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ROMA. In Italia la dieta mediterranea è
ormai in minoranza. Pasta, verdure e
olio d'oliva lasciano sempre più spazio a
carni e dolci, soprattutto nel piatto dei
più giovani, «L'indice di adeguatezza
mediterraneo misura l'aderenza del nostro mangiare ai principi della dieta mediterranea. Cinquant'anni fa nel nostro
paese viaggiava tra otto e dieci, a seconda delle regioni. Ora è inferiore a due.
Quasi come negli Stati Uniti, dove è meno di uno» spiega Antonino De Lorenzo,
professore di Alimentazione e nutrizione umana all'università romana di Tor
Vergata e direttore dell'Istituto nazionale per la dieta mediterranea e la nutrigenomica.
Secondo uno studio da lui coordinato
e pubblicato sulla rivista Eating and
weight disorders, le regole della nostra
cucina tradizionale vengono seguite ormai solo dal 43% degli italiani: dal
53,1% degli adulti tra 55 e 64 anni e solo dal 32,8%dei ragazzi trai 15 e i 24 anni. Il 23% delle persone preferisce la cosiddetta "dieta occidentale", carica di
carne e proteine, con i giovani che que-
Prende sempre più piede
il regime "all'occidentale"
che predilige le proteine
alla pasta e alle verdure
sta volta sono in vantaggio (31%) rispetto agli adulti fra 55 e 64 anni
(16%). Un italiano su tre, infine, segue
una dieta classificata come "povera di
frutta e verdura", con in media una o
due porzioni alla settimana di piatti di
origine vegetale. Si tratta soprattutto
di persone che mangiano spesso fuori
casa. A questi due ultimi regimi alimentari è associato un tasso di obesità più alto rispetto alla dieta mediterranea. «E
sappiamo dalle ricerche che l'aspettativa di vita a 40 anni negli obesi è inferiore di 6-7 anni rispetto alle persone con
peso normale» aggiunge De Lorenzo.
L'indice di adeguatezza mediterranea fu elaborato alla fine degli anni'50
dai "codificatori" della dieta mediterranea: i ricercatori di quel "Seven Countries Study" che per primo cercò la relazione fra il modo di mangiare di Italia,
Grecia e Dalmazia e il tasso ridotto di
malattie cardiovascolari. Si calcola come il rapporto fra le calorie assunte con
carboidrati (pane, cereali, legumi, patate) e "cibi protettivi" (vegetali, frutta,
pesce, vino rosso e olio d'oliva) rispetto
alle calorie assunte con prodotti di origine animale e dolci «È una formula generale, che tiene conto di altre diete, paragonabili a quella mediterranea e altrettanto benefiche» spiega Alessandro Menotti, che del Seven Countries Study è
uno dei fondatori. «La dieta giapponese
ad esempio non ha pane e pasta, ma li
sostituisce con il riso. Allo scarso consumo di carne dei paesi del sud Europa
contrappone grandi quantità di pesce,
e gli effetti sono benefici ugualmente. A
dimostrazione che la dieta mediterranea non è un menù, ma un modello nutrizionale». Modello che Menotti traduce in una formula: «Pochi alimenti di origine animale, molti di origine vegetale.
Dove il pesce è compreso fra questi ultimi».
Alla ricerca delle vere caratteristiche
della dieta mediterranea in Italia è andata negli ultimi anni Laura Di Renzo,
professoressa di nutrizione clinica a Tor
"Dai prodotti dell'orto alla
cottura lenta e con le erbe:
diventa minoranza non solo
un menu, ma uno stile di vita"
Vergata. «Abbiamo intervistato un
gruppo di nonne tra 70 e 105 anni che ci
hanno raccontato i segreti delle loro ricette: verdure dell'orto, spezie ed erbe
di campo, cotture lunghe a temperature non eccessive e, non da ultimo, grande convivialità a tavola».
Il crollo dell'indice di adeguatezza
mediterranea e l'aumento dell'obesità
in Italia (arrivata al 10%, oltre al 32%
del sovrappeso) vengono descritte da
De Lorenzo come una vera e propria piaga per la nostra salute, «I dati Istat ci
parlano di un aumento di 66mila decessi in Italia rispetto al 2014. Uri ipotesi è
che il peggioramento del nostro modo
di mangiare sia fra le cause». Alla base
del deterioramento della dieta mediterranea, secondo il professore, «ci sono le
pressioni delle "diet industries" e dei
mass media. Ma quante vite dobbiamo
perdere prima di tornare a un modo di
mangiare sano?»,
"Ma è la pigrizia dei quarantenni
il vero nemico del mangiar bene"
IRENE MARIA SCALISE
. La dieta mediterranea
scompare dai nostri piatti «soprattutto per una questione di
pigrizia». Non ha dubbi Ciccia
Sultano, chef doppia stella Michelin a Ragusa Ibla.
Una ricerca fotografa il crollo della dieta mediterranea.
Cosa nota dal suo osservato-
rio?
«Purtroppo è vero. Un esempio banale: dai piatti è completamente scomparsa la verdura
in foglia che fa benissimo. Se si
guarda nei sacchetti della spesa c'è solo l'insalata in busta».
Perché?
«Per un banale fatto di pigrizia, che è la prima malattia della cucina. Non ci vuole una mas-
saia per pulire un broccolo, ma
nessuno ha più voglia di farlo e
si inventa la scusa del poco tempo».
Ed è effettivamente un fatto
generazionale?
«Dopo i 50 anni si mangia
con più attenzione. I peggiori
sono quelli tra i 30 e i 40 anni,
che stanno disimparando e
non insegnano una sana alimentazione neppure ai figli».
I bimbi capiscono cosa è buono?
«Certamente. Io mia figlia
l'ho educata e, anche se a casa
di amici le capita di trovare merendine, sa perfettamente
quel che è sano o no».
Il suo ristorante il Duomo è a
Ragusa Ibla, dove gli ingredienti di qualità non mancano. Cosa consiglia a chi vive
altrove?
«Tante verdure, pesce azzurro due volte la settimana, pollo
e carne rossa».
Le quantità?
«Poco di tutto. Solo mangiando poco si gode del cibo, naturalmente se è buono».
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