povere. Fortunatus de Coppolis, un frate perugino, nel Consilium montis pietatis, scritto nel 1462 per il Monte di Pietà della città di Perugia 55, ebbe l'illuminante 55 Il Monte di Pietà di Perugia fu la prima istituzione finanziaria senza scopo di lucro nata in Italia. 90 idea di scomporre il contratto di prestito in quattro fattispecie principali: il contratto di pegno, il contratto di mutuo, il contratto di mandato e il contratto di locazione d'opera. I prestiti venivano concessi senza usura, era previsto solo il pagamento di una commissione destinata a garantire una minima retribuzione agli impiegati del Monte, responsabili della custodia del bene lasciato in pegno per la concessione del finanziamento. Il pegno doveva avere un valore pari o superiore ad un terzo rispetto alla somma di denaro richiesta in prestito. Questi antesignani istituti di credito furono definitivamente approvati dalla Chiesa con la bolla inter multiplices di Leone X nel 1515, nella quale venne stabilito l'interesse massimo del 6% a titolo di salario per il personale e per le spese correnti degli immobili, un vantaggio non indifferente per i debitori se si pensa alla percentuale di interesse applicato in città come Firenze in quel periodo storico: il 20-30%. L'approvazione papale dei Monti di Pietà fu necessaria allo scopo di porre fine alle forti critiche apportate dai teologi agostiniani e domenicani, convinti dell'illiceità di qualsiasi forma di interesse nella concessione di un prestito. La risposta definitiva della Chiesa assopì ogni attrito: “con l'approvazione del sacro concilio , dichiariamo e difendiamo che i suddetti Monti di Pietà costituiti dalle pubbliche autorità e finora approvati e confermati dalla Sede Apostolica, nei quali si esiga, oltre il deposito un modesto compenso per le sole spese degli impiegati e di quanto è necessario per il mantenimento, senza un guadagno per gli stessi Monti, non presentano nessun male specifico, né costituiscono incentivo al peccato. Essi non possono in nessun modo essere condannati, ma al contrario un 91 tale tipo di prestito è meritorio e deve essere lodato e approvato, né deve essere assolutamente considerato una usura (...) Tutti i religiosi e gli ecclesiastici e i secolari, che in futuro osassero predicare o discutere sia a voce che per iscritto contro il testo di questa decisione, incorreranno nella scomunica.”. 56 Affinché si potesse lecitamente percepire un interesse sul capitale non era concepibile la durata del prestito come titolo estrinseco, poiché non si riteneva che il valore del denaro potesse mutare nel tempo. Come si evince chiaramente dal decreto, l'attività di queste proto-banche fu ritenuta fondamentale per lo sviluppo economico e sociale della popolazione, l'attività di erogazione del credito venne sempre più legittimata e gli istituti bancari cominciarono a diffondersi in tutta Europa. 56 Conciliorum Oecomenicorum Decreta, op.cit., pp.626-627. 92 2.4 Il superamento definitivo del divieto di prestito ad interesse nella Riforma protestante e nel Code Napoleon La Riforma protestante ha avuto un ruolo pionieristico nello sviluppo dell'economia capitalistica moderna e nella crescita di uno spirito produttivo ed imprenditoriale libero dai condizionamenti della tradizione della religione cattolica medievale. Con Lutero nasce una nuova concezione della visione del profitto, lo spirito del capitalismo religioso, basato sulla massima efficienza lavorativa come strada principale per il massimo guadagno, guidato da uno stile di vita austero e rigoroso. Nel pensiero luterano il divieto di usura vive una profonda evoluzione: nei primi anni, la Riforma condanna qualsiasi forma di interesse o vantaggio economico a titolo di danno emergente, riconoscendo la legittimità solo del prestito gratuito, così come è previsto nei testi Sacri. La salvezza dell'uomo non è assicurata o prevedibile con certezza nella cultura protestante e solo una vita rispettosa dei principi cristiani e austera può far sperare in essa, praticare l'usura ne è l'esatto contrario nel pensiero del riformatore tedesco. L'impostazione cambia nettamente negli ultimi anni della sua vita, ove il pensiero di Lutero si adegua alle necessità e agli interessi dei nuovi protagonisti dell'economia mercantile tedesca. L'usura resterà un grave peccato per l'etica protestante, in quanto strumento di accumulazione delle ricchezze nelle mani di pochi a danno dell'intera comunità, ma il prestito a interesse otterrà la benedizione anche della nuova Chiesa, ovviamente nei limiti di una percentuale di interessi 93 ragionevole e non speculativa. Il superamento definitivo dell'interdizione del prestito a interesse avverrà grazie alle teorie economico-filosofiche del calvinismo. Calvino parte dal presupposto che il divieto biblico del prestito usuraio abbia portato nessun miglioramento alle condizioni sociale ed economiche delle popolazioni credenti; in più ritiene che siano stati ben pochi a rispettarlo nel corso della storia, in primis le stesse autorità ecclesiastiche. Sempre Calvino cita l'esempio della città di Ginevra, ove i vescovi concedevano il permesso di praticare l'usura ai ricchi imprenditori svizzeri in cambio di protezione. Il riformatore ginevrino era convinto che le istituzioni religiose avrebbero dovuto assecondare gli interessi della nuova classe sociale dominante dell'epoca, ovvero la borghesia mercantile. E il prestito usuraio era una delle attività predilette dai borghesi di tutta Europa. Per Calvino la disapprovazione della ricchezza, in tutte le sue forme, rappresentava un'offesa a Dio, in quanto la “variabile mescolanza di ricchi e poveri” era determinata dalla provvidenza divina. La salvezza dell'anima era concessa a tutti coloro che avessero saputo utilizzare adeguatamente la propria ricchezza e ai poveri che fossero stati in grado di accettare la povertà con dignità e pazienza, tesi corroborate da una rilettura dei testi sacri in chiave capitalistica. Inoltre, viene posta l'attenzione sul fatto che l'interdizione dell'usura fosse vietata presso la comunità ebraica, ma non nel rapporto degli ebrei coi pagani57 e che gli ebrei stessi fossero costretti all'usura nei confronti dei pagani, in quanto questi la praticavano senza limiti. La conclusione del riformatore svizzero è quella di 57 Cfr. Es 22,25; Lv 25,35. Dt 23,19. 94 considerare il divieto di prestito a interesse semplicemente una legge politica, priva di qualsiasi valore universale e quindi limitata al periodo storico di riferimento. Giovanni Calvino reinterpreta anche il passo evangelico di Luca 6,35: “date a mutuo senza sperarne nulla”: l'avvocato del vescovo di Noyon, dunque, sostiene che il pensiero di Luca non possa necessariamente impedire di richiedere un interesse, visto che l'unico obiettivo è quello di incentivare i credenti a donare ai poveri. Gesù Cristo nella parabola dei talenti non condanna in forma esplicita l'usura, si limita a predicare l'amore universale e non impone delle leggi severe ai suoi discepoli. Calvino stravolge l'esegesi medievale del divieto biblico di San Tommaso d'Aquino, secondo cui la concessione agli ebrei di praticare l'usura nei confronti dei nemici fosse un escamotage per evitare che la medesima pratica avvenisse all'interno della stessa comunità ebraica, tra fratelli spinti dall'avidità. Se per i giuristi medievali l'usura era illecita e illegittima, per Calvino andava giustificata e storicizzata, anche all'interno della comunità dei cristiani, l'amore universale avrebbe evitato ogni eccesso. La grande rottura del pensiero di Calvino con l'impostazione concettuale comune ad Aristotele, al cattolicesimo,e all'islamismo è l'esaltazione del crematismo: il denaro, in quanto merce universale, può produrre ulteriore denaro. E' interessante il saggio di Enrico Galavotti (2007) in materia: “Dopo aver costatato, amaramente, che il principio medievale della carità cristiana era venuto meno, Calvino pensò che era rimasto solo un modo per convincere il borghese a diventare "cristiano", 95 pur restando "borghese": quello di assicurargli un interesse sui suoi crediti. E' stato così che il denaro è diventato più importante della proprietà della "terra" (...). Il vero sofisma di Calvino, quello assolutamente inedito, sta nell'aver distinto tra il profitto di soccorso o di consumo, destinato al povero o all'acquisto di beni di consumo, per il quale non è previsto alcun interesse, essendo questo improduttivo; é il prestito di produzione o d'investimento, non previsto dalla Bibbia, perché è un credito commerciale o d'impresa. Chi riceve del denaro in prestito e lo investe, deve pagare un giusto interesse. Il ragionamento, dal punto di vista borghese, è -come si può notare- perfettamente logico, ma appunto perché si era voluti assolutamente uscire da un'economia di autosussistenza, fondata sul valore d'uso, ovvero perché, nel democratizzare la vita rurale, abolendo il servaggio, si era preferito concedere ampia autonomia allo "spirito capitalistico" delle manifatture e dei commerci privati. Naturalmente Calvino si rendeva conto che, potendo scegliere fra il concedere prestiti a un povero incapace di metterli a frutto, e il concedere gli stessi crediti a uno intenzionato a lavorare sodo, il borghese avrebbe sempre scelto la seconda alternativa. Egli dunque doveva escogitare un sistema per impedire che qualcuno potesse rivolgergli la seguente obiezione: chi potrebbe prestare senza interesse per soccorrere altri e non lo fa, col pretesto che col suo denaro può acquistare dei vantaggi con un buon investimento, è come se fosse un usuraio. I problemi di coscienza -come si può notare- avevano ancora un certo peso agli albori del capitalismo. Sapendo questo, Calvino si preoccupò di elencare una serie di restrizioni sul prestito a interesse (si preoccupò naturalmente solo di 96 questo e non anche di come risolvere il problema della povertà). Nessuno può far di professione l'usuraio; 2) è vietato chiedere un interesse al povero; 3) il creditore non può pensare solo ai propri interessi; 4) l'interesse dev'essere equo, benché sia impossibile stabilire una regola oggettiva in base alla quale fissare un tasso uniforme; 5) l'interesse va chiesto solo se chi lo riceve ha ottenuto, dopo aver impegnato il prestito in un'attività produttiva, un guadagno superiore alle spese sostenute; 6) l'interesse dev'essere pubblico, perché bisogna controllare che non aumenti, in virtù di esso, il costo della vita. Occorre quindi un controllo statale. Tutte queste restrizioni sembrano volerci far capire che Calvino si assoggettò malvolentieri all'idea di dover concedere ampio spazio ai prestiti con interesse. In realtà egli lo fece con la convinzione ch'essi erano non solo legittimi ma anche indispensabili alla vita economica borghese. "E' chiarissimo -egli afferma- che agli antichi era proibita l'usura, ma dobbiamo riconoscere che ciò faceva parte della loro costituzione politica. Ne consegue che oggi l'usura non è illegale, purché non contravvenga all'equità a alla fraternità". In questo senso la sua opera segna una svolta epocale, un punto di non ritorno. L'usura non è più proibita come principio ma solo post-factum, cioè quando l'interesse richiesto diventa eccessivo. L'interesse, prima proibito come principio ma tollerato in diversi casi particolari (uno era appunto quello dei Monti di pietà), ora diventa lecito come principio, nell'illusione che lo si possa proibire ogni volta che sembri contrario all'equità”. In sintesi, il tempo dei limiti etici era definitivamente tramontato e anche a livello normativo il prestito ad interesse trovò la sua legittimità nel codice civile francese 97 voluto da Napoleone Bonaparte. La produzione di denaro sul denaro diventò uno degli elementi strutturali della moderna finanza convenzionale. 98 Capitolo terzo La finanza etica: principi e prerogative Premessa Nei capitoli precedenti abbiamo analizzato il fenomeno della finanza islamica e lo sviluppo di questo sistema finanziario nell'ambito della economia globale, per poi concentrare l'attenzione del lettore sulle analogie culturali che intercorrono tra i divieti posti dalla religione islamica e l'evoluzione dei medesimi concetti nei Testi Sacri e nella filosofia medievale. In questo capitolo esamineremo le caratteristiche principali di un settore della finanza mondiale che condivide alcune delle peculiarità teoriche dell'islamic banking: la finanza etica. 3.1 Genesi e diffusione della finanza etica Con il termine finanza etica si intende “l'organizzazione e la gestione dei servizi d'intermediazione finanziaria con lo scopo di rispettare determinati valori umani, sociali e ambientali e di raggiungere obiettivi ritenuti moralmente vincolanti”. Gli effetti negativi della crisi finanziaria del 2008, propagatasi dagli Stati Uniti in tutto il mondo, e che continua ancora oggi a rendere i mercati finanziari molto fragili dinanzi ai comportamenti speculativi, ha convinto gli operatori finanziari a ricercare strategie di investimento più affidabili e attente alle esternalità sociali e ambientali, superando il principio dogmatico della massimizzazione del profitto e 99 inserendo il criterio della responsabilità sociale in un ambito scevro da qualsiasi valutazione etica come quello della finanza. Infatti, per l'opinione generale, l'espressione “finanza etica” può sembrare un ossimoro, un'incoerenza linguistica e semantica; la finanza tout court gode di una reputazione negativa, rievoca l'idea di transazioni milionarie volte solo all'arricchimento individuale, mentre l'etica, al di là delle svariate definizioni che si possono prendere in considerazione, ha una connotazione positiva e rimanda a valori sociali, morali o religiosi. L'obiettivo primario di questa “presunta” contraddizione in termini è quello di fungere da leva culturale per tutti gli interpreti del mondo finanziario e bancario, affinché la finanza possa trasformarsi da strumento di profitto per pochi privilegiati a elemento portante dello sviluppo e della crescita dell'economia reale, rendendo, appunto le scelte degli investitori più sensibili alle attività socialmente sostenibili58. Secondo il pensiero di Milano (2001) però, commetteremmo un errore a presentare la finanza etica come una sorta di alternativa, politicamente corretta, alla finanza convenzionale, “E' una finanza classica con tutte le sue regole: la diversità sta nel suo scopo, nel benessere dell'uomo globale e non solo quello di uno spicchio di mondo. E' una disciplina per l'uomo, e non solo per alcuni uomini” In realtà si potrebbe persino affermare che la finanza etica sia una sovrastruttura destinata ad essere superata nel momento in cui riuscirà a cambiare le regole e i comportamenti degli stakeholders della finanza tradizionale. Il grande 58 Ad esempio, aumentando il capitale di quelle aziende che operano nel settore della cooperazione sociale, del commercio equo e solidale, della produzione eco-sostenibile. 100 limite dell'intero sistema è, però, la ricerca di una valutazione oggettiva del termine “etica” negli investimenti, un concetto troppo spesso abusato e che spesso ha generato diffidenze nei confronti dei promotori dei c.d. Socially Responsible Investment (SRI), conosciuti e diffusi in Italia con la denominazione di Fondi etici. Nei paragrafi successivi affideremo questa ardua interpretazione alle definizioni presentate, ad esempio nel nostro Paese, dalla Consob e dalla associazione Assogestione, leader nel settore del risparmio gestito. Prima di affrontare l'analisi delle prerogative tecniche dell'approccio etico nella finanza, e per comprende l'evoluzione di questo movimento, è necessario partire da alcuni riferimenti storici. La finanza etica è un movimento culturale che affonda le sue radici fin dai tempi della costituzione dei Monti di Pietà, che come abbiamo analizzato nel capitolo precedente, furono la prima tipologia di istituti bancari a vocazione solidale. Lorenzo de Tonti59, pioniere del microcredito e Antonio Genovesi 60, professore di Economia Pubblica della prima facoltà di economia al mondo, furono i promotori in Italia di una filosofia che, reinterpretando la figura dell' homo oeconomicus come “persona” e non solo come “merce”, aprirono la strada alla rivalutazione dell'economia quale bene comune e, in particolar modo, del denaro come mezzo 59 60 L.Tonti (ca. 1602- ca. 1684) fu un banchiere di origini napoletane, inventore della “tontina”, la prima forma di microcredito, ancora utilizzata in alcune zone dell' Africa e fonte di ispirazione del Premio Nobel, M. Yunus, per la sua attività bancaria. Nella tontina, ogni partecipante paga una quota d'ingresso, il denaro raccolto viene investito e i partecipanti godono degli utili per tutta la vita. Alla morte di uno dei partecipanti la quota del de cuius viene ripartita tra i superstiti. A.Genovesi (1713-1769) economista e filosofo napoletano, pioniere dell'Economia civile e professore di metafisica, etica ed Economia Pubblica all'università di Napoli. Fu il promotore di una politica economica influenzata dalle dottrine fisiocratiche e liberiste. 101 per la salvaguardia del benessere economico e sociale della comunità. Giuseppe Toniolo, uno dei padri della dottrina sociale della Chiesa, si fece portavoce morale del buon lavoro delle neonate casse di risparmio mutualistiche del '700, nelle quali la teoria dell'utilitarismo nell'economia, aspramente criticata dal sacerdote, veniva mitigata dall'incidenza dell'etica. Fu però in ambito internazionale che vennero mossi i primi passi concreti verso una più forte convergenza tra etica ed economia. Nel 1760, il teologo e fondatore del movimento britannico protestante metodista, John Wesley, sostenne l'idea che gli imprenditori non avrebbero dovuto più produrre ricchezza in modo egoistico e a svantaggio della comunità; agendo da custodi dei propri beni piuttosto che da proprietari. Questa nuova concezione ispirò il pensiero economico delle Chiese protestanti del mondo anglosassone. Agli albori del XX secolo i movimenti protestanti negli Stati Uniti cominciarono a criticare, in modo sempre più deciso, il deposito di denaro e l'impiego del risparmio dei propri seguaci in attività moralmente sconvenienti, quali la vendita di prodotti alcoolici, tabacco, pornografia e gioco d'azzardo. Su questa impostazione, nel 1928, il Federal Council of Churches lanciò il primo fondo comune etico della storia: il c.d. Pioneer Fund (Milano, 2001). I sottoscrittori del fondo61 vennero informati minuziosamente sulla gestione dei loro risparmi: in base all'etica cristiana il denaro venne impiegato solo in attività ritenute favorevoli per la comunità. Il Fondo non subì gli effetti negativi della crisi di Wall Street del 1929 e ciò aprì la strada all'emissione di nuovi fondi etici. I decenni di maggiori sviluppo della finanza etica in America furono gli Anni 61 Il Pioneer Fund poteva essere sottoscritto solo dai seguaci del movimento dei Mennoniti. 102 Sessanta e Settanta, quando il movimento pacifista, contrario alla guerra del Vietnam, e gli anti-nuclearisti, cominciarono a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla mancanza di responsabilità sociale delle multinazionali statunitensi. E non solo. In quel periodo vennero costituite numerose associazioni di piccoli azionisti, pronte a far sentire il proprio peso specifico all'interno dei consigli di amministrazione delle aziende e a boicottare i prodotti proveniente dalle Nazioni responsabili di eccidi e violazioni dei diritti umani62. Da questi movimenti di protesta costruttiva nacquero i primi fondi etici con “criteri positivi”, ovvero i fondi comuni che non si limitavano a non investire in attività disdicevoli ma che supportavano economicamente le aziende ritenute meritevoli: il Foursquare (1961), il Pax World Fund (1971) e il Third Century Fox (1972). Il fondo più emblematico per il movimento fu il Pax World Fund, perché la sottoscrizione venne aperta a tutti gli interessati e non solo ai sostenitori e ai seguaci delle Chiese promotrici. In Europa, l'evoluzione della finanza etica avvenne in modo più lento e graduale, il primo strumento di investimento etico fu il fondo Ansvar della società scandinava Swedish Temperance Society, anch'esso come il Pioneer Fund, aperto alla sottoscrizione dei soli sostenitori del movimento. In Gran Bretagna, la Chiesa Anglicana cominciò a diversificare le proprie scelte d'impiego del risparmio mirando ad investimenti eticamente sostenibili fin dal 1948 ma bisognerà attendere il 1984 per assistere alla promulgazione del primo fondo comune etico: lo Stewardship Unit Trust della Friends Provident, una compagnia di mutue assicurazioni facente parte della corrente protestante dei Quakers, un 62 Gli Stati in questione erano principalmente: il Sud Africa, il Cile e la Cina. 103 movimento religioso particolarmente attento alle tematiche della responsabilità sociale in ambito finanziario. L'esperienza della Friends Provident fu seguita da altre società e, in brevissimo tempo, furono lanciati numerosi fondi comuni dello stesso genere63. La tabella riportata in seguito ci dà un'idea dei diversi veicoli d'investimento etici sottoscritti in Gran Bretagna dal 1984 al 1990 ( Cit. pag. 62) A cornetichal unit trust No: armi, tabacco, alcool, esperimenti su animali, attività in Sud Africa. Amity Fund Si: aziende che contribuiscono alla qualità della vita della famiglia nei campi dell'educazione, della salute, della sicurezza casalinga. Conscience Fund Sì: aziende preoccupate dell'ecologia, in buoni rapporti con i propri dipendenti, dedite alla beneficienza. No: tabacco, alcool, armi, gioco d'azzardo, regimi oppressivi, sfruttamento degli animali. Investment Fund Ethical No: armi, attività in Sud Africa o Namibia, energia nucleare, esperimenti sugli animali, pellicce, gioco d'azzardo, alcool,banche, pubblicità scorretta. Ethical Trust Sì: salute, costruzioni, protezione dell'ambiente. No: armi, tabacco, alcol, nucleare, gioco d'azzardo, sperimentazioni irresponsabili sugli animali, affari con regimi oppressivi o non democratici. Fellowship Trust No: gioco d'azzardo, alcol, tabacco, armi, affari in Sud Africa, gruppi petroliferi e bancari internazionali. 63 Gli investimenti etici nel Regno Unito fanno seguito all'istituzione dell'EIRIS (Ethical Investment Research service). La rivista annuale di questo ente funge da guida agli investimenti etici, con tutte le informazioni da sapere sulle aziende che svolgono attività meritevoli di essere menzionate tra quelle etiche. 104 Fidelity Famous Name Trust No: tabacco. Health Fund Sì: salute e protezione dell'ambiente. No: alcol, tabacco, gioco d'azzardo, affari in Sud Africa. Merlin Ecology Fund No: affari in Sud Africa, armi, tabacco, nucleare. Stewardship Unit Trust No: armi, sfruttamento degli animali, gioco d'azzardo, alcol, tabacco, affari in Paesi con dittature e regimi oppressivi. Target Global Opportunities No: armi, gioco d'azzardo, alcol, tabacco, affari con regimi che praticano l'apartheid. Sì: aziende con buona politica sociale verso i dipendenti e attenzione all'ambiente. Il Regno Unito é ancora oggi il paese guida della finanza etica in Europa. In Francia, i primi fondi comuni etici risalgono al 1983 e al 1989:il fondo Nouvelle Stratégie 50, lanciato dalla società d'investimento Meeschaert e dalla organizzazione no profit Éthique et Investissement e il fondo Hymnos, emanato dall'istituto bancario Credit Lyonnais, dedicato alle scelte finanziarie delle congregazioni religiose. In Italia, nonostante le grandi innovazioni teoriche di economisti come Genovese e Tonti, la finanza etica non trovò grande spazio fino agli anni Ottanta, quando la società cooperativa finanziaria di mutua Autogestione (Mag) di Verona lanciò la sua proposta di risparmio autogestito. Gli investimenti della Mag furono diretti su tre attività principali: la solidarietà sociale, l'ambiente, la cultura e l'informazione; l'intero sistema si basa tutt'oggi su presupposti del tutto nuovi nel panorama finanziario italiano: la partecipazione dei soci alla gestione, finanziamento di progetti di cooperative e associazioni ethical friendly, 105 massima trasparenza nelle informazioni sui progetti finanziati, riducendo al minimo le asimmetrie informative. Gli Anni Novanta vedranno poi la nascita della massima espressione della espressione della finanza etica in Italia, la Banca Popolare Etica. Questa breve rassegna storica ha evidenziato l'importanza che hanno avuto le congregazioni religiose nella diffusione della finanza etica; oggi, la maggior parte dei fondi etici è detenuta da società e aziende laiche che hanno portato avanti l'utopia di una finanza socialmente responsabile. I dati di crescita della finanza etica sono emblematici; secondo l'associazione dei forum europei per la finanza sostenibile (EUROSIF) nel periodo 2008-2010 vi è stato un incremento dei patrimoni investiti in Europa in base a criteri di responsabilità sociale pari all' 87%, le risorse investite hanno raggiunto la cifra record di 5000 miliardi euro a fine 2009. Di questa cifra, 3800 miliardi sono investiti solo in base a criteri di esclusione di determinate aziende mentre ben 1200 miliardi sono investiti seguendo criteri selettivi negativi e positivi, ovvero non limitandosi ad eliminare dal portafoglio le aziende produttrici di armi e altri prodotti ritenuti nocivi per l'uomo, ma prevedendo una selezione di aziende particolarmente meritevoli di essere finanziate in funzione delle ottime politiche di governance all'interno di esse. Lo schema che segue rappresenta l'emissione di fondi etici in Europa al giugno 2010 106 L'Italia ha vissuto un periodo di forte crescita tra il 2003 e il 2009 ed in base ai dati in possesso di EUROSIF (2009), 312,4 miliardi di euro sono investiti nel nostro paese secondo criteri di responsabilità sociale (banknoise.com) 107 3.2 Principi e caratteristiche della finanza etica Nel paragrafo precedente abbiamo accennato al fatto che sia molto complesso trovare una definizione univoca e oggettiva di etica nella finanza. Ci siamo limitati a sostenere che la finanza etica mira alla ridefinizione delle regole degli investimenti nel mercato finanziario, inserendo ulteriori parametri di riferimento ai requisiti tipici del sistema tradizionale. Al rischio e al rendimento si aggiunge il criterio della responsabilità sociale. Ma in cosa consiste la responsabilità sociale? Cosa distingue effettivamente l'investimento etico da quello tradizionale? Vi sono almeno quattro diverse fasi di evoluzione del concetto di responsabilità sociale nella finanza, che corrispondo a a quattro concezioni differenti di finanza etica (Becchetti-Paganetto, 2003): gli intermediari finanziari e i risparmiatori utilizzano una parte dei rendimenti percepiti sui mercati finanziari in attività di beneficenza; gli intermediari finanziari svolgono un ruolo attivo nei consigli di amministrazione delle aziende di cui sono azionisti, affinché il CDA indirizzi gli investimenti in fondi eticamente sostenibili; gli intermediari finanziari e i risparmiatori si astengono dal compiere investimenti in quelle aziende che abbiano violato determinati criteri etici selezionati aprioristicamente da agenzie di rating etico; Si istituisce un' Agenzia Internazionale di controllo e consulenza che valuti con attenzione,in nome del Fondo, ogni società oggetto di investimento. Nel primo caso, l'intero sistema della finanza etica si basa sulla beneficenza tout 108 court, senza effettuare distinzioni tra le tipologie di investimento. L'intermediario finanziario o il risparmiatore si limitano a versare una parte dei loro profitti in attività ritenute socialmente utili, prescindendo da qualsiasi valutazione sulla fonte dei profitti stessi. E' evidente come in funzione di questa prima definizione, la convergenza tra la finanza tradizionale e la finanza etica sia quasi impercettibile. Non vi è diversificazione negli investimenti ma semplice diversificazione nell'impiego del profitto individuale. Il finanziamento delle attività etiche avviene in modo indiretto e sporadico64. La situazione cambia nella seconda fase: si valutano criteri positivi nella selezione degli investimenti: i gestori del fondo vengono incentivati, dalla partecipazione attiva dei piccoli azionisti, ad effettuare gli investimenti in aziende considerate sostenitrici di politiche sociali e produttive attente alla crescita del benessere sociale della comunità. Ad esempio, finanziando le aziende che producono energie rinnovabili o che adottano una buona politica sociale nei confronti dei dipendenti. In tal modo, la crescita degli investimenti in queste attività etiche costringerebbe tutte le aziende presenti sul mercato a modificare le proprie attività al fine di non perdere fruttuosi capitali. La terza fase prevede l'adozione di criteri negativi di selezione: i manager delle società di gestione fondi e i risparmiatori attuano una selezione degli investimenti, escludendo dal portafoglio titoli gli strumenti e i prodotti finanziari di quelle aziende che favoriscono l'incremento di attività produttive ritenute eticamente 64 La dottrina non è unanime nella valutazione di questa fase. Riccardo Milano ritiene che non possa essere considerata un'attività rientrante nell'ambito della finanza etica la semplice rinuncia di una parte del profitto ottenuto finanziando il sistema tradizionale per destinarlo a organizzazioni no profit e del Terzo settore in genere. La beneficenza è un'azione moralmente rilevante ma non è finanza etica. 109 dannose per il benessere della comunità. L'esempio è quello dei fondi comuni che escludono dagli investimenti le attività di promozione e produzione di tabacco, alcool, materiale pornografico ed energia nucleare. Lo screening etico avviene in base alla informazioni acquisite da determinati organismi professionali esterni e società di consulenza quali, ad esempio, la Kinder-Lyndemberg and Domini negli Stati Uniti e la Eiris in Gran Bretagna, che aggiornano gli investitori sul rating etico delle varie aziende presenti sul mercato. Nella maggior parte dei casi vengono utilizzati criteri misti, sia positivi che negativi. Nella quarta fase, la finanza etica cristallizza l'elemento essenziale, ovvero istituzionalizza le società di consulenza nella gestione del risparmio che effettuano valutazioni sul livello di responsabilità sociale delle varie aziende presenti sul mercato, per poi aggiornare gli intermediari finanziari sul rating di ciascuna società. In questo modo, lo screening etico diventa più credibile e decifrabile. La responsabilità sociale non è l'unico parametro di riferimento della finanza etica, la visione economica di questo sistema rispetto alla finanza tradizionale è riconducibile ad alcuni punti chiave che proveremo a sintetizzare, seguendo lo schema adottato da Milano (2001). La finanza tradizionale: • prevede un tasso d'interesse liberamente determinato dalle regole del mercato (in ambito di apertura di un conto corrente); • la trasparenza nella gestione della raccolta del risparmio e negli investimenti è contemplata ma non è vista come un valore aggiunto. Il 110 cliente non viene minimamente incentivato alla condivisione delle scelte da effettuare in ambito finanziario, se non da precisi obblighi di legge; • la massimizzazione del profitto individuale è la regola fondamentale di ciascun investimento, più è alto il rendimento e più il cliente è incentivato ad investire su un determinato settore, senza alcuna valutazione ulteriore; • gli investimenti sono effettuati senza considerare il livello di impatto ambientale che possono produrre; • la concorrenza è intensa e legata solo alle regole del mercato; • Il mercato è libero, le aziende devono solo dimostrare di avere bilanci attivi; • non vi è l'obiettivo di creare un modello di sviluppo inclusivo e socialmente utile; • la concentrazione della ricchezza è nelle mani di pochi. La finanza etica: prevede la determinazione di un tasso d'interesse tra 0 e un massimo concordato tra banca e cliente; la trasparenza nella gestione del risparmio e degli investimenti è considerato un valore assoluto, da sponsorizzare e incentivare in ogni modo; la valorizzazione degli operatori del mercato è una prerogativa insindacabile, l'homo oeconomicus è una persona e non un mezzo di 111 profitto; la massimizzazione preferita è quella che mira al benessere comune, gli investimenti che permettono la crescita dell'economia reale sono i più sponsorizzati; ciascun investimento deve essere valutato in funzione dell'impatto che può generare sull'ambiente; il mercato è organizzato in modo da incentivare il commercio equo e solidale; la concorrenza esasperata è sostituita dalla competizione solidale, aperta anche a possibili alleanze che potenzino il benessere sociale; la creazione di un modello di sviluppo sostenibile da un punto di vista etico è l'obiettivo fondamentale; La distribuzione della ricchezza è una delle conseguenze del mercato solidale. Al di là delle facili conclusioni di carattere morale sulla preferibilità di un sistema rispetto all'altro, quello che desideriamo porre in evidenza sono le diverse finalità. Nella finanza etica, la crescita del bene comune è un obiettivo imprescindibile, da realizzarsi puntando ad un rendimento equo e solidale. Senza soffermarci in esempi banali, gli alti profitti realizzabili da un'azienda che produce energie rinnovabili non si limitano ad arricchire esclusivamente l'azienda produttrice, ma rappresentano esternalità positive per tutta la comunità. L'apertura di un conto di 112 deposito in una Banca Etica permette di determinare un tasso d'interesse tra 0 (come avviene nel sistema delle banche islamiche) e un massimo determinato, ciò avviene perché il fine ultimo di un correntista di queste banche non è la massimizzazione del guadagno sui soldi depositati: l'obiettivo primario è quello di investire il proprio denaro in modo da partecipare attivamente alla crescita di progetti reali e costruttivi. La speculazione finanziaria non trova spazio. Quindi, se dovessimo trovare una definizione di etica nella finanza che rappresenti la differenza di questo settore con la finanza tradizionale, potremmo affermare che i criteri etici effettuano una drastica selezione della raccolta dei capitali e nell'impiego degli stessi, rifiutando l'afflusso di denaro di dubbia provenienza e valutando attentamente gli strumenti finanziari meritevoli di essere sottoscritti. In Italia, ad esempio, si è arrivati alla promulgazione di un Manifesto della Finanza Etica che faccia da base portante dell'intero sistema 65. Una delle caratteristiche principali della finanza etica è la valorizzazione della partecipazione attiva degli stakeholders66 nei processi economici, senza la quale non sarebbe possibile attuare le politiche solidaristiche e democratiche necessarie per presentarsi al mondo finanziario come aziende ethical friendly. Lo statuto di Banca Etica, ad esempio, dichiara : “ Va favorita la partecipazione alle scelte dell'impresa, non solo da parte dei soci, ma anche dei risparmiatori. L'istituzione che accetta i principi della finanza etica orienta con tali criteri l'intera 65 66 Cfr, Appendice C. Con il termine stakeholders, letteralmente “portatori d'interesse”, si intendono tutti i soggetti che posseggono un interesse nei confronti di un'iniziativa economica, azienda o progetto. Tra questi consideriamo i clienti, i fornitori, le banche, gli azionisti. 113 sua attività” ( Art. 5 Statuto Banca Etica). Gli organismi partecipativi possono essere direttamente previsti dalla legge, come il Cda o l'assemblea dei soci o costituiti da regolamenti interni come i Comitati Etici ma non bisogna trascurare l'incidenza della partecipazione di ogni piccolo azionista. Infatti, nell'era della globalizzazione, come ricorda Becchetti (cfr, 2003): oltre al voto, il consumo e il risparmio sono gli strumenti più efficaci per influenzare i comportamenti delle imprese e delle istituzioni in modo socialmente responsabile e possono essere esercitati quotidianamente, preferendo un fondo d'investimento che tuteli l'ambiente o acquistando prodotti di aziende che rispettano le regole del commercio equo e solidale. Ogni forma di partecipazione arricchisce la diversificazione delle opinioni all'interno dell'assemblea dei soci e le aziende che inseriscono nel proprio statuto un Comitato Etico si pongono sul mercato come imprese socialmente responsabili. E non solo. La democraticità, aumentando il livello di incidenza delle strategie comunitarie all'interno dei CDA, riduce una delle grandi problematiche della finanza etica: le asimmetrie informative. La valutazione dell'eticità di un prodotto finanziario, infatti, è un'operazione complessa, soggetta a criteri oggettivi e soggettivi che possono variare e confondere le idee dei risparmiatori intenti a investire il proprio risparmio secondo i principi della finanza etica. Non è semplice stabilire se una società promotrice di fondi etici investa in aziende che rispettino seriamente l'ambiente o che adottino con continuità una politica rispettosa dei diritti dei lavoratori. Molte imprese, per catturare profitti in questo nuovo settore e per 114 migliorare la propria immagine agli occhi del mondo dei risparmiatori, potrebbero mettere in atto vere e proprie trasformazioni di facciata, offrendo prodotti etici senza modificare nulla della propria governance, e rifiutando quindi l'idea di una finanza etica come frutto di una vocazione differente. E' evidente che l'interesse di grandi intermediari “tradizionali” possa essere visto come una buona pubblicità per l'intero sistema ma il rischio di assistere alla trasformazione della finanza etica in una opportunità usa e getta, inghiottita nei meandri della massimizzazione del profitto tipica della finanza convenzionale, sarebbe elevatissimo. In questo contesto è fondamentale l'istituzione di autorità autonome e indipendenti che valutino attentamente i comportamenti delle imprese socialmente responsabili, e l'inserimento nella governance delle aziende di un Comitato Etico è una soluzione percorribile, esattamente come avviene nel sistema della finanza islamica con gli Shar'ia boards. Questi comitati hanno quindi il compito di garantire il profilo di responsabilità sociale dei fondi e della gestione delle società di riferimento e sono composti da membri scelti tra personalità di alto profilo morale e di riconosciuta esperienza nel campo del sociale, dell'ambiente,dell'impegno civile, del mondo religioso, dell'università. L'attività dei comitati si concentra sul controllo del livello di trasparenza delle singole operazioni finanziarie e dovrà dare certezze sulla affidabilità dei fondi, affinché gli operatori finanziari possano investire il proprio risparmio senza cadere in errore. I risparmiatori, però, possono prendere in considerazione anche le valutazioni delle società di consulenza, agenzie private di ethic rating come, ad esempio la Eiris in Gran Bretagna, che ogni anno stila 115 l'elenco dei fondi etici sottoscrivibili Oltremanica e indica i criteri positivi e negativi specifici da seguire per lanciare fondi d'investimento 67. In Italia, un sistema di rating etico viene adottato dall'Osservatorio finanza etica, il primo portale nazionale di analisi dei fondi e investimenti eticamente sostenibili. A livello europeo, l'agenzia di rating più importante è la Standard Ethics, con sede a Bruxelles. La Standars Ethics68 valuta la sostenibilità e la responsabilità sociale d'impresa e i modelli di governance delle aziende interessante al settore Corporate Social Responsability (CRS), senza definire un concetto oggettivo di investimento etico ma basandosi direttamente sui criteri stabiliti dalle Nazioni Unite, dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo (OCSE) e dell'Unione Europea. Grazie a questa convergenza con le maggiori istituzioni internazionali del Mondo, i rating di sostenibilità della Standard Ethics (SE) hanno un'influenza particolarmente forte sugli indici del mercato finanziario etico. L'Agenzia SE non si limita ad analizzare i comportamenti delle aziende, promuovendo la diffusione dei principi etici in ambito economico e finanziario ma 67 68 Esempi di criteri positivi Eiris (www.eiris.org): -protezione dell'ambiente mediante l'utilizzo di sistemi di riciclaggio dei rifiuti eco-sostenibili; -assistenza sanitaria e assistenza agli anziani; -progetti nei paesi in via di sviluppo; - attenzione alla promozione di attività di educazione e cultura; Esempi di criteri negativi: -attività in Paesi che non rispettano i diritti umani; -partecipazioni in aziende produttrici di armi, alcol, pellicce, materiale pornografico,energia nucleare; -aziende produttrici di: pesticidi, prodotti inquinanti per lo strato dell'ozono e le foreste tropicali; -che utilizzano cavie animali o che non ne limitano l'utilizzo. La Standard Ethics nasce dall'esperienza innovativa di una holding italiana, la Agenzia Europea d'investimenti (AEI). La AEI fu costituita nel 2001 da 65 soci (sia privati che istituzionali) come Holding di Partecipazioni di diritto italiano, L’Aei Spa controllava al 100% la Aei Sgr (Società di Gestione del Risparmio), vigilata dalla Banca d'Italia e dalla Consob, iscritta al numero 136 dell’Albo delle Sgr (con sede a Milano). La Aei Sgr fu la prima Sgr italiana ad amministrare esclusivamente fondi comuni d’investimento etici. 116 fornisce anche un quadro di riferimento per gli studi sulla responsabilità sociale e la sostenibilità delle imprese. In nessun caso, quindi, l’Agenzia, attraverso la pubblicazione del rating, incentiva la sottoscrizione di determinati investimenti. Le valutazioni finali della Standard Ethics riguardano le attività delle aziende private e il rispetto dei valori etici espressi da ONU, OCSE e UE delle singole nazioni. Il rating viene stabilito su otto livelli, introdotti per la prima volta nel 2002: EEE; EEE-; EE+; EE; EE-; E+; E; E-; dove “EEE” rappresenta il modello, “EE” la media, la singola “E” sotto la media. Le Nazioni o società quotate che si distanziano in modo evidente dai criteri etici considerati dall'Agenzia, non ricevono il Rating e vengono inserite tra gli emittenti “sospesi”. Ecco i dati riguardanti le aziende del nostro Paese analizzate da Standard Ethics (www.agenziaeuropea.it). Company Rating Outlook Date Eni EE+ 01/07/11 Saipem EE+ “ Banca Popolare di EE Milano “ Banco Popolare EE “ Enel EE “ Fiat EE Sotto osservazione “ Fiat Industrial EE “ STMicroeletronics EE “ 117 UBI Banca EE “ A2A EE- “ Monte dei Paschi di Siena EE- “ Campari EE- “ Enel Green Power EE- “ Generali EE- “ Luxottica EE- “ Snam Rete Gas EE- “ Telecom Italia EE- “ Unicredit EE- “ Ansaldo STS E+ “ Bulgari E “ Diasorin E+ “ Fondiaria SAI E+ “ Intesa San Paolo E+ Parmalat E+ “ Pirelli & C. E+ “ Prismian E+ “ Tenaris E+ “ Autogrill E “ Atlantia E “ Buzzi Unicem E “ Exor E “ Mediobanca E “ Terna E “ Mediaset E “ Mediolanum E- “ Impregilo E- “ Lottomatica E- “ Finmeccanica Sospesa “ Positivo 118 “ E i dati riguardanti le singole Nazioni: Country Rating Outlook Argentina E+ 01/05/11 Australia EE+ “ Austria EEE- “ Belgio EE- “ Brasile EE- “ Bulgaria EE- “ Canada EE+ “ Cile E+ “ Cina E- “ Rep. Ceca EE “ Danimarca EEE NEGATIVO “ Egitto E- POSITIVO “ Estonia EE- “ Finlandia EEE “ Francia EEE- “ Germania EEE- “ Regno Unito EEE “ Grecia EE “ Ungheria EE- Islanda EEE “ India E “ Irlanda EEE- “ Israele E+ “ Italia EE- Giappone EE “ Lussemburgo EE+ “ Messico EE Paesi Bassi EEE- NEGATIVO NEGATIVO NEGATIVO Date “ “ “ “ 119 Nuova Zelanda EEE- “ Norvegia EEE “ Polonia E+ “ Portogallo EE+ “ Romania EE- “ Russia E “ Slovenia EE+ “ Sud Africa EE- “ Corea del Sud E+ “ Spagna EEE- “ Svezia EEE “ Svizzera EE+ “ Turchia E+ “ Stati Uniti d'America EE+ POSITIVO “ In base a questi dati, i Paesi scandinavi sono le realtà più attente allo sviluppo degli investimenti etici mentre i c.d. Paesi in via di sviluppo si collocano agli ultimi posti della classifica. In conclusione, possiamo affermare che il coinvolgimento delle istituzione europee ed internazionali, come nel caso della creazione dell'Agenzia Standards Ethics, sia essenziale, affinché la finanza etica possa superare tutte le diffidenze e i dubbi sulla effettiva credibilità di un sistema finanziario basato su principi morali e non esclusivamente matematici. 3.3 Strumenti finanziari e attività tipiche della finanza etica 120 La finanza etica utilizza i medesimi prodotti della finanza tradizionale; come sappiamo, l'elemento di distinzione è rappresentato dalle finalità e non dagli strumenti di investimento. Ciò non esclude la presenza di determinate peculiarità strutturali di alcuni strumenti. Ad esempio per quanto riguarda le banche etiche, che differiscono completamente dalle banche convenzionali, possiamo distinguere le attività in: fondi comuni d'investimento; fondi pensione; microcredito. I fondi comuni etici si distinguono dai prodotti finanziari tradizionali perché la valutazione e la gestione degli investimenti avviene in funzione di principi etici e sociali, che si sostituiscono alla massimizzazione del profitto. In Italia, l'effettivo grado di eticità di un fondo, oltre ad essere sotto il controllo delle agenzie di rating, è sottoposto alla verifica della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB). Infatti, in base al Testo Unico sull'intermediazione finanziaria e al D. Lgs. n. 164/2007 che ha recepito i dettami della Direttiva MiFID 2004/39/CE (Market in Financial Instruments Directive), la CONSOB ha avuto la delega ad emanare disposizioni in materia di obblighi informativi e di rendicontazione sulle società che promuovono fondi etici. L'attività normativa della CONSOB ha portato all'emanazione del Libro VII del TUF sulle 121 Disposizioni in materia di finanza etica o socialmente responsabile (artt. 55Bis89). La medesima Commissione Nazionale ha definito la finanza etica: “ un processo d'investimento fondato su criteri di selezione dei titoli che non si pongono, come fine esclusivo, la massimizzazione dei rendimenti (dato un certo grado di rischio), ma anche la salvaguardia di valori universali di equità sociale, protezione dell'ambiente e salute, svolgimento dell'attività economica nel rispetto degli interessi di tutti gli stakeholders e, più in generale, dei cittadini” (Consob, 2005). Le disposizione della CONSOB stabiliscono gli obblighi di trasparenza che devono precedere l'emissione di un fondo etico: obiettivi e caratteristiche che qualificano il prodotto o servizio come etico o socialmente responsabile; criteri generali di selezione degli strumenti finanziari, conformi agli obiettivi e alle caratteristiche delineate; politiche e obiettivi di azionariato attivo perseguiti; destinazione dei proventi ad iniziative di carattere sociale o ambientale; misura dei proventi destinati ad iniziative di carattere sociale o ambientale; procedure adottate per assicurare il perseguimento degli obiettivi dichiarati (come l'istituzione di organi interni specializzati e l'attribuzione di specifiche funzioni); adesione a codici di autoregolamentazione, promossi da soggetti specializzati. 122 Successivamente all'emanazione del fondo d'investimento, gli obblighi di rendicontazione si sommano agli obblighi di trasparenza: illustrazione dell'attività di gestione in relazione ai criteri generali di selezione degli strumenti finanziari detenuti in portafoglio; esercizio dell'attività di azionariato attivo; devoluzione dei proventi ad iniziative di carattere sociale e ambientale e relativa misura. Per quanto riguarda i dati di diffusione dei fondi di questa tipologia, in base ad un rapporto di Eurosif, risalente al 2009, il 94,8% dei fondi etici italiani non investe in armi, il 52% nel tabacco, il 33,3% nel mercato degli alcolici e il 41% in quello della pornografia. In più, vi sono sette fondi che escludono i titoli di debito pubblico dei Paesi che applicano la pena di morte e 28 che escludono i titoli dei Paesi che violano libertà e diritti civili. Sempre per quanto concerne il nostro Paese, non possiamo esimerci dal menzionare l'attività della più importante e strutturata società di gestione di fondi etici: Etica Sgr. L'attività di questa società si fonda sull'emissione diretta di fondi d'investimento basati sui criteri etici di EIRIS69 e sull'azionariato attivo70. Attualmente, Etica Sgr ha emesso quattro diverse tipologie di fondi etici sotto la denominazione di fondi valori responsabili: fondo monetario, fondo obbligazionario misto, fondo Cfr. nota 9. Esercizio dei diritti di voto collegati al possesso di azioni, attraverso il quale si cerca di sensibilizzare l'impresa verso una maggiore sostenibilità, intervenendo in assemblea o votando i punti all'ordine del giorno della stessa. 69 70 123 bilanciato e fondo azionario. Il fondo monetario è un investimento a breve termine, dai 2 ai 3 anni e presenta un grado di rischio medio-basso, e per questo è consigliato a chi ha una minima propensione al rischio e preferisce gestire la liquidità in un'ottica di breve periodo. Il Fondo investe in obbligazioni e titoli di Stato con una durata massima di 2,5 anni, emessi o garantiti direttamente dagli Stati o da Organismi Sovranazionali. Esclusivamente in via residuale possono essere effettuati investimenti in obbligazioni emesse da società. I mercati regolamentati di riferimento sono quelli dell'area-euro. Non rientrano in questa tipologia di sottoscrizione i titoli azionari. I parametri oggettivi di riferimento (benchmark) sono: 80% JP Morgan EMU e 20% JP Morgan Index euro 3 mesi 71. Il versamento minimo iniziale ammonta a 500 euro ed è prevista una commissione annuale di gestione dello 0,60 %. Il fondo obbligazionario misto ha un grado di rischio medio ed un orizzonte temporale massimo di 4 anni. Gli investimenti hanno come oggetto obbligazioni, titoli di stato e fondi sovrani europei, emessi anche da organizzazioni internazionali. Per questa tipologia di fondo, è possibile acquisire anche titoli azionari, ma il relativo importo complessivo non deve superare il 20 % del portafoglio. Gli indici di riferimento sono: 65% JP Morgan EMU, 25 % JP Morgan Index euro 3 mesi e 10% MSCI DM World Index (in euro). Anche per questo fondo il versamento iniziale minimo è di 500 euro ed è prevista una commissione di gestione annua dell' 1,20%. Il fondo bilanciato prevede un rischio più alto e prevede un livello massimo d'investimento in titoli 71 Jp Morgan Emu e Jp Morgan Index sono gli indici di riferimento dei fondi di liquidità e dei fondi obbligazionari internazionali. 124 azionari del 70% del portafoglio complessivo. I benchmark sono: 35% Jp Morgan Emu, 5% Jp Morgan Index euro 3 mesi e 65% MSCI DM World Index. In questo caso la commissione annua è dell'1,80 %. Infine, il fondo azionario internazionale è il fondo con il livello di rischio più alto e quindi con la redditività maggiore. Gli investimenti vengono effettuati acquistando titoli azionari da qualsiasi mercato azionario del mondo, fino al 100% del portafoglio. I benchmark sono: 10% Jp Morgan Index e 90% MSCI DM World Index. La commissione annua è pari all'1,85%. La sottoscrizione di qualsiasi investimento di questa società comporta la trattenuta di una commissione ulteriore pari al 1% da destinare al finanziamento di operazioni di microcredito. I criteri positivi si basano su tre grandi campi: ambiente, governance e sviluppo sociale: Criteri positivi aziende Criteri positivi Stati Valutazione dell'impatto ambientale nella realizzazione dei prodotti Rispetto dei Trattati internazionali sulla diminuzione dell'inquinamento terrestre Presenza nel CDA di amministratori indipendenti e qualificati Rispetto delle libertà politiche e trasparenza nelle procedure elettorali Rispetto di criteri sociali quali: Riduzione costante del tasso di sicurezza e sanità nei luoghi di lavoro e disoccupazione e di mortalità infantile. rispetto dei diritti dei lavoratori I criteri negativi d'investimento di Etica Sgr sono i seguenti: Criteri negativi aziende Criteri negativi Stati Produzione armi Applicazione della pena di morte Produzione cosmetici con test su animali Violazione dei diritti umani Energia nucleare Violazione dei diritti civili 125 Gioco d'azzardo tabacco Modificazione genetica di animali o piante non a scopo medico Utilizzo di legname proveniente da foreste protette Produzione di pesticidi Non rispetto del Codice Internazionale di Marketing dei sostituti del latte materno Spetterà al Comitato Etico vigilare sull'effettivo rispetto dei suddetti criteri. L'approccio etico sta allargando il suo ampio raggio anche nell'ambito dei fondi pensione, ovvero gli strumenti principali della previdenza complementare. Nel 2001 ben il 60% degli investimenti etici statunitensi erano rappresentati da fondi previdenziali. In Italia il primo fondo pensione etico è stato lanciato dalla UNIPOL nel 2001 ma nel nostro Paese non è ancora prevista una legislazione specifica in materia di investimenti socialmente responsabili in materia previdenziale; gli investitori istituzionali non hanno particolari incentivi ad investire secondo criteri etici ed in base all' art. 6 comma 13 lettera C del D. Lgs. 252/2005 l'unico obbligo previsto è la trasparenza nel prospetto informativo, nel quale deve essere specificata l'eventuale considerazione di criteri ambientali e sociali dell'investimento o in che misura vi sia il rispetto dei suddetti criteri etici. Nonostante i dati sulla scelta di fondi pensione etici da parte degli investitori non siano ancora particolarmente rilevanti (in Italia si contano circa 2 miliardi di euro investiti), in base ad uno studio effettuato dalla società Allianz Global Investors 126 Europe in collaborazione con il Centre European Economic Research, il 62% degli italiani ritiene che i fondi pensione futuri prenderanno sempre più in considerazione i criteri etici al momento di investire i capitali raccolti dai risparmiatori interessati ad una forma di previdenza complementare. Tra i più ottimisti vi sono i francesi (il 90%) mentre i più scettici sono gli inglesi, sono il 30% degli intervistati ritiene che l'approccio etico possa avere uno sviluppo sempre più considerevole in questo settore specifico. Lo strumento più celebre del sistema finanziario etico è senza dubbio il microcredito, concesso dalle c.d. Banche Etiche. Questa tipologia di istituti bancari, nati dall'esperienza pionieristica della Graamen Bank del premio Nobel Muhammad Yunus in Bangladesh, fondano la propria attività di erogazione del credito su criteri e garanzie completamente diverse rispetto alle banche del sistema tradizionale. Il microcredito viene definito un “credito di piccolo ammontare finalizzato all'avvio di un'attività imprenditoriale o per far fronte a spese d'emergenza, nei confronti di soggetti vulnerabili dal punto di vista sociale ed economico, che generalmente sono esclusi dal settore finanziario convenzionale”. Gli studi del Prof. Yunus si basano sulla tesi, comprovata da decenni di prove empiriche nell'ambito del Progetto Graamen nel villaggio bengalese di Jobra, che la concessione di piccolissime disponibilità di denaro, a soggetti privi delle tipiche garanzie reali necessarie per ottenere un finanziamento, possa rilanciare in modo esponenziale la crescita economica di quei ceti sociali definiti poveri. Yunus ritiene che la beneficenza tout court non abbia reali 127 esternalità positive sul superamento della povertà delle popolazioni indigenti, bensì peggiora la situazione generale; la raccolta di denaro tramite la carità non motiva il beneficiario a migliorare le sue condizioni economiche, lo rende ancora più passivo e incline ad accettare definitivamente il suo status di povero. In base a questa impostazione, i funzionari della Graamen Bank, tecnicamente molto preparati, girano i villaggi al fine di comprendere le reali esigenze e le possibilità di sviluppo di progetti imprenditoriali o di consumo di ogni famiglia, proponendo finanziamenti alle donne, solitamente impossibilitate a ricevere qualsiasi forma di vantaggio economico. Le garanzie richieste sono minime, l'obiettivo è quello di fare affidamento sulla moralità e l'ambizione dei beneficiari, spesso il finanziamento viene erogato ad un piccolo gruppo eterogeneo di famiglie, facendo in modo che i rimborsi vengano pagati con la partecipazione e l'aiuto di tutti. Solitamente, il credito concesso prevede un rientro rateale a cadenza settimanale, con un tasso d'interesse che può raggiungere anche il 20% 72 ma i debitori hanno la possibilità di pagare anche piccolissime rate giornaliere, che permette loro di mostrare affidabilità alla banca creditrice. D'altronde, la banca non ha garanzie su beni reali sui quali rivalersi in caso di mancato pagamento delle rate e la determinazione di un elevato tasso d'interesse è considerato un elemento essenziale affinché i funzionari possano elargire credito ad altri gruppi o individui. Il rapporto di fiducia tra debitori e creditori è fondamentale, i beneficiari del finanziamento diventano soci della banca stessa e il 5% del totale di ogni credito 72 La concessione di un prestito ad un interesse così elevato contrasta con i principi della finanza islamica. Per questo, Yunus è stato accusato dai giuristi islamici di diffondere una cultura economica anti-islamica nei villaggi del Bangladesh. 128 serve a sovvenzionare un fondo di salvaguardia, dal quale attingere in casi specifici di necessità. La Graamen Bank ha elargito finanziamenti a oltre 7 milioni di clienti di circa 78000 villaggi negli ultimi 20 anni, il 97% dei beneficiari sono donne e il tasso di rimborso è stato del 98% (Hamaui-Mauri, 2009) dati che hanno reso l'utopia di Yunus una realtà concreta. L'esperienza dell'economista bengalese ha ispirato il lavoro di tante banche etiche anche in realtà del ricco mondo occidentale. La prima Banca Etica in Europa risale al 1974, con l'istituzione della GLS-Bank in Germania, alla quale seguirono in pochi anni la Alternative Bank Suisse in Svizzera e la Triodos Bank in Olanda. Questi particolari istituti bancari forniscono i medesimi servizi di qualsiasi altra banca convenzionale, la differenza si sostanzia nel rispetto dei criteri tipici della finanza etica nella realizzazione di ogni operazione. Ad esempio, una banca etica si obbliga a impiegare i capitali raccolti dai risparmiatori solo per finanziare fondi etici, garantendo ai clienti la massima trasparenza nella presentazione di ogni settore d'investimento; trasparenza che si esplica anche nella scelta di non emettere depositi al portatore, affinché il risparmiatore sia facilmente rintracciabile, così come il suo denaro. Inoltre, i correntisti potranno determinare autonomamente il tasso d'interesse del proprio conto corrente, da zero ad un massimo previsto dalla banca stessa. 3.4 L'esempio di Banca Etica e delle MAG in Italia In Italia, il settore bancario etico è rappresentato da Banca Popolare Etica, istituita a Padova nel 1998. Lo slogan di questo istituto bancario è “ l'interesse più alto è 129 quello di tutti”, una massima che rende l'idea della politica finanziaria scelta dai soci fondatori. L'art. 5 dello Statuto di Banca Popolare Etica chiarisce i principi di riferimento e la “missione” dei funzionari: l'obiettivo è “ essere pionieri di una nuova idea di banca, intesa come luogo di incontro, dove le persone e la banca manifestano trasparenza, solidarietà, e partecipazione facendo della banca uno strumento anche culturale per la promozione di un'economia che ritiene fondamentale la valutazione sociale ed ambientale del proprio agire.(...) permettere l'accesso al credito ai soggetti dell'Economia Sociale: imprese, persone e progetti valutati principalmente per la loro capacità di produrre valore sociale” (bancaetica.com). La presenza operativa sul territorio è assicurata dalla presenza di circoscrizioni locali, nelle quali operano due categorie di promotori: i dipendenti e i soci volontari, di cui abbiamo già analizzato la missione. Seguendo l'esempio della Graamen Bank di Yunus, i promotori finanziari di Banca Etica hanno il compito di cercare un contatto diretto con i potenziali clienti, trovando le migliori soluzioni in base alle esigenze precipue di quella categoria di persone che difficilmente viene presa in considerazione dalla banche convenzionali. A questo fine, le garanzie richieste per il finanziamento di un'attività imprenditoriale o per il consumo non saranno solo di natura patrimoniale (fidejussione individuale e collettiva) ma verrà esaminata la validità sociale del progetto 73,prevedendo forme di sostegno reciproco che possano coinvolgere associazioni o Enti locali. Le decisioni aziendali vengono prese in funzione del principio “una testa, un voto”, 73 La sostenibilità del progetto da finanziare comporterà l'esame di requisiti quali: la partecipazione, il rispetto dell'ambiente e la valorizzazione del volontariato. 130 affinché ogni socio possa partecipare democraticamente alle scelte politiche della banca, prescindendo dalla quota di capitale posseduta, quota tra l'altro, che non può superare lo 0,50% del capitale sociale. In questo modo, il principio di democraticità non rischia di essere superato da logiche lobbistiche in seno all'Assemblea dei Soci. A livello territoriale, i soci di ogni circoscrizione eleggono il GIT (Gruppo di Iniziativa Territoriale), formato da un minimo di 3 e un massimo di 11 rappresentanti, i quali eleggeranno a loro volta il coordinatore locale. Sarà compito del GIT assicurare la massima trasparenza sull'attività della Banca, fungendo da mediatore tra le esigenze del territorio e le politiche della sede centrale. Inoltre, la missione di Banca Etica è supportata da consorzi esterni e banche che si impegnano a favorire la diffusione dei prodotti bancari socialmente responsabili, stipulando apposite convenzioni. Il rispetto dei principi tipici dell'approccio etico nelle operazioni bancarie è assicurato dal Comitato Etico, il cui compito è quello di coadiuvare l'attività del Consiglio di Amministrazione nella valutazione dei prodotti da offrire alla platea dei risparmiatori interessati. La trasparenza nella determinazione delle clausole contrattuali è considerata la regola cardine dell'intera attività bancaria. Ad esempio, per quanto riguarda i conti corrente, nei quali gli accrediti degli interessi attivi e passivi avviene esclusivamente su base annuale, evitando ogni forma di anatocismo. Il recesso è concesso alle medesime condizioni sia per la banca che per il correntista ed il foro di competenza in caso di controversie legali è quello del cliente. Nel caso dei depositi, non viene effettuata nessuna forma di distinzione quantitativa, in quanto 131 il denaro raccolto ha l'unica funzione di finanziare progetti etici ed ognuno partecipa in base alle proprie capacità contributive. Inoltre, la scelta del tasso d'interesse spetta al singolo cliente entro una soglia massima prevista dalla banca. La politica non cambia in caso di concessione di un prestito, il tasso d'interesse sarà sempre lo stesso per qualsiasi cifra e senza distinzione tra Nord e Sud Italia o ceto sociale. I correntisti di Banca Etica dovranno sottoscrivere la dichiarazione di condivisione delle finalità della banca e, come abbiamo già accennato, tutti i rapporti dovranno essere nominativi, nessuna operazione potrà essere effettuata con denaro di cui non si garantisca la provenienza. L'offerta dei prodotti riguarda quattro grandi settori: la cooperazione sociale, la cooperazione internazionale, ambiente, cultura e società civile, prediligendo la concessione di capitali al c.d. Terzo Settore74. Per quanto riguarda la valutazione delle performance etiche di ciascuna impresa da finanziare, Banca Etica si avvale di un sistema particolare: viene assegnato un coefficiente in base al rispetto dei valori presi in considerazione: partecipazione democratica (3 punti), qualità sociale prodotta (3 punti), rispetto per l'ambiente (3 punti), solidarietà (3 punti), pari opportunità (2 punti), rispetto delle condizioni di lavoro (2 punti), legami territoriali (2 punti), volontariato (1 punto). L'analisi finale del punteggio ottenuto, combinato con l'autocertificazione dell'impresa di non effettuare investimenti contrari ai principi della finanza etica, permetterà alla banca di definire l'istruttoria e di accertare 74 Per Terzo Settore si intende il complesso delle istituzioni che si inseriscono tra Stato e mercato, senza poter essere considerate una diretta espressione dell'uno o dell'altro; sono organizzazioni di diritto privato, tra le quali ricordiamo le ONLUS, le ONG e le associazioni di volontariato dedite alla produzione di beni e servizi a destinazione collettiva e a scopo sociale. 132 l'affidabilità del progetto. Per raccogliere le fila di quanto abbiamo esposto, schematizzeremo le differenze sostanziali tra la politica di una banca convenzionale e quella di una banca etica, prendendo ispirazione dalle considerazioni di Katharina Beck dell'Institut for Social Banking75 e dal lavoro di Milano: Banca Etica Banca Convenzionale Vincolo etico che lega contratto di deposito e impiego Separazione gestionale tra contratti di deposito e contratti di impiego Fini mutualistici e di utilità sociale Fini lucrativi Esercizio dell'intermediazione Ottimizzazione dell'efficacia e monetaria in funzione di principi etici e dell'efficienza dell'intermediazione solidali dichiarati espressamente monetaria e finanziaria Preminenza del capitale umano Preminenza del capitale finanziario Tipologia selezionante dei finanziamenti Tipologia anonima dei finanziamenti Interesse per il progetto del cliente Interesse relativo per il progetto del cliente Credito anche a coloro che non possono Credito solo a chi è già stabile presentare particolari garanzie economicamente Responsabilizzazione del risparmiatore Relativo disinteresse per la provenienza del denaro, nei limiti della legge antiriciclaggio Informazione costante sulla destinazione degli investimenti Informazione sporadica o inesistente sulla destinazione degli investimenti Maggiore considerazione per le persone Valgono gli azionisti Creazione di ricchezza nel rispetto Creazione di ricchezza per massimizzare dell'ambiente e delle generazioni future i guadagni a brevissimo termine Garanzie personali, di categoria e di comunità 75 Garanzie patrimoniali L' Institute for Social Banking è un associazione senza scopo di lucro, composto da 15 banche ed istituti finanziari ad orientamento eco-sociale in Europa. Tra i soci ci sono anche Banca Etica, la Alternative Bank Schweiz, la GLS Bank a Bochum e la Triodos Bank nei Paesi Bassi. 133 Le banche etiche in Europa sono in netta ascesa, analizziamo il quadro economico per avere un'idea del potenziale di questo settore innovativo (Meggiolari, 2008): I dati sono espressi in milioni di euro Paesi Istituto Capitale sociale Raccolta di Finanziame N° dipendenti risparmio in nti ITALIA Banca Popolare Etica 19,43 414 322 122 FRANCIA NEF 11 32 35,5 28 REGNO UNITO Charity Bank 9,47 44,87 25,42 64 SPAGNA Fiare 9,57 2,06 - 4 NORVEGI A Cultura Sparebank OLANDA Triodos Bank* 124 1,36 854 349 DANIMAR Merkur CA 7,87 77,4 57,54 37 SVEZIA 2,65 19,43 15,57 8 SVIZZERA BAS 24,35 418 340,91 62 BCL 7,30. 98,55 82,82 15 GERMANI GLS 35,5 A Umweltban 51,5 k 567,8 383,8 174 515,8 685,9 135 Ekobanken 13 (2) i dati si riferiscono anche alle sedi Triodos Bank in Spagna, Belgio e Regno Unito. La Banca Popolare Etica, con la la Fondazione Fiare e la Nouvelle Economie fraternelle (NEF) hanno dato vita al progetto di una nuova realtà finanziaria di caratura internazionale: la Banca Etica Europea. I tre istituti hanno costituito un gruppo di lavoro con l'obiettivo di definire un quadro di valori comuni, il cui risultato più emblematico è rappresentato dal Manifesto per una Banca Etica 134 Europea76. Concludiamo la nostra rassegna sulle organizzazioni promotrici di un sistema economico basato sulla responsabilità sociale e sulla solidarietà, portando l'esempio delle MAG: società cooperative di mutua autogestione. Queste società finanziarie, sorte agli verso la fine degli Anni Ottanta, si pongono il medesimo fine delle banche etiche: ridimensionare le “regole del gioco” del sistema bancario convenzionale, offrendo ai soci la possibilità di impiegare i propri risparmi in progetti finanziari eticamente sostenibili e ad un tasso d'interesse equo, non superiore al tasso d'inflazione. Le MAG raccolgono i versamenti dei soci e li reinvestono in base ai principi del “Manifesto della finanza mutualistica e solidale”, del tutto simili ai valori espressi dai promotori del microcredito. L'accesso al credito è scevro da ogni tipo di discriminazione basata sul patrimonio, sesso, etnia o religione ed è volto al sostegno di attività che favoriscano il benessere della comunità, l'unico requisito necessario per ottenere un finanziamento è lo status di socio della MAG. Il 75% dei finanziamenti concessi deve basarsi solo su garanzie personali, con una predilezione per le garanzie di gruppo (esattamente come la Graamen Bank) e l'istruttoria economica deve avere pari valore a quella socio-ambientale. Trasparenza, partecipazione e mutualità sono le linee guida di ogni operazione effettuata dalla società. Infine, come ulteriore elemento di distinzione, la cooperativa dovrà adottare idonei strumenti, discussi e approvati dalla propria assemblea dei soci, per definire e verificare periodicamente in modo partecipato, il raggiungimento dei propri fini 76 Cfr, Appendice D. 135 sociali. 136 Conclusione Le analogie e le differenze tra la finanza etica e la finanza islamica Nei paragrafi precedenti abbiamo esposto i principi fondamentali della finanza etica e, giunti alla conclusione della nostra ricerca, valutiamo le possibili analogie tra l'approccio etico nella finanza occidentale e i valori di riferimento del sistema finanziario Shari'a Compliant. Analizzeremo le sinergie in funzione dei seguenti argomenti: responsabilità sociale delle imprese; sviluppo sostenibile; investimenti e strumenti finanziari; politiche di governance di banche e aziende; propensione alla rinuncia ad un rendimento massimizzato nel breve periodo. Il primo punto di convergenza tra i due settori riguarda la responsabilità sociale delle imprese, in base alla quale, le aziende sono portate a riconoscere maggiore importanza alle esternalità sociali e ambientali delle loro attività, evitando di considerare solo la massimizzazione del profitto. L'attività socialmente responsabile si fonda su alcuni presupposti: produrre di più, al servizio del più ampio numero possibile di utenti, con un occhio di riguardo per la salvaguardia dell'ambiente. Questa visione della produttività aziendale influendo positivamente sulla lotta alla povertà e sulla crescita dell'economia reale è incentivata in entrambi i sistemi finanziari oggetto del nostro studio, anche se nel mondo 137 economico e sociale islamico ha necessariamente una valenza più religiosa che politica. L'imprenditore islamico non deve considerare la responsabilità sociale come una semplice possibilità di valorizzare la propria immagine o i propri guadagni, tutt'altro: i profitti di un'impresa islamica devono essere investiti per lo sviluppo di attività utili alla comunità e alle generazioni future, attività che siano in linea con il volere di Allah. Questo perché le imprese sono viste come risorse economiche appartenenti a tutta la società, le conseguenze finanziarie, positive o negative che siano, non hanno il potere di influenzare la politica economica di un'azienda rispettosa della Shari'a. La responsabilità sociale delle imprese è elemento integrante dello sviluppo sostenibile, ulteriore punto di contatto tra le due concezioni di finanza. La definizione di “sviluppo sostenibile” enuncia che “ esso è uno sviluppo che risponde alle esigenze del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di pensare alle proprie (...) Lo sviluppo sostenibile mira a favorire uno stato di armonia tra gli essere umani e tra l'uomo e la natura” (Rapporto Bruntland,1987). Queste considerazioni collimano perfettamente con i principi della Legge Islamica, i quali si fondano sull'armonia tra l'uomo e la natura circostante creata da Allah. Il buon musulmano deve farsi promotore di uno stile di vita che rispetti la salvaguardia della fede, dell'individuo, dell'intelletto, della ricchezza della comunità e delle generazioni future. Questa vocazione sociale condivisa non può che incidere sul tipo di investimenti promossi dalle banche etiche e dagli istituti islamici, nonché sulla costruzione di un qualsiasi prodotto 138 finanziario che sia compatibile con i valori ideologici di entrambi gli ordinamenti finanziari. I Socially Responsible Investsments (SRI) tipici della finanza etica, e gli investimenti islamici basati sui divieti coranici del maysir e del gharar presentano svariate analogie; ad esempio per quanto concerne l'esclusione di determinate attività ritenute contrarie ai principi etici o religiosi. Come abbiamo esposto in precedenza, nel mondo della finanza islamica un titolo finanziario è ritenuto un investimento conforme ai dettami coranici se supera il filtro costituito da quattro requisiti negativi: la società emittente non deve sviluppare attività proibite; l'indebitamento di questa società non può superare il 33%; l'attivo liquido della società non può essere superiore al 50% dell'attivo complessivo; i profitti della società provenienti da attività non conformi alla Shar'ia non deve superare il 5% o il 15% dei guadagni totali. Le strategie d'investimento nell'ambito della finanza etica si fondano su criteri di selezione molto simili: ambiente, sviluppo sociale, governance. Gli investitori valuteranno il rispetto dei suddetti criteri in base alle informazioni ottenute da agenzie di rating specializzate (ad esempio la Standard Ethics), o da società di consulenza che effettueranno lo screening delle aziende sulle quali poter effettuare investimenti. Verranno prediletti gli strumenti finanziari delle società best in class, ovvero le aziende posizionate ai vertici delle classifiche stilate dalle agenzie di rating etico, o i prodotti emessi dalle società best effort, ossia gli enti che hanno mostrato una reale propensione ad adottare politiche aziendali rispettose dei principi fondamentali dell'ethical finance. I criteri di esclusione sono quasi 139 coincidenti nelle scelte dei due sistemi finanziari; non possono essere promossi investimenti in attività quali la produzione di alcool, armi, materiale pornografico, gioco d'azzardo, tabacco. Una sostanziale differenza riguarda il collocamento di fondi in aziende produttrici di combustibili fossili come il petrolio, elemento preponderante dell'economia islamica ma, allo stesso tempo, rientrante nelle esclusioni ambientali da parte dei promotori della finanza etica, insieme all'ingegneria genetica, all'agricoltura geneticamente modificata e all'energia nucleare. Per quanto concerne la governance, è interessante la convergenza di struttura e di attività tra i Comitati Etici delle Banche Etiche e delle società di gestione del risparmio del medesimo settore, e gli Shar'ia Boards, presenti in tutte le banche islamiche. Entrambi gli enti hanno il compito di monitorare il rispetto dei valori di riferimento da parte degli istituti nei quali offrono la propria conoscenza tecnica, collaborando a stretto contatto con i Consigli di Amministrazione. Inoltre, la trasparenza assoluta nei rapporti con la clientela e la scelta di investimenti volti alla crescita dell'economia reale sono elementi emblematici degli istituti di credito etici e islamici. Passando all'analisi della propensione alla rinuncia di un profitto massimizzato nel breve periodo77 da parte del risparmiatore, che decide di investire in strumenti finanziari etici o islamici, ci troviamo dinanzi ad una peculiarità interessante: nel caso sia dell'investitore socialmente responsabile, sia dell'investitore islamico la 77 Il rendimento nel lungo periodo degli strumenti finanziari etici ed islamici tende ad equipararsi e, in alcuni casi, persino a superare quello dei prodotti convenzionali. 140 massimizzazione del profitto non si estrinseca in un guadagno economico maggiore, bensì nella certezza di aver impiegato il proprio denaro in attività rispettose di valori morali o religiosi. In realtà, queste categorie di risparmiatori rischierà di subire un duplice costo in più rispetto all'investitore convenzionale: il primo è rappresentato dall'informazione necessaria per venire a conoscenza della effettiva responsabilità sociale delle imprese o del rispetto dei dettami coranici, e il secondo è il vincolo imposto al gestore del portafoglio di smobilizzare un investimento nel caso in cui l'impresa selezionata abbandoni i criteri etici o religiosi nel lungo periodo. Insomma, non solo il rendimento monetario ha una minore importanza per l'investitore etico: quest'ultimo è disposto a pagare di più per l'eticità del prodotto finanziario, rinunciando alla massimizzazione del rendimento nel breve periodo, e accettando l'aggravio dei costi di gestione. L'attitudine del risparmiatore etico rispecchia esattamente quella dell'investitore musulmano: la scelta di investire in strumenti finanziari rispettosi dei principi coranici è vista come una vera e propria purificazione della coscienza del credente, per la quale si è disposti anche a ridurre i guadagni materiali nel breve periodo. Nonostante, come abbiamo dimostrato, la finanza islamica sia una finanza etica, non possiamo tuttavia considerare tali modelli perfettamente speculari. La finanza islamica scaturisce da una visione economica rigorosamente legata ai dettami religiosi e presenta elementi di particolare rigidità strutturale, quale l'indottrinamento quotidiano dei dipendenti delle banche islamiche. La finanza 141 etica, sebbene condivida con il sistema islamico la genesi religiosa, negli anni ha assunto sempre più i contorni di un modello finanziario di matrice liberale ed universalista. Quindi, mentre la finanza islamica rappresenta il modello di riferimento di una comunità religiosa ben definita, la finanza etica si pone l'obiettivo di rappresentare l'intera comunità umana. 142 APPENDICE A Le scuole giuridiche sunnite Il diritto islamico è il frutto dell'interpretazione delle quattro scuole di cui descriveremo le caratteristiche principali. La scuola hanafita Questa scuola di pensiero deve la sua denominazione al giurista islamico iracheno Abu Hanifa (696-767). Gli Hanafiti riconoscono al procedimento analogico (Qiyās) il rango di fonte giuridica. E' considerata la scuola più liberale e seguita del mondo islamico, alla quale aderiscono circa 350 milioni di fedeli, principalmente le popolazioni musulmane di etnia non araba (indiani, turchi, iraniani e afgani). La scuola malikita I Malikiti si definiscono seguaci del pensiero giuridico dell' Imam Malik Ibn BenAnas (709-795), fondatore della suddetta scuola teologica nella città di Medina. La scuola vanta un seguito di circa 160 milioni di fedeli, la maggior parte dei quali originari dell'Africa settentrionale e centrale (Algeria, Marocco, Tunisia, 143 Sudan). Viene riconosciuta grandissima importanza alla Sunna (Tradizione). La scuola hanbalita Questa scuola prende il nome dall' Imam Ahmed Ibn Abdul Wahab ( 1703-1792), giurista conservatore saudita e fondatore del movimento wahabihista. Il Qiyās viene rifiutato nella sua interezza e, anche per questa impostazione estremamente rigida riguardo alle fonti orali, è considerata la scuola ultratradizionalista. Sebbene il pensiero e l'interpretazione dei wahabiti non goda di grandissima diffusione tra i fedeli musulmani (solo lo 0,2%), la sua influenza è molto rilevante, essendo la scuola di riferimento dell'Arabia Saudita. La scuola Shafiita Il rappresentante principale di questa corrente giuridica è l'Imam Al-Shàf'i Abu 'Abd Allah Muhammad Ibn Idris (767-820), seguace del fondatore della scuola malikita. Fu il primo ad organizzare in modo sistematico la giurisprudenza islamica e a coordinare i quattro pilastri (Corano, Sunna, Qiyàs, Ijmà). La scuola è diffusa maggiormente in Siria, Caucaso, Arabia Occidentale e Meridionale, Egitto e Africa Orientale, raccogliendo circa 175 milioni di fedeli. Al Shāf'i è anche il fondatore del fiqh. 144 Le scuole giuridiche sciite La scuola Ismailita, duodecimana e alawita Gli studiosi di questa scuola si ispirano al pensiero e alle opere dell' Imam Ja'far al-Sadiq (702-765), tradizionalista giuridico e massimo interprete sciita della Shari'a. Tra i suoi discepoli ricordiamo il fondatore della scuola malikita sunnita. Gli Ismailiti credono che l'applicazione storica del corano sia stata portata a termine e che sia fondamentale una maggiore apertura verso interpretazioni umanistiche e liberali. Questa corrente di pensiero è diffusa principalmente nel nord del Pakistan e dell'Afghanistan, Zanzibar e Africa orientale, circa 15 milioni di fedeli. 145 APPENDICE B PAESI ISLAMICI E MODELLI LEGISLATIVI DI RIFERIMENTO Sistema misto Shari'a, Common Law e Civil Law: Arabia Saudita, Giordania, Iran, Yemen. Sistema misto Shari'a, Common Law e Customary Law: Brunei, Gambia, Kenya, India, Malaysia, Nigeria. Sistema misto Shari'a, Civil Law e Customary Law: Eritrea, Gibuti, Indonesia, Timor Est. Sistema misto Shari'a e Common Law: Bangladesh, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Oman, Pakistan, Qatar, Singapore, Sudan. Sistema misto Shari'a e Civil Law: Algeria, Afghanistan, Egitto, Isole Comore, Kuwait, Libano, Libia, Marocco, Mauritania, Siria, Tunisia. Sistema islamico puro: Maldive. (Giustiniani, 2006, pag.26) 146 APPENDICE C Manifesto della finanza etica* *promosso in occasione del Convegno “Verso una carta d'intenti per la finanza etica italiana”. Firenze 1998. L'economia e la finanza eticamente orientate si pongono domande e cercano risposte sulle conseguenze delle azioni economiche. Quali conseguenze comporta una attività produttiva o finanziaria per la vita delle persone, per il bene comune, per l'ambiente naturale? La finanza eticamente orientata : 1. Ritiene che il credito, in tutte le sue forme, sia un diritto umano. Non discrimina tra i destinatari degli impieghi sulla base del sesso, dell'etnia o della religione e neanche sulla base del patrimonio curando perciò i diritti dei poveri e degli emarginati. Finanzia quindi attività di promozione umana, sociale ed ambientale, valutando i progetti con il duplice criterio della vitalità economica e della utilità sociale. Le garanzie sui crediti sono un'altra forma con cui i partner si assumono la responsabilità dei progetti finanziati. La finanza etica valuta, al pari delle garanzie di tipo patrimoniale, altrettanto valide quelle forme di garanzie personali, di 147 categoria o di comunità che consentono l'accesso al credito anche alle fasce più deboli della popolazione. 2. Considera l'efficienza una componente della responsabilità etica Non è una forma di beneficenza: è un'attività economicamente vitale che intende essere socialmente utile. L'assunzione di responsabilità, sia nel mettere a disposizione il proprio risparmio, sia nel farne un uso che consenta di conservarne il valore, è fondamento di una partnership tra soggetti con pari dignità. 3. Non ritiene legittimo l'arricchimento basato sul solo possesso e scambio di denaro Il tasso di interesse, in questo contesto, è una misura di efficienza nell'utilizzo del risparmio, una misura dell'impegno a salvaguardare le risorse messe a disposizione dai risparmiatori e a farle fruttare in progetto vitali. Di conseguenza il tasso di interesse, il rendimento del risparmio, è diverso da zero, ma va mantenuto il più basso possibile, sulla base di valutazioni economiche, ma anche sociali ed etiche. 4. E' trasparente L'intermediario finanziario ha il dovere di trattare con riservatezza le informazioni sui risparmiatori di cui entra in possesso nel corso della sua attività, tuttavia il rapporto trasparente con il cliente impone la nominatività dei risparmi. I depositanti hanno il diritto di conoscere i processi di funzionamento 148 dell'istituzione finanziaria e le sue decisioni d'impiego e di investimento. 5. Prevede la partecipazione alle scelte importanti dell'impresa non solo da parte dei soci, ma anche dei risparmiatori Le forme possono comprendere sia meccanismi diretti di indicazione delle preferenze nella destinazione dei fondi, sia meccanismi democratici di partecipazione alle decisioni. La finanza etica è così portatrice di un messaggio forte e coraggioso di democrazia economica. 6. Ha come criteri di riferimento per gli impieghi la responsabilità sociale ed ambientale Individua i campi di impiego, ed eventualmente alcuni campi privilegiati, introducendo nell'istruttoria economica criteri di riferimento basati sulla promozione dello sviluppo umano e sulla responsabilità sociale ed ambientale. Esclude per principio rapporti finanziari con quelle attività economiche che ostacolano lo sviluppo umano e contribuiscono a violare i diritti fondamentali della persona, come la produzione e il commercio di armi, le produzioni gravemente lesive della salute e dell'ambiente, le attività che si fondano sullo sfruttamento dei minori o sulla repressione delle libertà civili. 7. Richiede un'adesione globale e coerente da parte del gestore che ne orienta tutta la attività. 149 Qualora invece l'attività finanziaria eticamente orientata fosse soltanto parziale, è necessario spiegare, in modo trasparente, le ragioni della limitazione adottata. In ogni caso l'intermediario si dichiara disposto ad essere monitorato da istituzioni di garanzia dei risparmiatori. 150 APPENDICE D MANIFESTO PER UNA BANCA ETICA EUROPEA Premessa Il denaro, che dovrebbe essere lo strumento dello sviluppo umano, è divenuto l’obiettivo principale dell’economia con il rischio di far perdere ogni senso alle attività economiche. Nei paesi ricchi, come nei paesi emergenti, lo sviluppo economico ha di certo consentito un aumento del tenore di vita, ma ha generato al contempo un deterioramento della qualità delle relazioni umane e, paradossalmente, della soddisfazione degli individui. La disoccupazione, la precarietà e le disuguaglianze si sono moltiplicate. In realtà, l’economia ha preso il sopravvento sulle altre sfere di attività e troppo spesso l’uomo è diventato uno strumento a servizio delle leggi di mercato. L’inquinamento dell’ambiente vitale e l’esaurimento delle risorse naturali (in particolare le energie), addirittura prima che l’insieme delle popolazioni possano avervi accesso, rendono urgenti l’investimento nelle pratiche e nelle tecnologie pulite e rinnovabili, nel Nord come nel Sud del mondo. Occorre opporre a questa situazione una resistenza costruttiva ed energica. Parallelamente alla lenta reazione delle istituzioni pubbliche e delle imprese in proposito, la società civile, ispirandosi ai principi di cooperazione, di fratellanza e di sostenibilità, intesa come solidarietà fra generazioni, si è fatta promotrice di molteplici iniziative a forte impatto sociale ed ambientale. 151 In questo contesto, nell’aver colto dall’orientamento della loro storia e dai rispettivi manifesti, una comunanza di valori e di finalità e la consapevolezza dell’elevata importanza dell’etica economica e finanziaria ai fini di un armonioso sviluppo culturale, sociale ed economico, la BANCA POPOLARE ETICA (Italia), la NEF (Francia) e FIARE (Spagna) hanno deciso di unire le loro forze e le loro complementarietà nella volontà di creare una banca etica europea. Insieme, hanno formulato e adottato questo manifesto comune per guidare le azioni quotidiane della banca. Il manifesto va inteso come documento aperto, destinato ad evolversi proseguendo il dialogo e gli scambi iniziati tra i partner del progetto. Ogni organizzazione che intenderà confluire nel progetto e partecipare alla governance della banca etica europea dovrà recepire questo manifesto. Intenti Come hanno voluto e lo vivono ora le istituzioni fondatrici, la banca etica europea si propone di promuovere nuove modalità nelle relazioni economiche (in particolare in campo finanziario) in seno alla società, ponendo la centralità sull’etica, sull’esercizio della responsabilità e sull’interesse per l’altro. Quello che, quindi, essa sta ponendo è una formidabile sfida: centrare l’economia sull’essere e non sull’avere. Si tratta di dare voce a tutti ed in particolare ai meno abbienti. Si tratta di non cedere più all’immagine di una società dove si combatte l’uno contro l’altro per la sopravvivenza, e di dare libero corso alle forze di giustizia e di fratellanza presenti in ogni essere umano. La banca etica europea viene creata e gestita dalle persone e dalle organizzazioni che intendono agire 152 all'interno della società affinché il denaro unisca gli uomini. Con la sua attività, la banca etica europea si propone: La trasformazione sociale tramite il rapporto con il denaro − Accompagnare una trasformazione sociale nonviolenta al fine di far crescere l’essere umano, e per proteggere e rigenerare i beni comuni in una società giusta, sia nei paesi del Nord che in quelli del Sud. Ogni persona deve trovare in questa società di che soddisfare i bisogni primari e potere sviluppare pienamente le proprie capacità. - Ricercare questa trasformazione tramite l’esercizio della responsabilità da parte delle persone e delle organizzazioni nello scambio del denaro. Le organizzazioni fondatrici hanno infatti constatato che il cambiamento di attitudine nei confronti del denaro comporta, quando si generalizza, un forte potenziale di cambiamento sociale. Nella pratica della finanza etica, non si agisce solamente nel proprio interesse, ma anche consapevolmente a favore di quelli di altre persone. - Essere un laboratorio di “reinvenzione della ricchezza”, dove si sperimenta l’integrazione tra valori economici e non economici (gratuità, solidarietà, attenzione all’altro, volontariato, qualità della vita, rispetto dell’ambiente, valutazione di costi sommersi, ecc.) La trasparenza e l’etica - Praticare la trasparenza in tutti i processi bancari, nella circolazione del denaro ed, in particolare, nel suo impiego. Si tratta di dare a tutti gli stakeholders le informazioni necessarie affinché possano formarsi un parere etico e giocare il 153 ruolo che loro gli compete in modo responsabile. - Operare nella consapevolezza delle conseguenze non economiche di ogni azione economica. - Fare in modo che la ricchezza prodotta ed ottenuta dal possesso e dallo scambio di denaro siano la conseguenza di attività orientate a favore dell’interesse comune e non degli interessi particolari. Considerare, con i risparmiatori, che il denaro depositato in attesa della sua utilizzazione debba essere gestito come un bene comune, affinché ciascun essere umano possa coltivare le proprie capacità ed assumersi le proprie responsabilità quando si inserisce nella vita Governance Far emergere un sistema di governance partecipativa, fondata sullo spirito di cooperazione e che implichi il coinvolgimento del maggior numero di persone (risparmiatori, fruitori di credito, dirigenti, lavoratori/trici ecc.) e di organizzazioni, fra le quali gli istituti finanziari. • Favorire la partecipazione e la responsabilità personale nel funzionamento della banca attraverso la pratica della trasparenza istituzionale. • Rispettare le libertà individuali di scelta di natura religiosa, filosofica o politica e quindi la diversità delle opinioni o degli impegni, nel rispetto dei valori che ispirano il presente manifesto. a economica. Modalità di azione 154 Per realizzare i propri intenti, la banca etica europea intende: Costruire una vera banca etica … - Cooperare con le reti economiche e finanziarie (produzione di ricchezza, risparmio, produzione di beni e servizi, credito) al servizio dell’economia reale e non dell’attività speculativa; - Essere un attore autonomo e significativo del sistema bancario, sia sul piano economico che sul piano sociale, favorendo al contempo la sobrietà e l’efficienza. - Concedere credito ai progetti portatori dei valori di rispetto dell’uomo e dell’ambiente. - Offrire ai propri soci e clienti i migliori prodotti e servizi finanziari possibili a servizio dei valori comuni, compatibilmente con le risorse della banca e in funzione delle priorità definite in un processo permanente di concertazione e di mediazione. Costituire le condizioni affinché la banca etica europea possa riscuotere fiducia e diventare la banca di riferimento dei propri soci. - Gestire il risparmio come un bene comune e quindi accogliere con rispetto e attenzione tutte le richieste di credito, pur assumendo pienamente la responsabilità di un eventuale diniego di credito. In quest’ultimo caso, ascoltare, dialogare, cercare con l’aiuto della società civile di ricreare le condizioni che rendano possibile l’accesso al credito (accompagnamento, garanzie, ecc.). … fondata sulla vita cooperativa - Impegnarsi affinché la banca nel suo insieme si sviluppi in maniera coerente 155 rispetto ai valori espressi nel manifesto, grazie all’assunzione di responsabilità da parte di tutti i portatori d’interesse. - Essere un’istituzione aperta a chi, condividendone i valori, intende unirsi ad essa. - Sviluppare un processo di concertazione fra i diversi attori coinvolti al fine di trovare soluzioni equilibrate alle rispettive domande (ad esempio nella relazione tra la raccolta di risparmio e la sua utilizzazione). Definizione delle parole chiave in italico nel testo Beni comuni Un bene comune è qualcosa di materiale o di immateriale che riceviamo gratuitamente e che dobbiamo ritrasmettere possibilmente arricchito alle future generazioni. L’aria, l’acqua, la terra, la diversità delle sementi, e così via, costituiscono tali beni comuni materiali; le conoscenze, i diritti dell’uomo e della donna, i saper fare sono beni comuni immateriali. La protezione e la rigenerazione dei beni comuni richiedono molta cura. La presa di coscienza del deterioramento dei beni comuni naturali ha portato alla rivoluzione ecologica. Quando questi beni sono minacciati, appartiene ai cittadini consci della loro importanza di attivarsi per allertare la società e organizzare la loro tutela con l’appoggio delle organizzazioni, e nel caso la presa di coscienza raggiunga la sfera pubblica, con i pubblici poteri. Economia reale La circolazione del denaro può riguardare sia un’operazione economica reale 156 (acquisto, investimento, acquisto di quote di un’impresa, ….), sia un’operazione virtuale (scambio di valori finanziari per ottimizzare la relazione profitto-rischioliquidità). Etica E’ importante notare che la parola etica si riferisce al fatto che ciascun essere umano è chiamato ad essere istanza di giudizio di valore sulle proprie azioni o su quelle compiute a suo nome. Il giudizio etico è di natura fondamentalmente individuale, pur ispirandosi ad un corpus di valori riconosciuti dalla collettività. In se, nessuna organizzazione può essere etica, se non a partire dal giudizio degli uomini e delle donne che ne assumono il funzionamento. Una organizzazione non può quindi qualificarsi come etica se non pratica sistematicamente e attivamente la trasparenza, a partire della messa a disposizione di informazioni pertinenti. Finanza etica La definizione della finanza etica si deduce dal manifesto nel suo insieme. Non dovrebbe esserci motivo di parlare di finanza etica in quanto tale, poiché l’insieme dell’attività finanziaria dovrebbe essere etica di per sé. La finanza etica esiste e non cessa di svilupparsi nel mondo intero. Ma, stiamo attenti, esiste un altro fenomeno: molte istituzioni tentano di offrire prodotti finanziari cosiddetti “etici”, ma solamente allo scopo di conquistare nuovi mercati… Molte sono le persone che tendono a far confusione a questo proposito. Sono convinte di agire bene senza realmente viverlo come un gesto normale corrispondente a motivazioni ideali ben definite per apportare un cambiamento a situazioni economiche 157 discutibili. Ne deriva la necessità di una definizione chiara, coerente e condivisa della finanza etica, come intende contenerla questo manifesto. Occorre tuttavia rimanere consapevoli che, visto l’inesistenza di una definizione giuridica nella legge dei nostri diversi paesi, il termine etico può essere utilizzato senza restrizioni da qualsiasi realtà. Governance partecipativa La governance partecipativa include e supera la tradizione cooperativa. L’assemblea generale consente ad ogni persona di esprimere il proprio voto qualunque sia l’ammontare del suo apporto finanziario. Essa da regolarmente la parola ai soci e riconosce alla dimensione locale la capacità di trattare tutte le questioni affrontabili a questo livello sviluppando una vita cooperativa locale. Interesse comune L'interesse comune è l’obiettivo che ogni cittadino dovrebbe perseguire nel praticare le proprie responsabilità nella sfera pubblica, cercando di raggiungere in questo ambito accordi equi e onesti. Perciò, l’idea di interesse comune richiama in ultima analisi il valore della giustizia e comporta una serie di condizioni per poter compiersi pienamente nella nostra società, fra le quali l’impegno civico e la partecipazione. Sobrietà La sobrietà è un’arte di vivere e di resistere a quanto spinge al consumo. 158 BIBLIOGRAFIA ABDULLAI A. AN-NA'IM, Riforma islamica. 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