Testo Otto Simboli Mongoli maggio 2004
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Testo Otto Simboli Mongoli maggio 2004
OTTO SIMBOLI MONGOLI Capitolo XXI “Il prigioniero della miniera” Nella baracca senza finestre dove la luce diurna filtrava attraverso le assi male assemblate, Youri Pakhomov, seduto per terra con i polsi ammanettati intorno a una delle travi verticali che sorreggevano il tetto, ripensava ai particolari del suo piano accuratamente studiato durante quei ventidue giorni di claustrofobico isolamento. Cinquecentotrenta ore inframmezzate da brutali torture da sempre in uso presso le popolazioni che avevano subito il dominio turco. E non solo da quelle poiché lui conosceva bene i sistemi, ai quali ricorre l’essere umano nei conflitti sotto tutte le latitudini. Grazie al lungo addestramento nei corpi speciali degli incursori, Youri era riuscito a resistere e non aveva mai rivelato quello che i suoi aguzzini volevano sapere. Però sentiva di essere al limite della resistenza. Adesso era giunto il momento di attuare il piano a lungo meditato durante il suo calvario. Da alcuni giorni i suoi carcerieri erano convinti che lui fosse all’ultimo stadio di debilitazione. Ormai lo ritenevano innocuo. Infatti una volta al giorno, ne arrivava uno solo a portargli il misero rancho che lo teneva in vita. Alla solita ora, la porta si aprì e comparve l’erculeo rumeno, armato di una Tokarev calibro 762, infilata nella cintura. Posò a terra il contenitore del cibo: tirò fuori la chiave per liberargli un polso e 171 assicurargli l’altro alla maniglia che sporgeva dalla trave. Era quello l’attimo che Youri aspettava. Il suo piede destro scattò all’improvviso e lo colpì al basso ventre. Allo stesso tempo con il braccio liberò sferrò un tremendo colpo di karatè alla gola del carceriere che si afflosciò a terra senza un lamento con la carotide spezzata. Youri prese la chiave delle manette ancora nella mano del morto e si liberò. Recuperò anche il cellulare satellitare che l’uomo portava in una custodia assicurata alla cintura. Si impadronì della pistola e gettò la paglia che gli serviva da giaciglio sul cadavere. Sapeva bene dove dirigersi. A quell’ora i minatori di Marai si trovavano nella immensa voragine a cielo aperto o dormivano nelle baracche dopo i turni estenuanti. Il deposito degli esplosivi si trovava a pochi metri dalla sua prigione. In due balzi arrivò dietro alla baracca. Individuò l’asse più marcia e la sfondò con un calcio. All’interno le casse di TNT ( trinitrotoluolo) erano ammonticchiate e ingombravano il piccolo abitacolo. Individuò quella che conteneva i rotoli di miccia e ne prese uno che incominciò a stendere dopo averlo legato a una cassa di esplosivo. Poi uscì da dove era entrato tirandosi dietro la miccia. Strisciando carponi stese tutto il rotolo fino a un grande masso dietro al quale trovò riparo. Intorno non si vedeva nessuno. Una fortuna inimmaginabile lo stava proteggendo. Neppure nei sogni più consolanti di quelle cinquecento ore avrebbe osato sperare tanto. 172 Accucciato dietro la grande pietra, Youri vide la scarpata che lo separava dalle jeep. Doveva agire subito. Accese con l’accendino, preso dalle tasche del morto la cima della miccia che prese fuoco immediatamente. E poi si lasciò andare a rotoloni giù per la scarpata. Le jeep erano a pochi metri: l’esplosione avvenne quando Youri era riuscito a infilarsi sotto una di esse. Immaginò l’immane bagliore provocato da alcune tonnellate di esplosivo. E la confusione nel campo e nella miniera suscitata dal frastuono assordante. Data la distanza del deposito dalle baracche dormitorio e dalle terrazze della miniera, quasi sicuramente l’esplosione non aveva provocato vittime, ma gli dava modo di andarsene con qualche margine di tempo, coperto dal fatto che la sua prigione, tanto vicina al deposito, si era disintegrata.. Youri sgusciò sulla jeep. Collegò i contatti elettrici e partì senza voltarsi lungo la pista sconfinata sollevando nuvole di polvere. -----------------------------------------------------L’appuntamento con l’elicottero Mil Mi 24 Hind D, armato di cannoni e missili era stato convenuto tramite il satellitare. Youri aveva preso contatto con il canale riservato alle emergenze militari tramite il portatile rubato al suo carceriere. Ma a circa trenta chilometri dal luogo convenuto, dove avrebbe atteso l’atterraggio dell’elicottero, la jeep lo piantò in asso per mancanza di carburante. L’uomo imprecò. Diede un calcio all’ultima tannica vuota e richiamò la base per segnalare la sua posizione. L’ordine fu di rimanere accanto alla jeep per essere più facilmente rintracciato. 173 Nella notte limpida, il Khovsgol Nuur era un’estensione liquida molto scura. Alte vette dalle cime innevate dominavano quel paesaggio che in altro momento avrebbe catturato l’ammirazione del fuggiasco. Ma Youri era al limite dello sfinimento. Stava seduto al volante, al quale si appoggiò vinto dalla stanchezza e dal digiuno. Si svegliò perché qualcuno lo scuoteva. Pensò che fossero i piloti dell’elicottero, ma le voci dei due uomini, poco visibili nel buio, parlavano in lingua mongola e lui non li capiva. Allora il più alto che indossava una divisa militare gli parlò in russo. E gli chiese i documenti di identificazione. Dato che ne era sprovvisto, senza altri indugi, lo spinsero su una specie di furgone che prese la direzione opposta lasciando la zona del lago circondato dalle foreste. --------------------------------------------------------Nel suo lussuoso ufficio all’Ambasciata Russa, Elena parlava al telefono in tono contrariato al Capo della polizia di Ulaan Baataar. “ Mi rendo conto delle perplessità causate dall’arresto di un mio compatriota, sperduto e senza documenti su una jeep rubata. Per chiarire questa strana vicenda sarà necessario che io possa avere un colloquio con lui. Però dubito, eccellenza, di riuscire ad avere le informazioni necessarie in presenza di terzi.” Un prolungato silenzio precedette le parole dell’alto poliziotto. “ Non è possibile, signor ambasciatore: sarebbe contro i nostri regolamenti. Il colloquio dovrà avvenire in mia presenza.” “ Va bene, sarò da lei entro un’ora.” ------------------------------------174 Il volto dell’alto ufficiale mongolo mostrava l’evidente preoccupazione per quello strano caso che poteva avere gravi ripercussioni diplomatiche. Da tempo, in quella miniera si verificavano situazioni sospette che non lo lasciavano tranquillo. D’altra parte, la concessione governativa, rilasciata alla società del Brunei era del tutto regolare e, per il momento, lui aveva le mani legate. “ Il suo compatriota è stato trovato su un mezzo privo di benzina, appartenente alla società che gestisce la miniera di Marai, in uno stato di evidente deperimento fisico e di confusione mentale. Ha dichiarato di chiamarsi Youri Pakhomov e risulta regolarmente ingaggiato come minatore. Devo avvertirla che ieri a Marai è saltato il deposito degli esplosivi causando una gravissima frana. Tutta l’attività della miniera, per il momento, è sospesa. Il Responsabile tecnico, il geologo serbo Ianos Misic, invierà fra poche ore la sua versione dei fatti.” “ Allora non mi resta che attendere il risultato dell’indagine condotta dall’ingegner Misic che ho conosciuto tempo fa durante un ricevimento.” Elena prese commiato assicurando il Capo della Polizia che avrebbe informato subito il Direttore Generale del Ministero degli Esteri a Mosca, e dopo aver ottenuto la promessa che l’indagato sarebbe stato trasferito in un’infermeria per ricevere le cure necessarie. -------------------------------------------La versione di Janos Misic fu tecnicamente precisa. Il deposito dell’esplosivo era saltato in seguito all’incompetenza di un addetto ai lavori, il quale era entrato nella baracca a prelevare una scatola di 175 detonatori fra i quali, ce n’era uno difettoso che aveva provocato la deflagrazione. In seguito a ciò, Pakhomov, terrorizzato, era fuggito in stato confusionale. L’ambasciatore russo, informato di questa spiegazione, chiese l’immediata consegna del minatore Youri Pakhomov, il quale venne rimpatriato con il primo volo dell’Aeroflot per Mosca. Elena tirò un sospiro di sollievo e ricevette una telefonata di encomio da Mosca per la brillante soluzione della spinosa vicenda. L’elicottero Mil Mi 24 Hind D, ultra armato aveva inutilmente sconfinato da Irkutsk fino al magnifico lago nel Khovsgol, regione della Mongolia settentrionale molto vicina alla Russia. Il rapporto dell’agente segreto, che rispondeva al nome fittizio di Youri Pakhomov, era stato attentamente esaminato alla sede dell’FSB e confermava tutte le informazioni raccolte dall’ambasciatore russo in Mongolia. Adesso bisognava elaborare una strategia di partecipazione occidentale all’utilizzo delle risorse asiatiche che, almeno in apparenza, si adeguasse agli interessi delle popolazioni di quei territori. Dalle ceneri del Grande Gioco del diciannovesimo secolo doveva emergere il giusto insegnamento per non ricadere negli errori del passato. Quello del ventunesimo secolo forse poveva ottenere migliori risultati tramite accordi diplomatici in grado di eliminare le tragedie belliche di quel gioco che in Russia era stato chiamato“ Il Torneo delle Ombre”. 176 Forse! Poiché nonostante i millenni insanguinati da guerre inutili, i potenti della Terra continuavano a coordinare massacri. 177