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Doing business in South Africa
South Africa – Italy Summit
Cape Town, 1-2 ottobre 2015
Redatto da BonelliErede (www.belex.com), in collaborazione con BBM Law.
1
Indice
I.
Investire in Sud Africa ................................................................................................................. 4
I.1 I veicoli di investimento ...................................................................................................... 4
I.1.1 Società ....................................................................................................................... 4
I.1.2 Procedura di costituzione e requisiti di capitale ..................................................... 5
I.1.3 Forme di amministrazione ed eventuali requisiti soggettivi degli
amministratori .......................................................................................................... 6
I.1.4 Regime di responsabilità degli amministratori ....................................................... 6
I.1.5 King III Report .......................................................................................................... 6
I.1.6 Joint-ventures e accordi di co-investimento con persone o enti sudafricani ........8
I.2 Black Economic Empowerment (“BEE”) ...........................................................................8
I.3 Exchange control system ...................................................................................................11
I.4 Incentivi agli investimenti .................................................................................................11
I.4.1 The 12i Tax Incentive .............................................................................................. 12
I.4.2 Renewable Energy Independent Power Producer Procurement Programme
(REIPPPP) ............................................................................................................... 12
I.4.3 Critical Infrastructure Programme (CIP) .............................................................. 12
I.4.4 Automotive Production and Development Programme (APDP) ......................... 13
I.4.5 Support Programme For Industrial Innovation (SPII) ........................................ 13
I.4.6 Foreign Investment Grant (FIG) ............................................................................ 13
I.4.7 The Manufacturing Competitiveness Enhancement Programme (MCEP) ......... 14
I.4.8 Special Trade Areas Industrial Development Zones (Idzs) .................................. 14
I.4.9 Incentivi per l’attività di ricerca e sviluppo ........................................................... 14
I.4.10
Incentivi per l’attività di holding (regime dei c.d. Headquarters) ................. 15
II.
Tutela degli investimenti ........................................................................................................... 15
II.1 Accordi Italia - Sudafrica ................................................................................................. 15
II.2 Tutela in giudizio............................................................................................................... 15
III. Tassazione .................................................................................................................................. 16
III.1 Il sistema delle imposte sui redditi delle società in Sud Africa ...................................... 16
III.2 La tassazione delle società residenti in Sud Africa......................................................... 16
III.3 La tassazione delle società non residenti sui redditi di fonte sudafricana ................... 17
III.3.1 Premessa ........................................................................................................... 17
III.3.2 Distribuzione di dividendi da NewCo al Socio Italiano.................................. 17
III.3.3 Pagamento di royalty da NewCo al Socio Italiano .......................................... 19
III.3.4 Cessione della partecipazione in NewCo con conseguente realizzo di
plusvalenza da parte del Socio Italiano ................................................................ 20
III.3.5 Esercizio di attività d’impresa da parte del Socio Italiano attraverso una
propria stabile organizzazione in Sud Africa........................................................ 20
III.4 Transfer Pricing ................................................................................................................22
III.4.1 Il transfer pricing e il rischio di doppia imposizione .....................................22
III.4.2 Le possibili modalità di gestione del rischio di doppia imposizione
connesso al transfer pricing ...................................................................................23
IV. Altri profili rilevanti per lo sviluppo del business .................................................................... 25
IV.1 Diritto del Lavoro.............................................................................................................. 25
IV.2 Tutela di marchi e brevetti ............................................................................................... 25
IV.3 Contratti di distribuzione e franchising ..........................................................................26
2
IV.4 Competition Law ...............................................................................................................26
IV.5 Sfruttamento delle materie prime e Mining Charter .................................................... 28
V.
3
Annex I: BEE SCORECARD ......................................................................................................29
I.
INVESTIRE IN SUD AFRICA
Il Sud Africa è la seconda economia per dimensioni del continente africano, preceduto solo dalla
Nigeria, ed è al primo posto in termini di prodotto interno lordo pro capite pari, nel 2014, a
circa 7.000 USD.
Il paese gode di un tasso di crescita del 4% annuo ed alle ottime prestazioni in campo economico
unisce un contesto sociale favorevole.
Le recenti celebrazioni dei 20 anni dalla fine dell’Apartheid sono stati un’occasione per valutare
i progressi del Sud Africa negli ultimi due decenni: un’economia competitiva a livello
internazionale, una società civile attiva, mezzi di informazioni plurali e liberi, governi efficaci e
democratici, sono stati tutti fattori che hanno contribuito a rendere il Sud Africa uno dei paesi
leader sul piano economico e diplomatico del continente ed uno dei migliori hub per gli
investimenti stranieri nell’Africa sub - sahariana.
I.1
I veicoli di investimento
I.1.1 Società
1.
L’investitore può scegliere se costituire una nuova società secondo il diritto sudafricano o
chiedere che una società estera già esistente venga autorizzata ad operare in Sud Africa
attraverso una propria branch. In tal caso, la società estera è registrata in Sud Africa come
“external company”.
2.
Quanto alla costituzione di una nuova società sudafricana, il New Companies Act n. 71 del
2008 ( il “New Companies Act”) distingue tra non profit e profit companies (1):
a) le non profit companies sono società senza scopo di lucro che perseguono fini
di interesse pubblico e non possono distribuire utili e possono rimborsare
volontariamente ai soci i conferimenti esclusivamente al verificarsi di determinate
condizioni;
b) le profit companies sono invece società che hanno scopo di lucro, possono
distribuire utili e, adempiendo alle formalità necessarie ed applicando determinate
regole in materia di liquidità, rimborsare volontariamente ai soci i conferimenti.
Tali società si dividono in più sottocategorie:
(i) public company - “Ltd.”, le cui partecipazioni possono essere oggetto di
offerta al pubblico (ad es. mediante quotazione) (2);
(ii) private company - “(Pty) Ltd.”, le cui partecipazioni non possono essere
oggetto di offerta al pubblico;
(iii) personal liability company - “Inc.”, nella quale è prevista la responsabilità
solidale degli amministratori con la società per i debiti e le obbligazioni
assunte dalla società nel corso del loro mandato. Le personal liability
companies sono di solito usate per la costituzione di società tra professionisti
(professional parternships), come possono essere gli studi legali.
3.
Ove, invece, l’investitore intenda utilizzare una società estera già esistente, occorre
procedere alla registrazione di tale società, chiedendo che questa sia autorizzata a operare
in Sud Africa come “external company” attraverso una propria branch.
A seguito della registrazione, alla branch viene attribuito un South African registration
number, ma la stessa non acquista personalità giuridica autonoma rispetto alla società
estera.
(1)
Cfr. Section 8, Chapter 1, Part B, New Companies Act.
Il
Il New
New Companies
Companies Act
Act prevede
prevede maggiori
maggiori obblighi
obblighi per
per tali
tali società,
società, soprattutto
soprattutto in
in tema
tema di
di trasparenza
trasparenza
e controllo sulla corporate governance. Ad es. tali società devono nominare un “Company Secretary”
(residente in Sud Africa e che può essere anche una persona giuridica) con compiti di controllo sulla
conformità dell’attività del Consiglio di Amministrazione e dell’organizzazione sociale alle relative
disposizioni. Cfr. Section 86, Chapter 3, Part A, New Companies Act.
(2)
(2)
4
Per la registrazione è necessario depositare presso la CIPC l’atto costitutivo e lo statuto
della società estera (debitamente tradotti e legalizzati) nonché una serie di altri dati, tra
cui l’indirizzo della sede dell’ufficio in Sud Africa e il nominativo di un legale
rappresentante residente in Sud Africa che accetti, inter alia, di ricevere tutte le eventuali
notifiche destinate alla branch.
***
I.1.2 Procedura di costituzione e requisiti di capitale
4.
Per la costituzione di una società Sudafricana, occorre depositare – personalmente
(attraverso un rappresentante munito dei relativi poteri) o anche via web – presso la
CIPC una Notice of Incorporation e un Memorandum of Incorporation. Non è prevista la
sottoscrizione di un capitale minimo, eccezion fatta per le società che intendono quotarsi,
e che sono quindi tenute a rispettare i requisiti di capitale richiesti dallo specifico mercato
di quotazione, e per le società che offrono le proprie azioni al pubblico.
5.
Il Memorandum of Incorporation (“MoI”) (3) deve contenere, tra l’altro, le seguenti
informazioni:
–
dati personali dei soggetti che costituiscono la società (tanto le Public Companies
quanto le Private Companies possono essere costituite da un socio unico);
–
numero degli amministratori e criteri di nomina (in tal senso, nel New Companies
Act sono indicati i requisiti che gli amministratori devono possedere per poter
essere eletti e i casi di revoca di quest’ultimi, v. Section 68, 69, 70 Chapter 2, Part
F);
–
indicazione del capitale sociale (incluse, ad esempio – ove presenti – le diverse
classi di azioni e i diritti che caratterizzano ciascuna classe) (4);
–
eventuali limiti al trasferimento delle azioni (diritti di prelazione e/o diritti di
opzione), nel caso di private companies.
6.
La Notice of Incorporation (5), depositata insieme al MoI, deve invece specificare i
seguenti dati:
–
tipo societario;
–
data di costituzione;
–
data di chiusura dell’esercizio finanziario;
–
sede legale;
–
denominazione sociale, con una lista di quattro nomi in ordine di preferenza da
sottoporre al controllo della CIPC.
Alla Notice of Incorporation devono essere allegate le copie dei certificati d’identità dei
soggetti costituenti.
7.
L’inizio dell’attività d’impresa è quindi subordinata al rilascio dell’autorizzazione da
parte della CIPC. Il procedimento autorizzativo è in genere piuttosto rapido e può essere
accelerato procedendo all’acquisizione di società già costituite e registrate ma non ancora
operative (le cosiddette Shelf-Companies). Solitamente, gli studi legali sudafricani hanno
la disponibilità di diverse “Shelf-Companies”, il cui capitale può essere acquistato da
investitori interessati a ottenere rapidamente l’autorizzazione all’avvio di un’attività. Una
volta acquistate le quote e nominati gli amministratori, infatti, tali società sono
immediatamente operative.
***
(3)
Cfr. Section 15, Chapter 2, Part B, New Companies Act.
(4)
Cfr.Section 36, Chapter 2, Part D, New Companies Act.
(5)
Cfr. Section 13, Chapter 2, Part B, New Companies Act.
5
I.1.3 Forme di amministrazione ed eventuali requisiti soggettivi degli amministratori
8.
In generale (6):
–
le Private Companies e le Personal Liability Companies devono avere almeno un
amministratore;
–
le Public Companies e le Non-Profit Companies devono avere almeno tre
amministratori.
9.
Nel caso però in cui una società debba dotarsi di un audit committee e/o di un social and
ethics committee, il numero minimo di amministratori richiesto sarà superiore (7).
10.
Un numero superiore di amministratori potrebbe inoltre essere richiesto ove la società
aderisca al codice di autodisciplina promosso dall’Institute of Directors in Southern
Africa, ossia il King Report on Governance for South Africa (c.d. “King III”), che
prevede, tra l’altro, determinate disposizioni in materia di governance.
11.
In linea generale, l’ordinamento giuridico sudafricano non richiede che gli
amministratori di una società, o i soci, siano cittadini del Sud Africa o vi risiedano.
Tuttavia, esistono una serie di disposizioni volte alla promozione della partecipazione
economica dei membri delle previously disadvanteged communities (comunità
economicamente emarginate dal regime di Apartheid), che sono contenute nell’
Employment Equity Act N. 55 del 1998, come modificato dall’ Employment Equity
Amendment Act N. 47 del 2013, e nel Broad Based Black Economic Empowerment Act N.
53 del 2003, poi modificato dal Broad Based Black Economic Empowerment
Amendment Act N. 46 del 2013.
***
I.1.4 Regime di responsabilità degli amministratori
12.
Le Sections 76 e 77, Chapter 2, Part F, del New Companies Act disciplinano i doveri degli
amministratori e le azioni che la società e/o i suoi creditori possono intraprendere nei
loro confronti in caso di inosservanza di tali doveri.
13.
In via generale, gli amministratori rispondono personalmente dei danni causati alla
società ove abbiano agito imprudentemente o negligentemente. In ipotesi di c.d reckless
trading, gli amministratori sono inoltre personalmente responsabili, nei confronti dei
creditori, per i debiti della società.
***
I.1.5 King III Report
14.
Il King III Report (“King III”) è il codice di autodisciplina promosso dall’Institute of
Directors in Southern Africa che individua le line guida in materia di corporate
governance ed è destinato ad ogni tipo di società, indipendentemente dalla natura
giuridica e dalle dimensioni (8).
La caratteristica di fondo del King III consiste nel ruolo attribuito alla responsabilità
sociale dell'impresa, alla netta prevalenza per una visione della governance orientata alla
protezione degli stakeholders e non solo degli azionisti. Responsabilità, correttezza,
(6)
Cfr. Section 66, Chapter 2, Part F, del New Companies Act.
Tutte le Public Companies sono tenute a nominare un “audit committee” di cui facciano parte
almeno tre amministratori che rispondano a determinati requisiti. Tutte le Public Companies quotate (nonché
altre società aventi specifici requisiti stabiliti ex lege) devono dotarsi di un “social and ethics committee” di cui
facciano parte almeno tre amministratori, dei quali almeno uno deve essere un amministrato non esecutivo
indipendente.
(7)
Il King III, come chiarito dal punto 13 dell’ Introduction and background, “applies to all entities
regardless of the manner and form of incorporation or establishment and whether in the public, private
sectors or non-profit sectors”.
(8)
6
15.
16.
17.
affidabilità, trasparenza sono i criteri-guida che si traducono in precisi obblighi
comportamentali (specie informativi, ad esempio, per quanto riguarda il contesto
economico, ambientale e sociale in cui la società opera).
Le previsioni del King III non sono obbligatorie per la maggior parte delle società:
a) le società quotate al Johannesburg Stock Exchange sono obbligate dai JSE Listings
Requirements ad adottare alcune specifiche previsioni del King III (9);
b) per le altre società (e con riferimento alle previsioni non obbligatorie) trova
applicazione la regola c.d. “apply or explain”, ossia possono decidere in che misura
conformarsi ai suoi principi. In tal senso, le società sono tenute a comunicare a quali
indicazioni del King III hanno ritenuto di aderire, nei casi in cui abbiano invece
deciso di discostarsi dalle linee guida, dando adeguata spiegazione dei motivi della
decisione (10).
Il King III stabilisce una serie di principi in materia di:
–
ethical leadership e corporate citizenship;
–
composizione, del consiglio di amministrazione nonché nomina, remunerazione e
condotta degli amministratori;
–
audit committee;
–
gestione del rischio;
–
information technology governance;
–
rispetto di leggi, codici, regolamenti e standards;
–
internal audit;
–
rapporti con gli stakeholders;
–
reporting finanziario (11).
Più nello specifico, in tema di ruolo, funzione e composizione del C.d.A., il King III
prevede che l’organo amministrativo debba, tra le altre cose:
–
essere costituito in maggioranza da non-executive directors ed avere un presidente
che sia un non-executive director indipendente;
–
adottare un documento che confermi compiti e responsabilità del consiglio rispetto
alle attività svolte dalla società;
–
gestire conflitti di interesse riguardanti gli amministratori;
–
comprendere che strategia, rischio, performance e sostenibilità sono funzioni
inseparabili;
–
comprendere che la percezione degli stakeholders influisce sulla reputazione
dell’impresa;
–
identificare e valutare le aree di rischio e sovraintendere alle attività di risk
management ed ai processi di internal control.
***
Ad esempio, tra queste ricordiamo la non sovrapponibilità nella stessa persona dei ruoli di chief
executive officer e presidente del C.d.A, la necessità che quest’ultimo sia un amministratore non-executive e
indipendente, la divisione degli amministratori in executive, non-executive e independent e che la
maggioranza degli amministratori siano non-executive directors, e, di questi ultimi, la maggior parte siano
indipendenti.
(9)
Come indicato, le società quotate al Johannesburg Stock Exchange sono obbligate dai JSE Listings
Requirements ad adottare alcune specifiche previsioni del King Report III. Tra queste ricordiamo la non
sovrapponibilità nella stessa persona dei ruoli di chief executive officer e presidente del C.d.A, la necessità che
quest’ultimo sia un non-executive director indipendente, la divisione degli amministratori in executive, nonexecutive ed independent directors e che la maggioranza degli amministratori siano non-executive directors,
e, di questi ultimi, la maggior parte siano indipendenti.
(10)
Ad esempio, l’integrated reporting è una rappresentazione integrale delle performances
dell’azienda, in termini finanziari e di sostenibilità, da redigere annualmente. Il cap. 9 del King III prevede che
“the board should ensure that appropriate systems and processes are put in place in order to produce a
report to stakeholders that gives a complete picture of a company’s financial and non-financial profiles in
such a way that the report is holistic and reliable”.
(11)
7
I.1.6 Joint-ventures e accordi di co-investimento con persone o enti sudafricani
18.
Esistono due tipologie di joint venture nel sistema giuridico sudafricano, le incorporated
joint-ventures (o corporate joint-ventures) e le unincorporated joint - ventures (o
contractual joint-ventures):
a) le corporate joint-ventures sono a tutti gli effetti società di diritto sudafricano di
cui le parti divengono soci.
Come una “normale” società, la joint- venture company gode del regime di
separazione patrimoniale ed è disciplinata dal New Companies Act.
I rapporti tra soci della joint-venture company sono regolati da uno shareholders’
agreement, nel quale è possibile peraltro prevedere “meccanismi di exit” (ad
esempio, mediante le c.d. opzioni put o call). Di solito, in tali società, lo
sharholders’ agreement disciplina anche il funzionamento interno della società ed i
rapporti tra soci ed amministratori. Lo shareholders’ agreement non può essere in
contrasto con il MOI e deve rispettare le disposizioni del New Companies Act.
b) nel caso di contractual joint-ventures le parti stipulano invece un contratto con lo
scopo di svolgere un’attività in comune.
Non viene pertanto costituita una società: le parti sono solidalmente responsabili
per le obbligazioni e per i debiti della contractual joint venture creata e le parti
rispondono illimitatamente delle obbligazioni assunte per lo sviluppo della jointventure.
19.
Sia che si opti per una corporate joint-venture, sia che si scelga una contractual jointventure, la presenza di partners stranieri non incontra particolari restrizioni, non
essendo richiesto né un numero minimo di soci locali, né, tantomeno, alcun ammontare
minimo di investimento. Non è inoltre richiesta una durata minima né una durata
massima dell’accordo, che possono essere liberamente concordate dai soci.
20. Non vi sono particolari restrizioni per l’utilizzo delle joint-venture:
a) le joint-venture possono infatti essere utilizzate quali veicoli di investimento
sostanzialmente in ogni settore e in relazione a qualsiasi attività, salvo il rispetto di
specifici requisiti imposti alle joint-venture che operano in particolare settori (ad
esempio, il settore minerario, quello finanziario e assicurativo);
b) non vi sono limitazioni al numero di soci stranieri che possono costituire o fare
parte della joint-venture né è richiesto un numero minimo di soci sudafricani
(tuttavia, tutte le imprese che operano in Sud Africa e costituite mediante jointventure sono soggette al BEE – Black Economic Empowerment, v. infra il
paragrafo successivo).
***
I.2
21.
(12)
8
Black Economic Empowerment (“BEE”)
Come già ricordato, l’imprenditore che intenda avviare un progetto di investimento
(diretto o indiretto) in Sud Africa non ha bisogno di operare con un partner locale.
Occorre però tenere in considerazione gli effetti, anche per gli investitori stranieri, delle
politiche di promozione della partecipazione alla vita economica della “black people” (12)
previste dal Broad-Based Black Economic Empowerment Act 53 Of 2003 (il “BBBEE
Act”), soprattutto perché enti pubblici, società pubbliche, enti parastatali, ed anche
società private possono richiedere che i soggetti con i quali intrattengono rapporti
commerciali abbiano uno livello minimo di compliance al BEE
Il BBBEE Act, insieme all’ Employment Equity Act, ha come obiettivo principale la
partecipazione sostenibile alla vita economica del paese di quei sudafricani emarginati su
base razziale dall’Apatheid . Gli elementi cardine di tali politiche di “affirmative action”
sono 7: proprietà, management, lavoro, equità, sviluppo delle imprese,
approvvigionamento preferenziale e sviluppo socio-economico nell’impresa.
Con il termine black people si intendono soggetti Africans, Coloured e Indians.
22.
23.
24.
Nello specifico, l’attuazione di tale policy mira ad incrementare il numero di persone di
colore che abbiano la proprietà e/o siano coinvolte nella gestione di imprese di nuova
costituzione e già esistenti.
In linea di principio, il BBBEE Act non richiede che ogni singolo soggetto economico
operante in Sud Africa si adegui ai requisiti BEE, ma la maggiore conformità al BBBEE
Act consente a un’impresa di fruire di incentivi anche significativi. Il BEE prevede infatti
dei criteri mediante i quali viene assegnato a ciascuna impresa un rating di conformità.
Un’impresa che non abbia un buon rating BEE avrà maggiori difficoltà nello svolgimento
della propria attività economica, tanto nei rapporti con enti pubblici ed autorità
governative (ad esempio, nello sviluppo di partnerships pubblico - privato, nel rilascio di
concessioni, licenze, autorizzazioni, nei criteri preferenziali per l’assegnazione di appalti
pubblici) (13), quanto nei rapporti con il settore privato (ad esempio, perché le imprese
private che intendano migliorare il proprio rating BEE sono incentivate ad acquistare
beni e servizi da società che a loro volta abbiano un buon rating BEE).
Avere un’impresa con un buon ranking BEE, o avviare una joint venture con un’impresa
dotata di un buon ranking BEE può quindi consentire di accedere a diversi incentivi e
assicurare una maggiore espansione nel mercato locale pubblico e privato.
I criteri e requisiti in base ai quali determinare il rating BEE di un’impresa sono indicati
nei “Codes of Good Practice”. Tali codici sono linee-guida (previste dall’articolo 9 del
BBBEE Act) emanate dal Minister of Trade and Industry, che individuano i requisiti di
adeguamento al BEE ed i criteri di calcolo del rating BEE per le imprese (14).
Il primo “Codes of Good Practice”, pubblicato nel 2007 è stato recentemente modificato
(15).
Il criterio di valutazione di conformità alle prescrizioni del BEE è fatto sulla base di una
“scorecard”.
Il punteggio BEE di una singola impresa è dato dal risultato delle perfomance della stessa
come calcolato dalla scorecard su più voci che servono ad identificare in quali ambiti
l’impresa in questione ottempera ai requisiti di promozione all’attività economica delle
PDCs, ed è certificato da agenzie di rating appositamente autorizzate.
A seconda del punteggio ottenuto, all’impresa viene attribuito un determinato livello:
Livello
1
2
3
4
5
6
7
8
Non - compliance
Punteggio
≥100
≥95 ma <100
≥90 ma <95
≥80 ma <90
≥75 ma <80
≥70 ma <75
≥55 ma <70
≥40 ma <55
<40
Ad esempio, nelle gare d’appalto pubbliche viene applicato il cosiddetto “80/20 principle”: su un
punteggio massimo di 100, 20 punti sono assegnati al bidder sulla base del suo livello di compliance con il
BEE. Per gli appalti di valore superiore a 1.000.000 di Rand il si adotta il 90/10 principle. Si noti che il
Preferential Procurement Regulation, che disciplina i criteri preferenziali di assegnazione degli appalti
pubblici, potrebbe essere oggetto di revisione. La bozza oggetto di discussione prevede di incentivare in
misura maggiore rispetto alla normativa attuale le imprese BEE compliants.
(13)
Il BBBEE Act consente che vengano emanati Sector Codes of Good Practice per specifici settori
economici. Al momento, esistono diversi Sector Codes of Good Practice, tra cui il Mining Charter, il Tourism
Sector Code, il Construction Sector Code ed il Financial Sector Charter. A chi opera in tali ambiti, si applicano
i requisiti e le scorecards previste dal relativo Code.
(14)
L’“Amended Codes of Good Practice” (Notice 1019, Gazette N. 36928 dell’ 11 Ottobre 2013
modificato dalla Notice 403, Gazette N. 38765 del 6 Maggio 2015) è entrato in vigore il 1 Maggio 2015.
(15)
9
Ai fini dell’applicazione del BEE e delle scorecards, le società vengono suddivise in tre
sotto-categorie: (i) Exempted Micro Enterprises (EMEs), il cui fatturato non è superiore
ai 10.000.000,00 di Rand (Euro 690.000,00 circa), (ii) Qualifying Small Enterprises
(QSE), il cui fatturato è compreso tra i 10.000.000,00 di Rand e i 50.000.000,00 milioni
di Rand (Euro 3.600.000,00 circa) e (iii) Generic Enteprises, il cui fatturato supera i
50.000.000,00 di Rand.
In particolare:
a) le EMEs non sono tenute ad avere una scorecard e viene ad esse attribuito una
Livello BEE solo sulla base della eventuale black ownership della società, per cui
avranno un Livello 1 se il 100% della società è black-owned, Livello 2 se lo sia più
del 50% e Livello 3 se meno del 50%;
b) per le QSE si applica invece la seguente scorecard (16), che individua cinque
indicatori di calcolo del punteggio BEE:
Indicatore
Punteggio massimo ottenibile
25
Proprietà
c)
Management Control
15
Skills Development
25
Entreprise and supplied development
30
Socio - economic development
5
i nuovi Codes individuano tra i cinque indicatori riportati, tre voci prioritarie: (i)
proprietà, (ii) skills development ed (iii) enterprise and supplier development.
Una QSE deve ottenere il 40% dei punti raggiunti in almeno due dei tre predetti
elementi, di cui uno deve essere necessariamente l’assetto proprietario. Nel caso in
cui non dovesse conformarsi alla percentuale prescritta, la società perderà un
livello BEE;
per le Generic Enterprises, infine, vale la seguente scorecard (17):
Indicatore
Punteggio massimo ottenibile
25
Proprietà
Management Control
15
Skills Development
20
Entreprise and supplied development
40
Socio - economic development
5
Le Generic Enterprises hanno l’obbligo di conseguire almeno il 40% dei punti totali
in tutte e tre le voci prioritarie.
***
(16)
Una versione più dettagliata della scorecard QSE è fornita nell’Annex I.
(17)
Anche in questo caso si invita a fare riferimento all’Annex I per una scorecard più dettagliata.
10
I.3
25.
26.
27.
28.
Exchange control system
Gli investimenti stranieri in Sud Africa sono soggetti al controllo e all’autorizzazione della
South African Reserve Bank (SARB). Gran parte dei compiti e dei poteri relativi al
controllo e all’autorizzazione degli investimenti stranieri sono però delegati ai cosiddetti
“authorised dealers”, ossia banche e altre istituzioni finanziarie autorizzate ad eseguire
attività di exchange control e rilasciare i relativi permessi.
Le linee guide della disciplina dell’exchange control sono contenute nell’Exchange
Control Regulations del 1961 e nell’Exchange Control Rulings, nonché nelle indicazioni
in materia fornite dal Ministry of Finance.
Tutte le richieste di autorizzazione devono essere rivolte a un authorised dealer. In
generale, laddove si tratti di transazioni di importo minimo, l’authorised dealer ha il
potere di rilasciare l’eventuale permesso, mentre in ipotesi di transazioni di maggiori
dimensioni di norma l’authorised dealer riceve la richiesta e la invia alla SARB.
Il processo autorizzativo è solitamente rapido, una volta che la documentazione richiesta
sia stata correttamente consegnata, anche in virtù del fatto che l’exchange control system
è stato reso meno stringente negli ultimi anni e la tendenza sembra essere quella verso
una sua maggiore liberalizzazione al fine di incoraggiare gli investimenti stranieri. In
tema di exchange control si può evidenziare che:
a) la gran parte delle politiche di exchange control ha ad oggetto operazioni di
investimento tra soggetti residenti in Sud Africa e soggetti esteri. Devono essere,
per esempio, previamente approvati i prestiti effettuati da soggetti esteri a soggetti
residenti (tra cui sono incluse le controllate o le branch sudafricane di società
estere);
b) quanto agli investimenti stranieri, un investitore non residente può liberamente
investire in Sudafrica, a condizione che sia fornita adeguata documentazione che
consenta di verificare che l’operazione è condotta a condizioni di mercato e sia
finanziata con modalità approvate dalla SARB (come ricordato, per il tramite di un
authorised dealer).
I non residenti che intendano investire e così introdurre capitali in Sudafrica, possono
acquistare moneta locale o contrarre prestiti presso istituti finanziari locali. Di norma è
richiesto un ammontare minimo di investimento iniziale.
In tutti i casi sopra illustrati, l’operazione è soggetta all’exchange control system e le
modalità autorizzative dipenderanno dalla tipologia dell’investimento che si intende
effettuare.
Come tendenza generale, le autorità preposte all’applicazione dei principi dell’exchange
control consentono senza particolari problemi l’ingresso di loan capital o di equity in
moneta locale.
Anche il rientro dei capitali investiti è regolato dal sistema di exchange control. In
particolare:
a) i dividendi distribuiti dalle controllate o dalle branch sudafricane di società estere
che operano in Sud Africa possono essere trasferiti all’estero, a condizione che
risultino documentalmente provati (cfr. quanto agli aspetti di natura fiscale, infra §
III.3.2);
b) il pagamento di licence fees e royalties a soggetti non residenti è a sua volta
subordinato all’autorizzazione della SARB o del Department of Trade and Industry
(DTI) nel caso in cui l’attività in questione riguardi il settore manufatturiero (cfr.
quanto agli aspetti di natura fiscale, infra § III.3.3).
***
I.4
11
Incentivi agli investimenti
Il Sud Africa dispone di un sistema di incentivi agli investimenti stranieri piuttosto vario.
Di seguito alcuni dei programmi più rilevanti.
I.4.1 The 12i Tax Incentive
29. Il 12i tax incentive, prorogato fino al 31 dicembre 2017, supporta gli investimenti “green
field” e “brown field” tramite sgravi di imposta. Il programma è finalizzato a migliorare
la produttività del settore manifatturiero sudafricano, sia attraverso la formazione di forza
lavoro specializzata sia attraverso l’investimento in assets.
30. In entrambi i casi l’investimento deve avere come obiettivo il potenziamento di una
specifica attività industriale (introducendo ad esempio procedimenti innovativi,
migliorando l’efficienza energetica), la creazione una rete commerciale all’interno del
paese, e deve garantire l’acquisto di beni e servizi da piccole e medie imprese locali, e la
formazione specialistica della manodopera impiegata.
31.
Quanto agli investimenti “green field”:
a) per poter accedere agli incentivi è necessario un investimento minimo di Rand
50.000.000(circa Euro 3.600.000)in “qualified assets”, vale a dire edifici, impianti
e macchinari nuovi, acquistati successivamente alla concessione dell’incentivo ed
utilizzati entro quattro anni;
b) è possibile beneficiare di sgravi fiscali fino ad un massimo di Rand 900.000.000
(circa Euro 70.000.000);
c) l’attività deve essere situata in una Special Economic Zone (SEZ).
32. Quanto agli investimenti “brown field”:
a) poter accedere agli incentivi è necessario un investimento minimo di Rand
30.000.000 (circa Euro 2.160.000);
b) è possibile beneficiare di sgravi fiscali fino ad un massimo di Rand
550.000.000(circa Euro 43.000.000).
***
I.4.2 Renewable Energy Independent Power Producer Procurement Programme (REIPPPP)
33. Programma in vigore da agosto 2011 il cui obiettivo è quello di raggiungere 3,725 MW di
energia generati da risorse energetiche rinnovabili.
Il programma è supervisionato dal Department of Energy e dal National Treasury.
34. Il REIPPP prevede che gli operatori presentino offerte di progettazione, costruzione e
gestione di impianti energetici da fonti rinnovabili.
35. Il procedimento funzionale all’ottenimento dell’incentivo prevede:
a) un processo competitivo di offerte in cinque fasi (le offerte devono includere anche
i contratti stipulati - ad es. EPC, O&M - e i financial agreements strumentali alla
costruzione e gestione degli impianti);
b) una selezione sulla base di criteri di prezzo e di BEE compliance; e
c) conclusione del contratto.
***
I.4.3 Critical Infrastructure Programme (CIP)
36. Il Critical Infrastructure Programme (CIP) ha lo scopo di sovvenzionare progetti
destinati al miglioramento delle infrastrutture del paese al fine di potenziare le capacità di
crescita economica dello stesso.
Il CIP è uno strumento inserito nel quadro più ampio di interventi a sostegno della
crescita, in linea con il National Industrial Policy Framework (NIPF) e l’Industrial
Policy Action Plan (IPAP).
37.
Ai fini della concessione degli incentivi o per l’assegnazione dell’appalto:
a) un’infrastruttura è considerata “critical” se la stessa risulta indispensabile per la
completa realizzazione del progetto;
b) la società deve avere sede legale in Sudafrica.
38. E’ possibile aderire al programma per le seguenti categorie di infrastrutture:
–
Strade ed autostrade;
–
Sistemi di trasmissione e distribuzione di elettricità;
12
39.
–
Reti di telecomunicazione;
–
Sistemi di stoccaggio, purificazione e distribuzione dell’acqua;
–
Sistemi di stoccaggio e trattamento dei rifiuti;
–
Strutture per la fornitura o il trasporto di carburante.
Il programma offre una copertura dei costi di sviluppo delle infrastrutture dal 10% al 30%
sino ad un massimo di Rand 50.000.000 (circa Euro 4.000.000).
Nel caso di infrastrutture realizzate in municipalità economicamente depresse o in parchi
industriali di proprietà statale il CIP garantisce una copertura massima del 100%, sino ad
un massimo di Rand 50.000.000.
***
I.4.4 Automotive Production and Development Programme (APDP)
40. Il programma ha l’obiettivo di incentivare la produzione locale annuale di autoveicoli per
portarla a quota 1,2 milioni entro l’anno 2020.
41.
L’APDP prevede, tra l’altro:
a) una Local Assembly Allowance (LAA), che consente a chi assembli in Sud Africa
almeno 50.000 autoveicoli per anno di importare una percentuale della
componentistica in esenzione di dazi doganali;
b) un finanziamento (Automotive Investment Scheme - AIS) pari al 20% degli
investimenti sugli assets, ripagabile in tre anni. In caso di investimenti ritenuti
strategici dal Department of Industry and Trade, il finanziamento può raggiungere
il 30% dell’ammontare complessivo dell’investimento.
***
I.4.5 Support Programme For Industrial Innovation (SPII)
42. Lo scopo del programma è promuovere lo sviluppo tecnologico in Sud Africa garantendo
assistenza finanziaria a chi intenda investire nello sviluppo di prodotti innovativi.
43. Esistono tre SPII schemes ai quali possono aderire imprese che abbiano sede legale in
Sudafrica:
–
SPII Product Process Development Scheme, destinato a imprese individuali e
piccole imprese alle quali viene garantito un finanziamento compreso tra il 50% e l’
85% dell’investimento fino ad un massimo di Rand 2.000.000 (circa Euro
156.000);
–
SPII Matching Scheme, che garantisce un finanziamento compreso tra il 50% e il
75% dell’investimento fino ad un massimo di Rand 5.000.000 (circa Euro
350.000):
–
SPII Partnership Scheme, calcolato sulla percentuale di vendite in un
predeterminato numero di anni, fornisce un finanziamento pari al 50% dei costi
ripagabile quando il progetto sia stato commercializzato con successo.
***
I.4.6 Foreign Investment Grant (FIG)
44. Il Foreign Investment Grant (FIG) compensa gli investitori esteri qualificati per i costi
sostenuti per lo spostamento di nuovi macchinari e attrezzature (esclusi gli autoveicoli)
dall’estero in Sudafrica.
E’ garantito un finanziamento pari al 15% del valore del macchinario o dell’attrezzatura o
del costo di trasferimento fino ad un massimo di 10.000.000 di Rand, ripagabile una
volta che è iniziata la commercializzazione del progetto.
13
I.4.7 The Manufacturing Competitiveness Enhancement Programme (MCEP)
45. Lo scopo del MCEP è incentivare le industrie manifatturiere a migliorare le strutture
produttive e a sostenere i livelli occupazionali del paese.
Dall’11 maggio 2015, tuttavia, non sono più ricompresi nell’MCEP i progetti di
investimento di valore superiore a Rand 50.000.000 (circa Euro 3.500.000) che possono
però beneficiare del 12I Tax Allowance Incentive.
46. Il MCEP si articola in due sotto-programmi:
a) il Production Incentive (PI), che assicura un finanziamento pari al 25% del valore
aggiunto dall’attività di investimento realizzata
b) l’Industrial Financing Loan Facilities, che si articola, a sua volta, nel:
(i) Pre and post-dispatch Working Capital Facility, che offre un finanziamento
sino ad un massimo di Rand 30.000.000 (circa Euro 2.120.000) per un
periodo di quattro anni, ad un tasso di interesse prefissato del 6%;
(ii) nell’Industrial Policy Niche Projects Fund, che si rivolge invece a progetti
individuati dal Department of Trade and Industry, ritenuti idonei a creare
posti di lavori stabili e diversificazione produttiva in nuove aree industriali.
Il programma è strutturato in forma di contribuzione al capitale versato per il
finanziamento del progetto.
***
I.4.8 Special Trade Areas Industrial Development Zones (Idzs)
47.
Le Special Economic Zones (SEZs), sono aree del paese destinate allo sviluppo di
specifiche attività economiche.
L’Industrial Policy Action Plan - IPAP 2014/15 - 2016/17 identifica le SEZs quali elementi
chiave dello sviluppo economico del Sudafrica.
Le Special Economic Zones possono essere orientate su uno specifico settore produttivo o
essere destinate a più attività produttive.
48. Le seguenti categorie di SEZs sono definite dal SEZ Act No. 16 del 2014:
a) “Industrial Development Zone” (IDZ): scopo delle IDZs è quello di
promuovere l’attività manifatturiera e incrementare la competitività nell’export del
paese.
Al momento esistono cinque IDZs:
(i) Coega (Port Elizabeth);
(ii) East London;
(iii) Richards Bay;
(iv) Saldanha Bay;
(v) Dube Tradeport.
I Produttori e gli esportatori operanti in queste specifiche aree hanno diritto ad
esenzioni doganali su beni importati, materie prime e componentistica utilizzata
nei processi di produzione di beni destinati all’esportazione;
b) “Free Port”: è una duty free area adiacente ad un porto cui sono destinati i beni
importati per attività all’interno delle Special Economic Zones;
c) “Free Trade Zone”: è una duty free area che garantisce agevolazioni per lo
stoccaggio e il deposito di beni destinati ad attività svolte nella Special Economic
Zones;
d) “Sector Development Zone”: è una zona destinata allo sviluppo di uno specifico
settore industriale nella quale vengono forniti incentivi infrastrutturali.
49. In generale, per tutte le SEZs sono previsti anche incentivi fiscali in materia di imposte sul
reddito delle società e di imposte sul lavoro dipendente.
***
I.4.9 Incentivi per l’attività di ricerca e sviluppo
50. Le società che conducono attività di ricerca e sviluppo in Sud Africa possono beneficiare,
14
al ricorrere di determinati requisiti, della deduzione dal reddito imponibile di taluni costi
di ricerca e sviluppo in misura pari al 150% del relativo ammontare.
***
I.4.10 Incentivi per l’attività di holding (regime dei c.d. Headquarters)
51. Il regime degli Headquaters regime è volto a incentivare la costituzione in Sud Africa di
società holding di partecipazioni (si pensi, ad esempio, ad una sub-holding “regionale”
che detenga tutte le partecipate di un gruppo operanti in Africa) alle quali vengono
riconosciuti specifici benefici fiscali come: (i) la riduzione dell’aliquota dell’imposta sul
reddito delle società dal 28% al 15%, (ii) la non applicazione delle regole relative al
transfer pricing per alcune tipologie di operazioni, (iii) la non applicazione del regime
delle CFC in Sud Africa, e (iv) l’esenzione dalla tassazione delle plusvalenze su
partecipazioni.
***
II.
II.1
52.
53.
TUTELA DEGLI INVESTIMENTI
Accordi Italia - Sudafrica
Tra Italia e Sud Africa vige un “Accordo in materia di promozione e protezione degli
investimenti” firmato a Roma nel 1997.
L’Accordo sostanzialmente, tramite reciproci impegni di due Paesi, è volto a:
a) assicurare agli investitori un pari trattamento all’interno del proprio Stato;
b) tutelare i cittadini di entrambi i paesi da nazionalizzazioni ed espropri (18);
c) assicurare che gli investitori dell’uno e dell’altro Stato possano trasferire all’estero,
in conformità alle leggi e regolamenti delle parti contraenti, in qualsiasi valuta
convertibile, capitali e aumenti di capitale, redditi netti, dividendi, royalties,
compensi per assistenza e servizi tecnici, interessi ed altri utili, redditi derivanti
dalla vendita o dalla liquidazione di un investimento, fondi destinati al rimborso di
prestiti, compensi e altre indennità.
Nel 2013 il Sud Africa ha adottato il Promotion and Protection of Investment Bill
(l’“investment bill”). La finalità dell’investment bill è quella di recepire i principi
internazionali in materia di protezione degli investimenti nella legislazione domestica, al
fine di assicurare agli investitori, sia che siano stranieri sia che siano locali, parità di
trattamento nelle tutela degli investimenti effettuati.
***
II.2 Tutela in giudizio
54. Per quel che riguarda la tutela in giudizio, l’investitore straniero ha a disposizione:
a) il ricorso al sistema il sistema giurisdizionale statale. Tale sistema è disciplinato
dalla Costituzione del 1996 (nella quale è sancita l’indipendenza della magistratura
e del sistema giudiziario), dal Superior Courts Act n. 10/2013 e dal Magistrates
Court Act n. 32/1944. Le corti sudafricane sono di facile accesso ed i tempi di
risoluzione delle controversie sono ragionevolmente veloci ed efficienti se
paragonati a quelli di molti paesi sviluppati od in via di sviluppo. In materia di
contenziosi commerciali, i tempi per una pronuncia di primo grado variano tra i 18
ed i 36 mesi; o
L’art. 5, ad esempio, dispone che “gli investimenti degli investitori di una delle Parti Contraenti non
saranno ‘de jure’ o ‘de facto’, direttamente o indirettamente, del tutto o in parte nazionalizzati, espropriati,
requisiti o soggetti a misure aventi analoghi effetti nel territorio dell'altra Parte Contraente, se non per fini
pubblici o per motivi di interesse nazionale, contro immediato, pieno ed effettivo risarcimento ed a condizione
che tali misure siano prese su base non discriminatoria ed in conformità a tutte le disposizioni e procedure di
legge”.
(18)
15
b)
55.
56.
57.
il ricorso a sistemi alternativi di risoluzione delle controversie, divenuti peraltro il
metodo più comune in Sudafrica per le controversie di natura commerciale.
In particolare, i procedimenti arbitrali in Sud Africa sono regolati dall’ Arbitration
Act 42 of 1965. L’Arbitration Act non distingue tra arbitrato domestico e arbitrato
internazionale e non è basato sul modello UNCITRAL. Il Sud Africa ha aderito con
riserva alla Convenzione di New York per il riconoscimento e l’esecuzione dei lodi
arbitrali stranieri del 1976 e non è parte della Convenzione ICSID.
Le corti sudafricane e in special modo la Supreme Court of Appeal, sostengono il
principio che l’intervento giudiziale sui lodi arbitrali in materia di commercio
internazionale debba essere ridotto al minimo (Caso Telecordia Technologies Inc v
Telkom SA Ltd 2007 (3) SA 266 (SCA))
Esistono diverse associazioni arbitrali nel paese: l’Arbitration Foundation of South
Africa (AFSA), l’Association of Arbitrators (AOA), la Commission for Conciliation,
Mediation and Arbitration (CCMA), e la più recente Africa ADR (AADR).
In particolare, in materia societaria, il “Chapter 7” del New Company Act indica i
procedimenti che possono essere promossi, tra l’altro, da soci e amministratori per
violazione della disciplina legale e delle disposizioni del Memorandum of Incorporation.
Il Chapter 7 prevede la possibilità di adire l’autorità giudiziaria (Part B) e anche
sottoporre la cause “societarie” a organi alternativi di risoluzione delle controversie (Part
C, ad esempio, “Tribunale delle società” o enti appositamente accreditati).
Mentre l’AOA e l’AFSA si occupano principalmente di risoluzione di contenziosi
commerciali, il CCMA è un Collegio Arbitrale competente per gli arbitrati obbligatori in
materia di lavoro, previsto dal Labour Relations Act N. 66/1995, come successivamente
modificato (“il LRAI”). Per le controversie giuslavoristiche sono altresì competenti le
Labour Courts.
La Competition Law (i.e. antitrust Law) individua come organi competenti per la
risoluzione di eventuali controversie in materia la Competition Commission ed il
Competition Tribunal.
***
III. TASSAZIONE
III.1 Il sistema delle imposte sui redditi delle società in Sud Africa
58. Il sistema di tassazione delle imposte sui redditi delle società in Sud Africa è improntato
sul principio della tassazione dell’utile mondiale (c.d. worldwide principle). In
conformità a tale principio:
a) le persone giuridiche fiscalmente residenti in Sud Africa sono tassate sui redditi
ovunque prodotti;
b) le persone giuridiche fiscalmente non residenti in Sud Africa sono tassate
esclusivamente sui redditi ivi prodotti (redditi di fonte sudafricana).
59. In base alla legge sudafricana, sono considerate residenti le persone giuridiche costituite
secondo le leggi del Sud Africa o aventi nel paese la propria sede di direzione effettiva.
***
III.2 La tassazione delle società residenti in Sud Africa
60. Le società fiscalmente residenti in Sud Africa scontano l’imposta sul reddito delle società
con l’aliquota del 28%.
La base imponibile su cui applicare l’imposta è calcolata apportando al risultato di
bilancio (utile o perdita) le opportune variazioni fiscali in aumento e in diminuzione
richieste dalla normativa tributaria sudafricana.
61.
L’ammontare dell’imposta effettivamente dovuta può essere ridotto attraverso differenti
forme d’incentivazione, previste dall’ordinamento sudafricano, con lo scopo di
incoraggiare gli investimenti e la crescita occupazionale, per cui si rimanda a quanto
indicato supra § I.4.
16
62.
Considerata la varietà dei meccanismi di incentivazione previsti dall’ordinamento del Sud
Africa, la circostanza che una determinata attività commerciale possa effettivamente
beneficiarne deve necessariamente essere valutata preventivamente con un consulente
locale. Questo anche tenuto conto che, generalmente, al fine di poter accedere ai regimi
fiscali d’incentivazione previsti, è necessario ottenere specifiche autorizzazioni da parte
delle autorità locali.
***
III.3 La tassazione delle società non residenti sui redditi di fonte sudafricana
III.3.1 Premessa
63. La società non residenti ai fini fiscali in Sud Africa scontano le imposte sui redditi con
esclusivo riferimento ai redditi di fonte sudafricana. Nel caso delle società residenti in
Italia, va considerato che queste ultime sono assoggettate a tassazione in Italia all’imposta
sul reddito delle società anche sui redditi di fonte estera (ivi inclusi quelli di fonte
sudafricana) (19). La doppia imposizione è evitata attraverso un sistema di credito
d’imposta per le imposte assolte all’estero da detrarre dall’imposta dovuta in Italia.
64. Alla luce di detta considerazione, è quindi evidente che una corretta comprensione del
carico fiscale complessivo gravante su redditi di fonte sudafricana percepiti da una società
residente in Italia non può prescindere dall’esame congiunto della normativa italiana e
sudafricana.
A questo fine, si ipotizza il caso di un società di capitali di diritto italiano (“Socio
Italiano”) che pianifichi l’espansione della propria attività attraverso la costituzione di
una consociata in Sud Africa (“NewCo”). Nel seguito, si considera il regime tributario
applicabile ai fini delle imposte sui redditi, sia in Sud Africa sia in Italia, alle seguenti
ipotesi:
a) distribuzione di dividendi da NewCo al Socio Italiano;
b) pagamento di royalty da NewCo al Socio Italiano per la concessione in licenza del
diritto all’utilizzo di beni immateriali (ad esempio, marchi, brevetti, know-how
etc.);
c) cessione della partecipazione in NewCo con conseguente realizzo di plusvalenza da
parte del Socio Italiano;
d) esercizio di attività d’impresa da parte del Socio Italiano attraverso una propria
stabile organizzazione in Sud Africa.
65. Si segnala che alle tipologie di reddito sopra elencate trova applicazione – oltre alle
normative domestiche dei due Paesi – anche la Convenzione contro le doppie imposizioni
tra il governo della Repubblica Italiana (“Italia”) e il governo della Repubblica del Sud
Africa (“Sud Africa”), firmata a Roma il 16 novembre 1995, ed entrata in vigore, in
seguito allo scambio degli strumenti di ratifica, il 2 marzo 1999 (“Convenzione”).
La Convenzione è sostanzialmente conforme al Modello di Convenzione contro le doppie
imposizioni redatto dall’OCSE (“Modello OCSE”). Il Commentario al Modello OCSE
(“Commentario OCSE”) costituisce, generalmente, un importante strumento
interpretativo delle norme della Convenzione, dal punto di vista sia dell’Italia sia del Sud
Africa. Va in ogni caso tenuto presente che il Sud Africa – in quanto paese non membro
dell’OCSE – ha assunto alcune particolari posizioni interpretative che non coincidono con
quelle adottate dall’OCSE e di cui occorre avere preventiva contezza nella valutazione di
un possibile investimento nel Paese.
***
III.3.2 Distribuzione di dividendi da NewCo al Socio Italiano
66. In base alla normativa domestica sudafricana, in assenza di una stabile organizzazione del
Come il Sud Africa, anche l’Italia adotta un sistema di tassazione dei propri residenti basato sulla
tassazione dell’utile mondiale.
(19)
17
67.
Socio Italiano in Sud Africa (20), la distribuzione di dividendi da parte di NewCo è soggetta
all’applicazione di una ritenuta alla fonte pari al 15% del dividendo.
Per effetto della Convenzione (21), la ritenuta in questione può tuttavia essere ridotta al 5%
a condizione che il Socio Italiano al momento della distribuzione:
a) possegga una partecipazione al capitale di NewCo almeno pari al 25%;
b) alla data di delibera di distribuzione, abbia detenuto la partecipazione in NewCo da
almeno 12 mesi (c.d. holding period);
c) sia il “beneficiario effettivo” del dividendo (22).
Dal punto di vista dell’ordinamento italiano, il dividendo percepito dal Socio Italiano
sconta – come regola generale – l’imposta sul reddito delle società in Italia con
un’aliquota pari al 27,5% (applicata soltanto sul 5% dell’ammontare del dividendo
ricevuto, risultando in una tassazione effettiva pari al 1,375%) (23). Il Socio Italiano ha
inoltre diritto a scomputare dall’imposta italiana un credito d’imposta per le imposte che
lo stesso ha assolto, sotto forma di ritenuta alla fonte, in Sud Africa (24). Nel caso in cui,
come quello di specie, il reddito di fonte estera concorra parzialmente alla formazione del
reddito complessivo, anche l’ammontare d’imposta estera oggetto di scomputo è ridotto
in misura corrispondente.
Ai fini di una maggiore chiarezza, nella seguente tabella si rappresenta il carico fiscale
complessivo sull’utile prodotto da NewCo nella caso di distribuzione al Socio Italiano. A
tal fine, si è ipotizzato che: (i) NewCo sconti le imposte sul reddito delle società in Sud
Africa in base alla aliquota ordinariamente prevista del 28%, senza beneficiare di
agevolazioni, e (ii) risultino soddisfatte tutte le condizioni previste dagli accordi e/o dalle
Convenzioni applicabili per beneficiare della riduzione della ritenuta alla fonte.
Carico fiscale complessivo sull’utile prodotto da Newco e distribuito al Socio Italiano
A. Utile di Newco
100
B. Imposte sul reddito in Sud Africa (28%)
(28)
C. Utile distribuibile (A-B)
72
D. Ritenuta alla fonte sudafricana (5%)
(3,6)
E. Dividendo ricevuto da Socio Italiano (C-D)
68,4
F. Imposte sul reddito in Italia (C* 1,375%)
(0,99)
G. Credito per le imposte estere (D*5%)
0,18
H. Imposta sul reddito “netta” in Italia (F-G)
0,81
I. Utile netto in capo al Socio Italiano (C-D-H)
67,59
Carico fiscale complessivo
32,41 %
(20)
Per la definizione di stabile organizzazione si veda infra a quanto indicato nella sezione III.3.5.2.
(21)
Cfr. art. 10, comma 2, della Convenzione.
Particolare attenzione deve essere posta sull’interpretazione del concetto del “beneficiario effettivo”,
posto che il significato attribuitole dall’Amministrazione finanziaria sudafricana non è sempre in linea con
l’interpretazione fornita nel Commentario OCSE.
(22)
(23)
Cfr. art. 89, comma 2, del decreto del DPR 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).
(24)
Cfr. art. 165 del TUIR.
18
68.
69.
Il descritto regime di tassazione dei dividendi “in ingresso” in Italia potrebbe non trovare
applicazione nel caso in cui NewCo fosse soggetta al regime italiano delle controlled
foreign corporations (c.d. regime CFC) (25). In questo caso, infatti, il reddito conseguito
da NewCo potrebbe essere imputato “per trasparenza” al Socio Italiano, a prescindere
dalla relativa distribuzione e assoggettato a tassazione a un’aliquota non inferiore al 27%.
La verifica sull’effettiva applicabilità del regime CFC ad una propria controllata di diritto
sudafricano – da condurre sulla base su tutti gli elementi concreti di fatto e di diritto del
caso specifico – rappresenta, evidentemente, un elemento la cui preventiva valutazione è
imprescindibile ai fini di una corretta comprensione del carico fiscale gravante sugli utili
prodotti dalla controllata stessa.
Si segnala, infine, che la normativa italiana in materia di CFC è stata oggetto di revisione
ad opera del decreto legislativo del 14 settembre 2015, n. 147,(“Decreto
Internazionalizzazione”), in attuazione della legge delega per la riforma del sistema
fiscale italiano (26).
***
III.3.3 Pagamento di royalty da NewCo al Socio Italiano
70. Si ipotizza che il Socio Italiano conceda in licenza a NewCo il diritto all’utilizzo di un bene
immateriale di proprietà del primo verso il pagamento di una royalty periodica.
In base alla normativa domestica sudafricana, in assenza di una stabile organizzazione in
Sud Africa del Socio Italiano, il pagamento di royalty da NewCo al Socio Italiano è
soggetta ad una ritenuta alla fonte pari al 15% della royalty. Per effetto della Convenzione
(27), la ritenuta può tuttavia essere ridotta al 6% a condizione che il Socio Italiano sia il
relativo beneficiario effettivo. In merito alla nozione di beneficiario effettivo, va tenuto
presente quanto precedentemente riportato nella sezione III.3.2.
71.
Dal punto di vista dell’ordinamento italiano, le royalty ricevute dal Socio Italiano
concorrono interamente alla formazione del reddito imponibile e sono integralmente
assoggettate all’imposta sul reddito delle società secondo le regole ordinarie. Al Socio
Italiano spetta un credito d’imposta per le imposte assolte in Sud Africa sotto forma di
ritenuta alla fonte. In deroga a tale regime ordinario di tassazione, va considerato che la
legge di stabilità 2015 (28) ha introdotto nell’ordinamento italiano un regime opzionale di
tassazione agevolata dei redditi derivanti dall’utilizzo diretto o indiretto di beni
immateriali (c.d. Patent Box). La tassazione agevolata consiste nell’esclusione di tali
redditi dalla base imponibile dell’imposta sui redditi delle società (IRES), di una
percentuale pari al 30% nel 2015, al 40% nel 2016 e al 50% a partire dal 2017. La concreta
operatività del regime in parola è subordinata all’emanazione di un decreto ministeriale
di prossima pubblicazione.
***
(25)
Cfr. art. 167 del TUIR.
Legge delega 11 marzo 2014, n. 23, recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente
e orientato alla crescita.
(26)
(27)
Cfr. art. 11, comma 2, della Convenzione.
Legge 23 dicembre 2014, n.190, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato”.
(28)
19
III.3.4 Cessione della partecipazione in NewCo con conseguente realizzo di plusvalenza da
parte del Socio Italiano
72.
Si assume che il Socio Italiano decida di liquidare l’investimento in NewCo attraverso la
cessione a terzi della relativa partecipazione (29), realizzando una plusvalenza.
Ai sensi della Convenzione (30), la plusvalenza in questione sconta l’imposta sul reddito
delle società esclusivamente in Italia.
73.
Più in particolare, la plusvalenza concorre alla formazione del reddito imponibile,
assoggettabile ad aliquota ordinaria (31), salvo che non risultino soddisfatti i requisiti per
beneficiare del regime italiano di participation exemption (32). In quest’ultima ipotesi, la
plusvalenza è assoggettata ad aliquota ordinaria sul solo 5% del relativo ammontare
(aliquota effettiva pari al 1,375%).
***
III.3.5 Esercizio di attività d’impresa da parte del Socio Italiano attraverso una propria
stabile organizzazione in Sud Africa
III.3.5.1 Introduzione
74.
Tra le ipotesi in cui il Socio Italiano può conseguire redditi di fonte sudafricana,
assoggettabili a tassazione in Sud Africa, risulta quella in cui quest’ultimo eserciti in tutto
o in parte la propria attività commerciale nel territorio sudafricano attraverso una stabile
organizzazione ivi situata.
In generale, il concetto di stabile organizzazione è volto stabilire quando un determinato
Stato (ad esempio il Sud Africa) può assoggettare a tassazione i redditi d’impresa
conseguiti da un soggetto residente in un altro Stato (ad esempio l’Italia). In buona
sostanza, quindi, la stabile organizzazione rappresenta una “soglia di presenza”
oltrepassata la quale un determinato Stato può considerare il reddito d’impresa prodotto
da un soggetto non residente come reddito prodotto all’interno del proprio territorio,
assoggettandolo a tassazione.
75.
Le principali questioni fiscali connesse alla stabile organizzazione sono quindi
essenzialmente due:
(a) Quando un soggetto esercente attività di impresa e fiscalmente residente in uno
stato ha una stabile organizzazione in un altro stato?
(b) in caso di esistenza di una stabile organizzazione nel secondo stato, quale è il
reddito d’impresa del soggetto non residente attribuibile a detta stabile
organizzazione?
76.
L’esame preventivo di entrambi le questioni, inscindibilmente connesse l’una con l’altra,
rappresenta indubitabilmente una fase importante nella strutturazione di un
investimento all’estero. Una sottostima delle problematiche connesse è infatti suscettibile
di esporre l’impresa (nell’esempio il Socio Italiano) a contestazioni fiscali estremamente
rilevanti tali da incidere, anche significativamente, sulla convenienza economica
Si assume che il Socio Italiano abbia iscritto la partecipazione in NewCo nel proprio bilancio di
esercizio tra le immobilizzazioni finanziarie.
(29)
(30)
Cfr. art. 13, comma 4, della Convenzione.
Ai sensi dell’articolo 86, comma 4, del TUIR, le plusvalenze concorrono a formare il reddito, per
l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state realizzate oppure, previo esercizio di apposita opzione, in
quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto, se la partecipazione è stata iscritta
tra le immobilizzazioni finanziarie negli ultimi tre bilanci di esercizio.
(31)
A norma dell’articolo 87, comma 1, del TUIR, il regime di partecipation exemption si applica al
ricorrere dei seguenti requisiti: (a) la partecipazione deve detenuta dall’azionista ininterrottamente dal primo
giorno del dodicesimo mese precedente quello di cessione, (b) la partecipazione deve essere classificata tra le
immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso, (c) la partecipata non
deve essere residente di un paese black list, e (d) la partecipata deve esercitare un’attività commerciale.
(32)
20
dell’investimento.
***
III.3.5.2 Sulla nozione di stabile organizzazione nei rapporti tra Italia e Sud Africa
77.
Nelle relazioni tra l’Italia ed il Sud Africa, la definizione di stabile organizzazione è
contenuta nell’art. 5 della Convenzione.
In particolare, la nozione principale di stabile organizzazione, contenuta nel primo
comma della norma, è quella di una “sede fissa di affari in cui l’impresa esercita in tutto
o in parte la sua attività” (c.d. stabile organizzazione “fisica”).
La stessa disposizione della Convenzione, oltre ad una serie di chiarimenti ed
esemplificazioni sul concetto di stabile organizzazione fisica contiene, al quarto comma,
anche un’ulteriore definizione del concetto di stabile organizzazione normalmente
definita come “personale”. In particolare, quest’ultima ipotesi viene in essere nel caso in
cui una persona che agisce in uno Stato contraente per conto di un’impresa dell'altro
Stato contraente (diversa da un agente che goda di uno status indipendente) “ha ed
abitualmente esercita nel detto Stato il potere di concludere contratti a nome
dell'impresa”.
78. In generale, la definizione ricalca quella corrispondente contenuta nell’art. 5 del Modello
OCSE, con la conseguenza che il relativo Commentario, in linea di principio, ne
costituisce un importante strumento interpretativo.
In proposito non va tuttavia trascurato che, con riferimento alla nozione di stabile
organizzazione, il Sud Africa ha ufficialmente espresso alcune posizioni che non risultano
in linea con quella dell’OCSE e che sono volte ad espandere il concetto di stabile
organizzazione, ampliando la propria potestà impositiva.
79.
Senza pretesa di completezza, in questa sede appare opportuno rilevare che una delle
differenze più rilevanti di cui avere contezza è costituita dalla cosiddetta stabile
organizzazione “di servizi”. Più in dettaglio, ad alcune condizioni, il Sud Africa si riserva il
diritto (33) di assumere – anche prescindere dagli altri requisiti previsti dalla norma –
l’esistenza di una stabile organizzazione nel proprio territorio laddove un soggetto non
residente (nel caso di specie il Socio Italiano) presti alcune tipologie di servizi (e.g. servizi
di consulenza tecnica) nel territorio Sud Africano.
Questo vuol dire che, nell’esempio proposto, il Socio Italiano potrebbe essere assoggettato
a tassazione in Sud Africa sui compensi pattuiti per servizi resi, ad esempio, a beneficio di
NewCo. In una simile ipotesi, l’ammontare effettivamente assoggettabile a tassazione in
Sud Africa dovrebbe essere tuttavia coerente con i criteri di attribuzione del reddito alla
stabile organizzazione previsti dalla Convenzione ed analizzati nella sezione a seguire.
III.3.5.3 Sulle regime di attribuzione del reddito alla stabile organizzazione nelle relazioni tra
Italia e Sud Africa
80. Il criterio di determinazione del reddito attribuibile ad una stabile organizzazione è
contenuto nell’art. 7, commi 2 e 3, della Convenzione (34). La norma contiene il principio
del cosiddetto separate entity approach, in base al quale la stabile organizzazione è, ai
soli fini della determinazione del relativo reddito, equiparata ad un soggetto distinto e
autonomo rispetto alla propria casa madre.
Si veda in tal senso la posizione espressa dal Sud Africa con riferimento all’art. 5, comma 3, del
Modello OCSE.
(33)
La norma che stabilisce che: “2. […] quando un’impresa di uno Stato contraente svolge la sua
attività nell'altro Stato contraente per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata, in ciascuno Stato
contraente vanno attribuiti a detta stabile organizzazione gli utili che si ritiene sarebbero stati da essa
conseguiti se si fosse trattato di un'impresa distinta e separata svolgente attività identiche o analoghe in
condizioni identiche o analoghe e in piena indipendenza dall'impresa di cui essa costituisce una stabile
organizzazione. 3. Nella determinazione degli utili di una stabile organizzazione sono ammesse in deduzione
le spese sostenute per gli scopi perseguiti dalla stessa stabile organizzazione, comprese le spese di direzione e
le spese generali di amministrazione, sia nello Stato in cui è situata la stabile organizzazione, sia altrove.”
(34)
21
81.
82.
La disposizione in esame rispecchia il contenuto art. 7, commi 2 e 3 del Modello OCSE,
nella versione del 1977, il cui testo è rimasto immodificato fino al 2010.
Conseguentemente, la norma dovrebbe essere interpretata in base al Commentario OCSE
del 2008 (35), che contiene la metodologia di determinazione del reddito della stabile
organizzazione. In questo contesto, la stessa OCSE chiarisce che il separate entity
approach corrisponde al principio di libera concorrenza (arm’s length principle)
applicabile ai fini della disciplina sui prezzi di trasferimento (v. infra § III.4) richiamando,
per analogia, l’applicazione delle Linee Guida OCSE in materia di prezzi di trasferimento
(v. infra § III.4).
In proposito va rilevato che, quand’anche sussista una base interpretativa di matrice
OCSE comune sia all’Italia sia al Sud Africa, la determinazione del reddito della stabile
organizzazione rappresenta una materia altamente complessa, ove non è possibile
escludere che le Amministrazioni finanziarie italiana e sudafricana possano, sulla base di
una medesima situazione fattuale, prevenire ad una differente determinazione del
reddito, con un conseguente potenziale rischio di doppia imposizione (36). In merito agli
strumenti utilizzabili per contenere il rischio in parola, si rimanda a quanto riportato nel
successivo § III.4.
Da ultimo, è opportuno ricordare che il Decreto Internazionalizzazione, al fine di
semplificare la crescita all’estero delle imprese italiane, ha introdotto in Italia un nuovo
regime opzionale che – in deroga all’ordinario sistema basato sul credito per le imposte
estere – prevede l’esenzione da tassazione in Italia dei redditi prodotti dalle stabili
organizzazioni estere di soggetti residenti in Italia. Nell’esempio proposto, l’esercizio
dell’opzione comporterebbe che tutti gli utili prodotti dalla stabile organizzazione
dell’Investitore Italiano in Sud Africa, non sarebbero assoggettati a tassazione in Italia
così come le relative perdite non potrebbero essere portate in deduzione in Italia.
Considerato che l’opzione è irrevocabile, la convenienza al relativo esercizio da parte del
Socio Italiano dovrebbe essere attentamente ponderata alla luce di tutti gli elementi
fattuali del caso.
***
III.4 Transfer Pricing
III.4.1 Il transfer pricing e il rischio di doppia imposizione
83. In generale, la disciplina del transfer pricing è volta a garantire che le cessioni di beni e le
prestazioni di servizi intercorrenti tra società appartenenti al medesimo gruppo e
residenti in differenti stati, avvengano alle medesime condizioni che sarebbero state
pattuite, in circostanze comparabili, tra parti indipendenti (c.d. principio di libera
concorrenza o arm’s length principle). Lo scopo della disciplina in parola è quello di
evitare che, attraverso i prezzi negoziati nelle operazioni infra-gruppo, si possa verificare
un trasferimento di materia imponibile tra giurisdizioni diverse che non sarebbe avvenuto
tra parti indipendenti.
Il principio di libera concorrenza è codificato nell’art. 9 del Modello OCSE, adottato dai
Paesi membri OCSE (e anche da molti Paesi non membri) sia nelle corrispondenti
normative domestiche sia nelle proprie convenzioni contro le doppie imposizioni.
I criteri applicativi dell’arm’s length principle sono contenuti nelle c.d. “Linee Guida
La suddetta versione del Commentario OCSE si riferisce, infatti, all’art. 7 del Modello OCSE premodifiche subite nel 2010, su cui risulta basato l’art. 7 della Convenzione.
(35)
Si ricorda che l’Investitore Italiano è assoggettato a tassazione in Italia anche sui redditi di fonte
sudafricana e che, al fine di evitare il fenomeno di doppia imposizione, l’art. 165 del TUIR prevede un credito
d’imposta per le imposte pagate all’estero (e.g. in Sud Africa) da scomputare dall’imposta Italiana. Ebbene, nel
caso di specie, la doppia imposizione potrebbe derivare dal fatto che il credito per le imposte pagate all’estero,
concesso dall’ordinamento italiano, si riferisca ad un reddito quantitativamente inferiore a quello su cui
effettivamente sono state assolte le imposte in Sud Africa.
(36)
22
84.
85.
OCSE” (37) che rappresentano l’approccio condiviso tra le amministrazioni finanziarie dei
Paesi OCSE (e anche di molti paesi non membri) su come i prezzi di trasferimento
debbano essere determinati e misurati.
Il rischio connesso a un’errata applicazione della disciplina del transfer pricing consiste
nella possibilità che il prezzo applicato in un’operazione infragruppo venga contestato
dalle autorità fiscali di uno degli stati coinvolti nell’operazione (38). Tale contestazione
darebbe luogo a un fenomeno di doppia imposizione, posto che il medesimo reddito
verrebbe assoggettato a tassazione in capo a due soggetti differenti (le due consociate
parti dell’operazione oggetto di contestazione) nei relativi paesi di residenza.
Sia l’Italia sia il Sud Africa hanno adottato nella propria legislazione domestica una
normativa in materia di prezzi di trasferimento fondata sull’arm’s length principle
elaborato dall’OCSE. Il medesimo principio è altresì contenuto nell’art. 9 della
Convenzione (39). Conseguentemente, nel caso di una società residente in Sud Africa che
effettui operazioni con una propria consociata residente in Italia, il rischio di
contestazione dei prezzi di trasferimento, con conseguente doppia imposizione, dovrebbe
essere attentamente considerato. In proposito, appare importante rilevare che,
nell’applicazione del principio di libera concorrenza, sia l’Amministrazione finanziaria
italiana sia quella sudafricana fanno riferimento alle Linee Guida OSE (40).
***
III.4.2 Le possibili modalità di gestione del rischio di doppia imposizione connesso al transfer
pricing
86. Il rischio di contestazione e conseguente doppia imposizione connesso all’applicazione
della disciplina in materia di transfer pricing può essere contenuto o annullato dai gruppi
multinazionali adottando misure che possono essere preventive (“Misure Preventive”)
o successive (“Misure Successive”) rispetto alle possibili contestazioni fiscali da parte
delle Amministrazioni finanziarie dei paesi coinvolti particolare:
a) Misure Preventive: tra queste rientrano:
(i) la predisposizione di una adeguata documentazione di supporto alla politica
di prezzi di trasferimento adottata. Si tratta, in generale, di un set di
documentazione che spieghi le caratteristiche delle operazioni infragruppo e
le metodologie di determinazione dei prezzi di trasferimento utilizzate,
dimostrandone la conformità al principio di libera concorrenza (41). A questo
(37)
Cfr. Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations, OECD,
2010.
A titolo di esempio, lo stato di residenza del cedente (o del prestatore di servizi) potrebbe ritenere
che parti indipendenti avrebbero negoziato un prezzo superiore a quello effettivamente applicato
nell’operazione infragruppo. Alternativamente, lo stato di residenza dell’acquirente (o del committente)
potrebbe considerare il corrispettivo applicato nell’operazione infragruppo superiore a quello risultante da
una corretta applicazione del principio di libera concorrenza.
(38)
(39)
Cfr. art. 9 della Convenzione.
Cfr. Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 15 dicembre 2010, n. 58 e la Practice Note 7 pubblicata
dal South African Revenue Service (SARS).
(40)
Né la legge italiana né la legge sudafricana contengono uno specifico e generalizzato obbligo di
predisposizione di un’adeguata documentazione a supporto dei prezzi di trasferimento applicati nelle
operazioni infragruppo. Con specifico riferimento alla legge italiana, questa prevede un regime opzionale (cfr.
art. 1, comma 2-ter decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471) che consente al contribuente di evitare
l’applicazione di sanzioni amministrative in caso di contestazioni. Detto beneficio è tuttavia subordinato alla
circostanza che il contribuente: (a) rediga un set di documentazione conforme con il provvedimento del
Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 29 settembre 2010, che richiama le Linee Guida OCSE; (b) ne
comunichi il possesso all’Amministrazione finanziaria; (c) lo renda disponibile in caso di accesso, ispezione o
(41)
23
b)
proposito va rilevato che, benché la produzione e messa a disposizione delle
autorità fiscali competenti di tale documentazione aiuti certamente il
contribuente a giustificare - in sede di verifica fiscale - i prezzi applicati nelle
operazioni infragruppo, essa non può comunque mettere il contribuente
completamente al riparo da possibili contestazioni in materia di prezzi di
trasferimento. In questo senso, quindi, la predisposizione della
documentazione in parola riduce ma non elimina il rischio di contestazione e
quindi di doppia imposizione. In assenza di adozione di altre Misure
Preventive (vedi infra), questo livello “minimo” di tutela deve tuttavia ad
oggi considerarsi imprescindibile (42);
(ii) il ricorso ai c.d. accordi preventivi sui prezzi di trasferimento (c.d. Advance
Pricing Agreement o APA). Gli APA consistono in accordi tra contribuente e
amministrazione finanziaria che fissano, anticipatamente rispetto al
momento di effettuazione dell’operazione infragruppo e in maniera
vincolante per le parti sottoscrittrici, i criteri da applicare per la
determinazione dei prezzi di trasferimento nell’ambito dell’operazione in
esame. Tali accordi possono essere unilaterali (nei casi in cui vengano
stipulati tra il contribuente e una sola autorità fiscale), ovvero multilaterali
(nei casi in cui vi sia la partecipazioni - oltre che del contribuente - di più
autorità fiscali). La sottoscrizione di un APA ha il beneficio di annullare, con
riferimento all’operazione infragruppo oggetto dell’accordo, il rischio di
contestazione e di doppia imposizione. L’Italia ammette la conclusione di
APA sia unilaterali sia multilaterali. Il Sud Africa, per contro, non contiene
alcun riferimento espresso a questo tipo di procedure nella propria
legislazione domestica. Per tale motivo, la conclusione di una APA bilaterale
tra Italia e Sud Africa potrebbe risultare problematico;
Misure Successive. Attivazione di una specifica procedura tra autorità competenti
prevista dalle convenzioni contro le doppie imposizioni (c.d. procedure amichevoli)
volta all’ottenimento di un c.d. “aggiustamento corrispondente”. Il c.d.
aggiustamento corrispondente è una misura che consente di ridurre o eliminare la
doppia imposizione nei casi in cui un’autorità fiscale rettifichi in aumento il reddito
imponibile di una società (ossia, effettui una c.d. “rettifica primaria”) in virtù
dell’applicazione del principio dell’arm’s length a un’operazione che coinvolga
un’altra società appartenente al medesimo gruppo, ma residente in un secondo
stato. L’aggiustamento corrispondente consiste, in tal caso, in una rettifica in
diminuzione dell’imposta dovuta da quest’ultima società, effettuata dall’autorità
fiscale del suo stato di residenza, in modo che l’attribuzione degli utili tra i due stati
sia “complementare” alla rettifica primaria e non vi sia doppia imposizione. Con
particolare riferimento ai rapporti tra Italia e del Sud Africa, va segnalato che
l’ottenimento di un aggiustamento corrispondente in base alla Convenzione può
risultare non sempre agevole. Un primo aspetto di criticità riguarda la circostanza
che la procedura amichevole attivata in base alla Convenzione (43), volta ad ottenere
l’aggiustamento corrispondente, non prevede un obbligo per gli stati contraenti di
rimuovere la doppia tassazione, ma un semplice invito a fare del proprio meglio per
risolvere il problema, ove possibile. Non essendovi un obbligo di risultato, pertanto,
non è possibile escludere che la questione sottoposta alle autorità competenti resti
verifica o altra attività istruttoria da parte della stessa Amministrazione finanziaria.
In proposito, va infatti considerato che l’assenza di una documentazione che supporti la politica dei
prezzi di trasferimento potrebbe avere come conseguenza: (a) un più elevato rischio di verifica o,, comunque,
di una verifica maggiormente approfondita; e (b) una maggiore difficoltà a supportare la propria politica dei
prezzi di trasferimento a fronte di contestazioni da parte dei verificatori, anche in una successiva fase di
contenzioso innanzi al giudice tributario.
(42)
(43)
24
Cfr. art. 25 della Convenzione.
irrisolta in mancanza di un accordo tra le parti. Un secondo aspetto di criticità
riguarda il fatto che la Convenzione non contempla esplicitamente la possibilità di
effettuare aggiustamenti corrispondenti (44). In proposito, secondo l’opinione
dominante tra i Paesi membri dell’OCSE – contenuta nelle Linee Guida OCSE e nel
Commentario OCSE – gli aggiustamenti corrispondenti dovrebbero essere
effettuati anche in assenza di una esplicita loro previsione da parte della
convenzione contro le doppie imposizioni applicabile nel caso di specie. Aderendo a
tale interpretazione, parrebbe possibile concludere che, in caso di effettuazione di
una rettifica primaria in Sud Africa l’Italia, in quanto Paese membro dell’OCSE,
dovrebbe ammettere la possibilità di un aggiustamento corrispondente. Tale
conclusione non parrebbe, invece, potersi dare per scontata nella situazione inversa
(rettifica primaria in Italia e necessità di aggiustamento corrispondente in Sud
Africa): non essendo, infatti, il Sud Africa un Paese membro dell’OCSE, non è
possibile assumere sic et simpliciter che la lettura precedentemente esposta
(secondo la quale l’aggiustamento corrispondente dovrebbe essere comunque
garantito) venga fatta propria anche dall’autorità fiscale sudafricana.
***
IV. ALTRI PROFILI RILEVANTI PER LO SVILUPPO DEL BUSINESS
IV.1 Diritto del Lavoro
87. La legislazione giuslavoristica del Sud Africa è tra le più progredite del continente
africano ed è in continua evoluzione.
Il Labour Relations Act n. 66 del 1995 (LRA), il Basic Conditions of Employment Act n.
75 del 1997 (BCEA), l’Employment Equity Act n. 55 del 1998 (EEA), e il nuovo
Employment Services Act n. 4 del 2014 (ESA), che costituiscono il framework generale di
disciplina della materia, sono attualmente tutti soggetti a revisione normativa.
88. Tra gli aspetti di maggior interesse dal punto di vista di un investitore straniero, va
ricordato che, i datori di lavoro, in Sudafrica, sono tenuti ad intraprendere le affirmative
actions previste dall’EEA sotto la supervisione del Department of Labour. Ad esempio:
a) i datori di lavoro devono garantire che la propria forza lavoro contenga un’equa
distribuzione di cosiddetti “designated employees” (neri, coloured, appartenenti
alla minoranza indiana, donne ed individui con disabilità);
b) qualora risulti che una categoria di designated employees sia sottorappresentata, il
datore di lavoro deve elaborare un employment equity plan, con l’indicazione delle
modalità e dei tempi in cui intende porre rimedio alla situazione. Il LRA, attraverso
la definizione di unfair labour practices e le misure adottate per prevenire o porre
rimedio a tali pratiche, insieme al CCMA e alla possibilità per i lavoratori di
rivolgersi alle Labour Courts, garantisce un trattamento equo ed un’adeguata
protezione contro azioni disciplinari e licenziamenti per incapacity, poor
perfomance o per motivi di riorganizzazione aziendale. Il LRA tutela, inoltre, la
libertà di associazione dei lavoratori ed il diritto di sciopero.
***
IV.2 Tutela di marchi e brevetti
89. Il Sud Africa è parte di numerosi trattati internazionali per la tutela di marchi e brevetti,
tra cui la Convenzione di Berna, il Tratto di Budapest, la Convenzione di Parigi e del
Trattato di Cooperazione in materia di brevetti.
90. La normativa interna di tutela del marchio è contenuta nel Trade Marks Act n. 194 del
1993, nelle Trade Mark Regulations del 1995 e nel Merchandise Marks Act n. 17 del 1941.
91.
In particolare:
(44)
25
Cfr. art. 9 della Convenzione.
a)
b)
il Trade Marks Act disciplina le modalità di registrazione dei marchi e la tutela deli
stessi.
In Sudafrica, la registrazione non attribuisce necessariamente un diritto assoluto
sul marchio. Il Trade Marks Act riconosce infatti i diritti acquisiti attraverso un uso
continuato in buona fede di un marchio che non sia stato registrato, stabilendo che
il proprietario del marchio registrato non può in alcun modo limitare il diritto di
utilizzo del marchio non registrato, laddove sia provato che l’uso di quest’ultimo sia
incominciato in data anteriore alla registrazione;
la tutela del brevetto è disciplinata dal Patents Act n. 57 del 1978 e dalle Patent
Regulations del 1978.
La durata della tutela si estende a 20 anni, sempreché sia curato il rinnovo annuale
della registrazione con il pagamento della relativa tassa che, a partire dal terzo
anno, è annuale. Un periodo di grazia di sei mesi sul pagamento può essere
richiesto.
La richiesta di registrazione può essere presentata alla competente autorità
nazionale, il Registrar or the Commissioner of Patent, oppure attraverso la
presentazione della domanda internazionale unica ai sensi del Trattato di
Cooperazione in materia di brevetti (PTC), cui, come ricordato, il Sud Africa
aderisce, e che consente di ottenere un’opinione preliminare non vincolante sulla
brevettabilità valida in più di 139 Paesi.
E’ possibile la protezione giudiziale della denominazione sociale, sia in caso di
marchio registrato sia in caso di uso tutelato dal common law. A seguito del
deposito di un affidavit ad opera della parte lesa, la High Court può emettere in via
d’urgenza un’ordinanza di protezione immediata del marchio.
***
IV.3 Contratti di distribuzione e franchising
92. Il Sud Africa non dispone di una disciplina specifica che regoli i rapporti di franchising.
Tuttavia, il Consumer Protection Act (CPA), qualificando il franchisee come “consumer”
(Section 5(6)(b) - CPA), offre allo stesso una “tutela rafforzata”, specialmente in materia
di obblighi informativi a carico del franchisor e l’articolo 7 del CPA individua alcuni
requisiti minimi del contratto di franchising, chiedendo, ad esempio, (i) che venga
stipulato per iscritto, (ii) sia sottoscritto dal franchisee, e (iii) preveda, in favore del
franchisee, un cooling off period, vale a dire la possibilità di recedere dal contratto entro
dieci giorni dal perfezionamento.
Per orientarsi nella predisposizione di contratti di franchising sono inoltre disponibili i
codici etici pubblicati dalla Franchise Association of Southern Africa (FASA).
93. Anche il contratto di distribuzione (distributionship agreement) è, per l’ordinamento
sudafricano, un contratto atipico, privo di una disciplina specifica.
In generale, le parti sono dunque libere di regolare in autonomia il rapporto, salve le
limitazioni imposte dalle norme in materia di concorrenza: in particolare, la normativa
antitrust, nota come Competition Law, vieta al produttore di imporre al distributore
l’applicazione di determinati prezzi di rivendita.
Occorre tenere presente, ai fini della disciplina del rapporto di distribuzione, che il Sud
Africa non ha aderito alla Convenzione di Vienna sulla Compravendita Internazionale di
Beni Mobili del 1980.
***
IV.4 Competition Law
In Sudafrica la normativa antitrust è contenuta nel Competition Act N. 89 del 1998,che
disciplina le ipotesi di abuso di mercato, di creazione di cartelli e di altre pratiche anticoncorrenziali, nonché le soglie applicabili per le operazioni di fusione ed acquisizione di
26
società.
Il Competition Act individua tre distinte categorie di operazioni:
a) “small”, in cui il valore è pari od inferiore al valore soglia minimo individuato con
riferimento al fatturato annuale o al patrimonio;
b) “intermediate”, in cui il valore è compreso tra il valore soglia minimo ed il valore
massimo individuato con riferimento al fatturato annuale o al patrimonio;
c) “large”, in cui il valore è pari o superiore al valore soglia massimo individuato con
riferimento al fatturato annuale o al patrimonio.
I valori soglia sono fissati dal Ministero, previa consultazione con la Competition Commission,
ed al momento sono i seguenti:
(i) soglia minima - una operazione di fusione o acquisizione raggiunge la soglia
minima quando il suo valore è pari o inferiore ad entrambi gli elementi di cui al
numero (1) ed al numero (2):
(1)
(a) la somma del fatturato annuale delle società acquirenti e delle società target è
inferiore ai 560.000.000,00 Rand (Euro 35.670.000,00 circa) ;
(b) i patrimoni delle società coinvolte hanno un valore inferiore ai 560.000.000,00
di Rand;
(c) la somma del fatturato annuale delle società acquirenti e del patrimonio delle
società target è inferiore ai 560.000.000,00 Rand ; o
(d) la somma del fatturato annuale delle società target e del patrimonio delle società
acquirente è inferiore ai 560.000.000,00 Rand.
(2)
(a) il fatturato annuale della società target è inferiore ad 80.000.000,00 (Euro
5.100.000,00 circa) Rand; o
(b) il valore del patrimonio della società target è inferiore ad 80.000.000,00 Rand.
(ii) Soglie Massime - la soglia massima è raggiunta in quelle operazioni in cui il
valore è pari o superiore ad entrambi gli elementi indicati ai numeri (1) e (2):
(1)
(a) la somma del fatturato annuale delle società acquirenti e delle società target è
pari o superiore a 6.600.000.000,00 (Euro 420.500.000,00 circa) Rand;
(b) la somma dei patrimoni delle società coinvolte è pari o superiore a
6.600.000.000,00 Rand;
(c) la somma del fatturato annuale delle società acquirenti e del patrimonio delle
società target è pari o superiore a 6.600.000.000,00 Rand;
(d) la somma del fatturato annuale delle società target e del patrimonio delle società
acquirenti è pari o superiore a 6.600.000.000,00 Rand.
(2)
(a) il fatturato annuale delle società target è pari o superiore a 190.000.000,00
(Euro 12.100.000,00 circa) Rand;
(b) il patrimonio della società acquisita è pari o superiore a 190.000.000,00.
I soggetti coinvolti in un’attività di acquisizione o di fusione qualificata “intermediate” o
“large” devono darne notizia alla Competition Commission nelle modalità prescritte e
non possono dar luogo all’operazione fino a quando questa non sia stata approvata dalla
Competition Commission, dal Competition Tribunal o dalla Competition Appeal Court.
***
27
IV.5 Sfruttamento delle materie prime e Mining Charter
94. Il Sud Africa è un territorio ricco di materie prime, in special modo minerarie.
Lo Stato è custode delle risorse minerarie e petrolifere, che sono considerate patrimonio
ed eredità comune delle popolazioni del Sudafrica.
95. Lo sfruttamento di tali risorse è materia regolata dal Mineral and Petroleum Resources
Development Act 2002 (MPRDA), come modificato dal MPRDA Amendment Act 2008.
Un nuovo emendamento, contenuto nel Mineral and Petroleum Resources Development
Amendment Bill è in attesa di essere definitivamente approvato.
96. Chi intenda operare nel settore dello sfruttamento delle risorse del sottosuolo deve tenere
presente che l’ordinamento giuridico Sudafricano, per le risorse situate su terreni
registrati come proprietà collettiva di talune specifiche comunità, riconosce a queste
ultime determinati benefici per l’acquisto di diritti di esplorazione del sottosuolo o di
estrazione mineraria.
97.
Inoltre la Mining Charter, pubblicata sulla base delle linee guida del MPRDA, ha
introdotto anche per il settore minerario delle misure per il perseguimento degli obiettivi
del BBBEE Act. In tale contesto, viene assicurata tutela agli “historically disadvanteged
South Africans” (45) stabilendo che una persona giuridica non possa ottenere la
concessione per lo sfruttamento di diritti minerari qualora non rispetti determinati
requisiti, tra cui quello di garantite che almeno il 26% dei diritti di voto nella società sia
attribuito a soggetti appartenenti a tali comunità.
La definizione di “historically disadvanteged South Africans” coincide in larga misura con quella di
black people del BBBEE.
(45)
28
V.
Annex I: BEE SCORECARD
Generic o Large Enterprises
Proprietà - Punteggio massimo 25
Voce
Punteggio
attributo
Compliance
Target
Diritti di voto
Diritti di voto attribuiti a soggetti rientranti nella definizione di black
people.
4
25% + 1 Voto
Diritti di voto attribuiti a donne rientranti nella definizione di black
people.
2
10%
Interesse economico nell’impresa
Black People
4
25%
Black women
2
10%
3
3%
Coinvolgimento nell’attività di impresa dei c.d black new entrants
2
2%
Percentuale del patrimonio netto detenuto da c.d. black people
8
25%
- black designated groups
- black participants in employee ownership schemes
- black beneficiaries of broad-based ownership schemes
- black participants in co-operatives
Management Control - Punteggio massimo 19
Descrizione
Punteggio
attribuito
Compliance
Target
Consiglio d’Amministrazione
Diritti di voto esercitati da c.d. black people
2
50%
Diritti di voto esercitati da c.d. black women
1
25%
Percentuale di black Executive directors
2
50%
Percentuale di black female Executive directors
1
25%
Executive Management
29
Black Executive Managers in percentuale rispetto al totale degli
executive directors
2
60%
Black women Executive Managers in percentuale rispetto al totale degli
executive directors
1
30%
Senior Management
Percentuale di black Senior managers
2
60%
Percentuale di black women Senior managers
1
30%
Middle Management
Percentuale di black people nel Middle Management
2
75%
Percentuale di black women nel Middle Management
1
38%
Junior Management
Percentuale di black Junior Managers
2
88%
Percentuale di black women Managers
1
44%
Impiego di disabili
Percentuale di black people con disabilità
2
2%
Skills Development - Punteggio massimo 25 (inclusi 5 punti bonus)
Punteggio
attribuito
Compliance
Target
Spesa in programmi per il miglioramento delle competenze tecniche del
personale c.d black specificati nel Learning Programmes Matrix for black in
percentuale rispetto al c.d. “leviable amount” (46)
8
6%
Spesa in programmi per il miglioramento delle competenze tecniche del
personale con disabilità c.d black specificati nel Learning Programmes Matrix
for black in percentuale rispetto al c.d. “leviable amount”
4
0.3%
Descrizione
Learnerships, Apprendistati e
Internships
Percentuale di personale black che partecipa a programmi di Learnership,
Apprendistato e Internships
4
2.5%
Il leviable amount è la remunerazione del dipendente dell’impresa come definita nello Skills Development Levies
Act (No 9 of 1999).
46
30
Percentuale di disoccupati c.d. black che partecipa a programmi di Learnership,
Apprendistato e Internships
4
2.5%
Punti bonus
Numero di soggetti apparteneti alla categoria c.d. black people che alla fine del
learnership programme vengono assunti dalla società
5
100%
Enterprise and Supplier Development - Punteggio massimo 44 (inclusi 4 punti bonus)
Descrizione
Punteggio
attribuito
Compliance
Target
Preferential Procurement
Percentuale di procurement con società Bee-compliant (Empowering Suppliers )
tenuto conto del livello BEE
5
80%
Percentuale di procurement con Empowering Suppliers che sono QSEs tenuto
conto del loro livello BEE
3
15%
Procurement con Exempted Micro Enterprises tenuto conto del loro livello BEE
4
15%
Percentuale di procurement con Empowering Suppliers che sono black owned
almeno al 51%
9
40%
Percentuale di procurement con Empowering Suppliers che sono black women
owned almeno al 30%
4
12%
Punti bonus
Procurement con Designated Group Suppliers che sono black owned almeno al
51%
2
2%
Supplier Development
Contribuzioni monetarie e non a vantaggio di value-adding suppliers (i.e.
Exempted Micro-Enterprises o Qualifying Small Enterprises che sono black
owned o black woman owned almeno al 51%) con l’obiettivo di contribuire al
loro sviluppo.
10
2% del Net Profit
after Tax
Enterprise Development
Valore annuale dei Sector Specific Programmes ed Enterprise Development
Programmes finanziati dalla società
5
Punti bonus
Passaggio da soggetto beneficiario di un Enterprise Development Programme
finanziato dalla società a soggetto destinatario del Supplier Development
31
1
1% del Net Profit
after Tax
Creazione di un o più posti di lavoro in conseguenza delle iniziative di Supplier e
Enterprise Development
1
Socio-Economic Development - Punteggio massimo 5
Descrizione
Valore del contributo della società alle attività di Socio-Economic
Development
Punteggio
attribuito
Compliance Target
5
1% del Net Profit after
Tax
Qualified Small Enterprise
Qualifying Small Enterprises - Proprietà Punteggio massimo 25
Descrizione
Punteggio
attribuito
Compliance
Target
Diritti di voto
Diritti di voto attribuiti a soggetti rientranti nella definizione di black
people.
5
25% + 1 Voto
Diritti di voto attribuiti a donne rientranti nella definizione di black
people.
2
10%
Interesse economico nell’impresa
Black People
5
25%
Black women
2
10%
Coinvolgimento nell’attività di impresa dei c.d. new entrants o dei
designated groups
3
2%
Percentuale del patrimonio netto detenuto da c.d. black people
8
25%
Management Control - Punteggio Massimo 15
Descrizione
Punteggio
attribuito
Compliance
Target
Executive Management
Rappresentanza percentuale di black managers nell’Executive
Management
5
50%
Rappresentanza percentuale di black women nell’Executive
Management
2
25%
32
Senior, Middle and Junior Management
Black senior, middle e junior managers
6
60%
Black women senior, middle e junior managers
2
30%
Skills Development - Punteggio totale 25
Punteggio
attribuito
Compliance
Target
Spesa in programmi per il miglioramento delle competenze tecniche del
personale c.d black specificati nel Learning Programmes Matrix for black in
percentuale rispetto al c.d. “leviable amount” (47)
15
3%
Spesa in programmi per il miglioramento delle competenze tecniche del
personale con disabilità c.d black specificati nel Learning Programmes Matrix
for black in percentuale rispetto al c.d. “leviable amount”
3
0.15%
Spesa in programmi per il miglioramento delle competenze tecniche del
personale specificate nel Learning Programmes Matrix for black female
employees
7
1%
Descrizione
Punti bonus
Numero di soggetti appartenenti alla categoria c.d. black people che alla fine del
learnership programme vengono assunti dalla società
5
100%
Punteggio
attribuito
Compliance
Target
Enterprise and Supplier Development - Punteggio massimo 30
Descrizione
Preferential Procurement
Percentuale di procurement con società Bee-compliant (Empowering Suppliers)
tenuto conto del livello BEE
15
60%
Percentuale di procurement con Empowering Suppliers che sono black owned
almeno al 51%
5
15%
Punti bonus
Procurement con Designated Group Suppliers che sono black owned almeno al
51%
1
1%
Supplier Development
Il leviable amount è la remunerazione del dipendente dell’impresa come definita nello Skills Development Levies Act
(No 9 of 1999).
(47)
33
Contribuzioni monetarie e non a vantaggio di value-adding suppliers (i.e.
Exempted Micro-Enterprises o Qualifying Small Enterprises che sono black
owned o black woman owned almeno al 51%) con l’obiettivo di contribuire al
loro sviluppo.
1% del Net Profit
after Tax
5
Enterprise Development
Valore annuale dei Sector Specific Programmes ed Enterprise Development
Programmes finanziati dalla società
1% del Net Profit
after Tax
5
Bonus points
Passaggio da soggetto beneficiario di un Enterprise Development Programme
finanziato dalla società a soggetto destinatario del Supplier Development
1
Creazione di un o più posti di lavoro in conseguenza delle iniziative di Supplier e
Enterprise Development
1
Socio-Economic Development - Punteggio Massimo 5
Descrizione
Valore del contributo della società alle attività di Socio-Economic
Development
34
Punteggio
attribuito
Compliance Target
5
1% del Net Profit after
Tax
Disclaimer
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tutte le parti potenzialmente interessate un’overview del framework legale nell’area di interesse
a soli scopi informativi; esso non costituisce un parere o una consulenza legale e non deve essere
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specifico.
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Per BonelliErede, l’Africa Team
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Corporate
sede principale: Milano
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