Relazione Seg. Gen. FIOM Cgil Taranto al congresso di categoria

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Relazione Seg. Gen. FIOM Cgil Taranto al congresso di categoria
Cari compagni/e, gentili Ospiti
In apertura del IX Congresso Territoriale FIOM Taranto, Vi
chiedo un minuto di silenzio per ricordare un compagno che
ci ha lasciato drammaticamente e prematuramente, ma che
rimane nella nostra memoria come esempio da perseguire.
Parlo del compagno Luigi Paolo MOREA, alla cui
memoria dedichiamo questo congresso.
Vorrei ringraziare a nome di tutta la platea congressuale,
Francesco FIUSCO che ha diretto la FIOM negli ultimi otto
anni, lo ringrazio anche a livello personale per aver accolto e
sostenuto la proposta avanzata dalla FIOM Nazionale e dalla
CGIL di Taranto della mia candidatura alla Direzione della
FIOM di Taranto.
La posizione assunta da Francesco, dalla Segreteria e dal
Direttivo è stata determinante nel dare la mia disponibilità
ad assumere questo ruolo di direzione della FIOM.
Domani, dedicheremo uno spazio specifico del Congresso per
ringraziare Francesco e quei compagni che sono usciti dalla
FIOM dall’ultimo congresso, per assumere altri incarichi o
perché sono andati in pensione.
Questo ritorno alla direzione di un territorio dopo tanti
anni, per me, è una esperienza straordinaria perché da un
lato ho la possibilità di mettere a disposizione della FIOM la
mia esperienza, tanta o poca che sia, dall’altro il ritornare ad
un rapporto diretto con i lavoratori e con la nuova
generazione da cui c’è tanto da apprendere e tanto da dare.
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Ci sono alcune cose che in questi mesi mi hanno segnato e
che testimoniano le condizioni materiali di vita dei lavoratori.
In un incontro con giovani lavoratori somministrati dell’ILVA,
un lavoratore sposato con due figli
mi ha chiesto
testualmente: “Se mi spezzo un dito sul lavoro e vado in
infortunio mantengo il contratto perché devo poter sfamare i
figli e pagare il mutuo?”.
Pochi giorni fa, è venuto in FIOM un lavoratore di una ditta
di appalto con contratto a termine che ha subito un grave
infortunio. L’ azienda gli ha intimato di
trasformare
l’infortunio in malattia.
Al suo rientro in azienda, non avendo ancora smaltito i
postumi dell’infortunio, gli è stato comunicato che alla
scadenza del contratto lo stesso non sarà riconfermato
perché si è infortunato.
Il primo Febbraio di quest’anno è iniziato il processo in cui la
FIOM di Taranto si è costituita parte civile tramite l’Avvocato
Massimiliano DEL VECCHIO. Nel procedimento penale a
carico, i diversi quadri e dirigenti aziendali della CMT Srl e
dell’ILVA Spa, ritenuti responsabili della morte di Mingolla
Antonio, dipendente della CMT operante nell’appalto dello
stabilimento siderurgico di Taranto.
Sono passati quasi quattro anni, da quel 18 Aprile 2006 in
cui moriva a causa di esalazioni velenose il povero Mingolla.
L’inizio del processo è coinciso con il suo rinvio al 26 Aprile
di
quest’anno
perché
il
giudice
era
impegnato
contestualmente in altro processo.
Alla fine dell’udienza, la signora Francesca Caliolo, vedova
Mingolla, guardandomi negli occhi mi ha chiesto di non
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lasciarla sola in questa prova durissima per avere verità e
giustizia e ha sollevato l’angoscia dei tempi della giustizia, del
rischio che corrono i processi di cadere nella prescrizione
alla luce dei provvedimenti nel sistema giudiziario che il
governo Berlusconi vuole attuare.
Lunedì 15 Febbraio è venuto a trovarmi in FIOM, a Piazza
Bettolo, Cosimo SEMERARO - Presidente dell’Associazione
12 Giugno dei familiari delle vittime sul lavoro -.
L’associazione si chiama 12 Giugno, perché nel 2003, a
seguito del crollo di una gru all’Ilva, morirono due giovani
operai – Paolo FRANCO e Pasquale D’ETTORRE.
Semeraro, mi ha raccontato con il groppo in gola, la sua
odissea solitaria durata sette anni per aver riconosciuto un
suo diritto l’esposizione all’amianto, della condanna
dell’allora Direttore dell’Inail provinciale – Giovanni Sulpizio –
a dieci mesi di reclusione per occultamento di atto pubblico,
fra cui la pratica dello stesso Semeraro.
Mi ha anche rappresentato il suo stato d’animo di quegli
anni, in cui si è sentito abbandonato e non supportato dal
sindacato e in cui ha misurato sulla sua pelle la lentezza dei
processi.
Cosimo Semeraro, ha chiesto alla FIOM la collaborazione,
un contributo e uno sforzo per sensibilizzare e far partecipare
i giovani metalmeccanici, a partire da quelli dell’ILVA, alla
terza giornata della memoria delle vittime sul lavoro che si
terrà a Taranto il 12 Giugno 2010 e che avrà al centro della
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giornata il convegno monotematico sulle leggi e sui
procedimenti giudiziari sugli infortuni sul lavoro.
Ai giovani, ai ragazzi, ai precari, ai somministrati, vorrei
rispondere con una frase per noi impegnativa, tratta da un
intervento di Claudio SABBATTINI al Comitato Centrale della
FIOM.
“E’ necessario mettersi insieme, lottare insieme.
Questo fatto elementare che nel ‘900 si è chiamato sindacato
– e che continuerà a chiamarsi così – è il primo tentativo di
dare sicurezza a tutti coloro che sono costretti alla solitudine,
che sono costretti alla competizione con gli altri, che sono
costretti a pensare a un eterno presente. Il futuro è una cosa
che si conquista socialmente e collettivamente”.
Alla signora Francesca, voglio dire che non sarà mai lasciata
sola. Tutta la FIOM, quella Nazionale e quella tarantina
sarà al suo fianco.
A Cosimo Semeraro vorrei dire, mai più un lavoratore venga
lasciato solo nella difesa e nella rivendicazione di un suo
diritto. Vale sul terreno delle vertenze e delle lotte, così come
stiamo facendo per i lavoratori ex Belleli e Appalto arsenale,
a cui l’Inail nega un loro diritto quello all’esposizione
all’amianto, malgrado l’ASL di Taranto abbia certificato che
non è stata mai effettuata alcuna bonifica nei luoghi in cui
questi lavoratori hanno prestato la loro opera.
Vale sull’assistenza, sull’aiuto e sostegno sul piano
giudiziario.
La FIOM nazionale ha deciso, e a Taranto lo stiamo
praticando, di costituirci parte civile in tutti i processi
ritenendoci parte lesa in ogni ipotesi di reato commesso nei
confronti dei lavoratori per le violazioni delle norme sulla
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sicurezza e prevenzione, degli infortuni sul lavoro e delle
malattie professionali.
La FIOM di Taranto è parte civile, oltre che nel processo
Mingolla anche nel procedimento penale che vede imputati i
dirigenti e i direttori dell’Ilva Spa che si sono succeduti dagli
anni ’60 al ’95 e ritenuti responsabili del decesso di più di
trenta lavoratori affetti da tumore.
Inoltre la FIOM collaborerà e si impegnerà a contribuire alla
riuscita della terza giornata della memoria delle vittime sul
lavoro del 12 Giugno prossimo venturo.
L’aver vissuto direttamente le condizioni materiali e concrete
che oggi vivono i lavoratori dentro la fabbrica mi hanno
riportato agli anni ottanta, quando entrato in fabbrica, i
vecchi delegati mi raccontavano cosa avevano vissuto negli
anni cinquanta e sessanta. Quando ai cantieri navali di
Palermo i contrattisti, venivano avviati al lavoro dai caporali
-(oggi agenzia interinale)- che per prolungare il contratto di
lavoro per sfamare la famiglia volontariamente si
ustionavano o si facevano spezzare le ossa.
Quando gli incidenti mortali erano elementi di normalità e
messi nel conto e la sirena che suonava fuori orario per
segnalare infortuni gravi o mortali al cantiere. A ogni suono
di sirena accorrevano i famigliari degli operai per sapere a
chi era toccato “la cattiva sorte o la disgrazia”.
La differenza di oggi, rispetto ad allora e’ che i vecchi
delegati avevano acquisito attraverso la lotta nuovi diritti
che lasciavano in eredità alla nuova generazione, la mia, e a
loro volta stavano meglio della generazione precedente.
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Oggi la realta’ e’ che le nuove generazioni stanno peggio dei
loro genitori e dei loro nonni. Questo e’ la prima volta che
accade. Io credo che con grande umilta’ dobbiamo ammettere
che abbiamo subito una sconfitta e che non siamo stati in
grado di trasferire alle nuove generazioni le conquiste
precedenti.
Cari compagni e care compagne,
Teniamo questo nono congresso territoriale della FIOM dopo
una campagna congressuale intensa nei luoghi di lavoro.
A Taranto abbiamo svolto 69 assemblee congressuali di base
in cui sono state coinvolte 124 aziende a cui hanno
partecipato il 68,76% dei nostri iscritti.
Un dato importante e significativo che va rapportato a un
numero di lavoratori iscritti che si trovano in cassa
integrazione e in mobilità.
Gli iscritti che hanno partecipato al congresso hanno votato
il 10,06% il primo documento “Diritti e il lavoro oltre la
crisi”, primo firmatario Guglielmo Epifani.
L’89,94 il secondo documento “La CGIL che vogliamo”,
primo firmatario Domenico Moccia.
La platea congressuale è di 100 delegati, di cui numero 10
per la mozione uno e numero 90 per la mozione due.
In campo nazionale si sono già chiusi tutti i congressi di base
con il voto sui due documenti. Ad oggi non conosciamo il
risultato finale.
Il risultato finale fornirà la scelta che gli iscritti della CGIL
hanno compiuto e quel risultato impegnerà tutta la CGIL.
Era da dieci anni che il congresso non si svolgeva su
documenti contrapposti.
L’ultimo, quello del 2005, si era svolto sulla base di un unico
documento a cui erano state contrapposti due emendamenti,
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uno sul salario e uno sulla democrazia sindacale, primo
firmatario Gianni Rinaldini.
Questo congresso assume una valenza decisiva per il futuro
della CGIL sia per il contesto in cui cade (accordo separato,
recessione economica, crisi della sinistra) sia per le diverse
strategie che si sono confrontate nel dibattito.
Il congresso serve in primo luogo per fare un bilancio e per
disegnare una strategia su come proseguire. In questo
congresso si sono misurate due strategie diverse su come
uscire da questa fase.
Questo è stato il centro del dibattito nei nostri congressi di
base che si sono pronunziati votando sui contenuti dei due
documenti presentati.
Io credo, e sono convinto, che aver avuto due documenti in
una fase come questa sia stato un bene per la CGIL.
Abbiamo evitato il rischio di un congresso tutto
autocelebrativo in cui partendo dal fatto che siamo la più
grande organizzazione di massa di questo paese con 5 milioni
e 700 iscritti e che abbiamo avuto e continuamo ad avere
una crescita costante di iscritti, sia tra gli attivi che tra i
pensionati.
Non avremmo riflettuto e dibattuto a fondo un punto
fondamentale e che vale per la CGIL ma che dovrebbe valere
anche per Cisl e Uil e cioè, che non può esistere una
organizzazione sindacale “in buona salute” se i suoi iscritti e
i lavoratori che rappresenta stanno male.
Questo vale almeno fino a quando si ritiene che il sindacato è
uno strumento “dei lavoratori” e non “per i lavoratori”.
Questo nostro congresso che è il congresso della CGIL, la più
grossa organizzazione di massa del nostro paese, ha dato vita
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con dibattito democratico e partecipato che ha coinvolto
milioni di lavoratori e pensionati italiani.
Raramente in questo paese si assiste a un confronto di idee
di queste dimensioni. La CGIL non può che uscire più forte
da un congresso di confronto e di competizione di idee.
L’unità, che è un valore per tutta la CGIL, lo è oggi come lo è
stato in passato e lo sarà anche all’indomani di questo
congresso.
Essere unitari non significa affatto aver tutti la stessa idea o
aderire tutti allo stesso documento.
Dobbiamo imparare a misurare la nostra unità interna in
base alla capacità di assumere scelte che diventino
patrimonio di tutta l’organizzazione, misurando al contempo
la qualità e la coerenza della nostra azione sindacale.
Dobbiamo inquadrare il nostro congresso in una fase che
chiude una intera fase storica.
Io credo al contempo che dovremmo valutare e
probabilmente sarà il congresso nazionale della CGIL il luogo
in cui affrontare tale questione.
Mi riferisco alle modalità del rilevamento dei dati, alla
faraginosità con cui teniamo i nostri congressi.
Penso alle modalità delle assemblee congressuali di base in
cui in un ora bisogna illustrare le due mozioni, aprire il
dibattito, far votare i lavoratori e procedere alla elezione del
delegato e alla fine compilare i verbali di 35 pagine, in cui se
non si è trilaureato, si rischia di sbagliare.
E’ necessario uno strumento più rapido e trasparente sulla
registrazione della volontà degli iscritti. Occorrono per i
prossimi congressi metodi e procedure diverse da quelle
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attuali che possono e rischiano di diseducare i nostri iscritti
a partire dai più giovani.
Crisi globale
Cari compagni e care compagne il nostro congresso si svolge
in un quadro inedito e straordinario nel pieno di una crisi
globale di proporzione storica mai avuta dal dopoguerra ad
oggi.
Degenerazione della finanza e polarizzazione nella
distribuzione del reddito sono alla base di questa crisi.
Una crisi che parte dagli anni ’80. Le forze conservatrici degli
Stati Uniti d’America, a cominciare dal suo Presidente
Ronald Reagan, così come nel resto del mondo, hanno
alimentato politiche economiche e sociali che hanno mirato
all’eliminazione dei controlli sui movimenti dei capitali e
hanno rinunziato a introdurre standard sociali e ambientali
negli scambi commerciali.
Hanno puntato alla riduzione di vincoli sull’uso della forza
lavoro e hanno affidato alla finanza la sostituzione dello stato
sociale l’idea liberista del “libero mercato” come regolatore
della società si riferisce in realtà in primo luogo agli assetti
sociali, al lavoro, alle privatizzazioni, compreso i beni comuni
e il sistema di sicurezza sociale.
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La svalorizzazione del lavoro, la marginalità delle condizioni
lavorative sono il prodotto di questo lungo processo. L’esito di
questo processo è un aumento dello sfruttamento e della
precarietà del lavoro, una crescita esponenziale delle
disuguaglianze, una crisi ecologica senza precedenti.
Negli ultimi 20 anni c’è stato un processo massiccio di
spostamento di reddito dal lavoro alla finanza pari a dieci
punti percentuale, si è trattato di un processo di
indebitamento di massa senza precedenti, le famiglie in
questi anni hanno contratto debiti per potere continuare a
sostenere i consumi.
Tutto ciò ha generato la crisi attuale.
Ancora oggi non si intravede l’uscita dal tunnel ogni
qualvolta qualche economista si azzarda a fare previsioni
viene smentito il giorno dopo dalla realtà.
L’unica cosa certa è che la ricaduta negativa sull’
occupazione non ha ancora prodotto tutti gli effetti, così
come altrettanto chiaro che le finanze pubbliche di tutti i
paesi resteranno segnate dalla recessione, considerato che
per contrastare la crisi si è spostato il debito dal privato al
pubblico senza alcuna contropartita per i cittadini costretti
ad accollarsi le perdite delle istituzioni finanziare (banche)
che hanno già ripreso a produrre profitti e record.
Nel medio periodo è possibile supporre che l’esplosione del
debito pubblico possa provocare l’insolvenza di alcuni stati (
vedi la Grecia).
Si sta al contempo determinando una instabilità geopolitica,
siamo di fronte alla progressiva perdita del ruolo guida da
parte degli Stati Uniti con l’abbandono del dollaro come
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moneta di riferimento, contestualmente avviene l’ascesa delle
potenze orientali e in particolare della Cina.
Anche la tradizionale vicinanza tra Europa e USA rischia di
vacillare.
Tutti gli assetti internazionali precedenti sono messi a dura
prova, il G8 diventa G27 sempre più spesso si parla di G2
intendendo con questo un confronto tra Cina e Stati Uniti.
Crisi in Italia
La crisi è esplosa nel nostro paese in una situazione
economica e sociale peggiore rispetto a quelli dei principali
paesi europei, anche se il sistema finanziario ha sofferto
meno rispetto ai paesi anglosassoni.
La situazione appare particolarmente critica per ciò che
riguarda l’apparato industriale, i livelli salariali, gli
ammortizzatori sociali e la polarizzazione tra nord e sud.
La crisi e le dinamiche globali si intrecciano con la specificità
italiana. I salari dei lavoratori italiani sono al 23° posto della
classifica di tutti i paesi OCSA, dietro di noi stanno solo
Portogallo, Repubblica Ceca, Polonia, Turchia, Slovacchia,
Ungheria e Messico.
Il salario netto di un lavoratore italiano è in media di 15.800
euro l’anno, poco più di 1.100 euro al mese, il 17 % in meno
della media dei salari dell’OCSA e non va meglio nel
confronto con il salario europeo. Il salario medio nell’Europa
(a 15) è di 20.561 euro all’anno. Gli aumenti di produttività
dal 1993 ad oggi sono andati quasi tutti alle imprese ed è
cresciuta a dismisura la forbice tra i bassi salari e i compensi
dei manager.
Il 40% delle lavoratrici e dei lavoratori subisce danni alla
salute oltre un milione l’anno si ammalano o si infortunano,
ogni 7 ore una persona muore sul lavoro.
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Siamo tra gli ultimi in Europa per occupazione femminile con
una donna su due che non lavora, con peggiori condizioni di
lavoro e di progressione di carriera e con un differenziale
retributivo medio del 18 % rispetto agli uomini.
I due punti dell’aumento di occupazione registrati in Italia
sono da attribuire ai lavoratori migranti, tre su quattro sono
operai, hanno una retribuzione inferiore al 27 % dei
lavoratori italiani e su di loro pesa il doppio ricatto la perdita
del posto di lavoro e del permesso di soggiorno.
Senza parlare delle nuove forme di schiavitù a cui sono
sottoposte, basta ricordare cosa è successo a Rosarno.
La FIOM aderisce all’iniziativa promossa dal “coordinamento
nazionale 1° Marzo”, daremo il nostro contributo contro ogni
forma di discriminazione e di negazione dei diritti delle
lavoratrici e lavoratori stranieri e saremo anche noi al
presidio di Piazza Immacolata a Taranto, promossa dagli
Immigrati.
La precarizzazione dei rapporti di lavoro è stata parte
decisiva della strategia di compressione dei salari e di attacco
al diritto del lavoro.
Oltre il 70 % dei nuovi assunti sono a termine, nel 2008 oltre
4 milioni e mezzo di contratti di lavoro erano a tempo
determinato, collaborazione occasionale, occupazione a
progetto, lavoratori in somministrazione, finti professionisti.
La precarietà colpisce soprattutto i giovani da un punto di
vista salariale. Negli ultimi 20 anni si è registrato il
raddoppio del differenziale retributivo tra la fascia tra 19-30
e quella tra i 30-60.
Il sistema pensionistico contributivo combinato con contratti
precari condanna milioni di ragazzi e ragazze ad un futuro di
povertà di sfruttamento di alienazione di solitudine ed
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individualismo, di incertezza e di adattamento alla
competizione, dentro il mercato, individuo contro individuo,
lavoratore contro lavoratore.
In nessun altro paese europeo esiste un divario come quello
tra il nord e il sud del Paese, i divari tra occupazione, redditi
e protezione sociale sono drammatici e crescenti. I salari
medi al sud sono inferiore del 30 % rispetto al Nord.
Siamo il Paese in cui i lavoratori e i pensionati
contribuiscono all’80 % del gettito fiscale complessivo e dove
prima della crisi il 51% delle società dichiaravano redditi
nulli e negativi.
Siamo il Paese dove la tassazione delle rendite è tra le più
basse su scala europea. A questo quadro, già drammatico, si
sommano gli effetti della crisi.
I dati forniti dall’Istat ai primi di febbraio sono devastanti e
fanno chiarezza su quanti in questi mesi a partire dal
Governo hanno prima negato e poi ritenuto superata la crisi.
L’Istat ci dice che il tasso di disoccupazione a fine dicembre
del 2009 è salito all’8,5 % a fronte del 7% di dicembre del
2008.
Se ai disoccupati aggiungiamo i cassintegrati a rischio
raggiungiamo un tasso del 10 %. Abbiamo perso circa
700.000 posti di lavoro.
Tra i giovani che vanno dai 18 ai 24 anni il tasso di
disoccupazione è del 30%, negli 15 mesi 1 milione di
lavoratori ha usufruito di un miliardo di ore di CIGS.
Il 30% di occupazione è ormai precaria con medie salariali di
700 euro mensili al nord e 400 euro al sud.
In ultimo i dati del quarto trimestre del 2009 segnalano che
la ripresa tarda ad arrivare, nel 2009 la recessione segna
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meno 4,9% del prodotto interno lordo, il peggiore dato di tutti
i tempi.
Nel 2009 si è registrata una caduta nelle esportazioni
rispetto al 2008 del 20,7%. La peggiore caduta secondo l’Istat
dal 1970.
La produzione metalmeccanica in Italia nel 2009 è calata del
27% e la cassa integrazione è aumentata del 480%.
Siamo di fronte agli indicatori peggiori del resto dell’Europa
come denunzia la stessa Federmeccanica.
Come sosteniamo da mesi non è vero che stiamo uscendo
dalla crisi, siamo in una fase dove si acutizzano tutti gli
elementi della crisi sull’economia reale e prevedibilmente
detti elementi si acutizzeranno e si accentueranno anche nei
prossimi mesi.
Il Governo nega la crisi, non mette in atto nessuna terapia
d’urto nei confronti della crisi, non costruisce una rete di
protezione sociale per l’insieme dei lavoratori, delle lavoratrici
e dei precari.
È dall’inizio della crisi che sosteniamo che bisogna:
 fermare i licenziamenti;
 rinnovare i contratti di tutti i lavoratori precari;
 estendere gli ammortizzatori sociali a tutti i lavoratori;
 superare il massimale delle CIGO-CIGS portandolo
all’80%
dell’ultima retribuzione;
 raddoppiare la cassa integrazione ordinaria da 52 a 104
settimane;
 garantire la prosecuzione delle CIG in deroga;
 sostenere il reddito e prevedere gli ammortizzatori per i
precari;
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 affrontare le vertenze, impedire la chiusura delle
aziende, definire strumenti di politica industriale,
avviare un piano per il mezzogiorno;
 ridurre la tasse per i lavoratori e pensionati;
 dare un futuro al paese;
 promuovere politiche di accoglienza contrastando le
nuove schiavitù e regolarizzando i migranti che
lavorano;
 sospendere la Bossi-Fini per gli immigrati in cerca di
rioccupazione;
 abolire il reato di clandestinità;
 riconoscere la cittadinanza a chi nasce nel nostro
territorio
 equiparare il reato di caporalato a quello di tratta sugli
esseri umani.
A sostegno di queste rivendicazioni e per dare continuità alle
iniziative di lotta già effettuate la CGIL ha proclamato lo
sciopero generale per il 12 marzo con manifestazioni
territoriali.
La FIOM impegna il proprio gruppo dirigente e la platea
congressuale a sviluppare da subito tutte le iniziative
finalizzate alla piena riuscita dello sciopero e della
manifestazione che terremo a Taranto, facendo vivere dentro
quella manifestazione tutte le vertenze aperte.
Il Governo utilizza la crisi e punta a modificare la
Costituzione formale del paese a partire dall’articolo 1 che
recita, appunto, che “l’Italia è una Repubblica fondata sul
lavoro”.
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Il Governo e il suo Presidente non perdono occasione per
portare
tutti i giorni attacchi all’attività della magistratura puntando
a metterne in discussione la sua autonomia, attaccando
costantemente la libertà di stampa e di informazione
puntando allo svuotamento del ruolo delle assemblee elettive
e delle sedi della partecipazione democratica a cominciare da
Parlamento.
Governo e Confindustria stanno utilizzando la crisi per
ridefinire l’assetto sociale e le relazioni sindacali di questo
paese, prefigurando una fuoriuscita dalla crisi che ridisegna
il modello stesso delle organizzazioni sindacali.
Il 22 gennaio 2009 Governo, Confindustria, CISL-UIL-UGL
hanno firmato:
 un accordo che riduce i salari, cancella il contratto
nazionale.
 Un accordo separato in cui non c’è nulla
piattaforma sindacale unitaria presentata .
della
 Un accordo separato in cui si cancella il ruolo e il valore
universale dei contratti nazionali e dei sindacati di
categoria.
 Si programma la riduzione dei salari, si cancella
l’autonomia della contrattazione aziendale, si sostituisce
la contrattazione tra le parti con una estensione senza
precedenti della bilateralità.
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 Un accordo separato con cui si nega alle lavoratrici e
lavoratori il diritto di votare e decidere sugli accordi che
li riguardano e che apre la strada alla messa in
discussione del diritto di sciopero che la nostra carta
costituzionale sancisce quale diritto individuale in capo
ad ogni cittadino.
Contratto nazionale
Quell’accordo separato è ben più grave di un contratto
separato. L’applicazione di quel sistema di regola porta al
rinnovo contrattuale nazionale praticamente automatico, con
una previsione dell’inflazione fatta dall’ISAE depurata
dall’inflazione
importata
dai
prodotti
energetici
e
moltiplicandola per il valore del punto.
Per fare ciò basta una semplice calcolatrice, non serve un
sindacalista, questa modalità di rinnovo contrattuale
determina nei fatti la riduzione programmata del potere di
acquisto del salario per tutti i lavoratori.
Il contratto nazionale in questo schema non svolgerà più la
funzione di incremento salariale delle retribuzioni.
Contrattazione aziendale
Gli aumenti retributivi richiesti nella contrattazione aziendale
devono rientrare nei criteri che il governo fissa per rientrare
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nei meccanismi di defiscalizzazione e cioè di un premio
comunque totalmente variabile.
Deroghe al Contratto
Si possono definire a livello aziendale o territoriali deroghe
rispetto al contratto nazionale per ragioni che sono o di crisi
o di sviluppo, cioè sempre. Deroghe rispetto al contratto
nazionale vuol dire peggiorare quello che dovrebbe essere il
minimo retributivo e normativo dell’insieme dei lavoratori
italiani.
Enti bilaterali
Gli Enti bilaterali si configurano sempre di più da parte del
sindacato e delle imprese come una struttura di gestione del
collocamento, della formazione e di pezzi di ammortizzatori
sociali.
Tutto ciò è scritto nel libro bianco di Saccone che ha definito
anche concettualmente l’insieme dell’operazione.
Ha ragione Saccone quando dice che l’accordo sul sistema
contrattuale è una riforma che porta cambiamenti molto
pesanti in questo paese. Si è scelto di “imporre” un sistema
contrattuale a tutti i lavoratori e a tutte le Organizzazioni
Sindacali senza prevedere alcuna consultazione, alcun voto,
alcuna validazione democratica.
È dentro questo quadro che siamo chiamati a compiere
scelte.
In questo congresso la scelta è o aderire a questo progetto
imposto da Governo e Confindustria, assecondato da CISL e
UIL,
chinando la testa e rientrando in quel gioco, o
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contrastarlo in tutti i modi e con tutte le iniziative di lotta
finché salti.
Io credo che non abbiamo altra scelta che contrastarlo.
Per una sola ragione, perché non saremmo più la FIOM e
non saremmo più la CGIL ma diventeremmo un’altra cosa.
Ed è per questo motivo che dobbiamo contrastare in tutti i
modi e con tutte le iniziative necessarie, sia l’accordo
separato del 22 gennaio che l’intesa firmata il 15 ottobre del
2009 da Federmeccanica-FIM-UILM del rinnovo del contratto
Nazionale dei metalmeccanici, che riteniamo illegittimo, così
come lo è la disdetta unilaterale da parte di FIM-UILM sulla
parte normativa del contratto firmato unitariamente nel 2008
e che scade nel 2011.
Come FIOM stiamo avviando una raccolta di firme certificate
per la presentazione in Parlamento di una proposta di legge
di iniziativa popolare per affermare diritti e regole
democratiche cogenti in materia di rappresentanza, di
certificazione di rappresentatività delle Organizzazioni
Sindacali e di efficacia e validità dei contratti collettivi.
Tale proposta nasce anche al fine di impedire la pratica degli
accordi separati.
Ho voluto ripercorrere in maniera sintetica e approssimativa
il contesto in cui si svolge il nostro congresso e al contempo
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avere chiaro dentro quale quadro vanno ricondotte le
vertenze aperte che abbiamo sul territorio Tarantino.
Rimane ancora efficace uno slogan che dice “occorre pensare
globale per agire locale”.
PERCHE’ IL CONGRESSO AL PALAFIOM
In quest’ottica del pensare globalmente e agire localmente, si
colloca la decisione di svolgere il congresso al PALAFIOM,
per segnare la scelta politica che la FIOM di Taranto ha
fatto, così come ventidue anni fa.
Il 22 Febbraio 1988, la FIOM firmava il contratto di acquisto
del terreno con l’Arcidiocesi di Taranto per portare lo sport in
un quartiere periferico marginale e degradato, per svolgere
un’azione sociale e per mettere a disposizione del quartiere,
dei lavoratori, dei cittadini questa struttura.
Oggi più che mai il problema degli spazi sociali, degli spazi
pubblici d’incontro o degli spazi per l’aggregazione e per lo
sport, rimane una questione irrisolta, soprattutto nel
meridione.
Si tratta di un bisogno, di una esigenza di cui la FIOM ha
piena coscienza perché sappiamo che uno spazio restituito e
messo a disposizione della collettività può diventare un
presidio di democrazia, un argine alla disgregazione dei
legami sociali.
Oggi posso dirvi che come FIOM abbiamo deciso, dopo una
pausa di riflessione di chiusura del Palafiom e di
riorganizzazione interna di rimettere a disposizione del
territorio, dei lavoratori e dei metalmeccanici questa
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struttura consentendo al contempo all’Associazione di Basket
in carrozzina DREAM TEAM di Taranto, l’utilizzo della
struttura per gli allenamenti e le partite.
Siamo in una fase in cui stiamo ragionando su possibili
implementazione della struttura sportiva e valutando una
serie di interventi strutturali dell’impianto.
Stiamo analizzando le diverse proposte che ci sono
pervenute di possibili attori di questo progetto di rilancio del
PALAFIOM, a partire da quello presentato dal DREAM TEAM.
IL PALAFIOM per la sua collocazione territoriale e per la sua
importanza strutturale, puo’ essere motore e volano di
numerose attivita’. Stiamo pensando al PALAFIOM non solo
come luogo in cui si pratica sport, ma uno spazio comune in
cui possano essere promosse diverse attività sociali, culturali
e ricreative in cui si possa promuovere il dialogo tra le
generazioni e le culture.
Il Palafiom come contenitore, come laboratorio culturale in
cui si possa costruire a partire dalle differenze che
contraddistinguono ognuno di noi quelle visibili e quelle
meno visibili.
Pensiamo al PALAFIOM come un luogo in cui non vi sia
spazio per “qualsiasi forma di discriminazione fondata, in
particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine
etnico o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la
religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di
qualsiasi altra natura, l’appartenenza a una minoranza
nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le
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tendenze sessuali”, così come recita l’art.21 per la Carta dei
Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e che sta alla base
della primavera dei diritti promossa dalla Regione Puglia, dal
18 al 28 Febbraio corrente anno.
Pensiamo di coinvolgere in questo progetto, mettendo a
disposizione il Palafiom, il mondo dell’associanismo a
cominciare da Arci - Legambiente – Libera e il centro
sociale Cloro Rosso, che già opera nel quartiere.
Con queste Associazioni abbiamo aperto una interlocuzione
sia a livello territoriale che nazionale.
Inoltre, pensiamo a creare uno sportello plurisettoriale per
tutelare diritti individuali e collettivi oltre che informativi e
formativi, (Caaf, Patronato, sportello di orientamento al
lavoro, Ufficio Vertenze-legale, sportello handicap) etc… .
Consentitemi per ultimo di ringraziare Marcello Presta che ha
curato l’allestimento e la logistica del PalaFiom.
Qual è la situazione pugliese e tarantina dentro questa
crisi
In Puglia prima della crisi si è registrato un trend di crescita
positiva in linea con quella nazionale e superiore a tutte le
altre regioni meridionali.
La Regione Puglia ha intrapreso un processo innovativo di
sviluppo ecosostenibile e di innovazione industriale basata
su distretti produttivi e distretti tecnologici, con la
realizzazione di 11 distretti in cui 2638 imprese interessate
hanno presentato il piano di sviluppo.
La Regione Puglia è leader della produzione di energia
rinnovabile generando il 27% dell’energia eolica nazionale il
13,71% di energia fotovoltaica, il 13,4 % dell’energia da
biomassa (a Taranto insiste il distretto dell’energia
rinnovabile).
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Sulle questioni ambientali sono registrati elementi di
profonda innovazione a partire dalla legge sulle diossine e al
NO al nucleare.
La Regione Puglia ha definito un accordo quadro firmato dal
Presidente della Regione Niki Vendola e le Segreterie
Regionali CGIL-CISL-UIL nel luglio 2009 fra i più avanzati
sul terreno degli interventi a sostegno dell’occupazione del
reddito delle famiglie a seguito della crisi economica.
Accordo quadro che è stato implementato e rafforzato il 28
gennaio 2010. È stato siglato al contempo un protocollo
d’intervento di contrasto alla crisi economica in materia di
politica territoriale e abitativa.
Un ulteriore accordo è stato siglato tra il Ministero
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e la Regione
Puglia per la realizzazione di un intervento finalizzato al
miglioramento
dei
livelli
di
approfondimento
della
popolazione scolastica pugliese.
Tutto questo ha azzerato gli effetti della crisi?
Sicuramente no, ma la hanno attenuata e danno una
possibile prospettive di uscita.
La Regione assieme a Provincia e Comune hanno dovuto
svolgere un ruolo di supplenza e di sostituzione rispetto a
quello che lo Stato e il Governo avrebbero dovuto fare e non
hanno fatto. A cominciare dal fatto che Berlusconi ha tenuto
3 miliardi e 500 milioni congelati per il Mezzogiorno.
Il 28 e il 29 marzo si vota per l’elezione del Presidente della
Regione, non oso pensare cosa significherebbe tornare
indietro di cinque anni, spero e mi auguro che il quadro
politico e istituzionale attuale esca rafforzato con la
riconferma di Nicki Vendola Presidente.
Cari compagni e care compagne,
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mi avvio a concludere questa mia relazione.
Volutamente ho scelto di non parlare delle singole aziende e
delle singole vertenze, questo compito lo lascio ai compagni
della segreteria e ai delegati a questo congresso.
Voglio solamente dire su questo tema che la situazione
tarantina rispetto al resto del paese ha una sua particolarità:
la crisi non mette in discussione la prospettiva delle aziende
e dei settori presenti nel territorio tarantino.
Lo stabilimento ILVA è, e rimane, il centro produttivo del
gruppo RIVA e non è messo in discussione ne è comprimibile
dal punto di vista industriale ed occupazionale.
La VESTAS, la MARCEGAGLIA che ha presentato un piano di
riconversione verso la produzione di fotovoltaico, entrambe
stanno dentro il settore di produzione di energia alternativa,
uno dei settori innovativi e meno colpito dalla crisi.
L’Arsenale di Taranto sta dentro un piano industriale di
recupero e rilancio da parte del Ministero della Difesa
contrariamente a quanto avviene per gli altri arsenali
militari.
L’Alenia di Grottaglie è l’unico stabilimento che non risente
della crisi dell’aeronautica, a differenza di tutti gli
stabilimenti italiani.
Le imprese del territorio dell’indotto e dell’appalto sono quelli
che stanno pesantemente subendo la crisi e che stanno
scaricando pesantemente sui lavoratori determinando una
vera e propria macelleria sociale.
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Va aperta una vera e propria vertenza per i lavoratori
dell’indotto e dell’appalto. E’ necessario aprire tavoli di
confronto a partire dall’ILVA per definire processi di
riqualificazione, di valorizzazione e di tutela dei lavoratori
delle aziende di appalto.
Occorre dare risposte certe e immediate ai lavorati
somministrati ILVA che si sono costituiti in coordinamento e
a cui vanno trovati tutti gli strumenti di sostegno al reddito
in attesa
(così come è stato fatto per i lavoratori
somministrati della VESTAS) del percorso della loro
stabilizzazione dentro l’ILVA che va perseguito e sostenuto a
partire dalla trattativa che abbiamo aperto sul contratto
integrativo aziendale, prevedendo l’apertura di un tavolo di
confronto specifico su Taranto.
Vanno ricercati percorsi che portano alla stabilizzazione dei
lavoratori somministrati della VESTAS il cui numero, la cui
professionalità e la tipologia di produzione dell’azienda non
giustifica tali contratti.
È necessario che venga riconosciuto un diritto negato a tutti
quei lavoratori della ex Belleli e dell’appalto Arsenale a cui
l’Inail nega il riconoscimento all’esposizione dell’amianto
malgrado l’Asl abbia certificato che non è stata svolta alcuna
bonifica dall’amianto dove questi lavoratori prestavano la loro
opera.
La Fiom si è schierata a sostegno di queste vertenze e
appoggia tutte le forme di lotta che i lavoratori decideranno
di sviluppare in difesa dei lo diritti.
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Dove c’è un lotta, dove c’è un conflitto, anche nelle forme
estreme, la FIOM di Taranto starà assieme e affianco dei
lavoratori, così come è successo dall’INNSE di Milano alla
FIAT di Termini Imerese.
Dobbiamo dare continuità alla battaglia portata avanti in
questi ultimi anni con le associazioni ambientaliste e con
l’associazionismo in genere, con le istituzioni locali per uno
sviluppo ecosostenibile
e per l’ambientalizzazione
dell’apparato produttivo esistente, ciò con la consapevolezza
che i lavoratori dentro i luoghi di lavoro sono i primi e i
maggiori “cittadini” esposti ai fattori inquinanti che generano
ripercussioni sulla loro salute così come purtroppo
dimostrano le statistiche taratine sulle malattie professionali,
sulle morti a tali malattie derivanti dagli agenti inquinanti.
Abbiamo raggiunto parziali e significativi risultati anche
grazie alla crescita di sensibilità sviluppatasi a Taranto tra i
cittadini sulle questioni ambientali, determinante in questo
è stato l’azione svolta da Altamarea che ha promosso la
marcia per l’ambiente.
Siamo però ancora lontani dall’aver raggiunto la piena
ecosostenibilità dell’apparato produttivo.
Per la FIOM LAVORO, AMBIENTE, SALUTE E SICUREZZA
devono marciare assieme, non vi è, ne si può accettare, una
contrapposizione o una scelta tra lavoro, ambiente salute e
sicurezza anche in una fase di crisi come questa.
Vorrei in conclusione della mia relazione augurare a tutti voi
un buon Congresso e riaffermare il ruolo del sindacato.
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“Sindacato” viene dal greco SìndiKos, parola composta da
Sun (insieme con) e da Dike (giustizia).
Sindacato vuol dire insieme con giustizia.
Insieme ai lavoratori per ottenere giustizia questa è la
risposta che Claudio Sabattini dava a chi pensava e
sosteneva che “ il fine di un sindacalista è fare accordi”.
Sabattini continuava a dire che un accordo si fa solo
insieme ai lavoratori e per perseguire giustizia, io credo che
ancora oggi questa è la risposta da dare a chi fa accordi
senza il consenso dei lavoratori e senza perseguire giustizia.
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