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parassitoidi come i vari braconidi afidini (es. Aphidius spp.). ●
Coleotteri
Insetti con apparato boccale masticatore. Hanno le ali anteriori coriacee,
trasformate in una sorta di astuccio rigido che, oltre a ricoprire le due ali
posteriori (membranose), racchiudono più o meno completamente buona
parte del corpo.
Hanno tipico ciclo olometabolo:
dall’uovo fuoriesce la larva, individuo
assai vorace e totalmente diverso dall’adulto, che dopo varie mute si trasforma in pupa (stadio inattivo ed immobile) e poi in adulto.
Scarabeoidei
Questo gruppo comprende un certo numero di famiglie (un tempo tutte
racchiuse negli scarabeidi) di cui fanno parte coleotteri tozzi, con antenne a ventaglio e regime alimentare assai vario.
Le loro larve (lunghe alcuni centimetri, corpulente e ripiegate a C, fornite di grosso capo), comunemente
definite di tipo melolontoide possono
saltuariamente infestare i campi di ortive e danneggiarne le radici (fig. 30).
Le melolonte, note come ‘maggiolini’, si distinguono dagli altri scarabeoidei simili per le grosse dimensioni (2530 mm), lo scutello lucido (non ricoFIG. 30
LARVE DI
MAGGIOLINI
FIG. 31
ADULTO DI
MELOLONTHA
PECTORALIS
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perto di villosità) e il pronoto decisamente “trasverso” (molto più largo
che lungo).
In Basilicata, come nel resto dell’Italia meridionale la specie più frequente è Melolontha pectoralis Megere (fig.
31), il cui maschio si distingue dalla
femmina per il lungo processo a scalpello all’apice dell’addome.
In rari casi questa specie può moltiplicarsi a tal punto da fare danni agli
apparati radicali di diverse colture, anche ortive.
Gli adulti compaiono ad aprile-maggio e le larve derivanti dalle ovature di
questi impiegano ben tre anni per raggiungere la maturità. Nel corso dello
sviluppo le larve risalgono o discendono nel suolo secondo le temperature stagionali, finendo poi per impuparsi in una cella terrosa (cella che conterrà l’adulto neoformato e svernante
in attesa di fuoriuscire nella primavera
successiva).
Le Anoxia, di colore beige o castano (spesso a bande longitudinali chiare
e scure alternate), sono per grossezza
e aspetto assai somiglianti ai maggiolini
ma si distinguono facilmente da questi
per la forma del pronoto, decisamen31
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te più allungato e ristretto in avanti,
per lo scutello sempre ricoperto da
abbondante villosità e per la costante
assenza, in ambo i sessi, del prolungamento a scalpello all’apice dell’addome (fig. 32).
Gli adulti compaiono all’inizio dell’estate e solitamente si vedono in volo
solo al tramonto. Dopo gli accoppiamenti le femmine si infossano nel suolo e ovidepongono; come nei maggiolini, le larve impiegano 2-3 anni per
completare lo sviluppo, interrompendo l’attività trofica solo nei mesi freddi.
Le Anomala, di 13-20 mm di lunghezza, sono riconoscibili per la forma
ovale e gibbosa del corpo e per i colori metallici che vanno dal nocciola al
verde, al blu e al rosso bronzato (fig.
33). Le specie più comuni in Italia meridionale, vitis (F.) e ausonia Erichson,
sono difficilmente distinguibili tra di
esse. Gli adulti compaiono a maggiogiugno e, a differenza delle Anoxia, volano soltanto di giorno in pieno sole.
Depongono le uova nel terreno a circa un palmo di profondità; le larve, al
sopraggiungere dell’inverno, interrompono l’attività per riprenderla poi nella
primavera successiva.
Quando le infestazioni da scarabeidi si presentano di grossa entità, si
può ricorrere alla lotta chimica, con i
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prodotti impiegati per il controllo degli elateridi.
Elateridi
Le forme assai snelle, i colori di solito smorti e la capacità di poter saltare se disposti sul dorso, caratterizzano
gli elateridi. Le loro larve (i noti ‘ferretti’) sono agevolmente riconoscibili per il colore nocciola o arancio brillante e per la particolare consistenza
e rigidità del corpo, cilindrico e lucido.
In primavera le femmine degli Agriotes
(gli elateridi più frequenti nelle coltivazioni) depongono fino a 200 uova
nello strato superficiale del suolo, preferendo quelli umidi e ricchi di sostanze organiche (infestazioni consistenti
sono state riscontrate in terreni lungo il fiume Sinni, nel Metapontino e
nel Lavellese).
Dopo circa un mese d’incubazione fuoriescono le larve che durante il
loro lento sviluppo (di solito 3-4 anni,
trascorsi alternando periodi di intensa
attività trofica a lunghi periodi di digiuno) provocano i ben noti danni a tutte
le parti vegetative sotterranee; in questo stadio risalgono e discendono periodicamente nel terreno alla continua
ricerca del grado di umidità più idoneo. In estate, a seconda del clima, si
interrano per sfuggire alla siccità e riaffiorano in settembre, mantenendo-
FIG. 32
ADULTO
DI ANOXIA SP.
FIG. 33
ADULTI
DI ANOMALA SP.
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FIG. 34
FERRETTO
(AGRIOTES SPP.)
E SUA GALLERIA
ALL’INTERNO DI
UN FUSTO
DI PEPERONE
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FIG. 35
ADULTO DI
AGRIOTES LINEATUS
si in superficie sino ai primi freddi per
poi approfondirsi per l’ibernazione. Le
larve, raggiunta la maturità dopo circa otto mute, si impupano in una cella terrosa; la trasformazione in adulti si
ha dopo breve tempo ma questi restano a svernare nel suolo, fuoriuscendo solo nella primavera successiva.
Per le nostre solanacee le condizioni più propizie ad un attacco di ferretti si verificano di norma subito dopo il
trapianto, quando, insieme alla disponibilità di alimento, sussiste nel terreno
un elevato tasso di umidità dovuto alle
irrigazioni. Gli attacchi estivi sono assai
meno frequenti, ma si possono verificare in seguito ad abbondanti piogge.
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Le larve rodono radici, colletto, fusticino e tuberi, penetrando spesso
nel vegetale attraverso fori scavati in
questi organi (fig. 34). Le piante colpite deperiscono (afflosciando vistosamente le foglie nelle ore assolate)
e disseccano rapidamente. L’attacco
alle coltivazioni di solito non è uniforme e si manifesta “a macchia di leopardo”. I ferretti sono caratterizzati da
una marcata polifagia, potendo vivere a spese di diverse colture erbacee
come cereali, ortive e industriali.
Almeno una decina di specie sono
risultate finora nocive in Italia: diversi Agriotes (lineatus L., litigiosus Rossi,
obscurus L., sordidus Illiger, ustulatus
Schäller, ecc.), l’Agrypnus murinus (L.),
l’Athous haemorrhoidalis (Fabricius) ed
altre.
A parte A. lineatus, caratterizzato
da elitre a linee chiare e scure alternate (fig. 35), le altre specie del genere
sono di colore uniformemente fulvo
o castano più o meno scuro. Le loro
larve hanno sempre l’ultimo segmento addominale affusolato e terminante con una punta acuta.
Dato l’alto numero di specie, i
loro attacchi risultano essere i più frequenti. Saltuari sono invece i danni
prodotti da A. murinus, un elateride
di dimensioni maggiori (12-18 mm di
lunghezza e 4-5 di larghezza), di colore bruno, riconoscibile per la pubescenza beige-cinerina disposta a chiazze sul corpo (fig. 36); anche la larva
si distingue facilmente da quelle degli
Agriotes per la presenza di due processi dentellati all’apice dell’addome.
A. haemorrhoidalis non sembra interessare le regioni meridionali della Penisola. La sua larva ha il margine caudale arrotondato e depresso, dentellato ai bordi.
La lotta agli elateridi può essere
resa difficile dalle abitudini ipogee ed
endofitiche delle larve, occorre quindi
proteggere le piante soprattutto nelle
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prime fasi di sviluppo, quando sono
più esposte.
Nella fase di pre-trapianto, in caso
di accertata presenza di ferretti (valutabile attraverso carotature del terreno), sarà opportuno eseguire un trattamento geodisinfestante incorporando un prodotto granulare come l’etoprofos, il benfuracarb, il teflutrin, il fipronil (solo per pomodoro e melanzana), il carbosulfan (solo per il pomodoro) nello strato superficiale del
terreno, distribuito su tutta la superficie o soltanto su strisce in corrispondenza delle file di piante (quest’ultima
soluzione è preferibile e talvolta obbligata). L’uso di fumiganti (1,3 dicloropropene) è giustificato quando vi è la
contemporanea presenza di nematodi
e più in generale nei casi di ‘stanchezza’ del terreno riconducibile a monocoltura. Dopo il trapianto, su colture in atto, si possono contenere i danni irrorando le piante lungo la fila con
etoprofos oppure impiegando una
miscela di etoprofos+clorpirifos da
distribuire con l’acqua d’irrigazione.
Il trattamento geodisinfestante è
generalmente efficace contro tutti gli
altri insetti terricoli (maggiolini, tipule, grillotalpe, nottue, larve di altica,
dorifora, ecc.) eventualmente presenti e spesso, se il prodotto è sistemico, è anche in grado di proteggere le
colture durante le prime fasi di sviluppo dall’attacco di parassiti dell’apparato aereo.
Tra i mezzi colturali si sottolinea l’importanza della rotazione per sfavorire
l’accumulo dei fitofagi nel suolo. Dato
che la bassa umidità del terreno limita
lo sviluppo dei ferretti, sono consigliate, almeno nelle zone dove sono frequenti i loro attacchi, ripetute e profonde sarchiature. D’altro canto anche
un eccesso di acqua è dannoso a questi insetti (ed alla maggior parte della
fauna terricola), tanto che negli USA,
ove si è sperimentata la tecnica dell’allagamento dei campi per diverse settimane, si è riusciti a ridurre sensibilmente le popolazioni di elateridi.
FIG. 36
ADULTO DI
AGRYPNUS MURINUS
Cebrionidi
Cebrio dubius Rossi, coleottero castano simile ad un grosso elateride,
lungo 1,5-2 cm (fig. 37), ha larve simili
ai ferretti (ma riconoscibili facilmente
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FIG. 37
ADULTO DI CEBRIO
DUBIUS
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FIG. 38
LARVA DI CEBRIO
DUBIUS
FIG. 39
ADULTI DI
OPATRUM
SABULOSUM
FIG. 40
ADULTI DI
STEGOBIUM
PANICEUM
E LASIODERMA
SERRICORNE
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per la forma dell’ultimo segmento addominale, rigonfio ed ovale) che possono raggiungere i 4-5 cm di lunghezza ed impiegare anche quattro anni
per completare lo sviluppo (fig. 38).
Può sporadicamente attaccare alcune
colture, tra cui le solanacee, e di solito
i danni si confondono con quelli dei
più noti elateridi, a cui si rimanda per
le indicazioni di lotta.
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Tenebrionidi
Un tenebrionide che saltuariamente può creare qualche problema, soprattutto nelle zone a terreno sabbioso della Basilicata, come quelle del Pollino dove si coltiva la patata, è l’Opatrum sabulosum L., coleottero nero,
piuttosto piatto, lungo circa 1 cm e
solitamente ricoperto di sottili particelle terrose che contribuiscono a mimetizzarlo con l’ambiente (fig. 39). Le
larve per l’aspetto ricordano i ferretti
ma sono molto più tozze e con l’apice
addominale appuntito e rivolto verso
l’alto. I suoi danni consistono in rosure, sia alle parti sotterranee (se dovute
alle larve) che a quelle aeree (se provocate dagli adulti). Ha una sola generazione l’anno e sverna allo stadio di
adulto, in una cella terrosa.
Il controllo è basato sull’uso dei
geodisinfestanti citati per gli elateridi.
Anobidi
Gli anobidi, coleotteri di piccole dimensioni a colorazioni brune e smorte, comprendono parecchie specie d’importanza economica comunemente
note come tarli (fig. 40).
Lasioderma serricorne (Fabricius),
tarlo del tabacco, attacca un gran numero di prodotti di origine vegetale
(alimentari e non) tra i quali anche i
peperoni secchi come è stato riscontrato nell’area di produzione del Peperone di Senise IGP.
L’adulto è lungo 2-3 mm, subellittico e piuttosto depresso, marrone a
riflessi sericei, distinguibile da altri coleotteri delle derrate per le antenne
seghettate. La larva, lunga 3-4 mm, è
fornita di sole zampe toraciche e ha il
corpo ripiegato a C. In condizioni ottimali (depositi, abitazioni, ecc.) le generazioni possono essere 5-6; lo svernamento si ha allo stadio di larva.
Lo “stegobio”, Stegobium paniceum
L. (o Sitodrepa panicea), altro noto tarlo delle derrate alimentari secche, è di
colore e grandezza simile al lasioderma ma se ne distingue per il corpo più
allungato e le antenne di foggia normale con gli ultimi tre articoli allungati (fig. 40).
All’aperto ha una sola generazione l’anno, ma al chiuso e in condizioni ottimali queste salgono a 3-4; anche questa specie, come la precedente, può attaccare pomodori e peperoni secchi.
La lotta ai tarli è essenzialmente
preventiva, basata sulla scrupolosa pulizia dei locali di conservazione delle
derrate attaccabili. I trattamenti con
prodotti di contatto sono di scarsa
utilità e, pertanto, infestazioni in atto
richiedono l’uso di fumiganti specifici
applicati da personale specializzato.
Cerambicidi
In rare occasioni sono stati osservati attacchi alle radici di pomodoro da parte delle larve macrocefale e bianchicce, tozze, di forma quasi tronco-conica, del Vesperus luridus
(Rossi) (fig. 41), cerambicide giallo diafano di ca 2 cm di lunghezza (fig. 42),
dotato di grosso dimorfismo sessuale
(maschio con elitre complete, femmina con elitre brevissime e divaricate).
L’entità dei danni osservati, comunque,
non ha mai giustificato interventi specifici.
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FIG. 41
LARVE DI
VESPERUS LURIDUS
FIG. 42
ADULTO DI
VESPERUS LURIDUS
FIG. 43
LEPTINOTARSA
DECEMLINEATA:
ADULTI
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Crisomelidi
Le specie più frequenti sono la dorifora della patata, Leptinotarsa decemlineata (Say), e l’altica (o pulce)
del tabacco, Epithrix hirtipennis (Melsheimer).
La dorifora (fig. 43) è un noto fitofago di origine nordamericana arrivato
in Europa nella seconda metà dell’Ottocento ma diffusosi definitivamente
solo durante gli anni delle prima guerra
mondiale; può attaccare varie solanacee tra cui anche melanzana, peperone, pomodoro e patata.
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FIG. 44/45
LEPTINOTARSA
DECEMLINEATA:
LARVA E OVATURA
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I danni sono dovuti soprattutto alle
larve (fig. 44). In primavera (metà aprile) gli adulti si portano sulla superficie del terreno, si accoppiano e ovidepongono (fino a 2.000 uova per femmina). Dalle uova (ellittiche, giallo vivo,
deposte in gruppi di 30-80 elementi
sulla pagina inferiore delle foglie, fig.
45) fuoriescono larvette di colore rosso cupo che iniziano rapidamente l’attività trofica divorando tutte le parti
tenere della pianta (foglie, fiori, germogli, ecc.).
Crescendo la larva assume il caratteristico colore arancione raggiungendo (attraverso tre mute) circa un centimetro e mezzo di lunghezza. L’impupamento ha luogo nel suolo, ad alcuni centimetri di profondità, in una cella terrosa. Un ciclo si conclude in 3035 giorni, ma l’adulto può restare in
vita per un anno o più tornando in attività anche nella primavera successiva. In Italia meridionale la dorifora ha
2-3 generazioni e sverna allo stadio
di adulto, nascosto nel terreno in diapausa, ad una profondità spesso superiore al mezzo metro.
Attacchi pesanti su piante giovani
possono comprometterne lo sviluppo.
Nelle aree solitamente infestate dal fitofago è necessario intervenire precocemente con prodotti neonicotinoidi
(thiacloprid, imidacloprid, acetamiprid, thiametoxan) o piretroidi (lambda-cialotrina, deltametrina, alfa-ci-
permetrina, ciflutrin) registrati sulla
coltura oppure con miscele commerciali di due principi attivi (come ad
esempio imidacloprid + ciflutrin, solo
su peperone e pomodoro).
Nei confronti di uova e larve neoschiuse si possono utilizzare chitinoinibitori quali lufenuron, teflubenzuron o anche l’azadiractina.
L’impiego di entomofagi e predatori non ha dato per il momento risultati incoraggianti; sembra invece più affidabile, soprattutto contro gli stadi
preimmaginali, l’uso di bioinsetticidi
quali Beauveria bassiana e Bacillus thuringiensis ssp. tenebrionis, da applicare
comunque di sera (per ovviare ai problemi di fotolabilità), a intervalli cadenzati (ogni 4-5 giorni) e con bassi livelli
di infestazione.
Le altiche sono coleotteri caratterizzati da adulti con robuste zampe
posteriori che permettono loro di
spiccare salti. Per questa caratteristica
sono anche dette “pulci delle piante”.
Varie specie di altiche possono attaccare le solanacee.
L’altica del tabacco è una specie
originaria dell’America settentrionale
che si è diffusa in Europa una ventina
di anni fa a spese del tabacco e di altre
solanacee. La larva (lineare, biancastra
e lunga fino a 3 mm) vive nel terreno
producendo danni trascurabili alle radici. L’adulto (1,5-2 mm, di colore brunastro con areole giallo-rossicce alle
estremità delle elitre) attacca le foglie
praticandovi piccoli fori circolari, che
aumentano in numero e dimensione
fino a confluire tra di essi (figg. 46, 47).
Infestazioni gravi in semenzaio e nelle
prime fasi di sviluppo in campo possono causare perdita anche totale delle piantine, mentre in piena vegetazione i danni sono quasi sempre marginali. L’impupamento ha luogo nel suolo
in una celletta terrosa. Le generazioni,
circa tre, sono poco distinte per la notevole longevità dell’adulto, che sverna e riprende l’attività in primavera.
Subito dopo il trapianto, in caso di
evidente presenza di adulti (3-5 individui per pianta) si possono effettuare
trattamenti fogliari con thiamethoxam,
thiacloprid, piretroidi (alfa-cipermetrina, lambda-cialotrina, Z-cipermetrina, ecc.) o fosforganici (es. azinfosmetile), bagnando anche la zona del
colletto dove il fitofago si rifugia. Nelle
successive fasi del ciclo è opportuno
intervenire solo in caso di gravi infestazioni.
Tra le misure agronomiche è importante la distruzione dei residui della coltivazione, potenziali siti di svernamento dell’insetto.
Un’altra altica o ‘pulce’, lo Psylliodes
affinis Paykull (di 2-3 mm, dal giallo al
bruno-rossiccio), è frequente sulle solanacee ed in particolare sul pomodoro, ma solo nelle regioni settentrionali, mentre la Chaetocnema tibialis Illiger (di 1,5-2 mm, nero bronzata), tipica della barbabietola, è stata da noi
rinvenuta in Alta Val d’Agri su melanzana. ●
Lepidotteri
Insetti con adulti ad apparato boccale lambente-succhiante, di conformazione assai particolare, dotato di
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FIG. 46/47
ADULTO
DI EPITHRIX
HIRTIPENNIS
E SUOI DANNI
SU POMODORO
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una sorta di tubicino flessibile (spiritromba) arrotolato su se stesso. Hanno quattro ali membranose, ricoperte
di squame colorate.
Ciclo di sviluppo: dall’uovo fuoriesce una larva (con apparato boccale
masticatore) che a fine accrescimento
solitamente si imbozzola per trasformarsi in crisalide (inattiva e immobile)
e poi in adulto.
Gelechidi
Almeno nel Meridione, la melanzana, il peperone, la patata e il pomodoro possono essere attaccati dalla
Phthorimaea operculella (Zeller), tignola della patata, microlepidottero
che, nei locali di immagazzinamento
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