Magazine Aprile - Gli Amici di Luca

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Magazine Aprile - Gli Amici di Luca
10 °
MAGAZINE
"Vale la pena:il coma un viaggio verso la luce" periodico di resistenza civile, per le professioni e la vita sociale
Pubblicazione dell’associazione di volontariato onlus “Gli amici di Luca” registrazione Tribunale di Bologna n.7176 del 27/11/2001
Tariffa Ass. Senza Fini di Lucro:"Poste italiane S.p.a - Spedizione in Abb. postale - D.L.353/2003 (conv.in L.27/02/2004 n°46) art.1, comma 2, DCB Bologna"
Casa dei Risvegli Luca De Nigris
i risultati confermano le aspettative
di
Roberto Piperno
direttore
Casa dei Risvegli Luca De Nigris
Azienda Usl di Bologna
L
a Casa Dei Risvegli Luca De
Nigris ha compiuto due anni di
vita. In questo periodo è stato possibile vedere concretamente quanto delle
speranze e dei progetti che avevamo
coltivato insieme si siano poi effettivamente realizzati. Ebbene, l’impressione è che i risultati, anche se ancora iniziali, confermano le aspettative. I
punti di forza che caratterizzano l’esperienza della Casa dei Risvegli Luca
De Nigris sono: la specializzazione, la
multifattorialità terapeutica, la presa
in carico della famiglia, il percorso
integrato, la collaborazione fra profesionalità sanitarie, non sanitarie e
volontariato. La specializzazione
implica un punto di osservazione speciale sulle persone in stato vegetativo
o di coscienza minima. Oggi sempre
più emerge il fatto che queste condizioni sono probabilmente molto più
complesse di quanto si poteva pensare
fino a non molti anni fa e quindi
occorre una competenza dedicata e
specifica per poter regolare l’investimento terapeutico ed individuare precocemente le possibili evoluzioni nel
tempo. Da questo punto di vista la
Casa dei Risvegli Luca De Nigris è
forse l’unica struttura in Italia dedicata espressamente alle persone in stato
vegetativo o di coscienza minima nella
fase riabilitativa postacuta. Anche sul
versante terapeutico, nonostante un
crescente numero di ricerche e di dati
clinici, non è ad oggi possibile identificare una specifica cura, farmacologica
o riabilitativa, in grado di facilitare di
per sé il riorganizzarsi di una migliore
consapevolezza di sé e dell’ambiente.
E’ probabile che le possibilità di recupero della coscienza, qualora presenti,
siano facilitate da una pluralità di
interventi coordinati di natura diversa: clinici, riabilitativi ed assistenziali.
Questa multifattorialità terapeutica,
nella quale rientra anche il ruolo della
famiglia come soggetto curante, è l’ipotesi centrale di lavoro nella Casa
dei Risvegli Luca de Nigris. La struttura stessa, nelle sue modalità di funzionamento e con le procedure innovative di stimolazione regolata, è in un
certo senso la “variabile” che può fare
la differenza nei tempi e nella qualità
del recupero. E’ ancora presto per
poter confermare o meno questa ipotesi, tuttavia le impressioni cliniche
sembrano ad oggi indicare questa
direzione. La presa in carico della
famiglia, con i progetti di formazione,
informazione, affiancamento e sostegno, riduce il disagio l’ansia e la paura
dei componenti il nucleo familiare e li
aiuta a superare le situazioni di crisi.
Una famiglia che cura ma è anche
“curata” può realizzare un contesto
emotivo che facilita il rientro a domicilio e interviene positivamente anche
nei processi di recupero. Il percorso
integrato infine da il senso reale di
una continuità non interrotta di cura
attraverso i diversi livelli della assistenza, dall’ospedale al domicilio, ed
accompagna la progressiva transizione da un contenuto a prevalenza riabilitativa verso un contenuto a prevalente o completa connotazione sociale. Il lavoro di contatto del volontariato dopo il ritorno a domicilio, le occasioni di incontro e di iniziativa promosse dalla Associazione, le esperienze del gruppo teatrale, sono tutti fattori che spezzano l’isolamento delle persone e delle famiglie che hanno vissuto l’esperienza dello stato vegetativo.
Rompere l’isolamento, ritrovare progetti e aspettative, sentirsi parte di una
comunità, completano davvero un
percorso di riabilitazione nel senso
più ampio del termine. Pensiamo ad
una riabilitazione che non si limita al
recupero dei deficit o alle attività di
una persona isolata da un contesto
umano e sociale, ma si misura davvero
con il problema della partecipazione,
problema che non potrà mai trovare
soluzione soddisfacente o accettabile
se visto solo attraverso la lente deformante della riabilitazione intesa in
senso medico. La rieducazione è un
mezzo, non può mai diventare un fine.
IO SPERO, TU SPERI,
EGLI SPERA, NOI...
di Maurizio, Oretta
e Juri
PAG. 3
L’INCONTRO CON
GIORGIO NAPOLITANO
Appello alla ricerca della
mamma di Jacopo
La risposta di Ignazio Marino
PAG. 11
Numero 19
marzo 2007
Stati vegetativi
l’impegno del Ministero della Salute
di
Stefano A. Inglese
Consigliere del Ministro
della salute
Nella decisione del Ministro della
salute Livia Turco di ricomprendere
all’interno della Commissione su
terapia del dolore, cure palliative e
dignità del fine vita un sottogruppo
che si occupi degli stati vegetativi e
della assistenza garantita a malati e
familiari c’è un messaggio molto chiaro: la necessità che il Ssn assicuri a
ciascuno di vivere ogni stadio della
vita con piena dignità e consapevolezza di sé, combattendo il dolore non
necessario e avendo accanto le persone care, dovere fondamentale della
comunità, ha bisogno di azioni concrete. Il dibattito di questi ultimi mesi
su eutanasia, testamento biologico e
manifestazione di volontà, al di là
delle diverse posizioni in campo, ha
riconfermato, se mai ce ne fosse stato
bisogno, la necessità di concentrare la
nostra attenzione su un aspetto particolarmente significativo, come la qualità e la dignità delle cure. Gli stati
vegetativi sono stati, come sappiamo,
a lungo trascurati e ancora oggi scontiamo una grande disomogeneità territoriale rispetto alla capacità di
garantire presa in carico effettiva di
pazienti e famiglie.
La Commissione ha ricevuto dal
Ministro un mandato molto preciso e
vincolante: fare il punto sullo stato
dell’arte ed individuare, in tempi
stretti, obiettivi e linee di indirizzo
per avviare rapidamente i cambiamenti indispensabili a garantire ai cittadini attenzione e assistenza più adeguate e in linea con i loro bisogni.
LA FORZA DEL
TEATRO E DELLA
MUSICA
Riaprire, anche formalmente, il
discorso pubblico su questi temi ha
un significato preciso, vuol dire avere
piena consapevolezza di un contesto
che è mutato profondamente e ci
chiede di considerare con rinnovata
attenzione situazioni e condizioni alle
quali, solo qualche hanno fa, guardavamo con occhi assai diversi. Significa
avere attenzione per la qualità della
vita ed impedire che la sofferenza si
trasformi, di fatto, in un impoverimento della dotazione di diritti della
persona, garantendo l’eguaglianza dei
cittadini di fronte alla malattia e alla
sofferenza. Ha un valore simbolico e
pratico al tempo stesso. Se quanto
abbiamo affermato sinora è vero,
siamo di fronte a qualcosa che necessita di un impegno rilevante e, prima
ancora, di una assunzione di responsabilità pubblica, anche a fronte di
una consapevolezza crescente, su
questi temi, da parte dei cittadini. Ma
abbiamo bisogno, parallelamente, di
contare sul sostegno sociale necessario perché presa in carico, continuità
assistenziale, umanizzazione dei percorsi, attenzione per la dignità del
vivere e del morire siano salvaguardate da una consapevolezza e un consenso diffusi.
Ciò significa, tra l’altro, affrontare
subito lo stato dei servizi di assistenza
ma anche le procedure, i protocolli e
le linee guida riguardanti le modalità
e la qualità con cui vengono assistiti
migliaia di cittadini nelle fasi più
dolorose e, a volte, tragiche della loro
esistenza.
La Commissione ha svolto, sinora,
due sessioni di lavoro istruttorie in
plenaria, il 4 dicembre 2006 e il 29
gennaio 2007, e ha proseguito le proprie attività, successivamente, a
continua a pag. 2
IL TESTAMENTO BIOLOGICO
una proposta all’assemblea
legislativa regionale
di Gianluca Borghi
DA PAG. 4 A PAG. 7
I CONVEGNI SULLE
GRAVI CEREBROLESIONI
Liguria. Piemonte,
Emilia Romagna
PAGG. 14-15
PAG. 10
OSTERIA GRANDE
PER LA SOLIDARIETA’
di Vincenzo Zacchiroli
PAG. 16
DOCUMENTI
2
continua da pag. 1
distanza.
Sin dalla riunione di insediamento
sono emerse con chiarezza una serie
di direttrici per le sue attività, che
individuano altrettante priorità e
costituiscono un vero e proprio programma di lavoro:
1. predisposizione di un Piano nazionale per le cure palliative;
2. aggiornamento delle Linee guida di
Ospedale senza dolore, avendo cura
di estenderne l’area di interesse
anche alla medicina del territorio, e
individuazione di un piano di azione
per garantirne la effettività della adozione sistematica su tutto il territorio
nazionale;
3. avvio di una indagine sulla qualità
della assistenza nelle strutture sanitarie ospedaliere e territoriali nelle fasi
terminali della vita;
4. verifica dello stato dell’arte dei ser-
vizi e della attenzione per la terapia
del dolore e le cure palliative in età
pediatrica;
5. analisi dello stato dell’arte dei servizi e delle procedure per l’assistenza
ai pazienti in stato vegetativo, con
particolare riferimento alla continuità assistenziale, elaborazione di
linee guida per la presa in carico di
questi stessi pazienti, valutazione del
fabbisogno assistenziale rispetto al
bacino di utenza potenziale su scala
nazionale;
6. elaborazione di linee guida per l’assistenza ai pazienti in fase terminale,
con particolare riferimento alla qualità e alla dignità del fine vita;
7. elaborazione di linee guida per la
umanizzazione delle terapie intensive, con particolare riferimento ai
modelli che ne prevedono l’apertura
e modalità di funzionamento finalizzate al massimo coinvolgimento possibile dei familiari;
8. ricognizione su quanto previsto da
norme, regolamenti, linee guida, codici deontologici esistenti, al livello
nazionale ed internazionale, a fondamento dei diritti dei cittadini sul terreno della terapia del dolore, delle
cure palliative, della dignità del fine, e
su quanto questo patrimonio incida e
orienti, potenzialmente o nella effettività, quotidianamente, la tutela del
diritto alla salute.
Per quanto riguarda, in particolare,
gli stati vegetativi, si è deciso di avviare il lavoro con una rilettura ed integrazione del documento sul tema realizzato da una precedente Commissione Ministeriale.
Il lavoro di integrazione, che servirà a
supplire anche alla assenza, nella
composizione di quella Commissione,
delle organizzazioni di tutela dei
pazienti, si concentrerà su una serie
di aspetti qualificanti:
• esame del percorso assistenziale
nella sua interezza;
• valutazione della fase di dimissioni
e di ritorno al domicilio;
• standard della assistenza a domicilio;
• bisogni ed esigenze in ambito riabilitativo.
Le questioni oggetto di riflessione, e
le soluzioni eventualmente individuate, ai diversi livelli, potrebbero rappresentare la base per la realizzazione di una Conferenza di consenso che
potrebbe vedere coinvolti tutti i
diversi attori e produrre un Piano
nazionale di azione sugli stati vegetativi. Insomma, abbiamo molto da
fare, tutti insieme, e spero di poter
contare ancora, in futuro, sulla vostra
ospitalità per raccontare dei prossimi
sviluppi.
Stefano A. Inglese
consigliere del Ministro della salute
Coma e locked in
visti da me che qualcosa ne so...
di
Gian Piero Steccato
S
ono due stati differenti, secondo la
medicina non hanno nulla a che
fare l’uno con l’altro e se si vogliono
seguire quelle comode certezze date
dalla scienza, non ci si pone neppure la
domanda se tra la locked-in sindrome
ed il coma possano esserci delle affinità.
Mi chiedo allora come mai le mie
esperienze immediatamente postictus (quello che mi ha reso lockedin) siano così simili a quelle di coloro che svegliatisi raccontano il loro
coma; e questo è nulla se si pensa a
ciò che io, infermo nel corpo ma sveglio nella mente, condivido quotidianamente con chi vive in coma: completa dipendenza dagli altri,
senso di abbandono dalle istituzioni, vita sospesa tra le
incertezze e paura per l’inadeguatezza delle strutture e
dell’assistenza con conseguente terrore del futuro.
E’ vero che è differente la
condizione psicofisica in
quanto io sono perfettamente
consapevole di ciò che ho
attorno, mentre chi è in coma
è quantomeno risparmiato
dall’angoscia lucida di queste
condizioni, anche se non è
garantito che chi è in coma
non avverta niente.
Di sicuro ci accomuna il muro
che incontriamo da subito
sulla nostra strada di neopazienti gravi.
Tutto comincia con un dopo
rianimazione fatto di punti
interrogativi, di pareri discordanti,
della sensazione di essere “ pesci che
puzzano”.
Troppo gravi per essere collocati in
strutture poco ospedalizzate, troppo
senza speranza per essere assistiti in
un reparto ospedaliero adeguato,
veniamo spesso considerati “investimenti” sbagliati, rubaletti nei confronti degli altri e veri e propri rompicapo per coloro a cui tocca decidere la nostra sorte.
Intanto quelli che ci vogliono bene si
trovano a dover diventare e scienziati e scegliere se intraprendere una
durissima battaglia sociale ed una
vita fatta di sacrificio fisico ed economico enorme, o se staccarsi completamente da noi fuggendo dal dolore
e lasciandoci al nostro destino. Non
c’è nessun aiuto psicologico istituzionalizzato per le famiglie che si trovano sole, stanche fisicamente e moralmente e che negli anni arrivano
addirittura a sfaldarsi sotto il peso di
queste situazioni; inoltre non esistono figure che indirizzino chi ha bisogno di aiuto verso associazioni o
gruppi di sostegno che possono fare
da tramite tra paziente ed istituzione
e toglierlo dal panico e dall’ ansia del
non saper che fare.
Poi i giorni più brutti passano, noi
sopravviviamo alla faccia
di quelli che ci “davano” una settimana di vita, e sulle bocche dei primari dei reparti che ci ospitano compare una smorfia di sgomento e di
imbarazzo “….e adesso dove lo mettiamo???” Nessuno più ti parla di
cure, ti dicono che la tal struttura
non ti vuole perché sei ancora troppo grave e necessiti di assistenza
ospedaliera, però lì non puoi stare
perché la cosa va per le lunghe. Perciò ti propongono di tornartene a
casa, così rientri nel tuo ambiente e
si è tutti più sereni.
Ringrazio il cielo di aver dotato i
miei famigliari di nervi saldi e di un
Gian Piero con alcuni amici bielorussi
caratterino bello caparbio perché se
loro non avessero lottato per garantirmi un’assistenza adeguata e una
vita più sicura ora sarei morto, o
peggio sarei vivo, pieno di decubiti
nel letto di un istituto o chiuso nella
solitudine di un appartamento
bunker, allietato dalla breve visita
periodica di un’infermiera. Certo è
durissima aspettare in un “parcheggio” che qualcosa cambi ed è snervante continuare a fare la guerra, a
bussare a mille porte e ad arrampicarsi con unghie e denti per conquistare una piccola parte di ciò che
dovrebbe essere garantito a qualsiasi essere umano. E’ in questi frangenti di un’importanza fondamentale l’aiuto degli altri, la solidarietà di
chi ti può dare una mano e l’esperienza di coloro che hanno già fatto
questo percorso. Tutto cambierebbe
se chi si trova di punto in bianco in
una condizione di malattia grave e di
disagio potesse contare sull’immediata assistenza di chi ti può
comprendere, può alleviare il
senso della tua solitudine e ti
può assistere nella ricerca di
una soluzione adeguata. E’
per questo che, a mio avviso,
occorrerebbe dare più sostegno alle associazioni, permettere ed agevolare la creazione di strutture adeguate
(qualche
CASA
DEI
RISVEGLI in più) e investire maggiormente nella qualità e quantità dell’assistenza
domiciliare per permetterci
una vita più plausibile.
Ma a noi (e per noi intendo
anche le nostre famiglie, i
nostri amici e tutti i volontari che sono in qualche modo
vittime anche loro) chi ci
pensa?
TESTIMONIANZA
3
Io spero, tu speri, egli spera, noi…
Maurizio, Oretta e Juri ci spiegano la loro “ricetta di felicità”
Q
uando ero più giovane dicevano che a 50 anni la
vita cambia, si vedono le cose sotto un altro
aspetto , non più grilli per la testa, insomma si torna a
rivivere una vita più spensierata .
Soccmel!!!!! (parola dialettale bolognese) che fortuna,
cinque anni fa, alle soglie appunto dei miei 50 anni,
una mattina uggiosa, mentre andavo a una visita di
controllo per una operazione al setto nasale, per strada
mi fanno deviare per un incidente con intervento di elicottero, il primo pensiero era, speriamo non sia nulla
di grave, poi sapendo che mio figlio era al lavoro,
come apprendista rappresentante, (finalmente aveva
coronato un suo sogno, quello di lavorare in proprio da
circa 2 mesi), decisi di chiamarlo per scrupolo,
pensavo non sarà sicuramente coinvolto (fatidica frase: “a noi non tocca mai”).
Chiama una volta, due volte, pensi, sarà con un
cliente, chiami e richiami, intanto incominciano
a frullarti per la mente mille pensieri, poi...ti
risponde una persona estranea. “Pronto?” e tu:
“ma chi parla …?”. “Sono un carabiniere e lei
chi è?”. “Il padre. Sono qua vicino, è successo
qualcosa…?”. E lui: “Se ci può raggiungere è
meglio”. Purtroppo in quel momento non c’è
autovelox che tenga, tu arrivi vedi ... vedi una
macchina accartocciata… è la sua, lo vedi in
ambulanza… lo stanno rianimando, passano i
minuti, tu non sai cosa fare, raccogli pezzi di
macchina in qua e là, ti guardano e pensano:
“che fa, suo figlio è li e lui si preoccupa della
macchina?”. Tu non hai il coraggio di chiedere
come sta, poi ti dicono: “Ci raggiunga all’ospedale”.
In macchina fra urla di disperazione e preghiere
a Dio, vai a prendere la moglie al lavoro, ti guarda: Cosa è successo..?”. Il silenzio. Lei capisce
le tue lacrime, tu le dici: “E’ gravissimo, lo
hanno rianimato sul posto …”. E corri, corri,
corri.
Da lì incomincia la tua nuova vita, dopo i cinquanta, lunghe attese fuori dalla rianimazione.
Ogni volta che si apriva la porta, il tuo cuore
sussultava, volevi sentirti dire: “Sig Mazzanti
suo figlio si è ripreso”. E invece niente. I giorni
passavano, ti dicevano: “E’ lì tra la vita e la
morte…”. Ma tu, quando entravi a trovarlo, sentivi
attraverso le macchine, che, a volte, a seconda delle
domande che facevi, il battito del cuore cambiava, la
misura del respiro variava, allora pensavi, ci sente ce
la farà, ma i medici, che hanno bisogno di certezze, ci
prendevano per visionari, (ma noi speravamo).
Finchè un giorno in rianimazione si rompe un tubo
dell’acqua, un incredibile viavai, corri di qua corri di
là, tu vedi tutto questo e pensi al peggio, come te anche
altre persone, per i loro cari, tutti a farsi domande,
mobilitazione generale, cuore in gola, per 8 ore, alla
fine, tutto rientra, tuo figlio non è più al suo posto,
l’hanno spostato, che cu.., scusate che fortuna, è stato
inondato da un tubo rotto principale e da quel momento, si fermò quella maledetta pressione endocranica
che lo teneva in quello stato. Il giorno dopo il medico
disse che era stato un miracolo, io gli risposi: “ Doc, si
vede che per riprenderlo ci voleva una benedizione
cosi grande!”. Da allora, visto lo stato di coma e i
pochi incoraggiamenti che avevamo per la sua ripresa,
decidemmo che da lì bisognava partire, per recuperare
nostro figlio, (la speranza è l’ultima a morire).
I giorni passavano, Juri (mio figlio) fra problemi alle
fratture, piedi storti, coliche renali, scambiate all’ini-
zio, per estensioni inconsce celebrali, dava a suo modo
segnali, per comunicare che aveva del dolore, a volte,
da alcuni medici ti sentivi dire: “Ma ..sente male?”.
Molti pensano che nella fase di coma uno non senta
niente, bisognerebbe che provassero loro, e dopo noi
facciamo le domande. Ma abbandoniamo questo tasto
dolente. Tutti questi segnali nella maggior parte di
essi erano da noi genitori interpretati nel migliore dei
modi, ma ti sentivi sempre dire, è un caso, oppure ci
prendevano per visionari. Però quasi sempre le nostre
visioni, prima o poi, si manifestavano per quelle che
erano, cosi avevamo capito, che, maggiormente era
compito nostro, col nostro amore con la A maiuscola,
gliavo già stanco) da allora capivo che forse con tanta
pazienza e speranza, ce la potevamo fare. Colpo di
scena, ci vengono proposte, delle attività per Juri, che
potevano stimolare qualcosa, arteterapia, musicoterapia, noi pensiamo sono pazzi, cosa centra questo, con
il recupero della persona? Entrano in scena Fulvio,
Maria, Elena (Gli amici di Luca), ci parlano della loro
esperienza, noi pensiamo, che persone fantastiche, ci
viene una carica addosso, non vediamo l’ora di incominciare, ci presentano persone meravigliose (non credevamo esistessero), Mauro, Laura, Stefano, Alessandra, Lucia, con loro incomincia una storia fantastica, ci
avevano dato il via alla speranza, avevamo capito che
qualsiasi esperienza è valida se serve al recupero. Da allora provammo agopuntura, massaggi
shiatsu, (mi sono iscritto ad un corso visto l’importanza che può aver sulla salute fisica), naturopatia, craniosacrale. A tutt’oggi Juti sta facendo fisioterapia, logopedia, idroterapia, ascolta
mattina e sera, da due anni, una cassetta preparata da una psicologa Iole ( e qui c’è lo zampino
di Dio) per il recupero della memoria, ma in particolare è diventato un attore del gruppo teatrale,
Gli amici di Luca. Oggi dopo cinque anni quando vedi Juri che a ogni spettacolo ci sono novità,
dice alcune frasi con il suo microfono, balla sulla
carrozzina con la sua partner, o se ne va spingendosi con la mano la carrozzina, ti sale il
groppo alla gola. Allora tu pensi, quanta fatica,
ma la soddisfazione è tanta e la speranza di
migliorare non è finita.
Noi vorremmo dirvi: non date per perso niente,
perché, per nostra esperienza, nessuno conosce la
verità, e come si dice: “LA SPERANZA E’
L’ULTIMA A MORIRE”.
CIAO SORRIDETE c’è sempre qualcuno che
pensa a voi e la vita vi sembrerà migliore (tanto è
successo e non si può tornare indietro) per cui
sempre avanti .
CON AFFETTO
MAURIZIO ORETTA JURI
che dovevamo aiutarlo.
Secondo noi, Juri da un punto di vista cognitivo, era
molto presente, ci sembrava come se fosse dietro ad un
vetro, dove lui ti sente, ma non riesce a parlarti, se non
con gesti tutti da interpretare, per questo che noi dovevamo capire a tutti i costi (per fortuna esistono le
mamme che con il loro - io lo chiamo decimo senso capiscono anche solo con lo sguardo).
Tutto questo doveva comunque essere fatto con lo spirito giusto, sempre sorridenti, senza far sentire il tuo
stato d’animo triste, perché la sua sensibilità secondo
me , funzionava anche telepaticamente. Infatti vedevi
il suo sguardo che cambiava se tu un momento prima
avevi pianto, per un qualsiasi motivo, (in quel periodo,
subimmo cambiamenti di lavoro, gli stipendi servivano per pagare il mutuo, ecc…), per fortuna stavo in
quel periodo leggendo libri sulla motivazione, e mi
ricordo una frase letta che mi è rimasta impressa fortemente “C’è solo un modo per essere felici ed è di
smettere di agitarsi per cose che si trovano al di là
del nostro potere d’intervento”. Nello stesso tempo
sognavo sempre che io e Oretta (moglie) scalavamo
una montagna molto fangosa, dove la vetta però si
avvicinava, ma senza raggiungerla (che fatica mi sve-
Alcune nostre frasi ad effetto
Se mi lascio prendere la mano dalla
situazione, sono finito .
Guida tu i mie passi: non ti chiedo di
vedere l’orizzonte lontano. Un passo
mi basta.
Chiedetevi: cosa può capitare nel
peggiore dei casi ?
Preparatevi a rassegnarvi,
se non ci sono alternative .
Poi cercate di migliorare con calma la
situazione a partire dal peggio .
T E AT R O
4
Esiti di coma...
nella drammaturgia dello spettacolo, il vissuto della compagnia
di
Stefano Masotti
Alessandra Cortesi
Operatori teatrali Casa dei Risvegli Luca De Nigris
Il 6 marzo scorso è andato in scena, al teatro Dehon di Bologna, lo spettacolo
“ESITI: di coma, di teatro, di un ideale
comune..”. Lo spettacolo è stato replicato
all’interno della rassegna “ Il teatro nel
risveglio - Rassegna delle differenze” che
ha visto la presentazione di tutte e quattro
le produzioni della compagnia teatrale de
“Gli amici di Luca”.
“ESITI...” è la terza performance teatrale
del gruppo, formato da attori con esiti di
coma, giovani attori, studenti, genitori ed
anche alcuni operatori sanitari della Casa
dei Risvegli Luca De Nigris. Questo spettacolo si propone di: raccontare il vissuto
della compagnia, anche tramite alcuni
materiali degli altri allestimenti (“Sonno
muto”, “Qualcosa è cambiato”, “La partenza degli arrivi”) ; condividere i dubbi
nati all’interno del gruppo tramite alcune
riflessioni sul mondo sociale e su alcune
modalità di fare informazione sul coma:
aumentare la consapevolezza sul percorso
di costruzione di una propria poetica teatrale; indagare l’eventuale rapporto tra
l’attività teatrale e i percorsi riabilitativi.
“ESITI...” diviene così una metafora per
parlare di persone, sebbene con ruoli
molto diversi, che condividono ideali
comuni e partecipano collettivamente al
processo di riabilitazione di chi ha subito
un brusco modificarsi del normale procedere della vita.
Oltre a dare voce alla compagnia lo spettacolo ha debuttato, nel marzo 2006, per
inaugurare il nuovo allestimento di uno
spazio all’interno della Casa dei Risvegli
Luca De Nigris: la “Sala del Durante”,
pensata per diventare sempre più uno spazio delle arti, luogo d’incontro tra la città
e la “comunità” che vive all’interno della
struttura.
L’ideazione, la regia e i testi dello spettacolo sono nostri, anche se con parecchie
citazioni prese a prestito, e ce ne assumiamo tutte le responsabilità.
A seguire presentiamo una parte della
drammaturgia dello spettacolo, espressione attuale del nostro pensiero.
Narratore B: Da dove cominciamo?
Narratore A: Dall’inizio: ciao…. sono
Lorena............in uno dei primi libri che ho
letto sul teatro c’era scritto che la finzione
è uno dei 4 elementi fondamentali per fare
teatro. Gli altri tre sono: lo spazio, poi gli
attori, e il quarto elemento è il pubblico. A
dir la verità la parola finzione non mi è
mai piaciuta, ho sempre preferito chiamarla azione, anche se il mio vero nome è
Alessandra. Un tableaux vivant e il saluto
di Lorena erano l’inizio del nostro secondo spettacolo “Qualcosa è Cambiato”, ma
la nostra storia di compagnia è iniziata
qualche tempo prima, e con altre parole...
Attore 1: Mi ricordo di quando avevamo
ancora un pubblico, prima che anche l’ultimo spettatore venisse abbattuto.
Attore 2: Mi ricordo che un tempo esistevano due luoghi dove morire era divertente: dentro il gioco di un bambino o in teatro. In entrambi i casi bastava smettere di
giocare e tutti i morti si rialzavano. E si
poteva ricominciare.
Attore 3: Mi ricordo che un tempo c’erano
tante risposte quante erano le domande e
quando abbiamo imparato tutte le risposte,
qualcuno ha cambiato le domande e noi non
ce l’abbiamo più fatta a metterci in pari.
Attore 4: Mi ricordo quando ancora c’era
un futuro: ma c’erano anche tanti dubbi e
non sapevamo cosa ci sarebbe accaduto.
Ora è tutto più semplice: basta trovare
qualcosa da ripetere per il tempo che resta.
Finché non mi viene sonno.
Attore 5: Mi ricordo di un cecchino. Vive
chiuso in una soffitta ed uccide, a caso.
Non ha un motivo per mirare ad una persona piuttosto che a un’altra: lo fa, imperterrito, per tutta la vita.
Attore 6: Mi ricordo che un giorno è iniziata la guerra, ma non riesco a ricordare
che giorno era. Non so nemmeno quale
guerra. Nessuno l’ha dichiarata e non esiste un fronte. Piano piano tutti ci siamo
accorti di essere in guerra. Di essere al
fronte. E che il fronte è dappertutto.
Narratore B: Cosa portiamo sulla scena?
Narratore A: Queste parole appartengono
al nostro primo spettacolo il cui titolo era
Sonno Muto. Data la peculiarità della
compagnia diventa difficile non parlare di
“coma”. Per narrare di vite che incontrano
un brusco modificarsi del normale procedere, fu utilizzata lo strumento della
metafora. La guerra, come l’evento traumatico colpisce con casualità e il dolore e
la malattia si abbattono su chi, fino ad un
attimo prima, era al sicuro, sano. In un
giorno qualunque, in uno spazio indefinito, un fucile spara sulla folla e all’improvviso alcune persone si trovano catapultate
a combattere una battaglia non voluta né
cercata. Con questo spettacolo sono iniziate le prime domande: come parlare di
Coma senza usare esplicitamente il Coma?
Narratore A: In seguito, nei successivi
spettacoli, abbiamo cominciato ad occuparci dei nostri testi e a lavorare in autodrammaturgia. Ci siamo esercitati partendo da frasi incompiute, dubbi, frammenti
di memoria, emozioni vissute, turbamenti,
per parlare di una condizione. Ma quali
erano i nostri obiettivi?
Narratore B: Il percorso che oramai da
quattro anni stiamo realizzando con questa
compagnia, per “Gli amici di Luca”, ha
evidenziato un possibile intervento nel
“sistema del coma“ occupandosi, oltre
che di pazienti in fase post acuta, accolti
nella “Casa dei Risvegli Luca De Nigris”,
anche di quei soggetti che, risvegliati, non
hanno recuperato appieno le loro abilità e
si trovano spesso isolati da un mondo
esterno, che non permette loro adeguati
livelli di partecipazione ad attività sociali.
L’associazione nel 2003 cercava un’attività che rispondesse ad alcune esigenze:
potenziare la rete di aiuto e favorire il reinserimento sociale di chi ha vissuto l’esperienza del coma; valorizzare le risorse e lo
sviluppo di capacità relazionali, espressive
ed emotive di persone con esiti di coma;
sviluppare un percorso ludico-didatticoesperienziale, ma che potesse avere anche
una valenza riabilitativo-terapeutica dei
partecipanti; fare conoscere ulteriormente
l’attività dell’associazione; sensibilizzare
la comuità al problema del coma, degli
stati vegetativi e di minima coscienza; fare
comprendere l’importanza della creazione
di una rete di “case dei risvegli”. Il teatro,
almeno sulla carta, sembrava poter soddisfare questi requisiti. E così, nel maggio
del 2003, ci incontriamo tutti per la prima
volta. Inizia il laboratorio espressivo degli
Amici di Luca. A condurre il gruppo Enzo
Toma.
Narratore A: Da allora com’è cambiato il
nostro modo di fare teatro?
Narratore B: Tutto quello che abbiamo
presentato al pubblico e quello che presenteremo nasce dall’attività di laboratorio
stabile del gruppo. Cerchiamo di fare teatro mettendo al centro l’attore come individuo...
Narratore A: ...quindi un teatro delle persone….
Narratore B: ...ci occupiamo di ricercare
gesti reali per ricreare sulle tavole del
palco la vita, quindi un teatro dell’azione
reale, della spontaneità che crei opportunità di espressione. Usiamo un metodo
fondato sull’ascolto e l’attenzione in modo
totalmente sperimentale. Creiamo condizioni per generare reazioni e impulsi
umani che nascano dal contatto fra le persone, da sentimenti d’intesa reciproci e dal
turbamento creato dall’apertura verso
un’altro, differente, essere umano. Per
farlo ci occorre imparare a non aver paura,
momento per momento, di quel che succede. Ognuno è chiamato a un coinvolgimento non solo fisico, ma soprattutto di
apertura e condivisione della dimensione
interiore ed emotiva. Proponiamo esperienze per-formative in un ottica pedagogica attraverso il rigore della non tecnica e il
rigore dell’autenticità. Gli spettacoli si
modellano dal suo interno nel corso delle
prove. Tutto nasce dal caos, dalla gestione
di materiale assolutamente vivo. Una scrittura scenica che emerge dal basso, dalle
prove, dalle improvvisazioni, dalla ricerca.
Ci alleniamo a stare in modo naturale in un
tempo che non è naturale, ci esercitiamo a
stare nel disordine teatrale, anzi un ordine
senza ordine. Poi ci divertiamo a mettere
in corto circuito i materiali creati e li strutturiamo in una messa in scena che ci permetta un ulteriore incontro. Ciò che conta
è l’incontro tra noi e la comunità per una
rigenerazione della relazione e per metterci in discussione, per metterci in riflessione. Infatti il teatro è anche un’esperienza
che l’attore fa con lo spettatore, è anche
ciò che avviene tra spettatore e attore. Vorremmo fare un teatro che sia in grado di
riconoscere e valorizzare le differenze per
dare centralità, visibilità, protagonismo e
voce a chi non ce l’ha. Facciamo teatro
come addestramento alla creatività per gli
spettacoli, ma soprattutto per noi stessi.
Narratore A: Ma il teatro ha una funzione
terapeutica?
Narratore B: Il teatro è insopportabile se
si limita solo allo spettacolo. Il teatro è
bene che trasformi, la trasformazione di
una condizione altra, dove la povertà di
una imperfezione incontra e cerca di gestire il bisogno di perfezione della società.
Oppure, come ci piace pensare, dove la
ricchezza di una imperfezione affronta se
stessa, nella relazione con l’altro, e cerca
di esprimere potenziali di recupero psicofisico e permettere, anche a molti anni di
distanza dall’evento traumatico, un
miglioramento delle funzioni e delle autonomie. Il teatro contiene in sé lo scandalo
del corpo, della carne. Alcuni dei nostri
attori portano addosso tratti irriducibili
della loro storia, tratti che divengono narranti, espressione di quel soffrire della difficoltà di confrontarsi con regole che non
appartengono al mondo dei perfetti, con il
linguaggio verbale che non può venire
prima del gesto, della relazione, della scoperta dell’altro, dell’ascolto dell’altro,
della conoscenza di ciò che ho di unico in
me e di ciò che posso condividere, compresa l’imperfezione, la fallibilità, il senso
di solitudine e tutto ciò che scopriamo
nascendo. Persone in disagio che divengono attori spontanei, che si conquistano
valore e dignità d’arte, che compiono gesti
e azioni reali, urgenti, le uniche che riescono a compiere, vere e distanti dalla
forma della finzione. Così, sogni e speranze di persone in disagio, possono incontrare percorsi di soddisfazione. Abilità sopite
e nuove percezioni di benessere, possono
trovare il risveglio nella pratica teatrale. E’
emerso che dopo aver cominciato a fare
teatro i nostri ragazzi con esiti di coma
hanno avuto una notevole modificazione
della percezione di sé stessi e dei propri
livelli di auto-stima, un’aumentata conoscenza delle proprie abilità, e la ri-acquisizione di alcune funzionalità perdute.
Hanno affrontato ed elaborato problematiche di carattere emozionale, esercitate
funzioni mentali, mitigate alcune durezze
comportamentali, sviluppate competenze
fisico/motorie e relazionali. Insomma
hanno allenato l’esercizio del proprio
potere. Interessanti esiti con gli esiti che ci
rimandano agli intenti della medicina riabilitativa
Narratore A: “... noi siamo palombari
siamo a decine di metri di profondità, difficilmente siamo raggiungibili. Siamo
come su un’isola. Ma non è una semplice
isola. E’ un’isola di un’isola. Addirittura
un’isola dell’isola di una penisola. Noi
siamo come su un’isola, ma non abbiamo
scelto di starci”
Narratore B: …mi piace.. cos’è?...
Narratore A: ...lo narrerà un nostro attore
nel prossimo spettacolo. L’Organizzazione
Mondiale della Sanità nel 1999 ha invitato a non utilizzare più i termini disabilità
ed handicap, e a sostituirli con i concetti di
restrizione dell’attività personale e limitazione della partecipazione sociale. In questo modo l’OMS sposta il peso della disabilità e dell’handicap dalla persona alla
società. Diviene quindi compito della
società adattare il proprio sguardo e il proprio agire affinché certe persone non si
trovino a dover portare sulle proprie spalle un’handicap e se possibile nemmeno
incontrarlo nelle strade e negli sguardi
della gente. L’Organizzazione Mondiale
della Sanità definisce inoltre la Qualità
della Vita come “…la percezione soggettiva che un individuo ha della propria posizione nella vita...”, e non solo assenza di
malattia. Il concetto di Qualità della Vita
in questa definizione si focalizza sulla soggettività della percezione e su una visione
estesa di salute descritta sia come “capacità di funzionare” nella vita quotidiana,
sia come benessere percepito soggettivamente, nelle sue componenti fisica, psicologica, emotiva e sociale. In questo modo
si restituisce ad ogni soggetto il diritto di
sentirsi completi, realizzati, soddisfatti e
non eventualmente mancanti di un qualcosa che per la società diviene lo stigma del
diverso. Quindi tutti differenti e allo stesso
tempo tutti uguali: un paradosso difficile
da far proprio. Ci piace pensare che il teatro possa creare condizioni calibrate per
ridurre le restrizioni dell’attività personale
T E AT R O
e offrire opportunità per aumentare i livelli di partecipazione sociale.
Narratore B: E l’informazione sul coma?
Narratore A: Il Comitato Italiano per il
Controllo delle Affermazioni sul Paranormale esprime la convinzione che nell’ambito del coma una non corretta informazione possa essere causa di inutili sofferenze
creando non realistiche attese nei familiari
e congiunti dei pazienti in coma...
Narratore B: ...cominciamo con il ridimensionamento della leggenda metropolitana sul paziente, in coma irreversibile da
anni, che grazie ad un unico evento, una
voce o una canzone, finalmente si sveglia
e si alza dal letto sano e salvo, come se
niente fosse.
Terence Wallis si risveglia da un coma
durato ben 19 anni. La mamma il 12 giugno scorso si è sentita chiamare:
MAMMA!”. Esterefatta ha poi udito
un’altra parola: “PEPSY”. Non pare però
che la vita vegetativa abbia provocato
danni irreparabili alla memoria: alla
domanda “ Terence, chi è il presidente
Usa?”, l’uomo ha risposto: “REAGAN!”.
Attore 7: ...ah, si...?
Narratore B: Si risveglia dal coma dopo
un incidente stradale. Una pensionata
63enne, trasportata da un autolettiga verso
il pronto soccorso, si risveglia miracolosamente grazie al violento impatto contro un
tir, che anziché peggiorare le condizioni
già precarie della pensionata, ha avuto
effetti benefici.
Attore 7: ...veramente...??
Narratore A: Dopo 4 anni Black Mamba
si risveglia dal coma ed intraprende subito
il suo percorso di vendetta nei confronti
dei suoi sterminatori.
Attore 7: ... ma questo è un film?...ah
sì!!..Kill Bill!
Narratore A: Al suo risveglio dal coma
dopo tanti anni, il camionista juventino
Tirzan scopre che sua moglie ha nel frattempo iniziato una relazione con un tifoso
rivale: Franco, tifoso dell’Inter. Tirzan
intraprende un viaggio a Lourdes.
Attore 7: Questo è Eccezziunale veramente!!
Narratore B: Germania dell’Est, ottobre
1989. La mamma di Alex cade in coma. Si
risveglia otto mesi più tardi quando, nel
frattempo, è stato abbattuto il muro di Berlino, ed è stata abolita la divisione tra la
Germania Est e Ovest. Alex tenta di evitare lo shock alla mamma cardiopatica, che
però, sente l’esigenza di vedere la televisione, e di alzarsi dal letto...
Attore 7: E questo è Good bye Lenin….
Basta con i film!!!
Narratore A: Roma, lo scontro di due treni
in stazione risveglia la piccola Gabriella.
La bimba di otto anni volata da un finestrino nel tamponamento, ha anche parlato
con i parenti inglesi.
Narratore B: Si risveglia dal coma dopo
2 anni ascoltando …(coro di nomi a soggetto)
Narratore A e B: Poi miracolo ieri, come
d’incanto, si è risvegliato e ha ripreso a
parlare come se nulla fosse.
Attore 7: A me sembra tutto più complicato
Narratore B: Comunità?
Narratore A: Una delle idee alla base di
questo spettacolo era quella di confondere
i ruoli delle persone che vi partecipano:
ragazzi che hanno vissuto l’esperienza del
coma, genitori, operatori sanitari della
Casa dei Risvegli Luca De Nigris, giovani
attori volontari, studenti. Tutti impegnati
in un ideale comune che ci accompagna.
Comunità. Persone che creano nuovi contatti, nuove trame di relazioni, nuove reti
sociali, che permettono, attraverso un
senso di appartenenza, la costruzione e il consolidamento dell’identità del singolo. Non è il
teatro ad essere necessario,
ma è superare la frontiera tra
me e te, arrivare ad incontrarsi, arrivare a toccarsi,
sentire quel tocco,
superare la paura e
la vergogna alle
quali ci costringono gli occhi
degli altri, non
nascondersi più,
essere quel che si è
per non perdersi tra
la folla. Una conoscenza
fatta nell’incontro con l’altro per far sentire che ci
siamo, per costruire un’intimità, essenziale a far nascere
il gioco del teatro. Dentro la
comunitas è l’altro a restituirmi la verità di me stesso, a
rendermi nuovamente protagonista della mia vita. Il lavoro
sul gruppo permette il passaggio dalla differenza di identità
che genera alterità al coro
d’identità che genera comunità. Così la ritualità del
laboratorio teatrale può sostenere le persone nella ricostruzione del proprio senso d’identità, può aiutarle a sentirsi appartenenti ad un luogo, ad apprezzarlo e
valorizzarlo, può creare spazi e tempi d’incontro che permettono di conoscere e riconoscere quelli che condividono una condizione o valori comuni. Il lavoro dell’uomo su di sé e la cura del sé non possono
prescindere dalla relazione con altre persone. Quindi facciamo teatro per abbattere le
nostre frontiere, i nostri limiti, riempire il
nostro vuoto. Per questo nel gennaio del
2006 la compagnia ha realizzato un per-
corso di formazione volto ad incontrare
artisti e ricercatori dell’arte delle più
disparate discipline: dal para-teatro all’analisi del movimento Laban-Bartenieff;
dalla forza del gesto fallibile alla scoperta
del metodo Feldenkrais; alla magia degli
inganni della percezione. Un progetto di
multi - produzione e cooperazione di abilità che forse ci ha trasformato.
Narratore B: Cosa vorremmo imparare?
Narratore A: E’ complesso e delicato
decidere di aprire gli occhi di fronte
all’imperfezione causata dalla malattia e ci
rimanda a una sorta di imbarazzo, come un
eco che non ritorna. La disabilità, l’imperfezione, la malattia, il coma, riuniscono
tutti i sensi e contemporaneamente li
offendono. Di fronte a questi temi spesso
si chiudono gli occhi,
si tappano le orecchie, si trattiene il respiro, si
chiude lo stomaco, si irrigidisce il corpo.
Sono sotto gli occhi di tutti ma tentiamo di
tenerli distanti e farli risiedere in un luogo
lontano da noi. Cosa vorremmo imparare?
Narratore B: L’ascolto è un’incompetenza culturale contemporanea. L’ascolto
come consapevolezza di un limite, desiderio dell’altro e attesa. Una cultura dello
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stare fondata sullo stupore. L’ascolto
richiede una profonda esplorazione del
vuoto, come condizione di scoperta e
pazienza, richiede dedizione, tempo, rigore, forza di stare nell’incertezza, nel disordine, nella solitudine e in una diversa speranza. L’ascolto richiede silenzio.Cosa
vorremmo imparare?
Narratore A: Il silenzio come condizione
indispensabile per conoscere. La conoscenza dell’altro si realizza solamente
quando vi è la possibilità che l’altro si
manifesti. Per farlo l’altro ha bisogno di
tempi, dei propri tempi, a volte troppo lunghi da aspettare. Un tempo che non viene
concesso perché è un tempo di silenzio e
spesso non ne siamo capaci. Allora dal
rumore, dal riverbero di pensieri che affollano le menti escono giudizi vestiti da
impressioni, giudizi che non hanno tempo
per formarsi con purezza. Pregiudizi.Cosa vorremmo imparare?
Narratore B: Saper stare in silenzio,
saper vivere nel silenzio, saper parlare
con il silenzio, saper ascoltare in silenzio. Cosa vorremmo imparare?
Narratore A: Il silenzio dei
pensieri che troppo spesso
non lasciano spazio ad un
pensare nuovo, costruito
sull’incontro volta per
volta. Cosa vorremmo
imparare?
Narratore B: Il silenzio
degli occhi che vedono con
troppa fretta aspetti della realtà
che sono irreali, non vedono potenzialità che si potrebbero esprimere
solo tendendo una mano da un’angolazione diversa. Cosa vorremmo imparare?
Narratore A: Il silenzio del corpo, che
troppo spesso agisce confusamente per
dissipare imbarazzi e tensioni che ci
portiamo dietro ancora prima dell’incontro con l’altro. Cosa vorremmo
imparare?
Narratore B: Il silenzio del gusto
che non ci permette di assaporare
l’altro e la condizione in cui si trova
perché è troppo più facile sentire un
sapore che è già deciso da un sapere
comune e collettivo. Cosa vorremmo
imparare?
Narratore A: E perchè no, il silenzio
dell’olfatto, perché per conoscere bene
l’altro lo dovremmo anche annusare. Devo
conoscerne i suoi odori e quelli che ama.
Cosa vorremmo imparare?
Narratore B: Un silenzio dell’anima,
una pace da cercare, magari raggiungere
con fatica per poi riperdere per poi ricercare in un continuo tendere ad essa come
strumento indispensabile per qualsiasi
esistenza.
Grazie, sono ancora con voi
Poche settimane, quelle passate da quando ho iniziato il mio tirocinio alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris. Ora è terminato, ma sono ancora con voi, perchè scelgo di
essere con voi, perchè da quando sono con voi ho riaperto il mio cuore agli abbracci, ho riacquistato nuova forza di amare, ho trovato colori e profumi nuovi, ed una scarica carica di vita nuova. Per questo vi ringrazio, tutti. Era da tanto che non ricevevo degli abbracci così, era da tanto che qualcuno non mi diceva : “benvenuta, è un
Angelo che ti ha guidata a noi e spero ti troverai sempre bene!”, grazie Marco! Sai, io credo proprio che esista un Angelo affianco a me.
Che dire, sono spiazzata in una valanga di emozioni, durante le prove, in cui tutti danno una mano col loro prezioso silenzio, dando al tempo un valore inestimabile;
durante gli spettacoli al Dehon, dove sul palco, con gli occhi aperti vedi la Vita, con gli occhi chiusi la senti e la respiri, come non mi è mai successo prima. E’ difficile
raccontare le emozioni, se non si vivono in prima persona, per questo mi piace immaginare che tutte le persone a cui voglio bene stiano sul palco con me in quel momento, e poter condividere le mie sensazioni.
Grazie Cristian, per la tua ironia, le tue osservazioni di una precisione quasi svizzera, anche se a volte ti soffermi un pò troppo!!..ma grazie soprattutto per tutto quello
che hai dentro e sai esprimere con profondità, per il tuo messaggio, che vorresti trasmettare a tutti i bambini, cioè di vivere la vita bene, di non trascurarla, volendo bene
prima di tutto a se stessi, e poi agli altri. Grazie, per i vostri pregi e per i vostri difetti, che sono poi quelli di tutti gli uomini.
Grazie Ale, leggiadra come una farfalla, bizzarra come una grande artista, grazie Stefano, preciso e metodico, gran professionista. Ma entrambi legati indissolubilmente da una passione senza confini per questo lavoro e da una sensibilità entusiasmante.
Grazie a tutti coloro che non ho nominato, attori ed oper-attori, che sono capaci di vivere, rivivere e trasmettere la Vita.
Sono con voi
Angela Russo
tirocinante - animatrice
T E AT R O
6
Saper ascoltare, saper aspettare
“Mi raccomando, ricordatevi che siete un
gruppo, siete una rete che va in soccorso
di chi inciampa o è in difficoltà”, queste
sono state le parole di Alessandra Cortesi qualche minuto prima della spettacolo
“Esiti” al Teatro Dehon. Sul palcoscenico, in quel momento, un magico silenzio
avvolgeva tutti noi, dolcemente: sentivo
solo il battito del mio cuore all’ennesima
potenza, finché un “rito propiziatorio” ha
fatto esplodere tutto. Ero emozionata e
avevo anche un po’ di paura, essendo il
mio primo debutto, ma sapevo che potevo contare su qualcuno, sul gruppo
appunto. Entrare nella compagnia gli
Amici di Luca significa entrare a far
parte di un gruppo che ti accetta per
quello che sei, per la tua imperfezione,
per i tuoi limiti, i tuoi difetti e le tue qualità. Entri in un gruppo dove c’è voglia di
vivere ma, soprattutto, di fare teatro
insieme. Non c’è bisogno di saper fare
chissà quali cose, non c’è bisogno di
dover stupire con doti particolari tendendo alla perfezione assoluta; lì ti presenti
per quello che realmente sei e per quello
che sei disposto a dare agli altri, senza
essere giudicato da nessuno; metti in
scena unicamente te stesso in un silenzio
che poi, si trasforma tutto in qualcosa di
magico. Le parole d’ordine sono saper
ascoltare e saper aspettare, qualcosa succederà. L’importante è mettersi in gioco
e non vergognarsi delle proprie emozioni
e sentimenti. Non c’è competizione, si
impara tutti insieme in uno scambio rec-
iproco e chi è in difficoltà per inesperienza o quant’altro, non viene escluso come
succede in molte compagnie teatrali, ma
viene coinvolto da tutto il gruppo e
spronato a migliorare giorno dopo
giorno. E’ un po’ quello che è successo a
me inizialmente. Un giorno, ad esempio,
ero arrivata molto presto al laboratorio,
non c’era ancora nessuno e ne ho approfittato per fare un po’ di esercizi di riscaldamento. Dopo un quarto d’ora è arrivato Luigi e abbiamo lavorato insieme. Voi
non ci crederete, ma è stato proprio lui ad
insegnarmi alcuni esercizi, ad aiutarmi ad
ascoltare il silenzio intorno a noi, seguendo il ritmo lento del suo trasformarsi; a
farmi entrare in un mondo totalmente
sconosciuto in piena serenità. Inoltre, mi
ha detto una frase bellissima che mi ha
anche commosso: mentre ero un po’
sconfortata perché non mi veniva un
esercizio, mi è scappata sottovoce la frase
“Non ce la faccio “ e lui, abbracciandomi, mi ha risposto “Insieme ce la faremo,
perché la facciamo insieme”. Per me
questa è stata una piccola lezione di vita;
la sua spontaneità, la sua sincerità, il suo
essere genuino, sono doti rare e importanti. In quel momento, mi sono sentita
protetta. Lì è un piccolo gruppo che si
prende davvero cura l’uno dell’altro, in
maniera inspiegabile a parole. L’affetto è
davvero tangibile e porta molta energia
positiva nel gruppo. E’un’esperienza
importante non solo emotivamente ma
come scoperta e conoscenza, che aiuta a
relativizzare un po’ tutto il resto..
Saper ascoltare anche il gesto più semplice come il chiudersi della propria
mano, gesto che nella quotidianità non
desta particolare interesse o attenzione,
ma lì sì perchè ogni piccolo gesto viene
valorizzato. Cosa succede se chiudo
lentamente la mano? Cosa scopro? Cosa
sento? E se poi alla mia si aggiunge quella di un’altra che cosa cambia? Cosa
provo quando mi metto in relazione con
un'altra persona in una maniera così intima? Intima perché metto a nudo le mie
emozioni. Appoggiata a Marco, ad esempio, contavo i suoi battiti cardiaci…
questo non vuol dire forse entrare in
intimità? E più il suo cuore batteva, più
pensavo a quanta speranza, nonostante
tutte le difficoltà e dolore, lasciano questi
ragazzi. Invito davvero tutti a venire alla
Casa dei Risvegli Luca De Nigris, anche
solo per cinque minuti, proprio per
vedere la bellezza di quando la materia
prende vita e i corpi forma. Venite a scoprire quanto l’amore, la fiducia e il sorriso, valgano più di qualsiasi cura medica;
nel silenzio guardare tutti questi ragazzi
negli occhi, abbracciateli per un momento, parlate con loro: scoprirete che sono
davvero persone speciali e che le diversità, nel momento che chiudete la porta
dietro di voi, ed entrate in quella sala,
non esistono più. Anche quando
conoscerete Yuri, l’unico ragazzo
purtroppo ancora sulla carrozzina, scoprirete che i limiti del corpo non sono
niente se confrontati con la libertà dell’anima. Yuri è consapevole di fare teatro
e gli piace; non si sente un disabile, non si
sente escluso e tutto ciò non perché le
sue condizioni fisiche lo rendono inconsapevole, ma perché nel gruppo è un
attore al pari di tutti gli altri, anzi, forse
con una marcia in più; se gli dai un bacio
te lo restituisce, se gli stringi la mano, la
stringe anche lui… magari non capirete
tutte le sue parole ma, a volte, ricordatevi che il silenzio è più interessante e aiuta
di più. Nel silenzio possono essere racchiuse le più belle poesie, solo che
bisogna abituarsi a un tipo nuovo di linguaggio e in questo Alessandra e Stefano
sono dei grandi maestri! Alessandra con
il suo sorriso rassicurante ti regala serenità, è un po’come danzare su soffici nuvole rosa, sempre, sia quando sbagli che
non. Stefano idem, sono entrambe persone che aiutano a rendere migliori le
cose, anche quando apparentemente non
sono così semplici. Li voglio ringraziare
di cuore perché aiutano tutti a sentirsi
vivi e utili, a coltivare i propri sogni e
interessi, a dare risposte ai tanti “perché”
della vita… grazie anche a Cristina
Valenti per avermi fatto conoscere persone così speciali, con le quali è bello sorridere, è bello piangere, è bello
emozionarsi ma soprattutto, è bello fare
teatro!!
Alessandra Consonni
Per un “manifesto” della compagnia...
Durante lo spettacolo il narratore dice
“nel marzo del 2003 iniziammo il nostro
primo laboratorio espressivo, a condurre
il gruppo Enzo Toma”. Partono le
immagini: avevo i capelli lunghi e ricci e
sono passati quattro anni.
Di solito si dice che è passato troppo in
fretta, in realtà a me sono successe tante
cose. Mi sto per laureare e voglio iniziare
a lavorare. A meno che non passi una ricchissima donna etiope che mi vuole
sposare. A quel punto vivo di rendita.
Secondo me io assomiglio ancora molto
a quello delle immagini. Però qualcosa è
cambiato. Guardo dall’alto i quattro anni
della Compagnia, li comprimo e penso
che ho troppe cose da raccontare. Faccio
una proposta: vengono a vedere le nostre
prove molti studenti del Dams Teatro.
Propongo una tesi sulla nostra Compagnia. Secondo me verrebbe un lavoro
splendido, storia e spettacoli, interviste ai
partecipanti, i risultati (!), il manifesto (!).
Dovrebbe essere scritto il manifesto di
questo tipo di esperienza. Anche se non
ho basi scientifiche per affermarlo, ha
portato del nuovo, ci ha cambiato.
Ieri durante le prove dello spettacolo,
nella scena finale, Simona mi doveva
abbracciare, come da copione. Ci siamo
stretti e lei mi ha sussurrato: “dobbiamo
girarci, ti sto coprendo”. Simona si è
accorta che non eravamo a favore di
pubblico, che l’abbraccio doveva essere
condiviso dal pubblico. Secondo me
questa è una cosa bellissima: abbiamo
imparato a fare teatro, a pensare come
deve pensare un attore. Se uno pensa
come pensa il pubblico forse non capisce.
E’ importante girarsi, non è una perdita
di autenticità. E’ come capire il significato della punteggiatura quando si scrive, o
dell’a capo, è come imparare a farsi belli
per la persona che si ama.
A me questa cosa mi ha emozionato. Un
altro momento bellissimo è quando
siamo seduti sulle nostre sedie durante le
prove, le nostre sedie sono in scena, e
Alessandra e Stefano stanno decidendo
sul da farsi. Allora Davide Sacchetti dice
una gran cazzata, Luigi gli risponde e
tutti iniziano a ridere.
Una volta dovevo andare a Ferrara a
fare una lettura. La donna manager del
locale doveva preparare le locandine e le
schede degli attori e mi chiese “Quali
sono state le tue esperienze teatrali più
importanti?” Io le dissi che lo spettacolo
più bello a cui avevo partecipato era
stato Sonno Muto con la Compagnia de
Gli amici di Luca. Il giorno della mia lettura ho letto la locandina e c’era scritto:
“Davide Simoni ha partecipato a Sono
morto, uno spettacolo con persone uscite
dal coma”.
In realtà questo incidente è importante
perché involontariamente dice l’esatto
contrario preciso puntuale perfetto di
quello che facciamo nella Compagnia de
Gli amici di Luca. Una delle prime battute del manifesto dovrebbe dire che
questo teatro mette in scena la Vita, secondo me abbiamo ragione se lo scriviamo. Adesso non riesco a spiegare ma
credo che il nostro teatro non sia solo
questione di abilità, e credo che per
questo motivo, perché è così difficile, a
volte ho dovuto saltare le prove, non solo
perché avevo altro da fare. Io mi ripeto,
noi siamo stati molto fortunati. A me
piace fare teatro e ho potuto fare teatro,
andare nei teatri, nei camerini, tra le
quinte, e ricevere tanti applausi. Se devo
dire quali sono le mie esperienze teatrali
posso raccontare di essere stato a
Gorizia, a Roma, al Duse, al Dehon. Ma
non è solo questo. Non è successo solo
questo. Quindi avrei bisogno di un manifesto, e sono pronto a collaborare a
scriverlo, per capire che cosa abbiamo
imparato.
Questo è un testo che ho scritto ispirato
a tante cose, a Sonno Muto, a Esiti, a Don
Chisciotte, a Luigi Ferrarini e a Davide
Sacchetti. E se a qualcuno viene voglia di
andare avanti :) io l’ho chiamato “il cavaliere e lo scudiero”.
….Coreografia iniziale. Alle prime luci
del mattino i due si misero in cammino..
L’aria era fresca e lontano il paese si
faceva piccino piccino [il paese]
Uno era cavaliere, ma dopo un incidente
di guerra e di avventure non voleva più
sapere niente.
L’altro era un contadino, stanco della
terra e matto per il vino..
Sopra l’elmo del cavaliere e la zucca del
suo fido scudiero, uno stormo di rondini
disegnava nel cielo il suo tratto nero. [le
rondini].
Arrivati a una pianura l’eroe si fermò:
[mulini a vento]
“Guarda lì Sancio, ci sono più di trenta
giganti… Quali giganti?
Quelli che vedi là, dalle braccia enormi..
Mio signore, guardi che quelli non sono
giganti ma mulini a vento
Si vede che non te ne intendi di avventure..”
Continuarono il cammino e arrivarono a
un mercato. Di roba di animali e di persone inverosimilmente affollato.
[entrano tutti e fanno il rumoriccio del
mercato]
I due si presero la mano per non perdere
la strada. [si prendono la mano].
Era quasi mezzogiorno e le pance del
soldato e del suo amico
Brontolavano come le comparse del
teatro antico. [brontolii]
“Mio signore, che ne dice di un ristoro?
Tu quanto possiedi, Sancio?
Niente signore
Caro Sancio, inginocchiati e prega con
me. Ti passerà la fame…”
Allo scudiero non vennero a mente
tante preghiere
Allora gli provò a domandare due cose
che voleva sapere:
“Per quale motivo ci siamo messi in viaggio?
“Per conoscere”.
“Quando finirà il nostro viaggio?”
“Quando ne inizieremo un altro.”
“Se ci fosse la guerra, che lavoro
faresti?”
“L’attore”
Davide Simoni
La poetica teatrale che ci fa incontrare il mondo
Caro Fulvio, è con sempre grande emozione che mi
appresto a raccontare le mie umili e modeste sensazioni, che Tu hai lasciato che ci portassero ad incontrare
vite e volti sconosciuti!
Ed è con sempre, una grande emozione, che tento di
mostrare alla gente che incontriamo a teatro, emozione
che penso non sia solo frutto di un freddo calcolo ma
nasca da un'attenta e voluta maturazione del nostro
animo e del nostro cuore!!
Questo per tentare di dire e spiegare cose che mai pen-
savamo potessero realizzarsi, eppure si sono realizzate!! ...penso nella più grande forma poetica e teatrale:
LA NOSTRA VITA!
Proprio questa cosiddetta "forma poetica e teatrale" ci
ha portato, ci ha dato la possibilità di spiccare il salto
verso quell'orizzonte infinito, che è il mondo che ci circonda, sempre a noi ostile e sempre con noi scuro! ....il
tutto grazie all'affettuosa e paterna Tua presenza con la
quale hai sempre cercato di venirci incontro per ascoltare i nostri mille problemi, a volte inesistenti, ma per
te sempre importanti e principali!!
Quindi, GRAZIE per tutto ciò che ci hai dato e fatto
toccare con mano!
Grazie di cuore e come può essere rimasto negli occhi
di uno spettatore del nostro spettacolo: "questi ragazzi
sembrano veramente aver capito e toccato il vero senso
della Vita!!".
Con grosso affetto
Marco Macciantelli
T E AT R O
7
La forza del teatro, della musica,
dei suoni e una capretta vera
dalle osservazioni del laboratorio con Salvatore, ospite della Casa dei Risvegli Luca De Nigris
Credo uno dei più bei momenti vissuti al laboratorio espressivo della Casa dei Risvegli Luca De
Nigris. L'amore purissimo, infinito e generoso di
Alessandro, fratello di Salvatore; una capretta,
vera, bianchissima e morbidissima come un peluches, di una dolcezza sconfinata, che emetteva
suoni morbidissimi; lo sguardo tenero e attento di
Salvatore incollato agli occhi del fratello e della
capretta che lo fissavano teneramente; il “lamento
di Didone” di Purcell come sottofondo musicale; la
forza arcaica, ancestrale della lingua sarda, incomprensibile e meravigliosa; tutto l’ambiente colorato
da luci verdi; l’odore dell’erba tagliata; un video sul
maxi schermo con pascoli, capre, pecore e suoni
della Sardegna. Un momento che mi spingeva a
piangere. Bellissimo.
Durante il laboratorio questo momento, durato una
decina di minuti, ci ha paralizzati, affascinati, noi
che dovevamo fare, facilitare, teatrare, comunicare,
siamo rimasti congelati dalle emozioni per quello
che stava succedendo. Forse solo amore puro, o teatro puro, raro, primitivo, inconsapevole ma potentissimo, fantastico. Alla Casa dei Risvegli Luca De
Nigris.
Stefano Masotti
Operatore teatrale Casa dei Risvegli Luca De Nigris
8
C A S A D E I R I S V E G L I L U C A D E N I G R I S E O LT R E . . .
Il giardino coltivato
Iniziativa degna di particolare interesse quella dei familiari di un ospite attualmente presente alla “Casa dei Risvegli Luca De Nigris”, Elisa e Cono, appena
entrati nel modulo abitativo assegnato al loro caro, hanno deciso di rendere
quanto più vitale possibile il giardino privato proprio di ogni modulo, piantandovi fiori e verdura.
Ho chiesto ad Elisa cosa li ha spinti a rendere così particolare e gioviale il loro
giardino, la risposta è stata: “Quando siamo arrivati c'era l'erba verde, ma
Cono, mio marito, ha pensato che sarebbe stato meglio per nostro figlio se,
guardando fuori dalla finestra avesse visto i colori dei fiori e, mentre cucinavo,
odorato il profumo delle verdure fresche, così abbiamo deciso di piantare i semi
e coltivarli!”
Segno di vita e di speranza che lasceranno anche per chi verrà dopo di loro!
C. F.
Una scuola di vita
da voi ho imparato ad aiutare Carlo
Carlo ha 53 anni, è stato ospite della “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” per circa sette mesi ed ora, da
circa nove, è tornato a casa con me.
Queste brevi righe vogliono essere la testimonianza di
quanto per me sia stata importante l’esistenza di questa struttura per “aiutarmi ad aiutare” Carlo.
Nutro una grande ammirazione per Fulvio e Maria, per
il coraggio e la tenacia dimostrata nel realizzarla.
Premetto che , non avendo visitato la struttura prima
del trasferimento di Carlo, faticavo all’idea di allontanarmi dal reparto di medicina riabilitativa dell’Ospedale Maggiore, sotto l’occhio attento e sempre presente
del Dr. Battistini, nel quale il personale infermieristico
e le O.S.S. erano molto gentili e sensibili nei miei confronti (ovviamente anche verso tutti gli altri familiari),
mentre Laura (educatrice pedagogista clinica della
“Casa dei Risvegli Luca De Nigris”) , ogni volta che
veniva a salutarci, era molto contenta e ci aspettava
fiduciosa alla “Casa”.
Ho dovuto ricredermi.
La struttura , decisamente all’avanguardia, immersa
nel verde, permette al familiare di vivere nel modulo da
solo con il proprio caro ma anche, quando lo desidera,
di dialogare e confrontarsi con gli altri familiari: a questo scopo ho trovato piacevoli e utili gli incontri settimanali con Laura, portatrice di una ventata di serenità
a cui fai fatica resistere.
Il personale infermieristico, le terapiste e le O.S.S sono
sempre disponibili e rivolti costantemente ad incoraggiare, a volte anche con frasi scherzose, al fine di
strapparci un sorriso.
Tutti mi hanno insegnato qualcosa: le O.S.S. a gestire
nella vita quotidiana Carlo, attraverso l’igiene e l’alimentazione, le terapiste nella vestizione, nel cammino,
nel salire le scale, nel come aiutarlo a sedersi in macchina nei primi (meravigliosi) fine settimana trascorsi a
casa. E’ stata una scuola di vita, ho cercato di essere
una brava allieva per il bene di Carlo, perché, tornati a
casa, volevo occuparmi il più possibile di lui.
Il 6 gennaio 2006 mi hanno detto che potevo “gestire”
autonomamente Carlo (lavarlo, vestirlo, aiutarlo ad
andare a letto): è stato un momento molto bello , voleva dire che avevo imparato bene e mi ha fatto comprendere quanta strada potevamo ancora fare insieme,
ho capito che anche Carlo ne era contento.
Tornati a casa, sono stata in grado di aiutare Carlo da
sola.
Devo ringraziare tantissimo anche il Dott. Betti
(responsabile clinico della “Casa dei Risvegli Luca De
Nigris”), perché grazie alla Sua insistenza, Carlo ha
subito un intervento di derivazione (l’inserimento della
ben nota valvola) che ha definitivamente abolito l’uso
della carrozzella e da allora i progressi sono stati tantissimi!!!
Ora Carlo esegue la sua igiene e parte della vestizione
da solo, senza alcun aiuto, sale le scale per recarsi in
camera a riposare, e sempre più spesso rifiuta il roller
per deambulare da solo, guarda la televisione e ha rico-
minciato a leggere il quotidiano .
Tutte le mattine ci rechiamo in ufficio dove aumentano
ogni giorno di più i suoi interessi verso l’attività della
ditta.
Andiamo insieme ovunque, come prima del sinistro:
supermercato, visita alla mamma, agli amici.
Il dialogo con me è sempre in aumento (a volte si arrabbia anche perché sono un po’ “pesante” ) e positivo è
anche il dialogo con suo fratello, che ogni giorno regolarmente viene a trovarlo; con gli estranei ha meno
voglia, ma stiamo continuando le sedute di logopedia e
sono pertanto molto fiduciosa.
E, quando nella notte mi cerca, con la dolcezza di sempre, io ringrazio tutti per il grande aiuto avuto e il mio
cuore si riempie di gioia.
Vale la pena!
Susanna, moglie di Carlo
C A S A D E I R I S V E G L I L U C A D E N I G R I S E O LT R E . . .
9
Verso una continuità di relazione
Il progetto del dopo
di
Cristina Franchini
Educatrice
di
Marcella De Blasi
Psicologa
Il progetto educativo promosso dall’associazione de “Gli Amici di Luca” è rivolto
agli ospiti dimessi dalla “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” e ai loro familiari
Il rientro al domicilio, dopo un periodo riabilitativo presso la “Casa dei Risvegli Luca
De Nigris”, è un momento molto delicato
per la persona e per i suoi familiari, possiamo immaginarlo come l’inizio di un
viaggio caldamente curato, preparato e
organizzato già nel centro di riabilitazione,
un viaggio sicuramente non facile, nel
quale la famiglia e il proprio caro non sono
e non saranno lasciati soli.
L’associazione de “Gli Amici di Luca”, ha
ritenuto utile e importante fornire un sostegno educativo durante questo percorso,
arrivando nell’Aprile del 2006 alla proposta di un nuovo progetto, il “Progetto del
Dopo”, rivolto alle persone dimesse dalla
“Casa dei Risvegli Luca De Nigris” e ai
loro familiari.
Perché? Perché ci interessa, ci sta a cuore
il futuro delle persone conosciute all’interno della “Casa dei Risvegli Luca De
Nigris”, le relazioni che si sono create
durante il percorso riabilitativo ed educativo della struttura, hanno lasciato un segno
profondo in coloro che si sono presi “cura”
della qualità della vita della persona e del
suo nucleo familiare.
Questo interesse nel continuare la relazione nasce inoltre dalla consapevolezza che,
i bisogni dei familiari che rientrano a casa
o in strutture assistenziali di lungo-degenza, sono diversi e toccano anche noi, prima
in quanto esseri umani che vivono in una
società, poi in quanto associazione che ha
a che fare con la realtà del post-coma fin
dalla sua “sorgente”.
Il progetto è sorto con lo scopo di fare in
modo che la persona, dopo il periodo trascorso alla “Casa Dei Risvegli Luca De
Nigris”, si trovi veramente a “casa”, casa
intesa come spazio di incontro, fatto di
integrazione e di accettazione tra il proprio
vissuto e il proprio futuro, ma per conseguire questo obiettivo sappiamo che è
necessario agire per continuare a migliora-
Gianfranco e Wanda con la volontaria Sabrina
re la qualità di vita della persona con esito
di post-coma, curando i raccordi sociali e i
legami presenti prima, durante e dopo l’esperienza alla “Casa dei Risvegli Luca De
Nigris”.
Il “Progetto del Dopo” è un progetto educativo di affiancamento, assistenza, consulenza e monitoraggio che comprende i
seguenti servizi forniti gratuitamente dall’associazione:
- Contatto telefonico con l’associazione
attraverso il numero verde Comaiuto
800998067 per chiedere informazioni e
segnalare problemi.
- Possibilità di un incontro-colloquio con
un operatore dell’associazione per la
discussione di particolari problematiche.
- Contatti telefonici costanti per la continuità di relazione e per la raccolta di
informazioni sull’evoluzione della situazione al domicilio.
- Possibilità di programmare visite a
domicilio secondo la disponibilità di
entrambi.
- Comunicazione di informazioni attraverso posta, e-mail, telefono, su eventi,
convegni, iniziative, laboratori, momenti
aggregativi e altre opportunità promosse
dall’associazione; invio del magazine dell’associazione.
- Possibilità di richiedere l’utilizzo del
pulmino dell’associazione per il trasporto
di disabili con carrozzina, in occasione di
eventi/momenti aggregativi organizzati.
Questi servizi sono finalizzati all’affiancamento del familiare nel prendersi cura
del proprio caro e all’aiuto nel reinserimento sociale della persona dimessa dalla
“Casa dei Risvegli Luca De Nigris”, attraverso le visite al domicilio, le uscite insieme e il coinvolgimento nelle iniziative
proposte dall’associazione.
Di notevole importanza per migliorare nel
tempo l’impatto con il territorio delle persone dimesse dalla struttura e delle loro
famiglie una volta a casa è il monitoraggio
della situazione in itinere, attraverso il questionario di verifica della vita a domicilio e
la raccolta delle osservazioni degli educatori e dei volontari coinvolti nel progetto.
Questo permetterà alla persona di continuare il proprio percorso riabilitativo e di
reintegrazione sociale in un ambiente
adeguato alle sue necessità, un ambiente
che comprende e interroga il senso di
responsabilità della società tutta, abbraccia il familiare che si prende cura e riparte dalla dignità della persona con esito
di post-coma.
Dal mese di Gennaio 2007 l’Associazione
ha deciso di integrare al “Progetto del
Dopo”, il progetto “Colloqui di sostegno”
La volontaria Valentina con Teresa
un ulteriore servizio gratuito di sostegno
psicologico agli ospiti dimessi e alle loro
famiglie.
IL PROGETTO “COLLOQUI DI
SOSTEGNO”
La “Casa dei Risvegli Luca De Nigris”
risulta essere una struttura che “protegge e
accudisce” non solo la persona con esito di
coma, ma anche la sua famiglia. E’ un
luogo dove sia l’ospite e che la famiglia
ricevono, attraverso il continuo scambio e
confronto con le varie figure professionali,
con i volontari e con le altre famiglie, un
valido supporto emotivo.
Nel momento in cui vi è la dimissione dell’ospite con rientro a casa o in una struttura assistenziale di lungo-degenza, l’intero
sistema familiare deve ritrovare un nuovo
equilibrio, continuando a ricercare nel proprio nucleo, e utilizzando al meglio, l’energia che gli ha permesso di superare tutti i
momenti più critici che un tale percorso ha
sicuramente riservato. Le cerebrolesioni
acquisite, che destrutturato soprattutto le abilità cognitive, comunicative ed emotivo-relazionali, sono una minaccia ed una frustrazione non solo per la persona che ha subito il
trauma ma anche per la sua famiglia.
L’Associazione “Gli Amici di Luca” offre
un Servizio gratuito di Sostegno rivolto
sia all’ospite dimesso che alla sua famiglia, per affrontare tutto ciò che avviene
dopo la dimissione dalla “Casa dei Risvegli Luca De Nigris”.
Gli obiettivi del progetto si possono sintetizzare in due punti fondamentali:
1- stimolare il processo di reintegrazione
sociale;
2- facilitare una ricostruzione del proprio
progetto di vita.
Usufruire di un percorso di sostegno significa avere uno spazio personale nel quale
essere ascoltati; dove poter acquisire consapevolezza ed un adeguato livello di
accettazione; analizzare le proprie difficoltà emotive, cognitive, relazionali e
comportamentali; riscoprire le proprie abilità ed attivarsi per una maggiore conoscenza di sé.
E’ necessario un valido supporto emotivo
della persona dimessa nei diversi periodi di
crisi, che inevitabilmente avranno luogo,
durante il processo di re-inserimento sociale.
La presa di coscienza delle disabilità acquisite e la percezione di un arresto o di un rallentamento del recupero funzionale in un contesto non protetto, diventano fonti di grosse
frustrazioni, di sentimenti di inadeguatezza,
di vergogna, di disperazione, di isolamento,
di abbandono e di stati depressivi.
Per la persona dimessa è importante trova-
re, all’interno della propria famiglia, un’atmosfera il più possibile serena e positiva,
per il proseguimento del recupero delle
abilità.
Risulta fondamentale indagare sugli aspetti della personalità premorbosa in quanto
fattori determinanti, secondo diverse studi,
del potenziale di salute della persona con
esito di coma in fase di recupero, della sua
capacità di adattamento e di superamento
della patologia e delle sue conseguenze, in
un equilibrio bio-psico-sociale che consente di raggiungere un grado di autonomia
discordante dall’entità del danno e della
disabilità e dipendente da risorse intrinseche all’individuo e dall’interrelazione
positiva con l’ambiente.
Anche il famigliare potrà usufruire dei colloqui di sostegno per contenere l’ansia e lo
stress generati dalla drammaticità e imprevedibilità dell’evento doloroso, dall’incertezza per il futuro, dalle frustrazioni legate
ai tempi lunghi del recupero, dalla fatica a
comprendere e accettare i disturbi del comportamento del proprio caro, dalle difficoltà legate al dover “prendersi cura” di
una persona che ha subito un trauma.
Spesso si assiste, all’interno delle famiglie, alla creazione di legami molto stretti
in cui iperprotezione e staticità divengono
elementi principali. L’attaccamento eccessivo al proprio caro risulta inevitabile in
una prima fase, ma deleterio se persistente, perché determina l’impossibilità di
emanciparsi da uno stato di totale dipendenza verso livelli via via maggiori di
libertà.
E’ di fondamentale importanza riconoscere
il proprio caro, come persona con una
nuova propria originalità emotiva in evoluzione e possibili opportunità di autonomia.
Il complessivo “Progetto del Dopo”, si basa
sull’”Ascolto Attivo”, un ascolto profondo
fra due parti necessarie l’una all’altra, l’associazione ”Gli Amici di Luca” e coloro
che sono entrati in contatto con la realtà del
post-coma, è un ascolto fatto di scambi di
informazioni e di bisogni, per migliorarsi a
vicenda e continuamente.
Questo progetto ha come fine educativo
quello di accompagnare la persona nel
percorso verso il reinserimento sociale
per permetterle di riorganizzare la propria
vita e i propri spazi all’interno dell’ambiente familiare e sociale, rimanendo
comunque e sempre nell’ambito dell’
“empowerment” pedagogico che ha come
finalità quella di promuovere lo sviluppo
dell’apprendimento e della crescita individuale nel corso di tutta la vita.
D I B AT T I T O
10
Il Testamento Biologico
I risultati di una ricerca nazionale ed una risoluzione prossimamente discussa in Regione
di
Gian Luca Borghi
Consigliere regionale
Assemblea Legislativa
Regione Emilia-Romagna
L'
esercizio della libertà terapeutica come espressione della sovranità dell'individuo sul proprio corpo:
il diritto, dunque, a scegliere il tipo di
cura ritenuto più adeguato al proprio
organismo e alla propria infermità.
Ritengo si debba partire da qui per
affrontare il delicato tema del testamento biologico. Un tema che non
attiene al solo ambito medico ed
etico-morale, ma anche alla responsabilità della politica. Ogni persona
deve poter essere protagonista delle
scelte riguardanti la propria salute e
deve essere messa in grado di accettare così come rifiutare – “consenso
informato” – l’intervento medico e ciò
che comporta, attraverso l’istituto
della dichiarazione anticipata di
volontà.
Ho potuto constatare personalmente
il crescente interesse per questo tema
nel corso di tre iniziative che ho promosso lo scorso primo marzo a Bologna, Modena e Reggio Emilia, a cui
hanno partecipato Luigi Manconi,
sottosegretario alla giustizia, e Mario
Riccio, anestesista dell'Ospedale
Maggiore di Cremona (colui che ha
staccato il respiratore automatico di
Piergiorgio Welby).
È stata l’occasione per presentare la
prima ricerca italiana sul Testamento
biologico commissionata da A buon
diritto - Associazione per le libertà e
condotta da Enzo Campelli e Enza
Lucia Vaccaro dell’Università degli
Studi di Roma La Sapienza. Il sondaggio ha coinvolto un campione
composto da 266 medici, la maggioranza dei quali oncologi e anestesistirianimatori, operanti in 19 ospedali
italiani distribuiti in ogni area geografica della penisola. Questo in sintesi
l’esito: solo il 10% dei medici italiani
si dichiara contrario, mentre la metà si
esprime favorevolmente. Il 40% invece non vuole o non sa pronunciarsi,
anche perché poco informato sull’argomento.
Scendendo nel dettaglio della ricerca,
emerge una spaccatura nel proprio
livello di consapevolezza della materia: il 42% degli intervistati lo giudica
“scarso”, il 33% lo reputa “sufficiente”, mentre il 20% afferma di avere
una buona preparazione sull’argomento. Solo in otto casi (3%) si
dichiara un grado di informazione
“approfondito”. Esigua appare anche
la diffusione del tema come oggetto di
discussione tra gli
operatori del settore e
nel rapporto medicopaziente: solo il 47%
dichiara
di
aver
affrontato il tema con
i colleghi, mentre il
19% del campione ha
avuto occasione di
partecipare a riunioni
o convegni scientifici.
Ma è soprattutto con i
pazienti che non si
discute di direttive
anticipate: appena il
15% dei medici intervistati ne ha discusso
con gli ammalati, sebbene quasi la
metà sostiene che con la dovuta pubblicizzazione, chiunque potrebbe
essere interessato alla redazione del
proprio testamento biologico.
Alcuni elementi di riflessione riconducibili all’interrogativo: quali sono i
casi in cui il testamento biologico va
applicato? Il 7% degli intervistati
sostiene che non vada applicato “in
nessun caso”, il 35% che vada applicato solo in caso di stato vegetativo
permanente, il 28% lo prefigura in
relazione all’eventuale perdita di
coscienza in seguito a patologie
inguaribili, l’11% in tutti i casi di incapacità del paziente, il 12% in tutti i
casi di patologia che il paziente sia in
grado di prefigurare.
Un ruolo fondamentale tra i medici
italiani lo assume il “fiduciario”, il
soggetto terzo che in caso di sopravvenuta incapacità del paziente ne rappresenti la volontà rispetto ai trattamenti medici da assumere. Il 53%
promuove questa figura, mentre i contrari non raggiungono
il 30%. Significativo è
anche il riferimento al
fatto che questa figura
consentirebbe di porre
rimedio al problema
della “distanza temporale” fra il momento
della redazione del
testamento e quello
della sua applicazione.
Per quando riguarda il
mio contributo in qualità di consigliere
regionale, ho presentato in Assemblea Legi-
slativa una risoluzione che invita la
Giunta regionale ad assumere specifiche iniziative nei confronti delle strutture sanitarie dell’Emilia-Romagna
(all’interno dei percorsi terapeutici
che garantiscono la qualità della cura
e l’umanizzazione del trattamento
sanitario, nel rispetto del principio di
partecipazione del paziente), che assicurino nella fase di sottoscrizione del
‘Consenso informato’ da parte del
paziente la possibilità di richiedere
specifiche clausole che prevedano il
rifiuto di tutti i trattamenti sanitari
per i quali il paziente stesso non abbia
espresso il proprio esplicito consenso.
Al riguardo si fa riferimento ai principi sanciti dalla Costituzione in merito
alla libertà personale e al diritto alla
salute, alla Convenzione di Oviedo
del 1997, ratificata con legge nel 2001
dal Parlamento italiano, al Trattato
del 2004 che adotta una Costituzione
europea, che individua nel rispetto
della ‘dignità’ dell’essere umano il suo
primo fondamentale diritto.
Il diritto alla salute e la libertà di scelta terapeutica sono alla base della
dignità dell’essere umano: ritengo non
sia più procrastinabile l’assunzione da
parte del legislatore della responsabilità di tutelare l’integrità dell’essere
umano nel suo pieno diritto all’autodeterminazione. E tale diritto passa
anche attraverso il pieno rispetto del
colloquio e del consenso informato e
nel conseguente rispetto della libertà
di pensiero, coscienza e religione.
Diritto alla salute e libertà di scelta
Luigi Manconi: “una normativa per la classe medica...”
di
Elisabetta Norzi
www.redattoresociale.it
B
OLOGNA - E’ il risultato
della prima ricerca nazionale
sul testamento biologico, presentata a Bologna dal sottosegretario
alla giustizia Luigi Manconi e dall’anestesista che ha seguito Piergiorgio Welby, Mario Riccio. “Si
tratta del primo studio rappresentativo dell’intero paese – spiega
Luigi Manconi –. Ciò che fa riflettere, è che il livello di conoscenza
dei medici sul tema è molto limitato”.
Due secondo Manconi i nodi da
sciogliere intorno al testamento
biologico: il consenso informato e
“il dolore non necessario”. “Il
testamento biologico – prosegue
Manconi– è una dichiarazione anti-
cipata della volontà del paziente
patologie – precisa Manconi – che
sui trattamenti sanitari a cui non
producono dolori indicibili. Esiste
intende sottoporsi, espressa non
nel nostro paese un inaudito scialo
nella prostrazione della malattia o
del dolore che non viene visto
prima di entrare in sala operatoria,
come patologia, ma quasi come un
ma nel pieno delle facoltà”.
dato ineliminabile, e virtuoso, delVolontà che,
l’esperienza
nel corso del
umana”. L’Itempo,
può
talia si colloessere modifica infatti al
cata. Il 57%
penultimo
dei medici sotposto
in
tolinea inoltre
Europa per
che l’accanil’uso di antimento teradolorifici a
peutico è una
base di morroutine e un
fina.
“La
medico su 4
classe mediafferma che è
ca – sottolipratica diffusa
nea l’anestesospendere le
sista Mario
cure quando si
Ricci – ha
valuta irreverbisogno di
sibile la malatuna normatiLuigi Manconi,
tia. “Ci sono sottosegretario alla Giustizia
va, perché il
medico si trova spesso in situazioni
complesse in cui conoscere la
volontà del paziente diventa fondamentale. Un principio, quello della
volontà del paziente, sancito dalla
Costituzione e dalla Convenzione
di Oviedo del 1997, che però non
ha mai visto decreti attuativi”.
La risoluzione che verrà presentata dall’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna nei prossimi
mesi cerca di colmare un vuoto
nella legislazione nazionale,. “E’
l’unica regione, per ora, che ha sollevato il tema in questi termini – ha
concluso Manconi –. I prossimi
passi a livello nazionale, invece,
saranno quelli di discutere in Parlamento la questione del testamento biologico. Il frutto della discussione parlamentare, dovrà portare
a decidere, in maniera condivisa,
quali terapie fare rientrare, ovvero
quali cure il paziente può chiedere
di sospendere e quali no”.
LETTERA
11
L’incontro con Giorgio Napolitano
Appello alla ricerca della madre di un ragazzo in stato vegetativo
Il Presidente Giorgio Napolitano nella sua visita a Bologna a
margine dell’incontro sul volontariato nel palazzo della Prefettura, ha incontrato i rappresentanti della “Casa dei Risvegli
Luca De Nigris” (Franco Riboldi direttore generale dell’Azienda Usl di Bologna, Roberto
Piperno direttore della Casa dei
Risvegli Luca De Nigris, Maria
Vaccari presidente dell’associazione Gli amici di Luca, Fulvio
De Nigris direttore del Centro
Studi per la Ricerca sul Coma).
Fulvio De Nigris ha consegnato al Presidente della Repubblica la tessera di socio onorario dell’associazione Gli amici
di Luca ed una targa commemorativa del saluto dell’Azienda Usl di Bologna e dell’associazione stessa per la sua visita alla città.
Il Presidente Giorgio Napolitano che concede il suo Alto
Patronato alla “Giornata nazionale dei Risvegli per la ricerca sul coma – Vale la pena, 7 Ottobre”, nel ricordare l’amico
Beniamino Andreatta, ha avuto parole di commozione e
partecipazione al progetto innovativo di Bologna. A lui De
Nigris ha consegnato la lettera di Anna Alberio mamma di
Jacopo da cinque anni in stato vegetativo che rivolge un
accorato appello agli scienziati perché si impegnino sulla
ricerca ed alle istituzioni per “un futuro in cui sperare”. La
lettera della mamma di Jacopo aveva già avuto una risposta
affettuosa e partecipata del dott. Ignanio Marino presidente
della commissione Igiene e Sanità del Senato (che pubblichiamo a fianco per gentile autorizzazione dell’interessato).
Il Presidente della Repubblica si è dimostrato umanamente
coinvolto ed ha assicurato la sua risposta ed il suo interessamento poiché, come ha ribadito nel corso di tutto l’incontro con il volontariato, “vuole essere costantemente tenuto informato per dare una mano”.
ventitré quando fu
Sono la mamma di Jacopo, un ragazzo di ventotto anni. Ne aveva
investito su un passaggio pedonale.
trauma craniDa quel giorno Jacopo è in stato vegetativo permanente per il gravissimo
pubbliche e poi private,
co subito. Dopo qualche mese di permanenza prima in strutture
genitori.
noi
da
casa
in
ormai da quattro anni è accudito
detto, verrà ulteriorL’assistenza e l’aiuto degli enti pubblici è limitato ed ora, ci è stato
ed io, per garantire a
mente ridotto. Abbiamo fatto praticamente tutto da soli, mio marito
Jacopo un’esistenza difficile ma il più possibile dignitosa.
attimo per attimo.
La tragedia che si è abbattuta su di noi si rinnova giorno per giorno,
fisiche sono il
Piccoli e grandi segni di sofferenza, crisi, instabilità delle sue condizioni
mio calvario quotidiano.
mi possa far pensare al
Nella sua immobilità attendo invano il più minuscolo segnale che
mia mente, la mia vita
miracolo,che mi suggerisca che non tutto è finito. Le mie forze, la
sono solo per lui.
Sono tanti quelli
Ma ho bisogno di speranza per sopravvivere, ho bisogno di un futuro.
in cui sperare, dobbiache come me vivono simili tragedie. Abbiamo bisogno di un futuro
possibilità di un
alla
aggrapparci
dobbiamo
speranza,
di
mo legare le nostre vite ad un filo
cambiamento.
I riflettori della
Non ci vogliamo rassegnare: per questo chiedo che qualcosa sia fatto.
cari, il mio Jacopo, che
cronaca sono accesi sul dibattito intorno all’eutanasia, ma i nostri
dimenticati.
sembrano
mi
passano i loro giorni in stato vegetativo,
più spesso, curaDi loro le cronache non parlano: vivono parcheggiati in istituti o, molto
fanno notizia. I media
ti e accuditi nelle proprie famiglie. La loro e la nostra sofferenza non
cellule stadalla
offerte
non se ne occupano, la ricerca è ferma, le illusioni sulle possibilità
minali sembrano dissolversi.
siano indirizMi rivolgo a tutti Voi affinché il Vostro pensiero e l’autorità che rivestite
zati a tracciare una nuova via di speranza per noi e per i nostri cari.
staminali affinché
cerebrali
cellule
delle
ricercatori
scienziati
agli
soprattutto
rivolgo
Mi
gravi traumi di cui sono
dedichino i loro studi anche agli stati vegetativi conseguenza di
colpiti per la maggior parte giovani.
e studiare
Vi chiedo di fare tutto il possibile affinché nuove risorse vengano indirizzate
ci aiutiate ad uscire
questi casi difficili, siano rimossi ostacoli, pregiudizi e difficoltà, perché
dal buio del tunnel nel quale siamo precipitati.
Parlate di noi, pensate anche a noi.
Un grazie di cuore a tutti.
Anna Mapelli Alberio - Marco Alberio, genitori di Jacopo
Gent.mi Signori Alberio,
ho ricevuto la e-mail che tanto cortesemente mi avete inviato e vorrei ringraziarVi per
avere voluto condividere le vostre riflessioni con me. L’ ho letta con grande attenzione e, prima d’ogni altra cosa, tengo molto ad esprimervi tutta la mia solidarietà per il
dramma che Vi ha colpito. Comprendo bene l'angoscia e l'estrema difficoltà della condizione che Lei e Sua moglie siete costretti a vivere perché, come forse saprà, prima
di accettare l'incarico di Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato ho
svolto per molto tempo la professione di chirurgo specializzato in trapianti. Conosco
perciò il dolore e la sofferenza per averla vissuta e condivisa con i miei pazienti.
Sono sensibile alla vostra protesta e alla denuncia della condizione delle famiglie che
devono occuparsi di un figlio che vive in stato vegetativo. So bene che la solitudine
nella quale sono spesso abbandonate è davvero incomprensibile e intollerabile.
Capisco anche il vostro appello accorato per la sensibilizzazione tanto dell’opinione
pubblica quanto dei media, appello a non lasciare cadere tutto nell’oblio.
Per quanto riguarda lo stato dello studio sulle cellule staminali, la ricerca sta procedendo e molti validi scienziati stanno lavorando per arrivare nel più breve tempo possibile a risultati tangibili. I tempi della ricerca scientifica, tuttavia, sono notoriamente
lunghi. Al fine di migliorare la situazione e di rendere la ricerca italiana più alacre e
produttiva, mi sono impegnato affinché venisse inserito in Finanziaria un emendamento che andasse proprio nella direzione dell’aiuto ai giovani ricercatori, perché è
nelle loro energie e idee che dobbiamo confidare. In via sperimentale, il 5% dei fondi
per la ricerca biomedica andranno a studiosi di età inferiore ai 40 anni, per progetti
selezionati in base a criteri rigidamente meritocratici.
Pur consapevole che si tratta del primo passo, credo sia comunque un buon inizio
che, se verrà seguito da ulteriori cambiamenti nella medesima direzione, porterà
senz’altro alla modifica positiva del contesto generale.
Colgo questa occasione per inviare a Lei e alla Sua famiglia i miei auguri e i saluti più
cordiali.
Prof. Ignazio Marino
Presidente, Commissione
igiene e sanità
Senato della Repubblica
“La lettera della mamma di Jacopo
consegnata al
Presidente della Repubblica - sottoli
nea il problema della ricerca sul coma e lo stato
vegetativo.
La ricerca in questo campo non è
ancora sufficientemente forte in quanto solo di recente
è emersa una
nuova consapevolezza della possib
ile complessità
di queste condizioni cliniche e la voce
delle famiglie
coinvolte non sempre trova l’ascol
to adeguato.
La via della speranza passa veram
ente attraverso la
ricerca e in questo campo, le cellule
staminali adulte potrebbero rappresentare una
opportunità di
straordinario valore in un futuro
auspicabilmente
vicino.
Il Centro Studi per la Ricerca sul Coma
di Bologna
raccoglie l'appello della mamma
di Jacopo e lo
rivolge ai ricercatori impegnati
sugli studi nel
campo della terapia cellulare per dar
vita a progetti
di concreta applicabilità clinica”.
Fulvio De Nigris
direttore del Centro Studi per la Ricerca
sul Coma
Roberto Piperno
direttore Casa dei Risvegli Luca
De Nigris
12
S PA Z I O D I L U C A
Per sussurrare: “non mollare mai”
studentesse della scuola ITC Mattei guidate dalla prof. Isabella Felicani raccontano la loro esprienza come prime
tirocinanti di scuola superiore alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris
Tiziana: Tutto inizia a scuola quando la
mia professoressa ci indica la struttura
presso cui possiamo svolgere il tirocinio,
appena appare “Casa dei Risvegli Luca
De Nigris” decido di prendere quella
strada, un po’ perché ne avevo sentito
parlare un po’ per una mia esperienza
personale. Da subito inizio a documentarmi, scoprendo per quale motivo nacque prima l’associazione “Gli amici di
Luca”, poi la casa dei risvegli a lui dedicata. La storia di Luca mi colpì e mi
appassionò molto, da subito provai
un’immensa ammirazione per due genitori che insieme a tanti altri colpiti sicuramente in prima persona danno luogo
ad una struttura che aiuta la persona
che ha subito il trauma e la sua famiglia
nel lungo percorso post-coma, proprio
come ha avuto bisogno Luca prima del
suo addio. Il 19 Febbraio arriva il mio
primo giorno di tirocinio con la visione
dello spettacolo “Qualcosa è cambiato”
; l’impatto è stato per me abbastanza
forte sebbene non sia entrata a stretto
contatto con i ragazzi della compagnia
teatrale. Lo spettacolo è stato bellissimo, mi ha in particolare stupito l’entusiasmo, l’energia e la dolcezza con cui
volontari e operatori entravano in relazione con i ragazzi. Meravigliose sono
state le parole di Fulvio De Nigris che
hanno introdotto lo spettacolo, l’amore
che metteva nell’esprimere i suoi sentimenti facevano rivivere Luca tra di noi,
dandomi l’impressione quasi di averlo
conosciuto. Nei giorni a seguire abbiamo conosciuto materialmente la struttura della casa dei risvegli facendo una
breve conoscenza di alcune persone e
dei rispettivi famigliari. Ognuno vive la
sua esperienza a sé, ma in generale dagli
occhi del care giver traspariva una grandissima carica d’amore per il famigliare
colpito dal trauma. Genitori che accudiscono i propri figli ormai adulti come se
fossero tornati bambini. Le cose di certo
non dovrebbero andare così ma come
ha scritto una persona che dal primo
momento mi è entrata nel cuore :”il
nostro destino è già prefissato fin dalla
nascita, come scalfito nella pietra”.
Stando qui dentro, mi rendo conto di
quanto amore, forza d’animo e costanza
ci voglia da parte dei famigliari e di
quanta forza d’animo ci serva nel capire
che qualcosa (per l’appunto) è cambiato
ma che, se si vuole davvero e non ci sono
troppi ostacoli, speranze di ripresa minima ci possono essere. Passando per i corridoi ti ritrovi inerme davanti ad una persona che un giorno era come te e l’altro si
ritrova su una carrozzina con gli occhi
chiusi.. non si trovano mai le giuste parole per far forza a chi si trova in questa
condizione, vorrei trasmettere un po’
della mia energia da diciassettenne e sussurrargli all’orecchio: non mollare mai.
Eleonora: Coma. Quante volte ho sentito questa parola, magari accennata in
un veloce servizio al telegiornale,
accompagnata da immagini di ospedali
che trasmettono un senso di vuoto e
desolazione.
Ecco, io, nel mio breve percorso intrapreso dentro la “Casa dei risvegli Luca
De Nigris”, ho trovato un altro tipo di
ambiente: più umano, più accogliente,
più vivo. Perché è proprio la vita che è al
centro di tutto, la vita nei suoi piccoli
gesti quotidiani, nella sua forza a non
arrendersi mai nonostante tutto.
Io ho diciassette anni; ho, come si dice,
tutta la vita davanti a me, eppure delle
volte mi ritrovo triste a rimuginare sui
miei problemi di adolescente che cresce.
Ebbene, questa esperienza mi ha fatto
capire che i problemi veri sono altri,
ben più grossi di un votaccio a scuola o
di una litigata con un amico.
Ciò che mi ha colpito maggiormente è la
forza che hanno dentro di sé gli operatori, i volontari, i familiari e, ovviamente, le persone con esiti di coma. Infatti
alcuni mostrano una tale gioia di vivere
e ironia che ti fa pensare: “Cavolo, ma io
al suo posto mi comporterei allo stesso
modo?”; certo, è anche vero che altri
non reagiscono come dovrebbero o non
reagiscono affatto ma questa struttura è
stata creata apposta, per aiutare chi esce
dal coma a riappropriarsi della sua vita,
quasi attuando una rinascita, sia fisica
che psicologica.
Uno dei momenti più forti di questa
esperienza è stato l’incontro con alcune
delle persone ricoverate e con i loro familiari; infatti, abbiamo visitato brevemente
l’interno di alcuni dei moduli abitativi
della struttura per comprendere meglio
come ci si vive. Quello che mi ha toccato
di più è lo sguardo delle persone: a volte
può sembrare assente, altre invece sembra che ti indaghi a fondo e ti scruti attentamente e quando ciò accade ti senti
spaesato, quasi imbarazzato. Dei famigliari mi hanno colpito la speranza e il
non arrendersi mai; a loro va tutta la mia
stima.
Durante una di queste visite c’è stato
un momento che mi è rimasto impresso
fortemente: stavamo percorrendo il
corridoio comune che porta a tutti i
moduli abitativi e, passando davanti ad
uno di essi con la porta aperta, ho sentito un pezzetto della canzone “Sally” di
Vasco Rossi che evidentemente qualcuno stava ascoltando e che diceva “la vita
è un brivido che vola via…”. Mi sono
ritrovata a pensare che mai altra frase
sarebbe stata più adatta in quel contesto.
Questa esperienza mi ha dato molto e
ringrazio per questo tutti, in particolar
modo Laura Trevisani, la nostra “tutor”
che ci ha seguite in questo percorso con
sempre il sorriso sulle labbra.
Martina: Come vi sentireste voi, a dover
attraversare un corridoio e osservare,
che dentro le stanze, allestite come una
vera e propria casa, ci sono persone
appena uscite dal coma,nella fase di
risveglio?? Beh, direi che la risposta è
abbastanza semplice da intuire…Dentro alla Casa dei Risvegli Luca De
Nigris, ho potuto avere un incontro
diretto con questa realtà, del tutto estranea per me, e fino a quel momento sconosciuta. Ho potuto osservare,anche se
in piccola parte, le varie attività e terapie svolte all’interno della struttura e
avere un piccolo contatto con i vari
pazienti. Io, ragazza di 18 anni, per la
prima volta di fronte a queste persone,
provare allo stesso tempo, purtroppo,
compassione, tristezza e tante altre sensazioni che in un foglio di carta sarebbero difficili da esprimere. Provo a parlare,
ma non so come comportarmi, non so
cosa dire e soprattutto non so se quello
che dico possa servire o meno a qualcosa…L’unica cosa che mi è venuta da fare
in quei momenti è sorridere, sorridere e
basta…E tutto questo è quello che ho
provato in quei brevi, ma intensi
momenti, dove le uniche cose che ti passano per la testa sono “Ma dove trovano
queste persone,la forza di andare avanti
in momenti simili?”. “Io non ce la
farei”..Ma purtroppo in quei momenti è
inutile chiedersi il perché è avvenuto
e”perché proprio a me?” …Non si può
tornare indietro e, o si sta fermi e immobili,senza reagire, o si va avanti e provare ad avere un briciolo di speranza..Perchè la speranza è l’ultima a morire e la
possibilità che qualcosa possa cambiare
c’è sempre. Come i ragazzi di teatro,
grandi persone, che nonostante abbia
potuto vedere per poco tempo, mi
hanno trasmesso veramente tanto. Con
l’interpretazione “Qualcosa è cambiato” hanno dimostrato la loro immensa
forza, la forza che li ha portati ad andare avanti e riuscire a tornare a vivere. E
il modo in cui loro vivono,dovrebbe
essere di aiuto per tutti, per capire che
bisogna godere dei piccoli piaceri della
vita , perché quando meno te l’aspetti la
tua vita può “Cambiare” del tutto,come
appunto detta il titolo dello spettacolo…Nonostante io sia stata poco a contatto con tutte queste persone, a partire
dai ragazzi di teatro, dalle famiglie dei
pazienti, dalla mia tutor Laura, da Stefa-
no, Cristina, Alessandra e Fulvio, ho
ricevuto veramente qualcosa, e spero,
nel mio piccolo, di aver lasciato qualcosa anche a loro...
Agnese “Sì alla speranza no all’illusione” è questo il messaggio che si cerca di
dare ai famigliari delle persone che
hanno subito un trauma che sono ricoverate presso la Casa dei Risvegli Luca
De Nigris. Questa struttura non deve
essere considerata come un ospedale
ma proprio come una vera casa. Lo si
può vedere dai moduli abitativi che
assomigliano ad appartamenti ognuno
dei quali possiede un giardino al cui
interno viene ricreata una “nuova” vita
caratterizzata da gesti, suoni, parole che
precedevano il coma. Il clima che si
respira è differente da una qualsiasi istituzione sanitaria: in un ospedale per
esempio il modo di rapportarsi con i gli
ospiti ricoverati è diverso, è più freddo.
Invece, presso questa struttura vi è un
senso di calore, di amore e di energia
manifestato da entrambe le parti: gli
operatori di teatro, svolgono lo stesso il
loro lavoro anche se non vi è una collaborazione dell’individuo e dagli occhi di
alcuni “pazienti” che ho avuto modo di
conoscere brevemente si vede la voglia
di vivere. È questo che colpisce. Questa
voglia di non arrendersi mai, l’ho potuta
riscontrare nel libro scritto da Luigi Ferrarini, un ragazzo molto determinato
colpito da un evento traumatico, che ha
creduto nei miglioramenti e ha avuto
esiti postivi. Personalmente ritengo sia
una persona fantastica per la sua forza
di volontà che cerca di trasmettere a
tutti e che, se si desidera veramente,
qualcosa può cambiare. La mia scelta di
eseguire il tirocinio alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris diciamo che è stata
imprevista. Infatti l’avrei dovuto svolgere presso un’altra istituzione e fra le
opzioni rimanenti che la professoressa
aveva elencato c’era appunto la Casa
dei risvegli. Ho scelto di venire qui per
diversi motivi: sono rimasta colpita dalle
parole di Fulvio quando è venuto a
scuola a descriverci in che modo è nata
questa struttura e ci ha raccontato di
suo figlio Luca quindicenne entrato in
coma, poi scomparso e anche per la mia
curiosità di provare un’esperienza insolita. Ci sono stati momenti molto toccanti quali la visone del film “L’alba di
Luca” che narra proprio la vicenda di
questo ragazzo e l’incontro con le persone ricoverate; alcune delle quali mi
trasmettevano una gioia immensa e
altre molta malinconia. Di fronte a loro
mi domandavo “che cosa pensano? Che
cosa potrei fare nel mio piccolo?” Ma è
difficile, le parole non ti escono dalla
bocca e allora ti limiti ad un sorriso e
cerchi di afferrare quello che vogliono
dire tramite il loro sguardo. Ringrazio
in modo particolare Laura Trevisani
che ci ha accompagnato in questo
“cammino” con una grinta pazzesca e
un enorme disponibilità e un ringraziamento unico agli altri operatori. Per
concludere “ Tutto si può fare se si ha
entusiasmo” questo è l’insegnamento
(scritto da Henry Ford) che ho compreso da questa esperienza.
Tiziana Cattozzo, Martina Gotti,
Eleonora Guglielmi, Agnese Andrini.
Classe 4b, Istituto Mattei Liceo delle
Scienze Sociali San Lazzaro di Savena
I N I Z I AT I V E
13
Il Risveglio della natura
Festa di Primavera a favore della Casa dei Risvegli Luca De Nigris
Venerdì 30, sabato 31 marzo, domenica 1 aprile 2007 i portici di via
Dagnini a Bologna si animano per
una Festa di Primavera a favore
della Casa dei Risvegli Luca De
Nigris.
A Primavera la natura si risveglia, è
cosa nota. E’ tutto un fiorire di alberi
e prati, gli animali escono dal letargo,
esseri umani compresi, il sole più brillante e le giornate più lunghe rendono
i colori vividi, ci si sente più forti e
allegri, si ha voglia di stare all’aria
aperta.
E’ cosa nota, è vero. E’ così tutti gli
anni, dalla notte dei tempi, ma, tutte le
volte, tutti gli anni, dalla notte dei
tempi, ci risvegliamo, in Primavera.
Inseguendo queste sensazioni, cercando – mentre viviamo il nostro personale risveglio annuale – di sentirle fino
in fondo, possiamo capire subito il
senso de Il Risveglio della Natura, l’inziativa promossa dal Consorzio Operatori Commerciali di Via Dagnini per
la Casa dei Risvegli Luca De Nigris in
collaborazione con Flora 2000 Gar-
den Shop e ComunicaMente per la
parte organizzativa.
Tre giorni, 30, 31 marzo e 1 aprile,
dove questo senso di Risveglio universale prenderà la mano al lento, ma
altrettanto sorprendente, Risveglio
dal Coma. Un metafora, insomma, un
punto di vista per trasmettere al grande pubblico una tematica delicata e
fortissima allo stesso tempo, come è,
appunto, il Risveglio dal Coma; due
risvegli così affini per il concetto base
che tutti e due si portano dietro: la
riscoperta del mondo che ci circonda,
la riapertura dei sensi, il cercare di
non dare per scontato qualcosa solo
perchè lo abbiamo sotto gli occhi tutti
i giorni.
Ecco quindi che i portici di Via Dagnini si trasformeranno in un’esplosione
di fiori, colori e aromi offrendo a
grandi e piccini un colpo d’occhio
unico che trasmetta l’idea di vivere
“da dentro” la Primavera che si risveglia.
Inoltre per le scuole e l’utenza libera,
tanti laboratori e attività a tema: un
mondo in bottiglia. Per le scuole elementari, dove i materiali naturali, i
colori e l’acqua si mescolano in un
vasetto di vetro per trasformarsi in un
mondo incantato fatto di fiori e frutti.
SE-ME per le medie; creare una
bustina con materiali e pensieri per
formare l’essenza personale di risveglio.
Per l’utenza libera: faccia a faccia
con la primavera dove i volti dei
bimbi verranno dipinti come un fiore.
I colori della stagioni e la scala cromatica dei verdi dove su tanti cartelloni i bambini sono invitati ad iniziare
e proseguire una grande installazione
artistica che abbia per tema il risveglio. Si potranno utilizzare differenti
tecniche e materiali: matite, pennarelli, acquerelli, collage, ritagli, petali,
foto ecc… L’installazione artistica
verrà poi donata alla Casa dei Risvegli
Luca De Nigris. E infine Clown, palloncini a forma di fiori, giocoleria itinerante e intrattenimento di strada
con l’Associazione Ion Creanza.
Simona Pinelli
Per informazioni
www.comunicamentesnc.it
051-6449699
Nel cuore della città
in piazza Maggiore si recita Plauto alla maniera di Guccini
“Nel cuore della città solidarietà in festa per la Casa
dei Risvegli Luca De Nigris” è il titolo della manifestazione che si sta preparando l’11 e 12 maggio in
piazza Maggiore.
Un momento di solidarietà per festeggiare i dieci
anni dell’associazione “Gli amici di Luca” ma anche
una due giorni di riflessione sui temi della prevenzione, della sicurezza stradale e degli esiti di coma.
Nel ricco programma realizzato dall’associazione
Cirenaica assieme all’Avis, la Croce Rossa Italiana
volontari del Soccorso di Bologna, l’Ausl di Bologna
gruppo “Oltre le Barriere” , il Comune e la Provincia
di Bologna settore Mobilità saranno coinvolti i
ragazzi delle scuole primarie e degli istituti superiori
in una momento di drammatizzazione frutto di una
serie di incontri di preparazione.
Tra artisti di strada l’11 maggio sarà la volta del concerto PRAISING PROJECT GOSPEL ENSEMBLE con ospiti a sorpresa mentra la sera del 12
maggio novità assoluta in piazza Maggiore FRANCESCO GUCCINI presenta il GRUPPO DILETTANTI PAVANESI in AULULARIA di Plauto tradotta da lui stesso nel dialatto pavanese non più par-
lato, che definisce “di tipo toscano ma profondamente segnato da caratteristiche emiliane”, per la regia di
Marco Brogiotti.
Francesco Guccini, modenese di nascita, pavanese
d’adozione introdurrà, in veste di presentatore, la
commedia di Plauto, da lui tradotta dal latino nel dialetto pavanese, caratteristico del paesino della montagna pistoiese, Pavana, dove il cantautore vive da
anni in un mulino appartenuto in passato alla sua
famiglia.
E’ noto il profondo rapporto che lega Guccini a
Pavana, la terra d’origine della sua famiglia paterna
e della sua infanzia. una frazione di sambuca pistoiese, infatti, il paese del padre, Ferruccio Guccini. E a
questo paesino il cantautore ha dedicato il suo primo
romanzo “Cròniche epafániche” e nel 1998 ha pubblicato il “Dizionario del dialetto di Pavana”.
A Francesco Guccini dunque il compito di introdurre per la prima volta in piazza Maggiore la commedia
plautina che sarà interpretata dalla compagnia di
attori amatoriali di pavana: il “Gruppo dilettanti
pavanesi”.
CONVEGNI
14
LIGURIA
L’ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE PER LE GRAVI CEREBROLESIONI: “REALTÀ LOCALI”
18 Maggio 2007 Palazzo Tursi - Sala di rappresentanza, piano II - Via Garibaldi, 9 - Genova
convegno promosso dall’associazione “Rinascita e Vita”
Programma preliminare
Ore 8.30 - Registrazione partecipanti al Convegno
Ore 9.00 - Saluti delle autorità : Dott. Claudio Burlando Presidente della Regione, Dott. Giuseppe Pericu Sindaco di Genova, Dott. Claudio Montaldo Ass.re alla
Salute, Dott. Paolo Giuseppe Veardo Ass.re alla Città Solidale e alla Sanità, dott.
Alessio Parodi Direttore Generale ASL, Dott. Enrico Bartolini Pres. Ord. Dei
Medici.
Ore 9.30 - Presentazione del Convegno Dott. R. Rago
Prima Sessione – Moderatori: Dott. R. Rago – Dott.sa D. Dall’Agata
Ore 10.00 - D. Dall’Agata: Organizzazione dei servizi per le gravi cerebrolesioni
Ore 10.15 - M. Mantero – P. Moretti: “Realtà ligure”
Ore 10.30 - E. Di Girolamo: “ Associazione Italiana Rinascita Vita - Genova “
Ore 10.45 - M. Butini “Esperienze dell’Ass.ne Rinascita e Vita nell’ultimo Triennio”
Ore 11. 00 - Coffee Break
Ore 11.30 - J. Truelle: “L’organizzazione sanitaria gravi cerebrolesioni in Francia”
Ore 12.00 - J. Barucq: “ Modello francese di gestione delle Associazioni dei Familiari “
Ore 12.30 - J. L. Carion: “Il ruolo della famiglia : Fisioterapista o avvocato ?“
Ore 13. 00 - Interruzione dei lavori
Seconda Sessione – Moderatori: Prof.sa A. Mazzucchi – Dott. F. De Nigris
Ore 14.15 - M. Forni; M. Diverio: “Studio epidemiologico degli stati vegetativi in
Liguria”
Ore 14.30 - R. Formisano: “Indicatori prognostici precoci”
Ore 14. 45 - M.E. Villa: “Casa Dago”
Ore 15.00 - P. Salvi: “ Realtà locale nella provincia di Bergamo”
Ore 15.15 - F. De Nigris: “Casa dei Risvegli Luca De Nigris: un nuovo modello
territoriale”
Ore 15.30 - R. Piperno: “Recupero della coscienza negli stati vegetativi”
Ore 15.45 - A. De Tanti: “Servizi territoriali in Emilia Romagna”
Ore 16.00 - C. Perino: “Esperienze di trattamenti semiresidenziali “
Ore 16.15 - B. Vetrino: “Realta Associazione Traumi Encefalici ”
Ore 16.30 - G. Dolce: “Stato vegetativo: Cure proporzionate ed accanimento
terapeutico”
Ore 16.45 - G.A. Checchia; C. Lentino; : “Definizione di modelli operativi per gli
stati vegetativi in Liguria
Ore 17.00 - Stefano.A Inglese consigliere del Ministro della Salute : “Conclusioni”
RELATORI
M. Barucq Jean - Président de l’Union Nationale des Associations de Familles de
Traumatisés Crâniens (UNAFTC) - Paris; Dott.sa Butini Manuela - Direttore
Sanitario Associazione Italiana Rinascita Vita; Josè Leon Carion - Direttore della
cattedra di Neuropsicologia Università di Siviglia - Spagna; Dott. G.A. Checchia Direttore di medicina riabilitativa dell’Ospedale S. Corona Pietra Ligure - Savona;
Dott.sa. Daniela Dall’Agata - Dirigente Medico Direttore Dipartimento Cure Primarie A.S.L. 3 Genovese - Genova; Fulvio De Nigris - Associazione Gli amici di
Luca - Direttore Centro Studi per la Ricerca sul Coma - Bologna; Dott. Antoni De
Tanti - Direttore Clinico Centro Cardinal Ferrari - Fontanellato, Parma; Sig.ra
Elena Di Girolamo - Presidente dell’Associazione Rinascita Vita - Genova;
Dott.sa Manuela Diverio - Dirigente medico Polo riabilitativo del Levante Ligure
- Sarzana; Prof. Giuliano Dolce - Direttore Scientifico Istituto S. Anna - Crotone;
Dott.sa Formisano Rita - Primario Centro Post-coma Istituto S. Lucia - Roma;
Dott. Lentino Carmelo - Dirigente Medico dell’Ospedale Santa Corona Pietra
Ligure - Savona; Dott. Marco Forni - Responsabile Polo riabilitativo del Levante
Ligure - Sarzana; Dott. Mantero Massimo - Direttore U.O. Riabilitazione Ospedale S. Martino - Genova; Prof. Mazzucchi Anna - Consulente Unità di Riabilitazione Cognitivo e Comportamentale Istituto S. Anna - Crotone, Consulente Neuroriabilitatore Associazione Rinascita Vita - Genova; Dott. Moretti Paolo Responsabile Gravi Cerebrolesioni Ospedale San. Martino - Genova; Dott. Perino
Claudio - Primario Fisiatra Ausiliatrice – Fodazione Don Gnocchi - Torino
Prof. Piperno Roberto - Direttore Casa dei Risvegli Luca De Nigris - Direttore
Medicina Riabilitativa Ospedale Maggiore - Azienda Usl di Bologna; Dott. Rago
Roberto - Direttore scientifico Associazione Rinascita Vita - Genova; Dott. Salvi
Pietro - Responsabile centro neurologico Villa Quarenghi - San Pellegrino Terme
- Bergamo; Prof. Jean-Luc Truelle - Vice-président de l’ European Brain Injury
Society (EBIS) - Service de médecine physique et réadaptation CHU RaymondPoincaré, Garches; Dott.sa Vetrino Bianca - Presidente Associazione Traumi
Encefalici - Torino; Sig.ra Villa Maria Elena - Presidente Associazione ARCO 92
- Roma
Segreteria Organizzativa
Piazza della Vittoria 9/4 Genova - Tel 010.582413 - Tel
010.8680495 - [email protected] - www.rinascitaevita.it
010.541150 - Fax
Nel corso del convegno verrà presentata “La Rete delle associazioni”
EMILIA ROMAGNA
Azienda Unità Sanitaria Locale di Ravenna
Dipartimento di Oncologia ed Ematologia U.O. di Terapia Antalgica e cure Palliative
VIVERE LA MALATTIA INGUARIBILE. I LIMITI DELLA TERAPIA NELLA ADEGUATEZZA DELLA CURA
24-25-26 maggio 2007 - Centro Socio Culturale e Ricreativo “IL TONDO”
Via Luimagni, 6 - LUGO DI ROMAGNA (Ra)
24 MAGGIO 2007
Ore 13,45 Apertura dei lavori - Saluti delle Autorità
IDENTIFICAZIONE DELLE NECESSITA’ NEL MALATO ONCOLOGICO IN FASE CRITICA
Moderatore: Maurizio Marangolo
Ore 14,30 Il Programma Cure Palliative e Terapia del Dolore della Regione
Emilia Romagna - Elena Marri - Bologna
25 MAGGIO 2007
Ore 8,30 UNA RETE PER LE CURE PALLIATIVE NON ONCOLOGICHE
Moderatore: Michele Gallucci - Desio
Norina Marcello - neurologia Reggio Emilia, Francesco Albertini - malattie
infettive Ravenna, Edoardo Dal Monte - geriatria Ravenna, Daria Da Col Dirigente Servizio Infermieristico, Maurizio Leccabue - Terapia Antalgica
Parma, Alfredo Potena - Pneumologia Ferrara
Ore 10,50 Break
Ore 14,50 Le cure in Oncologia: fra innovazione e palliazione
Andrea Angelo Martoni - Bologna
Ore 15,20 La rete delle Cure Palliative in Area Vasta Romagna
Mattia Altini - Forlì
Ore 15,50 Break
Ore 16,15 L’organizzazione ospedaliera dalla Confraternita ai giorni nostri Sonia Muzzarelli
Ore 11,10 LA NUTRIZIONE ARTIFICIALE NELLA DIGNITA’
DELLA PERSONA
Moderatore: Maurizio Muscaritoli Roma - Marco Zanello Bologna
Daniela Santini - nutrizionista Ravenna, Mauro Pittiruti - chirurgo Roma,
Davide Tassinari - oncologia Rimini, Lucchetti - Rianimazione Lecco
Ore 12,30 Discussione della mattinata
Ore 13,00 Lunch
Ore 16,30 Hospice: modelli diversi per malati uguali
Donatella Righetti - Rimini, Paola Turci - Savignano, Marco Maltoni - Forli’, Luigi Montanari - Lugo, Angelo Gambi - Faenza
Denis Saccani - Reggio Emilia
Ore 13,40 SESSIONE POMERIDIANA
La sessione è aperta anche ai Responsabili dei Servizi Socio-Sanitari, ai Rappresentanti delle Associazioni di Volontariato e del Tribunale dei Diritti del
Malato.
Cosa caratterizza l’Hospice Ospedaliero? - Ivonne Zoffoli
Ore 18,45 Discussione
Ore 19,15 Chiusura dei lavori
PRESIEDE: Sergio Zavoli
STATO ATTUALE DELLA TERAPIA DEL DOLORE E DELLE CURE
PALLIATIVE NELLE ISTITUZIONI
Moderatore: Bianca Caruso - Ravenna
CONVEGNI
Ore 13,40 La Terapia del Dolore e le Cure Palliative
nell’insegnamento universitario - Rita Maria Melotti - Bologna
Ore 14,00 La situazione della Terapia del Dolore nel
panorama Sanitario Nazionale - William Raffaeli - Rimini
Ore 14,20 Il bisogno formativo in Cure Palliative
Danila Valenti - Bologna
15
26 MAGGIO 2006
Ore 8,30
IL MALATO ONCOLOGICO CON DOLORE FRA OSPEDALE
E TERRITORIO
Moderatori: Maurizio Marangolo - Mauro Taglioni
Introduzione: Il Progetto Regionale “MALATO CON DOLORE”
Barbara Curcio Lubertini
Ore 8,50
Ore 14,40 Dalle Cure Palliative alle Cure di fine vita
Carlo Perruselli - Milano
Perché monitorare il controllo del dolore sul Territorio ?
Marisa Bianchin
Ore 9,10
Ore 15,00 Discussione
Ore 15,20 Il malato in coma - (anestesista)
Ore 15,40 Nuovi indizi sulla complessità dello stato vegetativo
Alberto Battisini - U.O. Medicina riabilitativa Ospedale Maggiore
Casa dei Risvegli Luca De Nigris – Bologna
Ore 16,00 L’esperienza della Casa dei Risvegli e il ruolo della famiglia
Fulvio De Nigris - Direttore Centro Studi sul Coma - Bologna
Dalla progettazione alla realizzazione del programma
Maurizio Leoni - Coordinamento metodologico
Gruppo infermieristico: Piero Amati - Degenza Onco-Ematologia Ravenna,
Valeria Cremonini - Day Hospital P.O. di Ravenna e Lugo, Antonella Cerchierini - Assistenza Domiciliare Distretto di Lugo
Il malato con dolore difficile: il ruolo dell’U.O. di Terapia del Dolore
Daniela Guerrini – Terapia Antalgica e Cure Palliative Aziendale
Ore 16,20 Discussione
Ore 10,30 Il Medico di Famiglia come gestore della situazione del dolore
a domicilio - Gian Paolo Zauli - Faenza
Ore 16,40 Break
Ore 10,50 Discussione
Ore 17,00 TAVOLA ROTONDA
ETICA, MEDICINA LEGALE E DIRITTO NELLA
MALATTIA INGUARIBILE
Moderatore: Giuseppe Venturini
Intervengono:
Paolo Carlotti - docente Teologia morale Università Pontificia Salesiana, Roma
Alberto Cicognani - Medico Legale Università di Bologna
Stefano Canestrari - Docente di Diritto Penale Università di Bologna
Anna Mori - Magistrato Tribunale di Ravenna
Ore 11,10 Break
Ore 19,15 Conclusioni del Presidente
Ore 14,00 - 18,00 SESSIONE PARALLELA
METODICHE DI INCANNULAMENTO VENOSO
CON PICC ECOGUIDATO
Ore 11,30 LE CURE PALLIATIVE NON ONCOLOGICHE:
L’ESPERIENZA DEL TERRITORIO RAVENNATE
Moderatore: Rasi - Saccani
Introduce: Virgilio Ricci
Guarneri o Pezzi - anestesista Ravenna, Giancarlo Piccinini - Pediatra Ravenna; Umberto Priolo - Pneumologo Ravenna; Sergio Marescotti - Assistenza
Domiciliare Distretto di Ravenna; Lia Guerrini - Terapia Antalgica
12,30 Discussione
Segretera Organizzativa: tel. 0545.214324
PIEMONTE
BRA (Cuneo) - Polifunzionale G. Arpino - Largo della Resistenza, 45 - Sabato 14 Aprile
COMA E STATI VEGETATIVI: STRUTTURE PER LA CURA ED ASSISTENZA DOMICILIARE
Convegno promosso da “Gli amici di Daniela” in collaborazione con “Gli amici di Luca”
moderatore: Fulvio DE NIGRIS
11,00
Saluto delle Autorità: Dott. Camillo SCIMONE - Sindaco di Bra (Cn)
11,15
Relatori:
09,15
09,30
09,45
10,00
10,15
10,30
10,45
“Una nuova associazione per costruire una struttura di eccellenza in
Provincia di Cuneo”
Luigi FERRARO
Presidente “Gli amici di Daniela” O.N.L.U.S – Bra (Cn)
“La Casa dei Risvegli Luca De Nigris di Bologna”: un nuovo modello
di assistenza e ricerca.
Prof. Roberto PIPERNO
Direttore Casa dei Risvegli Luca De Nigris – Azienda Usl di Bologna
Direttore Medicina Riabilitativa Ospedale Maggiore – AUsl Bologna
“Il ruolo della famiglia e dei volontari per una nuova alleanza terapeutica”
Maria VACCARI
Presidente Associazione “Gli amici di Luca” O.N.L.U.S - Bologna
“Coma e stati vegetativi”
Dott. Roberto RAGO
Dir. Scientifico associazione “Rinascita e vita” O.N.L.U.S - Genova.
"Modello ligure: l'assistenza domiciliare".
Elena DI GIROLAMO
Presidente Associazione “Rinascita e Vita” O.N.L.U.S. Genova.
"L’esperienza del territorio di Bra e dintorni: il contributo del servizio
sociale e il valore dell'integrazione socio-sanitaria"
Dott.ssa Anna ABBURRA’
Direttore Consorzio socio-assistenziale “IN.TE.SA” Bra (Cn).
Break
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“Realtà della provincia di Cuneo”
Dott. Gianfranco LAMBERTI
Dir. Struttura Complessa e unità gravi celebrolesioni Asl 15 Cuneo.
“Convivere con la malattia: qualità della vita e voglia di normalità”
Fulvio DE NIGRIS
Direttore Centro Studi per la ricerca sul Coma - Bologna
Membro della commissione Ministeriale “Cure palliative, terapia del
dolore, stati vegetativi, dignità di fine vita”.
“La realtà francese”
Dott. Jean BARUCQ (Francia)
Presidente Unione Nazionale Francese delle Associazioni Famiglie
Traumatizzati Cranici
“L’organizzazione in Francia per la presa in carico degli stati vegetativi
cronici”
Modello Ile de France.
Dott. Jean Jacques WEISS (Francia)
Direttore del Centro di Risorse Ile de France traumatizzati cranici
“Aspetti bioetici e risposta sanitaria”
Prof. Pietro Paolo DONADIO
Primario struttura complessa anestesia e rianimazione 9 Ospedale
Molinette Torino
Dibattito
Conclusioni:
On. Raffaele COSTA - Presidente Giunta Provinciale di Cuneo
Dott. Giovanni MONCHIERO - Direttore Generale Asl 18 Alba-Bra
Dott.ssa Bruna SIBILLE - Assessore Regione Piemonte
Fine lavori
Segreteria organizzativa: Gli amici di Daniela - Luigi Ferraro - Tel. 335.6504515
e-mail: [email protected]
S P O RT E S O L I D A R I E TA’
16
L’impegno di Osteria Grande per la solidarietà
di
Vincenzo Zacchiroli
sindaco di Castel San Pietro Terme
B
atte sempre forte il cuore solidale di Osteria Grande. Un cuore
grande che non ha confini e abbraccia
tutto: le persone in difficoltà, i bambini, gli anziani, i popoli del mondo, la
cultura, la politica, le attività economiche, lo sport. Lo Sport con la “S”
maiuscola, del quale l’Associazione
Calcio Osteria Grande è un caso
esemplare, insieme a tante altre
realtà presenti in questo paese, dalla
pallavolo al basket, dalla ginnastica
artistica al pattinaggio, al tennis, e
tante altre, non ultimo il Bocciodro-
mo, luogo di sport ma soprattutto di
socialità, di aggregazione, di incontro
fra le generazioni.
L’associazione Calcio di Osteria
Grande è fatta di uomini - dai dirigenti agli allenatori - attenti alla formazione dei giovani come persone
prima che come atleti, alla socializzazione nel gruppo prima che agli schemi di gioco della squadra. Il risultato
sportivo non è mai la cosa più importante, ma proprio per questo, mettendo i valori al centro dell’attenzione,
alla fine i successi arrivano ancora più
numerosi, più importanti, più sentiti.
E’ questo lo sport che l’Amministrazione Comunale vuole promuovere e
far crescere. Per questa realtà è
importante continuare investire le
risorse della comunità.
Di cose ne abbiamo fatte tante in
questi anni, dalla pista polivalente
per il pattinaggio, il calcio a cinque e
il basket, ai nuovi spogliatoi per il
campo sportivo, un edificio capace di
ospitare non solo le squadre ma
anche gli uffici delle società e altre
attività. E c’è ancora molto da fare
per lo sport e per tutta la comunità di
Osteria Grande.
L’Associazione Calcio Osteria Grande collabora da diversi anni con “Gli
Amici di Luca” che ha dato vita alla
“Casa dei Risvegli Luca De Nigris”,
un centro innovativo di riabilitazione
e di ricerca che è nato da una grande
tragedia personale. Va dato merito ai
genitori di Luca che hanno saputo
trasformare questo dolore realizzando una grande opera sociale a cui
forse nessuno aveva mai pensato.
Non è un caso che la sensibilità dei
tanti volontari di Osteria Grande che
operano in questo ambito sportivo si
sia incontrata proprio con questo
progetto. I due tornei per bambini
che l’Associazione Calcio organizza
nel corso dell’anno sono intitolate a
Maurizio Ragazzi e Fabio D’Amato,
due giovani amici scomparsi, che vengono così ricordati insieme alle famiglie, coinvolgendo con spirito positivo
e solidale l’intera comunità.
Ringrazio gli organizzatori, gli sportivi e tutti coloro che collaborano a
queste belle iniziative.
In bocca al lupo per le attività dell’Associazione Calcio di Osteria
Grande e in particolare per le prossime manifestazioni sportive e per i
progetti di solidarietà a cui sono dedicate.
A.C. Osteria Grande
un punto di riferimento per tutta la comunità
di
Francesco Dall’Olio
O
steria Grande è un paese di 4500 abitanti che si
trova lungo l’asse della Via Emilia, a est di
Bologna. È frazione di Castel San Pietro Terme,
Comune di 20000 abitanti, dove tante sono le iniziative durante l’intero anno: il famoso Settembre
Castellano, il Convegno Nazionale della Matematica, Tornei di Golf a livello nazionale ed internazionale. In questa cornice operano nella frazione diversi centri di aggregazione per favorire la socializzazione. Nonostante sia una società sportiva, l’Associazione Calcio Osteria Grande è diventata un centro di riferimento importante nella vita della frazione stessa. Questa società, nata nel 1982, accoglie più
di 150 ragazzi che giocano nelle squadre giovanili:
dalla scuola calcio (5-6 anni) fino ad arrivare ai
maggiorenni della juniores la società ha costruito in
questi anni uno spirito comune che lega chi fa parte
delle squadre biancoblù. Il rispetto per gli avversari,
per gli arbitri, per tutte le persone che lavorano gratuitamente ogni giorno alla cura e alla gestione degli
impianti, per il proprio allenatore, per i compagni
vige in maniera rigorosa. A Osteria Grande il risultato sportivo viene lasciato in secondo piano fino ad
una determinata categoria. I vertici dirigenziali
hanno dato mandato agli allenatori delle squadre in
cui giocano i bambini e gli adolescenti, di far crescere tutti quanti alla medesima maniera, senza
“lasciare indietro” nessun ragazzo. La socializzazione, lo star bene insieme, il crescere insieme vengono prima di tutto. I risultati arriveranno. E la politica della società paga: nella stagione scorsa 2005-06
l’Osteria Grande ha conquistato ben tre campionati.
Gli “adulti” della squadra militante in seconda categoria
hanno vinto il campionato e
sono stati promossi in Prima
Categoria, La squadra di calcio
a 5 ha vinto la Coppa Italia e si
è guadagnata la promozione in
serie C1. La squadra Juniores
ha conquistato il titolo di Campione della Provincia di Bologna. L’aspetto più bello di questa società è che riesce effettivamente ad abbinare tre aspetti
fondamentali: la competizione,
la socializzazione e la solidarietà.
L’associazione Calcio Osteria Grande punta molto
sulla solidarietà; solidarietà intesa sia come espressione di gesti e opere volte a favorire un scopo benefico-solidale, sia come aspetto fondamentale della
vita sportiva. Come? Nel modo più banale forse, ma
che a volte viene dimenticato: nella solidarietà tra i
compagni di squadra. Durante una partita, durante
un allenamento, nei piccoli momenti di condivisione insieme ai compagni di squadra la società richiede spirito di solidarietà che viene espresso con l’aiuto nei momenti di difficoltà dentro e fuori dal
campo, con la condivisione di gioie o delusione
sportive, con un grande spirito mutualistico nei confronti della persona che come te cerca di fare il massimo per rendere la squadra per cui giochi un unico
blocco difficile da scalfire. L’Osteria Grande è
impegnata anche nell’altro tipo di solidarietà, quella
in aiuto di chi ha bisogno.
Recentemente la società ha compiuto un adozione a
distanza, auto finanziandosi per permettere ad un
bambino boliviano di nome Roger di poter vivere in
condizioni migliori. Da anni invece è in atto una collaborazione con l’associazione “Gli amici di Luca”.
La società ogni anno organizza due tornei per bambini. Uno in occasione delle festività natalizie, l’altro nei mesi primaverili. Entrambi sono dedicati a
due amici dell’Osteria Grande calcio scomparsi tragicamente: Maurizio Ragazzi e Fabio D’Amato.
Una parte degli incassi provenienti dai tornei vengono devoluti all’associazione “Amici di Luca”, il
cui logo appare ance come sponsor nelle maglie
indossate ogni settimana dai bambini più piccoli che
giocano a calcio con la maglia dell’Osteria Grande.
Chi vi scrive è nato, cresciuto e maturato in questa
società. Non ho la certezza di
aver trasmesso a chi legge cosa
significa far parte di questo
ambiente, forse bisogna vivere
un esperienza per capirla davvero. Osteria Grande è un piccolo paese sulla Via Emilia, ma
le persone che vivono in questa
società ogni giorno si impegnano spropositatamente per renderlo migliore, per aiutare i
nostri ragazzi a crescere, per
favorire la voglia di stare insieme, per rendere passo dopo
passo più “GRANDE” questa
società.
S P O RT E S O L I D A R I E TA’
17
Sarai per sempre con noi
Trofeo Fabio D’Amato
S
ono passati ormai quasi tre anni dalla
scomparsa del nostro Amico Fabio,
ed il suo ricordo rimarrà per sempre
indelebile nei nostri cuori. L’organizzazione di questo torneo, ormai giunto alla
sua terza edizione, è solo un piccolo
modo per ricordarlo, e per apprezzare
quelle che erano le sue qualità più grandi: la sincerità, l’amicizia…e l’amore per
questo sport. E per dare spazio allo sport
nella sua “veste” più naturale, all’insegna del gioco e della spensieratezza, la
Società Osteria Grande, con grandi sforzi, ha deciso di ampliare la manifestazione, organizzando competizioni per ben
tre categorie, nelle giornate di Sabato 12
e Domenica 13 maggio 2007. Il nostro
impianto sportivo, completamente rinnovato, sarà teatro, nel pomeriggio di sabato, dei tornei per le categorie Piccolo
amici 99/00 a 5 giocatori (6 squadre) e
Pulcini 98 a 6 giocatori (6 squadre);
domenica 13, per tutto l’arco della giornata (fase eliminatoria al mattino, fase
finale e premiazioni al pomeriggio), si
disputerà invece il torneo per Pulcini 9697 a 7 giocatori (8 squadre). In entrambe
le occasioni sarà possibile usufruire del
nostro servizio di ristoro, che sorprenderà per la cortesia e la qualità che da
sempre ci contraddistingue; nella giornata di domenica, le squadre ed i relativi
allenatori avranno diritto gratuitamente
al pranzo, che verrà loro riservato alle
ore 13.00, chiediamo pertanto di segnalare eventuali problematiche e/o intolleranze alimentari; alle 13.30, per i genitori, parenti e simpatizzanti, sarà possibile
pranzare attraverso una prenotazione,
effettuabile in loco, durante la mattinata,
entro le ore 11.00. Le iscrizioni per le
squadre sono gratuite, ed effettuabili tramite l’allegato modulo d’iscrizione, da
spedire via fax entro e non oltre il 28/02
(ricordiamo che comunque le iscrizioni
chiuderanno al raggiungimento del tetto
di squadre prefissato). Unitamente alla
famiglia D’Amato vi ringraziamo anticipatamente, confidando nella vostra partecipazione a queste giornate di sport,
ricordi e divertimento.
Daniele Leoni
E’ in previsione un concorso fotografico per ricordare Fabio D’Amato che riguarderà la tematiche dello sport
Il regolamento completo sarà pubblicato sul prossimo numero.
Le “toste” del San Lazzaro Pallavolo
giocando con Gli amici di Luca sul cuore
ascoltare la storia di Luca e il lavoro svolto dall’associazione nella Casa
dei Risvegli Luca De Nigris sulle persone (malati e familiari) che intraprendono questo viaggio nel coma. Dal punto di vista sportivo questa
edizione si è conclusa con la vittoria delle ragazze della Scuola di Pallavolo Anderlini di Modena (società che ha partecipato alle prime edizioni del Vale la Pena) e da un buon ottavo posto per le nostre ragazze
soprannominate per l’impeto e la grinta “Toste”.
Gabriele Forni
Come ormai tradizione l’inizio dell’anno è caratterizzato dalla partecipazione della nostra under 16 al torneo del Tricolore di Reggio Emilia
che si svolge nel capoluogo emiliano i primi giorni di gennaio. Questa
partecipazione è per noi un piacere ma anche un obbligo per l’attenzione che gli amici del Giovolley hanno per il nostro torneo ‘Vale la Pena’
del 7 ottobre a cui non sono mai mancati nelle sei edizioni fin qui disputate. Così anche quest’anno la manifestazione ha visto le magliette del
San Lazzaro Pallavolo Amici di Luca in campo schiacciare, murare ogni
pallone in bellissime partite di pallavolo ma soprattutto anche questa
edizione del Tricolore è servita a diffondere ad una platea sempre più
vasta il messaggio di solidarietà dell’associazione di cui siamo partner. E
la curiosità del significato di quel logo che campeggia sulle magliette
delle nostre ragazze è sempre tanta, così come tanta è poi la voglia di
18
S PA Z I O D I L U C A
I Centri Sociali per “Gli amici di Luca”
L’associazione “Gli amici di Luca” ormai
da 7 anni ha la sua sede in via Saffi e nel
corso delle sue numerose attività ha avuto
diversi contatti con le istituzioni del Quartiere Porto, con cui è nato un rapporto di
collaborazione efficace e produttivo nelle
diverse iniziative promosse insieme e nei
momenti di sensibilizzazione sulle problematiche del trauma cranico e del coma.
Recentemente il rapporto si è allargato ad
un’istituzione molto viva nel tessuto sociale del Quartiere: il Centro Sociale Saffi,
associazione che si occupa di promozione
sociale e culturale e che opera grazie
soprattutto all’intenso impegno di alcuni
pensionati che danno del loro tempo per
promovere iniziative rivolte a tutta la cittadinanza di tipo musicale, teatrale e ricreativo in generale.
Recentemente infatti il Centro Sociale
Saffi ha organizzato due iniziative a favore
della nostra associazione e del progetto
della Casa dei Risvegli Luca De Nigris: il 22
febbraio si è tenuto un concerto del coro “I
Guelfi” che hanno intonato numerosi
pezzi di un repertorio molto originale nel
panorama del canto corale, accompagnati
da stupende immagini proiettate sullo
schermo; domenica 4 marzo, poi, si è svolta
presso il Centro Sociale la “Festa della Soli-
darietà” con musica, ballo e lotteria e la
presenza molto numerosa dei soci che
hanno contribuito a raccoglire una cospicua cifra devoluta a favore della Casa dei
Risvegli Luca De Nigris. Entrambi gli
eventi sono stati estremamente piacevoli e
hanno costituito per noi dell’associazione
“Gli amici di Luca” occasioni di incontro
con persone interessate a conoscere il progetto che portiamo avanti nell’assistenza
alle persone che passano la tremenda esperienza del coma. Di questo siamo grati, perché crediamo fortemente che diffondere
un’informazione corretta in questo ambito
sia fondamentale per fare in modo che
un’azione di solidarietà non rimanga solo
beneficenza, ma azione attiva nelle problematiche che emergono nel sociale.
I fondi raccolti serviranno a supportare i
progetti di affiancamento alle famiglie
ospiti della struttura.
Per dare il nostro contributo alla diffusione
dell’informazione sull’importante funzione
dei Centri sociali volentieri pubblichiamo il
documento pervenutoci: “Il futuro dei
Centri Sociali di Bologna e Provincia,
realtà, problematiche e prospettive”.
Maria Vaccari
DOCUMENTO DEL COORDINAMENTO PROVINCIALE PER L’ASSEMBLEA APERTA DEL 29 NOVEMBRE 2005
1. I Centri: affermazione e sviluppo di
una nuova forma associativa
La realizzazione dei Centri ricreativi
culturali autogestiti dagli anziani, definizione aggiornata dei Centri sociali anziani, iniziata a Bologna nel 1977, si è largamente diffusa sia nel territorio cittadino
che in quello dei Comuni della provincia, giungendo oggi alla presenza complessiva di 96 centri (36 a Bologna, 60 in
provincia) con un totale di 45.445 soci
tesserati (18.286 a Bologna, 27.159 in
provincia). Si è andata quindi affermando e consolidando nel tempo la validità
di una nuova forma associativa giunta
ormai al livello massimo del sviluppo
come numero di Centri (almeno a Bologna, mentre in Provincia sussistono
ancora possibilità di ulteriore crescita).
2. Il modello di assetto istituzionale dei
Centri
Nel territorio considerato i Centri sono
oggi nella loro totalità operanti all’interno di spazi e di edifici di proprietà
comunale e concessi per lo svolgimento
di un “pubblico servizio” attraverso attività di valore sociale rivolte ai cittadini
ed alle persone anziane in particolare. I
rapporti dei Centri con i Comuni e con
i Quartieri per quanto riguarda Bologna
sono formalmente regolati da apposite
convenzioni che stabiliscono i diritti e
doveri delle parti.
Nello stesso tempo i Centri, in quanto
entità di natura privatistica, aderiscono
ad
una Associazione
nazionale
(A.N.C.e.S.C.A.O.) riconosciuta a livello ministeriale con decreto 4 marzo 1994
ed iscritta al Registro nazionale delle
associazioni di promozione sociale, con
atto in data 6 settembre 2002, hanno
conformato i loro Statuti (e Regolamenti) ai principi generali dello Statuto
nazionale ed alle vigenti normative del
settore (legge 460/1997; legge 383/2000)
e adottano la tessera annuale dell’Associazione.
Ai fini di assumere una linea omogenea
di politica sociale e di avere un supporto
sul piano organizzativo ed operativo i
Centri aderiscono al livello provinciale
dell’Associazione (il Coordinamento
Provinciale di Bologna) al quale viene
riconosciuta una quota del prezzo della
tessera nazionale.
3. Il modello di autogestione dei Centri
Il modello di funzionamento dei Centri
è basato sulla piena autonomia di gestione, sia dal punto di vista finanziario,
avvalendosi degli introiti dati dal tesseramento, ma principalmente delle contribuzioni dei soci per la partecipazione
alle attività sociali, sia dal punto di vista
delle risorse umane attingendo dalle
prestazioni a titolo di lavoro volontario
e gratuito dei propri soci. Per i dirigenti
e gli operatori dei Centri è previsto il
rimborso delle spese sostenute per lo
svolgimento delle loro funzioni.
La gestione economico – finanziaria dei
Centri si attua, sulla base dei programmi
deliberati dagli organi statutari e trova
riscontro formale nel Bilancio consuntivo annuale, sottoposto all’approvazione
dell’Assemblea dei Soci.
Sul piano organizzativo i Centri in genere sviluppano la loro attività attraverso
Commissioni o gruppi di lavoro riferiti a
specifiche aree di interesse.
4. Il decentramento territoriale
Lo Statuto del Coordinamento ha previsto il decentramento territoriale attra-
verso la costituzione delle zone che raggruppano nella città e nella provincia
aree contigue ed omogenee. I Centri
ubicati nelle 16 zone attualmente istituite esprimono i relativi coordinatori di
zona che assolvono alle funzioni di raccordo fra i centri della zona ed il collegamento di questi con il Coordinamento
provinciale e con gli Enti e gli organismi istituzionali locali.
5. La duplice natura dei Centri
I Centri, nati sostanzialmente come
strumento di politica sociale delle
Amministrazioni comunali, hanno poi
via via accentuato il carattere di associazione vera e propria, in questo trovando
riscontro nel riconoscimento ministeriale avuto dal Coordinamento nazionale
nel 1994. Ma non si è trattato di una trasformazione radicale del modello originario; i Centri hanno inteso armonizzare, nello svolgimento delle loro attività e
dei loro servizi e nel rispetto della loro
autonomia, questa duplice natura, in
parte attinente alla sfera privata del singolo socio regolarmente tesserato ed in
parte attinente alla sfera della collettività, in relazione alla funzione attribuita
dai Comuni, secondo il cosiddetto principio della sussidiarietà.
Ma il modello non ha sempre funzionato perfettamente e da questa ambivalenza sono derivate alcune situazioni da
correggere. Da un lato la matrice storica dei Centri li ha portati ad essere considerati, forse in modo un po’ automatico, un braccio naturale delle amministrazioni locali ogni volta ce ne fosse bisogno e quindi su di essi sono state trasferite esigenze e richieste di intervento
senza che ne fosse stata verificata preventivamente la possibilità pratica e la
condivisione, alle volte anche al di là
della funzione istituzionale dei Centri
stessi, delineata dagli Statuti.
Dall’altro lato si sono avute situazioni in
cui i Centri, interpretando erroneamente il principio dell’ autonomia della loro
associazione, hanno perso di vista le
finalità sociali loro assegnate, si sono
chiusi al loro interno, non hanno favorito la partecipazione democratica, il
ricambio ed il rinnovamento
6. Il riequilibrio dei rapporti e delle funzioni
Le situazioni sopra ricordate alterano gli
scopi veri dei Centri e di ANCeSCAO
per cui si impone l’esigenza di chiarire le
funzioni e l’ambito di azioni che a loro
competono.
Si è manifestata sempre più l’esigenza
che i Centri, attraverso i loro organismi
di rappresentanza, vengano considerati
dagli Enti locali come interlocutori
necessari e paritari, in tempi e modi
opportuni nella fase di elaborazione
delle strategie generali (piani di zona,
programmi di politica sociale, ecc.) e
delle singole iniziative che li investono.
I Centri poi dovranno essere parte
attenta ed attiva nel cogliere le istanze e
le esigenze che provengono dal territorio in cui sono collocati, rapportarsi e
dialogare costantemente con gli organi
di coordinamento (zone e provinciale)
per essere in sintonia con le linee generali di azione espresse da ANCeSCAO.
Vanno ridefinite le funzioni proprie dei
Centri e ricondotte nell’ambito del dettato statutario, per non doversi impegnare in attività e servizi non confacenti alle
loro capacità e possibilità e per non
sconfinare in aree presidiate da altri
Enti o associazioni, coi quali semmai ci
si potrà rapportare sul piano della reciproca collaborazione (ad esempio con lo
scambio di informazioni)..
In riferimento a questo aspetto va sottolineata la nostra collocazione nelle associazioni di promozione sociale anziché
nelle Onlus, proprio per le diverse finalità e sfere di azione che hanno i Centri.
I Centri si esprimono essenzialmente
attraverso la solidarietà sociale, essi non
hanno le caratteristiche e le potenzialità
per svolgere servizi di assistenza sociale
che competono ad altri soggetti specificatamente preposti ed organizzati.
7. Il volontariato, una risorsa da consolidare e da allargare
Uno dei valori fondamentali del nostro
movimento associativo è tradizionalmente rappresentato dalla presenza
costante ed efficace di lavoro volontario
Oggi da più parti si colgono nei Centri
segnali di stanchezza, di flessione, di
preoccupazione.
Mentre nel Paese il volontariato in
generale è in espansione, nel nostro
movimento si manifestano difficoltà
determinate prevalentemente dal ricambio generazionale che possono essere
superate aggiornando e qualificando i
contenuti delle iniziative, dando spazio
a nuove fasce di interessi, introducendo
ed utilizzando le moderne tecnologie.
Occorre superare situazioni anomale di
gestioni troppo personalizzate, attivare
con continuità gli organi di gestione e di
controllo, coinvolgere maggiormente i
soci nelle decisioni e nella vita dei Centri, favorire la disponibilità di nuove collaborazioni secondo le inclinazioni personali, dare spazio alle donne.
Per consolidare ed allargare il volontariato può essere studiata ed attuata una
campagna di sensibilizzazione promossa
dalla nostra Associazione ai vari livelli,
individuando i metodi e gli strumenti di
comunicazione più opportuni ed efficaci.
Non può essere però tralasciata la ricerca, a livello generale come Associazione,
di soluzioni riguardanti la problematica
di un “risarcimento” per quelle prestazioni che nella gestione dei Centri comportano impegni materiali continuativi
e particolarmente faticosi.
8. Il carattere “non commerciale” delle
attività dei Centri
I Centri, in quanto associazioni di promozione sociale, godono di una situazione di vantaggio sul piano fiscale e contabile in virtù della legge 460/1997, a condizione che le loro attività non assumano un carattere commerciale.
L’attività sociale dei Centri, va quindi
correttamente mantenuta entro l’ambito
istituzionale, evitando di perseguire finalità prettamente economiche e commerciali al fine di ottenere maggiori risorse
finanziarie.
Ecco quindi che il consolidamento del
volontariato è elemento importante
anche sul piano economico in quanto le
prestazioni gratuite dei soci consentono
di contenere i costi di gestione, che sono
coperti dalle risorse derivanti dal tesseramento, da contributi liberali e dai
proventi delle attività non commerciali.
9. Efficienza e visibilità dei Centri
Al passo con i tempi, i Centri debbono
puntare fin da ora a rendere sempre più
abituale e diffuso l’uso di tecnologie
informatiche per le attività di gestione e
di comunicazione, promovendo al
riguardo adeguate azioni formative,
ricercando allo scopo la disponibilità di
nuovi soci, uomini e donne.
Un’azione capillare di consulenza e di
assistenza svolta presso i Centri ha
intanto consentito di acquisire le cognizioni necessarie per impostare una contabilità di gestione razionale e corretta.
Ma al di là della crescita dell’efficienza
derivante dalla diffusione dei mezzi tecnologici vi è un aspetto più generale da
considerare: quello di migliorare la visibilità dei Centri .Sociali e favorire la
partecipazione dei cittadini e soprattutto delle nuove “leve”.
E’ indispensabile coinvolgere le varie
Associazioni Culturali presenti sul territorio nella conduzione dei Centri accorpando i gruppi in una comune visione del
problema, facendo ampia diffusione delle
iniziative, del potenziale esistente ed una
quotidiana opera di demolizione del
luogo comune che cataloga i Centri come
ambienti riservati ai vecchi privi di fantasia.
Crediamo che occorra allestire spazi
accoglienti d’incontro, di confronto, di
fiducia, pieni d’umanità dove ogni persona è importante per le sue diversità e
non per la capacità e il livello d’omologazione, allestire spazi ove progettare
insieme e realizzare piano piano delle
iniziative condivise.
Per i giovani occorre puntare in alto, non
per loro ma con loro, abbandonando la
complicità, la pigrizia, il conformismo, la
rassegnazione, e saper attendere con
fiducia.
Il raggiungimento degli obiettivi che ci
diamo e che ci daremo necessariamente
dovrà coinvolgere Sociologi, Pedagogisti, Assistenti Sociali, ASL e quanti altri
interessati a queste problematiche passando attraverso un rapporto sempre
più organico con gli Enti Locali.
10. Le zone ortive ed il collegamento
con i Centri
Le zone ortive, che a Bologna sono 20,
per complessivi 2900 orti, cui vanno
aggiunti altrettanti in Provincia, rappresentano un altro elemento di aggregazione degli anziani, utili per prevenire e
combattere la solitudine e l’ isolamento
e per praticare un sano esercizio fisico.
Le zone ortive hanno svolto la loro attività in modo parallelo, con una organizzazione distaccata ed autonoma rispetto
ai Centri, pur essendo in molti casi contigue alle loro sedi. Solo ultimamente si
è dato avvio ad una azione rivolta ad
istituire un collegamento fra le due
realtà, per raggiungere una integrazione
completa, utile per migliorare l’organizzazione ed i servizi e per far crescere il
movimento associativo, allargando così
il bacino dei potenziali attivisti.. Si tratta
di un impegno che ha incontrato difficoltà e incomprensioni, in quanto l’unificazione viene vista come un atto di
annessione degli orti ai Centri.
Questo obiettivo va rilanciato dal
Coordinamento
aprendo un ampio
confronto dei Centri con gli Orti per fornire chiari e precisi elementi di informazione e di valutazione.
Un’altra problematica riguardante le
zone ortive tocca in alcuni casi aspetti
ambientali che vanno sicuramente considerati nel quadro della tutela degli
spazi verdi nel tessuto urbano.
TESTI
19
Risvegli di parole
a cura di Bruno Brunini
Maria Gervasio è nata a Bologna nel 1961, dove risiede. Fondatrice e redattrice del foglio di scritture Lettera (1996-1999). Ha ideato la pagina domenicale de L’Alfabeto di
Atlantide dedicata alle scritture “sommerse”, che cura con altri autori per il quotidiano Il Domani di Bologna. Ha diretto collane di poesia contemporanea e di cultura per la
casa editrice Gallo & Calzati. E’ stata redattrice della nuova edizione della rivista di scritture contemporanee Frontiera. Nel 2005 ha fondato a Bologna la casa editrice Bohumil, in collaborazione con altri artisti e poeti.
Ha pubblicato: il saggio storico Il chiuso degli ebrei, nel volume Verso l’epilogo di una convivenza. Gli ebrei a Bologna nel XVI secolo, (Editrice Giuntina, 1996); Ricordi
della resistenza (ANPI di Galliera, 1996); la raccolta di racconti brevi Giovanni che assaggia l’acqua (Gallo &Calzati, 2004); il poemetto Maestrale (I quaderni di NUT,
2004), il libro di poesie In un tempo lento (Bohumil, 2007); è coautrice di NUN 1 (Bohumil, 2007).
Nel TAVOLO DI NUN, che rievoca momenti drammatici della Resistenza, immagini lontane s’insinuano poco a poco tra sensazioni, percezioni, fino a diventare reali, in una
fusione di presenze e assenze. Nel magma di questi versi, le azioni di un doloroso passato fioccano nel presente che le lascia rifluire, insieme al riecheggiare di voci, di espressioni, in un intenso dialogo tra tempi distanti.
forziamo tutto
fino al segno
a forme su cui scrivere dei versi
muoviamo polsi braccia spalle…
Sono azioni queste
il tavolo di NUN
lo stato delle cose assunte qui
una risposta che promette
che mantiene
il senso che ci ha spinto a queste azioni
a conservare vita – e senso
il cielo è coperto
sono persi i limiti, e noi feroci
noi no
noi non vogliamo, dice
e come me ha paura di morire
la città di notte dall’aereo
è un circuito elettronico di luci
l’ala un foglio bianco scritto
no pisar fuera de la linea, dice
il principio del fare
come usiamo la matita è un fatto
e come ci guardiamo ancora…
respiri lunghi
aspettiamo insieme che accadano le cose
l’atteggiamento che ci porta a queste azioni
senza carattere o intelletto o scelta
se il desiderio estremo è per l’amore
lavorare, conservare
è un gesto rozzo questo
senza significati
un gesto unico che mantiene
e va a fondo
e forza tutto
muovendo polso e braccia e spalla
forza tutto
segna le foto dei ragazzi tedeschi
petali di rosa bianca
in una forma nuova
difficile da dire
una forma severa di coscienza
prosodia asciutta che mente
fino in fondo
fino alla fine
e spezza tutto
riparte la piccola automobile
follow me dice la sua insegna di luce
la seguiamo sulla pista ad ali spiegate
siamo grandi rigidi impacciati
no, non si vola qui
è lo stato delle cose che
ci ha spinto a queste azioni
siamo scesi dal cielo
e c’era altro
ma qui i bambini non vogliono dormire
noi parliamo del dolore e li culliamo
ci raccontiamo
al tramonto in queste sere
ci salviamo
in quei disegni di urne aperte e chiuse ci salviamo
mancano le didascalie ma è sempre chiaro
forzando i gesti
sopravvivere, si dice
a terra, senza ali adesso
non siamo più angeli
noi raccogliamo i resti
e li mettiamo in bella copia
tracciamo scie di sogni e poi fuggiamo
non tutti, noi no, dice
ma è già scappato un’altra volta
senza voltarsi per paura del dolore
senza lasciare neanche un fazzoletto per pulire
Mattia Di Leva, smalto su carta
e respiriamo l’umido dell’aria
il temporale
adesso che è l’inizio dell’estate
e volano i nostri fogli per il vento
ma cosa resta a terra se non sa parlare
sotto la lingua nella bocca in gola
il sapore si mischia a queste azioni
le trascina
le fa amare
dentro al caffè che ho preparato e offerto
mescoliamo piano io mescolo
lo zucchero più dolce ai suoi sorrisi
azioni NUN, difficili da dire
noi non sappiamo scrivere parole
leggerle perfino ci fa male
una resistenza densa di paura
poi entra Bricca
e io lo lascio fare
voglio che dica e chiedo
com’è andata Bricca, com’è stato
cosa ha portato a queste azioni
è ancora questo e solo che ci affranca
un’azione umile che salva e che ci mente
ma Bricca dignità ne aveva
da toglierci il cappello insieme a dio
al suo passare
io lo immagino partire
vedo sua madre, è in pianti
guardiamo ancora quei disegni
è l’ora dei bambini, le cinque della sera
e ce ne andiamo
è piena oggi la strada, è piena
se la guardo fino in fondo e da lontano
è piena
giorni come notti
a rompere il destino e ogni purezza
cantando nenie dondolando adagio
ma non dormono mai i nostri bambini
a cullargli intorno il tempo
e il tempo è tempo
farlo tacere forzandolo
cullando piano giorni come notti
a bocca aperta
erano muri e lager
vetri spezzati di bottiglie posate sui confini
con altri gesti e denti d’oro e rotti
ma io mi sdraio oggi e come mai ti guardo
accanto io ho il mio lupo, tenero accucciato
ha il pelo nero
è il più crudele al mondo
si ricompone adesso, in un tempo salvato
il ricordo ineludibile dentro quel dolore
si ricompone adesso il senso delle cose.
(da: NUN 1, a cura di Giacomo della Maria,
Mattia Di Leva, Maria Gervasio, Jean Robaey
Bohumil edizioni, 2007)
RICERCA
20
oltre i “miracoli” per una corretta informazione
Un anno di risvegli
una tesi di laurea analizza gli articoli usciti su quotidiani nazionali e si scopre che…
di
Davide Simoni
P
erché il coma? Perché il coma è una sintomatologia relativamente giovane, la cui conoscenza nella società, e in parte nella comunità medica,
è pressoché nulla o distorta, ma particolarmente esposta ai rischi derivanti
dalla comunicazione moderna. Le storie di persone in coma catturano facilmente l’attenzione, perché semplici da comunicare ed interpretare, perché
drammatiche e coinvolgenti; perché spesso riguardano giovani, se non bambini, o personaggi famosi.
Il coma fa notizia: è un termine pervasivo nei giornali italiani. Inoltre, viene
rappresentato secondo una visione banale e stereotipica da molte aree della
fiction, dalla televisione al cinema, e ciò influisce notevolmente sulla
costruzione della sua rappresentazione sociale attraverso lo spazio mediatico.
Questo studio affronta l’analisi di un anno di notizie su coma e risvegli dal
coma per identificare gli aspetti relativi alla comunicazione del coma sulla
stampa giornalistica italiana.
Il punto di partenza di questo lavoro di ricerca è rappresentato dalla Carta
di impegni Comunicare il Coma, promossa da una serie di enti particolarmente esposti al problema tra i quali Gli amici di Luca
Onlus e l’Università di Bologna. La carta rappresenta una
forte denuncia: lanciare messaggi sbagliati può generare
aspettative errate nelle persone che devono convivere con
il coma e non permette di creare un ambiente florido in
cui fare crescere gli sforzi della ricerca scientifica. Il documento offre consigli in positivo ai giornalisti per la
divulgazione di notizie sul tema: il punto innovativo
rispetto ad altre carte riguarda l’estensione di una tutela
“rafforzata” alla famiglia della persona degente; inoltre si
vieta un uso di toni sensazionalistici, in particolare modo nella titolazione e
si chiede di favorire la diffusione di buone pratiche sanitarie, senza trattare
ogni caso come episodio isolato.
Lo studio ha seguito il percorso tracciato dalla carta d’impegni, utilizzando
questo strumento quale primo riferimento per un giudizio complessivo sulla
qualità dell’informazione. Gli articoli del corpus di analisi riguardano l’anno successivo alla pubblicazione della carta, dal 1 Ottobre 2005 al 1 Ottobre 2006 compresi; nonché la scelta di autorevoli quotidiani nazionali (Corriere della Sera, La Repubblica e il Resto del Carlino) molto diffusi su base
locale, nella regione Emilia-Romagna, dove la carta è stata recepita e diffusa dall’Ordine Giornalisti. Un’ulteriore scelta ha guidato nella compo-
sizione del corpus di analisi: si è scelto di considerare come prioritarie
quelle notizie che riguardassero “risvegli” dal coma. Si è selezionato un
tema particolarmente pertinente per un’analisi sulla comunicazione del
coma: nella fiction e in un certo tipo di informazione resiste un’immagine
stereotipata del “risveglio”, quella del paziente in coma da anni che grazie
a una voce e ad assidue carezze, si sveglia e si alza dal letto sano e salvo,
come se niente fosse. In realtà non è corretto parlare di risveglio nei termini di un immediato ripristino della coscienza; l'evoluzione naturale di un
danno cerebrale implica un percorso sfumato attraverso condizioni di
coscienza ridotta, progressivamente crescente. In un’esperienza di coma il
risveglio è solo la parte centrale di un percorso complesso che mira al recupero delle abilità.
La ricerca mostra come la comunicazione del coma e dei risvegli dal coma
nei quotidiani italiani faccia parte di quella categoria di notizie definita
para-sanitaria: una classe di prodotti informativi in cui il tema salute è trattato solo marginalmente. Si privilegia la costruzione di strutture narrative
focalizzate sulla storia, con scelte linguistiche fortemente iconiche ed emotivamente connotate. Le notizie sono selezionate secondo il loro carattere
di eccezionalità e raramente approfondiscono tematiche di interesse
medico-scientifico, oltre la coincidenza del risveglio dal coma. Le sezioni
del giornale in cui sono stati rilevati gli articoli sono quanto mai eterogenee,
in tutte e tre le testate: in particolare, dato lo scarso approfondimento sugli
inserti salute e nelle pagine cultura/scienza, il “risveglio dal coma” viene
saltuariamente percepito come un problema strettamente medico-scientifico.
In linea con la personalizzazione della notizia e con la scarsa propensione
all’approfondimento, si rileva una focalizzazione sul singolo accidente, piuttosto che una trattazione organica della storia, che preveda anche informazioni utili, buone pratiche di cura, servizi terapeutici e riabilitativi per il
degente e la famiglia.
Ancora, la dimensione psicologica e l’informazione che si potrebbe fare su
questo vastissimo ambito non trovano grande spazio negli articoli analizzati. L’importanza che può rivestire nel processo di guarigione un atteggiamento positivo da parte del paziente, la frustrazione, la perdita del controllo emotivo, l’abbandono o l’isolamento sono trattati in modo assolutamente
marginale rispetto agli altri argomenti.
In particolare, non si indaga sulla dimensione del dover fare che consegue
alla malattia e sulle conseguenze sociali della malattia. Ciò comporta che, in
generale, la disabilità conseguente a uno stato di coma non venga percepita. Il dopo malattia o meglio il post-evento acuto e la continuità terapeutica sembrano non riscuotere grande approfondimento.
Sul profilo linguistico e stilistico, è comune il tentativo di rendere più immediata la “lingua giornalistica”. Piuttosto che riferire ed esporre, le categorie
linguistiche predilette dai giornali di qualità, si descrivono situazioni attraverso un linguaggio iconico, che accorcia la distanza comunicativa. Con la
frequente cessione di parola ai protagonisti si arriva a uno scritto-parlato,
RICERCA
che simula il linguaggio televisivo. I giornalisti utilizzano diverse strategie
linguistiche per riprodurre lo stile della “conversazione”: strategie tipografiche (uso di font diversi e di layout particolari, come il virgolettato), per
interrompere l’uniformità e la monotonia visiva del discorso scritto; un registro generalmente
informale e colloquiale, con
metafore, espressioni idiomatiche,
cliché per ricreare “l’illusione” del
discorso parlato. Si segnala la frequente centralità della testimonianza
diretta di medici e del personale sanitario: per il quotidiano diventa importante dare “voce ai protagonisti” dell’evento di cronaca, dimostrando di essere là dove i fatti succedono e garantendosi un approccio competente e autorevole. E’ interessante rilevare tuttavia che non si parla molto di comportamenti scorretti, né si dà maggior
spazio a consigli sui comportamenti più adeguati ai fini preventivi. In pratica, è assolutamente ignorata la dimensione della prevenzione, sia all’interno degli articoli che nella tematizzazione delle pagine dove questi articoli
sono collocati. Le parole colte o troppo tecniche sono generalmente evitate,
o utilizzate senza il necessario approfondimento, con una tendenza all’iperinformatività che va a scapito della correttezza divulgativa. Per esempio, vi
è raramente sui quotidiani una chiara demarcazione tra gli stadi del coma.
Questo porta gli articoli di giornale a confondere spesso coma e stati vegetativi, divulgando notizie fortemente imprecise e alimentando una associazione implicita tra lo stato di coma e i dibattiti sull’eutanasia. Si osserva la
tendenza a pubblicare la durata dello stato di coma, là dove secondo la
medicina il coma supera raramente i 30 giorni. Semplificazione della termi-
nologia ed eccessiva morbosità per il catastrofismo sembrano dominare
pertanto questo aspetto della comunicazione.
Il risveglio dal coma viene spesso associato alla resurrezione, alla rinascita,
al miracolo. Il coma nella sua dimensione onirica è qualcosa di misterioso e
affascinante, una sfida estrema alla morte; le notizie subiscono ovviamente
una torsione, e vengono rimodellate all’interno di questa struttura narrativa, completamente epurata dal discorso scientifico. L’uso dell’analogia è
favorito dal carattere di irrazionalità e apparente a-scientificità che caratterizza la comunicazione del coma. In particolare le metafore più frequenti
riguardano il “lungo sonno”, “la caduta agli inferi”, “la prigione”, “l’assenza di luce”, “la lotta per la vita”,“la resurrezione”, “la rinascita”, “il viaggio”,
“la luce”, e l’accostamento con la favola della “bella addormentata”. I quotidiani si avvicinano al linguaggio televisivo. Nell’intento di conquistare
nuovo pubblico di classe media, individuato nel pubblico televisivo, la stam-
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pa quotidiana italiana si popolarizza, riservando uno spazio più ampio alla
sfera del privato e rielaborando in chiave di giornalismo (e racconto) popolare storie di coma e di risvegli. La velocizzazione porta i giornali a cambiare con ritmo incessante le notizie di cui parlare. Le notizie hanno una
vita breve, pertanto si selezionano notizie che acquistano rapidamente significatività. Paradossalmente, le notizie di risveglio dal coma rispondono
bene a questi criteri: anche se riguardano un percorso di sofferenza e di
trasformazioni lente e impercettibili.
Ovviamente, anche se le fonti e i temi della stampa si rivelano sempre molto
simili, ogni testata sviluppa uno stile personalizzato ed una modalità individuale per rivolgersi al pubblico.
Il Resto del Carlino è il quotidiano che ha accordato uno spazio e un peso
maggiore ai “risvegli dal coma”. Se si considera la collocazione degli articoli
per impaginazione, nel confronto comparato con le altre testate infatti
questa testata riserva il numero maggiore di prime pagine e di notizie in
primo piano ai risvegli. Il dato è interessante se si considera che il quotidiano bolognese si rivolge a un pubblico medio, di fascia non colta, per il
quale è ipotizzabile che il “risveglio dal coma” venga selezionato per il suo
carattere di eccezionalità e curiosità.
Ma soprattutto Il Resto del Carlino ha reso più evidente la marca della propria linea editoriale, secondo un indirizzo che qui si intende, in senso critico, molto problematico: attraverso strategie sensazionalistiche, una titolazione gridata, un supporto informativo teso a colpire emotivamente e un
frequente richiamo al miracolismo, il giornale tenta di conquistare il pubblico popolare più vasto; contemporaneamente, nella costruzione del discorso sul coma, si fornisce una interpretazione ideologica di uno dei temi
più appetibili per i giornali oggi, l’eutanasia. L’associazione tra risvegli ed
eutanasia è molto problematica, ma diffusa: per esempio, quando i “risvegli dal coma” dopo un periodo prolungato vengono usati come “giustificazione” contro la sospensione delle cure ai malati terminali. Sui quotidiani
italiani, nel corpus considerato, gli esempi forniti dai risvegli (in primo
luogo quello di Salvatore Crisafulli) vengono spesso comparati al caso di
Terry Schiavo.
Lo spazio dedicato alle notizie per l’approfondimento è soddisfacente, ma i
quotidiani riempiono questa superficie di illustrazioni, prospetti, sottotitoli
e sommari, per cui l’estensione molto spesso va a scapito della profondità
informativa.
Le illustrazioni sono soprattutto foto e/o immagini realistiche piuttosto che
disegni e/o riproduzioni: rappresentano per lo più i protagonisti della
vicenda, i famigliari e i medici che hanno assistito i pazienti durante il periodo di coma, in linea con la personalizzazione della notizia oggetto di
cronaca. Si tratta di immagini che mettono in scena gli accadimenti, focalizzandosi sui soggetti, i loro volti e i loro gesti atipici, che veicolano immediatamente una reazione emozionale e alludono a una storia personale, alla
dimensione individuale che ogni accadimento presenta.
Prevale il modello del servizio giornalistico tradizionale, con un numero
significativo di notizie brevi, a dimostrazione del fatto che la notizia di
“risveglio dal coma” acquista valore di curiosità, per mezzo di evidenti semplificazioni, ed è sintetizzabile come spot news che non necessita di approfondimento. Vi è una scarsa incidenza di altri generi giornalistici (interviste,
inchieste, reportage).
Per concludere, nell’informazione sul coma resistono una tendenza al sensazionalismo ed alla superficialità, una confusione terminologica grave, lo
stereotipo del risveglio improvviso e prodigioso. I risultati di questa ricerca
confermano che la denuncia posta dalla Carta di Impegni “Comunicare il
coma” è valida e deve essere sostenuta, con una attività di diffusione del
documento. Pertanto si è pensato di operativizzare ulteriormente la divulgazione della Carta di impegni con l’implementazione di un sito web specifico, www.comunicareilcoma.it; si è ritenuto opportuno lavorare a uno strumento di diffusione della Carta di impegni, un sito internet che possa
fornire una stabile collocazione al documento, là dove i giornalisti spesso
raccolgono informazioni, per creare un contatto e proseguire un percorso di
reciproca educazione.
Davide Simoni ha discusso birllantemente la sua tesi e si è laureato
"Dottore in Scienze della Comunicazione".
A lui un affettuoso augurio da tutti noi.
MI RICORDO DI TE
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L’ulivo di Ubaldo cresce…
MAGAZINE
Direttore responsabile
Fulvio De Nigris
Comitato dei garanti
Giana Andreatta
Alessandro Bergonzoni
Francesco Campione
Andrea Canevaro
Roberto Iovine
Pasquale Montagna
Maurizio Matteuzzi
Roberto Piperno
Maria Vaccari
Comitato editoriale
Lucia Bernardoni
Loris Betti
Giovanna Corrado
Maria Regazzi
Patrizia Scipione
Loredana Simoncini
Patrizio Tressoldi
Laura Trevisani
Era il 6 aprile 2006 …
A Ubaldo
I
l silenzio…dove va a finire il mio silenzio!Il
nostro silenzio che sembra non trovare parole,
ma basta saperlo ascoltare che le parole che ci sembrano invisibili riempiranno i nostri cuori.
Un sorriso, un movimento, uno sguardo…ora sembra tutto così lontano!
Eppure quando ti giri a guardare indietro i ricordi
ritornano così chiari e nitidi che trascinano dentro
di noi tutto il loro sentimento.
ANIME CHE SI INCONTRANO E DEVONO
IMPARARE AD ACOLTARSI!
Porto dentro di me una parte di te come tu hai portato con te una parte di me…e questo ci terrà legati nella luce della tua eternità.
…e ho guardato dentro la tua anima per poterti
conoscere fino in fondo, per poter capire che cosa e
chi c’era dentro, e ho guardato dentro le mie emo-
zioni per poter capire dove mi hai voluto portare…e
ho avuto paura di ascoltare il mio cuore perché il
tuo mettermi alla prova è nella quotidianità di quello che faccio.
Ora rimane un vetro vuoto che mi porta lo sguardo
verso l’infinito, il pettirosso nel tuo giardino, questo
sacco pieno delle tue cose, la tua sedia che dondola
vuota questa sera in mezzo alla nostra palestra, il
tuo sorriso che mi appare ovunque io mi giri, la luce
dei tuoi occhi, il respiro di quegli attimi vissuti, la
gioia della tua vita che porteremo dentro di noi.
Un gran privilegio averti potuto conoscere!
E’ molto difficile lasciarti andare, ma so che sei già un
angelo, fra i più belli…alzo gli occhi verso il cielo, ti
cerco e quella stella che luccica più delle altre sei tu!
Grazie per questi momenti vissuti insieme fino
all’ultimo respiro…nel mio cuore, nella mia anima,
nella mia mente…Ascoltami
Silvia Faenza
Segretaria di redazione
Elena Bogliardi
Redazione
Via Saffi 10 - 40131 Bologna
Tel. 051 6494570
Fax 051 6494865
E-mail: [email protected]
www.amicidiluca.it
Si ringrazia Eliobiemme
Centro copigrafico
Impaginazione
OGB - Bologna
Periodico associato
Unione Stampa Periodica Italiana
Stampa
GALEATI INDUSTRIE GRAFICHE S.P.A.
Si ringraziano i familiari che
hanno autorizzato la pubblicazione
delle foto
sostieni la “Casa dei Risvegli
Luca De Nigris” e il
“Centro Studi per la Ricerca sul Coma”
CARISBO CC 3802
FILIALE DUE TORRI - BOLOGNA
Piazza di Porta Ravegnana, 2/B
Cab. 02504-9
Abi 6385-9
cc postale 26346536
Un caro saluto a Gelsomino e Anna, genitori di Ubaldo, ai familiari e gli amici,
a quanti l’hanno conosciuto
A N D ATA E R I T O R N O
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Alby, una persona speciale
Salve. Volevo ringraziarvi per la costanza e la serietà che dimostrate spedendomi puntualmente la vostra rivista, da oramai due anni circa. Volevo rivolgere un saluto particolare a mio marito Alberto, volevo dirgli che mi piacerebbe poter fare di più per lui perché è una persona speciale e sempre lo sarà. Che anche se lui a casa non c'è
ogni cosa parla di lui e anche se con un groppo in gola, a volte mi sembra di sentirlo arrivare dal lavoro e salire le scale, che mi spiace torturarlo con i miei baci e le
carezze ma che lasciare il suo letto con il profumo della sua pelle addosso per altre due ore mi da la forza di affrontare il resto della giornata. Che anche nostra figlia è
speciale (perchè è identica a lui) e ringraziarlo perchè mi ha aiutato a crescerla con i giusti valori ed è stato un papà perfetto. Che avrei migliaia di parole da spendere
ma non basterebbero a dirti quanto mi manchi.
Grazie Alby, ti amo.
Elsa Bellini
Teresa è andata a casa
Antonella
è ritornata
B
entornata Antonella, dove eravamo rimasti? Dopo l’assenza per
maternità e la nascita della piccola
bella, dolce, simpatica Amelita, l’educatrice Antonella Vigilante ritorna al
lavoro alla Casa dei Risvegli Luca De
Nigris nel gruppo che fa capo all’educatrice e pedagogista clinica Laura
Trevisani.
L’aspettavamo per preparare le
nuove iniziative culturali all’aperto
della prossima estate, per i laboratori
rivolti ai familiari , per le attività di
comunicazione degli eventi e vivere
di nuovo assieme le attività della
struttura.
Nella foto: Antonella, Laura,Carla e la
piccola Amelita che sembra dire:”
mamma quando viene papà che spostiamo le sedie per gli spettacoli nel
giardino?”
Cosa fa 5 x 1000 ?
fa quello che vogliamo noi !
5 x 1000 a “gli amici di Luca”
Dai voce al silenzio del coma.
Nella prossima denuncia dei redditi firma nel quadro dedicato alle Organizzazioni Non Lucrative (Onlus)
Riporta, sotto la tua firma, il codice fiscale de GLI AMICI DI LUCA onlus
91151360376
Il 5xmille non sostituisce l'8xmille e non è un costo aggiuntivo per il contribuente.
E' una quota di imposte a cui lo Stato rinuncia per destinarla alle organizzazioni no-profit per sostenere le loro attività.
Richiedete le nostre guide per le famiglie
edite da Alberto Perdisa
Info: 051.6494570 - www.amicidiluca.it - [email protected]