Due piante di marijuana nell`armadio, assolti
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Due piante di marijuana nell`armadio, assolti
Trento l'Adige martedì 16 febbraio 2016 23 Cane maltrattato, ex padrone «in prova» Il pitbull andrà in adozione mentre il suo ex proprietario si dedicherà al volontariato sociale per evitare la condanna LA SENTENZA Nelle liti, violente, tra ex fidanzati ad avere la peggio è stato il povero cane: la cucciola di pitbull aveva infatti le zampe fratturate. Dopo essere stata sottratta al proprietario manesco, il cane è stato curato e accudito dall’associazione «Sos animali Pinè»: ora potrà essere adottato dalla persona che lo aveva preso in affido per conto dell’associazione. Il procedimento penale a carico del padrone, un 21enne della val di Non, ieri è approdato in Tribunale: la difesa, sostenuta dall’avvocato Matteo Benvegnù, ha chiesto la messa alla prova. L’imputato seguirà un percorso, con attività di volontariato presso un’associazione, che se portato a termine in modo positivo porterà all’estinzione del reato. Sul tappeto rimangono alcune questioni di natura civilistica. La difesa aveva trovato un accordo con l’avvocato Valentina Tomio, legale di «Sos animali di Ribaltato il giudizio di Tribunale e Corte d’appello di Trento Pinè», accettando di cedere in modo volontario il pitbull «Shiva» all’associazione che poi lo darà in adozione alla persona che in questi mesi si è occupata di lei. All’udienza di ieri si è costituita parte civile anche la Lega nazionale per la difesa del cane con l’avvocato Alfonso Pascucci. L’associazione chiede il risarcimento dei danni morali quantificati in 8.000 euro. Il procedimento penale era nato dalle dichiarazioni rese ai ca- rabinieri dall’ex fidanzata dell’odierno imputato. I militari erano intervenuti dopo l’ennesima, violenta lite tra i due. La ragazza riferì che il fidanzato aveva picchiato lei e pure la cucciola di pitbull. Il procedimento penale si è poi spezzato. Il fascicolo per maltrattamenti a carico della ex è ancora pendente, con udienza preliminare a maggio, mentre quello per maltrattamento di animali è approdato subito in giudizio. INTERVENTO A CAMPO LOMASO Due piante di marijuana nell’armadio, assolti La Cassazione: è inoffensiva, condanna annullata Coltivare in casa due piantine di marijuana per uso personale non costituisce reato. Lo ha stabilito la Sesta sezione penale della Cassazione, che ha annullato la sentenza di condanna emanata nel novembre 2013 dalla Corte d’appello di Trento nei confronti di due ventenni finiti nei guai per aver coltivato in un armadietto-serra della propria abitazione due piante di canapa indiana e per aver detenuto un essicatore in cui c’erano una ventina di foglie di produzione “casalinga”. La Suprema corte mostra di non condividere l’impostazione dei giudici trentini che nella sentenza di condanna avevano sostenuto (in linea con parte della giurisprudenza) come la coltivazione di piante per la produzione di sostanze stupefacenti sia sempre punibile a prescindere dal suo eventuale uso personale. Un’impostazione che agli occhi dei giudici della Sesta sezione penale risulta essere «indubbiamente rigida», ed a questa deve invece essere opposta una valutazione circa l’esistenza di una «offensività concreta» della condotta. Secondo i giudici della Suprema corte la coltivazione casalinga di due sole piantine di cannabis era sostanzialmente inoffensiva per il suo «conclamato uso esclusivamente personale» e della sua «minima entità», tale da escludere «la possibile diffusione della sostanza producibile e/o l’ampliamento della coltivazione» stessa. Anche se la coltivazione delle piante di marijuana è penalmente rilevante a prescindere dalla destinazione del prodotto e dal grado di matura- I due imputati avevano in casa due piantine di cannabis zione delle piante (e dunque del principio attivo contenuto), spetta al giudice di volta in volta verificare se la condotta contestata sia idonea o meno a «mettere a repentaglio il bene giuridico protetto», cioè la salute pubblica. In sentenza si precisa che la punibilità per i coltivatori casalinghi «va esclusa allorché il giudice ne accerti l’inoffensività in concreto», cioè se la sostanza ricavabile «non è idonea a produrre un effetto stupefacente in concreto rilevabile». Per il caso in questione «va quindi ribadito - si legge nella sentenza 5254 del 2016 - che ricorre la assenza di offensività per quelle condotte che di- mostrino tale levità da essere sostanzialmente irrilevante l’aumento di disponibilità di droga e non prospettabile alcuna ulteriore diffusione della sostanza». La sentenza è rimbalzata su molti siti nazionali che si occupano di questioni giuridiche e di stupefacenti, tra gli altri sulle pagine web dell’avvocato Nicola Canestrini, presidente della Camera penale di Trento e Rovereto: «È una sentenza importante, ma purtroppo non definitiva. Su questi temi la Quarta sezione penale della Cassazione ha invece una visione molto più restrittiva rispetto alla Sesta. È necessario che il nodo venga sciolto S. D. dalle Sezioni unite». TAR MIDOLLO OSSEO Farmacisti trentini a favore di Admo per le donazioni Abbandona i cani in auto per giorni, donna denunciata Per sensibilizzare la popolazione sulla donazione di midollo osseo, è stata avviata una collaborazione fra l’Associazione donatori di midollo osseo (Admo) del Trentino e l’Associazione giovani farmacisti) (Agifar) del Trentino Alto Adige. Grazie alla conoscenza medica approfondita e alla presenza diffusa sul territorio - sottolinea l’Admo - i giovani farmacisti possono essere figure di riferimento per compiere un’opera di sensibilizzare. Per coloro che non hanno un donatore consanguineo ricorda l’Admo - la speranza di trovare un midollo compatibile per il trapianto è legata all’esistenza del maggior numero possibile di donatori volontari tipizzati, dei quali cioè siano già note le caratteristiche genetiche registrate in una banca dati. Si valuta che in Italia siano necessari circa 1.000 nuovi donatori effettivi all’anno e questa stima è destinata ad aumentare, se si tiene conto del fatto che il trapianto di cellule staminali emopoietiche, presenti nel midollo osseo, è attualmente al centro di ricerche anche nel campo dei tumori solidi. Era da sei giorni che i due cagnetti si aggiravano nel cortile di casa, spauriti. Per rifugiarsi entravano nella Fiat Panda in cui erano stati rinchiusi dalla padrona prima di andarsene. Ieri mattina la polizia locale delle Giudicarie è intervenuta a Comano Terme, nella frazione Campo Lomaso: i cani, due meticci di piccola taglia, sono stati sottoposti a sequestro penale ed affidati temporaneamente al canile di Trento. Una misura d’urgenza presa dopo aver verificato che i cani erano stati abbandonati da giorni, senza acqua e senza cibo, se non quello portato da qualche «mano amica». La proprietaria delle bestiole, una nomade di 52 anni, già nota alle forze dell’ordine per reati contro il patrimonio, è stata denunciata per maltrattamento di animali. Rischia fino a 30mila euro di multa e 18 mesi di reclusione. Secondo quanto ricostruito dalla polizia locale della Giudicarie, coordinata dal comandante Carlo Marchiori, la famiglia di nomadi che vive in paese sarebbe andata via di casa martedì scorso. I due cani, come testimoniato dai vicini, erano chiusi in una Fiat Panda dismessa, lasciata in cortile. Qualcuno del paese, accorgendosi delle bestiole chiuse nella macchina senza acqua né cibo, ha aperto una portiera per farli uscire e li ha rifocillati. A distanza di sei giorni, nessuno dei nomadi che abitano in paese è tornato a casa ad occuparsi dei cani: per la polizia locale c’erano tutti i presupposti per un sequestro penale, ossia per togliere temporaneamente gli animali dalla custodia della proprietaria (assente e non rintracciabile) per affidarli ad una struttura che se ne possa prendere cura fino alla decisione del giudice. Gli agenti (foto) hanno operato ieri mattina assieme ai volontari di un’associazione del posto. Per la nomade, ritenuta responsabile dell’accaduto, è scattata la denuncia alla procura di Trento. Il maltrattamento degli animali prevede sanzioni pesanti, con la reclusione da 3 a 18 mesi e la multa da 5mila a 30mila euro. In caso di condanna, è prevista anche la confisca degli animali. Le due bestiole ora sono al sicuro: al canile di Trento hanno cibo e acqua assicurati, una tettoia che li ripara dal maltempo e le cure e le attenzioni di cui hanno bisogno. Azienda sanitaria, giudizi arbitrari nell’appalto per Pozza e Campiglio Ambulatori ortopedici, appalto ko Nei due ambulatori vengono curati molti sciatori infortunati È da rifare l’appalto, in due lotti, per l’affidamento da parte dell’Azienda sanitaria del servizio ambulatoriale ortopedico a Pozza di Fassa e Madonna di Campiglio. Con bando pubblicato a giugno 2015 era stata avviata la procedura per l’affidamento, per 3 anni, del servizio sanitario stagionale invernale di «prestazioni ortopedico traumatologiche non complesse, infermieristiche e di diagnostica strumentale radiologica complementare», da eseguire con propria e adeguata dotazione medica, infermieristica e tecnica presso gli ambulatori della stessa Azienda sanitaria siti nei comuni turistici di Pozza e Campiglio. L’importo a base d’asta era di 360.000 euro per ciascun lotto, mentre per l’aggiudicazione era stato prescelto il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Entrambi i lotti se li era aggiudicati la Centro Medico Fiemme srl con 96,10 punti complessivi per un’offerta economica pari a 115 mila euro all’anno. Al secondo posto si era piazzata Mdm srl, a cui erano stati attribuiti 87,71 punti con un prezzo di 103.800 euro. Quest’ultima ha presentato ricorso al Tar rilevando molteplici, presunti profili di illegittimità con richiesta di annullamento dell’affidamento dell’appalto e risarcimento dei danni. I giudici hanno accolto il ricorso ritenendo fondata la «lamenta l’illogicità, l’erroneità, la contraddittorietà, la disparità di trattamento e la carenza di motivazione nei giudizi espressi dalla commissione tecnica sulle offerte dei due concorrenti». In sostanza la commissione sarebbe stata di manica più larga nell’attribuzione dei punteggi tecnici con la Centro Medico Fiemme. I giudici hanno passato in rassegna alcuni punti delle due offerte tecniche rilevando in più occasioni «disparità di trattamento del tutto ingiustificata» e «arbitrarietà nell’operato dell’amministrazione». Il Tar ha dunque dichiarato l’«inefficacia del contratto medio tempore stipulato con Centro Medico Fiemme con decorrenza (vista la durata pluriennale del servizio appaltato e considerata la necessità di evitare effetti pregiudizievoli per gli utenti e per l’interesse pubblico) dal primo giorno successivo alla fine della stagione sciistica 2015-2016» L’Azienda sanitaria dovrà ora disporre la rinnovazione della gara.