Pressbook - Lucky Red

Transcript

Pressbook - Lucky Red
presenta
La
Marcia
dei
Pinguini
un film di
Luc Jacquet
Ufficio Stampa
LUCKY RED
Via Chinotto,16 - 00195 Roma
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CAST TECNICO
In coproduzione con..........................................APC
In collaborazione con..........INSTITUT
Musica originale...........................EMILIE
Sceneggiatura.................................LUC
FRANÇAIS PAUL-EMILE VICTOR
JACQUET
Adattamento...........................MICHEL
.......................................................LUC
SIMON
POLAIRE
FESSLER
JACQUET
Fotografia................................LAURENT
...................................................JEROME
CHALET
MAISON
Titolo originale............................................................
.........................LA
MARCHE DE L’EMPEREUR
La storia originale è narrata da.................................
Postproduzione..........................................................
.......................................ROMANE
.........................JEAN-CHRISTOPHE
..............................................CHARLES
BARRET
Montaggio..............................SABINE
EMILIANI
Suono................................LAURENT
QUAGLIO
BOHRINGER
BERLING
.......................................................JULES
SITRUK
credits not contractual
Mix.............................................GERARD
Un film prodotto da...........YVES
LAMPS
DARONDEAU
...........................................CHRISTOPHE
LIOUD
.............................................EMMANUEL
PRIOU
Una produzione.........................BONNE
PIOCHE
Con la partecipazione di............................................
....................BUENA
VISTA INTERNATIONAL
...........................FILM
PRODUCTION (France)
...................................................................CANAL
+
Durata: 80 min.
Uscita: 18 novembre 2005
EDIZIONE ITALIANA
Direttore doppiaggio.......FRANCESCO
VAIRANO
Voce narrante......................ROSARIO
FIORELLO
La scorsa estate per caso vidi un servizio
televisivo che parlava del film La Marcia
dei Pinguini e me ne innamorai subito. Tre
giorni dopo ricevetti una telefonata da
Andrea Occhipinti, distributore del film in
Italia, che mi disse: “Sai Rosario, c’è una
storia che parla di ping...” ma io lo interruppi dicendogli:” So tutto,lo voglio fare!”
Mi sono talmente immedesimato in questa storia che durante le registrazioni della
voce narrante usavo la giacca a vento!
Noi uomini dovremmo prendere esempio
dai pinguini maschi che marciano per 20
giorni e 20 notti a temperature impossibili
per incontrare le loro compagne e non è
tutto! sono loro infatti e non le femmine a
covare l’uovo per mesi!!............e noi
maschi della razza umana? Qual è il nostro
contributo per fare nascere i nostri pulcini?....quei soliti dieci minuti?! C’è chi ci
mette anche meno!...
A parte gli scherzi, è stato bellissimo raccontare questa incredibile storia...talmente bello che quando facevo un errore e
dovevo incidere di nuovo la frase era un
piacere poter rivedere ogni scena anche
cinque o sei volte.
Ringrazio nuovamente la Lucky Red per
avermi dato modo di partecipare a questa
avventura.
Rosario Fiorello
P.S. Il vero Pinguino Imperatore di questa
storia è Francesco Vairano, il grande direttore di doppiaggio che, come al solito e
con grande fatica, ha reso decente la narrazione, l’interpretazione ma soprattutto la
dizione “sicula” del sottoscritto.
C’ERA UNA VOLTA
NELL’ANTARTICO
LA NATURA HA INVENTATO
LA PIÙ BELLA DELLE STORIE
Nell’oceano, il Pinguino Imperatore
assomiglia più ad un delfino che ad un
uccello. Potente, fluido, con un colpo di
reni viene fuori dalle profondità come un
siluro, scivola con destrezza sul ghiaccio,
si rialza e finisce per mettersi in piedi
sulle zampe. Trasformatosi in camminatore maldestro, l’uccello si trova ormai
alla mercé del minimo ostacolo.
Quale ragione o quale destino spinge
dunque questo buffo uccello a lasciare
l’acqua ghiacciata nella quale si muove
con tanta grazia? Una sola, primordiale
ed essenziale: la sopravvivenza della
propria specie.
Ma nell’Antartico i luoghi eleggibili sono
rari poiché d’inverno, per un’ampiezza
che va dai 100 ai 200 chilometri intorno
al continente, il mare ghiaccia.
Da una parte c’è il nord (il mare ghiacciato, l’oceano e il suo cibo), dall’altra c’è il
sud (la banchisa, deserta ma stabile). Tra
i due, c’è l’Imperatore che cammina. Che
cammina d’inverno attraverso centinaia
di chilometri di pericoli. Che cammina
senza posa tra il cibo e il suo piccolo che
ha fame…
La Marcia dei Pinguini racconta questa
epopea…
INTERVISTA AL REGISTA
LUC JACQUET
Come si diventa registi di un film come
“La Marcia dei Pinguini” ?
Ovviamente per caso. La storia è iniziata
con un annuncio che sostanzialmente
diceva «cercasi biologo che non abbia
paura di niente, pronto a partire per
quattordici mesi ai confini del mondo»…
Naturalmente avevo fatto degli studi di
biologia sul comportamento degli animali e volevo diventare ricercatore.
Essendo per indole portato alla natura e
all’avventura, così come alla lotta e alle
condizioni estreme, questo genere di
proposta non poteva che interessarmi.
D’altronde, già in quel periodo si trattava
di ottenere delle immagini di Pinguini
Imperatore… L’unico problema era che
non avevo mai usato una cinepresa in
vita mia. Ho cominciato allora con un
periodo di formazione al 35mm, più o
meno una decina di giorni. Dopo di che
c’è stato il mio primo soggiorno presso
la base di Dumont d’Urville. Con due
missioni: inanellare degli uccelli e redigere una lista precisa delle inquadrature
da effettuare. All’epoca avevo 24 anni.
Iniziare in condizioni così estreme non
l’ha un po’ “raffreddata”?
No, perché essendo nato a Jura, ho iniziato a sciare a tre anni. Questo ha fatto sì
che sperimentassi un poco il freddo.
Poco attratto dalla ricerca che privilegiava
la lettura del terreno, è grazie ad un
amico, di ritorno dall’isola di Crozet, terminate le riprese di un documentario
sulle orche, che è nata l’idea del mio
primo film, “Léopard des mers, seigneurs
des glaces”. Dopodiché, si è scatenata
una reazione a catena e i viaggi in
Antartico si sono susseguiti. Dodici anni
dopo continuo ancora a vagabondare per
il 66° parallelo.
Com’è nato il progetto de “La Marcia dei
Pinguini”?
Il Pinguino Imperatore è il più grande, il
più bello, bisognava che ne fossi all’altezza, e poi servivano i mezzi. Ho iniziato a
scrivere la storia quattro anni fa e il progetto è maturato poco a poco, nel corso dei
mesi. Poi c’è stato l’interessamento immediato e senza riserve dei produttori (Bonne
Pioche). Siccome eravamo in agosto e bisognava partire a gennaio, tutto si è svolto
molto rapidamente. A metà dell’inverno la
storia è cambiata. Di comune e tacito accordo, e soprattutto con un entusiasmo generale iper motivato, da film per la televisione
il progetto si è trasformato in lungometraggio. Tutto ad un tratto diventava un’avventura eccezionale, sotto tutti gli aspetti della
produzione. Una gigantesca congiunzione
di volontà concordi, dirette da una determinazione e un’energia simile a un’operazione
di commando. A partire da quel momento
ci siamo divertiti moltissimo.
Avevo la storia, pura, semplice, senza
inganni (visto che si tratta di sopravvivenza)
di un popolo maledetto. Sapevo precisamente dove e quando girare. La scaletta era
pronta, la sceneggiatura era stata elaborata
minuziosamente e tutto ciò che restava da
fare era… scommettere sugli attori.
Sapevamo ciò che sarebbe accaduto, dove
e con chi, ma non obbligatoriamente
“come”; non bisogna dimenticare che si
tratta dell’Antartico e che i pinguini sono
degli animali.
Perché dice “un popolo maledetto”?
Perché il Pinguino Imperatore è un anima-
le favoloso, oceanico, capace di immergersi a 400 metri di profondità e restare in
apnea per 20 minuti e, per potersi riprodurre, non si sa per quale motivo, “paga
pegno”, costretto a camminare come un
penitente per chilometri e chilometri fino
all’estrema punta della costa antartica,
lontano dal mare, per deporre un uovo nel
luogo più instabile possibile, facendo da
spola per tutto l’inverno tra la colonia in
cui vive un calvario e il mare in cui c’è
tutto ciò che gli serve! Esistono solo una
quarantina di luoghi adatti, non di più. Il
pinguino imperatore è il confine della vita.
Dopo di lui non c’è più nulla. Si entra in
ambito biotico. In quest’orizzonte bianco a
perdita d’occhio è l’ultima vedetta, l’ultimo elemento di vita del pianeta. Sempre
che questo non sia già di per sé un altro
pianeta. Perché se non ci troviamo effettivamente nello spazio, non ci troviamo
neppure più sulla terra! Ci troviamo tra
realtà e fantasia. Pinguini Imperatore,
nomadi, tuareg…la natura crea dei miraggi. Tutti i riferimenti sono scomparsi o si
sono invertiti. Le stagioni stesse sono
invertite. A meno di non averlo vissuto,
nessuno può immaginare cosa sia un
vento glaciale di 150km/h.
È con tutti questi aspetti fantastici che ho
cercato di giocare. Ho creato l’irreale con il
reale, desiderando coinvolgere lo spettatore come un padre o una madre può far
sognare suo figlio prima che si addormenti. Inoltre il pinguino è molto simpatico.
Per quanto sia animale, alle volte è anche
un po’ “uomo”. E in materia cinematografica, non sono certo gli sviluppi a mancare. In alcuni anni, l’ottanta per cento dei
pulcini rischia di morire.
Ci sono stati dei rischi imprevisti?
Sì, come avvicinarsi alla colonia un po’
troppo bruscamente e mandare al tappeto
duecento uova. Una cosa del genere ti
obbliga a sentirti responsabile. Per quanto
concerne i rischi di aggressione, non ne
ho mai costatati. Sicuramente perché è un
comportamento che il pinguino non può
permettersi. Richiederebbe troppe energie
e i suoi problemi gli danno già abbastanza
da fare. Il Pinguino Imperatore è un animale che ha un rapporto particolare con
l’uomo. Può lasciarti avvicinare un giorno
e quello dopo no. Tutto questo serve ad
instaurare un codice di buon comportamento. Chi non lo rispetta non otterrà nessuna immagine. Bisogna venire a patti.
C’è un proverbio che dice «se vuoi dominare la natura, ubbidiscile», questo ti
obbliga ad essere scaltro.
gli uomini non hanno mai lasciato il luogo
delle riprese prima della fine della storia.
Ho poi impiegato un anno per rimetterci le
mani. Il riadattamento è lungo.
Il surriscaldamento del pianeta (dai 2 ai 5
gradi secondo i luoghi), rappresenta un
rischio per i pinguini ?
Se è innegabile il fatto che riducendo la
banchina il surriscaldamento semplificherà
il compito dei pinguini permettendo loro di
camminare meno, in cambio avranno
meno da mangiare. Molte specie si nutrono di krill1 – le foche, le balene, i pinguini,
per citare solo le più note - e lo scioglimento della massa di ghiaccio invernale ha
comportato una diminuzione di questo krill
che d’inverno si nutre di alghe che crescono nel ghiaccio del mare. È la prova evidente che un cambiamento di clima comporta
immediatamente delle conseguenze.
Quanto tempo sono durate le riprese?
Un anno e 120 ore di immagini. Il tempo
dello svernamento, del ciclo di un pinguino. Senza vedere mai il girato, la pellicola e
1
tipo di piccolo gamberetto (vedi glossario)
TRA REALTÀ E FANTASIA
La storia dei Pinguini Imperatore e del loro
ciclo riproduttivo è unica al mondo.
Riunisce amore, dramma, coraggio e
avventure nel bel mezzo dell’Antartico, la
regione più isolata e inospitale del mondo.
Una storia offerta dalla natura, che si perpetua da millenni e che gli uomini hanno
scoperto solo all’inizio del XX secolo.
LA MARCIA DEI PINGUINI racconta questa
storia straordinaria…
La storia di un popolo pronto a qualunque
sacrificio per generare la vita.
Febbraio, segna la fine dell’estate
nell’Antartico e il mare è libero.
Uno stormo gigantesco di Pinguini
Imperatore si muove con grazia in un’acqua blu scura per raggiungere la luce che
irradia la superficie. Qua e là, degli iceberg giganteschi la cui parte inferiore
affonda a grande profondità diffondono
una luce opalescente.
Gli Imperatori qui si trovano nel loro
regno, un luogo ricco di calamari, pesci,
un mondo liscio e temperato.
A marzo, tra i blocchi di ghiaccio di acqua
grigia e vischiosa, gli Imperatori sfrecciano come dei siluri. Con pesantezza, cadono sulla neve molle che ricopre i tratti di
banchina di cui il mare è ricoperto sino ad
un orizzonte indistinto.
Quasi subito persi nella tormenta di un
universo bianco, i pinguini formano ora
dei piccoli gruppi sparsi. Dal bordo
estremo della banchina, riuniti in un’interminabile fila indiana, a piccoli passi,
come una processione verso qualche
luogo santo, migliaia di individui si
apprestano ad affrontare le temperature
più estreme.
Sui loro capi, le chiazze arancioni sembrano fluorescenti in questa luce glauca. I
fiocchi di neve vi si posano sopra senza
sciogliersi.
Intorno all’Antartico, l’oceano sta gelando…
Carovana immensa in un deserto bianco,
centinaia di pinguini avanzano al passo,
e in silenzio. Là dove vanno nessun altro
può vivere in questa stagione, nessuna
creatura vivente è in grado di disputargli
questo terribile privilegio. Ma gli
Imperatori non hanno scelta, occorrono
delle settimane per portare a compimento i loro riti amorosi e dei mesi per allevare la loro progenie. I tre corti mesi estivi non sarebbero sufficienti. Ogni anno,
per riprodursi, questa processione ha un
appuntamento con uno dei peggiori
inverni del pianeta.
All’inizio di aprile, dopo giorni e giorni di
marcia, decine di chilometri percorsi e una
serie interminabile di ostacoli sempre più
pericolosi, la processione in movimento
ha, come ogni anno, ritrovato la strada.
Nell’arcipelago di Pointe Géologie, per i
pinguini ora riuniti sull’oamok, è il
momento degli amori e dei canti di
seduzione.
Il meglio e il peggio
Vista dall’alto, la colonia degli Imperatori
sembra rannicchiata in una piccola enclave circondata da un’immensa vacuità
bianca. È protetta a nord da un arcipelago
di piccoli isolotti, a sud dalle falesie del
continente, a est da una lunga lingua di
ghiaccio che si allarga a ventaglio sulla
banchina antartica. In cima a questo
ghiacciaio, centinaia di iceberg appena
formati creano una lunga diga di ghiaccio.
Questa gigantesca barriera di diverse dozzine di metri di altezza protegge la colonia
dai venti dominanti di sud-est che battono
la regione permanentemente. Più oltre,
tutto è rigorosamente piatto e bianco ai
quattro angoli dell’orizzonte.
Al mattino, la banchina si è riformata.
Ricoprirà il mare per circa cento chilometri verso nord, cingendo letteralmente
l’Antartico per tutto l’inverno.
Un esemplare passeggia tra la folla. Di
tanto in tanto, si ferma, piega dolcemente
il collo e lancia un violento canto gridato.
Rialza la testa, emette una sorta di brontolio e riprende il suo cammino fino a quando uno dei suoi simili non deciderà di
rispondergli.
Allora seguono una serie di duetti di
danza. Le linee estremamente grafiche
della parte alta del loro corpo vengono
incessantemente piegate e dispiegate.
Dopo i canti, i due pinguini assumono una
postura estatica, indifferenti alla folla che
si agita intorno ad essi e non si muovono
più per diversi minuti, come affascinati
dalla vista del loro nuovo compagno.
Se spesso si afferma che la puntualità è la
gentilezza dei re, questa si rivela di vitale
importanza per gli Imperatori.
La riproduzione per questi ultimi rappresenta una vera corsa contro il tempo in
cui ogni momento è calcolato al minuto.
Se qualcosa va storto durante lo svolgimento di questo processo, tutto è perduto, e gli amori vengono rinviati all’anno
successivo.
In poco tempo, in tutta la colonia, echeggiano dappertutto duetti formidabili,
assordanti. Grazie alle parate, la coppia
stabilisce dei legami molto forti.
I canti, da un lato servono a ben identificare il compagno (in assenza di un territorio e in presenza di un tale affollamento, non sia mai che si perda la compagna
con la quale si è deciso quel mattino stesso di creare una famiglia!), dall’altro servono a farli sincronizzare, vale a dire mettere il loro orologio biologico sulla stessa
ora per essere perfettamente in fase
durante i mesi che seguiranno.
Nonostante l’incredibile brusio dei canti
romantici che si mescolano tra loro, ogni
pinguino ha registrato con precisione la
«firma vocale» del suo compagno ed è in
grado di identificarlo tra mille. Nell’atto di
cantare un pinguino declina il suo «codice»
di riconoscimento personale, come pure il
suo sesso e senza dubbio il suo desiderio di
riprodursi. Al colmo della raffinatezza, un
uccello che canta inibisce il canto dei consimili che si trovano nei suoi pressi. Questa
forma di gentilezza per cui ognuno parla
quando è il suo turno, evita un brusio indecifrabile nel raggio di qualche metro.
Dopo il balletto seduttivo al quale segue l’accoppiamento, alcuni piccoli gruppi lasciano
i luoghi e ripartono verso l’orizzonte.
Sono le femmine che, non avendo trovato
un compagno, lasciano la colonia e riguadagnano il mare prima che arrivi il pieno
inverno.
Il combattimento più bello
Aprile e maggio non hanno nulla da invidiare ad una luna di miele.
Mentre le notti durano circa quattordici
ore, senza nulla da mangiare, la giovane
coppia non vive altro che d’amore e di
neve fresca, affidandosi alle riserve di
grasso accumulate da dicembre.
Alla fine del mese di maggio, dimagrita
sino al punto di aver perso un terzo del suo
peso, la femmina depone un uovo, uno
solo. L’uovo non deve assolutamente rotolare sul ghiaccio: in pochi secondi si gelerebbe irrimediabilmente. La femmina lo fa
scivolare sulle zampe e lo nasconde in una
piega della sua pancia, la sacca incubatrice.
Meno dimagrito della sua compagna, il
maschio le darà il cambio e coverà a sua
volta il frutto della loro unione.
L’impegno è già di per sé una prova di
coraggio e di resistenza: restare quasi
senza muoversi più di sessanta giorni,
senza mangiare, esposto alle peggiori
condizioni climatiche.
L’unica consolazione è, se mai ce n’è
una, che tutti i maschi della colonia si
apprestano ad agire allo stesso modo.
Il giorno seguente la deposizione dell’uovo, una prima prova attende la coppia,
una prova che richiede grande delicatezza
e coordinazione: il passaggio dell’uovo
dalle zampe della femmina a quelle del
maschio. Nessuno deve sbagliare: l’uovo
è fragile, il terreno incerto, e l’esercizio
tanto pericoloso quanto fatale in caso
d’errore. Dopo diversi canti, danze e
posture, la femmina indietreggia, fa rotolare l’uovo sulla banchina mentre il
maschio lo spinge immediatamente con il
becco sulle sue zampe. Anche qui, il minimo errore e l’uovo si congela. Il margine
della colonia disseminato di uova perse,
dimostra che l’operazione non è così semplice, esige un’assoluta armonia tra i due
genitori.
Una volta completata la prova, indebolita
per non aver mangiato dal giorno della
loro partenza, quaranta giorni prima, ma
libera per un periodo dai suoi obblighi di
covare, la femmina deve assolutamente
raggiungere il mare per nutrirsi di nuovo.
Prima di farlo, per essere ben sicuri di un
riconoscimento reciproco al suo ritorno,
due mesi dopo, un ultimo incantesimo
permetterà alla coppia e alla loro futura
progenie di memorizzare l’impronta vocale di ciascuno.
Ancora una volta il cammino sarà lungo,
difficile e pericoloso.
Blizzard? Avete detto blizzard?
Per i maschi comincia un vero calvario.
Sono già due mesi che non mangiano,
devono aspettare ancora due mesi per il
loro prossimo pasto. Camminando sui talloni, con l’uovo sulle zampe, si stringono
poco a poco per far fronte al cattivo
tempo. Gli spettri dell’inverno sono sulla
colonia. Il sole spunta solo due ore al giorno, il freddo è terribile (- 40°C), i venti soffiano nonostante la protezione del ghiacciaio.
Si parla qui di venti catabatici. Delle
masse d’aria che rotolano letteralmente
sul continente antartico e si gonfiano
come delle valanghe su migliaia di chilometri. Quando arrivano qui, sulla costa,
sono al loro parossismo. I venti si gettano
sulla banchina, brutalmente, in pochi
minuti. In un quarto d’ora, possono rag-
giungere i 100 km/h, poi si gonfiano, 150,
200, 250 km/h. tutta la neve si polverizza, è
il “white out”, il giorno bianco, dove ogni
profondità, ogni riferimento scompare. La
colonia non è altro che una massa informe, invisibile a cinque metri.
Per resistere al blizzard, gli Imperatori si
raggruppano in formazione «tartaruga».
Si stringono gli uni contro gli altri, testa
contro testa. Questi pinguini voluminosi
si comprimono, sino a dieci esemplari
per metro quadrato, formando un gruppo compatto che ondula dolcemente: per
non lasciare sempre gli stessi con la
schiena al vento, la formazione si arrotola su se stessa come una conchiglia di
lumaca. Impercettibilmente, coloro al
centro si ritrovano all’esterno, e viceversa. Il tutto con estrema dolcezza, poiché
oltre alla violenza del vento e alla banchina irregolare si aggiunge la difficoltà
di restare in equilibrio sui talloni, con un
uovo tra le zampe.
Viaggio ai confini dell’inferno
Nel frattempo, le femmine camminano in
piena notte sulla banchina alla ricerca del
mare. Il cammino non è facile, la banchina
non è affatto piatta e liscia. Superano con
estrema difficoltà delle zone di hummok,
una sorta di argine di ghiaccio tra due plac-
che di banchina. Lottano sui sastrugi, quelle onde modellate dal vento che danno al
loro procedere l’andatura di una nave in
mezzo alla tempesta. Ma da temere maggiormente sono i “fiumi” che solcano la
banchina (per fiumi s’intendono le lunghe
cerniere tra due placche di banchina ricoperte da una fine pellicola di ghiaccio,
alle volte al loro centro, è visibile un sottile filo d’acqua). Davanti ad ognuno di
del terreno, percorrere i duecento chilometri che possono separarli dall’acqua
salvatrice significa anche, una volta
giunte, sfuggire ai leoni di mare anch’essi in cerca di cibo.
Giunte in una zona d’acqua non ghiacciata in mezzo alla banchina (polynie),
basterà qualche settimana affinché le
femmine Imperatrici ritrovino le forze e
stipino nel loro stomaco di che nutrire il
loro piccolo. In questa polynie, gli
Imperatori tornano allora ad essere dei
fantastici nuotatori (le loro immersioni li
portano a più di 500 metri di profondità).
Le femmine resteranno lì sino a quando
non avranno ricostituito le loro riserve di
grasso; poi pescheranno per mettere da
parte del cibo nel loro gozzo. In seguito
arriverà il momento di tornare alla colonia per ritrovare e alimentare il loro piccolo pinguino.
Allo stremo delle forze
essi il piccolo gruppo di femmine si
ferma ed esita a lungo, una si lancia,
impaurita, atterra di pancia nella zona
pericolosa, poi si lancia una seconda, poi
una terza, e così via.
Troppo provate, alcune di esse non
sopravvivranno alle intemperie e alle
trappole tese dall’universo dei ghiacci.
Poiché oltre all’ostilità degli elementi e
Nella rookerie, i maschi continuano a
digiunare, con le uova sulle zampe. Ora
la notte è totale. L’inverno è al suo apice.
Con l’uovo sempre bloccato tra le
zampe, i maschi diventati celibi resistono valorosamente alle condizioni climatiche eccezionalmente aspre con blizzard
che possono soffiare così forte da rad-
doppiare la temperatura (che quindi può
arrivare a –100°).
Metà luglio. Ora sono quasi centoventi
giorni che, stoicamente, il Pinguino
Imperatore digiuna. Sessantaquattro
giorni che assicura ad una temperatura
costante di 35° l’incubazione dell’uovo
affidatogli dalla compagna.
Alla fine l’uovo si schiude. Oltre al fatto
che, fragile, bisogna proteggerlo ancora
dal freddo e dal vento, il piccolo pinguino
imperatore ha fame. E la secrezione nutritiva che rigurgita suo padre non gli basta
di certo. Da lì a qualche giorno, per quanto miracoloso possa apparire, il gesto
potrebbe avverarsi vano e l’esito fatale
per il nuovo nato. Il maschio resisterà
ancora pochissimi giorni, poi se la femmina ancora non è tornata, abbandonerà il
pulcino e lascerà la colonia prima di aver
raggiunto lo stadio di magrezza critica
oltre il quale non avrebbe più la forza di
ripartire per andare a nutrirsi.
Quando finalmente la femmina riappare
(con tre o quattro chili di cibo), ritrovando
il compagno tra mille altri grazie alla firma
vocale stabilita alla partenza, il suo primo
gesto sarà quello di rigurgitare per il suo
bebè il frutto prezioso della sua gita.
Una volta sazia, la progenie dovrà nuovamente passare da un genitore all’altro.
Con la stessa precauzione della prima
volta: se restasse esposto al freddo troppo a lungo gli sarebbe fatale.
Aria di famiglia
Finalmente libero dai suoi obblighi, il
padre Imperatore ora penserà a sé e partirà “per recuperare la salute”: ha perso tra
i 12 e i 15 chili. Ma prima di partire deve
assolvere un ultimo importante compito:
inculcare il suo canto al piccolo. Il pulcino
deve assolutamente memorizzare il suo
canto, perché quando il maschio farà ritorno il piccolo sarà solo, si troverà in una
sorta di nido d’infanzia, in mezzo ad altri
piccoli che gli assomigliano come gocce
d’acqua. Dovrà riconoscere suo padre e
viceversa. Poiché ogni piccolo non può
essere nutrito alternativamente che dai
suoi genitori, la pedagogia deve essere
efficace.
Il viaggio del maschio verso il mare sarà
interminabile, con gli stessi rischi incontrati dalle femmine. Se il cattivo tempo
durasse troppo a lungo il viaggio si prolungherebbe e il tasso di mortalità si eleverebbe. È proprio la difficoltà di questo
ritorno, in cui un gran numero di maschi
perisce, che spiega il disequilibrio numerico tra i due sessi di questa popolazione.
Tornato alla fine del mese di agosto (il
maschio si è allontanato solo per una ventina di giorni), toccherà nuovamente alla
madre partire per approvvigionare il suo
piccolo che ormai è passato al nido d’infanzia, una specie di «tartaruga» ante litteram, dove bisogna raggrupparsi tra piccoli per scaldarsi gli uni con gli altri.
Sino a quando il loro piccolo non sarà sufficientemente autonomo per provvedere
ai propri bisogni, maschio e femmina si
alterneranno così nei tragitti a mare e
nutrimento.
A metà dicembre, l’acqua ridiventa banchina. È il disgelo nel vero senso della
parola.
Nella colonia, le uscite dei pulcini si generalizzano. Si mescolano sempre di più al
gruppo degli adulti. Tornano dalla madre
solo per mangiare…
Una grande procellaria si stabilisce in
prossimità dei pinguini per qualche settimana per prelevare ogni giorno la sua
parte di pulcini isolati. Per colmo di sven-
tura, questo avvoltoio attacca i pulcini vivi
quando ci sono decine di piccoli cadaveri
morti di freddo disseminati per la banchina. Irrimediabilmente congelati, questi
ultimi non possono essere ingoiati dal
predatore.
Se nell’arco di tre settimane il piccolo pinguino diventato grande (10/15kg) sarà
capace di immergersi e pescare da solo,
dovrà però aspettare quattro anni prima di
poter, a sua volta, prendere la strada della
colonia per riprodursi.
Febbraio. È estate, gli ultimi giorni di
pace, poi a marzo… tutto ricomincia.
ÉMILIE SIMON
Il pianeta dei ghiacci
LA MARCIA DEI PINGUINI è la prima
colonna sonora originale di Émilie Simon.
Già premiata con una Victoire de la
Musique (2004, categoria «miglior album
di musiche elettroniche / groove / dance»),
la giovane cantante autrice, compositrice,
produttrice, programmatrice e arrangiatrice, allarga così ancora un po’ di più il suo
campo d’azione.
Nata agli inizi degli anni ’80, figlia di
un’esperta melomane e di un ingegnere
del suono, Émilie assiste sin dalla tenera
età alle registrazioni di quest’ultimo nello
studio ubicato nell’interrato della casa di
famiglia.
Là, passando ore ad ascoltare e osservare
i musicisti, sviluppa allo stesso tempo un
gusto pronunciato ed eclettico per la
musica, una sensibilità per l’interpretazione, la scrittura e la composizione. Una
varietà di generi sfruttati nella loro totalità
con le musiche e le atmosfere elaborate
per il film di Luc Jacquet.
«È stata un’esperienza poetica, appassionante e che mi ha arricchito. Poetica per
l’immergersi in un mondo di ghiaccio e
per i colori estremamente puri.
Appassionante perché ho dovuto, per i
temi principali, creare per la prima volta
“su misura”. Adattandomi a delle durate
che necessitavano degli arrangiamenti
più scritti rispetto alle canzoni. E poi, più
in generale, c’era la soddisfazione di
poter creare una sorta di “rilievo supplementare” all’immagine. Aggiungerle una
dimensione a parte. Per poter trasfigurare una storia.
Coincidenza: quando mi è stato proposto
il progetto de “La Marcia dei Pinguini”,
stavo lavorando proprio ad una canzone
intitolata “Ice Girl”, che doveva apparire
nel mio secondo album! Luc e i suoi produttori mi hanno detto quello che si
aspettavano da me. Abbiamo definito le
direzioni, i quattro o cinque grandi temi
simbolici principali e tutto si è svolto
abbastanza rapidamente. Una successione di scambi: immagini contro musica,
musica contro immagini… i passaggi da
un ambito all’altro si sono succeduti. In
quel momento, il film non era ancora
montato in continuità ed ognuno lavorava
parallelamente all’altro.
In termini di ispirazione, c’è stato soprattutto l’effetto immediato dei grandi spazi completamente vergini, la nozione di un altro
pianeta. E questo mi è piaciuto subito! E mi
ha ispirato immediatamente dei temi e
delle canzoni. Poi c’è l’aspetto surrealista di
questo confronto tra il pinguino con gli elementi contro i quali deve lottare, il contrasto tra l’animale simpatico e l’ambiente che
lo circonda, puro ma, allo stesso tempo,
durissimo».
Intervista alla troupe del film:
JÉRÔME MAISON
LAURENT CHALET
L’avventura umana
(Émilie Simon, Novembre 2004).
Colonna sonora del film disponibile
su CD Barclay / Universal dal 15 gennaio 2005
Primi ad esporsi sul fronte dell’avventura
umana de La Marcia dei Pinguini, i due
uomini che ne firmano congiuntamente le
immagini raccontano la loro esperienza.
Tra JÉRÔME MAISON, marinaio già esperto in biologia marina, specializzato in
“vastità” e “alto mare” (zona australe e
Antartico) e LAURENT CHALET, direttore
della fotografia tanto esperto in documentari quanto nella fiction, c’è stata subito
un’intesa. Ed è stato un vero bene, poiché
per restare isolati dal resto del mondo per
un anno intero serve molto più della semplice volontà di mantenere un impegno.
JÉRÔME MAISON
Curiosamente, è stato proprio nel momento in cui avevo deciso di limitare le mie
partenze, che Luc Jacquet mi ha proposto
di unirmi al suo progetto. In quel momento, si parlava solo di un documentario
sugli animali. Poi c’è stata l’idea della fiction. Tutto ad un tratto, non si parlava più
solo di uccelli, ma di personaggi che si
esprimono.
LAURENT CHALET
E poi è arrivato novembre 2002, è tutto è
precipitato. A partire dal quel momento, è
stato il calendario dei pinguini a prevalere
e ci siamo trovati con soli due mesi di preparativi davanti a noi.
JÉRÔME MAISON
E un anno di Antartico “non stop” in
palio…
LAURENT CHALET
Tutto è precipitato a tal punto che la preparazione psicologica è stata soppiantata
dai preparativi per le riprese. Cosa che
non era poi tanto male: meno tempo avevamo e meno domande ci saremmo posti.
All’improvviso, non bastava più fare delle
scelte, bisognava mettere a punto una
logistica tecnica per resistere a 12 mesi di
autarchia e freddo intenso. Il che significava portare oggetti di ricambio, scegliere la
cinepresa più meccanica possibile, abbastanza robusta da funzionare sino a -40°C
e facilmente riparabile in caso di guasto questa è stata messa a punto dal fabbricante, francese, Aaton, al quale mi sono
rivolto (Grenoble).
Un check-up medico con l’IPEV (Institut
Français Polaire Paul Émile Victor) che
guida tutte le spedizioni francesi in antartico, e siamo partiti.
Una volta sul posto, abbiamo messo a
punto il nostro metodo di lavoro. Basato
sulla solidarietà e sull’entusiasmo. Invece
di lavorare alternandoci, abbiamo lavorato
insieme. Sul montaggio e sulle inquadrature: sveglia alle 5:30, un’ora e mezza per preparare il materiale, caricare i quattro
magazzini (assolutamente impossibile farlo
sulla banchina), vestirsi e partire per le
riprese con circa 60 kg di materiale a testa.
Ci sono solo due ragioni che ci hanno
impedito di girare: il tempo e l’esaurirsi
sul luogo delle riprese della nostra scorta
di pellicola.
JÉRÔME MAISON
Fisicamente, per quanto possa sembrare
strano, eravamo colpiti dalla nostra capacità di resistenza. Arrivando addirittura a
sorprenderci di sentirci bene quando
faceva –20°! Fino a quando l’Antartico si
ricorda di voi, e allora si scoprono le bruciature e i geloni.
LAURENT CHALET
In effetti, le vere difficoltà sono state altre.
Perché non si trattava più solo di catturare
degli avvenimenti strettamente biologici,
ma di una storia. Nel corso dei giorni e
delle settimane, bisognava ricordare tutto
ciò che si era girato, e come lo si era girato: le entrate in campo, le uscite dal
campo, ecc… tutto questo senza mai poter
visionare niente poiché tutto ciò che giravamo sarebbe stato sviluppato solo al
nostro ritorno! E qui, d’importanza capita-
le era lo story board di Luc. Alla fine dei
conti, la sola maggiore difficoltà è stata
ciò che gli “attori” ci hanno lasciato fare.
JÉRÔME MAISON
Lì ciò che bisognava avere era la capacità
di adattarsi e di anticipare. Adattarsi,
significa accettare una modifica richiesta
dagli “attori principali”, o un tempo sfavorevole. Riprendere con un vento di
150km/h e mantenere stabile la cinepresa
richiede sia la capacità di adattarsi…che
quella di escogitare delle soluzioni. E tutto
questo sapendo innanzi tutto che dopo sei
ore passate all’aperto a – 20° C, è l’uomo
ad aver bisogno di tirare fiato, non il materiale. Infatti, su oltre 200 bobine, una sola
ci ha causato problemi.
Il passaggio delle uova dalla femmina al
maschio (con 7000 pinguini sul set) è stata
una delle scene più delicate da girare.
Anche a causa della discrezione con la
quale si svolge.
LAURENT CHALET
Perché bisogna essere pertinenti. Per
riprendere i pulcini e avvicinarsi il più possibile a loro, abbiamo costruito una specie
di monopattino sul quale abbiamo fissato
la cinepresa. Ma sempre con la cura estrema di non interferire, di non dar fastidio. E
dio sa quanto strisciare sul ghiaccio costi
fatica!
JÉRÔME MAISON
Anche le scene sottomarine, girate da
Patrick Marchand, sono state difficili. Ma
che risultato! Vedere finalmente questo
animale che “subisce” tornare ad essere
un animale che si esprime!
LAURENT CHALET
Bisogna conoscere gli animali che si filmano per anticiparne le reazioni, avere
una buona capacità di osservazione e …
un po’ fortuna. È ciò che ci è servito per le
immagini della colonna di pinguini che
camminano in fila indiana. Grazie al laboratorio di ornitologia della base Dumont
d’Urville, sapevamo dove si sarebbero riuniti i pinguini, ma non sapevamo quando.
E non sapere quando, significa restare sul
piede di guerra tutti i giorni. Perché è un
avvenimento che avviene una volta sola.
La fortuna, qui, è stata che erano più di
1200, cosa molto rara (normalmente si
resta nell’ordine di qualche centinaio, al
massimo 500).
IL PINGUINO IMPERATORE
UN ANIMALE MODELLO
Un modello di economia energetica
Il pinguino è un animale omeotermo (ossia
a temperatura costante), e a sangue caldo,
in grado di conservare la sua temperatura
interna in condizioni climatiche estreme.
Questo grazie ad un piumaggio impermea-
bilizzato da un olio che produce esso stesso (che si spalma sul corpo con il becco, e
che, imprigionando una gran quantità
d’aria, funge da strato isolante), ad uno
strato di grasso sottocutaneo (che impedisce a loro calore corporeo di dileguarsi),
ma anche ad un’alimentazione ricca di
grassi.
L’organismo del pinguino regola anche il
suo calore giocando su due livelli di temperatura interna: il centro del corpo è caldo,
mentre le estremità sono fredde come
quelle di un animale a sangue freddo.
La temperatura delle estremità è, in effetti, regolata da un sistema di scambio di
calore tra le vene e le arterie. Il sangue
proveniente dal cuore scalda il sangue
freddo proveniente dalle zampe, quest’ultimo raffredda il sangue caldo diretto
verso le estremità. In oltre, la circolazione
sanguigna negli arti può essere ridotta in
caso di freddo.
Altre caratteristiche anatomiche, fisiologiche e comportamentali che hanno contribuito ad assicurare questa omeotermia,
sono comparse nel corso dell’evoluzione
del Pinguino Imperatore.
I pinguini affrontano sia le difficoltà dei
luoghi marini sia quelle della vita sulla
banchina. Se da un lato l’ambiente marino è stabile, dall’altro gli ambienti terrestri vedono i fattori climatici variare
secondo le stagioni.
Non c’è da stupirsi se l’esistenza del pinguino si traduce in una lotta perpetua contro il
raffreddamento e il riscaldamento.
Per combattere ancora meglio il freddo
dell’inverno australe, i Pinguini Imperatore
hanno adottato anche un comportamento
sociale che gli fa economizzare molta energia: il raggruppamento in formazione "tartaruga" (chiamata così per l’analogia con
la formazione militare dallo stesso nome,
resa celebre dalle legioni romane). Si
stringono gli uni contro gli altri per formare un gruppo molto denso (da otto a dieci
pinguini per m2), in modo da presentare
solo la parte alta della schiena al vento
freddo, poi ognuno cambia posto regolarmente in modo che coloro situati alla
periferia, più esposti, siano sostituiti da
quelli che si trovano al centro, sino allora
protetti meglio.
Un modello di sobrietà e resistenza
Una delle caratteristiche più sorprendenti del Pinguino Imperatore, e che non
trova equivalenti presso gli altri animali,
è la sua attitudine a vivere con le sue
riserve quando si trova costretto al digiuno.
Questo digiuno, che dura tutto il tempo
delle parate, dell’accoppiamento, della
deposizione dell’uovo, dell’incubazione
e dell’allevamento del pulcino, può far
perdere ad ognuno di loro fino ad un
terzo del suo perso. Va da 115 a 125 giorni per il maschio e 64 per la femmina.
Una modalità riproduttiva eccezionale
Dall’accoppiamento deriva un solo uovo,
covato senza nido, nel periodo più freddo dell’anno (inverno australe), imponendo ai genitori settimane di digiuno e
di sforzi, un uovo fragile al quale bisogna
evitare il contatto con il ghiaccio. Un
uovo che bisogna tenere al caldo se non
lo si vuole vedere spaccato o esposto al
becco dei predatori che spiano - è il caso
di dirlo – ogni passo falso.
Se, in media, solo la metà delle uova
deposte darà un pulcino, il numero delle
uova perse varia dal 2,5 all’80% secondo
gli anni.
Un modello di codificazione unico
Un modello di tolleranza
Altra sorprendente caratteristica del
Pinguino Imperatore: la sua capacità di riconoscimento e identificazione vocale. Non
solo un piccolo di pinguino è in grado di
riconoscere il suo genitore ascoltando solo
due decimi di secondo del suo canto, ma è
anche capace di farlo quando questo è
occultato dal canto di sei altri genitori emessi con sei decibel in più. Se, sino ad ora,
solo l’uomo era in grado di non farsi confondere da quest’effetto “cocktail”, la
soglia, per quanto lo riguarda non supera i
quattro decibel!
La nozione di territorialità non esiste presso i Pinguini Imperatore, (come diversamente accade per il Pinguino Reale e il
Pinguino Adélie).
L’assembramento a “tartaruga“, promiscuità vitale, sarebbe impossibile se difendessero un nido o un territorio come gli
altri uccelli.
(Pierre Jouventin, Centre d'éducation fonctionnelle et
évolutive - CNRS - di Montpellier)
Un modello di fedeltà
Le coppie formatesi restano fedeli per
tutto il periodo della riproduzione.
IL PINGUINO IMPERATORE
BIOGRAFIA SELEZIONATA
Indirizzo
Attualmente disseminati nella circonferenza
del continente antartico, e in particolare nella
Terra Adélie, i pinguini abitavano i mari del
sud molto prima della formazione della
calotta glaciale, più di 50 milioni di anni fa.
Classe e famiglia
Sottotipo : Vertebrati
Classe : Uccelli
Ordine : Sfenisciformi
Famiglia : Sfeniscidi
Genere : Aptenoditi
Specie: Forsteri
Numerosi cugini (17 specie di pinguini nell’emisfero sud, di cui solamente due sono
specificatamente polari: gli Imperatori e
gli Adélie), isole subantartiche, coste
dell’Australia meridionale, della Nuova
Zelanda, dell’Africa australe e dell’America
del Sud, dall’Antartico fino alle isole
Galapagos.
Popolazione: circa 400.000 esemplari
suddivisi in 44 colonie conosciute, la più
grande delle quali è costituita da 80.000
esemplari e si trova a Cap Washington.
Durata media della vita: trent’anni.
Taglia e peso
La loro taglia media è di 1,15m. Il “Signor
Imperatore” pesa tra i 35 e i 40 chili. La
“Signora Imperatrice” pesa tra i 28 e i 32
chili (ma sia uno sia l’altro, si sciolgono
letteralmente d’inverno e arrivano a perdere sino alla metà del loro peso).
Alimentazione
Predatore d’alto mare, il Pinguino
Imperatore si nutre essenzialmente di
krill (piccoli crostacei), pesci e calamari.
Segni particolari e biologia generale
Pessimo camminatore (0,5 km/h di media),
ma molto resistente, il Pinguino Imperatore è
invece un eccellente nuotatore. Dotato di ali
rigide, vere palette natatorie appiattite che
gli servono da remi, e di un corpo affusolato particolarmente idrodinamico, è un emerito tuffatore. Record misurato: 565 metri!
Oltre a queste due possibilità di spostarsi,
grazie ai suoi piedi palmati il Pinguino
Imperatore è anche in grado, sul ghiaccio,
di scivolare sul ventre (da 6 a 8 km/h).
Predatori nemici
Orche, leoni marini e, sulla terraferma,
grandi procellarie e skua antartici che
attaccano i pulcini.
Perchè i pinguini camminano oscillando
Avete mai notato quell’andatura un po’
buffa che hanno i pinguini mentre camminano? Se la natura ha selezionato questo strano modo di camminare, un motivo ci deve essere: a loro serve per risparmiare energia, fino all’80% rispetto ad
una deambulazione tradizionale. Il principio è semplice: loro si muovono sfruttando il moto armonico, una specie di pendolo invertito. Durante il moto di un pendolo (ideale...) c’è una continua trasformazione di energia potenziale in energia
cinetica (di movimento); l’unica energia
dissipata è quella dovuta agli attriti. Ecco,
i pinguini, oscillando lateralmente ed
avanti e indietro, sfruttano l’effetto del
pendolo, minimizzando l’energia spesa
per muoversi. Del resto, se si pensa agli
ambienti in cui vivono, appare chiaro
come una simile soluzione risulti quanto
mai vantaggiosa.
L’ANTARTICO
Il continente più freddo
e più ventoso, il più secco
e tetro del pianeta
(Ernest Shackleton, esploratore)
Le parole “Antartico” e “Artico” derivano
da Arktos, che in greco significa orsi.
Arktos è il nome dell’Orsa Maggiore,
costellazione dalla forma d’orso (o di casseruola) che si può facilmente osservare
nel cielo stellato dell’emisfero nord. Da
qui “Artico”, che designa Polo Nord.
Antartico è composto da anti (opposto a)
e arktos (L’Orsa Maggiore); l’Antartico
designa quindi il continente australe che
si situa al Polo Sud.
Composto da una banchina che riveste
l’oceano e di una calotta di ghiaccio antica trentacinque milioni di anni, il continente Antartico si situa a 2000 km dalla
Nuova Zelanda e 975 dall’America del
Sud.
Con i suoi 14.000.000 km2, ghiacci compresi, il continente australe si trova al
quinto posto tra i continenti.
La sua copertura di ghiaccio e neve varia
dai 2100 a oltre i 4700 m.
Considerato uno degli ambienti più rigidi
del pianeta, l’Antartico è il luogo in cui si
registrano i venti più forti e le temperature più basse della Terra. La temperatura
record, registrata il 21 luglio 1983 in
Antartico, è di -89,6°C! A gennaio (estate
australe), le temperature medie arrivano
a 0°C presso la costa. All’interno del con-
tinente sono di -30°C. A luglio (inverno
australe) raggiungono i -20°C sulla costa
e i -65°C all’interno.
Nell’Antartico, come in tutte le regioni
fredde, esiste ciò che viene detto ”l’effetto vento”. Con questo termine si designa
il fenomeno per il quale un vento violento può moltiplicare per 8 e 10 l’effetto
della temperatura.
LA BASE DUMONT D’URVILLE
66°40’S - 140°01’ E
Uno strano posto per un incontro
Poiché non appartiene a nessuno da
quando è stato designato “riserva naturale consacrata alla pace e alla ricerca
scientifica” nel 1959, il continente
Antartico non ha che un’industria: la
scienza.
Più grande dell’Europa, con un’estensione superiore cinque volte quella della
Francia e una volta e mezzo quella del
Canada, uno spessore di ghiaccio equivalente all’altezza del Monte Bianco (che,
da solo, rappresenta l’80% delle riserve
d’acqua dolce del pianeta), il Polo Sud è
un continente tanto gigantesco quanto
inospitale.
In questo clima più secco di quello del
Sahara, dove i venti soffiano alle volte a
più di 300 km/h, le tempeste possono
durare dei giorni, anche delle settimane.
Il tutto con una notte quasi totale per
diversi mesi all’anno (per esempio, alla
base Dumont d’Urville fa giorno solo per
tre ore il 21 giugno).
Territorio eccezionale su questo continente singolare, con una popolazione
che passa dai trenta individui d’inverno
ad un centinaio durante l’estate australe:
la Terra Adélie (432.000 km2).
È un francese, Jules Sébastien César
Dumont d’Urville che, il 20 gennaio, ha
dato a questa nuova terra ghiacciata il
nome di sua moglie, Adèle.
Per arrivare nei meandri del globo, oggi
ci vogliono più di trenta ore di aereo.
Partendo da Parigi, bisogna passare per
Hong Kong, in Cina, Melbourne in
Australia, poi Hobart in Tasmania e
imbarcarsi infine a bordo dell’Astrolabe,
una nave noleggiata dall’Institut Polaire
Français2 e affrontare il mare più pericoloso del mondo, i suoi iceberg e le sue
tempeste (solo cinque rotazioni l’anno).
Dopo un periplo di una settimana, si arriva finalmente alla base francese permanente del continente antartico, la Base
Scientifica Dumont d’Urville sull’Isola
delle Petrelle nell’arcipelago di Pointe
Géologie.
Sviluppatosi a partire dal 1956, DDU come lo chiamano gli intimi - vede le
equipe scientifiche francesi darsi il cambio senza discontinuità.
Ma questa ricerca francese non è limitata geograficamente a Dumont d'Urville,
e l'Institut Polaire partecipa anche a programmi scientifici che si svolgono in altri
luoghi del continente, in linea generale
L'Institut Polaire Français Paul Emile Victor è un’agenzia di
mezzi per la ricerca polare al servizio dei laboratori nazionali
legati a strutture il cui scopo è la ricerca scientifica : università,
CNRS, CEA, INRA...
2
in ambito di collaborazioni internazionali
(come i programmi di grandi perforazioni del ghiaccio Vostok e EPICA).
Un’altra base permanente chiamata
Concordia è attualmente in fase di
costruzione su sito del Dôme C, a più di
1.000 km dalle coste del continente.
CALDO / FREDDO
Promemoria e ammonimento
Il surriscaldamento climatico che colpisce
il nostro pianeta (e in modo particolare le
regioni polari) e i cambiamenti che provoca toccano in primo luogo le specie che vi
abitano.
A nord come a sud, queste subiscono per
prime la diminuzione delle superfici di
ghiaccio e le conseguenze che questo
comporta.
A medio termine, direttamente interessati,
orsi polari e pinguini non avranno altra
scelta che cambiare il loro modo di vivere
se vogliono sopravvivere a questi sconvolgimenti.
I pinguini, prime vittime in Antartico
Nel 2001, nel Mare di Ross, in Antartico,
due iceberg giganti si sono staccati, bloccando le colonie di pinguini Adélie nella
loro ricerca di cibo, obbligandoli a fare
una deviazione di oltre 50 chilometri.
In quello stesso anno, diversi pulcini di
Pinguini Imperatore sono morti affogati,
in seguito ad un disgelo precoce, prima di
aver imparato a nuotare.
Per quanto siano naturali questi disgeli
assassini prematuri, il fenomeno, se la
temperatura continuasse ad aumentare,
diventerebbe ricorrente…
Le ricerche condotte presso la base francese Dumont d'Urville (sulle coste est del
continente) hanno mostrato che la colonia
di Pinguini Imperatore di Pointe Géologie
ha perso 3000 coppie in 50 anni; i tassi di
massima mortalità corrispondono agli
anni ‘76 e ‘80 che coincidono con il massimo ritirarsi della banchina.
Allo stesso modo, a ovest del continente,
a causa dell’aumento della temperatura
dell’aria (da 2.5°C a 3°C in 50 anni), una
parte della Penisola Antartica ha cominciato ha inverdire per via delle alghe e dei
muschi che vi si sviluppano.
INFORMAZIONI GENERALI
Trattato sull’Antartico
e Protocollo di Madrid
Con degli ecosistemi preziosi per la ricerca
scientifica, l’Antartico è una delle regioni
principali a livello ambientale.
Testimone di condizioni atmosferiche passate risalenti a centinaia di milioni di anni
fa, la calotta polare consente di studiare i
cicli climatici naturali del pianeta in rapporto ai quali è possibile giudicare l’importanza dei cambiamenti recenti.
Centinaia di specie selvagge uniche e vulnerabili vi hanno eletto il loro domicilio. Il
suo ambiente marino mantiene una moltitudine di mammiferi come ad esempio le
foche e le balene, e questo in quantità
molto maggiore che nell’Artico.
Oltre a contribuire alla biodiversità mondiale, l’Antartico occupa un ruolo centrale
per i sistemi oceanici e climatici del pianeta. Circa l’80% dell’acqua dolce esistente al
mondo è imprigionata nei ghiacci
dell’Antartico. Come l’Artico, l’Antartico è
un sensibile indicatore dei cambiamenti
planetari. Una piccola variazione di temperatura dovuta a cambiamenti climatici ha
delle conseguenze gravi per lo scioglimento dei ghiacci, il quale, a sua volta, incide
sul livello dei mari su scala mondiale, cosa
che nuoce al benessere dell’uomo in tutto
il mondo.
Dopo aver sconvolto l’ambiente antartico a
livello locale (prima con la caccia e la
pesca, poi più recentemente con l’esplorazione, la scienza e il turismo), l’attività
umana sugli altri luoghi della Terra ha contribuito enormemente ai cambiamenti climatici producendo un buco nello strato di
ozono sopra l’Antartico.
Questa superattività incontrollata non solo
ha portato le specie di questo continente
ad esporsi ad un irraggiamento pericoloso,
ma ha lasciato anche tracce di inquinamento chimico sulla calotta glaciale e nelle
cellule dei vegetali e degli animali della
regione.
Durante la prima metà del XX secolo,
diversi paesi hanno rivendicato alcune
parti dell’Antartico. Al fine di evitare i problemi posti da rivendicazioni conflittuali e
con lo scopo di favorire una collaborazione
scientifica costante su scala internazionale,
il Trattato sull’Antartico (firmato nel 1959
e messo in atto nel 1961), ha riconosciuto
“che era nell’interesse dell’umanità intera
che l’Antartico venisse riservato per sempre alle sole attività pacifiche e non diventasse né teatro né motivo di dispute internazionali”.
Le caratteristiche principali del Trattato
sono vietare tutte le misure di carattere
militare, assicurare la libertà e la cooperazione internazionale nella ricerca scientifi-
ca e, in cambio di informazioni, rinunciare
al diritto di sovranità territoriale e vietare le
esplosioni nucleari o la discarica delle scorie radioattive.
I principali propositi internazionali sono: la
Convezione per la protezione delle foche
dell’Antartico (CCAS,1972); la Convenzione
sulla conservazione della fauna e della
flora marine dell’Antartico (CCAMLR,
1980) e il Protocollo di Madrid (1991) ratificato da 44 paesi, entrato in vigore nel
1998, in virtù del quale, oltre alla protezione globale dell’ambiente, le Parti si impegnano a sorvegliare le attività delle spedizioni, scientifiche o logistiche, organizzate
sul loro territorio o che partono da lì, così
come le attività delle loro navi, aeromobili
e stazioni nell’Antartico. Oltre a vietare
alcune attività, in particolare la distruzione
dei siti storici e le interferenze nocive alla
flora e alla fauna, esige che tutte le attività
condotte in Antartico siano oggetto di una
valutazione delle loro incidenze sull’ambiente ed esige in oltre lo stabilirsi di un
piano d’urgenza per intervenire in caso di
necessità ambientale.
Trattato, Protocollo e Convenzioni, così
come le misure che ne derivano, costituiscono il sistema del Trattato sull’Antartico.
Il Comitato di protezione ambientale è
stato costituito nell’ambito del Protocollo
allo scopo di aiutare le sue Parti a metterlo
in atto.
GLOSSARIO
Blizzard: vento violento, spesso carico di
particelle di ghiaccio.
Banchina: La banchina è una distesa di
mare ghiacciato. Si forma durante l’inverno polare, quando la temperatura dell’acqua del mare scende al disotto dei –1,8°C.
In pieno inverno, lo spessore del ghiaccio
può raggiungere diversi metri.
A nord, una parte della banchina non si
scioglie.
Disgelo: Quando la temperatura risale, la
banchina perde poco a poco di spessore.
Una volta tornata soggetta ai movimenti
del mare, si frammenta in grandi placche
poi in pezzetti sempre più piccoli. Queste
placche servono frequentemente ai mammiferi marini, come le foche, per prendere
il sole e riposarsi.
Gelo: Gelo dell’oceano che causa la formazione della banchina.
Ghiaccio: Il ghiaccio è acqua solida, cristallizzata, gelata. È uno dei tre stati naturali
dell’acqua. L’acqua pura gela a 0 °C. gli
altri due stati sono quello liquido e quello
gassoso (a 100 °C, il vapore).
Hummok: piega di ghiaccio tra due placche
di banchina.
Oamok: Nato dall’associazione (libera) di
Oasis Hummok per designare l’area occupata dai pinguini nel momento della loro
riproduzione.
Krill: Tipo di piccolo gamberetto, crostaceo
dai 6 ai 7 cm di lunghezza del peso di 2 g,
dal corpo quasi trasparente leggermente
verdastro perché si nutre filtrando il fitoplancton, pigmentato di puntini rossi e con
due grandi occhi neri. Vive fino a sei anni.
Ne esistono 85 specie sparse nel mondo,
vive in branchi giganteschi nella parte
superiore dell’oceano, formando alcune
volte banchi di due milioni di tonnellate
che si estendono 450 km2.
Il krill rappresenta quindi l’animale più
abbondante del pianeta, secondo le stime
ne esitono 650 milioni di tonnellate. Quello
dell’oceano australe, il krill antartico, è
detto Euphausia superba. Si trova al centro
della catena trofica, poiché calamari, mammiferi marini, uccelli, pesci ed alcuni cetacei se ne nutrono. Con un rendimento
molto basso perché per prendere un chilo,
ne devono assorbire 100!
Polynie: Zone di acqua non ghiacciata al
centro della banchina.
Grande Petrella: Uccello palmipede mangiatori di carogne iscritto nella lista delle
specie minacciate presenti nei territori
francesi d’oltremare.
Rookerie: Colonia di pinguini (Imperatore
e altri)
Sastruggis: Rilievi e onde di ghiaccio scolpiti dai venti.
Venti Catabatici: (dal greco cata che significa «verso il basso»); questi venti molto
freddi si possono osservare sotto tutte le
latitudini del mondo quando l’ascensione
di aria fredda incontra una pendenza sensibile (più l’aria è fredda, più è forte), ma
da nessuna parte sono così violenti come
in Antartico. Per effetto della pendenza
della calotta polare, precipitano per gravità
sino alla costa secondo le asperità del terreno, seguendo una direzione quasi
costante.
Biografia
LUC JACQUET
Documentari sugli animali
REGIA E RIPRESE
“SHEDAO, L’ÎLE DES SERPENTS IMMORTELS”
France Cinq / Mona Lisa Production,
S 16 mm / Digital Beta, 2002
“LA TIQUE ET L’OISEAU”
France 3, National Geographic/ St.Thomas
Production/Mona Lisa Production, 52 min,
S16 mm, 2002
“UNE PLAGE ET TROP DE MANCHOTS”
La Cinquième/National Geographic/St.
Thomas Production,
S 16 mm / Digital Beta, 1997-2000
Premio speciale della giuria, Festival del
Film sulla Natura, Ménigoute 2001
“LA PART DE L’OGRE (LA CHASSE DU
LEOPARD DE MER) ”
Canal +/ digital Beta, 26 min, 1998-1999
“LE PRINTEMPS DES PHOQUES DE
WEDDELL”
Canal+/St Thomas production, 1916 mm,
26 min, 1996
Premio coup de cœur al festival di Autrans 96
Premio dell’immagine sottomarina, festival di
Toulon 96
“ENTRE LES RATS ET LES MANCHOTS”
SFRS, digital Beta, 1996
“LES HIRONDELLES”
Canal+/Aster, 26 min, Beta SP,
regia JP Macchioni, 1996
“LES CHAMOIS”
Canal+/Aster, 1996 , 26 min, Beta SP,
regia JP Macchioni
“RENARD, BLAIREAU ET COMPAGNIE”
Canal+/Aster, 26 min, Beta SP,
regia JP Macchioni, 1995
RIPRESE
“L’ART DE VIVRE D’UNE BALEINE TUEUSE”
BBC/Canal+/NHK/St. Thomas production,
digital Beta, 1997
“THE VUTURE AND THE SPERM WHALE”
St Thomas production, S 16 mm, 1997-200?
“MONSIEUR CINCLE”
Canal+/Aster, 26 min, Beta SP,
regia JP Macchioni, 1996
“LES LÉZARDS”
Canal+/Aster, 26 min, Beta SP,
regia JP Macchioni, 1996
“LE TRITON ET LA SALAMANDRE”
Canal+/Aster, 26 min, Beta SP,
regia JP Macchioni, 1995
DOCUMENTARI
“L’ASTROLABE EN TERRE ADELIE”
Documentario di esplorazione scientifica,
France 3/Thalassa, 1998-1999
“CAMILLE A LA MONTAGNE”
Serie dedicata alla scoperta della natura
per i bambini, Canal J/Aster, 12 volte
6min, Beta SP, 1996
“UN VOYAGE EN AUTRICHE”, “Vienne”,
“Salsbourg”
Documentario scoperta, 3 x 52 min,
Beta SP, St. Thomas Production/Warner
video, 1995
Riprese
“LE CONGRES DES PINGOUINS”
Ariane Films/Arte, 1992, film diretto da
H.U. SCHLUMPF
Direttore della fotografia a Terre Adélie
“LETTRES AUSTRALES”
Racconto d’avventura, U-matic, 26 min,
1993
EDITORIA
ALTRO
Redattore della cronaca mensile “ Carnet
de saison ” della rivista “TERRE SAUVAGE ”
“ANIMAL ZONE”
Rivista settimanale sulla natura, BBC/France
2/Léo Production, 1998
Redattore scientifico dei primi 12 numeri
FOTOGRAFIA
“MEFIE TOI DE L’EAU QUI DORT”
Lazennec prod., 1996 , film diretto da J.
DESCHAMP
Consulente tecnico sulle riprese degli animali, sulla cattura e la manipolazione
degli animali.
“PAULINE A LA FERME”
Serie dedicata alla scoperta della natura
per i bambini, Canal J/Aster, 12 volte
6min, Beta SP, 1995
Collaborazioni con FIGARO MAGAZINE
con l’agenzia BIOS, finalista del concorso
“THE WILDLIFE PHOTOGRAPHER OF THE
YEAR”, 1993
FORMAZIONE TECNICA PER LE RIPRESE
Riprese 35mm, Zurigo, 1991
Riprese 16mm/S16mm, ENS Louis
LUMIERE, 1993
Riprese Digital Betacam, Sony Francia,
1997
FORMAZIONE SCIENTIFICA
• MAÎTRISE DE BIOLOGIE ANIMALE, menzione “Écologie et comportement animal”, Università di Lyon 1, 1991
• DEA GESTIONE DEGLI AMBIENTI NATURALI MONTANI, università di Grenoble 1,
1994, stage di 6 mesi presso l’Inra-SAD di
Toulouse incentrato sull’influenza delle
pratiche agricole sulla vegetazione della
valle d’Oô.
• Incaricato di studi presso il CNRS in
ORNITO-ÉCOLOGIA POLARE, soggiorno
di 14 mesi a Terre Adélie, Antartico, 19911993, per il Prof. P. Jouventin
• Numerosi presenze sul campo nello studio del comportamento animale (marmotta alpina, ornitologia, batraci…)
www.luc-jacquet.com
PER SAPERNE DI PIU’....
www.pnra.it
Sito ufficiale del Programma Nazionale di
Ricerche in Antartide.
www.mna.unisi.it
Il Museo Nazionale dell’Antartide.
www.esteri.it/ita/4_27_54_27.asp
Sito del Ministero degli affari esteri ricco
di informazioni sul Trattato Antartico.
www.ifremer.fr/ifrtp
Sito internet dell’Istituto Polare Francese
Paul-Emile Victor, con ampie informazioni
di fondo [francese-inglese]
www.ifremer.fr/ifrtp/pages/ddu.html
Sito internet della base polare francese
Dumont d’Urville [francese-inglese]
www.darwinfoundation.org
Sito della Darwin Foundation, che si dedica
alla tutela dell’ecosistema delle Galapagos
[inglese]
www.sanccob.co.za
Sito di un’organizzazione sudafricana
senza scopi di lucro che si occupa della
riabilitazione di tutti gli uccelli marini (in
particolar modo del pinguino africano)
colpiti dal petrolio che fuoriesce dalle
petroliere in transito nel mare del Sud
Africa [inglese]
www.penguin-place.com
Penguin Place, New York, sito di on-line
shopping dedicato al mondo dei pinguini
[inglese]
www.mbayaq.org/efc/efc_splash/splash_
cam.asp
Collegamento alla webcam della vasca dei
pinguini del Monterey Bay Aquarium.
www.martingrund.de/pinguine
Collegamento alla prima webcam antartica situata presso la base di O’Higgins.
NOTE
Impaginazione e realizzazione grafica
Finito di stampare nel mese di ottobre 2005
presso Selegrafica 80