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La necessità di essere ambiziosi
Civiltà L'umanità
accelera grazie
soprattutto ai sogni
di gloria: Alessandro
Magno e Riccardo Ut
e Abraham Lincoln,
per esempio. Una storia
di ascese e cadute,
naturalmente.
Ma anche di strepitosi
successi nel campo
della medicina
di GIUSEPPE REMUZZI
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predi più — scrive Pluf f
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rispondeva che l'avrebbe fatto solo se avesse avuto contro un re». Era ambizioso Alessandro (il Macedone), di una ambizione
senza limiti, al punto di dolersi del padre
— «conquisterà tutto lui e a me non resterà più nulla» — e di rimproverare Aristotele: «Voglio distinguermi per il mio ingegno
più che per la forza dei miei eserciti, certo
che se pubblichi le tue lezioni se ne gioveranno tutti». Insomma Alessandro avrebbe voluto che gli insegnamenti di Aristotele fossero solo per lui. Il Macedone, che sarà poi Alessandro Magno, sa bene cosa
vuole, fin da giovane, e la sua ambizione
(inclusa—a detta di Curzio Rufo — la pretesa di essere Dio) lo porta a modificare il
corso degli eventi e a far riscrivere la storia.
E Alessandro non è stato il solo. L'ambizione — insieme a cultura, visione e capacità
di controllare le emozioni — fece di Lincoln uno dei più grandi, forse il più grande
presidente degli Stati Uniti. Abraham nasce in una casa di gente povera, ma vuole
assolutamente diventare qualcuno e fare
qualcosa di grande per il suo Paese, non a
qualunque costo però, ma meritandosi la
stima di chi gli sta intorno e poi del suo popolo. Ci è riuscito, eccome.
«Buona o cattiva l'ambizione?», si chiede Neel Burton, professore di psicologia a
Oxford in un saggio recente. Dipende. A
Riccardo HI d'Inghilterra («il mio regno
per un cavallo») l'ambizione fu fatale: cor-
rotto e malvagio, viene abbandonato un
po' alla volta da quasi tutti e muore di morte violenta; è Shakespeare a renderlo immortale. Over-ambitious furono Mastro
Gesualdo di Verga, manovale che diventa
ricco e «don» e riesce perfino a sposare
una nobildonna, e Georges Duroy di Bel
Ami di Maupassant, che da impiegatuccio
delle ferrovie arriva a essere uno degli uomini più influenti di Francia.
Di medici ambiziosi ce ne sono stati tanti, più vicini a Lincoln che a Riccardo m però. Louis Pasteur aveva genio e conoscenze
ma anche voglia di emergere e capacità di
convincere gli scettici e un obiettivo dichiarato e ambiziosissimo: dedicare la sua
vita al benessere dell'umanità. L'hanno definito «il più perfetto di tutti gli scienziati»;
è per la sua personalità e un po' anche per
la sua ambizione che l'uomo ha trionfato
sui microbi, cosa sarebbe successo se no?
«Cose del passato» penserà chi ha avuto
la bontà di leggere fin qui. Ma è stato così
anche dopo. Agli inizi degli anni Cinquanta chi si ammalava di rene moriva perché
non c'era modo di sostituire la funzione.
Sarebbe così anche oggi, se non fosse stato
per l'ambizione di David Hume, un uomo
di inesauribile energia e ottimismo: lui
non sapeva aspettare, la sua curiosità intellettuale non aveva limiti. «Che non ci fossero precedenti non era un deterrente per
lui — ha scritto Hyung Mo Lee, uno dei
suoi giovani colleghi —, per lui niente era
impossibile, aveva un entusiasmo infettivo
che contagiava letteralmente tutti quelli
che lavoravano con lui, entravi nel suo ufficio con una piccola idea e uscivi con un
grande progetto».
Nel 1951 il dottor David Hume e i suoi
collaboratori, all'ospedale Peter Bent Brigham di Boston, eseguirono il primo trapianto di rene da un donatore cadavere, in
un paziente che stava per morire per insufficienza renale acuta. In quell'anno e nel
successivo Hume, in collaborazione con il
dottor Merrill, eseguì altri nove trapianti
da un soggetto a un altro, posizionando il
rene trapiantato nel braccio 0 nella coscia
del ricevente. Fu Joseph Murray ad arrivarci, mentre altri chirurghi che lavoravano
con lui giudicavano eccessiva l'ambizione
di farcela. «Joe, non farti coinvolgere con
questa storia del trapianto, rovinerà la tua
carriera». Murray era un chirurgo plastico,
curava le ferite di guerra come ufficiale
dell'esercito americano, trapiantava la cute
da un soggetto all'altro e aveva visto che tra
gemelli non c'era rigetto. Nel 1947 torna a
Boston, incontra John Merrill e insieme ragionano: se i gemelli identici non rigetta-
GIUSEPPE REMUZZI
Rìsultatì
La voglia di emergere
di Louis Pasteur, la corsa
sfrenata di Chris Barnard,
le intuizioni sulla dialisi
di Willem Kolff
no il trapianto di cute non dovrebbero rigettare nemmeno quello di rene.
Intanto al Medicai College of Wisconsin
dove è ricoverato, un ragazzo di vent'anni
— Richard Herrick — sta morendo di insufficienza renale. Murray e Merrill pensano di chiedere al gemello Ronald di privarsi di uno dei suoi reni per darlo a Richard,
ma hanno paura. «Si trattava di chiedere a
un ragazzo di sottoporsi a un intervento
chirurgico per il bene di un altro, a Ronald
quell'intervento non avrebbe portato alcun
vantaggio». E nell'ambiente c'era chi criticava «state giocando a quelli che fanno
Dio». Ci fu una discussione pubblica.
I più sono contrari, chiedono al comitato etico, ma quelli non sanno che pesci
prendere. Così i dottori di Boston la decisione la prendono da soli, con la famiglia
Herrick, sostenuti dall'essere tutti e due
over-ambitious. L'operazione avrà successo, regalerà a Richard anni di vita e una
moglie e dei figli e cambiera la vita a centinaia di ammalati fin da subito.
Quell'intervento, che a Murray valse il
premio Nobel, accende la fantasia di Chris
Barnard, giovane chirurgo del Sud Africa
bravo sì, ma anche ambiziosissimo. Appena laureato va negli Stati Uniti per un po' e
ci ritoma nel 1966, lì incontra dottori del
trapianto in California e poi a Richmond e
a Denver, vuole imparare le tecniche chirurgiche e tutto quello che si sa sul rigetto.
Thomas Sfarzi, il pioniere del trapianto di
fegato, gli racconta candidamente che si
stanno preparando a fare anche il trapianto di cuore, ma non prima di avere buoni
risultati con il fegato. «Pensavamo — racconta Sfarzi — che una volta tornato a Città
del Capo Barnard volesse avviare un programma di trapianto di rene, come tutti
quelli che venivano a imparare». Ma Chris
spiazza tutti, il primo trapianto di cuore lo
fa proprio lui in Sudafrica, anche perché là
non c'era nessuna legge che lo impediva.
Fu notizia di quelle che fanno epoca, n primo malato visse solo 18 giorni; altri si sarebbero fermati, Barnard no. «Impariamo
dagli errori e questo deve darci coraggio
per fare più e meglio». Il secondo malato
vivrà 19 mesi e mezzo e Chris, che era bellissimo, sarà corteggiato dalle donne più
in vista del momento.
n trapianto — di rene, cuore, fegato e
polmone — si diffonde fino a regalare da
allora a oggi più di due milioni di anni di
vita solo negli ultimi 25 anni e solo negli
Stati Uniti a tanti ammalati che se no sarebbero morti. E tutto per l'ambizione di
uno che non ebbe paura di averne. Come
Willem Kolff. Da bambino voleva dirigere
uno zoo, ma in Olanda ce n'erano soltanto
tre. «Così — diceva suo padre — le possibilità di dirigerne uno sono davvero pochissime». Era un dottore suo papà, ma
Willy il dottore non lo voleva fare: «Si vedono morire troppe persone», diceva.
Nel maggio del 1940 le truppe di Hitler
invasero l'Olanda e i nazisti occuparono il
suo ospedale a Groningen. Pur di non collaborare, Kolff se ne va via e finisce a Kampen. D rene artificiale Kolff l'ha inventato lì
in un piccolo ospedale di campagna. Di
fronte all'agonia di un uomo che moriva di
reni pensò che se si fosseriuscitia togliere
dal sangue le sostanze tossiche che si accumulano quando questi smettono di funzionare, gli ammalati si sarebbero potuti
salvare. Come membrana ha provato di
tutto, il budello delle salsicce soprattutto e
persino i barattoli delle spremute d'arancia. Ci ha messo sangue mescolato con
urea, una molecola che chi è ammalato di
reni non riesce a eliminare. Poi ha immerso il budello della salsiccia in un bagno salato. In pochi minuti l'urea passava dal sangue all'acqua. L'idea era giusta. Dalle salsicce si è passati alle membrane di cellophane, fino alla creazione di una
macchina estremamente primitiva, a rullo
come le prime lavatrici. Ha cominciato ad
attaccare a questa macchina i primi pazienti. Nessuna approvazione e nessun comitato etico. Kolff era solo con la sua coscienza e con i suoi ammalati. All'ospedale
di Kampen ne ha curati 15, ne sono morti
14. Kolff nel 1950 lascia l'Olanda per gli Stati Uniti. Le macchine da dialisi diventano
sempre più sofisticate, tra lo scetticismo
dei grandi fisiologi renali, che dicevano fra
loro e ai congressi: «Mai nessuna macchina sarà capace di sostituire le funzioni di
un organo complesso come il rene».
Si sbagliavano, oggi più di due milioni
di persone al mondo vivono (qualcuno anche per 30 e persino 40 anni) grazie alla
macchina che lava il sangue e tutto per via
del dottor Kolff, della sua intuizione, della
sua voglia di riuscirci a dispetto di tutti,
della sua ambizione insomma.
GIUSEPPE REMUZZI
tema dell'ambizione e delle
Starzl Ai limiti del possibile.
Bibliografia
pp. 194, €20), mentre lo
Memorie di un chirurgo dei
spinte ai comportamenti
scrittore Ugo Riccarelli
Neel Burton, docente di
umani, si segnala anche il
trapianti (Longanesi, pp. 400,
psicologia a Oxford, è autore,
(1954-2013) ha narrato la
€ 15,49), e sul versante
tra gli altri saggi, di Heaven testo di Alberto Manguel Una
propria storia di «doppio
italiano, Non ho dubbi.
and Heli. The Psychology of the storia naturale della curiosità
trapiantato» (cuore e
appena edito da Feltrinelli
Vincenzo Gallucci e il primopolmoni) ne Le scarpe appese
Emotions (Acheron Press,
(traduzione di Stefano
trapianto di cuore in Italia. al cuore. Storia di un trapianto
pagine 234, £ 15,99) e di The
Art ofFailure: The Anti Self- Valenti, pagine 412, €30).
Storia di un cardiochirurgo e(prima edizione Feltrinelli, poi
help Guide (Acheron Press, Sull'argomento dei trapianti,
delle sue battaglie di Mondadori, pp. 112 €9,50)
pagine 197, £ 12,99). Sul da citare il libro di Thomas E.
Gianfranco Natoli (in edibus,
GIUSEPPE REMUZZI