Pressbook - Lucky Red
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Pressbook - Lucky Red
presenta La Marcia dei Pinguini un film di Luc Jacquet Ufficio Stampa LUCKY RED Via Chinotto,16 - 00195 Roma Tel. +39 0637352296 - Fax +39 0637352310 Georgette Ranucci: +39 335.5943393 e-mail: [email protected] Alessandra Tieri: +39 335.8480787 e-mail: [email protected] CAST TECNICO In coproduzione con..........................................APC In collaborazione con..........INSTITUT Musica originale...........................EMILIE Sceneggiatura.................................LUC FRANÇAIS PAUL-EMILE VICTOR JACQUET Adattamento...........................MICHEL .......................................................LUC SIMON POLAIRE FESSLER JACQUET Fotografia................................LAURENT ...................................................JEROME CHALET MAISON Titolo originale............................................................ .........................LA MARCHE DE L’EMPEREUR La storia originale è narrata da................................. Postproduzione.......................................................... .......................................ROMANE .........................JEAN-CHRISTOPHE ..............................................CHARLES BARRET Montaggio..............................SABINE EMILIANI Suono................................LAURENT QUAGLIO BOHRINGER BERLING .......................................................JULES SITRUK credits not contractual Mix.............................................GERARD Un film prodotto da...........YVES LAMPS DARONDEAU ...........................................CHRISTOPHE LIOUD .............................................EMMANUEL PRIOU Una produzione.........................BONNE PIOCHE Con la partecipazione di............................................ ....................BUENA VISTA INTERNATIONAL ...........................FILM PRODUCTION (France) ...................................................................CANAL + Durata: 80 min. Uscita: 18 novembre 2005 EDIZIONE ITALIANA Direttore doppiaggio.......FRANCESCO VAIRANO Voce narrante......................ROSARIO FIORELLO La scorsa estate per caso vidi un servizio televisivo che parlava del film La Marcia dei Pinguini e me ne innamorai subito. Tre giorni dopo ricevetti una telefonata da Andrea Occhipinti, distributore del film in Italia, che mi disse: “Sai Rosario, c’è una storia che parla di ping...” ma io lo interruppi dicendogli:” So tutto,lo voglio fare!” Mi sono talmente immedesimato in questa storia che durante le registrazioni della voce narrante usavo la giacca a vento! Noi uomini dovremmo prendere esempio dai pinguini maschi che marciano per 20 giorni e 20 notti a temperature impossibili per incontrare le loro compagne e non è tutto! sono loro infatti e non le femmine a covare l’uovo per mesi!!............e noi maschi della razza umana? Qual è il nostro contributo per fare nascere i nostri pulcini?....quei soliti dieci minuti?! C’è chi ci mette anche meno!... A parte gli scherzi, è stato bellissimo raccontare questa incredibile storia...talmente bello che quando facevo un errore e dovevo incidere di nuovo la frase era un piacere poter rivedere ogni scena anche cinque o sei volte. Ringrazio nuovamente la Lucky Red per avermi dato modo di partecipare a questa avventura. Rosario Fiorello P.S. Il vero Pinguino Imperatore di questa storia è Francesco Vairano, il grande direttore di doppiaggio che, come al solito e con grande fatica, ha reso decente la narrazione, l’interpretazione ma soprattutto la dizione “sicula” del sottoscritto. C’ERA UNA VOLTA NELL’ANTARTICO LA NATURA HA INVENTATO LA PIÙ BELLA DELLE STORIE Nell’oceano, il Pinguino Imperatore assomiglia più ad un delfino che ad un uccello. Potente, fluido, con un colpo di reni viene fuori dalle profondità come un siluro, scivola con destrezza sul ghiaccio, si rialza e finisce per mettersi in piedi sulle zampe. Trasformatosi in camminatore maldestro, l’uccello si trova ormai alla mercé del minimo ostacolo. Quale ragione o quale destino spinge dunque questo buffo uccello a lasciare l’acqua ghiacciata nella quale si muove con tanta grazia? Una sola, primordiale ed essenziale: la sopravvivenza della propria specie. Ma nell’Antartico i luoghi eleggibili sono rari poiché d’inverno, per un’ampiezza che va dai 100 ai 200 chilometri intorno al continente, il mare ghiaccia. Da una parte c’è il nord (il mare ghiacciato, l’oceano e il suo cibo), dall’altra c’è il sud (la banchisa, deserta ma stabile). Tra i due, c’è l’Imperatore che cammina. Che cammina d’inverno attraverso centinaia di chilometri di pericoli. Che cammina senza posa tra il cibo e il suo piccolo che ha fame… La Marcia dei Pinguini racconta questa epopea… INTERVISTA AL REGISTA LUC JACQUET Come si diventa registi di un film come “La Marcia dei Pinguini” ? Ovviamente per caso. La storia è iniziata con un annuncio che sostanzialmente diceva «cercasi biologo che non abbia paura di niente, pronto a partire per quattordici mesi ai confini del mondo»… Naturalmente avevo fatto degli studi di biologia sul comportamento degli animali e volevo diventare ricercatore. Essendo per indole portato alla natura e all’avventura, così come alla lotta e alle condizioni estreme, questo genere di proposta non poteva che interessarmi. D’altronde, già in quel periodo si trattava di ottenere delle immagini di Pinguini Imperatore… L’unico problema era che non avevo mai usato una cinepresa in vita mia. Ho cominciato allora con un periodo di formazione al 35mm, più o meno una decina di giorni. Dopo di che c’è stato il mio primo soggiorno presso la base di Dumont d’Urville. Con due missioni: inanellare degli uccelli e redigere una lista precisa delle inquadrature da effettuare. All’epoca avevo 24 anni. Iniziare in condizioni così estreme non l’ha un po’ “raffreddata”? No, perché essendo nato a Jura, ho iniziato a sciare a tre anni. Questo ha fatto sì che sperimentassi un poco il freddo. Poco attratto dalla ricerca che privilegiava la lettura del terreno, è grazie ad un amico, di ritorno dall’isola di Crozet, terminate le riprese di un documentario sulle orche, che è nata l’idea del mio primo film, “Léopard des mers, seigneurs des glaces”. Dopodiché, si è scatenata una reazione a catena e i viaggi in Antartico si sono susseguiti. Dodici anni dopo continuo ancora a vagabondare per il 66° parallelo. Com’è nato il progetto de “La Marcia dei Pinguini”? Il Pinguino Imperatore è il più grande, il più bello, bisognava che ne fossi all’altezza, e poi servivano i mezzi. Ho iniziato a scrivere la storia quattro anni fa e il progetto è maturato poco a poco, nel corso dei mesi. Poi c’è stato l’interessamento immediato e senza riserve dei produttori (Bonne Pioche). Siccome eravamo in agosto e bisognava partire a gennaio, tutto si è svolto molto rapidamente. A metà dell’inverno la storia è cambiata. Di comune e tacito accordo, e soprattutto con un entusiasmo generale iper motivato, da film per la televisione il progetto si è trasformato in lungometraggio. Tutto ad un tratto diventava un’avventura eccezionale, sotto tutti gli aspetti della produzione. Una gigantesca congiunzione di volontà concordi, dirette da una determinazione e un’energia simile a un’operazione di commando. A partire da quel momento ci siamo divertiti moltissimo. Avevo la storia, pura, semplice, senza inganni (visto che si tratta di sopravvivenza) di un popolo maledetto. Sapevo precisamente dove e quando girare. La scaletta era pronta, la sceneggiatura era stata elaborata minuziosamente e tutto ciò che restava da fare era… scommettere sugli attori. Sapevamo ciò che sarebbe accaduto, dove e con chi, ma non obbligatoriamente “come”; non bisogna dimenticare che si tratta dell’Antartico e che i pinguini sono degli animali. Perché dice “un popolo maledetto”? Perché il Pinguino Imperatore è un anima- le favoloso, oceanico, capace di immergersi a 400 metri di profondità e restare in apnea per 20 minuti e, per potersi riprodurre, non si sa per quale motivo, “paga pegno”, costretto a camminare come un penitente per chilometri e chilometri fino all’estrema punta della costa antartica, lontano dal mare, per deporre un uovo nel luogo più instabile possibile, facendo da spola per tutto l’inverno tra la colonia in cui vive un calvario e il mare in cui c’è tutto ciò che gli serve! Esistono solo una quarantina di luoghi adatti, non di più. Il pinguino imperatore è il confine della vita. Dopo di lui non c’è più nulla. Si entra in ambito biotico. In quest’orizzonte bianco a perdita d’occhio è l’ultima vedetta, l’ultimo elemento di vita del pianeta. Sempre che questo non sia già di per sé un altro pianeta. Perché se non ci troviamo effettivamente nello spazio, non ci troviamo neppure più sulla terra! Ci troviamo tra realtà e fantasia. Pinguini Imperatore, nomadi, tuareg…la natura crea dei miraggi. Tutti i riferimenti sono scomparsi o si sono invertiti. Le stagioni stesse sono invertite. A meno di non averlo vissuto, nessuno può immaginare cosa sia un vento glaciale di 150km/h. È con tutti questi aspetti fantastici che ho cercato di giocare. Ho creato l’irreale con il reale, desiderando coinvolgere lo spettatore come un padre o una madre può far sognare suo figlio prima che si addormenti. Inoltre il pinguino è molto simpatico. Per quanto sia animale, alle volte è anche un po’ “uomo”. E in materia cinematografica, non sono certo gli sviluppi a mancare. In alcuni anni, l’ottanta per cento dei pulcini rischia di morire. Ci sono stati dei rischi imprevisti? Sì, come avvicinarsi alla colonia un po’ troppo bruscamente e mandare al tappeto duecento uova. Una cosa del genere ti obbliga a sentirti responsabile. Per quanto concerne i rischi di aggressione, non ne ho mai costatati. Sicuramente perché è un comportamento che il pinguino non può permettersi. Richiederebbe troppe energie e i suoi problemi gli danno già abbastanza da fare. Il Pinguino Imperatore è un animale che ha un rapporto particolare con l’uomo. Può lasciarti avvicinare un giorno e quello dopo no. Tutto questo serve ad instaurare un codice di buon comportamento. Chi non lo rispetta non otterrà nessuna immagine. Bisogna venire a patti. C’è un proverbio che dice «se vuoi dominare la natura, ubbidiscile», questo ti obbliga ad essere scaltro. gli uomini non hanno mai lasciato il luogo delle riprese prima della fine della storia. Ho poi impiegato un anno per rimetterci le mani. Il riadattamento è lungo. Il surriscaldamento del pianeta (dai 2 ai 5 gradi secondo i luoghi), rappresenta un rischio per i pinguini ? Se è innegabile il fatto che riducendo la banchina il surriscaldamento semplificherà il compito dei pinguini permettendo loro di camminare meno, in cambio avranno meno da mangiare. Molte specie si nutrono di krill1 – le foche, le balene, i pinguini, per citare solo le più note - e lo scioglimento della massa di ghiaccio invernale ha comportato una diminuzione di questo krill che d’inverno si nutre di alghe che crescono nel ghiaccio del mare. È la prova evidente che un cambiamento di clima comporta immediatamente delle conseguenze. Quanto tempo sono durate le riprese? Un anno e 120 ore di immagini. Il tempo dello svernamento, del ciclo di un pinguino. Senza vedere mai il girato, la pellicola e 1 tipo di piccolo gamberetto (vedi glossario) TRA REALTÀ E FANTASIA La storia dei Pinguini Imperatore e del loro ciclo riproduttivo è unica al mondo. Riunisce amore, dramma, coraggio e avventure nel bel mezzo dell’Antartico, la regione più isolata e inospitale del mondo. Una storia offerta dalla natura, che si perpetua da millenni e che gli uomini hanno scoperto solo all’inizio del XX secolo. LA MARCIA DEI PINGUINI racconta questa storia straordinaria… La storia di un popolo pronto a qualunque sacrificio per generare la vita. Febbraio, segna la fine dell’estate nell’Antartico e il mare è libero. Uno stormo gigantesco di Pinguini Imperatore si muove con grazia in un’acqua blu scura per raggiungere la luce che irradia la superficie. Qua e là, degli iceberg giganteschi la cui parte inferiore affonda a grande profondità diffondono una luce opalescente. Gli Imperatori qui si trovano nel loro regno, un luogo ricco di calamari, pesci, un mondo liscio e temperato. A marzo, tra i blocchi di ghiaccio di acqua grigia e vischiosa, gli Imperatori sfrecciano come dei siluri. Con pesantezza, cadono sulla neve molle che ricopre i tratti di banchina di cui il mare è ricoperto sino ad un orizzonte indistinto. Quasi subito persi nella tormenta di un universo bianco, i pinguini formano ora dei piccoli gruppi sparsi. Dal bordo estremo della banchina, riuniti in un’interminabile fila indiana, a piccoli passi, come una processione verso qualche luogo santo, migliaia di individui si apprestano ad affrontare le temperature più estreme. Sui loro capi, le chiazze arancioni sembrano fluorescenti in questa luce glauca. I fiocchi di neve vi si posano sopra senza sciogliersi. Intorno all’Antartico, l’oceano sta gelando… Carovana immensa in un deserto bianco, centinaia di pinguini avanzano al passo, e in silenzio. Là dove vanno nessun altro può vivere in questa stagione, nessuna creatura vivente è in grado di disputargli questo terribile privilegio. Ma gli Imperatori non hanno scelta, occorrono delle settimane per portare a compimento i loro riti amorosi e dei mesi per allevare la loro progenie. I tre corti mesi estivi non sarebbero sufficienti. Ogni anno, per riprodursi, questa processione ha un appuntamento con uno dei peggiori inverni del pianeta. All’inizio di aprile, dopo giorni e giorni di marcia, decine di chilometri percorsi e una serie interminabile di ostacoli sempre più pericolosi, la processione in movimento ha, come ogni anno, ritrovato la strada. Nell’arcipelago di Pointe Géologie, per i pinguini ora riuniti sull’oamok, è il momento degli amori e dei canti di seduzione. Il meglio e il peggio Vista dall’alto, la colonia degli Imperatori sembra rannicchiata in una piccola enclave circondata da un’immensa vacuità bianca. È protetta a nord da un arcipelago di piccoli isolotti, a sud dalle falesie del continente, a est da una lunga lingua di ghiaccio che si allarga a ventaglio sulla banchina antartica. In cima a questo ghiacciaio, centinaia di iceberg appena formati creano una lunga diga di ghiaccio. Questa gigantesca barriera di diverse dozzine di metri di altezza protegge la colonia dai venti dominanti di sud-est che battono la regione permanentemente. Più oltre, tutto è rigorosamente piatto e bianco ai quattro angoli dell’orizzonte. Al mattino, la banchina si è riformata. Ricoprirà il mare per circa cento chilometri verso nord, cingendo letteralmente l’Antartico per tutto l’inverno. Un esemplare passeggia tra la folla. Di tanto in tanto, si ferma, piega dolcemente il collo e lancia un violento canto gridato. Rialza la testa, emette una sorta di brontolio e riprende il suo cammino fino a quando uno dei suoi simili non deciderà di rispondergli. Allora seguono una serie di duetti di danza. Le linee estremamente grafiche della parte alta del loro corpo vengono incessantemente piegate e dispiegate. Dopo i canti, i due pinguini assumono una postura estatica, indifferenti alla folla che si agita intorno ad essi e non si muovono più per diversi minuti, come affascinati dalla vista del loro nuovo compagno. Se spesso si afferma che la puntualità è la gentilezza dei re, questa si rivela di vitale importanza per gli Imperatori. La riproduzione per questi ultimi rappresenta una vera corsa contro il tempo in cui ogni momento è calcolato al minuto. Se qualcosa va storto durante lo svolgimento di questo processo, tutto è perduto, e gli amori vengono rinviati all’anno successivo. In poco tempo, in tutta la colonia, echeggiano dappertutto duetti formidabili, assordanti. Grazie alle parate, la coppia stabilisce dei legami molto forti. I canti, da un lato servono a ben identificare il compagno (in assenza di un territorio e in presenza di un tale affollamento, non sia mai che si perda la compagna con la quale si è deciso quel mattino stesso di creare una famiglia!), dall’altro servono a farli sincronizzare, vale a dire mettere il loro orologio biologico sulla stessa ora per essere perfettamente in fase durante i mesi che seguiranno. Nonostante l’incredibile brusio dei canti romantici che si mescolano tra loro, ogni pinguino ha registrato con precisione la «firma vocale» del suo compagno ed è in grado di identificarlo tra mille. Nell’atto di cantare un pinguino declina il suo «codice» di riconoscimento personale, come pure il suo sesso e senza dubbio il suo desiderio di riprodursi. Al colmo della raffinatezza, un uccello che canta inibisce il canto dei consimili che si trovano nei suoi pressi. Questa forma di gentilezza per cui ognuno parla quando è il suo turno, evita un brusio indecifrabile nel raggio di qualche metro. Dopo il balletto seduttivo al quale segue l’accoppiamento, alcuni piccoli gruppi lasciano i luoghi e ripartono verso l’orizzonte. Sono le femmine che, non avendo trovato un compagno, lasciano la colonia e riguadagnano il mare prima che arrivi il pieno inverno. Il combattimento più bello Aprile e maggio non hanno nulla da invidiare ad una luna di miele. Mentre le notti durano circa quattordici ore, senza nulla da mangiare, la giovane coppia non vive altro che d’amore e di neve fresca, affidandosi alle riserve di grasso accumulate da dicembre. Alla fine del mese di maggio, dimagrita sino al punto di aver perso un terzo del suo peso, la femmina depone un uovo, uno solo. L’uovo non deve assolutamente rotolare sul ghiaccio: in pochi secondi si gelerebbe irrimediabilmente. La femmina lo fa scivolare sulle zampe e lo nasconde in una piega della sua pancia, la sacca incubatrice. Meno dimagrito della sua compagna, il maschio le darà il cambio e coverà a sua volta il frutto della loro unione. L’impegno è già di per sé una prova di coraggio e di resistenza: restare quasi senza muoversi più di sessanta giorni, senza mangiare, esposto alle peggiori condizioni climatiche. L’unica consolazione è, se mai ce n’è una, che tutti i maschi della colonia si apprestano ad agire allo stesso modo. Il giorno seguente la deposizione dell’uovo, una prima prova attende la coppia, una prova che richiede grande delicatezza e coordinazione: il passaggio dell’uovo dalle zampe della femmina a quelle del maschio. Nessuno deve sbagliare: l’uovo è fragile, il terreno incerto, e l’esercizio tanto pericoloso quanto fatale in caso d’errore. Dopo diversi canti, danze e posture, la femmina indietreggia, fa rotolare l’uovo sulla banchina mentre il maschio lo spinge immediatamente con il becco sulle sue zampe. Anche qui, il minimo errore e l’uovo si congela. Il margine della colonia disseminato di uova perse, dimostra che l’operazione non è così semplice, esige un’assoluta armonia tra i due genitori. Una volta completata la prova, indebolita per non aver mangiato dal giorno della loro partenza, quaranta giorni prima, ma libera per un periodo dai suoi obblighi di covare, la femmina deve assolutamente raggiungere il mare per nutrirsi di nuovo. Prima di farlo, per essere ben sicuri di un riconoscimento reciproco al suo ritorno, due mesi dopo, un ultimo incantesimo permetterà alla coppia e alla loro futura progenie di memorizzare l’impronta vocale di ciascuno. Ancora una volta il cammino sarà lungo, difficile e pericoloso. Blizzard? Avete detto blizzard? Per i maschi comincia un vero calvario. Sono già due mesi che non mangiano, devono aspettare ancora due mesi per il loro prossimo pasto. Camminando sui talloni, con l’uovo sulle zampe, si stringono poco a poco per far fronte al cattivo tempo. Gli spettri dell’inverno sono sulla colonia. Il sole spunta solo due ore al giorno, il freddo è terribile (- 40°C), i venti soffiano nonostante la protezione del ghiacciaio. Si parla qui di venti catabatici. Delle masse d’aria che rotolano letteralmente sul continente antartico e si gonfiano come delle valanghe su migliaia di chilometri. Quando arrivano qui, sulla costa, sono al loro parossismo. I venti si gettano sulla banchina, brutalmente, in pochi minuti. In un quarto d’ora, possono rag- giungere i 100 km/h, poi si gonfiano, 150, 200, 250 km/h. tutta la neve si polverizza, è il “white out”, il giorno bianco, dove ogni profondità, ogni riferimento scompare. La colonia non è altro che una massa informe, invisibile a cinque metri. Per resistere al blizzard, gli Imperatori si raggruppano in formazione «tartaruga». Si stringono gli uni contro gli altri, testa contro testa. Questi pinguini voluminosi si comprimono, sino a dieci esemplari per metro quadrato, formando un gruppo compatto che ondula dolcemente: per non lasciare sempre gli stessi con la schiena al vento, la formazione si arrotola su se stessa come una conchiglia di lumaca. Impercettibilmente, coloro al centro si ritrovano all’esterno, e viceversa. Il tutto con estrema dolcezza, poiché oltre alla violenza del vento e alla banchina irregolare si aggiunge la difficoltà di restare in equilibrio sui talloni, con un uovo tra le zampe. Viaggio ai confini dell’inferno Nel frattempo, le femmine camminano in piena notte sulla banchina alla ricerca del mare. Il cammino non è facile, la banchina non è affatto piatta e liscia. Superano con estrema difficoltà delle zone di hummok, una sorta di argine di ghiaccio tra due plac- che di banchina. Lottano sui sastrugi, quelle onde modellate dal vento che danno al loro procedere l’andatura di una nave in mezzo alla tempesta. Ma da temere maggiormente sono i “fiumi” che solcano la banchina (per fiumi s’intendono le lunghe cerniere tra due placche di banchina ricoperte da una fine pellicola di ghiaccio, alle volte al loro centro, è visibile un sottile filo d’acqua). Davanti ad ognuno di del terreno, percorrere i duecento chilometri che possono separarli dall’acqua salvatrice significa anche, una volta giunte, sfuggire ai leoni di mare anch’essi in cerca di cibo. Giunte in una zona d’acqua non ghiacciata in mezzo alla banchina (polynie), basterà qualche settimana affinché le femmine Imperatrici ritrovino le forze e stipino nel loro stomaco di che nutrire il loro piccolo. In questa polynie, gli Imperatori tornano allora ad essere dei fantastici nuotatori (le loro immersioni li portano a più di 500 metri di profondità). Le femmine resteranno lì sino a quando non avranno ricostituito le loro riserve di grasso; poi pescheranno per mettere da parte del cibo nel loro gozzo. In seguito arriverà il momento di tornare alla colonia per ritrovare e alimentare il loro piccolo pinguino. Allo stremo delle forze essi il piccolo gruppo di femmine si ferma ed esita a lungo, una si lancia, impaurita, atterra di pancia nella zona pericolosa, poi si lancia una seconda, poi una terza, e così via. Troppo provate, alcune di esse non sopravvivranno alle intemperie e alle trappole tese dall’universo dei ghiacci. Poiché oltre all’ostilità degli elementi e Nella rookerie, i maschi continuano a digiunare, con le uova sulle zampe. Ora la notte è totale. L’inverno è al suo apice. Con l’uovo sempre bloccato tra le zampe, i maschi diventati celibi resistono valorosamente alle condizioni climatiche eccezionalmente aspre con blizzard che possono soffiare così forte da rad- doppiare la temperatura (che quindi può arrivare a –100°). Metà luglio. Ora sono quasi centoventi giorni che, stoicamente, il Pinguino Imperatore digiuna. Sessantaquattro giorni che assicura ad una temperatura costante di 35° l’incubazione dell’uovo affidatogli dalla compagna. Alla fine l’uovo si schiude. Oltre al fatto che, fragile, bisogna proteggerlo ancora dal freddo e dal vento, il piccolo pinguino imperatore ha fame. E la secrezione nutritiva che rigurgita suo padre non gli basta di certo. Da lì a qualche giorno, per quanto miracoloso possa apparire, il gesto potrebbe avverarsi vano e l’esito fatale per il nuovo nato. Il maschio resisterà ancora pochissimi giorni, poi se la femmina ancora non è tornata, abbandonerà il pulcino e lascerà la colonia prima di aver raggiunto lo stadio di magrezza critica oltre il quale non avrebbe più la forza di ripartire per andare a nutrirsi. Quando finalmente la femmina riappare (con tre o quattro chili di cibo), ritrovando il compagno tra mille altri grazie alla firma vocale stabilita alla partenza, il suo primo gesto sarà quello di rigurgitare per il suo bebè il frutto prezioso della sua gita. Una volta sazia, la progenie dovrà nuovamente passare da un genitore all’altro. Con la stessa precauzione della prima volta: se restasse esposto al freddo troppo a lungo gli sarebbe fatale. Aria di famiglia Finalmente libero dai suoi obblighi, il padre Imperatore ora penserà a sé e partirà “per recuperare la salute”: ha perso tra i 12 e i 15 chili. Ma prima di partire deve assolvere un ultimo importante compito: inculcare il suo canto al piccolo. Il pulcino deve assolutamente memorizzare il suo canto, perché quando il maschio farà ritorno il piccolo sarà solo, si troverà in una sorta di nido d’infanzia, in mezzo ad altri piccoli che gli assomigliano come gocce d’acqua. Dovrà riconoscere suo padre e viceversa. Poiché ogni piccolo non può essere nutrito alternativamente che dai suoi genitori, la pedagogia deve essere efficace. Il viaggio del maschio verso il mare sarà interminabile, con gli stessi rischi incontrati dalle femmine. Se il cattivo tempo durasse troppo a lungo il viaggio si prolungherebbe e il tasso di mortalità si eleverebbe. È proprio la difficoltà di questo ritorno, in cui un gran numero di maschi perisce, che spiega il disequilibrio numerico tra i due sessi di questa popolazione. Tornato alla fine del mese di agosto (il maschio si è allontanato solo per una ventina di giorni), toccherà nuovamente alla madre partire per approvvigionare il suo piccolo che ormai è passato al nido d’infanzia, una specie di «tartaruga» ante litteram, dove bisogna raggrupparsi tra piccoli per scaldarsi gli uni con gli altri. Sino a quando il loro piccolo non sarà sufficientemente autonomo per provvedere ai propri bisogni, maschio e femmina si alterneranno così nei tragitti a mare e nutrimento. A metà dicembre, l’acqua ridiventa banchina. È il disgelo nel vero senso della parola. Nella colonia, le uscite dei pulcini si generalizzano. Si mescolano sempre di più al gruppo degli adulti. Tornano dalla madre solo per mangiare… Una grande procellaria si stabilisce in prossimità dei pinguini per qualche settimana per prelevare ogni giorno la sua parte di pulcini isolati. Per colmo di sven- tura, questo avvoltoio attacca i pulcini vivi quando ci sono decine di piccoli cadaveri morti di freddo disseminati per la banchina. Irrimediabilmente congelati, questi ultimi non possono essere ingoiati dal predatore. Se nell’arco di tre settimane il piccolo pinguino diventato grande (10/15kg) sarà capace di immergersi e pescare da solo, dovrà però aspettare quattro anni prima di poter, a sua volta, prendere la strada della colonia per riprodursi. Febbraio. È estate, gli ultimi giorni di pace, poi a marzo… tutto ricomincia. ÉMILIE SIMON Il pianeta dei ghiacci LA MARCIA DEI PINGUINI è la prima colonna sonora originale di Émilie Simon. Già premiata con una Victoire de la Musique (2004, categoria «miglior album di musiche elettroniche / groove / dance»), la giovane cantante autrice, compositrice, produttrice, programmatrice e arrangiatrice, allarga così ancora un po’ di più il suo campo d’azione. Nata agli inizi degli anni ’80, figlia di un’esperta melomane e di un ingegnere del suono, Émilie assiste sin dalla tenera età alle registrazioni di quest’ultimo nello studio ubicato nell’interrato della casa di famiglia. Là, passando ore ad ascoltare e osservare i musicisti, sviluppa allo stesso tempo un gusto pronunciato ed eclettico per la musica, una sensibilità per l’interpretazione, la scrittura e la composizione. Una varietà di generi sfruttati nella loro totalità con le musiche e le atmosfere elaborate per il film di Luc Jacquet. «È stata un’esperienza poetica, appassionante e che mi ha arricchito. Poetica per l’immergersi in un mondo di ghiaccio e per i colori estremamente puri. Appassionante perché ho dovuto, per i temi principali, creare per la prima volta “su misura”. Adattandomi a delle durate che necessitavano degli arrangiamenti più scritti rispetto alle canzoni. E poi, più in generale, c’era la soddisfazione di poter creare una sorta di “rilievo supplementare” all’immagine. Aggiungerle una dimensione a parte. Per poter trasfigurare una storia. Coincidenza: quando mi è stato proposto il progetto de “La Marcia dei Pinguini”, stavo lavorando proprio ad una canzone intitolata “Ice Girl”, che doveva apparire nel mio secondo album! Luc e i suoi produttori mi hanno detto quello che si aspettavano da me. Abbiamo definito le direzioni, i quattro o cinque grandi temi simbolici principali e tutto si è svolto abbastanza rapidamente. Una successione di scambi: immagini contro musica, musica contro immagini… i passaggi da un ambito all’altro si sono succeduti. In quel momento, il film non era ancora montato in continuità ed ognuno lavorava parallelamente all’altro. In termini di ispirazione, c’è stato soprattutto l’effetto immediato dei grandi spazi completamente vergini, la nozione di un altro pianeta. E questo mi è piaciuto subito! E mi ha ispirato immediatamente dei temi e delle canzoni. Poi c’è l’aspetto surrealista di questo confronto tra il pinguino con gli elementi contro i quali deve lottare, il contrasto tra l’animale simpatico e l’ambiente che lo circonda, puro ma, allo stesso tempo, durissimo». Intervista alla troupe del film: JÉRÔME MAISON LAURENT CHALET L’avventura umana (Émilie Simon, Novembre 2004). Colonna sonora del film disponibile su CD Barclay / Universal dal 15 gennaio 2005 Primi ad esporsi sul fronte dell’avventura umana de La Marcia dei Pinguini, i due uomini che ne firmano congiuntamente le immagini raccontano la loro esperienza. Tra JÉRÔME MAISON, marinaio già esperto in biologia marina, specializzato in “vastità” e “alto mare” (zona australe e Antartico) e LAURENT CHALET, direttore della fotografia tanto esperto in documentari quanto nella fiction, c’è stata subito un’intesa. Ed è stato un vero bene, poiché per restare isolati dal resto del mondo per un anno intero serve molto più della semplice volontà di mantenere un impegno. JÉRÔME MAISON Curiosamente, è stato proprio nel momento in cui avevo deciso di limitare le mie partenze, che Luc Jacquet mi ha proposto di unirmi al suo progetto. In quel momento, si parlava solo di un documentario sugli animali. Poi c’è stata l’idea della fiction. Tutto ad un tratto, non si parlava più solo di uccelli, ma di personaggi che si esprimono. LAURENT CHALET E poi è arrivato novembre 2002, è tutto è precipitato. A partire dal quel momento, è stato il calendario dei pinguini a prevalere e ci siamo trovati con soli due mesi di preparativi davanti a noi. JÉRÔME MAISON E un anno di Antartico “non stop” in palio… LAURENT CHALET Tutto è precipitato a tal punto che la preparazione psicologica è stata soppiantata dai preparativi per le riprese. Cosa che non era poi tanto male: meno tempo avevamo e meno domande ci saremmo posti. All’improvviso, non bastava più fare delle scelte, bisognava mettere a punto una logistica tecnica per resistere a 12 mesi di autarchia e freddo intenso. Il che significava portare oggetti di ricambio, scegliere la cinepresa più meccanica possibile, abbastanza robusta da funzionare sino a -40°C e facilmente riparabile in caso di guasto questa è stata messa a punto dal fabbricante, francese, Aaton, al quale mi sono rivolto (Grenoble). Un check-up medico con l’IPEV (Institut Français Polaire Paul Émile Victor) che guida tutte le spedizioni francesi in antartico, e siamo partiti. Una volta sul posto, abbiamo messo a punto il nostro metodo di lavoro. Basato sulla solidarietà e sull’entusiasmo. Invece di lavorare alternandoci, abbiamo lavorato insieme. Sul montaggio e sulle inquadrature: sveglia alle 5:30, un’ora e mezza per preparare il materiale, caricare i quattro magazzini (assolutamente impossibile farlo sulla banchina), vestirsi e partire per le riprese con circa 60 kg di materiale a testa. Ci sono solo due ragioni che ci hanno impedito di girare: il tempo e l’esaurirsi sul luogo delle riprese della nostra scorta di pellicola. JÉRÔME MAISON Fisicamente, per quanto possa sembrare strano, eravamo colpiti dalla nostra capacità di resistenza. Arrivando addirittura a sorprenderci di sentirci bene quando faceva –20°! Fino a quando l’Antartico si ricorda di voi, e allora si scoprono le bruciature e i geloni. LAURENT CHALET In effetti, le vere difficoltà sono state altre. Perché non si trattava più solo di catturare degli avvenimenti strettamente biologici, ma di una storia. Nel corso dei giorni e delle settimane, bisognava ricordare tutto ciò che si era girato, e come lo si era girato: le entrate in campo, le uscite dal campo, ecc… tutto questo senza mai poter visionare niente poiché tutto ciò che giravamo sarebbe stato sviluppato solo al nostro ritorno! E qui, d’importanza capita- le era lo story board di Luc. Alla fine dei conti, la sola maggiore difficoltà è stata ciò che gli “attori” ci hanno lasciato fare. JÉRÔME MAISON Lì ciò che bisognava avere era la capacità di adattarsi e di anticipare. Adattarsi, significa accettare una modifica richiesta dagli “attori principali”, o un tempo sfavorevole. Riprendere con un vento di 150km/h e mantenere stabile la cinepresa richiede sia la capacità di adattarsi…che quella di escogitare delle soluzioni. E tutto questo sapendo innanzi tutto che dopo sei ore passate all’aperto a – 20° C, è l’uomo ad aver bisogno di tirare fiato, non il materiale. Infatti, su oltre 200 bobine, una sola ci ha causato problemi. Il passaggio delle uova dalla femmina al maschio (con 7000 pinguini sul set) è stata una delle scene più delicate da girare. Anche a causa della discrezione con la quale si svolge. LAURENT CHALET Perché bisogna essere pertinenti. Per riprendere i pulcini e avvicinarsi il più possibile a loro, abbiamo costruito una specie di monopattino sul quale abbiamo fissato la cinepresa. Ma sempre con la cura estrema di non interferire, di non dar fastidio. E dio sa quanto strisciare sul ghiaccio costi fatica! JÉRÔME MAISON Anche le scene sottomarine, girate da Patrick Marchand, sono state difficili. Ma che risultato! Vedere finalmente questo animale che “subisce” tornare ad essere un animale che si esprime! LAURENT CHALET Bisogna conoscere gli animali che si filmano per anticiparne le reazioni, avere una buona capacità di osservazione e … un po’ fortuna. È ciò che ci è servito per le immagini della colonna di pinguini che camminano in fila indiana. Grazie al laboratorio di ornitologia della base Dumont d’Urville, sapevamo dove si sarebbero riuniti i pinguini, ma non sapevamo quando. E non sapere quando, significa restare sul piede di guerra tutti i giorni. Perché è un avvenimento che avviene una volta sola. La fortuna, qui, è stata che erano più di 1200, cosa molto rara (normalmente si resta nell’ordine di qualche centinaio, al massimo 500). IL PINGUINO IMPERATORE UN ANIMALE MODELLO Un modello di economia energetica Il pinguino è un animale omeotermo (ossia a temperatura costante), e a sangue caldo, in grado di conservare la sua temperatura interna in condizioni climatiche estreme. Questo grazie ad un piumaggio impermea- bilizzato da un olio che produce esso stesso (che si spalma sul corpo con il becco, e che, imprigionando una gran quantità d’aria, funge da strato isolante), ad uno strato di grasso sottocutaneo (che impedisce a loro calore corporeo di dileguarsi), ma anche ad un’alimentazione ricca di grassi. L’organismo del pinguino regola anche il suo calore giocando su due livelli di temperatura interna: il centro del corpo è caldo, mentre le estremità sono fredde come quelle di un animale a sangue freddo. La temperatura delle estremità è, in effetti, regolata da un sistema di scambio di calore tra le vene e le arterie. Il sangue proveniente dal cuore scalda il sangue freddo proveniente dalle zampe, quest’ultimo raffredda il sangue caldo diretto verso le estremità. In oltre, la circolazione sanguigna negli arti può essere ridotta in caso di freddo. Altre caratteristiche anatomiche, fisiologiche e comportamentali che hanno contribuito ad assicurare questa omeotermia, sono comparse nel corso dell’evoluzione del Pinguino Imperatore. I pinguini affrontano sia le difficoltà dei luoghi marini sia quelle della vita sulla banchina. Se da un lato l’ambiente marino è stabile, dall’altro gli ambienti terrestri vedono i fattori climatici variare secondo le stagioni. Non c’è da stupirsi se l’esistenza del pinguino si traduce in una lotta perpetua contro il raffreddamento e il riscaldamento. Per combattere ancora meglio il freddo dell’inverno australe, i Pinguini Imperatore hanno adottato anche un comportamento sociale che gli fa economizzare molta energia: il raggruppamento in formazione "tartaruga" (chiamata così per l’analogia con la formazione militare dallo stesso nome, resa celebre dalle legioni romane). Si stringono gli uni contro gli altri per formare un gruppo molto denso (da otto a dieci pinguini per m2), in modo da presentare solo la parte alta della schiena al vento freddo, poi ognuno cambia posto regolarmente in modo che coloro situati alla periferia, più esposti, siano sostituiti da quelli che si trovano al centro, sino allora protetti meglio. Un modello di sobrietà e resistenza Una delle caratteristiche più sorprendenti del Pinguino Imperatore, e che non trova equivalenti presso gli altri animali, è la sua attitudine a vivere con le sue riserve quando si trova costretto al digiuno. Questo digiuno, che dura tutto il tempo delle parate, dell’accoppiamento, della deposizione dell’uovo, dell’incubazione e dell’allevamento del pulcino, può far perdere ad ognuno di loro fino ad un terzo del suo perso. Va da 115 a 125 giorni per il maschio e 64 per la femmina. Una modalità riproduttiva eccezionale Dall’accoppiamento deriva un solo uovo, covato senza nido, nel periodo più freddo dell’anno (inverno australe), imponendo ai genitori settimane di digiuno e di sforzi, un uovo fragile al quale bisogna evitare il contatto con il ghiaccio. Un uovo che bisogna tenere al caldo se non lo si vuole vedere spaccato o esposto al becco dei predatori che spiano - è il caso di dirlo – ogni passo falso. Se, in media, solo la metà delle uova deposte darà un pulcino, il numero delle uova perse varia dal 2,5 all’80% secondo gli anni. Un modello di codificazione unico Un modello di tolleranza Altra sorprendente caratteristica del Pinguino Imperatore: la sua capacità di riconoscimento e identificazione vocale. Non solo un piccolo di pinguino è in grado di riconoscere il suo genitore ascoltando solo due decimi di secondo del suo canto, ma è anche capace di farlo quando questo è occultato dal canto di sei altri genitori emessi con sei decibel in più. Se, sino ad ora, solo l’uomo era in grado di non farsi confondere da quest’effetto “cocktail”, la soglia, per quanto lo riguarda non supera i quattro decibel! La nozione di territorialità non esiste presso i Pinguini Imperatore, (come diversamente accade per il Pinguino Reale e il Pinguino Adélie). L’assembramento a “tartaruga“, promiscuità vitale, sarebbe impossibile se difendessero un nido o un territorio come gli altri uccelli. (Pierre Jouventin, Centre d'éducation fonctionnelle et évolutive - CNRS - di Montpellier) Un modello di fedeltà Le coppie formatesi restano fedeli per tutto il periodo della riproduzione. IL PINGUINO IMPERATORE BIOGRAFIA SELEZIONATA Indirizzo Attualmente disseminati nella circonferenza del continente antartico, e in particolare nella Terra Adélie, i pinguini abitavano i mari del sud molto prima della formazione della calotta glaciale, più di 50 milioni di anni fa. Classe e famiglia Sottotipo : Vertebrati Classe : Uccelli Ordine : Sfenisciformi Famiglia : Sfeniscidi Genere : Aptenoditi Specie: Forsteri Numerosi cugini (17 specie di pinguini nell’emisfero sud, di cui solamente due sono specificatamente polari: gli Imperatori e gli Adélie), isole subantartiche, coste dell’Australia meridionale, della Nuova Zelanda, dell’Africa australe e dell’America del Sud, dall’Antartico fino alle isole Galapagos. Popolazione: circa 400.000 esemplari suddivisi in 44 colonie conosciute, la più grande delle quali è costituita da 80.000 esemplari e si trova a Cap Washington. Durata media della vita: trent’anni. Taglia e peso La loro taglia media è di 1,15m. Il “Signor Imperatore” pesa tra i 35 e i 40 chili. La “Signora Imperatrice” pesa tra i 28 e i 32 chili (ma sia uno sia l’altro, si sciolgono letteralmente d’inverno e arrivano a perdere sino alla metà del loro peso). Alimentazione Predatore d’alto mare, il Pinguino Imperatore si nutre essenzialmente di krill (piccoli crostacei), pesci e calamari. Segni particolari e biologia generale Pessimo camminatore (0,5 km/h di media), ma molto resistente, il Pinguino Imperatore è invece un eccellente nuotatore. Dotato di ali rigide, vere palette natatorie appiattite che gli servono da remi, e di un corpo affusolato particolarmente idrodinamico, è un emerito tuffatore. Record misurato: 565 metri! Oltre a queste due possibilità di spostarsi, grazie ai suoi piedi palmati il Pinguino Imperatore è anche in grado, sul ghiaccio, di scivolare sul ventre (da 6 a 8 km/h). Predatori nemici Orche, leoni marini e, sulla terraferma, grandi procellarie e skua antartici che attaccano i pulcini. Perchè i pinguini camminano oscillando Avete mai notato quell’andatura un po’ buffa che hanno i pinguini mentre camminano? Se la natura ha selezionato questo strano modo di camminare, un motivo ci deve essere: a loro serve per risparmiare energia, fino all’80% rispetto ad una deambulazione tradizionale. Il principio è semplice: loro si muovono sfruttando il moto armonico, una specie di pendolo invertito. Durante il moto di un pendolo (ideale...) c’è una continua trasformazione di energia potenziale in energia cinetica (di movimento); l’unica energia dissipata è quella dovuta agli attriti. Ecco, i pinguini, oscillando lateralmente ed avanti e indietro, sfruttano l’effetto del pendolo, minimizzando l’energia spesa per muoversi. Del resto, se si pensa agli ambienti in cui vivono, appare chiaro come una simile soluzione risulti quanto mai vantaggiosa. L’ANTARTICO Il continente più freddo e più ventoso, il più secco e tetro del pianeta (Ernest Shackleton, esploratore) Le parole “Antartico” e “Artico” derivano da Arktos, che in greco significa orsi. Arktos è il nome dell’Orsa Maggiore, costellazione dalla forma d’orso (o di casseruola) che si può facilmente osservare nel cielo stellato dell’emisfero nord. Da qui “Artico”, che designa Polo Nord. Antartico è composto da anti (opposto a) e arktos (L’Orsa Maggiore); l’Antartico designa quindi il continente australe che si situa al Polo Sud. Composto da una banchina che riveste l’oceano e di una calotta di ghiaccio antica trentacinque milioni di anni, il continente Antartico si situa a 2000 km dalla Nuova Zelanda e 975 dall’America del Sud. Con i suoi 14.000.000 km2, ghiacci compresi, il continente australe si trova al quinto posto tra i continenti. La sua copertura di ghiaccio e neve varia dai 2100 a oltre i 4700 m. Considerato uno degli ambienti più rigidi del pianeta, l’Antartico è il luogo in cui si registrano i venti più forti e le temperature più basse della Terra. La temperatura record, registrata il 21 luglio 1983 in Antartico, è di -89,6°C! A gennaio (estate australe), le temperature medie arrivano a 0°C presso la costa. All’interno del con- tinente sono di -30°C. A luglio (inverno australe) raggiungono i -20°C sulla costa e i -65°C all’interno. Nell’Antartico, come in tutte le regioni fredde, esiste ciò che viene detto ”l’effetto vento”. Con questo termine si designa il fenomeno per il quale un vento violento può moltiplicare per 8 e 10 l’effetto della temperatura. LA BASE DUMONT D’URVILLE 66°40’S - 140°01’ E Uno strano posto per un incontro Poiché non appartiene a nessuno da quando è stato designato “riserva naturale consacrata alla pace e alla ricerca scientifica” nel 1959, il continente Antartico non ha che un’industria: la scienza. Più grande dell’Europa, con un’estensione superiore cinque volte quella della Francia e una volta e mezzo quella del Canada, uno spessore di ghiaccio equivalente all’altezza del Monte Bianco (che, da solo, rappresenta l’80% delle riserve d’acqua dolce del pianeta), il Polo Sud è un continente tanto gigantesco quanto inospitale. In questo clima più secco di quello del Sahara, dove i venti soffiano alle volte a più di 300 km/h, le tempeste possono durare dei giorni, anche delle settimane. Il tutto con una notte quasi totale per diversi mesi all’anno (per esempio, alla base Dumont d’Urville fa giorno solo per tre ore il 21 giugno). Territorio eccezionale su questo continente singolare, con una popolazione che passa dai trenta individui d’inverno ad un centinaio durante l’estate australe: la Terra Adélie (432.000 km2). È un francese, Jules Sébastien César Dumont d’Urville che, il 20 gennaio, ha dato a questa nuova terra ghiacciata il nome di sua moglie, Adèle. Per arrivare nei meandri del globo, oggi ci vogliono più di trenta ore di aereo. Partendo da Parigi, bisogna passare per Hong Kong, in Cina, Melbourne in Australia, poi Hobart in Tasmania e imbarcarsi infine a bordo dell’Astrolabe, una nave noleggiata dall’Institut Polaire Français2 e affrontare il mare più pericoloso del mondo, i suoi iceberg e le sue tempeste (solo cinque rotazioni l’anno). Dopo un periplo di una settimana, si arriva finalmente alla base francese permanente del continente antartico, la Base Scientifica Dumont d’Urville sull’Isola delle Petrelle nell’arcipelago di Pointe Géologie. Sviluppatosi a partire dal 1956, DDU come lo chiamano gli intimi - vede le equipe scientifiche francesi darsi il cambio senza discontinuità. Ma questa ricerca francese non è limitata geograficamente a Dumont d'Urville, e l'Institut Polaire partecipa anche a programmi scientifici che si svolgono in altri luoghi del continente, in linea generale L'Institut Polaire Français Paul Emile Victor è un’agenzia di mezzi per la ricerca polare al servizio dei laboratori nazionali legati a strutture il cui scopo è la ricerca scientifica : università, CNRS, CEA, INRA... 2 in ambito di collaborazioni internazionali (come i programmi di grandi perforazioni del ghiaccio Vostok e EPICA). Un’altra base permanente chiamata Concordia è attualmente in fase di costruzione su sito del Dôme C, a più di 1.000 km dalle coste del continente. CALDO / FREDDO Promemoria e ammonimento Il surriscaldamento climatico che colpisce il nostro pianeta (e in modo particolare le regioni polari) e i cambiamenti che provoca toccano in primo luogo le specie che vi abitano. A nord come a sud, queste subiscono per prime la diminuzione delle superfici di ghiaccio e le conseguenze che questo comporta. A medio termine, direttamente interessati, orsi polari e pinguini non avranno altra scelta che cambiare il loro modo di vivere se vogliono sopravvivere a questi sconvolgimenti. I pinguini, prime vittime in Antartico Nel 2001, nel Mare di Ross, in Antartico, due iceberg giganti si sono staccati, bloccando le colonie di pinguini Adélie nella loro ricerca di cibo, obbligandoli a fare una deviazione di oltre 50 chilometri. In quello stesso anno, diversi pulcini di Pinguini Imperatore sono morti affogati, in seguito ad un disgelo precoce, prima di aver imparato a nuotare. Per quanto siano naturali questi disgeli assassini prematuri, il fenomeno, se la temperatura continuasse ad aumentare, diventerebbe ricorrente… Le ricerche condotte presso la base francese Dumont d'Urville (sulle coste est del continente) hanno mostrato che la colonia di Pinguini Imperatore di Pointe Géologie ha perso 3000 coppie in 50 anni; i tassi di massima mortalità corrispondono agli anni ‘76 e ‘80 che coincidono con il massimo ritirarsi della banchina. Allo stesso modo, a ovest del continente, a causa dell’aumento della temperatura dell’aria (da 2.5°C a 3°C in 50 anni), una parte della Penisola Antartica ha cominciato ha inverdire per via delle alghe e dei muschi che vi si sviluppano. INFORMAZIONI GENERALI Trattato sull’Antartico e Protocollo di Madrid Con degli ecosistemi preziosi per la ricerca scientifica, l’Antartico è una delle regioni principali a livello ambientale. Testimone di condizioni atmosferiche passate risalenti a centinaia di milioni di anni fa, la calotta polare consente di studiare i cicli climatici naturali del pianeta in rapporto ai quali è possibile giudicare l’importanza dei cambiamenti recenti. Centinaia di specie selvagge uniche e vulnerabili vi hanno eletto il loro domicilio. Il suo ambiente marino mantiene una moltitudine di mammiferi come ad esempio le foche e le balene, e questo in quantità molto maggiore che nell’Artico. Oltre a contribuire alla biodiversità mondiale, l’Antartico occupa un ruolo centrale per i sistemi oceanici e climatici del pianeta. Circa l’80% dell’acqua dolce esistente al mondo è imprigionata nei ghiacci dell’Antartico. Come l’Artico, l’Antartico è un sensibile indicatore dei cambiamenti planetari. Una piccola variazione di temperatura dovuta a cambiamenti climatici ha delle conseguenze gravi per lo scioglimento dei ghiacci, il quale, a sua volta, incide sul livello dei mari su scala mondiale, cosa che nuoce al benessere dell’uomo in tutto il mondo. Dopo aver sconvolto l’ambiente antartico a livello locale (prima con la caccia e la pesca, poi più recentemente con l’esplorazione, la scienza e il turismo), l’attività umana sugli altri luoghi della Terra ha contribuito enormemente ai cambiamenti climatici producendo un buco nello strato di ozono sopra l’Antartico. Questa superattività incontrollata non solo ha portato le specie di questo continente ad esporsi ad un irraggiamento pericoloso, ma ha lasciato anche tracce di inquinamento chimico sulla calotta glaciale e nelle cellule dei vegetali e degli animali della regione. Durante la prima metà del XX secolo, diversi paesi hanno rivendicato alcune parti dell’Antartico. Al fine di evitare i problemi posti da rivendicazioni conflittuali e con lo scopo di favorire una collaborazione scientifica costante su scala internazionale, il Trattato sull’Antartico (firmato nel 1959 e messo in atto nel 1961), ha riconosciuto “che era nell’interesse dell’umanità intera che l’Antartico venisse riservato per sempre alle sole attività pacifiche e non diventasse né teatro né motivo di dispute internazionali”. Le caratteristiche principali del Trattato sono vietare tutte le misure di carattere militare, assicurare la libertà e la cooperazione internazionale nella ricerca scientifi- ca e, in cambio di informazioni, rinunciare al diritto di sovranità territoriale e vietare le esplosioni nucleari o la discarica delle scorie radioattive. I principali propositi internazionali sono: la Convezione per la protezione delle foche dell’Antartico (CCAS,1972); la Convenzione sulla conservazione della fauna e della flora marine dell’Antartico (CCAMLR, 1980) e il Protocollo di Madrid (1991) ratificato da 44 paesi, entrato in vigore nel 1998, in virtù del quale, oltre alla protezione globale dell’ambiente, le Parti si impegnano a sorvegliare le attività delle spedizioni, scientifiche o logistiche, organizzate sul loro territorio o che partono da lì, così come le attività delle loro navi, aeromobili e stazioni nell’Antartico. Oltre a vietare alcune attività, in particolare la distruzione dei siti storici e le interferenze nocive alla flora e alla fauna, esige che tutte le attività condotte in Antartico siano oggetto di una valutazione delle loro incidenze sull’ambiente ed esige in oltre lo stabilirsi di un piano d’urgenza per intervenire in caso di necessità ambientale. Trattato, Protocollo e Convenzioni, così come le misure che ne derivano, costituiscono il sistema del Trattato sull’Antartico. Il Comitato di protezione ambientale è stato costituito nell’ambito del Protocollo allo scopo di aiutare le sue Parti a metterlo in atto. GLOSSARIO Blizzard: vento violento, spesso carico di particelle di ghiaccio. Banchina: La banchina è una distesa di mare ghiacciato. Si forma durante l’inverno polare, quando la temperatura dell’acqua del mare scende al disotto dei –1,8°C. In pieno inverno, lo spessore del ghiaccio può raggiungere diversi metri. A nord, una parte della banchina non si scioglie. Disgelo: Quando la temperatura risale, la banchina perde poco a poco di spessore. Una volta tornata soggetta ai movimenti del mare, si frammenta in grandi placche poi in pezzetti sempre più piccoli. Queste placche servono frequentemente ai mammiferi marini, come le foche, per prendere il sole e riposarsi. Gelo: Gelo dell’oceano che causa la formazione della banchina. Ghiaccio: Il ghiaccio è acqua solida, cristallizzata, gelata. È uno dei tre stati naturali dell’acqua. L’acqua pura gela a 0 °C. gli altri due stati sono quello liquido e quello gassoso (a 100 °C, il vapore). Hummok: piega di ghiaccio tra due placche di banchina. Oamok: Nato dall’associazione (libera) di Oasis Hummok per designare l’area occupata dai pinguini nel momento della loro riproduzione. Krill: Tipo di piccolo gamberetto, crostaceo dai 6 ai 7 cm di lunghezza del peso di 2 g, dal corpo quasi trasparente leggermente verdastro perché si nutre filtrando il fitoplancton, pigmentato di puntini rossi e con due grandi occhi neri. Vive fino a sei anni. Ne esistono 85 specie sparse nel mondo, vive in branchi giganteschi nella parte superiore dell’oceano, formando alcune volte banchi di due milioni di tonnellate che si estendono 450 km2. Il krill rappresenta quindi l’animale più abbondante del pianeta, secondo le stime ne esitono 650 milioni di tonnellate. Quello dell’oceano australe, il krill antartico, è detto Euphausia superba. Si trova al centro della catena trofica, poiché calamari, mammiferi marini, uccelli, pesci ed alcuni cetacei se ne nutrono. Con un rendimento molto basso perché per prendere un chilo, ne devono assorbire 100! Polynie: Zone di acqua non ghiacciata al centro della banchina. Grande Petrella: Uccello palmipede mangiatori di carogne iscritto nella lista delle specie minacciate presenti nei territori francesi d’oltremare. Rookerie: Colonia di pinguini (Imperatore e altri) Sastruggis: Rilievi e onde di ghiaccio scolpiti dai venti. Venti Catabatici: (dal greco cata che significa «verso il basso»); questi venti molto freddi si possono osservare sotto tutte le latitudini del mondo quando l’ascensione di aria fredda incontra una pendenza sensibile (più l’aria è fredda, più è forte), ma da nessuna parte sono così violenti come in Antartico. Per effetto della pendenza della calotta polare, precipitano per gravità sino alla costa secondo le asperità del terreno, seguendo una direzione quasi costante. Biografia LUC JACQUET Documentari sugli animali REGIA E RIPRESE “SHEDAO, L’ÎLE DES SERPENTS IMMORTELS” France Cinq / Mona Lisa Production, S 16 mm / Digital Beta, 2002 “LA TIQUE ET L’OISEAU” France 3, National Geographic/ St.Thomas Production/Mona Lisa Production, 52 min, S16 mm, 2002 “UNE PLAGE ET TROP DE MANCHOTS” La Cinquième/National Geographic/St. Thomas Production, S 16 mm / Digital Beta, 1997-2000 Premio speciale della giuria, Festival del Film sulla Natura, Ménigoute 2001 “LA PART DE L’OGRE (LA CHASSE DU LEOPARD DE MER) ” Canal +/ digital Beta, 26 min, 1998-1999 “LE PRINTEMPS DES PHOQUES DE WEDDELL” Canal+/St Thomas production, 1916 mm, 26 min, 1996 Premio coup de cœur al festival di Autrans 96 Premio dell’immagine sottomarina, festival di Toulon 96 “ENTRE LES RATS ET LES MANCHOTS” SFRS, digital Beta, 1996 “LES HIRONDELLES” Canal+/Aster, 26 min, Beta SP, regia JP Macchioni, 1996 “LES CHAMOIS” Canal+/Aster, 1996 , 26 min, Beta SP, regia JP Macchioni “RENARD, BLAIREAU ET COMPAGNIE” Canal+/Aster, 26 min, Beta SP, regia JP Macchioni, 1995 RIPRESE “L’ART DE VIVRE D’UNE BALEINE TUEUSE” BBC/Canal+/NHK/St. Thomas production, digital Beta, 1997 “THE VUTURE AND THE SPERM WHALE” St Thomas production, S 16 mm, 1997-200? “MONSIEUR CINCLE” Canal+/Aster, 26 min, Beta SP, regia JP Macchioni, 1996 “LES LÉZARDS” Canal+/Aster, 26 min, Beta SP, regia JP Macchioni, 1996 “LE TRITON ET LA SALAMANDRE” Canal+/Aster, 26 min, Beta SP, regia JP Macchioni, 1995 DOCUMENTARI “L’ASTROLABE EN TERRE ADELIE” Documentario di esplorazione scientifica, France 3/Thalassa, 1998-1999 “CAMILLE A LA MONTAGNE” Serie dedicata alla scoperta della natura per i bambini, Canal J/Aster, 12 volte 6min, Beta SP, 1996 “UN VOYAGE EN AUTRICHE”, “Vienne”, “Salsbourg” Documentario scoperta, 3 x 52 min, Beta SP, St. Thomas Production/Warner video, 1995 Riprese “LE CONGRES DES PINGOUINS” Ariane Films/Arte, 1992, film diretto da H.U. SCHLUMPF Direttore della fotografia a Terre Adélie “LETTRES AUSTRALES” Racconto d’avventura, U-matic, 26 min, 1993 EDITORIA ALTRO Redattore della cronaca mensile “ Carnet de saison ” della rivista “TERRE SAUVAGE ” “ANIMAL ZONE” Rivista settimanale sulla natura, BBC/France 2/Léo Production, 1998 Redattore scientifico dei primi 12 numeri FOTOGRAFIA “MEFIE TOI DE L’EAU QUI DORT” Lazennec prod., 1996 , film diretto da J. DESCHAMP Consulente tecnico sulle riprese degli animali, sulla cattura e la manipolazione degli animali. “PAULINE A LA FERME” Serie dedicata alla scoperta della natura per i bambini, Canal J/Aster, 12 volte 6min, Beta SP, 1995 Collaborazioni con FIGARO MAGAZINE con l’agenzia BIOS, finalista del concorso “THE WILDLIFE PHOTOGRAPHER OF THE YEAR”, 1993 FORMAZIONE TECNICA PER LE RIPRESE Riprese 35mm, Zurigo, 1991 Riprese 16mm/S16mm, ENS Louis LUMIERE, 1993 Riprese Digital Betacam, Sony Francia, 1997 FORMAZIONE SCIENTIFICA • MAÎTRISE DE BIOLOGIE ANIMALE, menzione “Écologie et comportement animal”, Università di Lyon 1, 1991 • DEA GESTIONE DEGLI AMBIENTI NATURALI MONTANI, università di Grenoble 1, 1994, stage di 6 mesi presso l’Inra-SAD di Toulouse incentrato sull’influenza delle pratiche agricole sulla vegetazione della valle d’Oô. • Incaricato di studi presso il CNRS in ORNITO-ÉCOLOGIA POLARE, soggiorno di 14 mesi a Terre Adélie, Antartico, 19911993, per il Prof. P. Jouventin • Numerosi presenze sul campo nello studio del comportamento animale (marmotta alpina, ornitologia, batraci…) www.luc-jacquet.com PER SAPERNE DI PIU’.... www.pnra.it Sito ufficiale del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide. www.mna.unisi.it Il Museo Nazionale dell’Antartide. www.esteri.it/ita/4_27_54_27.asp Sito del Ministero degli affari esteri ricco di informazioni sul Trattato Antartico. www.ifremer.fr/ifrtp Sito internet dell’Istituto Polare Francese Paul-Emile Victor, con ampie informazioni di fondo [francese-inglese] www.ifremer.fr/ifrtp/pages/ddu.html Sito internet della base polare francese Dumont d’Urville [francese-inglese] www.darwinfoundation.org Sito della Darwin Foundation, che si dedica alla tutela dell’ecosistema delle Galapagos [inglese] www.sanccob.co.za Sito di un’organizzazione sudafricana senza scopi di lucro che si occupa della riabilitazione di tutti gli uccelli marini (in particolar modo del pinguino africano) colpiti dal petrolio che fuoriesce dalle petroliere in transito nel mare del Sud Africa [inglese] www.penguin-place.com Penguin Place, New York, sito di on-line shopping dedicato al mondo dei pinguini [inglese] www.mbayaq.org/efc/efc_splash/splash_ cam.asp Collegamento alla webcam della vasca dei pinguini del Monterey Bay Aquarium. www.martingrund.de/pinguine Collegamento alla prima webcam antartica situata presso la base di O’Higgins. NOTE Impaginazione e realizzazione grafica Finito di stampare nel mese di ottobre 2005 presso Selegrafica 80