Pleasure for Measure

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Pleasure for Measure
Persinsala Teatro
Mailè Orsi
aprile 26, 2016
Debutto, alle Scuderie Granducali di Seravezza, di Pleasure for Measure –
spettacolo ispirato al testo shakespeariano. Nuova produzione di If Prana,
in collaborazione con l’Associazione Tema Cultura di Treviso.
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A quattrocento anni dalla morte, il nuovo omaggio al Bardo è un lavoro
ispirato a Measure for Measure, del quale si presenta come una sorta di
sequel, partendo però da un finale ben diverso da quello del problem play
(dramma problematico, ossia dramma in cui tragedia e commedia si
mescolano e le grandi contraddizioni non sono risolte). Nell’antefatto di
Pleasure for Measure, infatti, la novizia Isabella ha ceduto al turpe ricatto
di Angelo, e si è concessa a lui in cambio della vita del fratello Claudio, che
viene però ucciso – nonostante tutto.
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Partendo da qui, le tre autrici – Giovanna Berti, Marta Richeldi e Caterina
Simonelli (anche regista) – esplorano alcuni dei temi che informano il
dramma: la giustizia, il potere, la morale, il sentire, attraverso una
drammaturgia che mantiene tono e bellezza della poesia, con un testo
denso e lirico. In questo modo, ci viene rivelato il mistero che siamo a noi
stessi, soprattutto nel momento in cui ci scopriamo diversi da ciò che
credevamo o che avremmo desiderato essere – quando rifiutiamo ciò che
siamo con tutto il cuore, la mente e il corpo e vorremmo davvero essere
differenti. Ci viene mostrato cosa accade quando il sentire è impedito e la
scoperta di ciò che si prova è violenta, fastidiosa, incontrollata, inaspettata
e insospettata. E, per questo, ingestibile.
All’interno di una cornice metateatrale, le due attrici in scena, con il
simbolico atto dello svestirsi e dell’indossare i panni dei personaggi, ci
introducono uno tra i temi fondanti non solo del dramma, ma anche della
nostra vita: assumono su di sé i ruoli, recitando per loro stesse e per noi
quelle parti – proprio come Angelo chiede alla prostituta di indossare gli
abiti della vergine Isabella, fingendo di essere lei.
Dell’originale shakespeariano rimangono solo due personaggi (e mezzo,
occorrerebbe puntualizzare): Lord Angelo, vicario del Duca di Vienna; e
Madama Strafatta, la padrona del bordello dove, da anni, l’uomo si
presenta, silenzioso, restando seduto su una sedia senza aprire bocca.
Oltre a una prostituta misteriosa, che il vicario conosce da molto tempo, e
con la quale il legame si rinsalda di settimana in settimana in questa
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complicata relazione silenziosa.
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Speculari, la donna (prostituta) e l’uomo (simbolo del potere), che stanno
uno di fronte all’altro. Complementari come i colori del Tao appaiono in
scena: nera lei, con una macchia di bianco; bianco lui, con una macchia di
nero. E niente inquieta più di quel punto nero nell’immacolato bianco della
veste del Lord: segno del male che cova, segno della minaccia che
incombe. A minacciare, tuttavia, non è che la scoperta del lato selvaggio,
fisico e corporale del vicario, che la novizia Isabella aveva risvegliato in lui
in modo violento – tanto da spingerlo a fare l’oscena proposta.
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Molto diversi sono però i percorsi esistenziali dei due personaggi: Angelo
scopre se stesso, il suo lato irrazionale, non docile o domato; Madama, al
contrario, che vive tutti i giorni nel peccato e nella perversione dei clienti,
accogliente perché disillusa, sembra suggerire una storia molto diversa,
quella di una caduta irrefrenabile, senza scampo, con la perdita definitiva
della propria precedente identità in favore di quella della prostituta.
Tenendo conto del mistero e dell’ambiguità del personaggio di Madama
Strafatta (costruita in tal modo per scelta dichiarata delle autrici), la storia
di questa caduta e della perdita dell’identità, fa riflettere sulla grande
ingiustizia che ancora incombe sul destino di molte donne – in scena e
fuori. Perché, se Angelo si riscopre umano nella sua complessità e gli è
data la possibilità di compiere un percorso di esplorazione del sé, delle sue
contraddizioni e necessità, per la donna che cade nel peccato, perdendo
l’identità precostituita della vergine, non vi è percorso di scoperta di lati
pulsionali o passionali, né esplorazione di sé. A lei non è concessa la
possibilità (o l’autorizzazione) di ritrovare il proprio autentico sentire, dato
che non risiede un essere umano complesso dentro di lei, ma solo la
contrapposizione all’interno della vetusta, doppia identità sociale:
vergine/moglie/madre o puttana.
Di questo denso e affascinante Pleasure For Measure non si possono
però tacere due problemi che sembrano gravare sulla messinscena. Da un
lato, la scelta di distorcere la voce di Lord Angelo, che non riesce però a
trasformarlo in un freddo e robotico vendicatore della moralità, per cui la
distorsione rimane un espediente tecnico non necessario (e talvolta anche
fastidioso); dall’altro, le interpretazioni delle due attrici, francamente non
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all’altezza delle intenzioni.
Lo spettacolo è andato in scena:
Scuderie Granducali
via del Palazzo, 124 – Seravezza (LU)
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Pleasure for Measure
ispirato a Misura per misura di William Shakespeare
drammaturgia Giovanna Berti, Marta Richeldi e Caterina Simonelli
regia Caterina Simonelli
con Giulia Pelliciari e Marta Richeldi
ufficio stampa, promozione e distribuzione Mariacristina Bertacca
organizzazione Francesca Giannini
produzione IF Prana/Tema Cultura
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