Mostra/Apri - Facoltà di Architettura
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Copertina_Design.indd 1 08/01/2009 16.13.12 Design follows Materials a cura di Marinella Ferrara e Sabrina Lucibello Indice © copyright Alinea editrice s.r.l. - Firenze 2009 50144 Firenze, via Pierluigi da Palestrina, 17/19 rosso Tel. +39 055/333428 - Fax +39 055/331013 Tutti i diritti sono riservati: nessuna parte può essere riprodotta (compresi fotocopie e microfilms) senza il permesso scritto della Casa Editrice e-mail: [email protected] http://www.alinea.it ISBN 978-88-6055-363-8 Finito di stampare nel febbraio 2009 — Stampa: Genesi Gruppo editoriale srl - Città di Castello (PG) Realizzazione grafica a cura di Marinella Ferrara e Sabrina Lucibello Questo libro è stato curato da Marinella Ferrara e Sabrina Lucibello, sulla base di ampie discussioni, di comune accordo. In particolare va riferita a Marinella Ferrara la cura di Capitolo I (Researching) e Capitolo III (Designing); a Sabrina Lucibello la cura di Capitolo II (Applying) e Capitolo IV (Objects) In copertina: Digital Dawn, Looph.pH, Rachel Wingfield RCA, commissionato da Future Physical e Royal College of Art's Innovation Unit Tonino Paris 6 M. Ferrara | S. Lucibello 12 PREMESSA Sincerità e ambiguità dei materiali INTRODUZIONE Design follows Materials Luciano Caglioti Cosimo Carfagna Marinella Ferrara Stefano Marzano 18 22 28 34 Capitolo I_RESEARCHING Ricerca indispensabile Dalla natura l’innovazione per il futuro Tra scienza e design | Un’evoluzione intelligente Probe: Sentire emotivo | Il corpo come sistema di capacità materiale suprema e piattaforma per la tecnologia Pierre Paul Jobert Aldo Tempesti Diego Marzorati G. Dammacco | F. Pagliai Susanna Campogrande C. Vezzoli | S. Cortesi 42 50 56 62 66 74 Capitolo II_APPLYING Fare nanomateriali | Un’esperienza personale Tessili funzionali per inventare Materiali e percezione della qualità | L’esperienza del Centro Ricerche Fiat Trasferimenti tecnologici Diffondere i materiali Life Cycle Design | Un approccio operativo Sabrina Lucibello 80 Chris Lefteri 86 Ely Rozenberg 92 Sabrina Lucibello 100 Marco Della Torre 106 Giulio Ceppi 114 Capitolo III_DESIGNING Gestire l’iperprogettualità Abducted materials Attitudine sperimentale Marc Sadler | Design al limite Progetto e tecnologie per l’arte contemporanea Sensorialità sostenibile 122 Capitolo IV_OBJECTS GRADO ZERO ESPACE LQ Jacket Oricalco Nanotubi di carbonio Quota Zero Jacket Absolute black 134 BIOSUMA Idrogel 136 CEFRIEL MentorME 138 NOKIA Morph 142 VIVOMETRICS Lifeshirt_Monitoring System 144 RINSPEED Senso Smart Car 148 O’NEILL Hub bluetooh Mp3 Jacket 150 D30 154 OUTLAST outlast Tech Jacket 158 SPEEDO Lzr Racer 162 WILSON N Six-One Tour_nCODE 164 VARIOPTIC Artic 170 NOTE SUGLI AUTORI 176 BIBLIOGRAFIA LAB d30 smart absorber proiezioni di luci sulle pareti si ispirano ad un bosco di foglie rosse Capitolo III_designing Matali Crasset, Arbre à Reflets: le Gestire l’iperprogettualità III_designing Oggi, al di là dei materiali “base” come legno, metallo e plastica, il mondo dei materiali comprende un universo fatto di tante sottocategorie in costante e rapido aggiornamento, che sviluppa materiali nuovi e ibridi a cui, però, non sempre corrisponde un prodotto o una tecnologia di produzione consolidata. Conoscere i nuovi materiali, saperli utilizzare e lavorare e addirittura saperli scegliere, diviene così uno dei punti chiave della progettazione. Scegliere un materiale significa “selezionarne” le qualità tecnico-funzionali e scegliere ad esempio la durezza della ceramica piuttosto che quella dei metalli, la formabilità delle materie plastiche piuttosto che quella del legno. Scegliere un materiale significa però anche valutarne le qualità estetico percettive e dunque esperienziali. La superficie di una texture, il suo colore e la sua traslucenza, piuttosto che la sensazione di leggerezza o morbidezza, sono tutte caratteristiche che hanno un effetto importante sul modo con cui un prodotto è percepito e usato. Scegliere un materiale significa per altro considerarne le “ricadute” economiche, ovvero ricercare il giusto rapporto tra costi di fabbricazione e numero dei pezzi da CAPITOLO Sabrina Lucibello Fibra di vetro, ingrandimento Concrete glass produrre, tra prestazioni, durabilità e costo del prodotto finale. Scegliere un materiale significa poi considerarne gli aspetti economico-sociali e dunque anche la”sostenibilità”. La crescente necessità di pensare ad un futuro sostenibile, infatti, interviene fin dalla scelta del materiale e, visto che non si può smettere di consumare, si deve almeno tentare di rendere l’applicazione di materiali e il loro uso più intelligente, esplorando i diversi modi in cui questi possono essere utilizzati per consentire ai prodotti di essere facilmente smembrati in componenti e riciclati. Un buon esempio è stato proposto da alcune grandi multinazionali - molto attente all’aspetto sostenibile dei propri prodotti - come ad esempio la Nokia, che ha pensato il modello 3110 Evolve, quasi completamente biodegradabile grazie una serie di viti a memoria di forma che permettono di smontare un telefono cellulare semplicemente immettendolo in acqua calda. Le specifiche qualità dei materiali influenzano dunque la progettazione a molti livelli, contribuendo in modo sostanziale a definire forma e funzione, oltre che target e “personalità” del prodotto. Scegliere un materiale è dunque un momento fondamentale nel progetto, un momento da cui il progetto stesso trae input e vitalità e per cui sono richieste molte competenze differenti in grado di far fronte a tutti questi diversi aspetti. Questa situazione infatti, ha determinato una diversa modalità di approccio alla progettazione di tipo multidisciplinare. Basti pensare al Philips Design Center guidato da Stefano Marzano, che, fin dagli anni ‘90, ha incarnato il prototipo di un’organizzazione capace di essere interprete di quella che potremmo definire “neo-progettazione”. Grazie ad un composito team multidisciplinare il Philips Design Center ha coinvolto esperti nelle discipline storiche del design, in quelle delle scienze umane, in quelle delle scienze dei materiali, ecc, essendo così in grado di far da ponte fra ciò sociale e pensiero tecnologico. La progettazione è in team e cerca 81 III_designing CAPITOLO di gestire tutte le criticità del progetto: dall’analisi dei bisogni (a cui il prodotto deve rispondere) a quella di mercato (che analizza tendenze, budget, commercializzazione), dagli aspetti anatomici ed ergonomici (su usi attuali e potenziali), a quelli più squisitamente sociali ed antropologici (su contesti reali e virtuali), al concept arrivando fino all’ingegnerizzazione del prototipo e del prodotto (sostenuto da considerazioni tecniche sulle potenzialità prestazionali e tecniche di nuovi materiali), testandone le performance, simulandone il funzionamento, ottimizzandone i processi di produzione. Dunque da un lato la velocità dell’innovazione e l’ampliarsi delle possibilità progettuali hanno prodotto uno “scarto di competenze”, non essendo più il progettista né tanto meno il tecnico dei materiali in grado di riuscire a gestire da solo e in tempo reale tutte le informazioni sui nuovi materiali; dall’altro hanno prodotto una sorta di spaesamento semantico e un “gap informazionale”. Sono così nate le materioteche per cercare di dare ordine all’iperscelta attraverso la catalogazione di materiali in library virtuali o fisiche e cercando di trovare le più svariate metodologie di classificazione che presto - essendo i confini tra un materiale e l’altro sempre più sfumati - si è scoperto essere sostanzialmente inadeguate. Parallelamente questo ha favorito un costante trasferimento di materiali da un settore produttivo all’altro mediante adattamenti a nuovi usi con effetti spesso sorprendenti per dar luogo ad una ibridazione che, dopo aver spazzato via la distinzione tra naturale e artificiale e quella tra le varie famiglie, spazza via anche l’identità e la riconoscibilità dei materiali che si possono progettare e modificare a piacimento. Alle tradizionali lavorazioni alla scala “macro” (stampaggio, laminazione, fusione, verniciatura, ecc), si aggiunge oggi la possibilità offerta dalle nanotecnologie di Soumiya Jalal Mikou, tessuto in sisal e carta, Casablanca 2006 Pannello in materiale plastico, Moma, New York 2008 Glitter Soumiya Jalal Mikou, tessuto in organza di seta, fili d’oro e perle, Casablanca 2000 Pannello tridimensionale in materiale ceramico, Moma, New York 2008 manipolare fin nel DNA un materiale, per renderlo completamente irriconoscibile non solo nel suo aspetto, ma addirittura nella sua sostanza a livello molecolare. In passato era sufficiente osservare un materiale alla scala micro per scoprirne la plurimatericità, (le pelli di tessuto di carbonio, il cuore della sezione in nido d’ape di alluminio) e la sua struttura anisotropa (le fibre disposte nella direzione degli sforzi). Oggi un artefatto realizzato con l’impiego delle nanotecnologie, osservato alla scala reale o a quella micro, non farà invece intravedere la sua complessità strutturale e sembrerà quasi monomaterico. Solo alla scala nano rivelerà la sua vera natura. Grazie alle nanotecnologie si è in grado di rimettere continuamente in gioco le strutturate relazioni tra materia, forma e prestazione con una differenza sostanziale rispetto al passato: la scala alla quale tali trasformazioni avvengono. Nuovi materiali ultraperformanti più resistenti, leggeri, durevoli e flessibili di quanto non lo siano convenzionalmente; materiali multidimensionali e dunque fisicamente definiti nelle tre dimensioni resistenti ma anche trasparenti; materiali riciclati, rimescolati, trasformati e dunque quasi surrogati utilizzati in maniera del tutto inaspettata o “preziosa” o per a dar luogo ad una sostanza totalmente sconosciuta per caratteristiche e aspetto. E così il “pensiero creativo” può spingersi fino ad agire sulla progettazione del materiale stesso (iperprogettualità), trasformandolo e utilizzandolo in funzione dell’idea di progetto. Questa possibilità di modificare la composizione chimica e fisica del materiale, di pensare ciò che non c’è ma che solo potrebbe essere, se da un lato è certamente esaltante dall’altro è potenzialmente pericolosa perché permette di estendere il progetto al di là del possibile con gravi ricadute in primo luogo sulla sostenibilità. Sempre più facile appare superare il limite di ciò che esiste, piuttosto che tentare di governare ciò che già è, arrivando a spingere l’iperprogettualità nel campo della 83 Rossignol, Fashion Sci, design Emilio Pucci Rossignol, Sci Robot linea junior III_designing Nike, Grigoros Kayaking Nike, PreCool Vest CAPITOLO stessa materia e non permettendo al tempo di sedimentare la conoscenza e al design di incanalare la ricerca attraverso la creatività. Molte rivoluzioni dettate da vere e proprie scoperte scientifiche rimarranno così semplicemente “possibili” e forse non arriveranno mai a trasformarsi in artefatto, non trovando cioè un proprio uso specifico. In molti casi però, i materiali progettati ad hoc daranno vita a caleidoscopi di possibilità che trasformeranno gli artefatti, che a loro volta modificheranno la nostra quotidianità. Ciò è vero sia se si pensa alle piccole/grandi rivoluzioni che stanno entrando nella nostra vita trasformandola o modificandola: dalle lavatrici che contengono nanoparticelle di argento e che sterilizzano il bucato, alle batterie a base di biossido di titanio nanostrutturato che permettono molti più cicli di ricarica rispetto, alle normali pile ricaricabili; dagli abiti autopulenti fatti con tessuti nanotecnologici, alle calzature antiodore grazie alle nanoparticelle antibatteriche; dalle vernici antigraffio per auto, ai display contenenti nanotubi di carbonio; dai contenitori per cibo antibatterici, alle creme solari che permettono un’alta protezione contro i raggi UV,ecc. Ciò è altrettanto vero se si pensa alle impercettibili rivoluzioni che talvolta semplicemente ci facilitano anche solo agendo sulle caratteristiche estetiche, percettive, espressive ed esperienziali dei materiali, per aprire nuove frontiere nei rapporti fra artificiale e naturale, fra oggetti d’uso e oggetti intelligenti, tra oggetti tecnici e oggetti del desiderio, tra uomo e ambiente. Materiali intelligenti perché carichi di un plus non solo di performance e di prestazioni, ma anche di espressività che rende più diretto l’approccio sensoriale con l’artefatto. In tutto ciò il design riveste un ruolo primario, essendo l’unico processo in grado di “trasformare” i risultati della ricerca scientifica in artefatti. Il progetto è come una attività di bricolage in grado di cogliere nel “fantastico tecnologico”, non per produrre un’immagine enfatizzante del pensiero tecnico-scientifico, ma come mezzo di interpretazione ed esplorazione estetico figurativa del possibile. Ecco allora che il design entra prepotentemente in settori fino ad oggi terreno esclusivo di una progettazione di tipo tecnico-ingegneristica, come ad esempio il settore medicale o quello sportivo, dove non solo function follows “design” ma dove design follows “materials”. Il settore sportivo in particolare, costituisce per il design uno dei settori più vitali e in continuo in movimento. Addirittura è proprio nel rapporto fra design e l’impiego di nuovi materiali che i prodotti per lo sport esprimono il loro fascino più sincero, dando luogo ad una nuova estetica - quella dell’high tech - che ne sollecita il desiderio di possesso come simboliche icone per la vita di tutti i giorni. La ricerca in questo ambito è vastissima: dai materiali leggeri ad alta resistenza meccanica allo strappo e all’abrasione (come per vele, parapendii e attività in montagna), a quelli ad elevato comfort fisiologico e dalle prestazioni controllate (gestione del livello di calore, di traspirazione e di impermeabilità), ai materiali per la sicurezza (come ad esempio nel motociclismo), fino ai materiali che permettono di migliorare le performance sportive essendo in grado di ottimizzare il rapporto peso-prestazioni grazie all’impiego di speciali compositi. Ma il design non potrà essere l’unico punto di mediazione tra scienza e uomo. La cosa più importante in futuro sarà, a mio avviso, imparare ad utilizzare le (nano)tecnologie in modo più discreto ovvero solo per rispondere a nostri reali bisogni che, per simmetria inversa con l’umana complessità, dovranno necessariamente tornare ad essere sempre più semplici. 85 Non c'è dubbio che all'interno della comunità che si occupa di design, un numero sempre maggiore di progettisti incentra il proprio lavoro sull'utilizzo dei materiali per realizzare nuovi prodotti, edifici e ambienti. Sempre di più, nuove pubblicazioni, banche dati online e studi di consulenza specializzati in materiali e design, si propongono di colmare il gap che tradizionalmente esiste tra l'industria dei materiali e i progettisti. Molte, ed avanzatissime, sono per altro le tecnologie a disposizione dei progettisti in fatto di nuovi materiali: leghe a memoria di forma, plastiche idrosolubili, calcestruzzo semitrasparente, materiali auto-generatori, autopulenti, autolubrificanti e auto-riparatori. È chiaro che tutto ciò discende dal desidero di molti progettisti di dar luogo a nuove esperienze basate sull'assioma secondo cui "la funzione segue la forma", tanto che oggi è sufficiente consultare una materioteca per scoprire ed utilizzare un nuovo materiale e per dar vita ad un nuovo prodotto e dunque ad una nuova esperienza. Si potrebbe obiettare che molti progettisti lavorino esclusivamente seduti al tavolo da disegno e che la quasi totalità di essi abbia perso, rispetto al passato, la capacità di governare materiali e processi e di esserne "inventore" o fabbricante. Oggi appare persino impossibile tenersi costantemente aggiornati sui molti materiali e processi esistenti, ma ciò non cambia il fatto che ci sia qualcosa di enormemente gradevole nel manipolare un nuovo materiale e addirittura nel "giocarci". Molte testimonianze ci raccontano come gli occidentali, al ritorno da viaggi in paesi poveri o del terzo mondo, portino spesso con loro oggetti dismessi per utilizzarli in nuovi modi o applicazioni e per dar luogo ad oggetti che svolgono delle funzioni per le quali non erano originariamente disegnati, come se fossero dei souvenir dell'ingenuità della disperazione: veri e propri oggetti salvati e che hanno trovato nuova vita in queste nuove funzioni. Si tratta di scoperte accidentali di oggetti quotidiani in cui gli oggetti sono stati rivalutati ed i materiali sono stati analizzati e riassemblati. In fondo è questo il design basato sui materiali. Pensando a paesi più vicini a noi, esiste una lunga lista di questo tipo di scoperte accidentali, basti pensare alla stampella usata come antenna per automobile oppure alle calze trasformate in una cinghia d'emergenza. E che dire dei tanti materiali del mondo industriale? Che ruolo svolgono nella nostra mente e nella comprensione dei materiali? Al centro della nuova ossessione del design per i materiali e per la tecnologia, c'è il desiderio di innovare, ovvero di utilizzare i materiali in modo nuovo e di scoprire nuovi modi di utilizzazione di vecchi materiali. Molteplici appaiono peraltro gli esempi di come una reazione intuitiva ad un evento quotidiano possa essere trasformata in "affermazioni di design" in grado di CAPITOLO Chris Lefteri III_designing Abducted materials Bina Baitel, Pull Over, lampada in silicone e fibre ottiche, VIA, Paris, 2008 87 CAPITOLO III_designing capovolgerne i concetti prestabiliti in particolare riguardo la funzione di alcuni materiali. Tutto sommato, non è questo quello che cercano di fare i designer? Voglio dire, quante persone hanno giocherellato con la carta dei bastoncini nel loro ristorante cinese mentre discutevano animatamente o hanno usato gli origami per dar forma alla carta delle caramelle mentre guardavano un film al cinema? Questi "scarabocchi materici", tradiscono un'inconscia analisi sia del pezzo di carta in sè, sia dei diversi modi nei quali lo si può piegare per realizzare una mini-decorazione natalizia o un micro-pupazzo, oppure l'appoggio per i bastoncini dopo il loro utilizzo. Questi sono esempi basati sull'uso dei materiali a livello istintivo. Un'operazione a più grande scala è quella di Leepu Awlia che dal suo garage, nel cuore di una delle città più congestionate del mondo, disassembla metodicamente vecchie automobili arrugginite, trasformandole in macchine nuove che sembrano uscite dallo studio torinese di Pininfarina. Come un abile artigiano, tratta le lamine d'acciaio come se stesse realizzando un vestito su misura, facendo attenzione alla resistenza di un materiale che ha preso una certa forma. Lui usa questa conoscenza istintiva per creare nuove forme senza utilizzare il metodo tradizionale di disegnarli prima. Il suo approccio al design, dettato dalle possibilità e dai limiti dei materiali rispetto alla forma e alla struttura, è un risultato di questo tipo di processo piuttosto che sul metodo tradizionale del disegno. Oppure Ben Wilson che, nei verdi sobborghi a nord di Londra, sfrutta quello che è un problema intrinseco alla gomma da masticare, utilizzando questo materiale incredibilmente duraturo come una "tela" originalissima per decorare il pavimento. Questa forma di gomma sintetica è così difficile da rimuovere che diventa una forma permanente di decorazione stradale. Edwin Gardner prende spunto dagli edifici in rovina per creare nuove prospettive basate su simbolismo e decorazione, trasformando le facciate segnate dai fori di proiettile in bellissimi muri illuminati di notte. Superfici create quasi più involontariamente che deliberatamente, servono per interpretare un materiale danneggiato in chiave moderna. Questi esempi mettono in discussione la definizione stessa di materiale, perché usano ingredienti strani come la gomma, la Edwin Gardner, dal workshop “Rescripting Beirut” Leepu Awlia, car ispirata ai modelli di Lamborghini e Ferrari, Dhaka Ben Wilson, decorazioni in gomma da masticare su asfalto stradale, Londra 89 III_designing design - per associare le proprietà della miriade di materiali (naturali o fabbricati dall'uomo) e di processi ora a disposizione, ai nostri bisogni quotidiani." È così che le due estremità della creatività, designer e fornitori di materiali, hanno dovuto affrontare il compito, apparentemente terribile, di lavorare insieme. Società come Materio in Francia e 100% Materials in Inghilterra, hanno aiutato ad accrescere la conoscenza delle sempre maggiori possibilità nel campo dei materiali. Ma questo è solo l'inizio del processo progettuale. Una volta che si è scoperto o trovato un materiale, ci vuole un altro sforzo per gestire il processo d'innovazione e utilizzare questi materiali in nuovi prodotti. Il passo successivo sarà infatti trovare nuovi strumenti per poter utilizzare concretamente i materiali. Come dice Thackara, la chiave affinché i designer adoperino i nuovi materiali non è solo una questione di quanto sia disponibile l'informazione, ma di come questa sia mostrata. Oggi i designer non sono più limitati nella loro creatività da una specifica famiglia di materiali come legno, plastica e ceramica, visto che i limiti tra queste famiglie sono sempre più labili. I progettisti prendono decisioni sui materiali secondo le loro qualità tattili, visive ed emozionali e non solo in base alle qualità tecniche. E visto che i designer passano la maggior parte del tempo davanti ad un computer "sporcandosi" sempre meno le mani con i materiali, risulta ancora più importante oggi di quanto non lo fosse in passato, che la vasta gamma di materiali e processi a disposizione siano comunicati in modo naturale e istintivo, tanto quanto è naturale ed istintivo piegare la carta che avvolge una caramella. CAPITOLO terra, i vetri rotti o parti arrugginite di automobili. Tutto ciò va oltre il re-utilizzo e il movimento ambientalista. Ha a che fare con la natura della provvisorietà e con l'uso di materiali non-permanenti per creare nuove funzioni. Queste persone non solo fanno di necessità virtù, ma riescono a fornire anche delle soluzioni anarchiche ai concetti prestabiliti di funzione. Questi progetti comprendono una serie di scoperte accidentali, che analizzano i materiali normali in modo nuovo, senza l'ausilio di alta tecnologia o di banche dati di materiali. Con l'enorme quantità di informazione sui materiali innovativi attualmente a disposizione dei progettisti, l'enfasi dovrebbe essere sui modi con cui questi materiali possono essere integrati nel processo di design durante una fase più critica, una fase dove il materiale diventa la spinta per l'innovazione, piuttosto che riproporre il tradizionale processo creativo secondo cui il designer utilizza solo i materiali conosciuti e testati e alla fine del processo creativo. Personaggi come Ben Wilson e Leepu Awlia pongono l'accento sulla ricerca di nuove identità per i materiali, ricollocando le loro proprietà in modo istintivo. Potremmo considerarli degli "scarabocchi tridimensionali" oppure degli esercizi di brainstorming tridimensionale dove le proprietà di un materiale sono state analizzate, mischiate e inserite in un contesto nuovo. Questi esempi potrebbero anche fornire un indizio ai progettisti su come separare ed utilizzare queste proprietà materiali e queste potenziali esperienziali in modo nuovo. Questa idea trova conferma nel libro di John Thackara, In the bubble: Designing in a Complex World. Nel libro Thackara scrive: "Ci vuole uno sforzo cosciente - uno sforzo di Marc Newson, Voronoi shelf, libreriascultura (a sinistra), ed Extruded table (a destra), entrambi in marmo bianco di Carrara, foto di Lamay Photo, courtesy Gagosian Gallery, newe York, 2007 91 "Artigianato post-industriale" è il termine che io e Vanni Pasca abbiamo utilizzato in occasione della mostra "Promise design" esposta alla Triennale di Milano durante il Salone del Mobile 2005, poi in Germania nell'ambito del festival berlinese "Design May" 2005 e in Danimarca al “Copenhagen International Design Fair”. Il concetto di "Artigianato post-industriale" esprime una delle peculiarità dell’attuale design israeliano, relazionata alla particolarità del suo contesto produttivo. Infatti, a differenza del contesto produttivo italiano dove migliaia di aziende di piccola e media grandezza producono mobili e accessori rinnovando ogni anno il loro catalogo, il contesto israeliano è quasi totalmente privo di aziende design oriented. Qui, molti designer lavorano per l'industria della plastica, nel settore dei prodotti medico-sanitari ed in quello dell’high tech. Poichè si tratta di settori molto tecnici, in cui non è possibile sviluppare una poetica del progetto, in quanto prevalgono esigenze legate ai processi produttivi, i designer spesso danno sfogo alla loro creatività con l'autoproduzione, un’attività parallela al loro impegno per l’industria, che permette di sperimentare autonomamente, applicando anche tecniche sofisticate come quelle dell'high tech. Quest’attitudine sperimentale alla produzione mette in atto una modalità molto particolare di interpretare la tecnologia, che rappresenta una diversa filosofia dei giovani designer israeliani di approccio alla realtà dell'innovazione. Per spiegare questo concetto porterò alcuni esempi. Yakuza Table è un progetto dello Studio Reddish, un tavolo in legno decorato. Durante il “Salone di Colonia” ha vinto il premio "Inspired by Cologne" per il Reddish studio, Yakuza Table, autoproduzione, 2006 Ezri Tarazi, New Bagdad, tavolino, Edra, 2005 "giovane design indipendente". La tecnologia applicata alla decorazione del tavolo è la stampa digitale, che può essere applicata a superfici rigide e produce una sorta di tatuaggio digitale. Si tratta della stessa tecnologia con cui si stampano i grandi manifesti, utilizzata nel settore della cartellonistica pubblicitaria. Diversamente dalla stampa tradizionale offset che utilizza le pellicole, questa stampa si realizza direttamente sulla plastica o su altre superfici. Nel caso di Yakuza Table il processo è stato adoperato per stampare sulle lastre lignee, dopo avere ritagliato i cinque pezzi abbinati che creano il tavolo. Nell'applicare il processo di stampa, il progetto recupera un valore culturale, in quanto applica la tecnologia ispirandosi ai tatuaggi giapponesi della yakuza, la mafia giapponese. Così la tecnologia diventa esplicita e si riappropria di una tradizione socio-culturale, oltre che decorativa. E il mobile veste una caratteristica umana. New Bagdad, progetto di Ezri Tarazi, è un oggetto curioso che è stato messo in produzione dall'azienda italiana Edra e contemporaneamente esposto come prototipo più elaborato nella collettiva “Promisedesign”. È un tavolo il cui piano è una sorta di mosaico realizzato con sezioni di estrusi in alluminio, la cui composizione è rispondente alla mappa della città di Bagdad, in cui è visibile il fiume Eufrate e le principali strade. Il progetto ha una sua storia, che inizia con la collaborazione del designer con un'azienda produttrice di estrusi di alluminio. Visitando l'azienda Ezri Tarazi è stato colpito dalla quantità di scarti e pezzi difettosi messi da parte, che seppur prodotti con la tecnologia dell'estrusione, come quelli classici degli infissi di alluminio, risultavano più organici, in quanto CAPITOLO Ely Rozenberg III_designing Attitudine sperimentale 93 autoproduzione, 1999 Tal Gur, Wrinkled chair in materiale plastico, autoproduzione Tal Gur, Sturdy Straws, sedia e pouf realizzata con cannucce, autoproduzione, 2002 differenti nelle sezioni e deformati con forme curve e casuali. Riflettendo sulla problematica il designer ha convinto l'industria ad riutilizzare i pezzi di scarto, e con il progetto New Bagdad ha stabilito una collaborazione con l’azienda per la realizzazione di una produzione limitata. C'è in questo progetto una poetica del pezzo industriale che fa riflettere su quanti tipi di estrusi si consumano e su quanto ammonta lo sfrido della lavorazione in questo settore. Quando il tavolo è entrato in produzione, il progetto è stato variato e semplificato. Mentre il prototipo applicava centinaia di diversi tipi di estruso, l'ingegnerizzazione ne ha ridotto il numero di componenti. I materiali plastici e i loro processi produttivi sono tra i materiali con cui si conducono sperimentazioni di un certo interesse. Israele è il secondo paese al mondo produttore di oggetti in plastica per uso domestico. Il fenomeno forse non è molto conosciuto, ma la concentrazione di industrie che producono oggetti in plastica è molto grande. Tra le aziende leader c'è la Keter Plastic, un'azienda con stabilimenti anche in Francia, Turchia, U.S.A., dotata di una grandissima distribuzione. L'azienda è conosciuta per l'alta qualità del design, pur trattandosi di oggetti semplici, di prodotti che si vendono nei grandi magazzini. In azienda lavorano molti designer, che hanno acquisito un'approfondita conoscenza dei processi produttivi. Ma poiché nelle mansioni che occupano non trovano molte possibilità di espressione creativa, del tipo di quella che permettono le aziende del mobile in Italia, i progettisti si adoperano in altri modi. Così per la tesi di laurea, Tal Gur che già lavorava in fabrica, ha individuato come tema di ricerca la tecnologia di stampaggio rotazionale. Questo processo è l'unico in cui la plastica viene lavorata alla pressione ambientale, mentre l'iniezione, ad esempio, utilizza alte pressioni atmosferiche. Inoltre utilizza stampi di alluminio, invece che in acciaio, che sono in pratica dei grandi contenitori. La conoscenza esatta del processo ha permesso al designer di inventare nuove modalità di applicazione della tecnologia. L'intuizione fondamentale è stata quella di intervenire nella fase di stampaggio per produrre una serie variabile, in cui ogni pezzo è leggermente diverso dall'altro. Frequentando la fabbrica, spesso succede che il designer ha delle intuizioni che sviluppate possono attuare delle interessanti interferenze per la produzione. In questo caso il design ha proposto la sua idea, ma non ha facilmente trovato il consenso del responsabile di azienda, che all'inizio era molto scettico. Tal Gur ha dovuto sperimentare per suo conto. Ha costruito un piccolo stampo l'ha messo in un forno di casa. Imprimendo allo stampo un ciclo di rotazione, come nello stampaggio rotazionale, è riuscito ad ottenere una lampada con una superficie organica, cioè non liscia, lucida e precisa, come di solito sono gli oggetti realizzati con i processi industriali, ma corrugata. Tornato in fabbrica ha mostrato il risultato e ha ottenuto il consenso dell'azienda per una produzione che porta oggi il marchio di autoproduzione Tal Gur, con la quale il designer gira il mondo per la promozione delle sue creazioni che sono commercializzate in molti negozi di Israele. Svelerò adesso il segreto della realizzazione dei suoi pezzi. Anziché utilizzare un normale stampo in allumino con pareti lisce, Tal Gur costruisce una gabbia che definisce la forma dell'oggetto. Al suo interno inserisce dei fogli di alluminio, del tipo di quelli che utilizziamo in cucina, che imprimono alla superficie esterna degli oggetti stampati piccoli particolari e rugosità sempre diverse. Il processo usa la tecnologia industriale dello stampaggio rotazionale, ma introduce in esso un intervento artigianale, che lo rende più lento ma garantisce un risultato unico per ogni pezzo prodotto. Altri progetti di Tal Gur si basano sull'intervento in processi standard di stampaggio: la lampada Eash, ad esempio, che ha la forma di un piccolo uomo, con la testa girata sempre in modo diverso, una volta a destra, una volta a sinistra, per effetto di una piccola variazione introdotta nel processo in serie. La Wrinkled Chair è uno dei suoi primi progetti e risale al 1996, quando ancora le industrie del mobile in Italia, come Kartell o Moroso, non avevano introdotto lo stampaggio rotazionale nella loro produzione. Alcuni anni dopo hanno intuito il trend del giovane design, ma hanno affidato l'incarico ai grandi nomi, privando così i giovani innovatori, come Tal Gur, di riconoscimento. Un'altra piccola innovazione apportata dal progetto nel processo di stampaggio rotazionale è quella della colorazione in doppio processo. Nei progetti della III_designing lavorata per stampaggio rotazionale, CAPITOLO Tal Gur, Og, lampada a stelo in plastica 95 materiale plastico estruso, autoproduzione, Israele, 2006 Yaron Elyasi, Darbuka stool, autoproduzione, Israele, 2007 dove il dipartimento di ingegneria della plastica e i laboratori sono attrezzati con macchine ad iniezione con le quali gli studenti possono interagire. Yaron Elyasi ha cominciato a scuola a sperimentare con le tecnologie ad iniezione della plastica. Successivamente ha comprato un estrusore usato e nel suo studio ha realizzato una piccola produzione, dimostrando che l'estrusore è un’attrezzatura industriale che può essere utilizzata anche in modo artigianale per sviluppare diversi linguaggi del progetto con i materiali plastici. Il segreto di Yaron Elyasi consiste nello sviluppo di una tecnica artigianale che permette di modellare la plastica ancora morbida che esce dall'estrusore su uno stampo aperto, imprimendo manualmente una rotazione allo stampo. Per industrializzare il processo, la mano dell'artigiano potrebbe essere sostituita da un braccio robotizzato. Inoltre Yaron Elyasi utilizza plastica di recupero, bottiglie e altro materiale di riciclo. Autoproduce una serie di piccoli oggetti, come lampade, realizzando anche gli stampi che sono divisi in piccoli pezzi per poterli estrarre dall'oggetto solidificato attraverso un foro predisposto. Calibrando la disposizione della plastica sullo stampo riesce ad ottenere diversi effetti di trasparenza o strutture autoportanti a diverse resistenze. La tecnica permette di sperimentare all'infinito con le materie plastiche. Tempo fa gli è stata commissionata un'istallazione in un centro commerciale che III_designing Yaron Elyasi, poltrona realizzata in CAPITOLO lampada Luba e sgabello Pepe ci sono tre differenti colori della plastica. Di solito con il rotazionale si ottengono oggetti di un solo colore. Per ottenere due colori bisogna stampare in due fasi, togliendo l'oggetto in una prima fase dallo stampo per reinserirlo aggiungendo plastica di un altro colore. Il processo è più lento, assimilabile ad un processo artigianale, ma da un risultato originale per uso dei colori e delle trasparenze. L'esperienza progettuale di Tal Gur, dimostra quanto è importante per il design la conoscenza dei materiali e dei processi unita alla sperimentazione, al controllo delle caratteristiche del materiale. Un altro progetto di Tal Gur è quello che utilizza come materiale di base le cannucce di polipropilene. Le sedie che ha realizzato risultano morbide perché le cannucce disposte al centro sono libere, mentre quelle nel bordo sono termicamente saldate. Il polipropilene è un materiale che si salda facilmente in presenza di calore. Il processo è stato realizzato artigianalmente con uno stampo in legno, inserendo nella forma cannucce con diversa colorazione e poi portando a qualche centinaia di gradi le parti da saldare con una superficie di metallo caldo. Altro designer israeliano che sperimenta con le materie plastiche è Yaron Elyasi. Egli ha studiato allo Shenkar College of Engineering and Design di Ramat-Gan, 97 CAPITOLO III_designing ha realizzato con 200 lampade. L'impatto visivo dei suoi oggetti è unico e difficilmente imitabile, anche se ci sono alcune industrie che lo hanno fatto. L'azienda tedesca Koziol ha intuito le potenzialità della tecnica e in collaborazione con uno studio spagnolo ha sviluppato il trasferimento dell'immagine materica di questa plastica disposta caoticamente in oggetti realizzati industrialmente. L'azienda produce un pannello componibile utilizzabile per realizzare dei separé. A differenza degli oggetti di Yaron Elyasi, il processo industriale permette di realizzare solo elementi piatti, bidimensionali. Riuscire a produrre industrialmente e con questo linguaggio oggetti tridimensionali in plastica è per ora un impegno troppo costoso in termini di ingegneria, ma sono convinto che arriverà anche il momento di questi stampi. Come dimostrano questi esempi, l’attidudine sperimentale del design, che spesso si trova al margine dell'industria, è capace di influenzare e stimolare la produzione industriale. Andrea’s trust & Ayala Serfaty, realizzazione della struttura delle lampade in vetro Andrea’s trust & Ayala Serfaty, collezione Soma, lampade con struttura in vetro e carte, 2006 99 Parlare di design con Marc Sadler, designer di origine austriaca ma oramai naturalizzato italiano, è parlare di come l'ingegno di un uomo abbia saputo trasformare le occasioni della vita in artefatti straordinari, al limite non solo delle prestazioni, ma anche dell'immaginazione. Una funzione complessa quella dell'innovazione nel design, che tiene conto di molti fattori: tra cui l'idea, l'estetica, i materiali, il miglioramento della performance. rappresentato una vera e propria rivoluzione nel campo sportivo, è nato dopo un mio incidente sugli sci. Mi resi conto che le leve in acciaio allora esistenti, non tenevano bene la caviglia e mi domandai: "perché non provare a realizzarne un modello in plastica più ergonomico e performante?". Ecco allora che ne tentai una prototipo artigianale realizzando due gusci identici termoformati direttamente nel forno di casa e sviluppandone poi il prototipo vero e proprio insieme al signor Caberlotto per una importante mostra di architettura: uno stampo piano, fatto di due gusci simmetrici (lo scarpone era infatti ambidestro), al cui interno due semisfere venivano a realizzare l'ingombro per i malleoli. Lo scarpone si fermava alla caviglia ed in realtà non ha mai funzionato, ma da lì capimmo che c'era un mercato enorme per innovare e per sperimentare non solo nuovi materiali, ma anche processi, tecniche e soprattutto capimmo che c'era un enorme spazio per l'innovazione estetica. Ne realizzammo così un'intera collezione da portare in una fiera in Germania, dove tutti gli altri produttori si presentarono con scarponi da sci in pelle nera o al massimo bordeaux. Noi invece, grazie all'uso della plastica, avevamo introdotto il colore. Fu un vero e proprio successo! Iniziammo a realizzare S.L.: Alla domanda se si possa parlare di limiti del design o se questo sia ormai fuori controllo - ovvero travalichi i propri confini annettendo a sé campi e discipline un tempo lontani - Sadler non ha dubbi. M.S.: No. Non ci sono limiti al design. Sono della vecchia scuola nella quale vigeva il senso dell'esthétique industriel, dove è il ragionamento e il buon senso che segnano i confini. I miei migliori progetti infatti, sono nati da un idea e dal bisogno di migliorare un qualcosa che già esisteva. Il ragionamento ha fatto il resto. L'idea ad esempio dello scarpone da sci Pioneer realizzato per la Caber nei primi anni '70, e che ha CAPITOLO Sabrina Lucibello III_designing Marc Sadler Design al limite Stockholm Design Week: Fibre Evolution installation, Input Interiör showroom Tite Mite Lite Kite Megalite Gigalite, Testo intervista tratto da S.Lucibello, Foscarini, 2001. Famiglia di lampade in (lim)+?= f (design), in DIID Disegno fibra di vetro e di carbonio realizzate Industriale Industrial Design n”26, con rowing technology, premio 2007, Rdesignpress, Roma Compasso d’Oro 2001 101 S.L.: Alla base di ogni progetto c'è dunque un'idea o un avvenimento personale che si trasforma in un'occasione progettuale. M.S.: Nel mio caso è proprio così. Ad esempio l'immobilizzatore per il ginocchio realizzato insieme ad una fondazione no-profit di medici americani, nasce da un'idea sviluppata in seguito ad una mia operazione al ginocchio. Questo immobilizzatore di plastica, riduce infatti i tempi di recupero post trauma, evitando sclerosi e riabilitazione e, pur immobilizzando la parte fratturata, permette all'arto di articolare i movimenti principali. III_designing S.L.: Il compromesso - oggi marketing - e il saper ascoltare dunque, come uno dei fattori dell'innovazione che spinge al limite l'esthétique industriel? M.S.: Quando ho iniziato a lavorare pensavo di aver capito tutto del design, avendo appreso il senso del binomio (forma+funzione), ma poi con il tempo ho compreso che non era affatto così e che il design ha bisogno di un'attenzione particolare alla "pelle", all'estetica, al marketing. Per Serralunga infatti, ho realizzato una serie di lampade utilizzando una tecnica oramai largamente in uso in molti settori - il rotational moulding - ma intervenendo sulla superficie dell'oggetto che veniva come graffiata attraverso una particolare macchina ideata per l'occasione (con un carrello e una vite senza vite), che rigava la pelle dell'oggetto realizzando una sorta di intreccio sempre diverso e che più che decoro è una vero e proprio esempio di come un materiale si potesse plasmare in mille modi differenti. Più forte è il materiale, più io faccio del non design, giocando sulle superfici con piccoli accorgimenti che ne aumentano il comfort, concentrandomi cioè sulla materia. CAPITOLO scarponi per i giapponesi, per gli americani, sempre uguali all'interno, ma sempre diversi all'esterno e che perciò andavano incontro ai gusti e alle aspettative degli utenti. La piccola azienda di Montebelluna, oggi Caber, passò da una produzione di 120.000 paia l'anno a 1.650.000 scarponi venduti, portando l'azienda dal 10° al 2° posto tra i produttori mondiali. Diciamo che sotto ogni prodotto c'è un sotto-progetto di base vicino all'ingegneria, a cui si affianca l'estetica che lavora sul colore, sulla superficie e sul materiale. S.L.: Lei ha lavorato molto per il settore sportivo, dove uno dei fattori chiave dell'innovazione è il superamento dei limiti in relazione alla performance. M.S.: Nello sport il limite è portato all'estremo in ogni senso, anche nel realizzare una ciabatta. Ne è un esempio quella che ho progettata nel 1995 per Nike, in EVA un materiale plastico espanso atossico, stampato ad iniezione in grado di galleggiare - e che, da semplice oggetto tecnico, si trasforma in vera e propria protesi di design sempre con una speciale attenzione all'estetica del bello, però. Ci sono poi altri prodotti studiati a posta per gli atleti e che diventano poi indispensabili per la sicurezza di tutti i giorni, non solo per gli sportivi. Nel 2002 ad esempio, con Lino Danese avemmo l'idea di realizzare un paraschiena che proteggesse la spina dorsale durante le gare motociclistiche e che al tempo stesso fosse utile nel supportare lo sforzo del pilota: il paraschiena Wave, appunto. S.L.: È stato così, sempre con il signor Caberlotto, quando nacque la Lotto? M.S.: La Lotto, esordì con la produzione di calzature per il tennis, e solo successivamente entrò nel settore delle calzature e dell'abbigliamento sportivo, in particolare nel calcio (poi nel basket, atletica, pallavolo). Durante i suoi primi 10 anni Lotto si concentrò sul mercato italiano divenendo entro la metà degli anni '80, uno dei marchi di riferimento nel settore dell'articolo sportivo e, accanto al settore performance, calcio e tennis, l'azienda iniziò a proporre calzature e abbigliamento di ispirazione sportiva per il tempo libero. Proprio in questo settore all'inizio facemmo degli errori perché ci ostinavamo a pensare alla scarpa sportiva come ad uno scarpone, ma una cosa avevamo capito: era sull'innovazione, anche estetica, che si basava il successo di un prodotto. Marc Sadler, guanto, ginocchiera e cavigliera, Dainese Marc Sadler, Wave, paraschiena, Dainese 2002 103 III_designing S.L.: Abbiamo detto che all'origine di un'innovazione vi è un'idea o un bisogno, intervengono poi il ragionamento e l'estetica. Vi sono altri fattori che entrano nella funzione - se così si può dire - che si spinge ai limiti del design? M.S.: Il materiale è certamente uno dei fattori più determinanti che spinge il designer a superare i limiti del progetto. Volendo realizzare per Boffi una maniglia per cucina, ad esempio, nacque Alukit: un sistema cucina rivoluzionario, completamente cavo all'interno e che, per così dire, trasporta il vuoto. Un sistema ben diverso dagli altri sistemi cucina, dove una serie di elementi verticali e orizzontali si vanno a comporre per realizzare una scatola. Sono partito dal materiale e dalla mia esperienza sviluppata per Nike, dove avevo imparato ad utilizzare i materiali al 100%, per realizzare una cucina superleggera. Lo stesso accadde quando per Foscarini, sempre basandomi sulle proprietà intrinseche ed estrinseche dei materiali, decisi di valorizzare la trasparenza della fibra di carbonio, utilizzata fino ad allora in prevalenza per attrezzature sportive come sci, mazze da golf, racchette da tennis, ecc. Questo materiale infatti, è resistentissimo e lavora come i tendini di una mano, secondo le fibre. Ma che succede se, invece di sfruttare questa proprietà del materiale, si lavora sulla trasparenza? Sulla bellezza? Un progetto ambizioso, una semplice idea e ben quattro anni di progetto con l'obiettivo di tirare al limite la qualità estetica del materiale, oltre che quella tecnica: nasce così la famiglia di lampade Tite Mite Lite Kite MegaLite GigaKite, premio Compasso d'oro ADI 2001. Una linea di lampade dove, oltre alla trasparenza, stupisce il controllo delle fibre a cui non si chiede, come al solito, di essere rigide, ma di mantenersi costantemente flessibili. Lo stesso può dirsi per Tris, il progetto di una sauna-doccia-hammam realizzato per Ideal standard, in cui si richiedeva al materiale - uno speciale legno - di resistere indifferentemente a condizioni di caldo secco, vapore, caldo umido: una vera sfida in cui ho usato il progetto per realizzare un prodotto diverso, trovando il materiale giusto. Molto spesso, al contrario, mi capita di trovare un materiale e di immaginarne un utilizzo. Mi rivolgo al produttore, chiedendo di trasformarlo, plasmarlo, utilizzarlo in un modo nuovo … il produttore all'inizio non capisce, ma poi insieme troviamo il modo per innovare. Dirottare un materiale da un settore all'altro è per me uno sport. Questo per dire che c'è un'altra cosa che con il tempo mi è stata via via sempre più chiara: non ci sono limiti al design se esistono i benefit e soprattutto se si instaura quel rapporto uomo a uomo tra designer e imprenditore, tra designer e tecnico. Un incontro tra due individui pronti a travalicare i limiti di processo e di prodotto, ad innescare quel procedimento che si chiama transfer tecnologico e che comunque parte dal ragionamento. Si può innovare in molti modi, come ho fatto ad esempio migliorando i processi produttivi come nel caso delle macchine ad iniezione che erano tutte in orizzontale, con grande spreco di spazio e scomodità. Ebbi l'idea di farle in verticale: da lì un limite - questa volta fisico - di nuovo superato; oppure quando per Caimi Brevetti abbiamo realizzato Big, la libreria in alluminio estruso di forte spessore con ripiani in lamiera di acciaio piegata al limite della propria resistenza, con un interasse tra i montanti di 160 cm e sistemi di aggancio invisibili. Si può innovare spingendosi anche ai limiti di quello che si chiama design, ovvero realizzando un prodotto a forte contenuto tecnico come una serratura, così come ho fatto con Beretta, semplicemente lavorando sulla materia e rendendo l'oggetto bello e accattivante. Lo stesso "fascino progettuale" può dunque averlo un paio di forbici, un cacciavite, uno strumento per dentista. Insomma … il limite del design si è rotto! CAPITOLO Nessuno però voleva testarlo in gara e si sa, quando un pilota non indossa quel determinato oggetto, nessuno vuole acquistarlo! Un giorno però, l'allora campione del mondo Kenny Roberts decise dopo molte insistenze di provarlo. Durante il giro di prova malauguratamente Roberts fu coinvolto in un terribile incidente e cadde ma, grazie al nostro paraschiena, si salvò la vita. Da allora in molti mi hanno scritto per ringraziarmi di aver salvato loro la vita. Marc Sadler, ciabatta in EVA, Nike, 1995 Marc Sadler, Wave, paraschiena, Dainese 2002 Marc Sadler, prototipo di scarpone sci 105 Progetto e tecnologie per l'arte contemporanea III_designing Negli ultimi dieci anni ho avuto modo di applicare gli strumenti tradizionalmente legati alle discipline dell'architettura e del design allo specifico dell'arte contemporanea. Questo lavoro particolare e border line ha generato risultati interessanti. Sono numerosi i progetti che ho realizzato a partire dalla collaborazione con artisti di rilievo internazionale per gallerie, fondazioni, musei d'arte contemporanea e spazi pubblici. Tutti presentano un elevato grado di complessità e prevedono l'inserimento di contributi di discipline parallele. Competenze progettuali, conoscenze ingegneristiche, ricerche e sperimentazioni di materiali innovativi e di tecnologie sofisticate si fondono per la realizzazione di un'opera, al servizio quindi dell'arte contemporanea. Il progetto diventa in questo caso un'importante occasione di ricerca e di interazione con figure diverse che operano in ambiti differenti. Bisogna sviluppare la capacità di condensare saperi diversi, di dialogare con molteplici interlocutori, di raccogliere competenze differenti e quindi la capacità di mettere a sistema e di elaborare i dati che provengono da più parti, al fine di realizzare un prodotto di qualità. Questo vuol anche dire che il progettista deve assumere il ruolo di regista dell'opera. Lavorare con e per artisti di grande fama mi ha certamente allenato a quello che definisco "pratica dell'ascolto". Questa pratica presuppone innanzitutto lo sviluppo di una sensibilità attenta: lo studio e l'avvicinamento al percorso intrapreso dall'artista, saper vedere, la capacità di ascolto e di dialogo, la ricerca di un'intesa e di una sinergia che porti alla realizzazione di un'opera espressione del rapporto costruito tra gli attori coinvolti. CAPITOLO Marco Della Torre Mariko Mori, Wave UFO, foto marcodellatorre.studio A tale pratica si affianca l'indispensabile sapere tecnico. Fondamentale è stata anche la collaborazione con una rete internazionale di aziende specializzate. Assieme al mio studio di Milano abbiamo sviluppato una particolare attenzione agli aspetti strutturali e tecnologici tesa a rivelare le potenzialità inespresse dei materiali. Le esigenze specifiche e le problematiche presentate da ciascun progetto che abbiamo affrontato mi hanno portano alla ricerca di soluzioni sempre differenti arricchite dalle potenzialità espressive proprie di materiali e processi produttivi innovativi, da metodi spesso attinti da altri saperi che vengono poi dal mio studio esercitati al servizio dell'arte. Nell'ambito delle diverse metodologie esecutive l'estensione dell'applicazione delle tecniche di prototipazione rapida, generalmente utilizzate nella progettazione e nella produzione industriale, alla costruzione di un'opera d'arte fornisce un importante contributo in grado di offrire una pluralità di risultati altrimenti non raggiungibili. 107 Prada Pierre Huyghe, Float, foto di marcodellatorre.studio Mariko Mori, Aliens, stampo del corpo in Technogel, foto di Luca Tamburlini Ogni progetto è diverso in termini di contenuti e di obiettivi. Quasi sempre la costruzione di un modello tridimensionale matematico consente di analizzare gli elementi e le superfici dell'oggetto ottenendo un elevato livello di definizione e facilitando le successive fasi di lavorazione. Il modello virtuale così elaborato costituisce la base per le tecniche di prototipazione utilizzate dalle aziende (fresatura a controllo numerico, stampa tridimensionale, stereolitografia, fusioni per mezzo di stampi realizzati a controllo numerico, tagli controllati, ecc.) che, grazie al livello di precisione che possono conseguire, permettono spesso la risoluzione di problematiche complesse. La costruzione della Biglia A14 km 50 installata sul limite dell'autostrada ad Imola, ideata da Alessandra Andrini in ricordo del noto ciclista Marco Pantani, rappresenta un interessante esempio di tale applicazione: le difficoltà esecutive date dalle notevoli dimensioni della calotta trasparente, una semisfera di quattro metri di diametro, sono state risolte attraverso l'utilizzo di stampi in fusione alluminio successivamente fresati a controllo numerico. Gli stampi sono stati utilizzati per la termoformatura delle lastre di metacrilato per realizzare i singoli spicchi, successivamente assemblati. Nell'ambito di un’innovativa interazione tra tecnica e arte l'opera è dunque frutto di un complesso lavoro di ricerca e sperimentazione spesso condotto in collaborazione con un team di aziende specializzate: è il caso di Wave UFO, installazione che ho progettato e realizzato per l'artista giapponese Mariko Mori, e che stata esposta in diversi musei in Europa e in America. Wave UFO è una cellula interattiva, lunga dodici metri e alta cinque, che esprime leggerezza, perché accompagna lo spettatore verso un'esperienza onirica, fluttuante e sospesa in una dimensione spazio-temporale aliena, ma anche perché effettivamente deve rispondere ad esigenze statiche e di trasporto. L'originale configurazione della sua forma è stata ottenuta attraverso la modellazione tridimensionale di ciascun elemento, lo studio dei comportamenti statici, e per mezzo dell'utilizzo di materiali e tecnologie innovativi: da un tamburo in alluminio si irradia una costolatura fatta di travi in poliuretano espanso fresato a controllo numerico, rivestite di vetroresina. Le travi così ottenute sono state dotate di testate in fusione di magnesio, un metallo che presenta le stesse proprietà meccaniche dell'alluminio ma una maggiore leggerezza. L'involucro esterno è costituito da pannelli sandwich di vetroresina e schiuma espansa realizzati mediante stampi fresati a controllo numerico. La particolare vernice iridescente di finitura esterna della cellula, frutto di un anno di ricerca che ho portato avanti presso un centro sul colore di una nota azienda italiana, è stata applicata mediante ciclo di carrozzeria. All'interno della capsula interna alla cellula ho utilizzato il Technogel, un materiale ad uno stato intermedio tra liquido e solido, per realizzare le sedute. Anche in questo caso sono stati utilizzati stampi realizzati con frese a controllo numerico. L'esperienza sensoriale voluta dall'artista si avvale inoltre di sofisticati sistemi tecnologici di animazione e visualizzazione interattiva: nello spazio della capsula interna tre spettatori per volta vengono connessi ad una serie di elettrodi applicati sulla fronte, e interagiscono attraverso una rilevazione delle proprie onde celebrali, con immagini tridimensionali proiettate su uno schermo semisferico. L'opera visionaria conduce a un luogo ideale e senza tempo, a una dimensione virtuale III_designing Attilio Maranzano, courtesy Fondazione CAPITOLO Marc Quinn, Frozen garden, foto di 109 foto marcodellatorre.studio Marco della Torre, biglia A14 km 50, courtesy Alessandra Andrini Pierre Huyghe, Float, interno, foto di marcodellatorre.studio blocco. Il tank è stato riempito con 30 tonnellate di olio siliconico, un prodotto che mantiene le sue caratteristiche di viscosità e trasparenza fino a -50° C. La forte spinta data dalla massa di olio siliconico ha comportato la definizione di particolari telai in acciaio inox di contenimento riscaldati da una serie di resistenze a calza metallica per evitare fenomeni di condensa. La parete trasparente è stata realizzata con lastre di vetro riscaldante stratificato, regolate da un sensore per monitorare la sua temperatura. L'esecuzione di questo complesso sistema allestitivo ha comportato anche la risoluzione di numerosi problemi strutturali e costruttivi. Per poter sostenere l'elevato peso dell'oggetto è stato innanzitutto necessario creare delle fondazioni adeguate, attraverso iniezioni di cemento armato effettuate nel pavimento della fondazione. Il cesto di acciaio inox contenente le diverse essenze del giardino è stato calato nel tank attraverso un carroponte, che abbiamo progettato per l'occasione, dotato di carrucole controllate da quattro motori gestiti da un computer industriale. Il Frozen Garden è un prototipo, una grande macchina, un condensato di tecnologica continuamente monitorato, un vero e proprio oggetto che coinvolge arte, strutture e design. L'espressione artistica si manifesta dunque con molteplici modalità, in un processo di crescita che evolve dall'idea originaria e spesso astratta dell'artista, per arrivare a definire le sue possibilità realizzative. Un campo di esplorazione inedito affrontato con alcuni artisti è rappresentato dalle strutture gonfiabili. In collaborazione con un'azienda del settore ho messo a punto una serie di soluzioni innovative per la realizzazione di alcune installazioni. I nostri III_designing Marco della Torre, biglia A14 km 50, CAPITOLO generata dall'energia del cosmo. Assieme a Wave UFO ho progettato e realizzato anche l'opera Aliens sempre per conto di Mariko Mori. Pupazzi interattivi realizzati con le più avanzate tecnologie in termini di stampi e fusioni. L'interazione tra sperimentazione tecnologica e ricerca della qualità estetica si ritrova anche nelle installazioni che ho progettato per la Fondazione Prada: Dream Temple di Mariko Mori, Upside Down Mushroom Room di Carsten Hoeller, Frozen Garden di Marc Quinn. Il Frozen Garden è nato dalla collaborazione con Marc Quinn, artista londinese, esponente di punta della young british art che da anni conduce una ricerca sulle possibilità offerte dai fluidi alla variazione di temperatura. Dall'esperimento fatto con alcuni fiori, ibernati all'interno di box di vetro contenenti olio siliconico a bassa temperatura, si è sviluppata l'idea di riprodurre un vero e proprio giardino congelato, un ambiente naturale costituito da piante provenienti da diverse parti del mondo. Una sorta di giardino immortale, un Eden trasognato e irreale. Il processo di realizzazione dell'opera ha dovuto affrontare una serie di problematiche molto complesse: la difficoltà di portare a una temperatura di -25° C una massa di 30 tonnellate di olio siliconico; la capacità di resistenza dei diversi materiali a tale temperatura, il sistema di illuminazione, la metodologia di esecuzione. L'installazione è costituita da una cella frigorifera di acciaio inox dotata al suo interno di una parete totalmente trasparente. All'interno della cella è stato inserito un grande tank in acrilico di 8x3x3 metri le cui pareti, di 10 centimetri di spessore, sono costituite da una serie di lastre fuse assieme fino a formare un unico 111 CAPITOLO III_designing modelli tridimensionali vengono in questi casi gestiti da un software che ne elabora i dati e crea lo sviluppo idoneo per la fabbricazione in materiale tessile dell'oggetto plastico. In seguito le pezze vengono tagliate grazie alle tecnologie a controllo numerico. Da questa esperienza sono nate le sagome in Tyvek sospese nel vuoto immaginate da Emilio Fantin per il GAM di Bologna; l'opera Float dell'artista francese Pierre Huyghe che abbiamo realizzato per il Castello di Rivoli Museo di Arte Contemporanea con Tyvek e palloni ad elio in PVC termosaldato, fino ad arrivare al mio progetto del Bruco di Zona Tortona per il “Salone del Mobile” di Milano 2005/06, la più grande architettura d'aria gonfiabile e abitabile al mondo. Marco Della Torre, il Bruco, interno, foto di marcodellatorre.studio Marco Della Torre, il Bruco di Zona Tortona, Salone del Mobile 2004, foto di Luca Tamburlini 113 Il secolo passato ha reso manifesta l'intelligenza della materia ed espresso tramite la creazione di nuovi materiali le potenzialità progressive implicite nella tecnologia. Senza tali premesse la parola design perderebbe oggi il suo senso, rischiando di avere una storia inevitabilmente meno significativa e ricca. Pensiamo solo alle plastiche e ai materiali polimerici, ai legni multistrato e lamellari, alle nuove ceramiche e al più recente contributo di nanotecnologie nel mondo dei metalli e del tessile. Ma, quando pensiamo all'intelligenza prodotta dalla tecnologia fatichiamo spesso a darne un corpo, ad immaginarla come qualcosa di fisicamente tangibile, paragonabile ad una materia. Forse ci viene più facile assimilarla ad un flusso invisibile, alle velocità fotoniche, ai processi extrasensibili, ad una dimensione quasi energetica. L'intelligenza sembra forse coincidere con l'immaterialità, quasi fosse una dimensione spirituale ed evanescente al tempo stesso, razionalità allo stato puro opposta alla materia. In verità oggi tra materia ed energia, tra sensi ed intelligenza, le relazioni sono quanto mai aperte e dinamiche e la materia assomiglia più ad agglomerati di energia, a curve che si intersecano l'una con le altre in campi di possibilità. In questi ultimi anni con lo studio Total Tool, ho avuto diverse e interessanti occasioni per sperimentare e interpretare professionalmente tali dinamiche, in cui appare chiaro, come dice Vilèm Flusser, quanto "la materia nel design, come in qualsiasi ambito di cultura, è il modo in cui appaiono le forme". La forma è il “come" della materia e il design conferisce forma alla materia, la fa apparire in quel determinato modo. Tracciare una mappatura esauriente è in tal senso impossibile, ma si possono raccontare alcuni epifenomeni. Nel corso del XX secolo non abbiamo solo assistito all'introduzione di nuovi materiali, ma anche al conseguente cambiamento nella percezione del vissuto dei materiali. Ogni nuovo materiale possiamo dire che spesso tocca e influisce sul complesso mercato sia delle applicazioni quanto delle percezioni dei materiali stessi, oltre che agire parallelamente sull'acquisizione della consapevolezza di nuove scale temporali. La questione ambientale, soprattutto negli ultimi dieci anni, ha effettivamente generato dei nuovi "scenari della materia": la materia minima (riduzione della fisicitá e aumento delle prestazioni), la materia medium (programmazione dei cicli di vita) e la materia eterna (massima durata). In sintesi, la questione ambientale ha rivoluzionato parte delle logiche di produzione e consumo dei materiali e sta dettando gli scenari applicativi del prossimo futuro, unitamente alla nuova "sensibilità sensoriale" del consumatore. Inoltre negli ultimi anni i processi della globalizzazione hanno radicalizzato in maniera evidente alcune mutazioni profonde, decretando la perdita della sequenza lineare nella filiera produttore di materia prime - trasformatore - produttore di beni finiti - mercato finale, evidenziando l'importanza strategica del ruolo a monte e non a valle dell'innovazione e della necessità di "disegnare una prospettiva" da parte dei leader. Le nuove metodologie di progetto e di ricerca mostrano come cambia il modo di proporre l'innovazione, che implica processi di co-design e partnership progettuali. Questa mutazione si è prodotta e manifestata in numerose aziende come evoluzione e integrazione delle funzioni aziendali rispetto al tema dei materiali, delle finiture e dei processi produttivi, e il designer ha assunto un ruolo significativo e strategico rispetto a tale tema. Oggi è chiaro come il dettaglio tecnico ed esecutivo, l'esperienza fisica delle qualità del prodotto, facciano parte della qualità globale ricercata dalle aziende, in cui la qualità produttiva é un impegno dato per scontato e le qualità estetiche e comunicative diventano il valore aziendale portante in senso profondo. Occorre saper proporre l'innovazione e guidarla dall'innovazione di prodotto a quella di sistema: nella competizione tra tecnologie/fornitori da un alto e dei mercati finali dall'altro, contano le sinergie tra i diversi attori e la capacità di dialogo tra le parti, per cui chi non si allinea alle tendenze dell'innovazione e ne cavalca attivamente le problematiche resta escluso. La soluzione, come alcuni dei progetti sviluppati all’interno di Total Tool in questi anni, si mostra nel ricercare il dialogo con altri sistemi e diverse filiere produttive, nell'individuare i settori commerciali che "tirano la volata" sul piano del prodotto finale, nel saper sviluppare i servizi interni di consulenza progettuale per terzi e nell'avere il coraggio di proporre azioni pilota e auto-gestite dall'azienda, con partner di diversa natura. Il design dei materiali in questi ultimi anni ha mirato, nei casi di successo, a non affermarsi direttamente con i competitori tramite la conquista di nuove aree di mercato, ma a rendersi riconoscibile come portatore di nuove tematiche centrali per CAPITOLO Giulio Ceppi III_designing Sensorialità sostenibile 115 Total Tool Milano, Andersen prodotti III_designing dinamica azienda del settore. Un esempio concreto di come la "materia-energia" prima citata come metafora guida di questo intervento, prenda appunto forma e identità, generando non solo un nuovo supporto, ma nuovi mercati e stili di vita, modelli rituali che reinscrivono e rinnovano la nostra antropologia in nuove e aggiornate forme, in una danza antica come il mondo stesso. Terzo esempio è quello “Andersen Windows: trasparenti convergenze performative”. La finestra rappresenta un archetipo di valore antropologico e una componente socioculturale irrinunciabile. A partire da questa premessa, apparentemente banale ed evidente, ma esplosiva se incrociata con quanto le nuove tecnologie informatiche e la domotica ci propongono nell'immediato futuro, abbiamo creato un percorso di ricerca e progetto con l'azienda americana Andersen Windows, leader mondiale nel fenestration market con un fatturato superiore ai 4 milioni di dollari. Il progetto di esplorazione tecnologica iniziato nel 2000 è articolato in varie tappe progettuali, ma con intenzioni commerciali decise, che ne hanno fatto uno strumento con cui Andersen Windows si avvicina oggi a quella che è stata internamente definita una new product category, con logiche produttive, distributive e di comunicazione diverse da quelle delle precedenti finestre. L'incontro tra diverse piattaforme tecnologiche (elettronica, informatica e componentistica edilizia) ha creato un nuovo mercato, in cui i nuovi materiali e tecnologie, il design e i nuovi concept sono la discriminante capace di dare valore e senso all'innovazione e di comunicarne i benefici. In occasione del National Building Show di Las Vegas, sono stati presentati pubblicamente cinque prototipi che integrano diverse tecnologie e materiali, tra cui cristalli liquidi, bio-led, microventilatori, pigmenti conduttivi, trasduttori di audiofrequenze. I prototipi sono attualmente in fase di sviluppo per la certificazione e collaudo, in attesa delle prime applicazioni sperimentali in una serie di target homes. Questi casi evidenziano quanto il design dei materiali e la creazione di processi di innovazione si sta oggi confrontando con un nuovo terreno di riflessione. Al riguardo, nel recente convegno da me organizzato insieme a Giacomo Mojoili, vicepresidente di Slow Food, è emersa il concetto di “sensorialità sostenibile”. Con questa espressione si auspica il coniugarsi della dimensione sensoriale e della ricchezza fenomenologica, filtrata dalla consapevolezza cognitiva (e non solo dalla fisiologia dei sensi), con la dimensione della sostenibilità ambientale e culturale, ovvero rispetto dell'eco-compatibilità e sviluppo della bio-diversità: un incontro che connette in una visione sistemica ed olistica i criteri di una produzione etica e differenziale con quelli di un consumo ricco e cosciente, nella concertazione di valori locali e globali. La “sensorialità sostenibile” vuole mettere insieme il concetto di territorio con quello di consumo, sapendo che la comprensione di un prodotto passa attraverso la conoscenza delle fasi della sua lavorazione, e avviene per mezzo della tracciabilità del suo divenire da materia prima a merce finale. CAPITOLO i diversi settori, promuovendo piuttosto l'innovazione dentro la cultura stessa di settore. Provo a darne alcuni esempi concreti, per quanto assai differenti. Il caso “Oikos fragrances: microvolumetrie dinamiche olfattive” è il progetto di messa a punto di una nuova strategia applicativa per Oikos, azienda italiana che si occupa di profumazione ambientale, attraverso una nuova ed esclusiva tecnologia denominata “isola olfattiva”. Questa tecnologia consente la localizzazione e il controllo spaziale della dimensione odorosa, utilizzando sistemi modulari in grado di interagire con l'ambiente e le sue dinamiche d'uso: obiettivo un paesaggio olfattivo realizzato ad hoc, gestibile nello spazio e programmabile nel tempo, di facile e immediata gestione e di sicuro impatto emozionale. Si creano di fatto delle "microvolumentrie odorose", delle isole invisibili, controllabili e progettabili per forma, intensità, dinamica ed interazione. Si tratta di poter progettare e realizzare effetti di profumazione ambientale, valutando contesti e strategie di utilizzo e applicando di conseguenza in maniera adeguata e personalizzata questa tecnologia, verificandone la disposizione spaziale, il livello di integrazione tecnologica e di programmazione, oltre ovviamente la scelta dell'essenza. Il progetto della tecnologia delle isole olfattive è servito ad evidenziarne e a comunicarne l’applicabilità in diversi contesti, pubblici e privati, in spazi commerciali come in luoghi di lavoro o culto, in strutture di servizio come scuole, ospedali, piuttosto che parcheggi e cinema, con il fine diverso di connotare e "brandizzare" olfattivamente, rilassare o eccitare, piuttosto che depurare o svolgere funzioni terapeutiche e curative. Altro esempio è quello di “Trend VI: pelli ibride comunicanti”. Il mosaico di vetro in tessere è un materiale nato oltre 2.500 anni fa, impiegato nell'antichità da bizantini e romani per portare luce e luminosità all'interno delle architetture e dei grandi spazi pubblici o privati. Oggi, attraversate epoche e stagioni alquanto diverse, il mosaico in vetro è ancora un materiale di rivestimento di grande fascino e attualità, ma di fatto non diverso da quello di oltre venticinque secoli fa; sono invece cambiate le nostre abitudini abitative ed estetiche e ovviamente anche le tecnologie legate agli spazi in cui abitiamo. Ecco allora che la logica digitale e binaria, modulare e continua del mosaico ha permesso a Total Tool Milano di integrarlo con le prestazioni delle nuove sorgenti puntiformi rappresentate dai LED di nuova generazione e di conseguenza di poter creare, grazie alle loro stupefacenti prestazioni, un sistema decorativo flessibile e programmabile, interattivo e policromo. Abbinando la trasparenza del vetro ad una griglia modulare di punti luminosi si realizzano infatti pareti a decoro programmabile, per esercizi estetici o legati alla sicurezza degli spazi pubblici, in cui alimentare una cultura espressiva della bassoluminescenza che integra un materiale millenario e una tecnologia emergente e legata produttivamente più all'elettronica che alla nostra storia dell'illuminotecnica. I prototipi realizzati e proposti per il concorso “Intelligenza dei sensi”, promosso da Material Connexion, sono ora in fase di sviluppo con Trend.VI, una giovane e 117 III_designing del progetto negli ultimi anni. Già in tempi passati, insieme ad Ezio Manzini, si parlava di “ecologia dell'artificiale”. Oggi, a distanza di quasi venti anni, la “sensorialità sostenibile” permette all'individuo di emergere finalmente come protagonista e attore primario, riferimento centrale ed assoluto della scena ambientale. Nel nostro egoismo sociale, non esiste ambiente migliore se non vi è un uomo migliore. La parola sensorialità, senza alcun calvinismo o autolesionismo che ha in passato connotato spesso la cultura ambientalista, pone invece al centro la godibilità dell'intero sistema, naturale ed artificiale che sia, passando attraverso la coscienza critica e i valori etici della cultura slow. Speriamo che tutto ciò ci serva a costruire un mondo migliore poiché ne vogliamo assaporare, preservare e produrre le parti migliori, e non solo per la paura dell'autodistruzione o di apocalittiche conclusioni. Come progettista posso solo fare questo augurio, sapendo che il progetto stesso è un'attitudine slow, complessa socialmente, policentrica sensorialmente, e alla ricerca continua del suo stesso equilibrio, come per ogni forma di vita del pianeta. CAPITOLO Quindi non serve il progetto che enfatizzi solo la parte finale di tale processo, che celebri il consumo e l'esperienza in sé stessa, se non vi è coscienza del tutto, delle relazioni, dei passaggi, di tutta la storia del prodotto. Questo, infatti, non è solo materia o merce, non è solo esperienza, ma è la storia delle persone e delle specie animali e vegetali che l'hanno resa possibile, i processi e le relazioni che ne giustificano l'esistenza: il design serve a mettere in evidenza tali passaggi, valori e proprietà. Il design racconta processi, permette relazioni, crea occasioni di incontro e di scambio, sviluppa e produce nuove ciclicità. Il progetto connette il micro con il macro, il locale con il globale, il singolo con la comunità: non autocelebrazione da Salone del Design, ma creazione di piattaforme di scambio, produzione di strumenti cognitivi, di nuove ritualità che accrescano la nostra coscienza e conoscenza sensoriale. Il design fornisce gli strumenti per la comprensione, aiuta l'interscambio culturale attraverso la sua capacità di connettere linguaggi e codici distinti, traduce esperienze da una dimensione originale e unica a situazioni condivisibili. Il design favorisce il dialogo nella diversità, produce diversità, alimenta un quotidiano ricco e denso. In tal senso ho già preso più volte le distanze dall'euforica traduzione di quel “design dell'esperienza” di matrice americana che tanto ha spopolato nella cultura Total Tool Milano, pelli ibride comunicanti, ricerca per trend VI Ingo Maurer, RoseRose Wallpaper, con decoro a led, Milano, 2006 119 cattura odori utile ad esempio per la diagnosi del cancro Capitolo IV_objects Philips Design, Smell è una sonda Design Grado Zero Espace R&D | www.gzespace.com Materiale Liquid Shell_trattamento protettivo www.d3olab.com Grado Zero Espace Prestazioni Idrorepellenza, filtro UV-A e UV-B, ottima resistenza all'abrasione, buona resistenza al sudore acido e alcalino, antimicrobico, antimacchia, atossico, CAPITOLO D3O_smart shock absorbers | IV_objects per la pelletteria | www.gzespace.com trasparente, brillante. LQ Jacket Grado Zero Espace sviluppa nuovi materiali e tecnologie da trasferire alle industrie allo scopo di migliorare la qualità della vita, del lavoro e dell'ambiente. L'azienda agisce da tramite fra La Grado Zero Espace ha realizzato LQ Jacket, un giubbotto sportivo performante progettato per le moto da strada. Il prodotto è il risultato dell'applicazione dei materiali intelligenti, di tecnologie innovative e di un nuovo processo costruttivo con brevetto internazionale. I miglioramenti delle proprietà fisiche e meccaniche del materiale sono ottenuti garantendo la morbidezza del supporto esaltandone le caratteristiche estetiche. Il LQ jacket associa infatti un piacevole effetto visivo ad un notevole aumento delle performance. Il trattamento consente l'utilizzo di substrati di minor spessore, con un notevole incremento della flessibilità e dell'elasticità del materiale. Inoltre un sistema flessibile e lavabile, realizzato con un film elettroluminescente è integrato nella parte posteriore e regolato da una centralina nella tasca laterale della giacca, contribuisce ad aumentare la visibilità notturna. vari settori industriali e i diversi ambiti di ricerca tecnologica. Dal settore aerospaziale al settore medicale. Inoltre possiede già il know-how tecnologico per l'applicazione delle nanotecnologie in strutture tessili, fibre, compositi, nelle attrezzature per sport e negli equipaggiamenti protettivi e di sicurezza. Liquid Shell è l'innovativo trattamento protettivo brevettato dal team di Grado Zero Espace progettato per l'uso specifico nel campo della pelletteria. Il processo comporta un netto miglioramento delle proprietà della pelle fornendo un'ottima resistenza all'abrasione ed ai raggi UV-A e B, nessuna infiammabilità ed una buona resistenza al sudore acido ed alcalino. Il Liquid Shell risulta tenace, resistente agli strappi e alla salinità, ideale quindi per gli sport estremi anche in ambienti marini in cui le superfici sono sottoposte ad usura e a continui sbalzi termici. Tra le proprietà dello scudo liquido le principali riguardano l'impermeabilità all'acqua, l'eccellente resistenza all'abrasione e ai raggi UV, caratteristiche antimicrobiche e antimacchia, resistenza alle alte temperature, composizione atossica, infiammabilità secondo la normativa 16 CFR part 1610, ed una temperatura d'uso compresa tra -1C° a oltre 95C°. Tali caratteristiche rendono il LQ shell adatto per applicazioni nello sportswear, 123 l'automobilismo ed il motociclismo, la nautica, il design d'interni e la realizzazione di accessori in pelle. Il giubbotto è realizzato con pelle ultrasottile trattata con il nuovo processo Liquid Shell accoppiata ad un tessuto dalle alte capacità termiche. Il trattamento Liquid Shell ed il processo di accoppiatura degli strati hanno permesso di ottenere una sottile superficie molto resistente, aumentando le capacità elastiche e mantenendo il comfort e la vestibilità caratteristica della pelle. La struttura di LQ Jacket integra l'inserimento dell'innovativo materiale prodotto dalla D3O lab, uno smart absorber che protegge le zone esposte agli urti, come i gomiti, le spalle e la schiena. L'innovativo polimero a memoria di forma, diversamente dalle attuali protezioni molto rigide, è flessibile e morbido in condizioni normali ma reagisce all'impatto diventando proporzionalmente rigido. Materiale SMA_Shape Memory Alloys | www.smaterial.com Prestazioni D30. Materiale realizzato con molecole intelligenti in grado di assorbire l'energia d'urto | www.d3o.com D3O La tecnologia D3O si basa su un materiale polimerico a memoria di forma composto da molecole intelligenti che scorrono liberamente tra loro in condizioni di sollecitazioni normali ma si bloccano formando un reticolo tridimensionale rigido in condizioni di shock meccanico assorbendo l'energia dell'impatto. Considerate la natura e le caratteristiche del materiale, il D30 ha numerose possibili applicazioni soprattutto nel campo della protezione e sicurezza del corpo umano con applicazioni nell'abbigliamento sportivo in guanti, calzature, corpetti ed elementi di protezione a conchiglia. La protezione contro gli impatti in attività sportive è stata finora risolta con elementi rigidi. Tali supporti non costituiscono la soluzione ideale in quanto compromettono la libertà dei movimenti e le prestazioni atletiche in contesti agonistici. La tecnologia d3o, invece, garantisce la massima libertà e flessibilità dei movimenti con un alto livello di protezione contro gli infortuni. G.D. & F.P. Tessuto autostirante e a memoria di forma, superelasticità, biocompatibilità, CAPITOLO Grado Zero Espace R&D IV_objects Design leggerezza Oricalco Oricalco è una camicia tessuta con un metallo a memoria di forma composto al 50% da una lega Nikel-Titanio. Questo speciale materiale permette di "programmare" le maniche affinché si accorcino con l'aumento della temperatura e di stirare il tessuto semplicemente indirizzandogli un getto di aria calda come quello del phon. La struttura tessile prevede l'utilizzo di due comportamenti diversi del materiale, progettati in fase di programmazione del filato estruso. La struttura tessile della camicia è di tipo ortogonale, mentre in prossimità delle maniche è prevista una lavorazione a serpentina per cui la lega si attiva ritirandosi. Oricalco vuole essere un dimostratore tecnologico, simbolo della ricerca e della sperimentazione sui nuovi materiali. La scelta del nome Oricalco proviene da un'antica legenda di Atlantide. L'Oricalco era un gioiello composto da una lega metallica dalla quale gli Atlandidei traevano l'energia. Questo monile si stringeva al polso sulla base della temperatura del corpo. La camicia è un'idea, un concetto, un pretesto per sperimentare il comportamento SME, Shape Memory Effect, in un settore di maggiore diffusione come il tessile. In particolare Oricalco ha richiesto un studio ad hoc sul processo di filatura e di tessitura, aprendo così nuovi argomenti per gli sviluppi futuri di questo interessante materiale. Un progetto così particolare che ha permesso alla camicia di essere inserita dalla rivista TIME tra le migliori invenzioni del 2001. Numerosi progetti di ricerca hanno analizzato il sistema di tessitura della camicia Oricalco, indagando le sue potenzialità anche in applicazioni medicali. Come il progetto SpaceBra, sviluppato dalla Grado Zero all'interno del Technology Transfer Programme dell'ESA. Si tratta di un sistema indossabile per il monitoraggio di funzioni vitali, integrato in un reggiseno. Il sistema sfrutta la capacità superelastica e conduttiva del filato SMA per rilevare i cambiamenti di forma localizzati e trasferirli in segnali elettrici ad un 125 Prestazioni D30. Materiale realizzato con molecole Resistenza all'impatto, alla intelligenti in grado di assorbire compressione, alla trazione, alla IV_objects Nanotubo di carbonio CAPITOLO Materiale felssione, conducibilità elettrica l'energia d'urto | www.d3o.com opportuno dispositvo sul polso. Lo stesso progetto si è declinato in altre due aree applicative, lo sport e la moda. Nanotubi di carbonio SMA Il termine "Shape Memory Alloys" (SMA) indica la famiglia di materiali metallici che possiedono la straordinaria capacità di ripristinare la loro configurazione iniziale se deformati e successivamente sottoposti ad un opportuno trattamento termico. Esistono varie leghe a memoria di forma ma le più interessanti sono quelle Ni-Ti (Nikel-Titanio) con maggiore deformazione shape memory. Il fenomeno memoria di forma è dovuto alla trasformazione di fase cristallina dalla fase Martensitica (temperatura più bassa, facile deformazione) alla fase Austenitica (temperatura più alta, configurazione più rigida). L'effetto SME, Shape Memory Effect, può essere one-way (dopo il primo ciclo non subisce altre variazioni) oppure two-way (deformazione reversibile). A seconda della tipologia, le leghe possiedono ulteriori proprietà: la superelasticità e l'effetto damping. Il fenomeno della superelasticità si sviluppa quando la lega è deformata sopra la temperatura di trasformazione. L'effetto damping consiste nella capacità di dissipare l'energia ricevuta trasformandola in altri tipi di energia, e questo avviene sotto la temperatura di trasformazione Af. Le leghe a memoria di forma trovano il loro principale interesse nello sviluppo di molti sensori ed attuatori, in quanto sono materiali capaci di muoversi e di azionare altri dispositivi in relazione ad uno stimolo che ricevono. Le potenzialità applicative delle leghe SMA (Shape Memory Alloys) sono molteplici così come molteplici i settori di riferimento: dall'ingegneria civile, con lo sviluppo di nuovi dispositivi di smorzamento, regolatori meccanici, idraulici ed elettrici, all'ingegneria aerospaziale e militare; oltre che a dare un contributo sensibile per innovative arecchiature medico-chirurgiche. S.L., G.D. & F.P. I nanotubi al carbonio usati come agenti rinforzanti dispersi in matrici polimeriche, appartengono alla categoria dei nanocompositi polimerici. La dispersione di queste nanocariche all'interno di resine rende possibile l'ottenimento di proprietà uniche. In particolare per le proprietà meccaniche, come l'assorbimento all'impatto, la resistenza all'abrasione, la leggerezza, ma anche per le nuove proprietà, elettriche ed ottiche, che possono apportare alla mescola finale. L'estrema tenacità, unita alla flessibilità, rende i nanotubi ideali per l'impiego dei materiali compositi ad alte prestazioni, come sostituti delle normali fibre di carbonio, del kevlar o delle fibre di vetro. Questi nuovi nanomateriali apportano un sensibile miglioramento delle prestazioni al prodotto finale, estendendo il campo di utilizzo ad applicazioni non possibili per i materiali convenzionali. L'uso delle nanotecnologie per lo sviluppo di nuovi manufatti con forti contenuti di innovazione tecnologica, è oramai una realtà. Lavorare nell'infinitamente piccolo per cambiare la faccia del mondo. Alterare la struttura delle molecole per ottenere materiali migliori, oggetti più efficaci, più duraturi, più in linea con le nostre aspettative di qualità. È la promessa racchiusa nei nanotubi di carbonio, microscopiche particelle capaci di combinarsi coi materiali più diversi, dai tessuti alle plastiche, dal cuoio fino alle leghe metalliche. Una sorta di doping molecolare in grado di potenziare, con un intervento assolutamente semplice, un'ampia gamma di performance: dalla resistenza all'abrasione alla resistenza al calore e alla trazione, dalla leggerezza alla flessibilità. Grado zero ha oggi il controllo di questa tecnologia dopo un lungo percorso di collaborazione con la società di ricerca franco-americana che per prima ha sviluppato la ricerca. Grado Zero espace ne ha acquisito l'esclusiva, che oggi indirizza a professionisti e aziende interessati a varcare la soglia standardizzata dei materiali tradizionali. 127 I nanotubi sono costituiti, come dice il nome, da tubi cavi le cui pareti sono composte solo da atomi di carbonio. Questi tubi, tuttavia, sono caratterizzati dall'avere un diametro della cavità interna dell'ordine dei nanometri (milionesimi di millimetro) e da una lunghezza che può arrivare a qualche millimetro (ma che usualmente si aggira nell'ordine delle decine di micron, milionesimi di metro). Il fatto che i nanotubi siano costituiti unicamente da atomi di carbonio legati tra loro a formare una struttura rigida conferisce al materiale delle ottime proprietà fisiche e meccaniche: il legame tra atomi di carbonio è il più forte legame esistente e, di conseguenza, una opportuna struttura contenente questo genere di legami acquista una resistenza alle deformazioni decisamente elevata. Alla base delle nanotecnologie c'è l'idea di manipolare la materia, riproducendo atomo per atomo ciò che la natura ha sempre fatto, consentendo la realizzazione di nuovi sistemi e dispositivi solidi. Le potenziali applicazioni dei nanotubi al carbonio sono pressochè illimitate e vanno dai nanocompositi polimerici con proprietà meccaniche migliorate, a tutte quelle applicazioni in cui si necessitano di particolari proprietà elettriche, termiche e ottiche. Design Grado Zero Espace compressione, resistenza a trazione, resistenza a flessione, conducibilità elettrica Materiale Membrana a memoria di forma (SMM) Tessuto bielastico TM CAPITOLO Resistenza all'impatto, resistenza a IV_objects Prestazioni Turtleskin rinforzato Quota Zero Jacket Tuttavia gli sviluppi futuri che i ricercatori della Grado Zero espace stanno già testando, vedono i nanotubi integrati in fibre e tessuti. Una fibra sintetica costituita da nanotubi di carbonio sarebbe la più resistente mai fatta: è stato infatti calcolato che un nanotubo avrebbe una resistenza alla trazione 100 volte superiore a quella di una sbarretta di acciaio, ma con un peso 6 volte inferiore. E' inoltre da sottolineare che i nanotubi non solo sono enormemente resistenti alla trazione, ma sono anche caratterizzati da una notevole flessibilità, potendo essere piegati fino a circa 90° senza che questo ne comporti la rottura o il danneggiamento. Questi importantissimi lavori di ricerca, messa a punto e caratterizzazione delle proprietà ottenute stanno fornendo ottimi risultati, che si traducono immediatamente in spunti di ricerca in tutti quei campi in cui l'utilizzo di materie plastiche ad alte prestazioni porterebbe enormi progressi, si pensi ai settori aerospaziale, dei trasporti, sportivo, tessile high tech, ecc. S.L. Il progetto riguarda lo sviluppo di un indumento protettivo ad alte performance disegnato per rispondere al meglio alle condizioni ambientali dell'alpinismo in alta quota, nello specifico nelle aree oltre i 6000 metri. Nella progettazione della giacca si è scelto di lavorare sulla leggerezza mantenendo, nel contempo, un elevato valore termico. In questo modo diminuisce il numero di strati richiesti in un normale equipaggiamento, ancora troppo pesante. Forte attenzione è dedicata al design della struttura modellistica. Elemento di innovazione è l'integrazione del guanto con la manica, in modo da risolvere il problema del suo smarrimento a causa delle forti raffiche di vento. Sistema brevettato da GZE. Un'altra innovazione è stata quella di dedicare un'apertura centrale allo scorrimento della corda attaccata all'imbrago da arrampicata dell'alpinista. L'inserimento di materiali altamente isolanti e con proprietà termiche elevate, hanno permesso questa semplificazione. Lavorando con strati sottili composti da membrane microporose e da tessuti antivento, riusciamo a garantire un'ottima traspirabilità e leggerezza, dato importante per uno scalatore sottoposto a grandi sforzi fisici, gravato da pesi sulla schiena. La struttura è caratterizzata da più livelli di tessuto. Lo strato esterno è impermeabile e antivento, lo strato interno è isolante e termico. Partendo dallo strato più esterno, i materiali componenti sono: un tessuto impermeabile e traspirante con membrana antivento, un tessuto elastico nella zona laterale della scapola, un tessuto rinforzato sulle spalle nella zona di scarico dello zaino, un tessuto imbottito altamente traspirante applicato sulla schiena, un tessuto più rigido sui gomiti e un rinforzo antisvivolo sotto il guanto. Lo strato interno della giacca è composto da tre tipi di imbottitura, tre tipologie di isolanti termici. Una tra queste è composta da sagome anatomiche di Aerogel, il maggiore isolante termico 129 CAPITOLO Livello 1 Tessuto antivento impermeabile e traspirante accoppiato con membrana: Il tessuto dà massima protezione da vento e acqua con eccezionale traspirabilità. È estremamente sottile e leggero e al tempo stesso resistente e duraturo. L'acqua allo stato liquido - neve o ghiaccio - non riesce a penetrare attraverso il tessuto mentre il vapore acqueo prodotto dalla sudorazione può uscirne facilmente. Nella struttura e' incorporata una sostanza oleofobica che consente il passaggio del vapore acqueo, ma che impedisce la penetrazione di sostanze contaminanti che potrebbero comprometterne l'impermeabilità. La membrana invece, adatta la propria struttura molecolare alle variazioni termiche dell'ambiente garantendo una temperatura corporea costante. Questa membrana è in grado di modificare autonomamente la propria struttura in base alle variazioni termiche. Il risultato è di massimo comfort e comodità grazie anche al minor numero di strati di tessuto e d'ingombro. Tessuto 3D: A causa delle attrezzature a spalla, la schiena è sottoposta a maggiori sforzi e sollecitazioni, quindi a una maggiore sudorazione. Grazie alla particolare struttura tridimensionale del tessuto 3D, rialzato e poroso, si è ritenuto opportuno applicarlo sulla schiena come protezione e soprattutto perchè IV_objects al mondo a base di aria (98%) e diossido di silicio (2%). Particolare attenzione viene data nell'impermeabilizzazione delle cuciture con tecnologie ad altafrequenza. 131 garantisce un'ottima traspirabilità. Tessuto bielastico: I tessuti bielastici, aderiscono perfettamente al corpo perchè hanno un'elasticità superiore a quelli stretch, garantendo massima comodità e libertà di movimento. Questa caratteristica permette il suo utilizzo in capi destinati a condizioni estreme dove per la rapidità e l'ampiezza dei movimenti necessitano tessuti che garantiscano libertà assoluta e leggerezza. Tessuto rinforzato: Studiato per resistere ad abrasioni, in questo caso dovute dallo sfregamento di attrezzature a spalla, viene utilizzato per rinforzare i punti maggiormente esposti all'usura, in modo da prolungarne anche la durata. Nato nel settore militare, l'utilizzo di questo tessuto elimina il bisogno di dispositivi antiabrasione più pesanti, come strati aggiuntivi, e rinforza i tessuti dei capi laddove sono più sollecitati. La sua struttura in fibre aramidiche conferisce una straordinaria resistenza al tessuto, senza sacrificarne le caratteristiche di leggerezza e flessibilità. Un altro tipo di tessuto rinforzato e anti scivolo, più leggero e flessibile del precedente, viene applicato sul palmo della mano e sui gomiti, altro punto maggiormente esposto all'usura. Livello 2 Isolante termico: L'imbottitura del capo è composta a scelta da tre tipologie di isolante termico entrambe caratterizzati da leggerezza e minimo ingombro. Imbottitura A: La prima garantisce l'isolamento termico in ambienti estremamente rigidi trasmettendo calore allo stesso tempo garantendo un alta traspirazione. È leggera e soffice al tatto. Imbottitura B: La seconda imbottitura, anch'essa dotata di straordinaria resistenza termica, è composta da uno dei materiali più isolanti al mondo, l'Aerogel. Prodotto dalla Cabot per il settore aerospaziale, la Grado Zero Espace ha trasferito per primo questo materiale nell'abbigliamento estremo. All'interno del capo sono state individuate delle aree che necessitano un maggiore controllo della temperatura corporea e che quindi vengono coperte da sagome anatomiche di questo materiale. Imbottitura C: Materiale sperimentale. Traspirante e leggera, questa imbottitura è dotata di straordinaria resistenza termica. Ha la capacità di mantenere costante la temperatura corporea grazie alla sua struttura mesoporosa che può assorbire l'umidità emanata dal corpo e rilasciarla gradualmente all'esterno. G.D. & F. P. Design Grado Zero Espace R&D - Glass Teck Materiale Prestazioni Massima omogeneità e stabilità di dispersione del pigmento Elevato assorbimento della radiazione visibile incidente Ottimo effetto estetico nero CAPITOLO polymer IV_objects Absolute Black (nanotubes matrix Buona lavorabilità Absolute Black Absolute Black nato per applicazioni nel settore automotive, si è rivelato adatto anche all'uso in sanitari per bagno e arredamento casa. È un nuovo materiale approdato all'arredo bagno grazie alle conoscenze e alla ricerca di due innovative aziende toscane: Gze e Glass Tek, azienda di Vinci specializzata nella trasformazione di resine. Absolute Black (nanotubes matrix polymer) è il brand con il quale si identifica il processo che permette di ottenere diversi materiali polimerici, contenenti percentuali variabili di Nanotubi in Carbonio (CNTs) ed altre micro-cariche, in grado di assorbire efficacemente tutte le radiazioni dello spettro visibile. I CNTs, ovvero i nanotubi in Carbonio, sono composti chimici formati da soli atomi di carbonio organizzati in una struttura cilindrica ad esagoni. Essi si presentano come una polvere nera finissima totalmente insolubile ma che può essere dispersa in varie matrici mediante l'utilizzo di tecniche e additivi appropriati. Il materiale nasce dunque "naturalmente" nero ed in grado di essere ripristinato a livello domestico con facilità. Le peculiarità di Absolute Black non stanno nelle performance, ma nel fattore estetico e nella facilità di recupero. Il pigmento composto al 100% di carbonio, ha ridotta dimensione particellare, una elevata area superficiale (porosità) e buone capacità di legarsi al substrato. Il risultato, ottenuto mediante tecniche opportune a garantire la massima omogeneità e stabilità di dispersione, è un manufatto in grado di assorbire la radiazione visibile incidente con un ottimo effetto estetico. La dispersione in pasta garantisce inoltre una buona lavorabilità del prodotto finale, semplificando i successivi trattamenti post-abrasione e offrendo la possibilità di personalizzare l'effetto visivo di opacità e lucentezza a seconda delle applicazioni scelte. S.L. 133 Design Voltaic Systems Inc | www.voltaicsystems.com Materiale Gel polimerici, Flight 001 Prestazioni Rilascio controllato di sostanze CAPITOLO www.biosuma.it IV_objects Biosuma BioSurfaces and Materials | farmacologiche Idrogel Biosuma Biosuma srl, spin off dell’Università di Siena, è un’azienda nata per la ricerca, lo sviluppo e la produzione di materiali innovativi per uso biomedico. L’obiettivo della Biosuma è quello di trasferire in campo industriale i risultati della ricerca scientifica del prof. Rolando Barbucci e del suo gruppo di ricerca impegnati da più di trent’anni nella ricerca e nello studio di nuovi biomateriali. Biosuma sviluppa formulazioni a base di idrogel preparate modificando chimicamente polimeri naturali o di sintesi. Il processo di produzione permette di comporre soluzioni personalizzate. Le applicazioni costituiscono le basi dell'attuale medicina rigenerativa e prospettano nuovi scenari per la sostituzione di tessuti biologici. Le applicazioni degli idrogel riguardano il settore medico con rivestimenti superficiali bioattivi per la prevenzione e cura della degenerazione osteo-cartilaginea attraverso la stimolazione della ricrescita spontanea. Le micro e nanoparticelle di idrogel polisaccaridici sono utilizzate come sistemi di rilascio controllato di sostanze farmacologicamente attive (drug delivery). I sistemi ad elevata porosità sono in grado di trattenere il farmaco e rilasciarlo gradualmente, permettendo la somministrazione di una concentrazione terapeutica costante. Le formulazioni cosmetiche di idrogel, con proprietà dermo-protettive altamente idratanti, sono utilizzate nei filler iniettabili a lunga durata. I gel possono essere immobilizzati superficialmente formando un bioactive coating, un rivestimento ad elevata lubricità in grado di ridurre la frizione con i tessuti circostanti. I sistemi bioattivi di idrogel polisaccaridi microporosi, complessati con ioni-metallici di argento e rame, svolgono un'attività antibatterica, antitrombotiche con applicazioni in ingegneria tissutale e genetica. Un settore di ricerca innovativo nel campo dei biomateriali è quello dell’ingegneria dei tessuti biologici con l'obiettivo di ricostruire i tessuti coltivando cellule su supporti artificiali chiamati scaffold. Gli scaffold sono costituiti da idrogel che permettono la vitalità e la proliferazione cellulare sia in vitro sia in vivo. Una volta impiantati, gli scaffold possono essere riassorbiti mediante processi metabolici o rimanere in loco e continuare a fornire supporto meccanico. Marco Cardillo 135 Design Micro sensore RFID e UWB; inchiostro conduttivo | Cefriel www.cefriel.it, Eximia www.eximia.it Prestazioni Sistema di tracciamento 3D; micro sensore RFID e UWB; dispositivo di CAPITOLO Materiale IV_objects Cefriel | www.cefriel.it identificazione a radio frequenza MentorMe Cefriel è un centro per il trasferimento tecnologico nell'Information and Communication Technology (ICT) che dal 1988 costituisce una delle più importanti realtà italiane nell'ambito della ricerca, innovazione e Cefriel formazione. Cefriel sperimenta tecnologie elettroniche, informatiche e telematiche, progettando il futuro in cui l'innovazione è a servizio degli utenti. Il programma di trasferimento delle tecnologie (TTP) viene applicato attraverso i servizi di supporto tecnicostrategico e la creazione di soluzioni innovative. Mentor Me è un sistema di identificazione individuale per garantire la sicurezza durante eventi pubblici con grande afflusso. Il dispositivo permette di rintracciare in qualsiasi luogo affollato, con esattezza e velocemente, chiunque necessiti di assistenza.La piattaforma MentorMe monitorizza costantemente gli spostamenti di alcuni soggetti "a rischio" quali bambini, anziani o infermi, fornendo agli addetti tutte le informazioni necessarie per un intervento tempestivo e efficace in caso di emergenza. Il dispositivo - presentato e testato in occasione delle Olimpiadi di Torino del 2006 - è un sistema intelligente che permette lo scambio di informazioni multimediali in video-comunicazione tra il personale addetto all'intervento e il centro servizi, il medico specialista o l'esperto per un consulto immediato. Un'ulteriore evoluzione del progetto integra la piattaforma sviluppata da Cefriel con videocamere gestite elettronicamente dall'unità centrale, che inquadrano autonomamente la persona da assistere. Il dispositivo è stato sviluppato in collaborazione con Eximia, partner italiano leader nelle applicazioni RFID (Radio Frequency Identification) e UWB (Ultra Wide Band). L'innovativa piattaforma consente di identificare in uno spazio determinato la posizione 3D di uno specifico soggetto dotato di micro sensore RFID-UWB realizzato con inchiostro conduttivo, alluminio e rame. Il dispositivo permette di verificare nel tempo il punto in cui si trova con una precisione nell'ordine dei centimetri. In caso di necessità il soggetto invia una richiesta di assistenza premendo un pulsante. La richiesta è raccolta dalla piattaforma digitale che calcola la posizione del soggetto e ricerca la sua cartella clinica. Le informazioni sono elaborate e trasmesse in tempo reale al personale più vicino. I dati vengono trasmessi sui cellulari, palmari o portatili. M.C. 137 Nokia Research Center (Nrc) + www.nokia.com, www. research.nokia.com, www.moma.org/elasticmind Materiale Polimeri conduttivi-elettrostrittivi; materiali fotovoltaici nanostrutturati Prestazioni IV_objects Cambridge University | CAPITOLO Nokia_connecting people Design Wearable communication technology Morph Nokia nasce nel 1865 come azienda produttrice di legno e di cellulosa. Negli anni ‘50 la Nokia si specializza nella produzione di cavi telegrafici, una manovra vincente che la porta a divenire l’azienda che conosciamo tutti, un’azienda leader nel settore delle comunicazioni mobili, fornitrice di telefoni cellulari, dispositivi per la comunicazione mobile, soluzioni e servizi per gli operatori di rete e per le aziende. Nel 1981 la Nokia introduce il primo network di cellulari e nel 1984 presenta il Nokia Talkman, il primo telefono portatile per l’automobile. La collaborazione tra il Nokia Research Center (NRC) e l'Università di Cambridge ha prodotto il primo telefonino basato sulle nanotecnologie. Il prototipo è stato presentato in occasione della mostra "Design and the elastic mind" nel marzo 2007 ed attualmente esposto al MOMA di New York. Sviluppato dal Bob Iannucci, direttore del Centro di Ricerca Nokia; il nuovo concept design rivoluziona il funzionamento e l'uso dei comuni dispositivi di comunicazione. Morph è un sistema intelligente con un comportamento adattivo simile a quello degli organismi viventi, da cui trae ispirazione. L'oggetto multimediale è realizzato con avanzati componenti elettronici, materiali intelligenti trasparenti e superfici autopulenti allungabili e flessibili grazie ai quali si trasforma adattandosi, automaticamente e in tempo reale, alle diverse condizioni di utilizzo. Il dispositivo dimostra in che modo si evolvono i sistemi di comunicazione personali e portatili, per diventare oggetti intelligenti polimorfi e multifunzionali che si adattano all'ambiente e alle esigenze degli utenti. La nanotecnologia ha permesso di realizzare un tessuto elastico composto da polimeri organici conduttivi in fibrille, ovvero fibre della dimensione di appena 1 nanometro. I materiali sono intrecciati con una struttura tridimensionale che permette l'elevata flessibilità, elasticità e resistenza del tessuto con un funzionamento simile a quello della tela di ragno. L'uso dei materiali nanostrutturati e delle superfici conduttive, trasparenti e flessibili, permette la massima versatilità del dispositivo in grado di trasformarsi in base alle diverse modalità di utilizzo. Inoltre, lo stimolo di un impulso elettrico a bassa tensione causa la contrazione o l'allungamento dei polimeri elettrostrittivi del dispositivo con la conseguente modificazione della sua forma. Morph è piccolo, leggero, ergonomico e facile da usare, ha bassi consumi energetici e, quando in modalità stand-by, diventa un 139 IV_objects CAPITOLO accessorio da indossare come un bracciale o un ciondolo. L'innovativo sistema integra una serie di sensori ambientali e biometrici, microattuatori MEMS, realizzati in tecnopolimeri conduttivi elastici di ultima generazione. La superficie interattiva è composta da un sandwich multistrato in cui il film protezione esterno è autopulente. Ottenuto attraverso un processo nanotecnologico, l'innovativo trattamento superficiale è repellente all'acqua, all'olio, al grasso ed allo sporco. Lo strato nanostrutturato riduce i fenomeni di corrosione e aumenta la durata del dispositivo, contribuendo quindi a ridurre i consumi, i rifiuti elettronici e a rispettare l'ambiente. La superficie interattiva ha una struttura detta "nanograss", ovvero una nano-erba artificiale, simile ad un organismo biologico che converte l'energia solare in elettricità. Il sistema fotovoltaico permette di avere una riserva di energia sempre a disposizione con una fonte rinnovabile ed inesauribile, pulita e gratis. In questo modo anche le batterie del dispositivo si riducono di dimensioni e diventano leggere, flessibili e veloci da ricaricare. L'integrazione dei sensori e degli attuatori nanometrici permette al dispositivo di percepire l'ambiente esterno e analizzare la qualità dell'aria, la presenza di sostanze nocive o tossiche. I sensori biometrici permettono di monitorare costantemente lo stato di salute dell'utente e di comunicare, in tempo reale, con il centro medico on-line in caso di necessità. La ricerca prevede di integrare entro i prossimi anni alcune delle nanotecnologie sperimentate in Morph sui comuni dispositivi digitali e nei prodotti di uso. M.C. 141 www.vivometrics.com Materiale Sensori elettronici, microprocessore, tessuto elettronico Prestazioni Monitoraggio dei parametri fisici ed CAPITOLO VivoMetrics + BC Tech | IV_objects Design ambientali VivoMetrics® LifeShirt Monitoring System VivoMetrics®, società biomedica fondata nel 1999 e specializzata nell'elaborazione di sensori indossabili in grado di controllare la respirazione e la funzionalità cardiaca. VivoMetrics ® è guidata da un team multidisciplinare composto da: medici, esperti di tecnologia leaders nel settore del monitoraggio fisiologico, psichiatri, cardiologi, medici sportivi, Il LifeShirt realizzato dalla VivoMetrics, società di controllo ambulatoriale, è un sistema di monitoraggio mobile cardio-respiratorio. Il sistema registra oltre 30 parametri fisiologici in modo accurato e non invasivo rilevando la presenza di anomalie respiratorie in pazienti con scompenso cardiaco. Il sistema indossabile è realizzato come un corpetto che integra una serie di sensori e un sistema di cablaggio elettronico inserito all'interno del tessuto che connette i dispositivi di rilevamento con la centrale digitale di elaborazione trasmissione dati. L'indumento intelligente integra all'interno del tessuto elettronico sensori respiratori impedenziometrici posti in posizione toracica e addominale, una derivazione elettrocardiografica ed un segnale digitale di saturazione dell'ossigeno. Queste misure forniscono al centro medico preziose informazioni utilizzate al fine di valutare l'efficacia del trattamento medico contribuendo attivamente ad elevare la qualità della vita ed il benessere dei pazienti. Il corpetto Life Shirt è comodo da indossare, totalmente automatico nel funzionamento e ben tollerato dai pazienti garantendo una totale libertà di movimento. Tra le misurazioni principali si riporta l'elettrocardiogramma (ECG), la pletismografia respiratoria (metodo per misurare i parametri di ventilazione tramite la misura delle variazioni della superficie toracica), la pressione sanguigna, la pulso-ossimetria ovvero la misurazione semplice, rapida e non invasiva dell'ossigenazione nel sangue, il rilevamento della posizione fisica e dei movimenti del corpo. L'interfaccia intelligente è dotata di un PDA (Personal Digital Assistant), un computer portatile con interfaccia user friendly, dotato di memoria che registra oltre otto ore di monitoraggio continuo. M.C. esperti nella ricerca farmaceutica, pediatri, ecc. 143 Design www.bayermaterialscience.com Materiale Sensori biometrici; superfici elettroluminescenti (EL); display LCD Prestazioni Lente liquida autofocus a commando CAPITOLO Bayer Material Science | IV_objects Rinspeed | www.rinspeed.com elettrico Senso smart car L’attività di Rinspeed Garage inizia nel 1977, incentrandosi alla trasformazione delle normali vetture in auto per disabili (nel 1980 Frank M. Rinspeed RinNderknecht fondreà poi la Rinspeed). Nel 1979 la Rinspeed GARAGE è per la prima volta al Salone Internazionale dell'automobile di Ginevra per il Lancio della VW Golf Turbo basata sulla GTI. Rinspeed inc. , presenta nel 1981 la Rinspeed "Aliporta", che desta curiosità e attenzione verso questa azienda che oggi si dedica in particolare alla realizzazione di concept per Multi Utility Vehicle Senso smart car è il prototipo di auto intelligente ideata da Rinspeed, azienda svizzera specializzata in soluzioni per il design automobilistico. Presentata al salone dell'auto di Ginevra del 2005, l'innovativa smart car è il risultato della collaborazione tra la Rinspeed e la Bayer Material Science, uno dei maggiori produttori al mondo di materie plastiche. Nel progetto è stata coinvolta anche la società di ingegneria Esoro. La Senso è equipaggiata con quattro schermi LCD Sharp che diffondono nel campo visivo del conducente effetti luminosi, pattern stimolanti dalle tonalità arancione e giallo, rilassanti dal blu e viola, o neutri con tonalità verde. Gli stimoli visivi sono rinforzati da sequenze sonore composte appositamente ed elaborate dal computer con un'elevata influenza nell'intera sfera sensoriale. L'olfatto viene stimolato grazie ad un sistema sviluppato dalla Voitino CWS, marchio di HTS International GmbH, specializzata in sistemi per l'igiene, che emette fragranze profumate all'interno dell'auto attraverso gli aeratori. Secondo il ramo della fitoterapia, chiamata aromaterapia, l'uso delle sostanze odorose stimola positivamente lo stato psico-fisico. L'abbinamento delle fragranze di vaniglia e mandarino, per esempio ha un effetto calmante, mentre limone ed uva è stimolante. Anche il tatto viene stimolato dal sistema intelligente della Senso. Quando i sensori di pressione PZT integrati nel volante percepiscono che la forza di presa del conducente decresce, gli elettromotori integrati nel sedile attivano le vibrazioni per ridestare l'attenzione. Una videocamera mobile eye registra il comportamento di guida attraverso la frequenza e le modalità dei cambi di corsia, la distanza dal veicolo che precede e la velocità relativa di avvicinamento. Il sistema di sensori percepisce i dati fisici del 145 conducente attraverso uno speciale orologio biometrico con cardiofrequenzimetro biometric Polar watch. Un computer di bordo HP analizza i dati rilevati ed elabora speciali algoritmi, riconoscendo lo stato psicofisico del conducente e lo stato di attenzione alla guida. All'interno dell'abitacolo, un piacevole effetto di luce diffusa colorata è prodotto dall'elaborazione del sistema di sensori e dall'integrazione di superfici luminose realizzate con film in materiali elettroluminescenti (sviluppati da Bayer MaterialScience e dall'azienda svizzera Lumitec specializzata in elettronica). Il progetto delle superfici di interfaccia del sistema è stato elaborato da Andreas Fischer, designer che ha sviluppato lo “zen motion concept” all'Institute for Computer Sciences dell'Università di Zurigo, in collaborazione con l'Institute for Psychology dell'Università di Innsbruck per quanto riguarda gli effetti che i disegni in movimento producono sulle emozioni umane. La Senso smart car introduce nel settore automobilistico la tecnologia delle superfici intelligenti (Smart Surface Technology), dimostrando nuove prospettive progettuali per elevare la sicurezza della guida ed il livello di qualità del comfort all'interno dell'abitacolo. La concept car è stata anche definita "Zen-sensoriale" in quanto fa riferimento alla filosofia zen ed alle tecniche di meditazione orientale per elaborare le applicazioni integrate per la prima volta ad un mezzo di trasporto privato. Alla base c'è il concept secondo cui una persona rilassata e vigile guida meglio e in modo più sicuro. L'auto, attraverso un sistema elettronico composto da sensori biometrici integrati in un dispositivo digitale, percepisce la presenza del pilota ed analizza le sue caratteristiche fisiche misurando i parametri del bioritmo. In base ai dati percepiti dall'auto, il pilota riceve vari stimoli sensoriali - la rappresentazione di disegni, pattern, colori, l'emissione di musica e fragranze olfattive - che lo mettono in uno stato di attenzione rilassata, contribuendo a migliorare il comfort ambientale ed il benessere psicofisico. IV_objects CAPITOLO Per la realizzazione della smart car Senso sono utilizzati materiali ad alto contenuto tecnologico, come compositi riciclabili al 100% usati per la carrozzeria, i materiali high tech integrati nel parabrezza speedster realizzato in policarbonato di alta qualità Makrolon. Il lunotto di protezione della parte posteriore è realizzato con un rivestimento antigraffio, e pesa circa la metà di quello di una normale auto ma è molto più resistente alle rotture. La vernice della carrozzeria ad effetto opaco-serica cangiante è stata formulata specificamente per Rinspeed a partire dalle materie prime messe a punto nei laboratori Bayer. La vernice trasparente soft-feel conferisce alla superficie dell'abitacolo una sensazione morbida e gradevole al tatto, mantenendo la stessa tonalità di colore del fondo. La carrozzeria è montata su uno speciale chassis messo a punto da KW automotive, di cui si può regolare sia l'altezza sia la resistenza, ottenendo una sintesi tra comfort di marcia e sportività. Inoltre, il sistema satellitare intelligente concepito dalla In.pro. effettua automaticamente una chiamata d'emergenza tramite la rete GSM in caso di incidente, rapina o furto. La vettura ha un sistema di sicurezza per il riconoscimento del conducente mediante impronta digitale, e permette alla vettura di impostarsi automaticamente sulle preferenze registrate dall'automobilista in base allo stile di guida personale. La Senso ha un peso ridotto a 1.385 kg, è alimentata da un propulsore boxer di 3.2 litri di cilindrata. Il motore è stato modificato appositamente per la Senso con doppia alimentazione a benzina e gas naturale per rispettare l'ambiente con emissioni di CO2 ridotte al 30%. M.C. 147 Design www.infineon.com Materiale Tessuto elettronico con polimeri conduttivi(microchip, mp3, Bluetooth) | www.softswitch.co.uk Prestazioni CAPITOLO www.oneilleurope.com, IV_objects O’neill Europe & Infineon | Wearable communication technology Hub Bluetooth Mp3 Jacket O’Neill, azienda californiana fondata nel 1952 da Jack O’Neill, è leader nell'abbigliamento sportivo per surf, windsurf e snowboard. O’Neill fu la prima azienda al mondo ad aver utilizzato O'Neill il neoprene per produrre prodotti funzionali e innovativi per lo sport. O’Neill, nota in tutto il mondo oltre che per la qualità dei propri prodotti come vero e proprio lifestyle, ha sperimentato - fin dai primi anni novanta - l’inserimento delle tecnologie nei capi di abbigliamento. The HUB è la giacca da snowboard che integra direttamente nel tessuto un microchip per la trasmissione dei dati digitali, un modulo di comunicazione Bluetooth per la telefonia mobile ed un lettore di file MP3. Il dispositivo interattivo ripropone le principali funzioni dei più comuni apparecchi elettronici con sistema wireless, adattando il sistema digitale alle esigenze funzionali specifiche degli sport invernali in condizioni ambientali estreme. Questo prodotto è il risultato di un progetto sperimentale nel campo delle wearable communication technology, della O'Neill Inc. Il prototipo, realizzato in collaborazione con la società Infineon Technologies AG di Monaco, integra le innovazioni nel campo dei semiconduttori e dei sistemi microelettronici per sviluppare il concetto di abbigliamento multimediale. L’indossabile multimediale assicura il massimo comfort e la piena libertà dei movimenti durante l'attività sportiva; è stato testato in condizioni di utilizzo resistendo all'effetto della neve, della pioggia, del ghiaccio, mantenendo inalterate le funzioni dei sistemi elettronici. Il tessuto elettronico, è realizzato dalla società SoftSwitch, è composto da fibre in polimeri conduttivi che trasportano elettricità a basso voltaggio per connettere il microprocessore con l'interfaccia tessile del lettore musicale, posta nella manica sinistra alla tastiera digitale. Inoltre, nel cappuccio sono integrati due auricolari ed un microfono per la comunicazione telefonica e l'ascolto delle tracce musicali. L'indumento multifunzionale, leggero e flessibile, è dotato di una scheda di memoria 128Mb espandibile, che permette di scaricare i file multimediali tramite USB, garantendo l'ascolto di circa 8 ore di musica. Il sistema include anche un casco contenente un dispositivo elettronico HI-FI per la musica e la comunicazione telefonica wireless. M.C. 149 Polimeri a memoria di forma (SMP) | www.d3olab.com, Prestazioni IV_objects CAPITOLO Materiale Assorbimento degli urti, sistema attivo d3o™ smart absorber d3o™ lab è composto da un team di esperti dei d30™ LAB materiali. A capo del progetto c’è Richard Palmer - già attivo in DuPont - laureato al Royal College of Art and Imperial College Mechanical Engineering. Il laboratorio è finalizzato a studiare le evoluzioni future del d3o™, attraverso un metodo creativo e un processo di cui già numerose aziende hanno beneficiato dando vita a prodotti straordinari e innovativi. Prodotto dall'azienda inglese d3o™lab, fondata nel 2001 dall'ingegnere meccanico Richard Palmer, d3o™ è un rivoluzionario materiale intelligente composto da polimeri a memoria di forma (smart memory polymer) con cui è possibile realizzare sistemi di protezione attiva per ogni parte del corpo e adatti a qualsiasi attività in ogni ambiente di esercizio. Le maggiori applicazioni pratiche riguardano il settore dell'abbigliamento sportivo, in cui l'obiettivo è quello di garantire la massima difesa delle parti del corpo maggiormente sollecitate. Il materiale è altamente traspirante e si adatta perfettamente al corpo, permettendo la massima libertà di movimento e un elevato comfort. d3o™ lab ha ricevuto diversi riconoscimenti e premi per l'innovazione del prodotto e la sperimentazione dei materiali innovativi, realizzando in collaborazione con diverse aziende produttrici di tessuti e abbigliamento sportivo, sistemi di protezione attiva integrati in guanti, suole per scarpe, parastinchi, berretti, calze, tute, giacche. Sfruttando le caratteristiche di questo materiale infatti, l'azienda americana Spider Freeryde ha prodotto (in collaborazione con SuperFabric®), tute da sci professionali dotate di protezioni realizzate con polimeri a memoria di forma d3o™. In particolare la Spyder ha realizzato una sorta di armatura superiore e di pantaloncini in cui le “molecole intelligenti” reagiscono alla velocità dei movimenti. I pantaloncini sono progettati con uno strato di protezione sotto l’imbottitura dei fianchi, delle cosce e del fondo schiena, mentre il top fornisce protezione per le spalla, i gomiti e gli avambracci. 151 IV_objects o da un'improvvisa deformazione rafforza il legame chimico, trasformando il materiale in uno scudo protettivo solido e resistente. Il polimero reagisce alla forza del colpo e si irrigidisce assorbendo la forza d'urto, ritornando flessibile non appena l'impatto è terminato. Il processo di produzione è assistito da tecnologie CAD/CAM per la creazione dei modelli 3D e la prototipazione rapida dei sistemi di protezione attiva. In combinazione ad un supporto rigido, è possibile ridurre lo spessore dello strato di materiale permettendo di realizzare un prodotto leggero, flessibile, morbido e resistente alle abrasioni. M.C. CAPITOLO La svizzera Ribcap, ha realizzato cappelli sportivi di protezione contro infortuni e contusioni dovuti a cadute e impatti violenti. PUMA e d3o™ lab, hanno sviluppato un nuovo e rivoluzionario pallone da football: il v1.08. Questo prodotto è pensato per giocatori che ricercano il perfetto mix tra sensazione soft, precisione, stabilità, precisione, stabilità e velocità. Il brevetto di 24 pannelli riduce il raggio interno di variazione, conferendo al pallone una inconsueta morbidezza e una straordinaria performance aerodinamica. Tuttavia, la più entusiasmante innovazione è nascosta sotto la superficie, tra l'involucro esterno e quello interno: un layer di d3o™. SixSixOne ha studiato per ciclisti una ginocchiera in Neoprene, elastica, regolabile con un sistema di velcro a strappo. La ginocchiera mantiene l’arto saldamente in posizione mentre si pedala, consentendo la massima libertà di movimento per la pedalata, dal momento che lo strato protettivo è localizzato sul lato del ginocchio. Uno strato di Kevlar frontale protegge il ginocchio dalle abrasioni. Reusch ha pensato di utilizzare le proprietà del d3o per un guanto speciale da snowboard, dato che la mano è la prima parte che istintivamente portiamo avanti per proteggerci da una caduta. Il d3o™ protegge la zona centrale del palmo della mano, senza limitarne la mobilità. Evidentemente, e proprio per sua stessa natura, il d3o™ è un materiale che ha molte possibili applicazioni nella protezione del corpo. Il d3o™ è dunque un polimero intelligente che funziona come uno smart absorber, ovvero un sistema attivo di assorbimento dell'energia d'urto creata nel momento dell'impatto. Il polimero a memoria di forma può essere adattato ad ogni esigenza funzionale attraverso un processo di colatura a freddo su stampo aperto, con forme e dimensioni dei supporti personalizzabili. In condizioni normali, il legame tra le molecole che compongono il materiale intelligente è debole, permettendo la flessibilità del supporto e la piena libertà di movimento. In caso di shock meccanico improvviso, l'energia generata da un urto 153 Design Thermocules, materiale a cambiamento di fase (PCM) | www.outlast.com Prestazioni Abbigliamento con sistema di termoregolazione adattivo in materiali CAPITOLO Materiale IV_objects Burton | www.burton.com a cambiamento di fase PCM Outlast Tech Jacket Outlast® Outlast, azienda americana leader nella ricerca e sviluppo dei materiali a cambiamento di fase (PCM) in grado di regolare la temperatura corporea in modo attivo, ha all’attivo 26 brevetti sui PCM. Tra questi l'innovativa tecnologia di termoregolazione adattiva, originariamente sviluppata dalla NASA, ottenuta con materiali a cambiamento di fase micro-incapsulati in un involucro sferico di acrilico. Le microcapsule a cambiamento di fase, denominate Thermocules, sono integrate in fibre, tessuti e materiali di rivestimento con applicazioni nel campo militare, industriale e medico. Nel settore tessile i semilavorati che integrano le microcapsule PCM prodotte da Outlast comprendono oltre 50 tipi di tessuti, finiture, fibre, filati, maglieria, tele e materie prime impiegate per la produzione di abbigliamento, calzature, articoli per la casa, materiali da imballaggio. Adaptive Comfort è il marchio depositato a livello mondiale che garantisce altissime performance ed il microclima interno ottimale in ogni condizione ambientale. I prodotti che integrano la tecnologia Outlast Adaptive Comfort assorbono il calore corporeo prodotto in eccesso, restituendolo nel momento necessario. Il materiale si adatta in modo autonomo e continuo alle mutevoli condizioni ambientali e alla differenza di temperatura tra l'ambiente esterno e quello interno. Il sistema intelligente evita l'eccessivo surriscaldamento del corpo, limitando la sudorazione e la dispersione di calore in caso di basse temperature, prevenendo la sensazione di freddo e brividi. L'Adaptive Comfort Rating (ACR) è la l'unità di misura della capacità di un prodotto di assorbire, immagazzinare e cedere il calore in base alle esigenze specifiche. Il valore dell'ACR dipende dalla tipologia, densità, quantità di Thermocules integrate e dalla distanza dei PCM dal corpo. Nel 2005 Adaptive Comfort è stata inserita nella Space Technology Hall of Fame per il programma di trasferimento tecnologico (TTP) del sistema di termoregolazione adattiva dei PCM, sviluppata per l'esplorazione spaziale, in 155 IV_objects CAPITOLO prodotti d'uso capaci di migliorare la qualità della vita anche sulla terra. La Outlast, in collaborazione con la Burton, ha recentemente prodotto la Tech Jacket, un giacca tecnica che integra le Thermocules. Il tessuto intelligente è un composito a sandwich che mantiene il comfort termico del corpo attraverso lo strato di termoregolazione adattiva Storm-Lite che garantisce anche ottime proprietà di idrorepellenza e traspirabilità. Inoltre la giacca è fornita di una tasca interna per i lettori multimediali e due auricolari integrati nel tessuto elettronico che facilitano l'ascolto della musica senza ingombri o impedimenti nei movimenti. La membrana sensibile, posta tra la pelle e l'ambiente esterno, rappresenta un sistema di termoregolazione adattivo che aumenta l'efficacia del processo termico e la capacità di scambio energetico. Il processo di controllo della produzione Differential Scanning Calorimetry (DSC) permette di stabilire se la quantità di PCM integrati nel capo garantisce i rendimenti richiesti e soddisfa le esigenze funzionali. I prodotti che utilizzano i PCM Outlast® mantengono il microclima alla temperatura corporea ideale con un elevato benessere fisico. Outlast si adegua costantemente al fabbisogno termico in ogni condizione ambientale e di esercizio, equilibrando il calore del corpo e mantenendo una condizione di comfort adattivo, da una corsa nel deserto al sonno in una tenda in mezzo alla neve. Quando le Thermocules Outlast sono integrate direttamente durante il processo di tessitura delle fibre, come l'acrilico o la viscosa, le microcapsule di PCM mantengono inalterate le caratteristiche di termoregolazione per l'intera durata del tessuto, assicurando eccellente stabilità anche dopo ripetuti lavaggi, sia in lavatrice che a secco. Inoltre Outlast può essere applicato come rivestimento su diversi materiali con il trattamento ad immersione e su rullo o, nel caso di capi di già confezionati, con metodo a spruzzo e per infusione. M.C. 157 Design Speedo International Ltd | LZR Pulse Prestazioni Forte azione di "compressione" muscolare Idrorepellenza Resistenza al cloro CAPITOLO Materiale IV_objects www.speedo.com Asciugatura rapida LZR Racer® L’azienda, nata nel 1914, presenta nei primi anni 20 i costumi Racerback, che permettono maggiore libertà di movimento e velocità, tanto che viene coniato lo slogan “Speed on in your Speedo Speedos” (accelera nei tuoi Speedo). Nel 1928 vengono prodotti i primi costumi a marchio Speedo, proprietà della Pentland Group Plc. Nel 2000 Speedo lancia un costume rivoluzionario: il Fastskin la cui caratteristica vincente del design, ispirato alla pelle dello squalo. Alle Olimpiadi di Pechino 2008, Speedo presenta LZR Racer®. Il costume Speedo LZR RACER è stato sviluppato con lo scopo di offrire ai nuotatori agonisti il costume in tessuto leggero, più “forte” in assoluto. Questo costume combina innovazioni di tessuto e design e nasce dall'esperienza già maturata da Speedo con Fastskin FSII (lanciato nel 2004) e con Speedo FS-PRO (in grado di offrire il 15% in più di forza e compressione, oltre che di assecondare la potenza del movimento e ridurre la vibrazione muscolare). LZR Racer è il risultato di tre anni di ricerca e sviluppo da parte del team R&D Aqualab Speedo, con il supporto di una serie di partner globali tra cui il Centro di Ricerca Langley della NASA, il leader mondiale nel software Computer-Aided Engineering (CAE) ANSYS, il team scientifico dell'Australian Institute of Sport, il marchio internazionale di moda Comme des Garçons e lo staff tecnico dell'azienda italiana Mectex, specializzata nella produzione di tessuti per abbigliamento sportivo e da tempo sempre più orientata verso l'universo emergente del tessile performante. Il nuovo costume, ottenuto migliorando i precedenti modelli mediante la scansione dei corpi di oltre 400 nuotatori per osservarne il comportamento muscolare, ha visto la sperimentazione di oltre 100 tipi di tessuti differenti. Sono stati così messi a punto: il tessuto LZR Pulse, il più leggero materiale per costumi caratterizzato da forte azione di "compressione" muscolare, idrorepellenza, resistenza al cloro e asciugatura rapida; i "pannelli" LZR, costituiti da una membrana in PU tagliata con la massima precisione al laser. Il tessuto LZR Pulse, utilizzato con spessori differenziati nei punti strategici indicati dalle analisi CFD (Computitional Fluid Dynamic) per ottenere la massima libertà di movimento, è il costume high tech di ultima generazione, oltre che il primo 159 IV_objects CAPITOLO costume al mondo totalmente privo di cuciture dal momento che i componenti sono uniti con un processo ad ultrasuoni. Un disegno calligrafico creato da Comme des Garçons sulla parte frontale dell'indumento conferisce infine un’immagine nuova al costume che, come ha dichiarato il sette volte medaglia d'oro alle Olimpiadi di Pechino Phelps, "lo fa sentire un razzo" quando entra in acqua. La collaborazione con il marchio internazionale di moda Comme des Garçons (fondato da Rei Kawakubo), fa di questo costume un capo dal design unico che, personalizzato per la nazionale di nuoto americana con un originale tema a stelle e strisce,, offre per la prima volta al nuoto competitivo la possibilità di incontrare la moda d'avanguardia. Il simbolo "kokoro", tracciato dall'artista calligrafo giapponese Inoue Yu-ichi rappresenta "cuore, mente, anima" e simbolizza l'impegno e la volontà necessari per ottenere il successo ai massimi livelli del nuoto. Tra le principali innovazioni dell'LZR: il Core Stabiliser, posto all'interno del costume, supporta e contiene l'atleta aiutandolo a mantenere più a lungo la posizione del corpo in acqua; gli ultrasottili pannelli LZR consentono di diminuire l'attrito tra il corpo e l'acqua, modellando il corpo in forma aerodinamica e riducendo la resistenza dell'acqua; LZR Pulse, il tessuto più leggero e repellente al mondo, in grado per altro di ridurre l'oscillazione muscolare e la vibrazione superficiale della pelle, pur mantenendo piena libertà dei movimenti; zip ultrapiatta nascosta all'interno del costume; giuntura ad ultrasuoni che realizza bordi perfettamente lisci e flessibili; Hydro Form Compression System, una tecnologia che consente di ottimizzare l'efficienza energetica consentendo al nuotatore difendere l'acqua con più forza e agilità. S.L. 161 Materiale LZR Pulse Prestazioni Controllo e sensibilità,minor attrito, leggerezza IV_objects Wilson | www.wilson.com CAPITOLO Design N Six-One Tour nCODE Il settore sportivo delle racchette da tennis è da Wilson sempre in continua evoluzione ed i ricercatori sono costantemente impegnanti nella ricerca di nuovi materiali che possano migliorare le performance degli atleti. Su questo fronte Si chiama Wilson N Six-One Tour ed è la prima racchetta da tennis realizzata con materiale nanotecnologico. La trama delle racchette è costituita da miliardi di fibre di carbonio legate insieme da fonti di calore, ma la nuova tecnologia battezzata nCode, consiste nell'inserimento di cristalli di silicone nella struttura molecolare delle fibre di carbonio che costituiscono il "frame", cioè il telaio della racchetta. Questo particolare processo costruttivo ha l'obiettivo di ridurre i punti di attrito, garantendo in tal modo un sensibile aumento della velocità di gioco. Il sistema dovrebbe rendere più omogenea la deflessione del materiale, in modo da offrire migliori sensazioni al giocatore. Questa tecnologia, che lavora su scala molecolare, rafforza e migliora considerevolmente la stabilità globale della matrice di carbonio. Questo metodo, associato ad una nuova forma di telaio ed una nuova tecnologia (nZone), garantisce potenza, durabilità e facilità di gioco. Le racchette nCode sono due volte più stabili, e garantisacono il 22% in più di potenza delle racchette normali. Performance ad alto livello dunque, come i risultati sportivi del campione svizzero Roger Federer, attuale numero uno del ranking mondiale, che nelle competizioni utilizza proprio una di queste Wilson. S.L. Wilson è certamente una delle aziende più attive e ha già messo in commercio la prima racchetta nanotecnologica. 163 Materiale Liquidi elettroreologici; Teflon® PTFE | Varioptic www.varioptic.com; Du-Pont www.dupont.com Prestazioni Lente liquida autofocus a commando CAPITOLO Varioptic | www.varioptic.com IV_objects Design elettrico Arctic Varioptic, azienda francese con sede a Lione, è Varioptic specializzata nella realizzazione di lenti liquide in vetro e plastica per sistemi ottici. Tra gli obiettivi principali dell'azienda per i prossimi anni, vi è quello di stabilire una soluzione per la messa a fuoco automatica e per lo zoom ottico di sistemi ottici. Nel 2006 Varioptic ha presentato la lente liquida Arctic, aggiudicandosi il 1° premio al "DuPont Plunkett Awards". Le lenti liquide Arctic per ottiche fotografiche sono in grado di commutare con continuità diversi livelli di ingrandimenti con un adattamento in tempo reale. Il dispositivo intelligente, permette di ottenere immagini di alta qualità offrendo un'elevata affidabilità a costi contenuti, bassissimo consumo energetico e tempi di risposta del fuoco bassissimi. Arctic è una lente autofocus miniaturizzata integrata nei telefoni cellulari, videocamere e lettori di codici a barre, che applica la tecnologia di elettrowetting brevettata dalla Varioptic. La lente non ha parti meccaniche in movimento ed è dotata di una guarnizione in Teflon® (PTFE), un fluoro polimero prodotto dalla DuPont, che garantisce una perfetta tenuta all'aria e all'acqua. La Varioptic ha stipulato un contratto di licenza con SemCo, il principale fornitore di moduli per fotocamere di Samsung per il mercato dei telefoni cellulari, ed ha istituito una partnership con la Creative Sensor Inc. di Taiwan per la produzione delle lenti liquide. Le micro fotocamere digitali inserite nei telefoni cellulari utilizzano ottiche spontanee e a fuoco fisso. Non essendo utilizzabili sistemi meccanici di messa a fuoco, per motivi di durata e resistenza, i produttori devono scegliere quindi un compromesso tra profondità di fuoco, luminosità e distanza minima di ripresa. Modificare la capacità di ingrandimento di una lente e la messa a fuoco comporta alcuni problemi di distorsione come il pincushion o "effetto cuscino", distorsioni e aberrazioni cromatiche. Attualmente i colori primari (RGB) vengono registrati in sequenza e poi ricombinati mediante elaborazione digitale dei dati, comportando tempi di esposizione più lunghi. 165 hanno sviluppato un innovativo concept basato su un brevetto che permette di rendere una superficie più o meno idrorepellente in base a un potenziale elettrico. L'innovazione principale consiste nella produzione dei dispositivi multifocali miniaturizzati senza parti meccaniche in movimento, in grado di offrire migliore affidabilità rispetto alle fotocamere digitali con obiettivo a fuoco fisso della maggior parte dei telefoni cellulari. I ricercatori tedeschi hanno collaborato con la Varioptic per sviluppare un dispositivo composto da quattro lenti liquide e tre lenti fisse in materiale plastico. Uno strato di acqua, integrato all'interno di un piccolo disco tra due film trasparenti, è capace di modificare la sua convessità. La presenza di un secondo liquido, con un diverso indice di rifrazione, rende la parte acquosa una lente che può essere controllata con uno stimolo elettrico. In questo modo è possibile ottenere lenti liquide miniaturizzate e robuste da integrare in tutti i comuni dispositivi digitali portatili. La struttura delle lenti è in grado di commutarsi tra ottica curvatura di una goccia d'acqua depositata su un substrato metallico ricoperto da un sottile strato isolante. All'interno della lente sono integrati due liquidi della stessa densità, di cui uno isolante e l'altro conduttore. Al variare del voltaggio la lente reagisce modificando l'angolo di contatto del liquido e di conseguenza la curvatura della superficie di interfaccia tra i due liquidi. La modifica della curvatura della lente liquida comporta un istantaneo cambiamento del suo fuoco, permettendo di realizzare, appunto, un effetto autofocus senza utilizzare parti meccaniche in movimento. Le proprietà di idrorepellenza della speciale guarnizione, realizzata in Teflon, migliorano l'azione di elettrowetting e la tenuta della lente con una riduzione significativa del costo del prodotto. M.C. IV_objects flat con ingrandimento 1:1. Quando le lenti liquide sono alla massima curvatura, l'ottica complessiva permette un ingrandimento di 2,5 volte, mentre, quando sono al minimo, l'ottica restituisce l'immagine senza ingrandirla. La lunghezza totale dell'ottica progettata, dalla lente più esterna fino al sensore di immagine, è di soli 29 millimetri, con la previsione di avviare la prototipazione di alcuni dispositivi ancora più piccoli. La tecnologia elettrowetting è un'innovazione che permette ai due liquidi isodensi, contenuti nella lente, di modificare la curvatura e la lunghezza focale in reazione a una variazione di tensione elettrica. Inoltre, variando la tensione applicata ad un set di lenti liquide è possibile ottenere lo stesso effetto di zoom che si realizza con le lenti tradizionali. Le lenti deviano i raggi luminosi sfruttando la differenza tra i liquidi acquosi e quelli oleosi. Quando i due liquidi sono integrati in un dispositivo ottico, possono essere programmati per convergere la luce che li attraversa mediante la semplice applicazione di una corrente a bassa tensione. La lente liquida funziona in modo equivalente al cristallino umano, variando la CAPITOLO Inoltre, per mantenere la qualità dell'immagine nell'intervallo di ingrandimenti desiderato, con le lenti tradizionali spesso è necessario utilizzare più di 20 elementi di cui molti in movimento. Il dispositivo brevettato dalla Varioptic, di semplice produzione e con costi ridotti, è in grado di resistere a milioni di cicli di prova senza danneggiarsi, con tempi di risposta per la messa a fuoco inferiore a 500 millisecondi, senza alcuna isteresi o sfasamento temporale. Il gruppo ottico del dispositivo a lenti liquide è stato progettato per prevenire la distorsione dell'immagine e l'aberrazione cromatica. La lente garantisce la stabilità di immagine in un ampio intervallo di temperature di esercizio, un'ottima trasparenza, resistenza e qualità ottica rispetto agli obiettivi tradizionali. Lo sviluppo delle sostanze liquide con caratteristiche ottiche migliori e minori distorsioni permetterà di eliminare queste limitazioni. Attualmente, la Varioptic sta sviluppando un rivestimento in Teflon AF® per lo strato dielettrico delle lenti liquide di prossima generazione. I ricercatori del Fraunhofer Institute for Applied Optics and Precision Engineering, 167 Note sugli autori Luciano Caglioti è un noto chimico e accademico italiano. È professore ordinario di chimica organica dal 1971, Prorettore per la Ricerca della Sapienza Università di Roma e delegato presso la CEE per la ricerca italiana. Laureatosi alla Sapienza, ha lavorato al Politecnico federale di Zurigo, al Politecnico di Milano ed all’Università di Bologna. Dal 1980 al 1990 è stato direttore del progetto CNR “Chimica fine e secondaria”. È membro della New York Academy of Science, della Hungarian Academy of Science, dell’Accademia di Modena e coordinatore del Progetto Strategico del CNR per l’impiego dei risultati della ricerca pubblica in ambiti industriali. È autore di libri di testo di chimica organica e chimica delle sostanze naturali, e di scienza popolare. Marco Cardillo è architetto e PhD in Design industriale (Palermo, 2006). Collabora al Corso di “Materiali per il design” nella Facoltà di Architettura dell’Università degli studi di Palermo. Svolge attività di libero professionista e collabora con studi di architettura, ingegneria e servizi tecnici integrati. È coautore, con Marinella Ferrara, del libro Materiali intelligenti, sensibili, interattivi (Lupetti, 2008) e responsabile della sezione materiali intelligenti di MAD-Material design library del Dipartimento di design di Palermo. note sugli autori Note sugli autori Cosimo Carfagna è professore ordinario di Chimica nella Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II (dal 2000) e dal 2002 è direttore dell’Istituto di Chimica e Tecnologia dei Polimeri (ICTP) del CNR. E’ stato ricercatore ATA presso l’Istituto di Principi di Ingegneria Chimica della stessa università e ha condotto ricerche alla Bend Research Inc. (Oregon U.S.A) e al Forschunginstitut fur Pigmente und lacke (Stoccarda, Germania). La sua attività di ricerca comprende numerosi settori della chimica dei polimeri: materiali compositi, sintesi di polimeri cristallo-liquidi, sintesi di materiali polimerici per applicazioni elettro-ottiche, polimeri antifiamma, adesivi strutturali, fotodegradazione di polimeri, materiali innovativi per il settore tessile. Giulio Ceppi è architetto e dal 2008 ricercatore al Politecnico di Milano. Nel 2000 ha fondato Total Tool, società di visioning e design strategy con sede a Milano, e nel 2002 apre sedi di Total Tool a Buenos Aires e Tokyo. Si occupa di progettazione sensoriale, design dei materiali, nuove tecnologie e di strategie di identità. Dal 1991 al 1997 ha coordinato il Centro Ricerche Domus Academy. Dal 1998 è senior design consultant di Philips Design ed è stato visiting professor all’Interaction Design Institute di Ivrea. Nel 2006 ha curato la mostra “Oggetti esistibili. La pubblicità fa design esposta alla Triennale di Milano”. Sara Cortesi insegna presso la Facoltà del Design del Politecnico di Milano nei corsi di Design per la sostenibilità ambientale e collabora con l’Unità di Ricerca Design e Innovazione di sistema per la Sostenibilità (DIS, Dipartimento INDACO). Si occupa di Life Cycle Assessment, Life Cycle Design e sistemi di prodotto-servizio. Giada Dammacco, designer, è responsabile dello sviluppo prodotto di Grado Zero Espace dal 2005. Ha studiato disegno industriale all’ISIA di Roma e ha proseguito il suo percorso formativo al Central Saint Martins College di Londra, dove ha 171 Marco Della Torre è architetto, docente del corso di “Teorie e tecniche dell’allestimento” nella Facoltà di Design e Arti dell’Università IUAV di Venezia e del corso di “Allestimenti per l’arte contemporanea” allo IULM di Milano, dal 2006. Dopo la laura conseguita a Milano ha collaborato con I. Gardella, U. Riva, P. Cerri e M. De Lucchi. Nel ‘91 si trasferisce in California dove collabora con studi di fama internazionale e frequenta la School for Environmental Design di Berkeley e il Kala Art Institute di Emeryville. Nel 1997 e apre a Milano marcodellatorre studio, specializzato nella realizzazione di progetti di allestimento per gallerie e musei di arte contemporanea in Europa, Giappone, USA e Cina, e collabora alla realizzazione delle opere di artisti come Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen, Mariko Mori, Carsten Höller, Charles Ray, Vanessa Beecroft, Anish Kapoor, Marc Quinn, e con curatori come Germano Celant, Ida Gianelli, Carolyn Christov-Bakargiev, Eckhard Schneider, Rudolf Sagmeister, Jeffrey Deitch. E’ anche docente al NABA a Milano, dove coordina gli “Italian Study Abroad Program”. Marinella Ferrara è architetto, ricercatore e docente della Facoltà del design del Politecnico di Milano. Laureatasi all’Università degli studi di Palermo, ha successivamente conseguito il Master in progetto urbano al CCB (Barcellona) e il Dottorato di ricerca in Disegno industriale a Palermo. Per il Dipartimento di Design di Palermo si è occupata prevalentemente di ricerca su materiali e tecnologie per il design, fondando e coordinando MAD-Material Design Library. Attualmente è tesoriere della delegazione ADI Sicilia, capo redattore del magazine DesignReview e responsabile di redazione del magazine on line PalermoDesign. Tra i suoi libri: Materiali intelligenti, sensibili, interattivi (con Marco Cardillo, Lupetti 2008,), Acciaio (Lupetti, 2005), Luminarie di città. Progetti per Palermo (con Loredana Benincasa Lupetti 2006,), Materiali e innovazioni nel design 1 e 2, Le microstorie (Gangemi, 2004). Pierre-Paul Jobert, francese, dal 2000 è direttore generale della DGTec, azienda di sviluppo di soluzioni tecnologiche a base di materiali nanostrutturati. Laureatosi nel ‘78 in Ingegneria all’ESPCI (Ecole Supérieure de Physique et Chimie Industrielle di Parigi) e nel ‘95 all’ENSERG (Ecole Nationale Supérieure d’Electricité et Radioélectricité di Grenoble), dal ‘79 all’ ‘82 si è occupato di tecnologie dei semiconduttori per Thomson CSF; dall’ ‘82 al ‘94 di tubi a radi catodici in qualità di responsabile della R&S del laboratorio schermi, e anche di product manager e new project manager per la Thomson CSF. Dal ‘95 al 2000, si è occupato di schermi al plasma per TV sets (in qualità di amministratore dei beni strutturali, responsabile del business plan della linea pilota e responsabile dell’ingegneria dei processi) per Thomson Multimédia. Chris Lefteri, designer con base a Londra, è internazionalmente riconosciuto per i suoi libri sui materiali innovativi e le applicazioni nel design. È anche creative director di 100% Materials a Londra, curatore di mostre sui materiali e design e ha tenuto conferenze in numerosi musei ed università in Europa, Nord America e Asia, oltre a contribuire alla redazione dei più importanti magazine del settore. Ha lavorato per numerose aziende internazionali come: Exxon Mobil Chemical, Dupont, Land Rover and Jaguar cars, Philips Electronics, the Uk Design Council and Reed Exhibitions. Sabrina Lucibello è architetto, ricercatore in disegno industriale della Sapienza Università di Roma dal 2006, specializza in Habitat-Santé-Urgence presso lo IUAG di Ginevra e PhD in “Tecnologie dell’Architettura”. Attualmente svolge attività di ricerca e didattica sulle tematiche dei materiali per il design all’interno della Sezione Arti Design e Nuove Tecnologie del Dipartimento ITACA della Facoltà L. Quaroni e collabora attivamente nella organizzazione di eventi, convegni, workshop e corsi di alta formazione (Corso A.F. di Quadri Dirigenti per il Mercosur, Montevideo Uruguay, cofin MAE-Sapienza; Corso di A.F. in Design della Sapienza). È inoltre coordinatore della rivista Disegno industriale. Tra i suoi libri Materiali@design (2005). Stefano Marzano è architetto, designer e Chief Creative Director della Philips per la quale Dal lavora dal 1973, tra Italia e Olanda. Frutto della ricerca da lui diretta è la famiglia di “oggetti del futuro” presentata al Salone del mobile 1999 a Milano. Nel 2005, Business Week (USA) lo ha nominato “Best Leaders of 2005” per l’innovazione; nel 2001 è stato vincitore del World Technology Award for Design by the World Technology Network. È stato professore alla Domus Accademy di Milano, visiting professor alla Facoltà di design del Politecnico di Milano e consulente della Facoltà di disegno industriale all’Università Tecnica di Eindhoven, dove presiede attualmente il Consiglio direttivo. Fa parte del Consiglio consultivo del Design Management Institute (Boston, USA) e dell’Università di Westminster (Regno Unito). Tra I suoi libri: Television at the Crossroads (1994), Vision of the Future (1996), Creating Value by Design: Thoughts and Facts (1998), City, People, Light (1997), Past Tense, Future Sense: Competing through Creativity - 80 Years of Design at Philips (2005), e The New Everyday: Views on Ambient Intelligence (2003, con Emile Aarts). note sugli autori approfondito la tematica delle relazioni tra corpo e abito. Per Grado Zero Espace si è occupata di equipaggiamenti sportivi per progetti tecnico-scientifici come Absolute Frontiers II e K-Cap (selezionato nell’ADI Index 2006), e PRO-HAND®. Ha collaborato allo sviluppo dell’Aerogel Design System, acquisendo competenze nell’ambito dell’antropometria e dell’ergonomia in funzione dell’attività psico-fisica dell’atleta e dell’ambiente circostante. Diego Marzorati, ingegnere chimico, è project manager della “Business Line Vehicle Architectures” del Centro Ricerche Fiat. Dopo la laurea conseguita al Politecnico di Torino, inizia a lavorare al CRF come esperto di materiali innovativi per applicazioni autoveicolistiche. Nel 2002 assume la responsabilità dell’unità operativa “Interni Veicolo e Ambiente” e gestisce numerosi progetti di innovazione a finanziamento pubblico nazionale ed europeo, riguardo soluzioni e sistemi per il miglioramento del comfort a bordo veicolo. Su queste tematiche è autore di alcuni brevetti internazionali, numerose pubblicazioni su riviste internazionali di settore e comunicazioni a congressi e workshop. Federico Pagliai è giornalistica e fondatore di Corpo Nove, uno dei marchi più dinamici e innovativi del sistema italiano. Laureatosi in filosofia ermeneutica all’università di Firenze, ha lavorato per vari quotidiani e ha collabora con Giorgio Dell’Arti in materia di libri. Nel ‘95 rileva e rilancia una piccola azienda di famiglia specializzata in sportswear. Nel 2000, concorre alla nascita di Grado Zero Espace, realtà accreditata nell’ambito della ricerca e del trasferimento tecnologico. Nel 2005 approda, come responsabile della ricerca, della comunicazione e del prodotto al gruppo industriale tessile Beste. Nello stesso anno inizia una collaborazione con il quotidiano La Repubblica in materia di design e formazione. Tonino Paris è professore ordinario di Disegno industriale alla Sapienza Università di Roma, dove ricopre le cariche di Presidente dei Corsi di laurea in Disegno industriale (triennale e magistrale) e Direttore del Master internazionale “Design e 173 management nel Mercosur”. È stato componente del Consiglio nazionale del design presso il Ministero delle Attività e dei Beni Culturali, direttore editoriale delle edizioni Rdesignpress e direttore della rivista Disegno Industriale, che ha ideato, fondato e che dirige. È ideatore e direttore scientifico di Roma design più, la manifestazione che promuove e valorizza la cultura del design e la sperimentazione, e che si avvia nel 2009 alla sua settima edizione. Ely Rozenberg, israeliano, è designer e docente di “Light design” all’Istituto Europeo di design a Roma. Laureatosi in industrial design alla Bezalel Academy of Art and Design di Gerusalemme, nel ‘97 ha fondato lo studio OZ e dal ‘99 si trasferisce in Italia. Negli ultimi anni si è dedicato anche alla cura di mostre sul design israeliano. Ha curato con Vanni Pasca la mostra “Industrious designers” ad Abitare il tempo (Verona 2001 e 2002) e “Promisedesign. New design from Israel” alla Triennale di Milano nel 2005. Nel 2007 ha curato “Re-Oriented. Design Israel”che ha esordito alla Biennale di Saint-Étienne. Carlo Vezzoli è professore presso la Facoltà del Design del Politecnico di Milano. Si occupa di ricerca e didattica nel campo della progettazione di scenari, strategie, metodi e strumenti per la sostenibilità di prodotti, servizi e sistemi. Insegna nei corsi di Design per la sostenibilità ambientale e System Design for Sustainability, ed è direttore dell’Unità di Ricerca Design e Innovazione di sistema per la Sostenibilità (DIS, Dipartimento INDACO). E’ coordinatore della rete internazionale Learning Network on Sustainability (LeNS, www.lens.polimi.it), per lo sviluppo di curricula sul Design per la Sostenibilità focalizzato all’innovazione di Prodotto-Servizio-Sistema, finanziato dal Programma Asia Link, Commissione Europea. Bibliografia Aldo Tempesti, è direttore di TexClubTec (Associazione dei tessili tecnici ed innovativi) dal 1998. Laureatosi in Chimica industriale all’Università di Milano, ha svolto ricerche presso la Snia Fibre Spa ed è stato responsabile dello sviluppo della fibra modacrilica e della promozione della fibra acrilica per Montefibre Spa. Ha rivestito la carica di Segretario generale dell’Associazione Italiana Tessili Antifiamma e di Presidente della Commissione del Comitato Europeo di Normazione per i tessili con buon comportamento al fuoco. E’ stato docente di tecnologie industriali tessili presso l’Università di Bergamo. E’ titolare di brevetti relativi a prodotti tessili, autore di numerose pubblicazioni e curatore di rubriche sui tessili innovativi su alcune delle più importanti testate del settore. E’ membro dell’Osservatorio Territoriale della Lombardia dell’ADI. Bibliografia Addington M. - D. Schodek L., Smart materials and new technologies for the architecture and design professions, NetLibrary Inc., Oxford, 2005. Airi Nanotecc IT - TexclubTec (a cura di), NanoItalTex 2006: le nanotecnologie per il tessile italiano, Atti del convegno, Milano, 15-16 novembre 2006. Airi-Nanotecc IT (a cura di), Made in Italy e nanotecnologie: tradizione ed innovazione si incontrano, Atti del convegno, Roma, 21 giugno 2007. Anceschi G., Il progetto delle interfacce.Oggetti colloquiali e protesi virtuali, Domus, Milano, 1993. Ashby M. - Johnson K., Materials and Design. 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