Magazine Aprile - Gli Amici di Luca
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10 ° MAGAZINE "Vale la pena:il coma un viaggio verso la luce" periodico di resistenza civile, per le professioni e la vita sociale Pubblicazione dell’associazione di volontariato onlus “Gli amici di Luca” registrazione Tribunale di Bologna n.7176 del 27/11/2001 Tariffa Ass. Senza Fini di Lucro:"Poste italiane S.p.a - Spedizione in Abb. postale - D.L.353/2003 (conv.in L.27/02/2004 n°46) art.1, comma 2, DCB Bologna" Casa dei Risvegli Luca De Nigris i risultati confermano le aspettative di Roberto Piperno direttore Casa dei Risvegli Luca De Nigris Azienda Usl di Bologna L a Casa Dei Risvegli Luca De Nigris ha compiuto due anni di vita. In questo periodo è stato possibile vedere concretamente quanto delle speranze e dei progetti che avevamo coltivato insieme si siano poi effettivamente realizzati. Ebbene, l’impressione è che i risultati, anche se ancora iniziali, confermano le aspettative. I punti di forza che caratterizzano l’esperienza della Casa dei Risvegli Luca De Nigris sono: la specializzazione, la multifattorialità terapeutica, la presa in carico della famiglia, il percorso integrato, la collaborazione fra profesionalità sanitarie, non sanitarie e volontariato. La specializzazione implica un punto di osservazione speciale sulle persone in stato vegetativo o di coscienza minima. Oggi sempre più emerge il fatto che queste condizioni sono probabilmente molto più complesse di quanto si poteva pensare fino a non molti anni fa e quindi occorre una competenza dedicata e specifica per poter regolare l’investimento terapeutico ed individuare precocemente le possibili evoluzioni nel tempo. Da questo punto di vista la Casa dei Risvegli Luca De Nigris è forse l’unica struttura in Italia dedicata espressamente alle persone in stato vegetativo o di coscienza minima nella fase riabilitativa postacuta. Anche sul versante terapeutico, nonostante un crescente numero di ricerche e di dati clinici, non è ad oggi possibile identificare una specifica cura, farmacologica o riabilitativa, in grado di facilitare di per sé il riorganizzarsi di una migliore consapevolezza di sé e dell’ambiente. E’ probabile che le possibilità di recupero della coscienza, qualora presenti, siano facilitate da una pluralità di interventi coordinati di natura diversa: clinici, riabilitativi ed assistenziali. Questa multifattorialità terapeutica, nella quale rientra anche il ruolo della famiglia come soggetto curante, è l’ipotesi centrale di lavoro nella Casa dei Risvegli Luca de Nigris. La struttura stessa, nelle sue modalità di funzionamento e con le procedure innovative di stimolazione regolata, è in un certo senso la “variabile” che può fare la differenza nei tempi e nella qualità del recupero. E’ ancora presto per poter confermare o meno questa ipotesi, tuttavia le impressioni cliniche sembrano ad oggi indicare questa direzione. La presa in carico della famiglia, con i progetti di formazione, informazione, affiancamento e sostegno, riduce il disagio l’ansia e la paura dei componenti il nucleo familiare e li aiuta a superare le situazioni di crisi. Una famiglia che cura ma è anche “curata” può realizzare un contesto emotivo che facilita il rientro a domicilio e interviene positivamente anche nei processi di recupero. Il percorso integrato infine da il senso reale di una continuità non interrotta di cura attraverso i diversi livelli della assistenza, dall’ospedale al domicilio, ed accompagna la progressiva transizione da un contenuto a prevalenza riabilitativa verso un contenuto a prevalente o completa connotazione sociale. Il lavoro di contatto del volontariato dopo il ritorno a domicilio, le occasioni di incontro e di iniziativa promosse dalla Associazione, le esperienze del gruppo teatrale, sono tutti fattori che spezzano l’isolamento delle persone e delle famiglie che hanno vissuto l’esperienza dello stato vegetativo. Rompere l’isolamento, ritrovare progetti e aspettative, sentirsi parte di una comunità, completano davvero un percorso di riabilitazione nel senso più ampio del termine. Pensiamo ad una riabilitazione che non si limita al recupero dei deficit o alle attività di una persona isolata da un contesto umano e sociale, ma si misura davvero con il problema della partecipazione, problema che non potrà mai trovare soluzione soddisfacente o accettabile se visto solo attraverso la lente deformante della riabilitazione intesa in senso medico. La rieducazione è un mezzo, non può mai diventare un fine. IO SPERO, TU SPERI, EGLI SPERA, NOI... di Maurizio, Oretta e Juri PAG. 3 L’INCONTRO CON GIORGIO NAPOLITANO Appello alla ricerca della mamma di Jacopo La risposta di Ignazio Marino PAG. 11 Numero 19 marzo 2007 Stati vegetativi l’impegno del Ministero della Salute di Stefano A. Inglese Consigliere del Ministro della salute Nella decisione del Ministro della salute Livia Turco di ricomprendere all’interno della Commissione su terapia del dolore, cure palliative e dignità del fine vita un sottogruppo che si occupi degli stati vegetativi e della assistenza garantita a malati e familiari c’è un messaggio molto chiaro: la necessità che il Ssn assicuri a ciascuno di vivere ogni stadio della vita con piena dignità e consapevolezza di sé, combattendo il dolore non necessario e avendo accanto le persone care, dovere fondamentale della comunità, ha bisogno di azioni concrete. Il dibattito di questi ultimi mesi su eutanasia, testamento biologico e manifestazione di volontà, al di là delle diverse posizioni in campo, ha riconfermato, se mai ce ne fosse stato bisogno, la necessità di concentrare la nostra attenzione su un aspetto particolarmente significativo, come la qualità e la dignità delle cure. Gli stati vegetativi sono stati, come sappiamo, a lungo trascurati e ancora oggi scontiamo una grande disomogeneità territoriale rispetto alla capacità di garantire presa in carico effettiva di pazienti e famiglie. La Commissione ha ricevuto dal Ministro un mandato molto preciso e vincolante: fare il punto sullo stato dell’arte ed individuare, in tempi stretti, obiettivi e linee di indirizzo per avviare rapidamente i cambiamenti indispensabili a garantire ai cittadini attenzione e assistenza più adeguate e in linea con i loro bisogni. LA FORZA DEL TEATRO E DELLA MUSICA Riaprire, anche formalmente, il discorso pubblico su questi temi ha un significato preciso, vuol dire avere piena consapevolezza di un contesto che è mutato profondamente e ci chiede di considerare con rinnovata attenzione situazioni e condizioni alle quali, solo qualche hanno fa, guardavamo con occhi assai diversi. Significa avere attenzione per la qualità della vita ed impedire che la sofferenza si trasformi, di fatto, in un impoverimento della dotazione di diritti della persona, garantendo l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla malattia e alla sofferenza. Ha un valore simbolico e pratico al tempo stesso. Se quanto abbiamo affermato sinora è vero, siamo di fronte a qualcosa che necessita di un impegno rilevante e, prima ancora, di una assunzione di responsabilità pubblica, anche a fronte di una consapevolezza crescente, su questi temi, da parte dei cittadini. Ma abbiamo bisogno, parallelamente, di contare sul sostegno sociale necessario perché presa in carico, continuità assistenziale, umanizzazione dei percorsi, attenzione per la dignità del vivere e del morire siano salvaguardate da una consapevolezza e un consenso diffusi. Ciò significa, tra l’altro, affrontare subito lo stato dei servizi di assistenza ma anche le procedure, i protocolli e le linee guida riguardanti le modalità e la qualità con cui vengono assistiti migliaia di cittadini nelle fasi più dolorose e, a volte, tragiche della loro esistenza. La Commissione ha svolto, sinora, due sessioni di lavoro istruttorie in plenaria, il 4 dicembre 2006 e il 29 gennaio 2007, e ha proseguito le proprie attività, successivamente, a continua a pag. 2 IL TESTAMENTO BIOLOGICO una proposta all’assemblea legislativa regionale di Gianluca Borghi DA PAG. 4 A PAG. 7 I CONVEGNI SULLE GRAVI CEREBROLESIONI Liguria. Piemonte, Emilia Romagna PAGG. 14-15 PAG. 10 OSTERIA GRANDE PER LA SOLIDARIETA’ di Vincenzo Zacchiroli PAG. 16 DOCUMENTI 2 continua da pag. 1 distanza. Sin dalla riunione di insediamento sono emerse con chiarezza una serie di direttrici per le sue attività, che individuano altrettante priorità e costituiscono un vero e proprio programma di lavoro: 1. predisposizione di un Piano nazionale per le cure palliative; 2. aggiornamento delle Linee guida di Ospedale senza dolore, avendo cura di estenderne l’area di interesse anche alla medicina del territorio, e individuazione di un piano di azione per garantirne la effettività della adozione sistematica su tutto il territorio nazionale; 3. avvio di una indagine sulla qualità della assistenza nelle strutture sanitarie ospedaliere e territoriali nelle fasi terminali della vita; 4. verifica dello stato dell’arte dei ser- vizi e della attenzione per la terapia del dolore e le cure palliative in età pediatrica; 5. analisi dello stato dell’arte dei servizi e delle procedure per l’assistenza ai pazienti in stato vegetativo, con particolare riferimento alla continuità assistenziale, elaborazione di linee guida per la presa in carico di questi stessi pazienti, valutazione del fabbisogno assistenziale rispetto al bacino di utenza potenziale su scala nazionale; 6. elaborazione di linee guida per l’assistenza ai pazienti in fase terminale, con particolare riferimento alla qualità e alla dignità del fine vita; 7. elaborazione di linee guida per la umanizzazione delle terapie intensive, con particolare riferimento ai modelli che ne prevedono l’apertura e modalità di funzionamento finalizzate al massimo coinvolgimento possibile dei familiari; 8. ricognizione su quanto previsto da norme, regolamenti, linee guida, codici deontologici esistenti, al livello nazionale ed internazionale, a fondamento dei diritti dei cittadini sul terreno della terapia del dolore, delle cure palliative, della dignità del fine, e su quanto questo patrimonio incida e orienti, potenzialmente o nella effettività, quotidianamente, la tutela del diritto alla salute. Per quanto riguarda, in particolare, gli stati vegetativi, si è deciso di avviare il lavoro con una rilettura ed integrazione del documento sul tema realizzato da una precedente Commissione Ministeriale. Il lavoro di integrazione, che servirà a supplire anche alla assenza, nella composizione di quella Commissione, delle organizzazioni di tutela dei pazienti, si concentrerà su una serie di aspetti qualificanti: • esame del percorso assistenziale nella sua interezza; • valutazione della fase di dimissioni e di ritorno al domicilio; • standard della assistenza a domicilio; • bisogni ed esigenze in ambito riabilitativo. Le questioni oggetto di riflessione, e le soluzioni eventualmente individuate, ai diversi livelli, potrebbero rappresentare la base per la realizzazione di una Conferenza di consenso che potrebbe vedere coinvolti tutti i diversi attori e produrre un Piano nazionale di azione sugli stati vegetativi. Insomma, abbiamo molto da fare, tutti insieme, e spero di poter contare ancora, in futuro, sulla vostra ospitalità per raccontare dei prossimi sviluppi. Stefano A. Inglese consigliere del Ministro della salute Coma e locked in visti da me che qualcosa ne so... di Gian Piero Steccato S ono due stati differenti, secondo la medicina non hanno nulla a che fare l’uno con l’altro e se si vogliono seguire quelle comode certezze date dalla scienza, non ci si pone neppure la domanda se tra la locked-in sindrome ed il coma possano esserci delle affinità. Mi chiedo allora come mai le mie esperienze immediatamente postictus (quello che mi ha reso lockedin) siano così simili a quelle di coloro che svegliatisi raccontano il loro coma; e questo è nulla se si pensa a ciò che io, infermo nel corpo ma sveglio nella mente, condivido quotidianamente con chi vive in coma: completa dipendenza dagli altri, senso di abbandono dalle istituzioni, vita sospesa tra le incertezze e paura per l’inadeguatezza delle strutture e dell’assistenza con conseguente terrore del futuro. E’ vero che è differente la condizione psicofisica in quanto io sono perfettamente consapevole di ciò che ho attorno, mentre chi è in coma è quantomeno risparmiato dall’angoscia lucida di queste condizioni, anche se non è garantito che chi è in coma non avverta niente. Di sicuro ci accomuna il muro che incontriamo da subito sulla nostra strada di neopazienti gravi. Tutto comincia con un dopo rianimazione fatto di punti interrogativi, di pareri discordanti, della sensazione di essere “ pesci che puzzano”. Troppo gravi per essere collocati in strutture poco ospedalizzate, troppo senza speranza per essere assistiti in un reparto ospedaliero adeguato, veniamo spesso considerati “investimenti” sbagliati, rubaletti nei confronti degli altri e veri e propri rompicapo per coloro a cui tocca decidere la nostra sorte. Intanto quelli che ci vogliono bene si trovano a dover diventare e scienziati e scegliere se intraprendere una durissima battaglia sociale ed una vita fatta di sacrificio fisico ed economico enorme, o se staccarsi completamente da noi fuggendo dal dolore e lasciandoci al nostro destino. Non c’è nessun aiuto psicologico istituzionalizzato per le famiglie che si trovano sole, stanche fisicamente e moralmente e che negli anni arrivano addirittura a sfaldarsi sotto il peso di queste situazioni; inoltre non esistono figure che indirizzino chi ha bisogno di aiuto verso associazioni o gruppi di sostegno che possono fare da tramite tra paziente ed istituzione e toglierlo dal panico e dall’ ansia del non saper che fare. Poi i giorni più brutti passano, noi sopravviviamo alla faccia di quelli che ci “davano” una settimana di vita, e sulle bocche dei primari dei reparti che ci ospitano compare una smorfia di sgomento e di imbarazzo “….e adesso dove lo mettiamo???” Nessuno più ti parla di cure, ti dicono che la tal struttura non ti vuole perché sei ancora troppo grave e necessiti di assistenza ospedaliera, però lì non puoi stare perché la cosa va per le lunghe. Perciò ti propongono di tornartene a casa, così rientri nel tuo ambiente e si è tutti più sereni. Ringrazio il cielo di aver dotato i miei famigliari di nervi saldi e di un Gian Piero con alcuni amici bielorussi caratterino bello caparbio perché se loro non avessero lottato per garantirmi un’assistenza adeguata e una vita più sicura ora sarei morto, o peggio sarei vivo, pieno di decubiti nel letto di un istituto o chiuso nella solitudine di un appartamento bunker, allietato dalla breve visita periodica di un’infermiera. Certo è durissima aspettare in un “parcheggio” che qualcosa cambi ed è snervante continuare a fare la guerra, a bussare a mille porte e ad arrampicarsi con unghie e denti per conquistare una piccola parte di ciò che dovrebbe essere garantito a qualsiasi essere umano. E’ in questi frangenti di un’importanza fondamentale l’aiuto degli altri, la solidarietà di chi ti può dare una mano e l’esperienza di coloro che hanno già fatto questo percorso. Tutto cambierebbe se chi si trova di punto in bianco in una condizione di malattia grave e di disagio potesse contare sull’immediata assistenza di chi ti può comprendere, può alleviare il senso della tua solitudine e ti può assistere nella ricerca di una soluzione adeguata. E’ per questo che, a mio avviso, occorrerebbe dare più sostegno alle associazioni, permettere ed agevolare la creazione di strutture adeguate (qualche CASA DEI RISVEGLI in più) e investire maggiormente nella qualità e quantità dell’assistenza domiciliare per permetterci una vita più plausibile. Ma a noi (e per noi intendo anche le nostre famiglie, i nostri amici e tutti i volontari che sono in qualche modo vittime anche loro) chi ci pensa? TESTIMONIANZA 3 Io spero, tu speri, egli spera, noi… Maurizio, Oretta e Juri ci spiegano la loro “ricetta di felicità” Q uando ero più giovane dicevano che a 50 anni la vita cambia, si vedono le cose sotto un altro aspetto , non più grilli per la testa, insomma si torna a rivivere una vita più spensierata . Soccmel!!!!! (parola dialettale bolognese) che fortuna, cinque anni fa, alle soglie appunto dei miei 50 anni, una mattina uggiosa, mentre andavo a una visita di controllo per una operazione al setto nasale, per strada mi fanno deviare per un incidente con intervento di elicottero, il primo pensiero era, speriamo non sia nulla di grave, poi sapendo che mio figlio era al lavoro, come apprendista rappresentante, (finalmente aveva coronato un suo sogno, quello di lavorare in proprio da circa 2 mesi), decisi di chiamarlo per scrupolo, pensavo non sarà sicuramente coinvolto (fatidica frase: “a noi non tocca mai”). Chiama una volta, due volte, pensi, sarà con un cliente, chiami e richiami, intanto incominciano a frullarti per la mente mille pensieri, poi...ti risponde una persona estranea. “Pronto?” e tu: “ma chi parla …?”. “Sono un carabiniere e lei chi è?”. “Il padre. Sono qua vicino, è successo qualcosa…?”. E lui: “Se ci può raggiungere è meglio”. Purtroppo in quel momento non c’è autovelox che tenga, tu arrivi vedi ... vedi una macchina accartocciata… è la sua, lo vedi in ambulanza… lo stanno rianimando, passano i minuti, tu non sai cosa fare, raccogli pezzi di macchina in qua e là, ti guardano e pensano: “che fa, suo figlio è li e lui si preoccupa della macchina?”. Tu non hai il coraggio di chiedere come sta, poi ti dicono: “Ci raggiunga all’ospedale”. In macchina fra urla di disperazione e preghiere a Dio, vai a prendere la moglie al lavoro, ti guarda: Cosa è successo..?”. Il silenzio. Lei capisce le tue lacrime, tu le dici: “E’ gravissimo, lo hanno rianimato sul posto …”. E corri, corri, corri. Da lì incomincia la tua nuova vita, dopo i cinquanta, lunghe attese fuori dalla rianimazione. Ogni volta che si apriva la porta, il tuo cuore sussultava, volevi sentirti dire: “Sig Mazzanti suo figlio si è ripreso”. E invece niente. I giorni passavano, ti dicevano: “E’ lì tra la vita e la morte…”. Ma tu, quando entravi a trovarlo, sentivi attraverso le macchine, che, a volte, a seconda delle domande che facevi, il battito del cuore cambiava, la misura del respiro variava, allora pensavi, ci sente ce la farà, ma i medici, che hanno bisogno di certezze, ci prendevano per visionari, (ma noi speravamo). Finchè un giorno in rianimazione si rompe un tubo dell’acqua, un incredibile viavai, corri di qua corri di là, tu vedi tutto questo e pensi al peggio, come te anche altre persone, per i loro cari, tutti a farsi domande, mobilitazione generale, cuore in gola, per 8 ore, alla fine, tutto rientra, tuo figlio non è più al suo posto, l’hanno spostato, che cu.., scusate che fortuna, è stato inondato da un tubo rotto principale e da quel momento, si fermò quella maledetta pressione endocranica che lo teneva in quello stato. Il giorno dopo il medico disse che era stato un miracolo, io gli risposi: “ Doc, si vede che per riprenderlo ci voleva una benedizione cosi grande!”. Da allora, visto lo stato di coma e i pochi incoraggiamenti che avevamo per la sua ripresa, decidemmo che da lì bisognava partire, per recuperare nostro figlio, (la speranza è l’ultima a morire). I giorni passavano, Juri (mio figlio) fra problemi alle fratture, piedi storti, coliche renali, scambiate all’ini- zio, per estensioni inconsce celebrali, dava a suo modo segnali, per comunicare che aveva del dolore, a volte, da alcuni medici ti sentivi dire: “Ma ..sente male?”. Molti pensano che nella fase di coma uno non senta niente, bisognerebbe che provassero loro, e dopo noi facciamo le domande. Ma abbandoniamo questo tasto dolente. Tutti questi segnali nella maggior parte di essi erano da noi genitori interpretati nel migliore dei modi, ma ti sentivi sempre dire, è un caso, oppure ci prendevano per visionari. Però quasi sempre le nostre visioni, prima o poi, si manifestavano per quelle che erano, cosi avevamo capito, che, maggiormente era compito nostro, col nostro amore con la A maiuscola, gliavo già stanco) da allora capivo che forse con tanta pazienza e speranza, ce la potevamo fare. Colpo di scena, ci vengono proposte, delle attività per Juri, che potevano stimolare qualcosa, arteterapia, musicoterapia, noi pensiamo sono pazzi, cosa centra questo, con il recupero della persona? Entrano in scena Fulvio, Maria, Elena (Gli amici di Luca), ci parlano della loro esperienza, noi pensiamo, che persone fantastiche, ci viene una carica addosso, non vediamo l’ora di incominciare, ci presentano persone meravigliose (non credevamo esistessero), Mauro, Laura, Stefano, Alessandra, Lucia, con loro incomincia una storia fantastica, ci avevano dato il via alla speranza, avevamo capito che qualsiasi esperienza è valida se serve al recupero. Da allora provammo agopuntura, massaggi shiatsu, (mi sono iscritto ad un corso visto l’importanza che può aver sulla salute fisica), naturopatia, craniosacrale. A tutt’oggi Juti sta facendo fisioterapia, logopedia, idroterapia, ascolta mattina e sera, da due anni, una cassetta preparata da una psicologa Iole ( e qui c’è lo zampino di Dio) per il recupero della memoria, ma in particolare è diventato un attore del gruppo teatrale, Gli amici di Luca. Oggi dopo cinque anni quando vedi Juri che a ogni spettacolo ci sono novità, dice alcune frasi con il suo microfono, balla sulla carrozzina con la sua partner, o se ne va spingendosi con la mano la carrozzina, ti sale il groppo alla gola. Allora tu pensi, quanta fatica, ma la soddisfazione è tanta e la speranza di migliorare non è finita. Noi vorremmo dirvi: non date per perso niente, perché, per nostra esperienza, nessuno conosce la verità, e come si dice: “LA SPERANZA E’ L’ULTIMA A MORIRE”. CIAO SORRIDETE c’è sempre qualcuno che pensa a voi e la vita vi sembrerà migliore (tanto è successo e non si può tornare indietro) per cui sempre avanti . CON AFFETTO MAURIZIO ORETTA JURI che dovevamo aiutarlo. Secondo noi, Juri da un punto di vista cognitivo, era molto presente, ci sembrava come se fosse dietro ad un vetro, dove lui ti sente, ma non riesce a parlarti, se non con gesti tutti da interpretare, per questo che noi dovevamo capire a tutti i costi (per fortuna esistono le mamme che con il loro - io lo chiamo decimo senso capiscono anche solo con lo sguardo). Tutto questo doveva comunque essere fatto con lo spirito giusto, sempre sorridenti, senza far sentire il tuo stato d’animo triste, perché la sua sensibilità secondo me , funzionava anche telepaticamente. Infatti vedevi il suo sguardo che cambiava se tu un momento prima avevi pianto, per un qualsiasi motivo, (in quel periodo, subimmo cambiamenti di lavoro, gli stipendi servivano per pagare il mutuo, ecc…), per fortuna stavo in quel periodo leggendo libri sulla motivazione, e mi ricordo una frase letta che mi è rimasta impressa fortemente “C’è solo un modo per essere felici ed è di smettere di agitarsi per cose che si trovano al di là del nostro potere d’intervento”. Nello stesso tempo sognavo sempre che io e Oretta (moglie) scalavamo una montagna molto fangosa, dove la vetta però si avvicinava, ma senza raggiungerla (che fatica mi sve- Alcune nostre frasi ad effetto Se mi lascio prendere la mano dalla situazione, sono finito . Guida tu i mie passi: non ti chiedo di vedere l’orizzonte lontano. Un passo mi basta. Chiedetevi: cosa può capitare nel peggiore dei casi ? Preparatevi a rassegnarvi, se non ci sono alternative . Poi cercate di migliorare con calma la situazione a partire dal peggio . T E AT R O 4 Esiti di coma... nella drammaturgia dello spettacolo, il vissuto della compagnia di Stefano Masotti Alessandra Cortesi Operatori teatrali Casa dei Risvegli Luca De Nigris Il 6 marzo scorso è andato in scena, al teatro Dehon di Bologna, lo spettacolo “ESITI: di coma, di teatro, di un ideale comune..”. Lo spettacolo è stato replicato all’interno della rassegna “ Il teatro nel risveglio - Rassegna delle differenze” che ha visto la presentazione di tutte e quattro le produzioni della compagnia teatrale de “Gli amici di Luca”. “ESITI...” è la terza performance teatrale del gruppo, formato da attori con esiti di coma, giovani attori, studenti, genitori ed anche alcuni operatori sanitari della Casa dei Risvegli Luca De Nigris. Questo spettacolo si propone di: raccontare il vissuto della compagnia, anche tramite alcuni materiali degli altri allestimenti (“Sonno muto”, “Qualcosa è cambiato”, “La partenza degli arrivi”) ; condividere i dubbi nati all’interno del gruppo tramite alcune riflessioni sul mondo sociale e su alcune modalità di fare informazione sul coma: aumentare la consapevolezza sul percorso di costruzione di una propria poetica teatrale; indagare l’eventuale rapporto tra l’attività teatrale e i percorsi riabilitativi. “ESITI...” diviene così una metafora per parlare di persone, sebbene con ruoli molto diversi, che condividono ideali comuni e partecipano collettivamente al processo di riabilitazione di chi ha subito un brusco modificarsi del normale procedere della vita. Oltre a dare voce alla compagnia lo spettacolo ha debuttato, nel marzo 2006, per inaugurare il nuovo allestimento di uno spazio all’interno della Casa dei Risvegli Luca De Nigris: la “Sala del Durante”, pensata per diventare sempre più uno spazio delle arti, luogo d’incontro tra la città e la “comunità” che vive all’interno della struttura. L’ideazione, la regia e i testi dello spettacolo sono nostri, anche se con parecchie citazioni prese a prestito, e ce ne assumiamo tutte le responsabilità. A seguire presentiamo una parte della drammaturgia dello spettacolo, espressione attuale del nostro pensiero. Narratore B: Da dove cominciamo? Narratore A: Dall’inizio: ciao…. sono Lorena............in uno dei primi libri che ho letto sul teatro c’era scritto che la finzione è uno dei 4 elementi fondamentali per fare teatro. Gli altri tre sono: lo spazio, poi gli attori, e il quarto elemento è il pubblico. A dir la verità la parola finzione non mi è mai piaciuta, ho sempre preferito chiamarla azione, anche se il mio vero nome è Alessandra. Un tableaux vivant e il saluto di Lorena erano l’inizio del nostro secondo spettacolo “Qualcosa è Cambiato”, ma la nostra storia di compagnia è iniziata qualche tempo prima, e con altre parole... Attore 1: Mi ricordo di quando avevamo ancora un pubblico, prima che anche l’ultimo spettatore venisse abbattuto. Attore 2: Mi ricordo che un tempo esistevano due luoghi dove morire era divertente: dentro il gioco di un bambino o in teatro. In entrambi i casi bastava smettere di giocare e tutti i morti si rialzavano. E si poteva ricominciare. Attore 3: Mi ricordo che un tempo c’erano tante risposte quante erano le domande e quando abbiamo imparato tutte le risposte, qualcuno ha cambiato le domande e noi non ce l’abbiamo più fatta a metterci in pari. Attore 4: Mi ricordo quando ancora c’era un futuro: ma c’erano anche tanti dubbi e non sapevamo cosa ci sarebbe accaduto. Ora è tutto più semplice: basta trovare qualcosa da ripetere per il tempo che resta. Finché non mi viene sonno. Attore 5: Mi ricordo di un cecchino. Vive chiuso in una soffitta ed uccide, a caso. Non ha un motivo per mirare ad una persona piuttosto che a un’altra: lo fa, imperterrito, per tutta la vita. Attore 6: Mi ricordo che un giorno è iniziata la guerra, ma non riesco a ricordare che giorno era. Non so nemmeno quale guerra. Nessuno l’ha dichiarata e non esiste un fronte. Piano piano tutti ci siamo accorti di essere in guerra. Di essere al fronte. E che il fronte è dappertutto. Narratore B: Cosa portiamo sulla scena? Narratore A: Queste parole appartengono al nostro primo spettacolo il cui titolo era Sonno Muto. Data la peculiarità della compagnia diventa difficile non parlare di “coma”. Per narrare di vite che incontrano un brusco modificarsi del normale procedere, fu utilizzata lo strumento della metafora. La guerra, come l’evento traumatico colpisce con casualità e il dolore e la malattia si abbattono su chi, fino ad un attimo prima, era al sicuro, sano. In un giorno qualunque, in uno spazio indefinito, un fucile spara sulla folla e all’improvviso alcune persone si trovano catapultate a combattere una battaglia non voluta né cercata. Con questo spettacolo sono iniziate le prime domande: come parlare di Coma senza usare esplicitamente il Coma? Narratore A: In seguito, nei successivi spettacoli, abbiamo cominciato ad occuparci dei nostri testi e a lavorare in autodrammaturgia. Ci siamo esercitati partendo da frasi incompiute, dubbi, frammenti di memoria, emozioni vissute, turbamenti, per parlare di una condizione. Ma quali erano i nostri obiettivi? Narratore B: Il percorso che oramai da quattro anni stiamo realizzando con questa compagnia, per “Gli amici di Luca”, ha evidenziato un possibile intervento nel “sistema del coma“ occupandosi, oltre che di pazienti in fase post acuta, accolti nella “Casa dei Risvegli Luca De Nigris”, anche di quei soggetti che, risvegliati, non hanno recuperato appieno le loro abilità e si trovano spesso isolati da un mondo esterno, che non permette loro adeguati livelli di partecipazione ad attività sociali. L’associazione nel 2003 cercava un’attività che rispondesse ad alcune esigenze: potenziare la rete di aiuto e favorire il reinserimento sociale di chi ha vissuto l’esperienza del coma; valorizzare le risorse e lo sviluppo di capacità relazionali, espressive ed emotive di persone con esiti di coma; sviluppare un percorso ludico-didatticoesperienziale, ma che potesse avere anche una valenza riabilitativo-terapeutica dei partecipanti; fare conoscere ulteriormente l’attività dell’associazione; sensibilizzare la comuità al problema del coma, degli stati vegetativi e di minima coscienza; fare comprendere l’importanza della creazione di una rete di “case dei risvegli”. Il teatro, almeno sulla carta, sembrava poter soddisfare questi requisiti. E così, nel maggio del 2003, ci incontriamo tutti per la prima volta. Inizia il laboratorio espressivo degli Amici di Luca. A condurre il gruppo Enzo Toma. Narratore A: Da allora com’è cambiato il nostro modo di fare teatro? Narratore B: Tutto quello che abbiamo presentato al pubblico e quello che presenteremo nasce dall’attività di laboratorio stabile del gruppo. Cerchiamo di fare teatro mettendo al centro l’attore come individuo... Narratore A: ...quindi un teatro delle persone…. Narratore B: ...ci occupiamo di ricercare gesti reali per ricreare sulle tavole del palco la vita, quindi un teatro dell’azione reale, della spontaneità che crei opportunità di espressione. Usiamo un metodo fondato sull’ascolto e l’attenzione in modo totalmente sperimentale. Creiamo condizioni per generare reazioni e impulsi umani che nascano dal contatto fra le persone, da sentimenti d’intesa reciproci e dal turbamento creato dall’apertura verso un’altro, differente, essere umano. Per farlo ci occorre imparare a non aver paura, momento per momento, di quel che succede. Ognuno è chiamato a un coinvolgimento non solo fisico, ma soprattutto di apertura e condivisione della dimensione interiore ed emotiva. Proponiamo esperienze per-formative in un ottica pedagogica attraverso il rigore della non tecnica e il rigore dell’autenticità. Gli spettacoli si modellano dal suo interno nel corso delle prove. Tutto nasce dal caos, dalla gestione di materiale assolutamente vivo. Una scrittura scenica che emerge dal basso, dalle prove, dalle improvvisazioni, dalla ricerca. Ci alleniamo a stare in modo naturale in un tempo che non è naturale, ci esercitiamo a stare nel disordine teatrale, anzi un ordine senza ordine. Poi ci divertiamo a mettere in corto circuito i materiali creati e li strutturiamo in una messa in scena che ci permetta un ulteriore incontro. Ciò che conta è l’incontro tra noi e la comunità per una rigenerazione della relazione e per metterci in discussione, per metterci in riflessione. Infatti il teatro è anche un’esperienza che l’attore fa con lo spettatore, è anche ciò che avviene tra spettatore e attore. Vorremmo fare un teatro che sia in grado di riconoscere e valorizzare le differenze per dare centralità, visibilità, protagonismo e voce a chi non ce l’ha. Facciamo teatro come addestramento alla creatività per gli spettacoli, ma soprattutto per noi stessi. Narratore A: Ma il teatro ha una funzione terapeutica? Narratore B: Il teatro è insopportabile se si limita solo allo spettacolo. Il teatro è bene che trasformi, la trasformazione di una condizione altra, dove la povertà di una imperfezione incontra e cerca di gestire il bisogno di perfezione della società. Oppure, come ci piace pensare, dove la ricchezza di una imperfezione affronta se stessa, nella relazione con l’altro, e cerca di esprimere potenziali di recupero psicofisico e permettere, anche a molti anni di distanza dall’evento traumatico, un miglioramento delle funzioni e delle autonomie. Il teatro contiene in sé lo scandalo del corpo, della carne. Alcuni dei nostri attori portano addosso tratti irriducibili della loro storia, tratti che divengono narranti, espressione di quel soffrire della difficoltà di confrontarsi con regole che non appartengono al mondo dei perfetti, con il linguaggio verbale che non può venire prima del gesto, della relazione, della scoperta dell’altro, dell’ascolto dell’altro, della conoscenza di ciò che ho di unico in me e di ciò che posso condividere, compresa l’imperfezione, la fallibilità, il senso di solitudine e tutto ciò che scopriamo nascendo. Persone in disagio che divengono attori spontanei, che si conquistano valore e dignità d’arte, che compiono gesti e azioni reali, urgenti, le uniche che riescono a compiere, vere e distanti dalla forma della finzione. Così, sogni e speranze di persone in disagio, possono incontrare percorsi di soddisfazione. Abilità sopite e nuove percezioni di benessere, possono trovare il risveglio nella pratica teatrale. E’ emerso che dopo aver cominciato a fare teatro i nostri ragazzi con esiti di coma hanno avuto una notevole modificazione della percezione di sé stessi e dei propri livelli di auto-stima, un’aumentata conoscenza delle proprie abilità, e la ri-acquisizione di alcune funzionalità perdute. Hanno affrontato ed elaborato problematiche di carattere emozionale, esercitate funzioni mentali, mitigate alcune durezze comportamentali, sviluppate competenze fisico/motorie e relazionali. Insomma hanno allenato l’esercizio del proprio potere. Interessanti esiti con gli esiti che ci rimandano agli intenti della medicina riabilitativa Narratore A: “... noi siamo palombari siamo a decine di metri di profondità, difficilmente siamo raggiungibili. Siamo come su un’isola. Ma non è una semplice isola. E’ un’isola di un’isola. Addirittura un’isola dell’isola di una penisola. Noi siamo come su un’isola, ma non abbiamo scelto di starci” Narratore B: …mi piace.. cos’è?... Narratore A: ...lo narrerà un nostro attore nel prossimo spettacolo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1999 ha invitato a non utilizzare più i termini disabilità ed handicap, e a sostituirli con i concetti di restrizione dell’attività personale e limitazione della partecipazione sociale. In questo modo l’OMS sposta il peso della disabilità e dell’handicap dalla persona alla società. Diviene quindi compito della società adattare il proprio sguardo e il proprio agire affinché certe persone non si trovino a dover portare sulle proprie spalle un’handicap e se possibile nemmeno incontrarlo nelle strade e negli sguardi della gente. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce inoltre la Qualità della Vita come “…la percezione soggettiva che un individuo ha della propria posizione nella vita...”, e non solo assenza di malattia. Il concetto di Qualità della Vita in questa definizione si focalizza sulla soggettività della percezione e su una visione estesa di salute descritta sia come “capacità di funzionare” nella vita quotidiana, sia come benessere percepito soggettivamente, nelle sue componenti fisica, psicologica, emotiva e sociale. In questo modo si restituisce ad ogni soggetto il diritto di sentirsi completi, realizzati, soddisfatti e non eventualmente mancanti di un qualcosa che per la società diviene lo stigma del diverso. Quindi tutti differenti e allo stesso tempo tutti uguali: un paradosso difficile da far proprio. Ci piace pensare che il teatro possa creare condizioni calibrate per ridurre le restrizioni dell’attività personale T E AT R O e offrire opportunità per aumentare i livelli di partecipazione sociale. Narratore B: E l’informazione sul coma? Narratore A: Il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale esprime la convinzione che nell’ambito del coma una non corretta informazione possa essere causa di inutili sofferenze creando non realistiche attese nei familiari e congiunti dei pazienti in coma... Narratore B: ...cominciamo con il ridimensionamento della leggenda metropolitana sul paziente, in coma irreversibile da anni, che grazie ad un unico evento, una voce o una canzone, finalmente si sveglia e si alza dal letto sano e salvo, come se niente fosse. Terence Wallis si risveglia da un coma durato ben 19 anni. La mamma il 12 giugno scorso si è sentita chiamare: MAMMA!”. Esterefatta ha poi udito un’altra parola: “PEPSY”. Non pare però che la vita vegetativa abbia provocato danni irreparabili alla memoria: alla domanda “ Terence, chi è il presidente Usa?”, l’uomo ha risposto: “REAGAN!”. Attore 7: ...ah, si...? Narratore B: Si risveglia dal coma dopo un incidente stradale. Una pensionata 63enne, trasportata da un autolettiga verso il pronto soccorso, si risveglia miracolosamente grazie al violento impatto contro un tir, che anziché peggiorare le condizioni già precarie della pensionata, ha avuto effetti benefici. Attore 7: ...veramente...?? Narratore A: Dopo 4 anni Black Mamba si risveglia dal coma ed intraprende subito il suo percorso di vendetta nei confronti dei suoi sterminatori. Attore 7: ... ma questo è un film?...ah sì!!..Kill Bill! Narratore A: Al suo risveglio dal coma dopo tanti anni, il camionista juventino Tirzan scopre che sua moglie ha nel frattempo iniziato una relazione con un tifoso rivale: Franco, tifoso dell’Inter. Tirzan intraprende un viaggio a Lourdes. Attore 7: Questo è Eccezziunale veramente!! Narratore B: Germania dell’Est, ottobre 1989. La mamma di Alex cade in coma. Si risveglia otto mesi più tardi quando, nel frattempo, è stato abbattuto il muro di Berlino, ed è stata abolita la divisione tra la Germania Est e Ovest. Alex tenta di evitare lo shock alla mamma cardiopatica, che però, sente l’esigenza di vedere la televisione, e di alzarsi dal letto... Attore 7: E questo è Good bye Lenin…. Basta con i film!!! Narratore A: Roma, lo scontro di due treni in stazione risveglia la piccola Gabriella. La bimba di otto anni volata da un finestrino nel tamponamento, ha anche parlato con i parenti inglesi. Narratore B: Si risveglia dal coma dopo 2 anni ascoltando …(coro di nomi a soggetto) Narratore A e B: Poi miracolo ieri, come d’incanto, si è risvegliato e ha ripreso a parlare come se nulla fosse. Attore 7: A me sembra tutto più complicato Narratore B: Comunità? Narratore A: Una delle idee alla base di questo spettacolo era quella di confondere i ruoli delle persone che vi partecipano: ragazzi che hanno vissuto l’esperienza del coma, genitori, operatori sanitari della Casa dei Risvegli Luca De Nigris, giovani attori volontari, studenti. Tutti impegnati in un ideale comune che ci accompagna. Comunità. Persone che creano nuovi contatti, nuove trame di relazioni, nuove reti sociali, che permettono, attraverso un senso di appartenenza, la costruzione e il consolidamento dell’identità del singolo. Non è il teatro ad essere necessario, ma è superare la frontiera tra me e te, arrivare ad incontrarsi, arrivare a toccarsi, sentire quel tocco, superare la paura e la vergogna alle quali ci costringono gli occhi degli altri, non nascondersi più, essere quel che si è per non perdersi tra la folla. Una conoscenza fatta nell’incontro con l’altro per far sentire che ci siamo, per costruire un’intimità, essenziale a far nascere il gioco del teatro. Dentro la comunitas è l’altro a restituirmi la verità di me stesso, a rendermi nuovamente protagonista della mia vita. Il lavoro sul gruppo permette il passaggio dalla differenza di identità che genera alterità al coro d’identità che genera comunità. Così la ritualità del laboratorio teatrale può sostenere le persone nella ricostruzione del proprio senso d’identità, può aiutarle a sentirsi appartenenti ad un luogo, ad apprezzarlo e valorizzarlo, può creare spazi e tempi d’incontro che permettono di conoscere e riconoscere quelli che condividono una condizione o valori comuni. Il lavoro dell’uomo su di sé e la cura del sé non possono prescindere dalla relazione con altre persone. Quindi facciamo teatro per abbattere le nostre frontiere, i nostri limiti, riempire il nostro vuoto. Per questo nel gennaio del 2006 la compagnia ha realizzato un per- corso di formazione volto ad incontrare artisti e ricercatori dell’arte delle più disparate discipline: dal para-teatro all’analisi del movimento Laban-Bartenieff; dalla forza del gesto fallibile alla scoperta del metodo Feldenkrais; alla magia degli inganni della percezione. Un progetto di multi - produzione e cooperazione di abilità che forse ci ha trasformato. Narratore B: Cosa vorremmo imparare? Narratore A: E’ complesso e delicato decidere di aprire gli occhi di fronte all’imperfezione causata dalla malattia e ci rimanda a una sorta di imbarazzo, come un eco che non ritorna. La disabilità, l’imperfezione, la malattia, il coma, riuniscono tutti i sensi e contemporaneamente li offendono. Di fronte a questi temi spesso si chiudono gli occhi, si tappano le orecchie, si trattiene il respiro, si chiude lo stomaco, si irrigidisce il corpo. Sono sotto gli occhi di tutti ma tentiamo di tenerli distanti e farli risiedere in un luogo lontano da noi. Cosa vorremmo imparare? Narratore B: L’ascolto è un’incompetenza culturale contemporanea. L’ascolto come consapevolezza di un limite, desiderio dell’altro e attesa. Una cultura dello 5 stare fondata sullo stupore. L’ascolto richiede una profonda esplorazione del vuoto, come condizione di scoperta e pazienza, richiede dedizione, tempo, rigore, forza di stare nell’incertezza, nel disordine, nella solitudine e in una diversa speranza. L’ascolto richiede silenzio.Cosa vorremmo imparare? Narratore A: Il silenzio come condizione indispensabile per conoscere. La conoscenza dell’altro si realizza solamente quando vi è la possibilità che l’altro si manifesti. Per farlo l’altro ha bisogno di tempi, dei propri tempi, a volte troppo lunghi da aspettare. Un tempo che non viene concesso perché è un tempo di silenzio e spesso non ne siamo capaci. Allora dal rumore, dal riverbero di pensieri che affollano le menti escono giudizi vestiti da impressioni, giudizi che non hanno tempo per formarsi con purezza. Pregiudizi.Cosa vorremmo imparare? Narratore B: Saper stare in silenzio, saper vivere nel silenzio, saper parlare con il silenzio, saper ascoltare in silenzio. Cosa vorremmo imparare? Narratore A: Il silenzio dei pensieri che troppo spesso non lasciano spazio ad un pensare nuovo, costruito sull’incontro volta per volta. Cosa vorremmo imparare? Narratore B: Il silenzio degli occhi che vedono con troppa fretta aspetti della realtà che sono irreali, non vedono potenzialità che si potrebbero esprimere solo tendendo una mano da un’angolazione diversa. Cosa vorremmo imparare? Narratore A: Il silenzio del corpo, che troppo spesso agisce confusamente per dissipare imbarazzi e tensioni che ci portiamo dietro ancora prima dell’incontro con l’altro. Cosa vorremmo imparare? Narratore B: Il silenzio del gusto che non ci permette di assaporare l’altro e la condizione in cui si trova perché è troppo più facile sentire un sapore che è già deciso da un sapere comune e collettivo. Cosa vorremmo imparare? Narratore A: E perchè no, il silenzio dell’olfatto, perché per conoscere bene l’altro lo dovremmo anche annusare. Devo conoscerne i suoi odori e quelli che ama. Cosa vorremmo imparare? Narratore B: Un silenzio dell’anima, una pace da cercare, magari raggiungere con fatica per poi riperdere per poi ricercare in un continuo tendere ad essa come strumento indispensabile per qualsiasi esistenza. Grazie, sono ancora con voi Poche settimane, quelle passate da quando ho iniziato il mio tirocinio alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris. Ora è terminato, ma sono ancora con voi, perchè scelgo di essere con voi, perchè da quando sono con voi ho riaperto il mio cuore agli abbracci, ho riacquistato nuova forza di amare, ho trovato colori e profumi nuovi, ed una scarica carica di vita nuova. Per questo vi ringrazio, tutti. Era da tanto che non ricevevo degli abbracci così, era da tanto che qualcuno non mi diceva : “benvenuta, è un Angelo che ti ha guidata a noi e spero ti troverai sempre bene!”, grazie Marco! Sai, io credo proprio che esista un Angelo affianco a me. Che dire, sono spiazzata in una valanga di emozioni, durante le prove, in cui tutti danno una mano col loro prezioso silenzio, dando al tempo un valore inestimabile; durante gli spettacoli al Dehon, dove sul palco, con gli occhi aperti vedi la Vita, con gli occhi chiusi la senti e la respiri, come non mi è mai successo prima. E’ difficile raccontare le emozioni, se non si vivono in prima persona, per questo mi piace immaginare che tutte le persone a cui voglio bene stiano sul palco con me in quel momento, e poter condividere le mie sensazioni. Grazie Cristian, per la tua ironia, le tue osservazioni di una precisione quasi svizzera, anche se a volte ti soffermi un pò troppo!!..ma grazie soprattutto per tutto quello che hai dentro e sai esprimere con profondità, per il tuo messaggio, che vorresti trasmettare a tutti i bambini, cioè di vivere la vita bene, di non trascurarla, volendo bene prima di tutto a se stessi, e poi agli altri. Grazie, per i vostri pregi e per i vostri difetti, che sono poi quelli di tutti gli uomini. Grazie Ale, leggiadra come una farfalla, bizzarra come una grande artista, grazie Stefano, preciso e metodico, gran professionista. Ma entrambi legati indissolubilmente da una passione senza confini per questo lavoro e da una sensibilità entusiasmante. Grazie a tutti coloro che non ho nominato, attori ed oper-attori, che sono capaci di vivere, rivivere e trasmettere la Vita. Sono con voi Angela Russo tirocinante - animatrice T E AT R O 6 Saper ascoltare, saper aspettare “Mi raccomando, ricordatevi che siete un gruppo, siete una rete che va in soccorso di chi inciampa o è in difficoltà”, queste sono state le parole di Alessandra Cortesi qualche minuto prima della spettacolo “Esiti” al Teatro Dehon. Sul palcoscenico, in quel momento, un magico silenzio avvolgeva tutti noi, dolcemente: sentivo solo il battito del mio cuore all’ennesima potenza, finché un “rito propiziatorio” ha fatto esplodere tutto. Ero emozionata e avevo anche un po’ di paura, essendo il mio primo debutto, ma sapevo che potevo contare su qualcuno, sul gruppo appunto. Entrare nella compagnia gli Amici di Luca significa entrare a far parte di un gruppo che ti accetta per quello che sei, per la tua imperfezione, per i tuoi limiti, i tuoi difetti e le tue qualità. Entri in un gruppo dove c’è voglia di vivere ma, soprattutto, di fare teatro insieme. Non c’è bisogno di saper fare chissà quali cose, non c’è bisogno di dover stupire con doti particolari tendendo alla perfezione assoluta; lì ti presenti per quello che realmente sei e per quello che sei disposto a dare agli altri, senza essere giudicato da nessuno; metti in scena unicamente te stesso in un silenzio che poi, si trasforma tutto in qualcosa di magico. Le parole d’ordine sono saper ascoltare e saper aspettare, qualcosa succederà. L’importante è mettersi in gioco e non vergognarsi delle proprie emozioni e sentimenti. Non c’è competizione, si impara tutti insieme in uno scambio rec- iproco e chi è in difficoltà per inesperienza o quant’altro, non viene escluso come succede in molte compagnie teatrali, ma viene coinvolto da tutto il gruppo e spronato a migliorare giorno dopo giorno. E’ un po’ quello che è successo a me inizialmente. Un giorno, ad esempio, ero arrivata molto presto al laboratorio, non c’era ancora nessuno e ne ho approfittato per fare un po’ di esercizi di riscaldamento. Dopo un quarto d’ora è arrivato Luigi e abbiamo lavorato insieme. Voi non ci crederete, ma è stato proprio lui ad insegnarmi alcuni esercizi, ad aiutarmi ad ascoltare il silenzio intorno a noi, seguendo il ritmo lento del suo trasformarsi; a farmi entrare in un mondo totalmente sconosciuto in piena serenità. Inoltre, mi ha detto una frase bellissima che mi ha anche commosso: mentre ero un po’ sconfortata perché non mi veniva un esercizio, mi è scappata sottovoce la frase “Non ce la faccio “ e lui, abbracciandomi, mi ha risposto “Insieme ce la faremo, perché la facciamo insieme”. Per me questa è stata una piccola lezione di vita; la sua spontaneità, la sua sincerità, il suo essere genuino, sono doti rare e importanti. In quel momento, mi sono sentita protetta. Lì è un piccolo gruppo che si prende davvero cura l’uno dell’altro, in maniera inspiegabile a parole. L’affetto è davvero tangibile e porta molta energia positiva nel gruppo. E’un’esperienza importante non solo emotivamente ma come scoperta e conoscenza, che aiuta a relativizzare un po’ tutto il resto.. Saper ascoltare anche il gesto più semplice come il chiudersi della propria mano, gesto che nella quotidianità non desta particolare interesse o attenzione, ma lì sì perchè ogni piccolo gesto viene valorizzato. Cosa succede se chiudo lentamente la mano? Cosa scopro? Cosa sento? E se poi alla mia si aggiunge quella di un’altra che cosa cambia? Cosa provo quando mi metto in relazione con un'altra persona in una maniera così intima? Intima perché metto a nudo le mie emozioni. Appoggiata a Marco, ad esempio, contavo i suoi battiti cardiaci… questo non vuol dire forse entrare in intimità? E più il suo cuore batteva, più pensavo a quanta speranza, nonostante tutte le difficoltà e dolore, lasciano questi ragazzi. Invito davvero tutti a venire alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris, anche solo per cinque minuti, proprio per vedere la bellezza di quando la materia prende vita e i corpi forma. Venite a scoprire quanto l’amore, la fiducia e il sorriso, valgano più di qualsiasi cura medica; nel silenzio guardare tutti questi ragazzi negli occhi, abbracciateli per un momento, parlate con loro: scoprirete che sono davvero persone speciali e che le diversità, nel momento che chiudete la porta dietro di voi, ed entrate in quella sala, non esistono più. Anche quando conoscerete Yuri, l’unico ragazzo purtroppo ancora sulla carrozzina, scoprirete che i limiti del corpo non sono niente se confrontati con la libertà dell’anima. Yuri è consapevole di fare teatro e gli piace; non si sente un disabile, non si sente escluso e tutto ciò non perché le sue condizioni fisiche lo rendono inconsapevole, ma perché nel gruppo è un attore al pari di tutti gli altri, anzi, forse con una marcia in più; se gli dai un bacio te lo restituisce, se gli stringi la mano, la stringe anche lui… magari non capirete tutte le sue parole ma, a volte, ricordatevi che il silenzio è più interessante e aiuta di più. Nel silenzio possono essere racchiuse le più belle poesie, solo che bisogna abituarsi a un tipo nuovo di linguaggio e in questo Alessandra e Stefano sono dei grandi maestri! Alessandra con il suo sorriso rassicurante ti regala serenità, è un po’come danzare su soffici nuvole rosa, sempre, sia quando sbagli che non. Stefano idem, sono entrambe persone che aiutano a rendere migliori le cose, anche quando apparentemente non sono così semplici. Li voglio ringraziare di cuore perché aiutano tutti a sentirsi vivi e utili, a coltivare i propri sogni e interessi, a dare risposte ai tanti “perché” della vita… grazie anche a Cristina Valenti per avermi fatto conoscere persone così speciali, con le quali è bello sorridere, è bello piangere, è bello emozionarsi ma soprattutto, è bello fare teatro!! Alessandra Consonni Per un “manifesto” della compagnia... Durante lo spettacolo il narratore dice “nel marzo del 2003 iniziammo il nostro primo laboratorio espressivo, a condurre il gruppo Enzo Toma”. Partono le immagini: avevo i capelli lunghi e ricci e sono passati quattro anni. Di solito si dice che è passato troppo in fretta, in realtà a me sono successe tante cose. Mi sto per laureare e voglio iniziare a lavorare. A meno che non passi una ricchissima donna etiope che mi vuole sposare. A quel punto vivo di rendita. Secondo me io assomiglio ancora molto a quello delle immagini. Però qualcosa è cambiato. Guardo dall’alto i quattro anni della Compagnia, li comprimo e penso che ho troppe cose da raccontare. Faccio una proposta: vengono a vedere le nostre prove molti studenti del Dams Teatro. Propongo una tesi sulla nostra Compagnia. Secondo me verrebbe un lavoro splendido, storia e spettacoli, interviste ai partecipanti, i risultati (!), il manifesto (!). Dovrebbe essere scritto il manifesto di questo tipo di esperienza. Anche se non ho basi scientifiche per affermarlo, ha portato del nuovo, ci ha cambiato. Ieri durante le prove dello spettacolo, nella scena finale, Simona mi doveva abbracciare, come da copione. Ci siamo stretti e lei mi ha sussurrato: “dobbiamo girarci, ti sto coprendo”. Simona si è accorta che non eravamo a favore di pubblico, che l’abbraccio doveva essere condiviso dal pubblico. Secondo me questa è una cosa bellissima: abbiamo imparato a fare teatro, a pensare come deve pensare un attore. Se uno pensa come pensa il pubblico forse non capisce. E’ importante girarsi, non è una perdita di autenticità. E’ come capire il significato della punteggiatura quando si scrive, o dell’a capo, è come imparare a farsi belli per la persona che si ama. A me questa cosa mi ha emozionato. Un altro momento bellissimo è quando siamo seduti sulle nostre sedie durante le prove, le nostre sedie sono in scena, e Alessandra e Stefano stanno decidendo sul da farsi. Allora Davide Sacchetti dice una gran cazzata, Luigi gli risponde e tutti iniziano a ridere. Una volta dovevo andare a Ferrara a fare una lettura. La donna manager del locale doveva preparare le locandine e le schede degli attori e mi chiese “Quali sono state le tue esperienze teatrali più importanti?” Io le dissi che lo spettacolo più bello a cui avevo partecipato era stato Sonno Muto con la Compagnia de Gli amici di Luca. Il giorno della mia lettura ho letto la locandina e c’era scritto: “Davide Simoni ha partecipato a Sono morto, uno spettacolo con persone uscite dal coma”. In realtà questo incidente è importante perché involontariamente dice l’esatto contrario preciso puntuale perfetto di quello che facciamo nella Compagnia de Gli amici di Luca. Una delle prime battute del manifesto dovrebbe dire che questo teatro mette in scena la Vita, secondo me abbiamo ragione se lo scriviamo. Adesso non riesco a spiegare ma credo che il nostro teatro non sia solo questione di abilità, e credo che per questo motivo, perché è così difficile, a volte ho dovuto saltare le prove, non solo perché avevo altro da fare. Io mi ripeto, noi siamo stati molto fortunati. A me piace fare teatro e ho potuto fare teatro, andare nei teatri, nei camerini, tra le quinte, e ricevere tanti applausi. Se devo dire quali sono le mie esperienze teatrali posso raccontare di essere stato a Gorizia, a Roma, al Duse, al Dehon. Ma non è solo questo. Non è successo solo questo. Quindi avrei bisogno di un manifesto, e sono pronto a collaborare a scriverlo, per capire che cosa abbiamo imparato. Questo è un testo che ho scritto ispirato a tante cose, a Sonno Muto, a Esiti, a Don Chisciotte, a Luigi Ferrarini e a Davide Sacchetti. E se a qualcuno viene voglia di andare avanti :) io l’ho chiamato “il cavaliere e lo scudiero”. ….Coreografia iniziale. Alle prime luci del mattino i due si misero in cammino.. L’aria era fresca e lontano il paese si faceva piccino piccino [il paese] Uno era cavaliere, ma dopo un incidente di guerra e di avventure non voleva più sapere niente. L’altro era un contadino, stanco della terra e matto per il vino.. Sopra l’elmo del cavaliere e la zucca del suo fido scudiero, uno stormo di rondini disegnava nel cielo il suo tratto nero. [le rondini]. Arrivati a una pianura l’eroe si fermò: [mulini a vento] “Guarda lì Sancio, ci sono più di trenta giganti… Quali giganti? Quelli che vedi là, dalle braccia enormi.. Mio signore, guardi che quelli non sono giganti ma mulini a vento Si vede che non te ne intendi di avventure..” Continuarono il cammino e arrivarono a un mercato. Di roba di animali e di persone inverosimilmente affollato. [entrano tutti e fanno il rumoriccio del mercato] I due si presero la mano per non perdere la strada. [si prendono la mano]. Era quasi mezzogiorno e le pance del soldato e del suo amico Brontolavano come le comparse del teatro antico. [brontolii] “Mio signore, che ne dice di un ristoro? Tu quanto possiedi, Sancio? Niente signore Caro Sancio, inginocchiati e prega con me. Ti passerà la fame…” Allo scudiero non vennero a mente tante preghiere Allora gli provò a domandare due cose che voleva sapere: “Per quale motivo ci siamo messi in viaggio? “Per conoscere”. “Quando finirà il nostro viaggio?” “Quando ne inizieremo un altro.” “Se ci fosse la guerra, che lavoro faresti?” “L’attore” Davide Simoni La poetica teatrale che ci fa incontrare il mondo Caro Fulvio, è con sempre grande emozione che mi appresto a raccontare le mie umili e modeste sensazioni, che Tu hai lasciato che ci portassero ad incontrare vite e volti sconosciuti! Ed è con sempre, una grande emozione, che tento di mostrare alla gente che incontriamo a teatro, emozione che penso non sia solo frutto di un freddo calcolo ma nasca da un'attenta e voluta maturazione del nostro animo e del nostro cuore!! Questo per tentare di dire e spiegare cose che mai pen- savamo potessero realizzarsi, eppure si sono realizzate!! ...penso nella più grande forma poetica e teatrale: LA NOSTRA VITA! Proprio questa cosiddetta "forma poetica e teatrale" ci ha portato, ci ha dato la possibilità di spiccare il salto verso quell'orizzonte infinito, che è il mondo che ci circonda, sempre a noi ostile e sempre con noi scuro! ....il tutto grazie all'affettuosa e paterna Tua presenza con la quale hai sempre cercato di venirci incontro per ascoltare i nostri mille problemi, a volte inesistenti, ma per te sempre importanti e principali!! Quindi, GRAZIE per tutto ciò che ci hai dato e fatto toccare con mano! Grazie di cuore e come può essere rimasto negli occhi di uno spettatore del nostro spettacolo: "questi ragazzi sembrano veramente aver capito e toccato il vero senso della Vita!!". Con grosso affetto Marco Macciantelli T E AT R O 7 La forza del teatro, della musica, dei suoni e una capretta vera dalle osservazioni del laboratorio con Salvatore, ospite della Casa dei Risvegli Luca De Nigris Credo uno dei più bei momenti vissuti al laboratorio espressivo della Casa dei Risvegli Luca De Nigris. L'amore purissimo, infinito e generoso di Alessandro, fratello di Salvatore; una capretta, vera, bianchissima e morbidissima come un peluches, di una dolcezza sconfinata, che emetteva suoni morbidissimi; lo sguardo tenero e attento di Salvatore incollato agli occhi del fratello e della capretta che lo fissavano teneramente; il “lamento di Didone” di Purcell come sottofondo musicale; la forza arcaica, ancestrale della lingua sarda, incomprensibile e meravigliosa; tutto l’ambiente colorato da luci verdi; l’odore dell’erba tagliata; un video sul maxi schermo con pascoli, capre, pecore e suoni della Sardegna. Un momento che mi spingeva a piangere. Bellissimo. Durante il laboratorio questo momento, durato una decina di minuti, ci ha paralizzati, affascinati, noi che dovevamo fare, facilitare, teatrare, comunicare, siamo rimasti congelati dalle emozioni per quello che stava succedendo. Forse solo amore puro, o teatro puro, raro, primitivo, inconsapevole ma potentissimo, fantastico. Alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris. Stefano Masotti Operatore teatrale Casa dei Risvegli Luca De Nigris 8 C A S A D E I R I S V E G L I L U C A D E N I G R I S E O LT R E . . . Il giardino coltivato Iniziativa degna di particolare interesse quella dei familiari di un ospite attualmente presente alla “Casa dei Risvegli Luca De Nigris”, Elisa e Cono, appena entrati nel modulo abitativo assegnato al loro caro, hanno deciso di rendere quanto più vitale possibile il giardino privato proprio di ogni modulo, piantandovi fiori e verdura. Ho chiesto ad Elisa cosa li ha spinti a rendere così particolare e gioviale il loro giardino, la risposta è stata: “Quando siamo arrivati c'era l'erba verde, ma Cono, mio marito, ha pensato che sarebbe stato meglio per nostro figlio se, guardando fuori dalla finestra avesse visto i colori dei fiori e, mentre cucinavo, odorato il profumo delle verdure fresche, così abbiamo deciso di piantare i semi e coltivarli!” Segno di vita e di speranza che lasceranno anche per chi verrà dopo di loro! C. F. Una scuola di vita da voi ho imparato ad aiutare Carlo Carlo ha 53 anni, è stato ospite della “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” per circa sette mesi ed ora, da circa nove, è tornato a casa con me. Queste brevi righe vogliono essere la testimonianza di quanto per me sia stata importante l’esistenza di questa struttura per “aiutarmi ad aiutare” Carlo. Nutro una grande ammirazione per Fulvio e Maria, per il coraggio e la tenacia dimostrata nel realizzarla. Premetto che , non avendo visitato la struttura prima del trasferimento di Carlo, faticavo all’idea di allontanarmi dal reparto di medicina riabilitativa dell’Ospedale Maggiore, sotto l’occhio attento e sempre presente del Dr. Battistini, nel quale il personale infermieristico e le O.S.S. erano molto gentili e sensibili nei miei confronti (ovviamente anche verso tutti gli altri familiari), mentre Laura (educatrice pedagogista clinica della “Casa dei Risvegli Luca De Nigris”) , ogni volta che veniva a salutarci, era molto contenta e ci aspettava fiduciosa alla “Casa”. Ho dovuto ricredermi. La struttura , decisamente all’avanguardia, immersa nel verde, permette al familiare di vivere nel modulo da solo con il proprio caro ma anche, quando lo desidera, di dialogare e confrontarsi con gli altri familiari: a questo scopo ho trovato piacevoli e utili gli incontri settimanali con Laura, portatrice di una ventata di serenità a cui fai fatica resistere. Il personale infermieristico, le terapiste e le O.S.S sono sempre disponibili e rivolti costantemente ad incoraggiare, a volte anche con frasi scherzose, al fine di strapparci un sorriso. Tutti mi hanno insegnato qualcosa: le O.S.S. a gestire nella vita quotidiana Carlo, attraverso l’igiene e l’alimentazione, le terapiste nella vestizione, nel cammino, nel salire le scale, nel come aiutarlo a sedersi in macchina nei primi (meravigliosi) fine settimana trascorsi a casa. E’ stata una scuola di vita, ho cercato di essere una brava allieva per il bene di Carlo, perché, tornati a casa, volevo occuparmi il più possibile di lui. Il 6 gennaio 2006 mi hanno detto che potevo “gestire” autonomamente Carlo (lavarlo, vestirlo, aiutarlo ad andare a letto): è stato un momento molto bello , voleva dire che avevo imparato bene e mi ha fatto comprendere quanta strada potevamo ancora fare insieme, ho capito che anche Carlo ne era contento. Tornati a casa, sono stata in grado di aiutare Carlo da sola. Devo ringraziare tantissimo anche il Dott. Betti (responsabile clinico della “Casa dei Risvegli Luca De Nigris”), perché grazie alla Sua insistenza, Carlo ha subito un intervento di derivazione (l’inserimento della ben nota valvola) che ha definitivamente abolito l’uso della carrozzella e da allora i progressi sono stati tantissimi!!! Ora Carlo esegue la sua igiene e parte della vestizione da solo, senza alcun aiuto, sale le scale per recarsi in camera a riposare, e sempre più spesso rifiuta il roller per deambulare da solo, guarda la televisione e ha rico- minciato a leggere il quotidiano . Tutte le mattine ci rechiamo in ufficio dove aumentano ogni giorno di più i suoi interessi verso l’attività della ditta. Andiamo insieme ovunque, come prima del sinistro: supermercato, visita alla mamma, agli amici. Il dialogo con me è sempre in aumento (a volte si arrabbia anche perché sono un po’ “pesante” ) e positivo è anche il dialogo con suo fratello, che ogni giorno regolarmente viene a trovarlo; con gli estranei ha meno voglia, ma stiamo continuando le sedute di logopedia e sono pertanto molto fiduciosa. E, quando nella notte mi cerca, con la dolcezza di sempre, io ringrazio tutti per il grande aiuto avuto e il mio cuore si riempie di gioia. Vale la pena! Susanna, moglie di Carlo C A S A D E I R I S V E G L I L U C A D E N I G R I S E O LT R E . . . 9 Verso una continuità di relazione Il progetto del dopo di Cristina Franchini Educatrice di Marcella De Blasi Psicologa Il progetto educativo promosso dall’associazione de “Gli Amici di Luca” è rivolto agli ospiti dimessi dalla “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” e ai loro familiari Il rientro al domicilio, dopo un periodo riabilitativo presso la “Casa dei Risvegli Luca De Nigris”, è un momento molto delicato per la persona e per i suoi familiari, possiamo immaginarlo come l’inizio di un viaggio caldamente curato, preparato e organizzato già nel centro di riabilitazione, un viaggio sicuramente non facile, nel quale la famiglia e il proprio caro non sono e non saranno lasciati soli. L’associazione de “Gli Amici di Luca”, ha ritenuto utile e importante fornire un sostegno educativo durante questo percorso, arrivando nell’Aprile del 2006 alla proposta di un nuovo progetto, il “Progetto del Dopo”, rivolto alle persone dimesse dalla “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” e ai loro familiari. Perché? Perché ci interessa, ci sta a cuore il futuro delle persone conosciute all’interno della “Casa dei Risvegli Luca De Nigris”, le relazioni che si sono create durante il percorso riabilitativo ed educativo della struttura, hanno lasciato un segno profondo in coloro che si sono presi “cura” della qualità della vita della persona e del suo nucleo familiare. Questo interesse nel continuare la relazione nasce inoltre dalla consapevolezza che, i bisogni dei familiari che rientrano a casa o in strutture assistenziali di lungo-degenza, sono diversi e toccano anche noi, prima in quanto esseri umani che vivono in una società, poi in quanto associazione che ha a che fare con la realtà del post-coma fin dalla sua “sorgente”. Il progetto è sorto con lo scopo di fare in modo che la persona, dopo il periodo trascorso alla “Casa Dei Risvegli Luca De Nigris”, si trovi veramente a “casa”, casa intesa come spazio di incontro, fatto di integrazione e di accettazione tra il proprio vissuto e il proprio futuro, ma per conseguire questo obiettivo sappiamo che è necessario agire per continuare a migliora- Gianfranco e Wanda con la volontaria Sabrina re la qualità di vita della persona con esito di post-coma, curando i raccordi sociali e i legami presenti prima, durante e dopo l’esperienza alla “Casa dei Risvegli Luca De Nigris”. Il “Progetto del Dopo” è un progetto educativo di affiancamento, assistenza, consulenza e monitoraggio che comprende i seguenti servizi forniti gratuitamente dall’associazione: - Contatto telefonico con l’associazione attraverso il numero verde Comaiuto 800998067 per chiedere informazioni e segnalare problemi. - Possibilità di un incontro-colloquio con un operatore dell’associazione per la discussione di particolari problematiche. - Contatti telefonici costanti per la continuità di relazione e per la raccolta di informazioni sull’evoluzione della situazione al domicilio. - Possibilità di programmare visite a domicilio secondo la disponibilità di entrambi. - Comunicazione di informazioni attraverso posta, e-mail, telefono, su eventi, convegni, iniziative, laboratori, momenti aggregativi e altre opportunità promosse dall’associazione; invio del magazine dell’associazione. - Possibilità di richiedere l’utilizzo del pulmino dell’associazione per il trasporto di disabili con carrozzina, in occasione di eventi/momenti aggregativi organizzati. Questi servizi sono finalizzati all’affiancamento del familiare nel prendersi cura del proprio caro e all’aiuto nel reinserimento sociale della persona dimessa dalla “Casa dei Risvegli Luca De Nigris”, attraverso le visite al domicilio, le uscite insieme e il coinvolgimento nelle iniziative proposte dall’associazione. Di notevole importanza per migliorare nel tempo l’impatto con il territorio delle persone dimesse dalla struttura e delle loro famiglie una volta a casa è il monitoraggio della situazione in itinere, attraverso il questionario di verifica della vita a domicilio e la raccolta delle osservazioni degli educatori e dei volontari coinvolti nel progetto. Questo permetterà alla persona di continuare il proprio percorso riabilitativo e di reintegrazione sociale in un ambiente adeguato alle sue necessità, un ambiente che comprende e interroga il senso di responsabilità della società tutta, abbraccia il familiare che si prende cura e riparte dalla dignità della persona con esito di post-coma. Dal mese di Gennaio 2007 l’Associazione ha deciso di integrare al “Progetto del Dopo”, il progetto “Colloqui di sostegno” La volontaria Valentina con Teresa un ulteriore servizio gratuito di sostegno psicologico agli ospiti dimessi e alle loro famiglie. IL PROGETTO “COLLOQUI DI SOSTEGNO” La “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” risulta essere una struttura che “protegge e accudisce” non solo la persona con esito di coma, ma anche la sua famiglia. E’ un luogo dove sia l’ospite e che la famiglia ricevono, attraverso il continuo scambio e confronto con le varie figure professionali, con i volontari e con le altre famiglie, un valido supporto emotivo. Nel momento in cui vi è la dimissione dell’ospite con rientro a casa o in una struttura assistenziale di lungo-degenza, l’intero sistema familiare deve ritrovare un nuovo equilibrio, continuando a ricercare nel proprio nucleo, e utilizzando al meglio, l’energia che gli ha permesso di superare tutti i momenti più critici che un tale percorso ha sicuramente riservato. Le cerebrolesioni acquisite, che destrutturato soprattutto le abilità cognitive, comunicative ed emotivo-relazionali, sono una minaccia ed una frustrazione non solo per la persona che ha subito il trauma ma anche per la sua famiglia. L’Associazione “Gli Amici di Luca” offre un Servizio gratuito di Sostegno rivolto sia all’ospite dimesso che alla sua famiglia, per affrontare tutto ciò che avviene dopo la dimissione dalla “Casa dei Risvegli Luca De Nigris”. Gli obiettivi del progetto si possono sintetizzare in due punti fondamentali: 1- stimolare il processo di reintegrazione sociale; 2- facilitare una ricostruzione del proprio progetto di vita. Usufruire di un percorso di sostegno significa avere uno spazio personale nel quale essere ascoltati; dove poter acquisire consapevolezza ed un adeguato livello di accettazione; analizzare le proprie difficoltà emotive, cognitive, relazionali e comportamentali; riscoprire le proprie abilità ed attivarsi per una maggiore conoscenza di sé. E’ necessario un valido supporto emotivo della persona dimessa nei diversi periodi di crisi, che inevitabilmente avranno luogo, durante il processo di re-inserimento sociale. La presa di coscienza delle disabilità acquisite e la percezione di un arresto o di un rallentamento del recupero funzionale in un contesto non protetto, diventano fonti di grosse frustrazioni, di sentimenti di inadeguatezza, di vergogna, di disperazione, di isolamento, di abbandono e di stati depressivi. Per la persona dimessa è importante trova- re, all’interno della propria famiglia, un’atmosfera il più possibile serena e positiva, per il proseguimento del recupero delle abilità. Risulta fondamentale indagare sugli aspetti della personalità premorbosa in quanto fattori determinanti, secondo diverse studi, del potenziale di salute della persona con esito di coma in fase di recupero, della sua capacità di adattamento e di superamento della patologia e delle sue conseguenze, in un equilibrio bio-psico-sociale che consente di raggiungere un grado di autonomia discordante dall’entità del danno e della disabilità e dipendente da risorse intrinseche all’individuo e dall’interrelazione positiva con l’ambiente. Anche il famigliare potrà usufruire dei colloqui di sostegno per contenere l’ansia e lo stress generati dalla drammaticità e imprevedibilità dell’evento doloroso, dall’incertezza per il futuro, dalle frustrazioni legate ai tempi lunghi del recupero, dalla fatica a comprendere e accettare i disturbi del comportamento del proprio caro, dalle difficoltà legate al dover “prendersi cura” di una persona che ha subito un trauma. Spesso si assiste, all’interno delle famiglie, alla creazione di legami molto stretti in cui iperprotezione e staticità divengono elementi principali. L’attaccamento eccessivo al proprio caro risulta inevitabile in una prima fase, ma deleterio se persistente, perché determina l’impossibilità di emanciparsi da uno stato di totale dipendenza verso livelli via via maggiori di libertà. E’ di fondamentale importanza riconoscere il proprio caro, come persona con una nuova propria originalità emotiva in evoluzione e possibili opportunità di autonomia. Il complessivo “Progetto del Dopo”, si basa sull’”Ascolto Attivo”, un ascolto profondo fra due parti necessarie l’una all’altra, l’associazione ”Gli Amici di Luca” e coloro che sono entrati in contatto con la realtà del post-coma, è un ascolto fatto di scambi di informazioni e di bisogni, per migliorarsi a vicenda e continuamente. Questo progetto ha come fine educativo quello di accompagnare la persona nel percorso verso il reinserimento sociale per permetterle di riorganizzare la propria vita e i propri spazi all’interno dell’ambiente familiare e sociale, rimanendo comunque e sempre nell’ambito dell’ “empowerment” pedagogico che ha come finalità quella di promuovere lo sviluppo dell’apprendimento e della crescita individuale nel corso di tutta la vita. D I B AT T I T O 10 Il Testamento Biologico I risultati di una ricerca nazionale ed una risoluzione prossimamente discussa in Regione di Gian Luca Borghi Consigliere regionale Assemblea Legislativa Regione Emilia-Romagna L' esercizio della libertà terapeutica come espressione della sovranità dell'individuo sul proprio corpo: il diritto, dunque, a scegliere il tipo di cura ritenuto più adeguato al proprio organismo e alla propria infermità. Ritengo si debba partire da qui per affrontare il delicato tema del testamento biologico. Un tema che non attiene al solo ambito medico ed etico-morale, ma anche alla responsabilità della politica. Ogni persona deve poter essere protagonista delle scelte riguardanti la propria salute e deve essere messa in grado di accettare così come rifiutare – “consenso informato” – l’intervento medico e ciò che comporta, attraverso l’istituto della dichiarazione anticipata di volontà. Ho potuto constatare personalmente il crescente interesse per questo tema nel corso di tre iniziative che ho promosso lo scorso primo marzo a Bologna, Modena e Reggio Emilia, a cui hanno partecipato Luigi Manconi, sottosegretario alla giustizia, e Mario Riccio, anestesista dell'Ospedale Maggiore di Cremona (colui che ha staccato il respiratore automatico di Piergiorgio Welby). È stata l’occasione per presentare la prima ricerca italiana sul Testamento biologico commissionata da A buon diritto - Associazione per le libertà e condotta da Enzo Campelli e Enza Lucia Vaccaro dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza. Il sondaggio ha coinvolto un campione composto da 266 medici, la maggioranza dei quali oncologi e anestesistirianimatori, operanti in 19 ospedali italiani distribuiti in ogni area geografica della penisola. Questo in sintesi l’esito: solo il 10% dei medici italiani si dichiara contrario, mentre la metà si esprime favorevolmente. Il 40% invece non vuole o non sa pronunciarsi, anche perché poco informato sull’argomento. Scendendo nel dettaglio della ricerca, emerge una spaccatura nel proprio livello di consapevolezza della materia: il 42% degli intervistati lo giudica “scarso”, il 33% lo reputa “sufficiente”, mentre il 20% afferma di avere una buona preparazione sull’argomento. Solo in otto casi (3%) si dichiara un grado di informazione “approfondito”. Esigua appare anche la diffusione del tema come oggetto di discussione tra gli operatori del settore e nel rapporto medicopaziente: solo il 47% dichiara di aver affrontato il tema con i colleghi, mentre il 19% del campione ha avuto occasione di partecipare a riunioni o convegni scientifici. Ma è soprattutto con i pazienti che non si discute di direttive anticipate: appena il 15% dei medici intervistati ne ha discusso con gli ammalati, sebbene quasi la metà sostiene che con la dovuta pubblicizzazione, chiunque potrebbe essere interessato alla redazione del proprio testamento biologico. Alcuni elementi di riflessione riconducibili all’interrogativo: quali sono i casi in cui il testamento biologico va applicato? Il 7% degli intervistati sostiene che non vada applicato “in nessun caso”, il 35% che vada applicato solo in caso di stato vegetativo permanente, il 28% lo prefigura in relazione all’eventuale perdita di coscienza in seguito a patologie inguaribili, l’11% in tutti i casi di incapacità del paziente, il 12% in tutti i casi di patologia che il paziente sia in grado di prefigurare. Un ruolo fondamentale tra i medici italiani lo assume il “fiduciario”, il soggetto terzo che in caso di sopravvenuta incapacità del paziente ne rappresenti la volontà rispetto ai trattamenti medici da assumere. Il 53% promuove questa figura, mentre i contrari non raggiungono il 30%. Significativo è anche il riferimento al fatto che questa figura consentirebbe di porre rimedio al problema della “distanza temporale” fra il momento della redazione del testamento e quello della sua applicazione. Per quando riguarda il mio contributo in qualità di consigliere regionale, ho presentato in Assemblea Legi- slativa una risoluzione che invita la Giunta regionale ad assumere specifiche iniziative nei confronti delle strutture sanitarie dell’Emilia-Romagna (all’interno dei percorsi terapeutici che garantiscono la qualità della cura e l’umanizzazione del trattamento sanitario, nel rispetto del principio di partecipazione del paziente), che assicurino nella fase di sottoscrizione del ‘Consenso informato’ da parte del paziente la possibilità di richiedere specifiche clausole che prevedano il rifiuto di tutti i trattamenti sanitari per i quali il paziente stesso non abbia espresso il proprio esplicito consenso. Al riguardo si fa riferimento ai principi sanciti dalla Costituzione in merito alla libertà personale e al diritto alla salute, alla Convenzione di Oviedo del 1997, ratificata con legge nel 2001 dal Parlamento italiano, al Trattato del 2004 che adotta una Costituzione europea, che individua nel rispetto della ‘dignità’ dell’essere umano il suo primo fondamentale diritto. Il diritto alla salute e la libertà di scelta terapeutica sono alla base della dignità dell’essere umano: ritengo non sia più procrastinabile l’assunzione da parte del legislatore della responsabilità di tutelare l’integrità dell’essere umano nel suo pieno diritto all’autodeterminazione. E tale diritto passa anche attraverso il pieno rispetto del colloquio e del consenso informato e nel conseguente rispetto della libertà di pensiero, coscienza e religione. Diritto alla salute e libertà di scelta Luigi Manconi: “una normativa per la classe medica...” di Elisabetta Norzi www.redattoresociale.it B OLOGNA - E’ il risultato della prima ricerca nazionale sul testamento biologico, presentata a Bologna dal sottosegretario alla giustizia Luigi Manconi e dall’anestesista che ha seguito Piergiorgio Welby, Mario Riccio. “Si tratta del primo studio rappresentativo dell’intero paese – spiega Luigi Manconi –. Ciò che fa riflettere, è che il livello di conoscenza dei medici sul tema è molto limitato”. Due secondo Manconi i nodi da sciogliere intorno al testamento biologico: il consenso informato e “il dolore non necessario”. “Il testamento biologico – prosegue Manconi– è una dichiarazione anti- cipata della volontà del paziente patologie – precisa Manconi – che sui trattamenti sanitari a cui non producono dolori indicibili. Esiste intende sottoporsi, espressa non nel nostro paese un inaudito scialo nella prostrazione della malattia o del dolore che non viene visto prima di entrare in sala operatoria, come patologia, ma quasi come un ma nel pieno delle facoltà”. dato ineliminabile, e virtuoso, delVolontà che, l’esperienza nel corso del umana”. L’Itempo, può talia si colloessere modifica infatti al cata. Il 57% penultimo dei medici sotposto in tolinea inoltre Europa per che l’accanil’uso di antimento teradolorifici a peutico è una base di morroutine e un fina. “La medico su 4 classe mediafferma che è ca – sottolipratica diffusa nea l’anestesospendere le sista Mario cure quando si Ricci – ha valuta irreverbisogno di sibile la malatuna normatiLuigi Manconi, tia. “Ci sono sottosegretario alla Giustizia va, perché il medico si trova spesso in situazioni complesse in cui conoscere la volontà del paziente diventa fondamentale. Un principio, quello della volontà del paziente, sancito dalla Costituzione e dalla Convenzione di Oviedo del 1997, che però non ha mai visto decreti attuativi”. La risoluzione che verrà presentata dall’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna nei prossimi mesi cerca di colmare un vuoto nella legislazione nazionale,. “E’ l’unica regione, per ora, che ha sollevato il tema in questi termini – ha concluso Manconi –. I prossimi passi a livello nazionale, invece, saranno quelli di discutere in Parlamento la questione del testamento biologico. Il frutto della discussione parlamentare, dovrà portare a decidere, in maniera condivisa, quali terapie fare rientrare, ovvero quali cure il paziente può chiedere di sospendere e quali no”. LETTERA 11 L’incontro con Giorgio Napolitano Appello alla ricerca della madre di un ragazzo in stato vegetativo Il Presidente Giorgio Napolitano nella sua visita a Bologna a margine dell’incontro sul volontariato nel palazzo della Prefettura, ha incontrato i rappresentanti della “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” (Franco Riboldi direttore generale dell’Azienda Usl di Bologna, Roberto Piperno direttore della Casa dei Risvegli Luca De Nigris, Maria Vaccari presidente dell’associazione Gli amici di Luca, Fulvio De Nigris direttore del Centro Studi per la Ricerca sul Coma). Fulvio De Nigris ha consegnato al Presidente della Repubblica la tessera di socio onorario dell’associazione Gli amici di Luca ed una targa commemorativa del saluto dell’Azienda Usl di Bologna e dell’associazione stessa per la sua visita alla città. Il Presidente Giorgio Napolitano che concede il suo Alto Patronato alla “Giornata nazionale dei Risvegli per la ricerca sul coma – Vale la pena, 7 Ottobre”, nel ricordare l’amico Beniamino Andreatta, ha avuto parole di commozione e partecipazione al progetto innovativo di Bologna. A lui De Nigris ha consegnato la lettera di Anna Alberio mamma di Jacopo da cinque anni in stato vegetativo che rivolge un accorato appello agli scienziati perché si impegnino sulla ricerca ed alle istituzioni per “un futuro in cui sperare”. La lettera della mamma di Jacopo aveva già avuto una risposta affettuosa e partecipata del dott. Ignanio Marino presidente della commissione Igiene e Sanità del Senato (che pubblichiamo a fianco per gentile autorizzazione dell’interessato). Il Presidente della Repubblica si è dimostrato umanamente coinvolto ed ha assicurato la sua risposta ed il suo interessamento poiché, come ha ribadito nel corso di tutto l’incontro con il volontariato, “vuole essere costantemente tenuto informato per dare una mano”. ventitré quando fu Sono la mamma di Jacopo, un ragazzo di ventotto anni. Ne aveva investito su un passaggio pedonale. trauma craniDa quel giorno Jacopo è in stato vegetativo permanente per il gravissimo pubbliche e poi private, co subito. Dopo qualche mese di permanenza prima in strutture genitori. noi da casa in ormai da quattro anni è accudito detto, verrà ulteriorL’assistenza e l’aiuto degli enti pubblici è limitato ed ora, ci è stato ed io, per garantire a mente ridotto. Abbiamo fatto praticamente tutto da soli, mio marito Jacopo un’esistenza difficile ma il più possibile dignitosa. attimo per attimo. La tragedia che si è abbattuta su di noi si rinnova giorno per giorno, fisiche sono il Piccoli e grandi segni di sofferenza, crisi, instabilità delle sue condizioni mio calvario quotidiano. mi possa far pensare al Nella sua immobilità attendo invano il più minuscolo segnale che mia mente, la mia vita miracolo,che mi suggerisca che non tutto è finito. Le mie forze, la sono solo per lui. Sono tanti quelli Ma ho bisogno di speranza per sopravvivere, ho bisogno di un futuro. in cui sperare, dobbiache come me vivono simili tragedie. Abbiamo bisogno di un futuro possibilità di un alla aggrapparci dobbiamo speranza, di mo legare le nostre vite ad un filo cambiamento. I riflettori della Non ci vogliamo rassegnare: per questo chiedo che qualcosa sia fatto. cari, il mio Jacopo, che cronaca sono accesi sul dibattito intorno all’eutanasia, ma i nostri dimenticati. sembrano mi passano i loro giorni in stato vegetativo, più spesso, curaDi loro le cronache non parlano: vivono parcheggiati in istituti o, molto fanno notizia. I media ti e accuditi nelle proprie famiglie. La loro e la nostra sofferenza non cellule stadalla offerte non se ne occupano, la ricerca è ferma, le illusioni sulle possibilità minali sembrano dissolversi. siano indirizMi rivolgo a tutti Voi affinché il Vostro pensiero e l’autorità che rivestite zati a tracciare una nuova via di speranza per noi e per i nostri cari. staminali affinché cerebrali cellule delle ricercatori scienziati agli soprattutto rivolgo Mi gravi traumi di cui sono dedichino i loro studi anche agli stati vegetativi conseguenza di colpiti per la maggior parte giovani. e studiare Vi chiedo di fare tutto il possibile affinché nuove risorse vengano indirizzate ci aiutiate ad uscire questi casi difficili, siano rimossi ostacoli, pregiudizi e difficoltà, perché dal buio del tunnel nel quale siamo precipitati. Parlate di noi, pensate anche a noi. Un grazie di cuore a tutti. Anna Mapelli Alberio - Marco Alberio, genitori di Jacopo Gent.mi Signori Alberio, ho ricevuto la e-mail che tanto cortesemente mi avete inviato e vorrei ringraziarVi per avere voluto condividere le vostre riflessioni con me. L’ ho letta con grande attenzione e, prima d’ogni altra cosa, tengo molto ad esprimervi tutta la mia solidarietà per il dramma che Vi ha colpito. Comprendo bene l'angoscia e l'estrema difficoltà della condizione che Lei e Sua moglie siete costretti a vivere perché, come forse saprà, prima di accettare l'incarico di Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato ho svolto per molto tempo la professione di chirurgo specializzato in trapianti. Conosco perciò il dolore e la sofferenza per averla vissuta e condivisa con i miei pazienti. Sono sensibile alla vostra protesta e alla denuncia della condizione delle famiglie che devono occuparsi di un figlio che vive in stato vegetativo. So bene che la solitudine nella quale sono spesso abbandonate è davvero incomprensibile e intollerabile. Capisco anche il vostro appello accorato per la sensibilizzazione tanto dell’opinione pubblica quanto dei media, appello a non lasciare cadere tutto nell’oblio. Per quanto riguarda lo stato dello studio sulle cellule staminali, la ricerca sta procedendo e molti validi scienziati stanno lavorando per arrivare nel più breve tempo possibile a risultati tangibili. I tempi della ricerca scientifica, tuttavia, sono notoriamente lunghi. Al fine di migliorare la situazione e di rendere la ricerca italiana più alacre e produttiva, mi sono impegnato affinché venisse inserito in Finanziaria un emendamento che andasse proprio nella direzione dell’aiuto ai giovani ricercatori, perché è nelle loro energie e idee che dobbiamo confidare. In via sperimentale, il 5% dei fondi per la ricerca biomedica andranno a studiosi di età inferiore ai 40 anni, per progetti selezionati in base a criteri rigidamente meritocratici. Pur consapevole che si tratta del primo passo, credo sia comunque un buon inizio che, se verrà seguito da ulteriori cambiamenti nella medesima direzione, porterà senz’altro alla modifica positiva del contesto generale. Colgo questa occasione per inviare a Lei e alla Sua famiglia i miei auguri e i saluti più cordiali. Prof. Ignazio Marino Presidente, Commissione igiene e sanità Senato della Repubblica “La lettera della mamma di Jacopo consegnata al Presidente della Repubblica - sottoli nea il problema della ricerca sul coma e lo stato vegetativo. La ricerca in questo campo non è ancora sufficientemente forte in quanto solo di recente è emersa una nuova consapevolezza della possib ile complessità di queste condizioni cliniche e la voce delle famiglie coinvolte non sempre trova l’ascol to adeguato. La via della speranza passa veram ente attraverso la ricerca e in questo campo, le cellule staminali adulte potrebbero rappresentare una opportunità di straordinario valore in un futuro auspicabilmente vicino. Il Centro Studi per la Ricerca sul Coma di Bologna raccoglie l'appello della mamma di Jacopo e lo rivolge ai ricercatori impegnati sugli studi nel campo della terapia cellulare per dar vita a progetti di concreta applicabilità clinica”. Fulvio De Nigris direttore del Centro Studi per la Ricerca sul Coma Roberto Piperno direttore Casa dei Risvegli Luca De Nigris 12 S PA Z I O D I L U C A Per sussurrare: “non mollare mai” studentesse della scuola ITC Mattei guidate dalla prof. Isabella Felicani raccontano la loro esprienza come prime tirocinanti di scuola superiore alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris Tiziana: Tutto inizia a scuola quando la mia professoressa ci indica la struttura presso cui possiamo svolgere il tirocinio, appena appare “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” decido di prendere quella strada, un po’ perché ne avevo sentito parlare un po’ per una mia esperienza personale. Da subito inizio a documentarmi, scoprendo per quale motivo nacque prima l’associazione “Gli amici di Luca”, poi la casa dei risvegli a lui dedicata. La storia di Luca mi colpì e mi appassionò molto, da subito provai un’immensa ammirazione per due genitori che insieme a tanti altri colpiti sicuramente in prima persona danno luogo ad una struttura che aiuta la persona che ha subito il trauma e la sua famiglia nel lungo percorso post-coma, proprio come ha avuto bisogno Luca prima del suo addio. Il 19 Febbraio arriva il mio primo giorno di tirocinio con la visione dello spettacolo “Qualcosa è cambiato” ; l’impatto è stato per me abbastanza forte sebbene non sia entrata a stretto contatto con i ragazzi della compagnia teatrale. Lo spettacolo è stato bellissimo, mi ha in particolare stupito l’entusiasmo, l’energia e la dolcezza con cui volontari e operatori entravano in relazione con i ragazzi. Meravigliose sono state le parole di Fulvio De Nigris che hanno introdotto lo spettacolo, l’amore che metteva nell’esprimere i suoi sentimenti facevano rivivere Luca tra di noi, dandomi l’impressione quasi di averlo conosciuto. Nei giorni a seguire abbiamo conosciuto materialmente la struttura della casa dei risvegli facendo una breve conoscenza di alcune persone e dei rispettivi famigliari. Ognuno vive la sua esperienza a sé, ma in generale dagli occhi del care giver traspariva una grandissima carica d’amore per il famigliare colpito dal trauma. Genitori che accudiscono i propri figli ormai adulti come se fossero tornati bambini. Le cose di certo non dovrebbero andare così ma come ha scritto una persona che dal primo momento mi è entrata nel cuore :”il nostro destino è già prefissato fin dalla nascita, come scalfito nella pietra”. Stando qui dentro, mi rendo conto di quanto amore, forza d’animo e costanza ci voglia da parte dei famigliari e di quanta forza d’animo ci serva nel capire che qualcosa (per l’appunto) è cambiato ma che, se si vuole davvero e non ci sono troppi ostacoli, speranze di ripresa minima ci possono essere. Passando per i corridoi ti ritrovi inerme davanti ad una persona che un giorno era come te e l’altro si ritrova su una carrozzina con gli occhi chiusi.. non si trovano mai le giuste parole per far forza a chi si trova in questa condizione, vorrei trasmettere un po’ della mia energia da diciassettenne e sussurrargli all’orecchio: non mollare mai. Eleonora: Coma. Quante volte ho sentito questa parola, magari accennata in un veloce servizio al telegiornale, accompagnata da immagini di ospedali che trasmettono un senso di vuoto e desolazione. Ecco, io, nel mio breve percorso intrapreso dentro la “Casa dei risvegli Luca De Nigris”, ho trovato un altro tipo di ambiente: più umano, più accogliente, più vivo. Perché è proprio la vita che è al centro di tutto, la vita nei suoi piccoli gesti quotidiani, nella sua forza a non arrendersi mai nonostante tutto. Io ho diciassette anni; ho, come si dice, tutta la vita davanti a me, eppure delle volte mi ritrovo triste a rimuginare sui miei problemi di adolescente che cresce. Ebbene, questa esperienza mi ha fatto capire che i problemi veri sono altri, ben più grossi di un votaccio a scuola o di una litigata con un amico. Ciò che mi ha colpito maggiormente è la forza che hanno dentro di sé gli operatori, i volontari, i familiari e, ovviamente, le persone con esiti di coma. Infatti alcuni mostrano una tale gioia di vivere e ironia che ti fa pensare: “Cavolo, ma io al suo posto mi comporterei allo stesso modo?”; certo, è anche vero che altri non reagiscono come dovrebbero o non reagiscono affatto ma questa struttura è stata creata apposta, per aiutare chi esce dal coma a riappropriarsi della sua vita, quasi attuando una rinascita, sia fisica che psicologica. Uno dei momenti più forti di questa esperienza è stato l’incontro con alcune delle persone ricoverate e con i loro familiari; infatti, abbiamo visitato brevemente l’interno di alcuni dei moduli abitativi della struttura per comprendere meglio come ci si vive. Quello che mi ha toccato di più è lo sguardo delle persone: a volte può sembrare assente, altre invece sembra che ti indaghi a fondo e ti scruti attentamente e quando ciò accade ti senti spaesato, quasi imbarazzato. Dei famigliari mi hanno colpito la speranza e il non arrendersi mai; a loro va tutta la mia stima. Durante una di queste visite c’è stato un momento che mi è rimasto impresso fortemente: stavamo percorrendo il corridoio comune che porta a tutti i moduli abitativi e, passando davanti ad uno di essi con la porta aperta, ho sentito un pezzetto della canzone “Sally” di Vasco Rossi che evidentemente qualcuno stava ascoltando e che diceva “la vita è un brivido che vola via…”. Mi sono ritrovata a pensare che mai altra frase sarebbe stata più adatta in quel contesto. Questa esperienza mi ha dato molto e ringrazio per questo tutti, in particolar modo Laura Trevisani, la nostra “tutor” che ci ha seguite in questo percorso con sempre il sorriso sulle labbra. Martina: Come vi sentireste voi, a dover attraversare un corridoio e osservare, che dentro le stanze, allestite come una vera e propria casa, ci sono persone appena uscite dal coma,nella fase di risveglio?? Beh, direi che la risposta è abbastanza semplice da intuire…Dentro alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris, ho potuto avere un incontro diretto con questa realtà, del tutto estranea per me, e fino a quel momento sconosciuta. Ho potuto osservare,anche se in piccola parte, le varie attività e terapie svolte all’interno della struttura e avere un piccolo contatto con i vari pazienti. Io, ragazza di 18 anni, per la prima volta di fronte a queste persone, provare allo stesso tempo, purtroppo, compassione, tristezza e tante altre sensazioni che in un foglio di carta sarebbero difficili da esprimere. Provo a parlare, ma non so come comportarmi, non so cosa dire e soprattutto non so se quello che dico possa servire o meno a qualcosa…L’unica cosa che mi è venuta da fare in quei momenti è sorridere, sorridere e basta…E tutto questo è quello che ho provato in quei brevi, ma intensi momenti, dove le uniche cose che ti passano per la testa sono “Ma dove trovano queste persone,la forza di andare avanti in momenti simili?”. “Io non ce la farei”..Ma purtroppo in quei momenti è inutile chiedersi il perché è avvenuto e”perché proprio a me?” …Non si può tornare indietro e, o si sta fermi e immobili,senza reagire, o si va avanti e provare ad avere un briciolo di speranza..Perchè la speranza è l’ultima a morire e la possibilità che qualcosa possa cambiare c’è sempre. Come i ragazzi di teatro, grandi persone, che nonostante abbia potuto vedere per poco tempo, mi hanno trasmesso veramente tanto. Con l’interpretazione “Qualcosa è cambiato” hanno dimostrato la loro immensa forza, la forza che li ha portati ad andare avanti e riuscire a tornare a vivere. E il modo in cui loro vivono,dovrebbe essere di aiuto per tutti, per capire che bisogna godere dei piccoli piaceri della vita , perché quando meno te l’aspetti la tua vita può “Cambiare” del tutto,come appunto detta il titolo dello spettacolo…Nonostante io sia stata poco a contatto con tutte queste persone, a partire dai ragazzi di teatro, dalle famiglie dei pazienti, dalla mia tutor Laura, da Stefa- no, Cristina, Alessandra e Fulvio, ho ricevuto veramente qualcosa, e spero, nel mio piccolo, di aver lasciato qualcosa anche a loro... Agnese “Sì alla speranza no all’illusione” è questo il messaggio che si cerca di dare ai famigliari delle persone che hanno subito un trauma che sono ricoverate presso la Casa dei Risvegli Luca De Nigris. Questa struttura non deve essere considerata come un ospedale ma proprio come una vera casa. Lo si può vedere dai moduli abitativi che assomigliano ad appartamenti ognuno dei quali possiede un giardino al cui interno viene ricreata una “nuova” vita caratterizzata da gesti, suoni, parole che precedevano il coma. Il clima che si respira è differente da una qualsiasi istituzione sanitaria: in un ospedale per esempio il modo di rapportarsi con i gli ospiti ricoverati è diverso, è più freddo. Invece, presso questa struttura vi è un senso di calore, di amore e di energia manifestato da entrambe le parti: gli operatori di teatro, svolgono lo stesso il loro lavoro anche se non vi è una collaborazione dell’individuo e dagli occhi di alcuni “pazienti” che ho avuto modo di conoscere brevemente si vede la voglia di vivere. È questo che colpisce. Questa voglia di non arrendersi mai, l’ho potuta riscontrare nel libro scritto da Luigi Ferrarini, un ragazzo molto determinato colpito da un evento traumatico, che ha creduto nei miglioramenti e ha avuto esiti postivi. Personalmente ritengo sia una persona fantastica per la sua forza di volontà che cerca di trasmettere a tutti e che, se si desidera veramente, qualcosa può cambiare. La mia scelta di eseguire il tirocinio alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris diciamo che è stata imprevista. Infatti l’avrei dovuto svolgere presso un’altra istituzione e fra le opzioni rimanenti che la professoressa aveva elencato c’era appunto la Casa dei risvegli. Ho scelto di venire qui per diversi motivi: sono rimasta colpita dalle parole di Fulvio quando è venuto a scuola a descriverci in che modo è nata questa struttura e ci ha raccontato di suo figlio Luca quindicenne entrato in coma, poi scomparso e anche per la mia curiosità di provare un’esperienza insolita. Ci sono stati momenti molto toccanti quali la visone del film “L’alba di Luca” che narra proprio la vicenda di questo ragazzo e l’incontro con le persone ricoverate; alcune delle quali mi trasmettevano una gioia immensa e altre molta malinconia. Di fronte a loro mi domandavo “che cosa pensano? Che cosa potrei fare nel mio piccolo?” Ma è difficile, le parole non ti escono dalla bocca e allora ti limiti ad un sorriso e cerchi di afferrare quello che vogliono dire tramite il loro sguardo. Ringrazio in modo particolare Laura Trevisani che ci ha accompagnato in questo “cammino” con una grinta pazzesca e un enorme disponibilità e un ringraziamento unico agli altri operatori. Per concludere “ Tutto si può fare se si ha entusiasmo” questo è l’insegnamento (scritto da Henry Ford) che ho compreso da questa esperienza. Tiziana Cattozzo, Martina Gotti, Eleonora Guglielmi, Agnese Andrini. Classe 4b, Istituto Mattei Liceo delle Scienze Sociali San Lazzaro di Savena I N I Z I AT I V E 13 Il Risveglio della natura Festa di Primavera a favore della Casa dei Risvegli Luca De Nigris Venerdì 30, sabato 31 marzo, domenica 1 aprile 2007 i portici di via Dagnini a Bologna si animano per una Festa di Primavera a favore della Casa dei Risvegli Luca De Nigris. A Primavera la natura si risveglia, è cosa nota. E’ tutto un fiorire di alberi e prati, gli animali escono dal letargo, esseri umani compresi, il sole più brillante e le giornate più lunghe rendono i colori vividi, ci si sente più forti e allegri, si ha voglia di stare all’aria aperta. E’ cosa nota, è vero. E’ così tutti gli anni, dalla notte dei tempi, ma, tutte le volte, tutti gli anni, dalla notte dei tempi, ci risvegliamo, in Primavera. Inseguendo queste sensazioni, cercando – mentre viviamo il nostro personale risveglio annuale – di sentirle fino in fondo, possiamo capire subito il senso de Il Risveglio della Natura, l’inziativa promossa dal Consorzio Operatori Commerciali di Via Dagnini per la Casa dei Risvegli Luca De Nigris in collaborazione con Flora 2000 Gar- den Shop e ComunicaMente per la parte organizzativa. Tre giorni, 30, 31 marzo e 1 aprile, dove questo senso di Risveglio universale prenderà la mano al lento, ma altrettanto sorprendente, Risveglio dal Coma. Un metafora, insomma, un punto di vista per trasmettere al grande pubblico una tematica delicata e fortissima allo stesso tempo, come è, appunto, il Risveglio dal Coma; due risvegli così affini per il concetto base che tutti e due si portano dietro: la riscoperta del mondo che ci circonda, la riapertura dei sensi, il cercare di non dare per scontato qualcosa solo perchè lo abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. Ecco quindi che i portici di Via Dagnini si trasformeranno in un’esplosione di fiori, colori e aromi offrendo a grandi e piccini un colpo d’occhio unico che trasmetta l’idea di vivere “da dentro” la Primavera che si risveglia. Inoltre per le scuole e l’utenza libera, tanti laboratori e attività a tema: un mondo in bottiglia. Per le scuole elementari, dove i materiali naturali, i colori e l’acqua si mescolano in un vasetto di vetro per trasformarsi in un mondo incantato fatto di fiori e frutti. SE-ME per le medie; creare una bustina con materiali e pensieri per formare l’essenza personale di risveglio. Per l’utenza libera: faccia a faccia con la primavera dove i volti dei bimbi verranno dipinti come un fiore. I colori della stagioni e la scala cromatica dei verdi dove su tanti cartelloni i bambini sono invitati ad iniziare e proseguire una grande installazione artistica che abbia per tema il risveglio. Si potranno utilizzare differenti tecniche e materiali: matite, pennarelli, acquerelli, collage, ritagli, petali, foto ecc… L’installazione artistica verrà poi donata alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris. E infine Clown, palloncini a forma di fiori, giocoleria itinerante e intrattenimento di strada con l’Associazione Ion Creanza. Simona Pinelli Per informazioni www.comunicamentesnc.it 051-6449699 Nel cuore della città in piazza Maggiore si recita Plauto alla maniera di Guccini “Nel cuore della città solidarietà in festa per la Casa dei Risvegli Luca De Nigris” è il titolo della manifestazione che si sta preparando l’11 e 12 maggio in piazza Maggiore. Un momento di solidarietà per festeggiare i dieci anni dell’associazione “Gli amici di Luca” ma anche una due giorni di riflessione sui temi della prevenzione, della sicurezza stradale e degli esiti di coma. Nel ricco programma realizzato dall’associazione Cirenaica assieme all’Avis, la Croce Rossa Italiana volontari del Soccorso di Bologna, l’Ausl di Bologna gruppo “Oltre le Barriere” , il Comune e la Provincia di Bologna settore Mobilità saranno coinvolti i ragazzi delle scuole primarie e degli istituti superiori in una momento di drammatizzazione frutto di una serie di incontri di preparazione. Tra artisti di strada l’11 maggio sarà la volta del concerto PRAISING PROJECT GOSPEL ENSEMBLE con ospiti a sorpresa mentra la sera del 12 maggio novità assoluta in piazza Maggiore FRANCESCO GUCCINI presenta il GRUPPO DILETTANTI PAVANESI in AULULARIA di Plauto tradotta da lui stesso nel dialatto pavanese non più par- lato, che definisce “di tipo toscano ma profondamente segnato da caratteristiche emiliane”, per la regia di Marco Brogiotti. Francesco Guccini, modenese di nascita, pavanese d’adozione introdurrà, in veste di presentatore, la commedia di Plauto, da lui tradotta dal latino nel dialetto pavanese, caratteristico del paesino della montagna pistoiese, Pavana, dove il cantautore vive da anni in un mulino appartenuto in passato alla sua famiglia. E’ noto il profondo rapporto che lega Guccini a Pavana, la terra d’origine della sua famiglia paterna e della sua infanzia. una frazione di sambuca pistoiese, infatti, il paese del padre, Ferruccio Guccini. E a questo paesino il cantautore ha dedicato il suo primo romanzo “Cròniche epafániche” e nel 1998 ha pubblicato il “Dizionario del dialetto di Pavana”. A Francesco Guccini dunque il compito di introdurre per la prima volta in piazza Maggiore la commedia plautina che sarà interpretata dalla compagnia di attori amatoriali di pavana: il “Gruppo dilettanti pavanesi”. CONVEGNI 14 LIGURIA L’ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE PER LE GRAVI CEREBROLESIONI: “REALTÀ LOCALI” 18 Maggio 2007 Palazzo Tursi - Sala di rappresentanza, piano II - Via Garibaldi, 9 - Genova convegno promosso dall’associazione “Rinascita e Vita” Programma preliminare Ore 8.30 - Registrazione partecipanti al Convegno Ore 9.00 - Saluti delle autorità : Dott. Claudio Burlando Presidente della Regione, Dott. Giuseppe Pericu Sindaco di Genova, Dott. Claudio Montaldo Ass.re alla Salute, Dott. Paolo Giuseppe Veardo Ass.re alla Città Solidale e alla Sanità, dott. Alessio Parodi Direttore Generale ASL, Dott. Enrico Bartolini Pres. Ord. Dei Medici. Ore 9.30 - Presentazione del Convegno Dott. R. Rago Prima Sessione – Moderatori: Dott. R. Rago – Dott.sa D. Dall’Agata Ore 10.00 - D. Dall’Agata: Organizzazione dei servizi per le gravi cerebrolesioni Ore 10.15 - M. Mantero – P. Moretti: “Realtà ligure” Ore 10.30 - E. Di Girolamo: “ Associazione Italiana Rinascita Vita - Genova “ Ore 10.45 - M. Butini “Esperienze dell’Ass.ne Rinascita e Vita nell’ultimo Triennio” Ore 11. 00 - Coffee Break Ore 11.30 - J. Truelle: “L’organizzazione sanitaria gravi cerebrolesioni in Francia” Ore 12.00 - J. Barucq: “ Modello francese di gestione delle Associazioni dei Familiari “ Ore 12.30 - J. L. Carion: “Il ruolo della famiglia : Fisioterapista o avvocato ?“ Ore 13. 00 - Interruzione dei lavori Seconda Sessione – Moderatori: Prof.sa A. Mazzucchi – Dott. F. De Nigris Ore 14.15 - M. Forni; M. Diverio: “Studio epidemiologico degli stati vegetativi in Liguria” Ore 14.30 - R. Formisano: “Indicatori prognostici precoci” Ore 14. 45 - M.E. Villa: “Casa Dago” Ore 15.00 - P. Salvi: “ Realtà locale nella provincia di Bergamo” Ore 15.15 - F. De Nigris: “Casa dei Risvegli Luca De Nigris: un nuovo modello territoriale” Ore 15.30 - R. Piperno: “Recupero della coscienza negli stati vegetativi” Ore 15.45 - A. De Tanti: “Servizi territoriali in Emilia Romagna” Ore 16.00 - C. Perino: “Esperienze di trattamenti semiresidenziali “ Ore 16.15 - B. Vetrino: “Realta Associazione Traumi Encefalici ” Ore 16.30 - G. Dolce: “Stato vegetativo: Cure proporzionate ed accanimento terapeutico” Ore 16.45 - G.A. Checchia; C. Lentino; : “Definizione di modelli operativi per gli stati vegetativi in Liguria Ore 17.00 - Stefano.A Inglese consigliere del Ministro della Salute : “Conclusioni” RELATORI M. Barucq Jean - Président de l’Union Nationale des Associations de Familles de Traumatisés Crâniens (UNAFTC) - Paris; Dott.sa Butini Manuela - Direttore Sanitario Associazione Italiana Rinascita Vita; Josè Leon Carion - Direttore della cattedra di Neuropsicologia Università di Siviglia - Spagna; Dott. G.A. Checchia Direttore di medicina riabilitativa dell’Ospedale S. Corona Pietra Ligure - Savona; Dott.sa. Daniela Dall’Agata - Dirigente Medico Direttore Dipartimento Cure Primarie A.S.L. 3 Genovese - Genova; Fulvio De Nigris - Associazione Gli amici di Luca - Direttore Centro Studi per la Ricerca sul Coma - Bologna; Dott. Antoni De Tanti - Direttore Clinico Centro Cardinal Ferrari - Fontanellato, Parma; Sig.ra Elena Di Girolamo - Presidente dell’Associazione Rinascita Vita - Genova; Dott.sa Manuela Diverio - Dirigente medico Polo riabilitativo del Levante Ligure - Sarzana; Prof. Giuliano Dolce - Direttore Scientifico Istituto S. Anna - Crotone; Dott.sa Formisano Rita - Primario Centro Post-coma Istituto S. Lucia - Roma; Dott. Lentino Carmelo - Dirigente Medico dell’Ospedale Santa Corona Pietra Ligure - Savona; Dott. Marco Forni - Responsabile Polo riabilitativo del Levante Ligure - Sarzana; Dott. Mantero Massimo - Direttore U.O. Riabilitazione Ospedale S. Martino - Genova; Prof. Mazzucchi Anna - Consulente Unità di Riabilitazione Cognitivo e Comportamentale Istituto S. Anna - Crotone, Consulente Neuroriabilitatore Associazione Rinascita Vita - Genova; Dott. Moretti Paolo Responsabile Gravi Cerebrolesioni Ospedale San. Martino - Genova; Dott. Perino Claudio - Primario Fisiatra Ausiliatrice – Fodazione Don Gnocchi - Torino Prof. Piperno Roberto - Direttore Casa dei Risvegli Luca De Nigris - Direttore Medicina Riabilitativa Ospedale Maggiore - Azienda Usl di Bologna; Dott. Rago Roberto - Direttore scientifico Associazione Rinascita Vita - Genova; Dott. Salvi Pietro - Responsabile centro neurologico Villa Quarenghi - San Pellegrino Terme - Bergamo; Prof. Jean-Luc Truelle - Vice-président de l’ European Brain Injury Society (EBIS) - Service de médecine physique et réadaptation CHU RaymondPoincaré, Garches; Dott.sa Vetrino Bianca - Presidente Associazione Traumi Encefalici - Torino; Sig.ra Villa Maria Elena - Presidente Associazione ARCO 92 - Roma Segreteria Organizzativa Piazza della Vittoria 9/4 Genova - Tel 010.582413 - Tel 010.8680495 - [email protected] - www.rinascitaevita.it 010.541150 - Fax Nel corso del convegno verrà presentata “La Rete delle associazioni” EMILIA ROMAGNA Azienda Unità Sanitaria Locale di Ravenna Dipartimento di Oncologia ed Ematologia U.O. di Terapia Antalgica e cure Palliative VIVERE LA MALATTIA INGUARIBILE. I LIMITI DELLA TERAPIA NELLA ADEGUATEZZA DELLA CURA 24-25-26 maggio 2007 - Centro Socio Culturale e Ricreativo “IL TONDO” Via Luimagni, 6 - LUGO DI ROMAGNA (Ra) 24 MAGGIO 2007 Ore 13,45 Apertura dei lavori - Saluti delle Autorità IDENTIFICAZIONE DELLE NECESSITA’ NEL MALATO ONCOLOGICO IN FASE CRITICA Moderatore: Maurizio Marangolo Ore 14,30 Il Programma Cure Palliative e Terapia del Dolore della Regione Emilia Romagna - Elena Marri - Bologna 25 MAGGIO 2007 Ore 8,30 UNA RETE PER LE CURE PALLIATIVE NON ONCOLOGICHE Moderatore: Michele Gallucci - Desio Norina Marcello - neurologia Reggio Emilia, Francesco Albertini - malattie infettive Ravenna, Edoardo Dal Monte - geriatria Ravenna, Daria Da Col Dirigente Servizio Infermieristico, Maurizio Leccabue - Terapia Antalgica Parma, Alfredo Potena - Pneumologia Ferrara Ore 10,50 Break Ore 14,50 Le cure in Oncologia: fra innovazione e palliazione Andrea Angelo Martoni - Bologna Ore 15,20 La rete delle Cure Palliative in Area Vasta Romagna Mattia Altini - Forlì Ore 15,50 Break Ore 16,15 L’organizzazione ospedaliera dalla Confraternita ai giorni nostri Sonia Muzzarelli Ore 11,10 LA NUTRIZIONE ARTIFICIALE NELLA DIGNITA’ DELLA PERSONA Moderatore: Maurizio Muscaritoli Roma - Marco Zanello Bologna Daniela Santini - nutrizionista Ravenna, Mauro Pittiruti - chirurgo Roma, Davide Tassinari - oncologia Rimini, Lucchetti - Rianimazione Lecco Ore 12,30 Discussione della mattinata Ore 13,00 Lunch Ore 16,30 Hospice: modelli diversi per malati uguali Donatella Righetti - Rimini, Paola Turci - Savignano, Marco Maltoni - Forli’, Luigi Montanari - Lugo, Angelo Gambi - Faenza Denis Saccani - Reggio Emilia Ore 13,40 SESSIONE POMERIDIANA La sessione è aperta anche ai Responsabili dei Servizi Socio-Sanitari, ai Rappresentanti delle Associazioni di Volontariato e del Tribunale dei Diritti del Malato. Cosa caratterizza l’Hospice Ospedaliero? - Ivonne Zoffoli Ore 18,45 Discussione Ore 19,15 Chiusura dei lavori PRESIEDE: Sergio Zavoli STATO ATTUALE DELLA TERAPIA DEL DOLORE E DELLE CURE PALLIATIVE NELLE ISTITUZIONI Moderatore: Bianca Caruso - Ravenna CONVEGNI Ore 13,40 La Terapia del Dolore e le Cure Palliative nell’insegnamento universitario - Rita Maria Melotti - Bologna Ore 14,00 La situazione della Terapia del Dolore nel panorama Sanitario Nazionale - William Raffaeli - Rimini Ore 14,20 Il bisogno formativo in Cure Palliative Danila Valenti - Bologna 15 26 MAGGIO 2006 Ore 8,30 IL MALATO ONCOLOGICO CON DOLORE FRA OSPEDALE E TERRITORIO Moderatori: Maurizio Marangolo - Mauro Taglioni Introduzione: Il Progetto Regionale “MALATO CON DOLORE” Barbara Curcio Lubertini Ore 8,50 Ore 14,40 Dalle Cure Palliative alle Cure di fine vita Carlo Perruselli - Milano Perché monitorare il controllo del dolore sul Territorio ? Marisa Bianchin Ore 9,10 Ore 15,00 Discussione Ore 15,20 Il malato in coma - (anestesista) Ore 15,40 Nuovi indizi sulla complessità dello stato vegetativo Alberto Battisini - U.O. Medicina riabilitativa Ospedale Maggiore Casa dei Risvegli Luca De Nigris – Bologna Ore 16,00 L’esperienza della Casa dei Risvegli e il ruolo della famiglia Fulvio De Nigris - Direttore Centro Studi sul Coma - Bologna Dalla progettazione alla realizzazione del programma Maurizio Leoni - Coordinamento metodologico Gruppo infermieristico: Piero Amati - Degenza Onco-Ematologia Ravenna, Valeria Cremonini - Day Hospital P.O. di Ravenna e Lugo, Antonella Cerchierini - Assistenza Domiciliare Distretto di Lugo Il malato con dolore difficile: il ruolo dell’U.O. di Terapia del Dolore Daniela Guerrini – Terapia Antalgica e Cure Palliative Aziendale Ore 16,20 Discussione Ore 10,30 Il Medico di Famiglia come gestore della situazione del dolore a domicilio - Gian Paolo Zauli - Faenza Ore 16,40 Break Ore 10,50 Discussione Ore 17,00 TAVOLA ROTONDA ETICA, MEDICINA LEGALE E DIRITTO NELLA MALATTIA INGUARIBILE Moderatore: Giuseppe Venturini Intervengono: Paolo Carlotti - docente Teologia morale Università Pontificia Salesiana, Roma Alberto Cicognani - Medico Legale Università di Bologna Stefano Canestrari - Docente di Diritto Penale Università di Bologna Anna Mori - Magistrato Tribunale di Ravenna Ore 11,10 Break Ore 19,15 Conclusioni del Presidente Ore 14,00 - 18,00 SESSIONE PARALLELA METODICHE DI INCANNULAMENTO VENOSO CON PICC ECOGUIDATO Ore 11,30 LE CURE PALLIATIVE NON ONCOLOGICHE: L’ESPERIENZA DEL TERRITORIO RAVENNATE Moderatore: Rasi - Saccani Introduce: Virgilio Ricci Guarneri o Pezzi - anestesista Ravenna, Giancarlo Piccinini - Pediatra Ravenna; Umberto Priolo - Pneumologo Ravenna; Sergio Marescotti - Assistenza Domiciliare Distretto di Ravenna; Lia Guerrini - Terapia Antalgica 12,30 Discussione Segretera Organizzativa: tel. 0545.214324 PIEMONTE BRA (Cuneo) - Polifunzionale G. Arpino - Largo della Resistenza, 45 - Sabato 14 Aprile COMA E STATI VEGETATIVI: STRUTTURE PER LA CURA ED ASSISTENZA DOMICILIARE Convegno promosso da “Gli amici di Daniela” in collaborazione con “Gli amici di Luca” moderatore: Fulvio DE NIGRIS 11,00 Saluto delle Autorità: Dott. Camillo SCIMONE - Sindaco di Bra (Cn) 11,15 Relatori: 09,15 09,30 09,45 10,00 10,15 10,30 10,45 “Una nuova associazione per costruire una struttura di eccellenza in Provincia di Cuneo” Luigi FERRARO Presidente “Gli amici di Daniela” O.N.L.U.S – Bra (Cn) “La Casa dei Risvegli Luca De Nigris di Bologna”: un nuovo modello di assistenza e ricerca. Prof. Roberto PIPERNO Direttore Casa dei Risvegli Luca De Nigris – Azienda Usl di Bologna Direttore Medicina Riabilitativa Ospedale Maggiore – AUsl Bologna “Il ruolo della famiglia e dei volontari per una nuova alleanza terapeutica” Maria VACCARI Presidente Associazione “Gli amici di Luca” O.N.L.U.S - Bologna “Coma e stati vegetativi” Dott. Roberto RAGO Dir. Scientifico associazione “Rinascita e vita” O.N.L.U.S - Genova. "Modello ligure: l'assistenza domiciliare". Elena DI GIROLAMO Presidente Associazione “Rinascita e Vita” O.N.L.U.S. Genova. "L’esperienza del territorio di Bra e dintorni: il contributo del servizio sociale e il valore dell'integrazione socio-sanitaria" Dott.ssa Anna ABBURRA’ Direttore Consorzio socio-assistenziale “IN.TE.SA” Bra (Cn). Break 11,30 11,45 12,00 12,15 13,00 13,30 “Realtà della provincia di Cuneo” Dott. Gianfranco LAMBERTI Dir. Struttura Complessa e unità gravi celebrolesioni Asl 15 Cuneo. “Convivere con la malattia: qualità della vita e voglia di normalità” Fulvio DE NIGRIS Direttore Centro Studi per la ricerca sul Coma - Bologna Membro della commissione Ministeriale “Cure palliative, terapia del dolore, stati vegetativi, dignità di fine vita”. “La realtà francese” Dott. Jean BARUCQ (Francia) Presidente Unione Nazionale Francese delle Associazioni Famiglie Traumatizzati Cranici “L’organizzazione in Francia per la presa in carico degli stati vegetativi cronici” Modello Ile de France. Dott. Jean Jacques WEISS (Francia) Direttore del Centro di Risorse Ile de France traumatizzati cranici “Aspetti bioetici e risposta sanitaria” Prof. Pietro Paolo DONADIO Primario struttura complessa anestesia e rianimazione 9 Ospedale Molinette Torino Dibattito Conclusioni: On. Raffaele COSTA - Presidente Giunta Provinciale di Cuneo Dott. Giovanni MONCHIERO - Direttore Generale Asl 18 Alba-Bra Dott.ssa Bruna SIBILLE - Assessore Regione Piemonte Fine lavori Segreteria organizzativa: Gli amici di Daniela - Luigi Ferraro - Tel. 335.6504515 e-mail: [email protected] S P O RT E S O L I D A R I E TA’ 16 L’impegno di Osteria Grande per la solidarietà di Vincenzo Zacchiroli sindaco di Castel San Pietro Terme B atte sempre forte il cuore solidale di Osteria Grande. Un cuore grande che non ha confini e abbraccia tutto: le persone in difficoltà, i bambini, gli anziani, i popoli del mondo, la cultura, la politica, le attività economiche, lo sport. Lo Sport con la “S” maiuscola, del quale l’Associazione Calcio Osteria Grande è un caso esemplare, insieme a tante altre realtà presenti in questo paese, dalla pallavolo al basket, dalla ginnastica artistica al pattinaggio, al tennis, e tante altre, non ultimo il Bocciodro- mo, luogo di sport ma soprattutto di socialità, di aggregazione, di incontro fra le generazioni. L’associazione Calcio di Osteria Grande è fatta di uomini - dai dirigenti agli allenatori - attenti alla formazione dei giovani come persone prima che come atleti, alla socializzazione nel gruppo prima che agli schemi di gioco della squadra. Il risultato sportivo non è mai la cosa più importante, ma proprio per questo, mettendo i valori al centro dell’attenzione, alla fine i successi arrivano ancora più numerosi, più importanti, più sentiti. E’ questo lo sport che l’Amministrazione Comunale vuole promuovere e far crescere. Per questa realtà è importante continuare investire le risorse della comunità. Di cose ne abbiamo fatte tante in questi anni, dalla pista polivalente per il pattinaggio, il calcio a cinque e il basket, ai nuovi spogliatoi per il campo sportivo, un edificio capace di ospitare non solo le squadre ma anche gli uffici delle società e altre attività. E c’è ancora molto da fare per lo sport e per tutta la comunità di Osteria Grande. L’Associazione Calcio Osteria Grande collabora da diversi anni con “Gli Amici di Luca” che ha dato vita alla “Casa dei Risvegli Luca De Nigris”, un centro innovativo di riabilitazione e di ricerca che è nato da una grande tragedia personale. Va dato merito ai genitori di Luca che hanno saputo trasformare questo dolore realizzando una grande opera sociale a cui forse nessuno aveva mai pensato. Non è un caso che la sensibilità dei tanti volontari di Osteria Grande che operano in questo ambito sportivo si sia incontrata proprio con questo progetto. I due tornei per bambini che l’Associazione Calcio organizza nel corso dell’anno sono intitolate a Maurizio Ragazzi e Fabio D’Amato, due giovani amici scomparsi, che vengono così ricordati insieme alle famiglie, coinvolgendo con spirito positivo e solidale l’intera comunità. Ringrazio gli organizzatori, gli sportivi e tutti coloro che collaborano a queste belle iniziative. In bocca al lupo per le attività dell’Associazione Calcio di Osteria Grande e in particolare per le prossime manifestazioni sportive e per i progetti di solidarietà a cui sono dedicate. A.C. Osteria Grande un punto di riferimento per tutta la comunità di Francesco Dall’Olio O steria Grande è un paese di 4500 abitanti che si trova lungo l’asse della Via Emilia, a est di Bologna. È frazione di Castel San Pietro Terme, Comune di 20000 abitanti, dove tante sono le iniziative durante l’intero anno: il famoso Settembre Castellano, il Convegno Nazionale della Matematica, Tornei di Golf a livello nazionale ed internazionale. In questa cornice operano nella frazione diversi centri di aggregazione per favorire la socializzazione. Nonostante sia una società sportiva, l’Associazione Calcio Osteria Grande è diventata un centro di riferimento importante nella vita della frazione stessa. Questa società, nata nel 1982, accoglie più di 150 ragazzi che giocano nelle squadre giovanili: dalla scuola calcio (5-6 anni) fino ad arrivare ai maggiorenni della juniores la società ha costruito in questi anni uno spirito comune che lega chi fa parte delle squadre biancoblù. Il rispetto per gli avversari, per gli arbitri, per tutte le persone che lavorano gratuitamente ogni giorno alla cura e alla gestione degli impianti, per il proprio allenatore, per i compagni vige in maniera rigorosa. A Osteria Grande il risultato sportivo viene lasciato in secondo piano fino ad una determinata categoria. I vertici dirigenziali hanno dato mandato agli allenatori delle squadre in cui giocano i bambini e gli adolescenti, di far crescere tutti quanti alla medesima maniera, senza “lasciare indietro” nessun ragazzo. La socializzazione, lo star bene insieme, il crescere insieme vengono prima di tutto. I risultati arriveranno. E la politica della società paga: nella stagione scorsa 2005-06 l’Osteria Grande ha conquistato ben tre campionati. Gli “adulti” della squadra militante in seconda categoria hanno vinto il campionato e sono stati promossi in Prima Categoria, La squadra di calcio a 5 ha vinto la Coppa Italia e si è guadagnata la promozione in serie C1. La squadra Juniores ha conquistato il titolo di Campione della Provincia di Bologna. L’aspetto più bello di questa società è che riesce effettivamente ad abbinare tre aspetti fondamentali: la competizione, la socializzazione e la solidarietà. L’associazione Calcio Osteria Grande punta molto sulla solidarietà; solidarietà intesa sia come espressione di gesti e opere volte a favorire un scopo benefico-solidale, sia come aspetto fondamentale della vita sportiva. Come? Nel modo più banale forse, ma che a volte viene dimenticato: nella solidarietà tra i compagni di squadra. Durante una partita, durante un allenamento, nei piccoli momenti di condivisione insieme ai compagni di squadra la società richiede spirito di solidarietà che viene espresso con l’aiuto nei momenti di difficoltà dentro e fuori dal campo, con la condivisione di gioie o delusione sportive, con un grande spirito mutualistico nei confronti della persona che come te cerca di fare il massimo per rendere la squadra per cui giochi un unico blocco difficile da scalfire. L’Osteria Grande è impegnata anche nell’altro tipo di solidarietà, quella in aiuto di chi ha bisogno. Recentemente la società ha compiuto un adozione a distanza, auto finanziandosi per permettere ad un bambino boliviano di nome Roger di poter vivere in condizioni migliori. Da anni invece è in atto una collaborazione con l’associazione “Gli amici di Luca”. La società ogni anno organizza due tornei per bambini. Uno in occasione delle festività natalizie, l’altro nei mesi primaverili. Entrambi sono dedicati a due amici dell’Osteria Grande calcio scomparsi tragicamente: Maurizio Ragazzi e Fabio D’Amato. Una parte degli incassi provenienti dai tornei vengono devoluti all’associazione “Amici di Luca”, il cui logo appare ance come sponsor nelle maglie indossate ogni settimana dai bambini più piccoli che giocano a calcio con la maglia dell’Osteria Grande. Chi vi scrive è nato, cresciuto e maturato in questa società. Non ho la certezza di aver trasmesso a chi legge cosa significa far parte di questo ambiente, forse bisogna vivere un esperienza per capirla davvero. Osteria Grande è un piccolo paese sulla Via Emilia, ma le persone che vivono in questa società ogni giorno si impegnano spropositatamente per renderlo migliore, per aiutare i nostri ragazzi a crescere, per favorire la voglia di stare insieme, per rendere passo dopo passo più “GRANDE” questa società. S P O RT E S O L I D A R I E TA’ 17 Sarai per sempre con noi Trofeo Fabio D’Amato S ono passati ormai quasi tre anni dalla scomparsa del nostro Amico Fabio, ed il suo ricordo rimarrà per sempre indelebile nei nostri cuori. L’organizzazione di questo torneo, ormai giunto alla sua terza edizione, è solo un piccolo modo per ricordarlo, e per apprezzare quelle che erano le sue qualità più grandi: la sincerità, l’amicizia…e l’amore per questo sport. E per dare spazio allo sport nella sua “veste” più naturale, all’insegna del gioco e della spensieratezza, la Società Osteria Grande, con grandi sforzi, ha deciso di ampliare la manifestazione, organizzando competizioni per ben tre categorie, nelle giornate di Sabato 12 e Domenica 13 maggio 2007. Il nostro impianto sportivo, completamente rinnovato, sarà teatro, nel pomeriggio di sabato, dei tornei per le categorie Piccolo amici 99/00 a 5 giocatori (6 squadre) e Pulcini 98 a 6 giocatori (6 squadre); domenica 13, per tutto l’arco della giornata (fase eliminatoria al mattino, fase finale e premiazioni al pomeriggio), si disputerà invece il torneo per Pulcini 9697 a 7 giocatori (8 squadre). In entrambe le occasioni sarà possibile usufruire del nostro servizio di ristoro, che sorprenderà per la cortesia e la qualità che da sempre ci contraddistingue; nella giornata di domenica, le squadre ed i relativi allenatori avranno diritto gratuitamente al pranzo, che verrà loro riservato alle ore 13.00, chiediamo pertanto di segnalare eventuali problematiche e/o intolleranze alimentari; alle 13.30, per i genitori, parenti e simpatizzanti, sarà possibile pranzare attraverso una prenotazione, effettuabile in loco, durante la mattinata, entro le ore 11.00. Le iscrizioni per le squadre sono gratuite, ed effettuabili tramite l’allegato modulo d’iscrizione, da spedire via fax entro e non oltre il 28/02 (ricordiamo che comunque le iscrizioni chiuderanno al raggiungimento del tetto di squadre prefissato). Unitamente alla famiglia D’Amato vi ringraziamo anticipatamente, confidando nella vostra partecipazione a queste giornate di sport, ricordi e divertimento. Daniele Leoni E’ in previsione un concorso fotografico per ricordare Fabio D’Amato che riguarderà la tematiche dello sport Il regolamento completo sarà pubblicato sul prossimo numero. Le “toste” del San Lazzaro Pallavolo giocando con Gli amici di Luca sul cuore ascoltare la storia di Luca e il lavoro svolto dall’associazione nella Casa dei Risvegli Luca De Nigris sulle persone (malati e familiari) che intraprendono questo viaggio nel coma. Dal punto di vista sportivo questa edizione si è conclusa con la vittoria delle ragazze della Scuola di Pallavolo Anderlini di Modena (società che ha partecipato alle prime edizioni del Vale la Pena) e da un buon ottavo posto per le nostre ragazze soprannominate per l’impeto e la grinta “Toste”. Gabriele Forni Come ormai tradizione l’inizio dell’anno è caratterizzato dalla partecipazione della nostra under 16 al torneo del Tricolore di Reggio Emilia che si svolge nel capoluogo emiliano i primi giorni di gennaio. Questa partecipazione è per noi un piacere ma anche un obbligo per l’attenzione che gli amici del Giovolley hanno per il nostro torneo ‘Vale la Pena’ del 7 ottobre a cui non sono mai mancati nelle sei edizioni fin qui disputate. Così anche quest’anno la manifestazione ha visto le magliette del San Lazzaro Pallavolo Amici di Luca in campo schiacciare, murare ogni pallone in bellissime partite di pallavolo ma soprattutto anche questa edizione del Tricolore è servita a diffondere ad una platea sempre più vasta il messaggio di solidarietà dell’associazione di cui siamo partner. E la curiosità del significato di quel logo che campeggia sulle magliette delle nostre ragazze è sempre tanta, così come tanta è poi la voglia di 18 S PA Z I O D I L U C A I Centri Sociali per “Gli amici di Luca” L’associazione “Gli amici di Luca” ormai da 7 anni ha la sua sede in via Saffi e nel corso delle sue numerose attività ha avuto diversi contatti con le istituzioni del Quartiere Porto, con cui è nato un rapporto di collaborazione efficace e produttivo nelle diverse iniziative promosse insieme e nei momenti di sensibilizzazione sulle problematiche del trauma cranico e del coma. Recentemente il rapporto si è allargato ad un’istituzione molto viva nel tessuto sociale del Quartiere: il Centro Sociale Saffi, associazione che si occupa di promozione sociale e culturale e che opera grazie soprattutto all’intenso impegno di alcuni pensionati che danno del loro tempo per promovere iniziative rivolte a tutta la cittadinanza di tipo musicale, teatrale e ricreativo in generale. Recentemente infatti il Centro Sociale Saffi ha organizzato due iniziative a favore della nostra associazione e del progetto della Casa dei Risvegli Luca De Nigris: il 22 febbraio si è tenuto un concerto del coro “I Guelfi” che hanno intonato numerosi pezzi di un repertorio molto originale nel panorama del canto corale, accompagnati da stupende immagini proiettate sullo schermo; domenica 4 marzo, poi, si è svolta presso il Centro Sociale la “Festa della Soli- darietà” con musica, ballo e lotteria e la presenza molto numerosa dei soci che hanno contribuito a raccoglire una cospicua cifra devoluta a favore della Casa dei Risvegli Luca De Nigris. Entrambi gli eventi sono stati estremamente piacevoli e hanno costituito per noi dell’associazione “Gli amici di Luca” occasioni di incontro con persone interessate a conoscere il progetto che portiamo avanti nell’assistenza alle persone che passano la tremenda esperienza del coma. Di questo siamo grati, perché crediamo fortemente che diffondere un’informazione corretta in questo ambito sia fondamentale per fare in modo che un’azione di solidarietà non rimanga solo beneficenza, ma azione attiva nelle problematiche che emergono nel sociale. I fondi raccolti serviranno a supportare i progetti di affiancamento alle famiglie ospiti della struttura. Per dare il nostro contributo alla diffusione dell’informazione sull’importante funzione dei Centri sociali volentieri pubblichiamo il documento pervenutoci: “Il futuro dei Centri Sociali di Bologna e Provincia, realtà, problematiche e prospettive”. Maria Vaccari DOCUMENTO DEL COORDINAMENTO PROVINCIALE PER L’ASSEMBLEA APERTA DEL 29 NOVEMBRE 2005 1. I Centri: affermazione e sviluppo di una nuova forma associativa La realizzazione dei Centri ricreativi culturali autogestiti dagli anziani, definizione aggiornata dei Centri sociali anziani, iniziata a Bologna nel 1977, si è largamente diffusa sia nel territorio cittadino che in quello dei Comuni della provincia, giungendo oggi alla presenza complessiva di 96 centri (36 a Bologna, 60 in provincia) con un totale di 45.445 soci tesserati (18.286 a Bologna, 27.159 in provincia). Si è andata quindi affermando e consolidando nel tempo la validità di una nuova forma associativa giunta ormai al livello massimo del sviluppo come numero di Centri (almeno a Bologna, mentre in Provincia sussistono ancora possibilità di ulteriore crescita). 2. Il modello di assetto istituzionale dei Centri Nel territorio considerato i Centri sono oggi nella loro totalità operanti all’interno di spazi e di edifici di proprietà comunale e concessi per lo svolgimento di un “pubblico servizio” attraverso attività di valore sociale rivolte ai cittadini ed alle persone anziane in particolare. I rapporti dei Centri con i Comuni e con i Quartieri per quanto riguarda Bologna sono formalmente regolati da apposite convenzioni che stabiliscono i diritti e doveri delle parti. Nello stesso tempo i Centri, in quanto entità di natura privatistica, aderiscono ad una Associazione nazionale (A.N.C.e.S.C.A.O.) riconosciuta a livello ministeriale con decreto 4 marzo 1994 ed iscritta al Registro nazionale delle associazioni di promozione sociale, con atto in data 6 settembre 2002, hanno conformato i loro Statuti (e Regolamenti) ai principi generali dello Statuto nazionale ed alle vigenti normative del settore (legge 460/1997; legge 383/2000) e adottano la tessera annuale dell’Associazione. Ai fini di assumere una linea omogenea di politica sociale e di avere un supporto sul piano organizzativo ed operativo i Centri aderiscono al livello provinciale dell’Associazione (il Coordinamento Provinciale di Bologna) al quale viene riconosciuta una quota del prezzo della tessera nazionale. 3. Il modello di autogestione dei Centri Il modello di funzionamento dei Centri è basato sulla piena autonomia di gestione, sia dal punto di vista finanziario, avvalendosi degli introiti dati dal tesseramento, ma principalmente delle contribuzioni dei soci per la partecipazione alle attività sociali, sia dal punto di vista delle risorse umane attingendo dalle prestazioni a titolo di lavoro volontario e gratuito dei propri soci. Per i dirigenti e gli operatori dei Centri è previsto il rimborso delle spese sostenute per lo svolgimento delle loro funzioni. La gestione economico – finanziaria dei Centri si attua, sulla base dei programmi deliberati dagli organi statutari e trova riscontro formale nel Bilancio consuntivo annuale, sottoposto all’approvazione dell’Assemblea dei Soci. Sul piano organizzativo i Centri in genere sviluppano la loro attività attraverso Commissioni o gruppi di lavoro riferiti a specifiche aree di interesse. 4. Il decentramento territoriale Lo Statuto del Coordinamento ha previsto il decentramento territoriale attra- verso la costituzione delle zone che raggruppano nella città e nella provincia aree contigue ed omogenee. I Centri ubicati nelle 16 zone attualmente istituite esprimono i relativi coordinatori di zona che assolvono alle funzioni di raccordo fra i centri della zona ed il collegamento di questi con il Coordinamento provinciale e con gli Enti e gli organismi istituzionali locali. 5. La duplice natura dei Centri I Centri, nati sostanzialmente come strumento di politica sociale delle Amministrazioni comunali, hanno poi via via accentuato il carattere di associazione vera e propria, in questo trovando riscontro nel riconoscimento ministeriale avuto dal Coordinamento nazionale nel 1994. Ma non si è trattato di una trasformazione radicale del modello originario; i Centri hanno inteso armonizzare, nello svolgimento delle loro attività e dei loro servizi e nel rispetto della loro autonomia, questa duplice natura, in parte attinente alla sfera privata del singolo socio regolarmente tesserato ed in parte attinente alla sfera della collettività, in relazione alla funzione attribuita dai Comuni, secondo il cosiddetto principio della sussidiarietà. Ma il modello non ha sempre funzionato perfettamente e da questa ambivalenza sono derivate alcune situazioni da correggere. Da un lato la matrice storica dei Centri li ha portati ad essere considerati, forse in modo un po’ automatico, un braccio naturale delle amministrazioni locali ogni volta ce ne fosse bisogno e quindi su di essi sono state trasferite esigenze e richieste di intervento senza che ne fosse stata verificata preventivamente la possibilità pratica e la condivisione, alle volte anche al di là della funzione istituzionale dei Centri stessi, delineata dagli Statuti. Dall’altro lato si sono avute situazioni in cui i Centri, interpretando erroneamente il principio dell’ autonomia della loro associazione, hanno perso di vista le finalità sociali loro assegnate, si sono chiusi al loro interno, non hanno favorito la partecipazione democratica, il ricambio ed il rinnovamento 6. Il riequilibrio dei rapporti e delle funzioni Le situazioni sopra ricordate alterano gli scopi veri dei Centri e di ANCeSCAO per cui si impone l’esigenza di chiarire le funzioni e l’ambito di azioni che a loro competono. Si è manifestata sempre più l’esigenza che i Centri, attraverso i loro organismi di rappresentanza, vengano considerati dagli Enti locali come interlocutori necessari e paritari, in tempi e modi opportuni nella fase di elaborazione delle strategie generali (piani di zona, programmi di politica sociale, ecc.) e delle singole iniziative che li investono. I Centri poi dovranno essere parte attenta ed attiva nel cogliere le istanze e le esigenze che provengono dal territorio in cui sono collocati, rapportarsi e dialogare costantemente con gli organi di coordinamento (zone e provinciale) per essere in sintonia con le linee generali di azione espresse da ANCeSCAO. Vanno ridefinite le funzioni proprie dei Centri e ricondotte nell’ambito del dettato statutario, per non doversi impegnare in attività e servizi non confacenti alle loro capacità e possibilità e per non sconfinare in aree presidiate da altri Enti o associazioni, coi quali semmai ci si potrà rapportare sul piano della reciproca collaborazione (ad esempio con lo scambio di informazioni).. In riferimento a questo aspetto va sottolineata la nostra collocazione nelle associazioni di promozione sociale anziché nelle Onlus, proprio per le diverse finalità e sfere di azione che hanno i Centri. I Centri si esprimono essenzialmente attraverso la solidarietà sociale, essi non hanno le caratteristiche e le potenzialità per svolgere servizi di assistenza sociale che competono ad altri soggetti specificatamente preposti ed organizzati. 7. Il volontariato, una risorsa da consolidare e da allargare Uno dei valori fondamentali del nostro movimento associativo è tradizionalmente rappresentato dalla presenza costante ed efficace di lavoro volontario Oggi da più parti si colgono nei Centri segnali di stanchezza, di flessione, di preoccupazione. Mentre nel Paese il volontariato in generale è in espansione, nel nostro movimento si manifestano difficoltà determinate prevalentemente dal ricambio generazionale che possono essere superate aggiornando e qualificando i contenuti delle iniziative, dando spazio a nuove fasce di interessi, introducendo ed utilizzando le moderne tecnologie. Occorre superare situazioni anomale di gestioni troppo personalizzate, attivare con continuità gli organi di gestione e di controllo, coinvolgere maggiormente i soci nelle decisioni e nella vita dei Centri, favorire la disponibilità di nuove collaborazioni secondo le inclinazioni personali, dare spazio alle donne. Per consolidare ed allargare il volontariato può essere studiata ed attuata una campagna di sensibilizzazione promossa dalla nostra Associazione ai vari livelli, individuando i metodi e gli strumenti di comunicazione più opportuni ed efficaci. Non può essere però tralasciata la ricerca, a livello generale come Associazione, di soluzioni riguardanti la problematica di un “risarcimento” per quelle prestazioni che nella gestione dei Centri comportano impegni materiali continuativi e particolarmente faticosi. 8. Il carattere “non commerciale” delle attività dei Centri I Centri, in quanto associazioni di promozione sociale, godono di una situazione di vantaggio sul piano fiscale e contabile in virtù della legge 460/1997, a condizione che le loro attività non assumano un carattere commerciale. L’attività sociale dei Centri, va quindi correttamente mantenuta entro l’ambito istituzionale, evitando di perseguire finalità prettamente economiche e commerciali al fine di ottenere maggiori risorse finanziarie. Ecco quindi che il consolidamento del volontariato è elemento importante anche sul piano economico in quanto le prestazioni gratuite dei soci consentono di contenere i costi di gestione, che sono coperti dalle risorse derivanti dal tesseramento, da contributi liberali e dai proventi delle attività non commerciali. 9. Efficienza e visibilità dei Centri Al passo con i tempi, i Centri debbono puntare fin da ora a rendere sempre più abituale e diffuso l’uso di tecnologie informatiche per le attività di gestione e di comunicazione, promovendo al riguardo adeguate azioni formative, ricercando allo scopo la disponibilità di nuovi soci, uomini e donne. Un’azione capillare di consulenza e di assistenza svolta presso i Centri ha intanto consentito di acquisire le cognizioni necessarie per impostare una contabilità di gestione razionale e corretta. Ma al di là della crescita dell’efficienza derivante dalla diffusione dei mezzi tecnologici vi è un aspetto più generale da considerare: quello di migliorare la visibilità dei Centri .Sociali e favorire la partecipazione dei cittadini e soprattutto delle nuove “leve”. E’ indispensabile coinvolgere le varie Associazioni Culturali presenti sul territorio nella conduzione dei Centri accorpando i gruppi in una comune visione del problema, facendo ampia diffusione delle iniziative, del potenziale esistente ed una quotidiana opera di demolizione del luogo comune che cataloga i Centri come ambienti riservati ai vecchi privi di fantasia. Crediamo che occorra allestire spazi accoglienti d’incontro, di confronto, di fiducia, pieni d’umanità dove ogni persona è importante per le sue diversità e non per la capacità e il livello d’omologazione, allestire spazi ove progettare insieme e realizzare piano piano delle iniziative condivise. Per i giovani occorre puntare in alto, non per loro ma con loro, abbandonando la complicità, la pigrizia, il conformismo, la rassegnazione, e saper attendere con fiducia. Il raggiungimento degli obiettivi che ci diamo e che ci daremo necessariamente dovrà coinvolgere Sociologi, Pedagogisti, Assistenti Sociali, ASL e quanti altri interessati a queste problematiche passando attraverso un rapporto sempre più organico con gli Enti Locali. 10. Le zone ortive ed il collegamento con i Centri Le zone ortive, che a Bologna sono 20, per complessivi 2900 orti, cui vanno aggiunti altrettanti in Provincia, rappresentano un altro elemento di aggregazione degli anziani, utili per prevenire e combattere la solitudine e l’ isolamento e per praticare un sano esercizio fisico. Le zone ortive hanno svolto la loro attività in modo parallelo, con una organizzazione distaccata ed autonoma rispetto ai Centri, pur essendo in molti casi contigue alle loro sedi. Solo ultimamente si è dato avvio ad una azione rivolta ad istituire un collegamento fra le due realtà, per raggiungere una integrazione completa, utile per migliorare l’organizzazione ed i servizi e per far crescere il movimento associativo, allargando così il bacino dei potenziali attivisti.. Si tratta di un impegno che ha incontrato difficoltà e incomprensioni, in quanto l’unificazione viene vista come un atto di annessione degli orti ai Centri. Questo obiettivo va rilanciato dal Coordinamento aprendo un ampio confronto dei Centri con gli Orti per fornire chiari e precisi elementi di informazione e di valutazione. Un’altra problematica riguardante le zone ortive tocca in alcuni casi aspetti ambientali che vanno sicuramente considerati nel quadro della tutela degli spazi verdi nel tessuto urbano. TESTI 19 Risvegli di parole a cura di Bruno Brunini Maria Gervasio è nata a Bologna nel 1961, dove risiede. Fondatrice e redattrice del foglio di scritture Lettera (1996-1999). Ha ideato la pagina domenicale de L’Alfabeto di Atlantide dedicata alle scritture “sommerse”, che cura con altri autori per il quotidiano Il Domani di Bologna. Ha diretto collane di poesia contemporanea e di cultura per la casa editrice Gallo & Calzati. E’ stata redattrice della nuova edizione della rivista di scritture contemporanee Frontiera. Nel 2005 ha fondato a Bologna la casa editrice Bohumil, in collaborazione con altri artisti e poeti. Ha pubblicato: il saggio storico Il chiuso degli ebrei, nel volume Verso l’epilogo di una convivenza. Gli ebrei a Bologna nel XVI secolo, (Editrice Giuntina, 1996); Ricordi della resistenza (ANPI di Galliera, 1996); la raccolta di racconti brevi Giovanni che assaggia l’acqua (Gallo &Calzati, 2004); il poemetto Maestrale (I quaderni di NUT, 2004), il libro di poesie In un tempo lento (Bohumil, 2007); è coautrice di NUN 1 (Bohumil, 2007). Nel TAVOLO DI NUN, che rievoca momenti drammatici della Resistenza, immagini lontane s’insinuano poco a poco tra sensazioni, percezioni, fino a diventare reali, in una fusione di presenze e assenze. Nel magma di questi versi, le azioni di un doloroso passato fioccano nel presente che le lascia rifluire, insieme al riecheggiare di voci, di espressioni, in un intenso dialogo tra tempi distanti. forziamo tutto fino al segno a forme su cui scrivere dei versi muoviamo polsi braccia spalle… Sono azioni queste il tavolo di NUN lo stato delle cose assunte qui una risposta che promette che mantiene il senso che ci ha spinto a queste azioni a conservare vita – e senso il cielo è coperto sono persi i limiti, e noi feroci noi no noi non vogliamo, dice e come me ha paura di morire la città di notte dall’aereo è un circuito elettronico di luci l’ala un foglio bianco scritto no pisar fuera de la linea, dice il principio del fare come usiamo la matita è un fatto e come ci guardiamo ancora… respiri lunghi aspettiamo insieme che accadano le cose l’atteggiamento che ci porta a queste azioni senza carattere o intelletto o scelta se il desiderio estremo è per l’amore lavorare, conservare è un gesto rozzo questo senza significati un gesto unico che mantiene e va a fondo e forza tutto muovendo polso e braccia e spalla forza tutto segna le foto dei ragazzi tedeschi petali di rosa bianca in una forma nuova difficile da dire una forma severa di coscienza prosodia asciutta che mente fino in fondo fino alla fine e spezza tutto riparte la piccola automobile follow me dice la sua insegna di luce la seguiamo sulla pista ad ali spiegate siamo grandi rigidi impacciati no, non si vola qui è lo stato delle cose che ci ha spinto a queste azioni siamo scesi dal cielo e c’era altro ma qui i bambini non vogliono dormire noi parliamo del dolore e li culliamo ci raccontiamo al tramonto in queste sere ci salviamo in quei disegni di urne aperte e chiuse ci salviamo mancano le didascalie ma è sempre chiaro forzando i gesti sopravvivere, si dice a terra, senza ali adesso non siamo più angeli noi raccogliamo i resti e li mettiamo in bella copia tracciamo scie di sogni e poi fuggiamo non tutti, noi no, dice ma è già scappato un’altra volta senza voltarsi per paura del dolore senza lasciare neanche un fazzoletto per pulire Mattia Di Leva, smalto su carta e respiriamo l’umido dell’aria il temporale adesso che è l’inizio dell’estate e volano i nostri fogli per il vento ma cosa resta a terra se non sa parlare sotto la lingua nella bocca in gola il sapore si mischia a queste azioni le trascina le fa amare dentro al caffè che ho preparato e offerto mescoliamo piano io mescolo lo zucchero più dolce ai suoi sorrisi azioni NUN, difficili da dire noi non sappiamo scrivere parole leggerle perfino ci fa male una resistenza densa di paura poi entra Bricca e io lo lascio fare voglio che dica e chiedo com’è andata Bricca, com’è stato cosa ha portato a queste azioni è ancora questo e solo che ci affranca un’azione umile che salva e che ci mente ma Bricca dignità ne aveva da toglierci il cappello insieme a dio al suo passare io lo immagino partire vedo sua madre, è in pianti guardiamo ancora quei disegni è l’ora dei bambini, le cinque della sera e ce ne andiamo è piena oggi la strada, è piena se la guardo fino in fondo e da lontano è piena giorni come notti a rompere il destino e ogni purezza cantando nenie dondolando adagio ma non dormono mai i nostri bambini a cullargli intorno il tempo e il tempo è tempo farlo tacere forzandolo cullando piano giorni come notti a bocca aperta erano muri e lager vetri spezzati di bottiglie posate sui confini con altri gesti e denti d’oro e rotti ma io mi sdraio oggi e come mai ti guardo accanto io ho il mio lupo, tenero accucciato ha il pelo nero è il più crudele al mondo si ricompone adesso, in un tempo salvato il ricordo ineludibile dentro quel dolore si ricompone adesso il senso delle cose. (da: NUN 1, a cura di Giacomo della Maria, Mattia Di Leva, Maria Gervasio, Jean Robaey Bohumil edizioni, 2007) RICERCA 20 oltre i “miracoli” per una corretta informazione Un anno di risvegli una tesi di laurea analizza gli articoli usciti su quotidiani nazionali e si scopre che… di Davide Simoni P erché il coma? Perché il coma è una sintomatologia relativamente giovane, la cui conoscenza nella società, e in parte nella comunità medica, è pressoché nulla o distorta, ma particolarmente esposta ai rischi derivanti dalla comunicazione moderna. Le storie di persone in coma catturano facilmente l’attenzione, perché semplici da comunicare ed interpretare, perché drammatiche e coinvolgenti; perché spesso riguardano giovani, se non bambini, o personaggi famosi. Il coma fa notizia: è un termine pervasivo nei giornali italiani. Inoltre, viene rappresentato secondo una visione banale e stereotipica da molte aree della fiction, dalla televisione al cinema, e ciò influisce notevolmente sulla costruzione della sua rappresentazione sociale attraverso lo spazio mediatico. Questo studio affronta l’analisi di un anno di notizie su coma e risvegli dal coma per identificare gli aspetti relativi alla comunicazione del coma sulla stampa giornalistica italiana. Il punto di partenza di questo lavoro di ricerca è rappresentato dalla Carta di impegni Comunicare il Coma, promossa da una serie di enti particolarmente esposti al problema tra i quali Gli amici di Luca Onlus e l’Università di Bologna. La carta rappresenta una forte denuncia: lanciare messaggi sbagliati può generare aspettative errate nelle persone che devono convivere con il coma e non permette di creare un ambiente florido in cui fare crescere gli sforzi della ricerca scientifica. Il documento offre consigli in positivo ai giornalisti per la divulgazione di notizie sul tema: il punto innovativo rispetto ad altre carte riguarda l’estensione di una tutela “rafforzata” alla famiglia della persona degente; inoltre si vieta un uso di toni sensazionalistici, in particolare modo nella titolazione e si chiede di favorire la diffusione di buone pratiche sanitarie, senza trattare ogni caso come episodio isolato. Lo studio ha seguito il percorso tracciato dalla carta d’impegni, utilizzando questo strumento quale primo riferimento per un giudizio complessivo sulla qualità dell’informazione. Gli articoli del corpus di analisi riguardano l’anno successivo alla pubblicazione della carta, dal 1 Ottobre 2005 al 1 Ottobre 2006 compresi; nonché la scelta di autorevoli quotidiani nazionali (Corriere della Sera, La Repubblica e il Resto del Carlino) molto diffusi su base locale, nella regione Emilia-Romagna, dove la carta è stata recepita e diffusa dall’Ordine Giornalisti. Un’ulteriore scelta ha guidato nella compo- sizione del corpus di analisi: si è scelto di considerare come prioritarie quelle notizie che riguardassero “risvegli” dal coma. Si è selezionato un tema particolarmente pertinente per un’analisi sulla comunicazione del coma: nella fiction e in un certo tipo di informazione resiste un’immagine stereotipata del “risveglio”, quella del paziente in coma da anni che grazie a una voce e ad assidue carezze, si sveglia e si alza dal letto sano e salvo, come se niente fosse. In realtà non è corretto parlare di risveglio nei termini di un immediato ripristino della coscienza; l'evoluzione naturale di un danno cerebrale implica un percorso sfumato attraverso condizioni di coscienza ridotta, progressivamente crescente. In un’esperienza di coma il risveglio è solo la parte centrale di un percorso complesso che mira al recupero delle abilità. La ricerca mostra come la comunicazione del coma e dei risvegli dal coma nei quotidiani italiani faccia parte di quella categoria di notizie definita para-sanitaria: una classe di prodotti informativi in cui il tema salute è trattato solo marginalmente. Si privilegia la costruzione di strutture narrative focalizzate sulla storia, con scelte linguistiche fortemente iconiche ed emotivamente connotate. Le notizie sono selezionate secondo il loro carattere di eccezionalità e raramente approfondiscono tematiche di interesse medico-scientifico, oltre la coincidenza del risveglio dal coma. Le sezioni del giornale in cui sono stati rilevati gli articoli sono quanto mai eterogenee, in tutte e tre le testate: in particolare, dato lo scarso approfondimento sugli inserti salute e nelle pagine cultura/scienza, il “risveglio dal coma” viene saltuariamente percepito come un problema strettamente medico-scientifico. In linea con la personalizzazione della notizia e con la scarsa propensione all’approfondimento, si rileva una focalizzazione sul singolo accidente, piuttosto che una trattazione organica della storia, che preveda anche informazioni utili, buone pratiche di cura, servizi terapeutici e riabilitativi per il degente e la famiglia. Ancora, la dimensione psicologica e l’informazione che si potrebbe fare su questo vastissimo ambito non trovano grande spazio negli articoli analizzati. L’importanza che può rivestire nel processo di guarigione un atteggiamento positivo da parte del paziente, la frustrazione, la perdita del controllo emotivo, l’abbandono o l’isolamento sono trattati in modo assolutamente marginale rispetto agli altri argomenti. In particolare, non si indaga sulla dimensione del dover fare che consegue alla malattia e sulle conseguenze sociali della malattia. Ciò comporta che, in generale, la disabilità conseguente a uno stato di coma non venga percepita. Il dopo malattia o meglio il post-evento acuto e la continuità terapeutica sembrano non riscuotere grande approfondimento. Sul profilo linguistico e stilistico, è comune il tentativo di rendere più immediata la “lingua giornalistica”. Piuttosto che riferire ed esporre, le categorie linguistiche predilette dai giornali di qualità, si descrivono situazioni attraverso un linguaggio iconico, che accorcia la distanza comunicativa. Con la frequente cessione di parola ai protagonisti si arriva a uno scritto-parlato, RICERCA che simula il linguaggio televisivo. I giornalisti utilizzano diverse strategie linguistiche per riprodurre lo stile della “conversazione”: strategie tipografiche (uso di font diversi e di layout particolari, come il virgolettato), per interrompere l’uniformità e la monotonia visiva del discorso scritto; un registro generalmente informale e colloquiale, con metafore, espressioni idiomatiche, cliché per ricreare “l’illusione” del discorso parlato. Si segnala la frequente centralità della testimonianza diretta di medici e del personale sanitario: per il quotidiano diventa importante dare “voce ai protagonisti” dell’evento di cronaca, dimostrando di essere là dove i fatti succedono e garantendosi un approccio competente e autorevole. E’ interessante rilevare tuttavia che non si parla molto di comportamenti scorretti, né si dà maggior spazio a consigli sui comportamenti più adeguati ai fini preventivi. In pratica, è assolutamente ignorata la dimensione della prevenzione, sia all’interno degli articoli che nella tematizzazione delle pagine dove questi articoli sono collocati. Le parole colte o troppo tecniche sono generalmente evitate, o utilizzate senza il necessario approfondimento, con una tendenza all’iperinformatività che va a scapito della correttezza divulgativa. Per esempio, vi è raramente sui quotidiani una chiara demarcazione tra gli stadi del coma. Questo porta gli articoli di giornale a confondere spesso coma e stati vegetativi, divulgando notizie fortemente imprecise e alimentando una associazione implicita tra lo stato di coma e i dibattiti sull’eutanasia. Si osserva la tendenza a pubblicare la durata dello stato di coma, là dove secondo la medicina il coma supera raramente i 30 giorni. Semplificazione della termi- nologia ed eccessiva morbosità per il catastrofismo sembrano dominare pertanto questo aspetto della comunicazione. Il risveglio dal coma viene spesso associato alla resurrezione, alla rinascita, al miracolo. Il coma nella sua dimensione onirica è qualcosa di misterioso e affascinante, una sfida estrema alla morte; le notizie subiscono ovviamente una torsione, e vengono rimodellate all’interno di questa struttura narrativa, completamente epurata dal discorso scientifico. L’uso dell’analogia è favorito dal carattere di irrazionalità e apparente a-scientificità che caratterizza la comunicazione del coma. In particolare le metafore più frequenti riguardano il “lungo sonno”, “la caduta agli inferi”, “la prigione”, “l’assenza di luce”, “la lotta per la vita”,“la resurrezione”, “la rinascita”, “il viaggio”, “la luce”, e l’accostamento con la favola della “bella addormentata”. I quotidiani si avvicinano al linguaggio televisivo. Nell’intento di conquistare nuovo pubblico di classe media, individuato nel pubblico televisivo, la stam- 21 pa quotidiana italiana si popolarizza, riservando uno spazio più ampio alla sfera del privato e rielaborando in chiave di giornalismo (e racconto) popolare storie di coma e di risvegli. La velocizzazione porta i giornali a cambiare con ritmo incessante le notizie di cui parlare. Le notizie hanno una vita breve, pertanto si selezionano notizie che acquistano rapidamente significatività. Paradossalmente, le notizie di risveglio dal coma rispondono bene a questi criteri: anche se riguardano un percorso di sofferenza e di trasformazioni lente e impercettibili. Ovviamente, anche se le fonti e i temi della stampa si rivelano sempre molto simili, ogni testata sviluppa uno stile personalizzato ed una modalità individuale per rivolgersi al pubblico. Il Resto del Carlino è il quotidiano che ha accordato uno spazio e un peso maggiore ai “risvegli dal coma”. Se si considera la collocazione degli articoli per impaginazione, nel confronto comparato con le altre testate infatti questa testata riserva il numero maggiore di prime pagine e di notizie in primo piano ai risvegli. Il dato è interessante se si considera che il quotidiano bolognese si rivolge a un pubblico medio, di fascia non colta, per il quale è ipotizzabile che il “risveglio dal coma” venga selezionato per il suo carattere di eccezionalità e curiosità. Ma soprattutto Il Resto del Carlino ha reso più evidente la marca della propria linea editoriale, secondo un indirizzo che qui si intende, in senso critico, molto problematico: attraverso strategie sensazionalistiche, una titolazione gridata, un supporto informativo teso a colpire emotivamente e un frequente richiamo al miracolismo, il giornale tenta di conquistare il pubblico popolare più vasto; contemporaneamente, nella costruzione del discorso sul coma, si fornisce una interpretazione ideologica di uno dei temi più appetibili per i giornali oggi, l’eutanasia. L’associazione tra risvegli ed eutanasia è molto problematica, ma diffusa: per esempio, quando i “risvegli dal coma” dopo un periodo prolungato vengono usati come “giustificazione” contro la sospensione delle cure ai malati terminali. Sui quotidiani italiani, nel corpus considerato, gli esempi forniti dai risvegli (in primo luogo quello di Salvatore Crisafulli) vengono spesso comparati al caso di Terry Schiavo. Lo spazio dedicato alle notizie per l’approfondimento è soddisfacente, ma i quotidiani riempiono questa superficie di illustrazioni, prospetti, sottotitoli e sommari, per cui l’estensione molto spesso va a scapito della profondità informativa. Le illustrazioni sono soprattutto foto e/o immagini realistiche piuttosto che disegni e/o riproduzioni: rappresentano per lo più i protagonisti della vicenda, i famigliari e i medici che hanno assistito i pazienti durante il periodo di coma, in linea con la personalizzazione della notizia oggetto di cronaca. Si tratta di immagini che mettono in scena gli accadimenti, focalizzandosi sui soggetti, i loro volti e i loro gesti atipici, che veicolano immediatamente una reazione emozionale e alludono a una storia personale, alla dimensione individuale che ogni accadimento presenta. Prevale il modello del servizio giornalistico tradizionale, con un numero significativo di notizie brevi, a dimostrazione del fatto che la notizia di “risveglio dal coma” acquista valore di curiosità, per mezzo di evidenti semplificazioni, ed è sintetizzabile come spot news che non necessita di approfondimento. Vi è una scarsa incidenza di altri generi giornalistici (interviste, inchieste, reportage). Per concludere, nell’informazione sul coma resistono una tendenza al sensazionalismo ed alla superficialità, una confusione terminologica grave, lo stereotipo del risveglio improvviso e prodigioso. I risultati di questa ricerca confermano che la denuncia posta dalla Carta di Impegni “Comunicare il coma” è valida e deve essere sostenuta, con una attività di diffusione del documento. Pertanto si è pensato di operativizzare ulteriormente la divulgazione della Carta di impegni con l’implementazione di un sito web specifico, www.comunicareilcoma.it; si è ritenuto opportuno lavorare a uno strumento di diffusione della Carta di impegni, un sito internet che possa fornire una stabile collocazione al documento, là dove i giornalisti spesso raccolgono informazioni, per creare un contatto e proseguire un percorso di reciproca educazione. Davide Simoni ha discusso birllantemente la sua tesi e si è laureato "Dottore in Scienze della Comunicazione". A lui un affettuoso augurio da tutti noi. MI RICORDO DI TE 22 L’ulivo di Ubaldo cresce… MAGAZINE Direttore responsabile Fulvio De Nigris Comitato dei garanti Giana Andreatta Alessandro Bergonzoni Francesco Campione Andrea Canevaro Roberto Iovine Pasquale Montagna Maurizio Matteuzzi Roberto Piperno Maria Vaccari Comitato editoriale Lucia Bernardoni Loris Betti Giovanna Corrado Maria Regazzi Patrizia Scipione Loredana Simoncini Patrizio Tressoldi Laura Trevisani Era il 6 aprile 2006 … A Ubaldo I l silenzio…dove va a finire il mio silenzio!Il nostro silenzio che sembra non trovare parole, ma basta saperlo ascoltare che le parole che ci sembrano invisibili riempiranno i nostri cuori. Un sorriso, un movimento, uno sguardo…ora sembra tutto così lontano! Eppure quando ti giri a guardare indietro i ricordi ritornano così chiari e nitidi che trascinano dentro di noi tutto il loro sentimento. ANIME CHE SI INCONTRANO E DEVONO IMPARARE AD ACOLTARSI! Porto dentro di me una parte di te come tu hai portato con te una parte di me…e questo ci terrà legati nella luce della tua eternità. …e ho guardato dentro la tua anima per poterti conoscere fino in fondo, per poter capire che cosa e chi c’era dentro, e ho guardato dentro le mie emo- zioni per poter capire dove mi hai voluto portare…e ho avuto paura di ascoltare il mio cuore perché il tuo mettermi alla prova è nella quotidianità di quello che faccio. Ora rimane un vetro vuoto che mi porta lo sguardo verso l’infinito, il pettirosso nel tuo giardino, questo sacco pieno delle tue cose, la tua sedia che dondola vuota questa sera in mezzo alla nostra palestra, il tuo sorriso che mi appare ovunque io mi giri, la luce dei tuoi occhi, il respiro di quegli attimi vissuti, la gioia della tua vita che porteremo dentro di noi. Un gran privilegio averti potuto conoscere! E’ molto difficile lasciarti andare, ma so che sei già un angelo, fra i più belli…alzo gli occhi verso il cielo, ti cerco e quella stella che luccica più delle altre sei tu! Grazie per questi momenti vissuti insieme fino all’ultimo respiro…nel mio cuore, nella mia anima, nella mia mente…Ascoltami Silvia Faenza Segretaria di redazione Elena Bogliardi Redazione Via Saffi 10 - 40131 Bologna Tel. 051 6494570 Fax 051 6494865 E-mail: [email protected] www.amicidiluca.it Si ringrazia Eliobiemme Centro copigrafico Impaginazione OGB - Bologna Periodico associato Unione Stampa Periodica Italiana Stampa GALEATI INDUSTRIE GRAFICHE S.P.A. Si ringraziano i familiari che hanno autorizzato la pubblicazione delle foto sostieni la “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” e il “Centro Studi per la Ricerca sul Coma” CARISBO CC 3802 FILIALE DUE TORRI - BOLOGNA Piazza di Porta Ravegnana, 2/B Cab. 02504-9 Abi 6385-9 cc postale 26346536 Un caro saluto a Gelsomino e Anna, genitori di Ubaldo, ai familiari e gli amici, a quanti l’hanno conosciuto A N D ATA E R I T O R N O 23 Alby, una persona speciale Salve. Volevo ringraziarvi per la costanza e la serietà che dimostrate spedendomi puntualmente la vostra rivista, da oramai due anni circa. Volevo rivolgere un saluto particolare a mio marito Alberto, volevo dirgli che mi piacerebbe poter fare di più per lui perché è una persona speciale e sempre lo sarà. Che anche se lui a casa non c'è ogni cosa parla di lui e anche se con un groppo in gola, a volte mi sembra di sentirlo arrivare dal lavoro e salire le scale, che mi spiace torturarlo con i miei baci e le carezze ma che lasciare il suo letto con il profumo della sua pelle addosso per altre due ore mi da la forza di affrontare il resto della giornata. Che anche nostra figlia è speciale (perchè è identica a lui) e ringraziarlo perchè mi ha aiutato a crescerla con i giusti valori ed è stato un papà perfetto. Che avrei migliaia di parole da spendere ma non basterebbero a dirti quanto mi manchi. Grazie Alby, ti amo. Elsa Bellini Teresa è andata a casa Antonella è ritornata B entornata Antonella, dove eravamo rimasti? Dopo l’assenza per maternità e la nascita della piccola bella, dolce, simpatica Amelita, l’educatrice Antonella Vigilante ritorna al lavoro alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris nel gruppo che fa capo all’educatrice e pedagogista clinica Laura Trevisani. L’aspettavamo per preparare le nuove iniziative culturali all’aperto della prossima estate, per i laboratori rivolti ai familiari , per le attività di comunicazione degli eventi e vivere di nuovo assieme le attività della struttura. Nella foto: Antonella, Laura,Carla e la piccola Amelita che sembra dire:” mamma quando viene papà che spostiamo le sedie per gli spettacoli nel giardino?” Cosa fa 5 x 1000 ? fa quello che vogliamo noi ! 5 x 1000 a “gli amici di Luca” Dai voce al silenzio del coma. Nella prossima denuncia dei redditi firma nel quadro dedicato alle Organizzazioni Non Lucrative (Onlus) Riporta, sotto la tua firma, il codice fiscale de GLI AMICI DI LUCA onlus 91151360376 Il 5xmille non sostituisce l'8xmille e non è un costo aggiuntivo per il contribuente. E' una quota di imposte a cui lo Stato rinuncia per destinarla alle organizzazioni no-profit per sostenere le loro attività. Richiedete le nostre guide per le famiglie edite da Alberto Perdisa Info: 051.6494570 - www.amicidiluca.it - [email protected]