Scarica il programma - Festival Pianistico Internazionale di Brescia
Transcript
Scarica il programma - Festival Pianistico Internazionale di Brescia
Bergamo, Teatro Donizetti Sabato 21 maggio 2016, ore 21.00 RONALD BRAUTIGAM pianista MUZIO CLEMENTI (1752-1832) Sonata in re maggiore op. 25 n. 6 Presto Un poco andante Rondò. Allegro assai FRANZ JOSEPH HAYDN (1732-1809) Andante con variazioni in fa minore Hob. XVII/6 Sonata in mi bemolle maggiore Hob. XVI/52 Allegro Adagio Finale. Presto RONALD BRAUTIGAM pianista R WOLFGANG AMADEUS MOZART (1756-1791) Fantasia in do minore K 475 Adagio – Allegro – Andantino – Più allegro – Tempo primo Sonata in do minore K 457 Allegro Adagio Molto allegro Bergamo, Teatro Donizetti Sabato 21 maggio 2016, ore 21.00 RONALD BRAUTIGAM Ronald Brautigam, interprete olandese fra i più apprezzati internazionalmente, si è affermato non solo per il suo virtuosismo e la sua musicalità ma anche per i suoi eclettici interessi musicali. Compiuti gli studi al Conservatorio di Amsterdam, si è perfezionato a Londra e negli USA con Rudolf Serkin, ottenendo nel 1984 il più alto riconoscimento olandese nell’ambito musicale, il Nederlandse Muziekprijs. Brautigam è stato ospite di moltissime orchestre tra le quali si ricordano quella del Concertgebouw, la London Philharmonic, l’Orchestra Filarmonica di Strasburgo, la Rundfunk-Sinfonieorchestrer Berlin, l’Orchestre National de France, collaborando con direttori quali Riccardo Chailly, Emmanuel Krivine, Christopher Hogwood, Philippe Herreweghe, Charles Dutoit. Nel corso della stagione 2015/16 Brautigam si esibisce con la Sydney Symphony Orchestra, la BBC Scottish Symphony, le Orchestre Sinfoniche di Praga e Basilea, la Gulbenkian Orchestra e l’Orchestre de Picardie. Brautigam è universalmente apprezzato anche come fortepianista e in questa veste ha suonato con il Concerto Copenhagen, l’Orchestre des Champs-Élysées, la Wiener Akademie, l’Orchestra del XVIII Secolo. A partire dal 1995 Ronald Brautigam ha iniziato una fruttuosa collaborazione con la casa discografica svedese BIS, con la quale ha inciso tutta l’opera pianistica di Mozart e Haydn su pianoforte e i concerti di Beethoven con l’Orchestra di Norrköping, diretta da Andrew Parrott. Nel 2004 la sua registrazione in 15 CD dell’opera pianistica di Beethoven è salutata dalla critica discografica internazionale come un punto di riferimento, tanto da far dire alla rivista Fanfare che le interpretazioni beethoveniane di Brautigam rappresentano la miglior rilettura del pensiero del genio di Bonn sugli strumenti a tastiera oggi a nostra disposizione. Per Decca ha registrato i concerti di Šostakovič, Hindemith e Frank Martin con Riccardo Chailly e l’Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam. La sua ampia discografia è stata premiato con due Edison Award, un Diapason d’Or, un Midem Classical Award a Cannes nel 2010 e la sua incisione delle Bagatelle di Beethoven gli è valsa il Preis der Deutschen Schallpattenkritik. Attualmente Ronald Brautigam è Professore alla Musikhochschule di Basilea. Il programma offre una scelta di sonate utili a toccar con mano la caratura “classica” di Muzio Clementi. La Classicità del maestro romano è anche una sfida, una sfida musicologica, musicale, nonché un interrogativo estetico e filosofico sul “classico”. Quel “classico” ingabbiato nell’etichetta, ormai logora, dalla triade viennese Mozart, Haydn e Beethoven e della “musica classica”. Clementi è il creatore del genere sonatistico per pianoforte. A lui guarda – più che a Mozart e, in misura diversa ad Haydn – Beethoven, che prosegue il modo di intendere il genere, come musica da concerto, oltre che laboratorio privato, per un pubblico ristretto. La Sonata in re maggiore op. 25 n. 6 nella sua limpida eleganza, brillante con misura, raccoglie le istanze espressive dello stile “galante” e le arricchisce di un garbo incisivo, non si ferma a una piacevolezza disimpegnata. Anche il Rondò finale, un carillon fresco e brioso, va oltre la grazia di circostanza dei moduli galanti. Per altro tutte le sei Sonate dell’op. 24, pubblicate da Artaria a Vienna nel 1790, lasciano intendere una volontà di affermazione che rivedremo con Beethoven e la risoluta autorità nel trattare con gli editori. Come in Clementi, le Sonate di Haydn risentono, e non poco, dell’evoluzione degli strumenti a tastiera tra il 1760 e l’inizio dell’800. Un dato tecnico fino a poco tempo fa ignorato, ma utile per comprendere i motivi della creatività. Le sonate di Haydn sono un tesoro di sorprese e arguzie a volte tanto sottili da esser difficili da cogliere: non galanteria ma ironia, non formule applicate secondo standard, ma gioco di equilibri partendo dagli schemi che andavano per la maggiore. Esemplare in tal senso è l’Andante con variazioni in fa minore Hob. XVII/6. Il tono è patetico, chiaramente ispirato agli affetti e alle espressioni dei movimenti “preclassici”, in particolare lo “stile della sensibilità” di Carl Philipp Emanuel Bach, il più innovatore dei figli del grande Kantor. Haydn costruisce una fitta trama di dialoghi, intrecciando e alternando i registri di soprano, tenore e baritono. Come sua consuetudine l’autore distribuisce generosamente il suo garbo sottile, ma lo specifico di quest’opera del 1793 (pubblicata da Artaria nel 1799) è l’emergere di un pathos pungente e intimamente dolente, sommesso. Per le sonate di Haydn e il loro scarso appeal innovativo calza il giudizio sferzante di Wagner: «Nella musica di Haydn ci sembra di vedere il demone della musica incatenato giocare innanzi a noi con l’infantilità di chi è nato vecchio». Se anche si volesse accreditare tale valutazione ciò non si addice alla magnifica e ultima grande Sonata in mi bemolle maggiore Hob. XVI/52 (scritta a Londra nel 1794, pubblicata da Artaria nel 1798). Un respiro possente e solenne che muove dal tema energico dell’Allegro del primo tempo, con movenze da ouverture alla francese, prosegue nell’elegiaco Adagio fino al gioioso Presto finale. Tra le pagine più alte del sonatismo di Mozart c’è il dittico in do minore, la Fantasia K 475 e la Sonata K 457. A discapito della più ieratica “classicità”, in entrambe le pagine si riversa l’abilità improvvisativa dell’autore. Completata nel maggio 1785, la Fantasia fu espressamente concepita per fortepiano, non per clavicembalo come molte opere precedenti: le sonorità sono specificatamente pianistiche. Si possono distinguere cinque tempi alternati tra lento e veloce (Adagio, Allegro, Andantino, Più allegro, Adagio) e passaggi di tonalità bruschi e inattesi. Il tema iniziale (ripreso dal Kyrie della giovanile Missa solemnis K 139) ritorna alla conclusione per concludere il continuo movimento di tensioni cupe e repentini rischiaramenti. La Sonata K 457 rappresenta uno dei più straordinari capolavori del compositore, opera isolata all’interno della produzione dei grandi concerti viennesi per pianoforte e orchestra. Secondo il musicologo Alfred Einstein, sui pilastri di questo capolavoro si ergerà l’opera sonatistica di Beethoven. La Sonata in si bemolle maggiore op. 24 n. 2 (Londra 1781) è nota anche come “Sonata Zauberflöte”: il tema, di rara incisività e brillante, è inequivocabilmente quello celebre dell’Ouverture del capolavoro mozartiano. Un indizio che in fondo anche il “mechanicus” Clementi, come lo aveva definito Mozart, sapeva creare idee musicali di prim’ordine. Per altro tutta la Sonata, con il declamato lirico del secondo tempo e il finale scintillante, ad alto tasso tecnico e spettacolare, spicca all’interno del corpus sonatistico di Clementi. Bernardino Zappa