Il nazismo e la «soluzione finale
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Il nazismo e la «soluzione finale
Shoah Il nazismo e la «soluzione finale» Classi 5 G/5 H Liceo Scientifico Statale «Gaspare Aselli» Cremona A cura del Prof. Marco Paolo Allegri 1 Arianesimo, antisemitismo, «soluzione finale del problema ebraico» (La conferenza del Grosser Wannsee, in E. Collotti, La seconda guerra mondiale, Loescher, Torino 1973. E. Collotti, Lo Stato delle SS, in La Germania nazista, Einaudi, Torino 1962). L’ antisemitismo è una componente essenziale dell’ ideologia e dell’ azione politica di Hitler e del nazismo. Ne «La mia battaglia» (1925) vi sono gli orientamenti essenziali che Hitler cercherà poi di realizzare una volta arrivato al potere (1933): 1. L’ obiettivo dell’ espansione territoriale ad Est; 2. La convinzione del complotto ebraico-bolscevico come causa di tutti i mali; 3. La necessità della purezza della razza ariana. Antisemitismo: il «teorico» Chamberlein e il «politico» Hitler furono l’ un l’ altro devoti ammiratori. Chamberlein pubblica nel 1900 i «Fondamenti del XIX secolo» in cui parla degli ebrei come di un popolo di stranieri, dimenticando che la loro cultura è, da secoli, parte integrante ed essenziale della cultura europea. Egli ravvisa negli ebrei una perfidia subdola, che mira ad inquinare intenzionalmente il sangue indo-europeo e a mantenere la propria purezza. E’ su queste convinzioni che si regge la denuncia nazista del presunto complotto ebraico mondiale. 2 Ora, se Hitler professa la superiorità della razza germanica (ariana) e ne sostiene il diritto al dominio, gli occorre una «teoria della razza» che sia in grado di legittimare l’ asservimento, lo sfruttamento delle risorse umane, una volta conquistate e soggiogate: slavi, ebrei. Ed è con l’ ascesa al potere di Hitler che inizia la persecuzione sistematica degli ebrei, sino allo sterminio programmato nei campi di concentramento. Sterminio scientificamente programmato, che rientrava in un progetto di sfruttamento integrale delle energie degli uomini asserviti (schiavi) in ragione della loro (presunta) inferiorità razziale, anche se né nel mondo antico né nel mondo moderno, dall’ Impero romano alle piantagioni della Virginia, la schiavitù ha mai raggiunto la concezione dello schiavo come unità produttiva da utilizzare sino alla consunzione ed alla morte, potendo esser semplicemente sostituito. Per la verità, l’ antisemitismo nacque nel Medioevo, assumendo diverse connotazioni nelle varie età. Contraddistinto da ostilità, diffidenza, odio, avversione, esso si scaglia contro l’ «altro», il «diverso», il «capro espiatorio». I sentimenti di ostilità e di ripulsa crescono quando la società è in crisi o in pericolo nella sua stabilità, nella sua identità, nel suo ordine. Tali sentimenti patologici sono esasperati oltre ogni limite dai nazisti. Costoro se ne servono prima come strumento di lotta e propaganda politica (dando agli ebrei la colpa della crisi economica tedesca alla fine della Grande Guerra) e poi se ne servono per giustificare le spoliazioni ai loro danni. E appena salito al potere, Hitler si impegna strenuamente in una violenta campagna che mira a suscitare l’ odio dei tedeschi contro gli ebrei. E’ del 1933 l’ ordinanza del Partito nazionalsocialista: lì vi sono precise direttive per 3 iniziare quella persecuzione che culminerà qualche anno dopo con lo sterminio di milioni di ebrei: l’ Olocausto, la Shoah, la catastrofe. Nell’ ordinanza nazista (vero e proprio manifesto dell’ odio razziale) si parla di una campagna d’ odio che sarebbe stata condotta dagli ebrei contro i tedeschi, e si minaccia il boicottaggio ai danni delle attività commerciali degli stessi ebrei. Si preannuncia la loro esclusione dalle scuole e dalle professioni di medico e avvocato. Nel frattempo i nazisti avevano deciso il destino di milioni di ebrei: uno sterminio scientificamente programmato. Nel 1935, con le leggi di Norimberga, Hitler priva gli ebrei della cittadinanza e inizia le persecuzioni. Gli ebrei non possono contrarre matrimonio o avere rapporti sessuali con ariani. Misure vessatorie (la stella gialla sul vestito) isolano le comunità ebraiche e preludono a veri e propri pogrom, culminati nella «notte dei cristalli» (novembre 1938): negozi distrutti, sinagoghe incendiate, morti, deportati nei lager. E’ proprio nel 1938 che si definisce la «soluzione finale», lo sterminio della razza ebraica, il genocidio. E alla soluzione finale, all’ antisemitismo, si connette il recupero, da parte di Hitler, della tesi già prussiana, dello «spazio vitale», una concezione politica che postulava l’ “urgenza”, per il popolo tedesco, di conquistare altri territori, soprattutto nell’ Europa orientale, in vista della sua affermazione sulla scena europea e mondiale, evitando alla Germania di essere soffocata dagli scomodi e potenti vicini. Il pangermanesimo sosteneva da tempo (la «spinta verso Oriente») l’ esigenza enfatizzata dall espansionismo di Hitler, il quale, ne «La mia battaglia», prevedeva la conquista di territori europei, più che d’oltremare. 4 Il 1° settembre del ’39 l’ esercito tedesco invade la Polonia e avvia la seconda guerra mondiale. L’ espansione tedesca procede ben oltre la rivendicazione delle terre abitate da popolazioni di lingua tedesca. Il nazismo vuole, in realtà, conquistare e assoggettare altri popoli. La superiorità del popolo tedesco esige lo sfruttamento totale dei popoli inferiori. L’ Europa deve essere sottoposta ad un programma secondo il quale i popoli inferiori lavoreranno a beneficio del popolo dei dominatori. La «spinta ad Oriente», e poi il dominio su tutta l’ Europa (esteso alle popolazioni industrializzate), avrebbero dato un vantaggio economico superiore a quello dello sfruttamento di popolazioni extraeuropee. Su tali progetti si innestano le teorie di Chamberlain. L’ ariano, l’ indoeuropeo, è il bello. Il semita, l’ ebreo, è l’ opposto. Dio è incarnato nella razza germanica, il diavolo in quella ebraica. Razza germanica e razza ebraica sono le sole razze pure. Esse esprimono la lotta tra il bene e il Male. In mezzo c’ è un coacervo di razze imbastardite, di meticci. Nietzsche ha definito l’ antisemitismo come la concezione del mondo di «coloro che sono in svantaggio». Hitler psicopatico, disadattato, disoccupato per propria colpa: tali motivazioni sono sufficienti a dare spiegazioni? L’ odio fanatico di Hitler per gli ebrei supera ogni tentativo di spiegazione razionale, politica o pragmatica che sia. 5 I campi di concentramento nazisti I campi di concentramento furono luoghi di reclusione e di sterminio. Essi costituirono misure coercitive e coatte cui ricorsero i Paesi in guerra nei confronti dei militari nemici catturati o dei civili stranieri residenti sui territori nazionali. Il nazismo usò di un tale strumento repressivo con una crudeltà che non ha precedenti. Sin dal 1933 Hitler avviò l’ internamento degli oppositori del nazismo in «campi di custodia». I campi si moltiplicarono e, fino al 1939, vi furono rinchiusi decine di migliaia di dissidenti, omosessuali, e cosiddetti «individui asociali». Tali detenuti, costretti ad un regime di estenuante lavoro, sarebbero morti in buona parte di stenti e di denutrizione. Dopo l’ invasione della Polonia, nel 1939, furono rinchiusi nei campi nazisti, milioni di polacchi, prigionieri di guerra sovietici, zingari e «partigiani» dei Paesi occupati. Fu avviata, nello stesso tempo, la persecuzione antisemita, e milioni di ebrei subirono la «soluzione finale», lo sterminio dell’ intera razza ebraica. Fu avviato il genocidio degli ebrei nei campi di sterminio, ove le camere a gas eliminavano centinaia di vittime alla volta e i cadaveri venivano bruciati in forni crematori che funzionavano a pieno ritmo. I campi di concentramento erano costituiti da ampi spiazzi nei quali si effettuavano le adunanze e le punizioni pubbliche, e da baracche in legno nelle quali venivano ammassati tanti prigionieri da superarne ampiamente la capienza. Il perimetro 6 dei campi, situati in località lontane da centri abitati, era delimitato da barriere di filo spinato percorse da corrente elettrica ad alta tensione e sorvegliate da torrette munite di mitragliatrici. Numerosi prigionieri vennero utilizzati come cavie umane per una serie di esperimenti eugenetici e molti morirono a causa della totale mancanza di precauzioni igieniche e di cure mediche: il tifo spadroneggiò nei campi nazisti. Non è possibile stabilire con precisione la cifra delle vittime dei campi di sterminio nazisti, che sono valutate comunque in varii milioni, Altrettanti, e forse ancor di più, furono coloro che morirono nei gulag comunisti. Riguardo allo sterminio radicale degli ebrei, il programma della «soluzione finale» divenne operativo con la pianificazione decisa tra la fine del 1941 e l’ inizio del 1942. Si tenne, al riguardo, una riunione il 20 gennaio del 1942 al Grosser Wannsee, fuori Berlino, cui parteciparono i maggiori responsabili dell’ operazione. 7 La Conferenza del Grosser Wannsee … «Il capo della polizia di sicurezza e del Servizio di sicurezza, Heydrich, comunica all’ inizio la sua nomina a incaricato per la preparazione della soluzione finale del problema ebraico in Europa, nomina conferitagli dal Maresciallo del Reich (Hermann Göring), e fa rilevare che i signori presenti sono stati invitati alla riunione per chiarire punti d’ importanza fondamentale. Il desiderio del Maresciallo del Reich di avere un prospetto degli impegni organizzativi, pratici e materiali relativi alla soluzione finale del problema ebraico in Europa richiede un’ elaborazione comune preliminare da parte di tutte le autorità centrali direttamente interessate, in vista di una condotta parallela delle iniziative. Nell’ elaborazione della soluzione finale del problema ebraico, prescindendo da confini geografici, la competenza centrale è del Reichführer-SS e capo della polizia tedesca (capo della polizia di sicurezza e del Servizio di sicurezza). Il capo della polizia di sicurezza e del Servizio di sicurezza fa poi una breve rassegna della lotta sinora condotta contro questi avversari. I meriti essenziali sono dati: a) dalla cacciata degli ebrei dai singoli settori vitali del popolo tedesco; b) dalla cacciata degli ebrei dallo spazio vitale tedesco Nel corso di questa lotta si diede inizio, come unica soluzione provvisoria possibile, all’ emigrazione accelerata e 8 su vasta scala, secondo un programma, degli ebrei dal territorio del Reich. Per ordine del Maresciallo del Reich, nel gennaio 1939 venne istituita una centrale del Reich per l’ emigrazione ebraica, la cui direzione fu affidata al capo della polizia di sicurezza e del Servizio di sicurezza. Aveva i seguenti compiti particolari: a) prendere tutte le misure per l’ emigrazione su vasta scala degli ebrei; b) incanalare la corrente migratoria; c) accelerare l’ esecuzione dell’ emigrazione nei singoli casi. Queste misure tendevano a sgomberare gli ebrei dallo spazio vitale tedesco per via legale. Tutte le autorità si rendevano conto degli svantaggi derivanti da codesta emigrazione forzata. Ma non esistendo altre soluzioni, essa dovette essere per il momento accettata … Con l’ autorizzazione del Führer, è ora subentrata al posto dell’ emigrazione, come ulteriore soluzione possibile, l’ evacuazione degli ebrei verso Est. Questi provvedimenti devono essere considerati di ordine puramente tattico, ma sin da questo momento ci consentono di raccogliere quelle esperienze pratiche che rivestono grande interesse per la futura soluzione finale del problema ebraico. … Nel quadro della soluzione finale, gli ebrei dell’ Est dovranno essere utilizzati, sotto un’ adeguata direzione, in modo adeguato. In grandi colonne, distinte per sesso, gli ebrei abili al lavoro saranno avviati in questi territori alla costruzione di strade; senza dubbio gran parte di essi verrà a mancare per selezione naturale. L’ eventuale residuo – e si 9 tratterà senza dubbio degli elementi di maggiore resistenza – dovrà essere opportunamente trattato < cioè eliminato >, perché in caso di liberazione, essendo il prodotto di una selezione naturale, esso formerebbe la cellula germinale di una rinascita ebraica (vedi l’ esperienza della storia). Nel corso dell’ attuazione pratica della soluzione finale, l’ Europa sarà rastrellata da occidente a oriente. Il territorio del Reich, compreso il protettorato di Boemia e Moravia, dovrà avere la precedenza, se non altro per la questione degli alloggi e per altre necessità di ordine politico-sociale. Gli ebrei evacuati saranno trasferiti di volta in volta nei cosiddetti ghetti di passaggio, per essere di lì trasferiti verso l’ Est. Per attuare l’ evacuazione – così continua l’ Obergruppenführer Heydrich – è premessa fondamentale identificare con esattezza le persone interessate. Non s’ intende procedere all’ evacuazione degli ebrei di età superiore ai 65 anni; questi saranno invece trasferiti in un ghetto per vecchi – sai prevede Theresienstadt … L’ inizio delle singole azioni d’ evacuazione su scala piuttosto vasta dipenderà in larga misura dagli sviluppi bellici. Per quanto concerne la soluzione finale nei territori europei da noi occupati, o sottoposti alla nostra influenza, si propone che gli incaricati del problema ebraico presso il ministero degli esteri conferiscano con i competenti responsabili della polizia di sicurezza e del Servizio di sicurezza». 10 Lo stato delle SS (E. Collotti) “La data del novembre 1938 è passata alla storia come la «notte dei cristalli», a definire l’ azione indirizzata alla devastazione di negozi e proprietà ebraici. Due giorni dopo l’ attuazione di questa spedizione punitiva, Heydrich, il regista delle manifestazioni antisemite, poteva presentare al maresciallo Göring un sostanzioso per quanto provvisorio bilancio: una prima parziale valutazione faceva ascendere a 815 i negozi ebrei distrutti, a 29 i grandi magazzini incendiati, a 171 le case di abitazione date alle fiamme o distrutte, a 191 le sinagoghe incendiate. Contemporaneamente erano stati arrestati 20 000 ebrei, 36 erano stati uccisi, altri 36 feriti gravemente … le manifestazioni spontanee di furore antisemita erano in realtà accuratamente organizzate e indirizzate verso obiettivi ben deliberati. Al processo di Norimberga fu rivelato anche il protocollo stenografico di una riunione dei ministri del Reich avvenuta il 12 novembre 1938 sotto la presidenza dell’ infaticabile Göring … per il quale l’ esistenza stessa degli ebrei era un’ intollerabile provocazione nei confronti dei purosangue ariani … non perse neppure questa occasione per dare sfogo al suo estremismo suggerendo di imporre agli ebrei le più assurde umiliazioni; per prima cosa essi avrebbero dovuto eseguire a loro spese la demolizione delle sinagoghe incendiate; gli ebrei non avrebbero potuto frequentare né teatri né cinematografi pubblici, né luoghi di villeggiatura tedeschi, né ospedali 11 comuni, né giardini pubblici. Si discusse inoltre seriamente sulla necessità che il ministero dei Trasporti istituisse nelle ferrovie speciali scompartimenti per gli ebrei … Come se tutto ciò non fosse ancora sufficiente, Heydrich propose che agli ebrei fosse imposto un contrassegno particolare (Göring lo interruppe: «un’ uniforme!»): in tal modo si sarebbero create automaticamente le premesse per la costruzione dei ghetti. Per concludere, agli ebrei veniva imposto un tributo collettivo di un miliardo di marchi «quale punizione per gli odiosi crimini». Lo stato delle cose, in definitiva, non poteva essere scolpito meglio di quanto fecero le critiche e beffarde parole con le quali Göring riassunse il punto della situazione: «Non vorrei essere un ebreo in Germania». Se quindi fino a quel momento la persecuzione era rimasta al livello episodico e individuale, dopo il novembre del 1938 essa assumeva il carattere collettivo e sistematico che doveva trovare il suo culmine corale nella tragedia di Auschwitz o di Theresienstadt, del ghetto di Varsavia o di Treblinka.. In quelle stesse settimane ebbero inizio le prime deportazioni im massa: Buchenwald accolse le prime migliaia di deportati ebrei. Nonostante queste misure, la soluzione del problema ebraico non era stata ancora trovata. Hjalmar Schacht, il quale non rinunciò neppure in questa occasione a fornire il sussidio dei suoi lumi tecnici alla politica del nazismo, suggerì il mezzo per depredare gli ebrei con il massimo profitto per il Reich, proponendo di far finanziare l’ emigrazione aebraica mediante un prestito internazionale ottenuto grazie alla garanzia dei beni della stessa comunità ebraica. Ma i tempi stringevano verso lo studio di una soluzione organica. Un passo avanti in questo senso fu compiuto dopo che l’ occupazione dell’ Austria e della Cecoslovacchia ebbe 12 portato nell’ ambito del Reich anche le grosse comunità ebraiche di quei paesi; fu allora che Heydrich affidò a un funzionario del servizio di sicurezza, il quale si era già distinto a Praga nella creazione di un ufficio centrale per l’ emigrazione ebraica, Adolf Eichmann, l’ incarico di reggere il dipartimento degli affari ebraici presso la centrale del Servizio di sicurezza. Lo scoppio della guerra inasprì quindi la situazione: da una parte creò condizioni sempre più proibitive per gli ebrei all’ interno del Reich, che nel gennaio del 1941 furono costretti a portare come segno distintivo la stella gialla e nell’ ottobre dello stesso anno furono sottoposti a lavoro coatto per l’ economia di guerra; dall’ altra, abbandonando all’ arbitrio dei nazisti i 3 milioni di ebrei polacchi, doveva porre gli uomini del Terzo Reich dinanzi ad un banco di prova decisivo: avrebbero essi osato spingersi sino alle conseguenze ultime delle loro teorie di superiorità razziale o si sarebbero arresi all’ evidenza dell’ assurdità dei loro progeti discriminatori? Nel primo periodo della guerra sembrò affermarsi, per suggerimento di Eichmann e di Heydrich, l’ idea di servirsi della Polonia per farne un ghetto colossale, evacuando nella zona tra la Vistola e il confine dell’ Unione Sovietica tutti gli ebrei del Reich, dell’ Austria e del protettorato di Boemia e Moravia. Più tardi Eichmann fu incaricato di riprendere in considerazione nei concreti dettagli un vecchio piano di evacuazione degli ebrei nel Madagascar, che tornava ora di attualità essendo la grande isola dell’ Oceano Indiano sotto il controllo della Francia di Vichy asservita alla Germania. Ma anche questo piano risultò superato dall’ impossibilità di dominare le difficoltà create dalla presenza nell’ Europa occupata di tanti milioni di ebrei: la politica nazista era caduta in un vicolo cieco; le razzie e le 13 spoliazioni nei paesi invasi trovavano pur sempre un limite in alcuni milioni di bocche inutili da sfamare, come aveva chiaramente e ripetutamente lamentato Hans Frank. Le deportazioni, il lavoro forzato, gli esperimenti su cavie umane, la vita umiliante e degradante dei ghetti non erano ancora sufficienti all’ eliminazione fisica della razza inferiore, la cui sussistenza accresceva le forze di resistenza e la carica d’ odio nei confronti degli occupatori nazisti. Nell’ impossibilità di addivenire all’ evacuazione delle popolazioni ebraiche maturò quindi l’ idea dello sterminio, della loro estirpazione fisica e biologica: il Giftpilz, il «fungo velenoso», come era definito l’ ebreo in un libro di lettura diffuso nelle scuole tedesche, doveva essere sradicato una volta per tutte. Un mese e mezzo dopo l’ aggressione contro l’ Unione Sovietica, che segnò anche il passaggio della guerra a forme di indiscriminata brutalità contro intere popolazioni, il 31 luglio 1941 il maresciallo Göring incaricava Heydrich di «disporre tutti ipreparativi necessari dal punto di vista organizzativo, pratico e materiale per una soluzione complessiva della questione ebraica nei territori d’ Europa sotto influenza tedesca», con il compito di sottoporre al più presto un progetto per l’ attuazione della divisata «soluzione finale». Un altro documento esibito al processo di Norimberga, il cosiddetto Wannsee-Protokoll, fornisce ragguagli più precisi circa i termini della «soluzione finale», come risultato appunto dei piani elaborati da Heydrich e dai suoi collaboratori. Il 20 gennaio 1942 Heydrich chiarì a un consesso di alti funzionari delle SS e dei dicasteri interessati gli obiettivi della Endlösung nei confronti di 11 milioni di ebrei d’ Europa, ivi compresi gli ebrei dei paesi alleati della Germania, a cominciare dall’ Italia: ossia il loro trasferimento 14 in massa verso l’ oriente russo e il loro impiego come manodopera per conto del Terzo Reich. Ciò significava semplicemente che erano state finalmente scelte le modalità pratiche per l’ eliminazione degli ebrei, ossia l’ annientamento mediante il lavoro. Da questo momento la macchina di distruzione e di morte messa in moto da Heydrich, il quale peraltro ai primi di giugno del 1942 soccombeva alle ferite riportate in un attentato tesogli da patrioti cèchi, e dai suoi collaboratori, con alla testa Eichmann, non doveva conoscere sosta. Con l’ inizio delle deportazioni e delle eliminazioni in massa l’ istituzione già così mostruosa dei campi di concentramento si trasformò in una immane fabbrica della morte, dai cui comignoli si spirigonava il fumo di centinaia di forni crematori, sinistro simbolo della fertile inventiva di tecnici e scienziati postisi al servizio di un regime spietato senza nome. Il Reich millenario non seppe creare altre testimonianze della sua opera, altri monumenti più duraturi dei campi di concentramento. Un testimone diretto della vita e delle sofferenze di un Lager, Eugen Kogon, così descrive questo singolare simbolo del Terzo reich: Fu progettato in effetti uno Stato delle SS, e i campi di concentramento ne furono un ‘ orribile stampo – le celle intorno al circo massimo del Reich millenario, nella cui pista grossdeutsch veniva gettata, alla vista di una collettività popolare in parte entusiasta, in parte costretta, la libertà destinata alla morte sotto gli zoccoli di quella spaventosa quadriga – adorazione del Führer, fanatismo razziale, nazionalismo e militarismo – che ha impresso orme sanguinose alla storia di quest’ epoca. Su tutto ciò sovrastavano gli uomini nella nera uniforme, contraddistinti dal segno runico delle SS o da teste di morto, pronti a 15 tirare le redini, per costringere la nostra sorte definitivamente entro il tracciato della loro strada. Nulla meglio dei campi di concentramento rivela la profonda perversione creata nel popolo tedesco durante l’ era nazista, l’estrazione di un nuovo tipo umano qualitativamente diverso dalla rimanente umanità, la perversione di un regime nel quale uomini come Heydrich o Eichmann, come Höss, il comandante di Auschwitz, o Martin Sommer, l’ aguzzino di Buchenwald, poterono essere considerati gli uomini giusti al posto giusto, di un regime nel quale poté allignare un sistema così scrupolosamente organizzato di degradazione e di umiliazione collettiva di intere popolazioni e di intere comunità politiche o religiose. La crudeltà elevata a professione di Stato, il sadismo esercitato ai danni dei deportati, furono il risultato al quale approdarono la forsennata predicazione dell’ odio di razza, il fanatismo ideologico e nazionalistico, lo sfrenato attivismo e la violenza sistematica indissolubilmente legati all’ ideologia e alla pratica di governo del nazionalsocialismo. Appare ancor oggi inconcepibile che sia stato possibile erigere una così perfetta organizzazione per lo sterminio in massa, con una rete di complicità così vasta anche nel mondo della cultura, con un intreccio così imponente di speculazioni sulla sorte di milioni di infelici esseri umani condannati all’ annientamento nel mondo allucinante dei campi di concentramento. All’ ingresso di Auschwitz, il comandante Höss aveva fatto scrivere una celebre massima «Arbeit macht frei», il lavoro rende libero; «Jedem das Seine», a ciascuno il suo, prometteva con cinismo non meno raffinato l’ ingresso a Buchenwald. Eppure, dietro 16 queste massime morali, nelle quali la presunzione pedagogica tipica perfino dei carnefici delle SS assumeva quasi una funzione caricaturale nei confronti di certo proverbiale pedantismo tedesco, fu organizzato con i sussidi della tecnica più moderna il più macabro massacro della storia. Mecidi illustri e onorati istituti scientifici non rifiutarono la loro opera per escogitare raffinati metodi di eliminazione, sia sotto il pretesto di esperimenti scientifici in vivo, sia suggerendo le formule chimiche per la rapida somministrazione della morte. Nelle sue memorie il «comandante ad Auschwitz» Rudolf Höss, mantenendo lo stesso impersonale distacco che gli aveva permesso di seguire con perfetta astrazione, con occhio clinico, le vicende del suo Lager, illustra i vantaggi del Cyclon B con calcolata freddezza e ostentata suasività, con un linguaggio, si direbbe, da ricettario medico: «provoca la morte con assoluta sicurezza e rapidamente, soprattutto se usato in locali asciutti e a prova di gas, ben stivati di persone e usando il maggior numero possibile di condotti per l’ immissione del gas»; per lui la cosa più impostante era di non logorare gli impianti … ovvero di non inceppare il mostruoso meccanismo organizzativo: «non si poteva fare a meno di continuare le cremazioni anche di notte, per non creare intoppi ai trasporti in arrivo». In margine al sistema concentrazionario le SS organizzarono lo sfruttamento più integrale dei beni rapinati ai deportati e delle loro stesse persone fisiche, sfruttamento che si prolungava, al di là della vita, fin sui loro cadaveri; per le SS la miseria indicibile dei campi di concentramento diventava occasione e fonte di speculazione e di arricchimento. Nel 1942 fu costituito sotto la guida dell’ Obergruppenführer delle SS Oswald Pohl l’ ufficio centrale per l’ amministrazione 17 economica delle SS (SS-Wirtschaftverwaltungshauptamt), con l’ incarico di presiedere alla gestione dei beni economici passati in possesso delle SS. Quale fosse il genere dell’ attività espletata dall’ ufficio di Pohl risulta dagli stessi documenti – che cosa non era stato accuratamente e pedantescamente annotato! – scoperti alla fine della guerra: intere liste di documenti sottratti alle vittime della «soluzione finale» e destinati ai Volksdeutsche dell’ Europa orientale; forniture di orologi, di penne stilografiche, di portamonete, di rasoi, di forbici, di occhiali, ecc. depredati ai deportati e destinati alle divisioni delle Waffen-SS, o meglio, come si esprime Pohl in una lettera del 29 novembre 1944, ai «membri più degni e più provati» di queste divisioni. Alla fine della cosiddetta azione Reinhard, colossale piano di depredazione sistematica parallelamente allo sterminio degli ebrei del governatorato generale di Polonia, il Gruppenführer delle SS Globocnik poteva valutare a 100 047 983,91 di Reichsmark l’ ammontare dei beni (denaro, divise, oro e metalli preziosi, occhiali, orologi e gioielli) versati all’ amministrazione economica delle SS per l’ inoltro alla Reichsbank e al ministero dell’ Economia del Reich. Così come non era sfuggita l’ occasione di impadronirsi dell’ oro dentario strappato ai cadaveri, non sfuggì alle SS neppure la possibilità di utilizzare i capelli dei detenuti: nelle istruzioni emanate in proposito il Brigadeführer delle SS Glücks precisava che «i capelli degli uomini vengono trasformati in feltri industriali … i capelli di donna permettono di fabbricare pantofole per gli equipaggi dei sommergibili e calze di feltro per le ferrovie del Reich». Perfino la pelle dei deportati fu utilizzata per confezionare rilegature di libri e paralumi. 18 Ma gli affari delle SS non si arrestavano a questo punto; i loro rapporti con la grande industria non si fermarono ai contratti per la fornitura del Cyclon B, che fu fornito da varie aziende del gruppo IG-Farben, tra le altre dalla Degesch, la cui denominazione sociale non poteva suonare in modo più pertinente: «società tedesca per la lotta contro i parassiti». Nei primi mesi del 1942, nel tentativo di spingere all’ estremo limite lo sforzo bellico della Germania, sottoposta ormai a un’ usura sempre più logorante, fu ordinata la mobilitazione dei deportati per l’ economia di guerra. Ma per quegli infelici, mal nutriti e ridotti nelle condizioni più deplorevoli, era soltanto il preludio di una nuova strage. Intorno ai Lager sorsero stabilimenti e filiali delle più svariate industrie: a Buchenvald ebbe larga parte l’ industria aeronautica e la fabbricazioni di parti delle V-2, le famose armi segrete di Hitler; ad Auschwitz la IG-Farben, il più grande complesso monopolistico legato direttamente all’ industria di guerra e quello che maggiormente fece ricorso alla manodopera dei deportati, installò nuove fabbriche di gomma sintetica: delle migliaia e migliaia di deportati ivi occupati soltanto una esigua minoranza sopravvisse allo sterminio; nel campo femminile di Ravensbrück il primato dello sfruttamento spettò al complesso Siemens. Sempre ad Auschwitz anche il complesso Krupp ebbe la sua parte di lavoratori forzati: a proposito di questo impiego di manodopera coatta, nel tentativo di riabilitare la reputazione del cognato Gustav Krupp von Bohlen und Halbach, il barone Thilo von Wilmowsky non ha saputo dire altro se non che «in confronto al soggiorno nel Lager e all’ esecuzione ivi stesso del lavoro coatto sotto il controllo del personale del Lager i detenuti vedevano l’ occupazione nell’ 19 industria come un sostanziale alleviamento della loro sorte»…». Il «programma» di Hitler nel Mein Kampf (A. Hitler, Mein Kampf, Roma, Homerus 1971) Hitler sostenne sin dal 1925 gli obiettivi del nazional socialismo, in «La mia battaglia», che egli intese tradurre in atto una volta giunto al potere nel 1933: l’ obiettivo dell’ espansione territoriale ad Est, la convinzione del «complotto» ebraico-bolscevico come causa di tutti i mali, la salvaguardia della «purezza» della razza ariana. «La politica estera di una nazione deve permettere il sopravvivere su questa terra della razza del popolo che rappresenta, creando un ambiente propizio per la crescita degli individui. Per ambiente propizio ci riferiamo a quello che permette la vita di una nazione sulla propria terra. … I nazional-socialisti devono raggiungere fini più alti: il diritto di avere nuovo spazio si cambierà in dovere se la gente di una nazione, non essendoci un ampliamento della sua superficie, sembra diretta verso la guerra. Principalmente allorché non si parla di una piccola popolazione di colore, ma del popolo tedesco, creatore di tutto ciò che è l’ attuale forma della vita in 20 questo odierno globo. La Germania o raggiunge il grado di potenza mondiale o non esisterà. Ma per giungere a potenza mondiale deve avere una grandezza che le dia il sufficiente prestigio e dia da vivere alla sua gente … Noi iniziamo dal punto in cui ci si fermò 600 anni fa. Finiamo l’ eterno cammino tedesco verso il nord e l’ ovest e guardiamo i territori posti all’ est …Allorché diciamo di nuovi spazi europei, dobbiamo tenere in considerazione innanzitutto l’ Unione Sovietica o le Nazioni satelliti ad essa affiliate … L’ idea ebraica è limpida. La bolscevizzazione della Germania, ovvero l’ annullamento del genio nazionale tedesco e l’ indebolimento, conseguente, della potenza lavorativa tedesca da parte dell’ economia mondiale ebraica è vista soltanto come l’ inizio dell’ idea ebraica che è quella di impadronirsi della terra … La totale opera d’ istruzione e d’ educazione dello stato nazionale deve trovare il suo culmine nell’ inculcare nel cuore e nella mente della gioventù a lui consegnata il significato e il sentimento di razza, adeguato all’ istinto e al raziocinio. Nessun fanciullo, nessuna fanciulla, deve abbandonare la scuola senza conoscere perfettamente l’ essenza e la necessità della incontaminazione del sangue». 21 L’ antisemitismo di Hitler (K. D. Bracher, La dittatura tedesca. Origini, strutture, conseguenze del nazionalsocialismo in Germania, Bologna, Il Mulino 1973) «Sulla sostanza delle idee, che Hitler elevò poi a «fondamento granitico» della sua successiva azione, si è scritto spesso. Essa si esauriva in un’ unica critica-sfida globale alla tolleranza e alla borghesia mondiale, alla democrazia e al parlamentarismo, al marxismo e al giudaismo che, grossolanamente identificati, venivano considerati i mali fondamentali del mondo. Il nucleo centrale tuttavia, l’ unica «vera» convinzione di tutta la sua vita, a cui tenne fede fanaticamente, era già allora l’ antisemitismo e la mania della razza: lo schema semplificatore di bene e male, tradotto in termini biologico-razzisti, fungeva da supremo principio di spiegazione di tutta la storia e la politica mondiali. L’ odio fanatico di Hitler per gli ebrei oltrepassa tutti i tentativi di giustificazione razionale, e non è neppure misurabile con criteri politici o pragmatici. Il fatto che tutto un popolo lo seguì e fu capace di produrre una schiera di assassini, dimostra 22 poi che qui non abbiamo a che fare semplicemente con un insondabile enigma personale, ma con una pericolosa tendenza del nazionalismo moderno, la cui esigenza di escludere e di distruggere tutto ciò che è «straniero» costituisce una delle forze fondamentali dell’ antisemitismo. I tratti psicopatici della Weltanschauung di Hitler sono già riconoscibili in questo primo stadio; vi hanno contribuito in modo decisivo l’ invidia sociale del disadattato, il divario tra le alte pretese e la miseria del disoccupato per propria colpa, a cui il normale lavoro sembrava degradante. Nietzsche, tanto spesso frainteso, ha definito una volta l’ antisemitismo come la Weltanschauung di «coloro che sono in svantaggio». Voci non controllabili pretendono di sapere che Hitler, in base a certe sue sfortunate esperienze con un mercante ebreo venditore dei suoi quadri, sarebbe giunto alla «consapevolezza» che l’ ingegno creativo – quale egli era come pittore – è sempre defraudato del suo lavoro dal commerciante ebreo scaltro, esperto del mondo e capace di rendersi indispensabile. Questi risentimenti personali possono aver contribuito alla razionalizzazione di una distorta rappresentazione nell’ antisemitismo di Hitler, che contemporaneamente era diventato anche un «nazionalista fanatico». L’ ideologia nazionalistica nel suo momento di massima esasperazione diventa una forza istigatrice di una follia di massa, assume il carattere di una psicosi collettiva per cui l’ annientamento del nemico significa la propria fortuna e salvezza. Le tendenze antisemite nella Vienna del tempo offrivano a Hitler il punto d’ appoggio per sviluppare il nazionalismo militante fino alle sue estreme conseguenze e quindi fino all’ assurdo. Gli ebrei sono colpevoli di ogni male, la salvezza del popolo, anzi di tutto il mondo, può consistere solo nella lotta spietata contro di 23 loro: su questo assunto erano fondati il futuro nazionalismo e insieme l’ imperialismo hitleriano, che infine associò l’ espansione violenta, anche oltre i confini nazionali, con la missione mondiale di una lotta tedesca contro il «giudaismo mondiale». Come cancelliere del Reich Hitler dirà poi ai suoi intimi di essersi servito del nazionalismo per motivi contingenti, ma di aver sempre saputo con chiarezza che bisognava eliminare anche questo concetto democraticoliberale e «sostituirlo col concetto della razza, non ancora entrato nell’ uso politico» ». Verso il nazismo • La Francia del dopoguerra continua ad essere caratterizzata da una grande instabilità governativa e da una diffusa corruzione del sistema politico. L’ esperienza del governo del Fronte popolare formato a metà degli anni trenta dalle sinistre si esaurisce per l’ incapacità delle diverse componenti di trovare un accordo per combattere l’ inflazione e sviluppare l’ economia. • In Inghilterra la ripresa economica è inizialmente più lenta di quella del resto dell’ Europa, ma il trend si inverte negli anni trenta. Sul piano internazionale 24 prevale una politica di appeasement (pacificazione) con gli Stati totalitari, mentre viene realizzata la piena autonomia dei dominions e si arriva a una parziale soluzione della questione irlandese. • La democrazia dimostra buona tenuta anche in Belgio, nei Paesi Bassi e soprattutto negli Stati scandinavi, avviati dai governi socialdemocratici a riforme sociali particolarmente avanzate. • Soffocati i tentativi rivoluzionari della sinistra estrema, la repubblica tedesca nata dal crollo dell’ Impero è fragile per la scarsa incisività riformatrice dei socialdemocratici. L’ accorta politica diplomatica di Strasemann consente alla Germania di attenuare il peso economico delle riparazioni e di reinserirsi gradatamente nel concerto europeo. • Le conseguenze della crisi economica del ’29 spostano a destra l’ equilibrio politico della Repubblica di Weimar, mentre nel Paese cresce la forza organizzativa ed elettorale del Partito nazionalsocialista, le cui formazioni paramilitari non vengono sufficientemente contrastate dal governo. Potentati economici e casta militare spingono quindi il presidente Hindenburg a nominare cancelliere Hitler, il cui governo evolve rapidamente in senso dittatoriale. Con la violenza della repressione e un imponente apparato propagandistico il nazismo ottiene in poco tempo il «livellamento» della società tedesca, avviando il Terzo Reich verso un 25 intenso sviluppo industriale incentrato soprattutto sul riarmo. Il dibattito sulle origini del nazismo A. Dal pangermanesimo tradizionale al nazismo (E. Vermeil, Doctrinaires de la revolution allemande 19181938, Paris 1939, tr. It. G. Biscaretti) «La mistica razzista avrebbe trionfato in Germania se, grazie all’ evoluzione che abbiamo descritta, lo Stato a tendenze totalitarie non si fosse costituito per proprio conto contro il pluralismo di Bismarck e di Weimar? Il razzismo si è dunque trovato di fronte ad una società pronta ad incarnare in lui il suo ideale e la sua volontà. Se i fatti avevano raggiunto un certo grado di maturità, bisognava pure preparare in qualche maniera gli spiriti. Rosenberg, il profeta ispirato del razzismo, invoca indistintamente fra i precursori della dottrina, i mistici tedeschi anteriori alla Riforma, Lutero, Herder, ed infine i nazionalisti più noti del XIX e del XX secolo, in particolare Paul de Lagarde e H. S. Chamberlain. Il nazionalsocialismo continua in linea diretta la tradizione pargermanista. I nazisti non si astengono nemmeno dall’ utilizzare Nietzsche. Come spiegare questa doppia filiazione? 26 Nelle terre tedesche, dal XVII al XVIII secolo, nell’ epoca cioè in cui il cristianesimo comincia a secolarizzarsi in Europa, si è verificato un fatto molto significativo. Rinchiuso in un quadro territoriale ristretto, sottomesso all’ ortodossia più rigorosa, questo sistema politico-ecclesiastico che prende ovunque, e particolarmente in russica, l’ aspetto di un opprimente apparato burocratico, non può soddisfare la religiosità tedesca. Essa abbandona le Chiese, assume la forma del pietismo e poi si dissolve nella civiltà laica; sogna un cristianesimo nuovo al di sopra delle diverse confessioni, una Riforma non scismatica, destinata a liberare la Germania dal dualismo confessionale. E’ questo il curioso ambiente che ha fatto da culla al nazionalismo tedesco. E il popolo tedesco si forma per proprio conto una rappresentazione mistica, vuol dire che il suo sogno è insieme reale, perché presente negli spiriti e invisibile, perché non realizzato e anche irrealizzabile. Esso vuole concepirsi infatti come organismo vivente, unità creatrice, individualità collettiva o «genio nazionale». E’ in questo senso che Herder vuole porre la nazione fra l’ individuo ragionevole e la Ragione universale. Ora, conferire l’ individualità ad una collettività umana, è fare atto religioso e ritornare, sul piano profano, alla nozione del «Corpus christianum» e di Comunità preesistente ai suoi membri. E’ anche attribuire allo Stato quanto appartiene solo alla Religione. Rosenberg si richiama oggi a Herder. Rifiutando tutto l’ umanesimo del XVIII secolo, egli conserva di Herder una sola affermazione, cioè che ogni popolo persegue la propria felicità a modo suo. La Germania si costruisce così un nazionalismo romantico prima ancora del romantisimo stesso … 27 Al sopraggiungere, al tempo della Rivoluzione Francese e di Napoleone, del romanticismo, il passo decisivo sarà fatto. L’ idea di genio nazionale e di individualità collettiva assumerà un senso politico; diventerà l’ idea dello Stato organico contrapposto al contratto sociale dell’ Occidente. E si spiega come il pangermanesimo abbia potuto abbozzare le sue tesi essenziali tra il 1800 e il 1815, in epoca ancora lontana. La sua vena religiosa e filosofica si è conservata fino ad oggi e riaffiora nelle concezioni che i capi hitleriani si fanno della sua futura religione nazionale e della futura cultura tedesca … Il pangermanesimo filosofico insiste sulla superiorità del pensiero e della cultura tedeschi. Anch’ esso, sebbene indirettamente, risale a Leibniz e a Herder. Ha dunque la sua sorgente in una concezione della storia e del linguaggio che, termine intermedio fra l’ ottimismo del progresso illuministico e il pessimismo di Rousseau, ostile ad ogni civilizzazione, vede l’ Energia divina manifestarsi per mezzo dei geni nazionali e delle grandi culture che essi generano. Ancora cosmopolita nel XVIII secolo, questa concezione diventa più tardi credenza nella superiorità della cultura tedesca. Fiche la elabora nei suoi Discorsi alla Nazione Tedesca e Hegel la perfeziona. Quando questi due filosofi, come la maggior parte dei loro contemporanei, contrappongono l’ idea di organismo vivente a quella di meccanismo inanimato, fanno della prima il simbolo per eccellenza del pensiero germanico e della seconda la tara del pensiero francese e del razionalismo occidentale. Il loro ideale è quello della Comunità organizzata; quindi totalitaria. Nel momento stesso in cui constatano l’ impotenza assoluta della Germania, essi cullano il sogno della sua rinascita e della sua missione egemonica in Europa. 28 Queste idee si precisano, sotto Bismarck, nelle opere degli storici che, con Ernst Curtius per la Grecia, Mommsen per Roma e Treitschke per la Germania prussificata, si sforzano di dimostrare che, ultima arrivata, la loro nazione è destinata a mietere il raccolto preparato dalle civiltà precedenti. Se le attribuiscono un diritto all’ egemonia continentale, è perché la ritengono la sola capace di conciliare in Europa l’ autorità e la libertà, l’ istituto monarchico e i costumi repubblicani. Sotto Guglielmo II questo pangermanesimo della cultura brucia una nuova tappa. Esso oppone all’ Ariano del Nord, eroico e virile, il Latino decadente ed effeminato … Si scoprono i primi lineamenti della dottrina razzista nel Deutsches Volkstum di Jahn, apparso nel 1809, cioè l’ idea di una Razza santa che i Greci sarebbero stati i primi a rappresentare e che i tedeschi devono incarnare dopo di loro, essendo il loro popolo un concentrato, una quintessenza della totalità della natura umana. Fichte e Hegel non temono di affermare che la nazione tedesca è scevra da ogni mescolanza. Verso il 1854, nel suo Pro populo germanico, Arndt ripete che la razza tedesca è superiore alle altre per il coraggio, per quello spirito combattivo che permette alle comunità umane di guadagnarsi un bel posto nel mondo. Goerres ritiene di poter affermare che le invasioni germaniche hanno ringiovanito fisiologicamente i popoli dell’ antichità latina. Federico List e Birmarck pensano che l’ avvenire è dei tedeschi del Nord, gli unici ad essere provvisti di qualità maschile, perché il ruolo della razza germanica, in caso di mescolanze, sarà sempre quello virile e fecondante. La prima ad assistere al vero fiore del razzismo è l’ epoca Guglielmina. Le opere principali di Gobineau, apparse tra il 1850 e il 1880, influenzano la Germania a partire dal 1890. D’ 29 altra parte, la scienza dell’ epoca si orienta sempre più verso la biologia, l’ antropologia e la sociologia. Si diffonde l’ idea che religioni e culture derivano prima di tutto dalla virtù del sangue, da qualità d’ ordine psicologico e razziale. Si direbbe che non è il Cristianesimo ad aver purificato i Tedeschi ma sono piuttosto i Tedeschi che lo rinnovano convertendosi ad esso … Religione, Cultura e Razza sono le basi del pangermanesimo pratico, che si presenta, in primo luogo, come un fervente appello all’ unità territoriale e come apologia della Costituzione perfetta che i tedeschi stabiliranno sul regno delle competenze. Si attende l’ uomo forte e potente che saprà fondare la massa e fare dello Stato una forza insieme materiale e spirituale, militare e politica. Questo bonapartismo alla tedesca, che preconizza sia il federalismo che l’ egemonia della disciplina prussiana, ha servito da armatura all’ Impero di Bismarck. Il pangermanesimo implica, naturalmente, non soltanto l’ apologia dell’ esercito, ma una teoria della militarizzazione totale. Si ripeterà, sulla falsariga di Fichte e di Hegel, che la guerra classifica i popoli e stabilisce tra di loro una gerarchia naturale e genuina. Come fa un popolo che da Arndt, nel 1803, si definisce «senza spazio», e cerca di provarlo con Ratzel sul piano geografico, con Lamprecht sul piano storico, a non pensare alla guerra? C’ è da stupirsi che con List, Molte, Treitschke e tanti altri pubblicisti che si sono moltiplicati fino all’ avvicinarsi della guerra mondiale, esso abbia elaborato un programma continentale e coloniale tale da inquietare ad un tempo tutte le nazioni europee? La tradizione pangermanista si è dunque costituita in tre grandi tappe: prima metà del XIX secolo, era bismarckiana e regno di Guglielmo II. Il pangermanesimo, dapprima religioso e filosofico, limitato 30 a qualche testa isolata, non ancora consolidato dall’ unità territoriale, si accontenta di sognare. Sotto Bismarck, la politica prussiana di fulminei successi militari e lo slancio economico del giovane Impero lo lasciano nell’ ombra, pur preparandogli le posizioni più forti per il futuro. Sparito Bismarck, la marea passerà sommergendo tutti gli ostacoli. Compare allora il razzismo con quell’ inaudita fioritura di teorie e di programmi che genera una pseudo-élite intellettuale. In quest’ Impero che la legislazione, l’ amministrazione e l’ esercito hanno già così vigorosamente prussianizzato, gli strumenti dell’ azione sono già pronti. L’ offensiva del 1914 non è altro che un sogno di grandezza che disponendo degli strumenti necessari alla sua realizzazione passa all’ azione, ad un’ azione che i Tedeschi chiamano «rivoluzionaria». La tragedia economica e politica che ha preparato l’ avvento del sistema autarchico si accompagna ad una tragedia intellettuale e morale. Trasportato dalle circostanze come dal proprio movimento, il pensiero tedesco doveva stimolare più vigorosamente di ogni altro, in Europa, la critica delle ideologie su cui si fondano le odierne Internazionali. Dirò persino che la sua funzione specifica è stata quella di trattarle come ideologie e di attribuire loro un relativismo mortale. Con grande audacia, i tedeschi hanno distrutto tutti i ricettacoli nei quali l’ umanità ha posto fino ad oggi al riparo la coscienza che essa ha di se stessa, si tratti della Storia universlae, o del cristianesimo o di una autorità divina soprannaturale, o della ragione e dell’ idea di progresso, o infine della speranza socialista. Il niccianesimo vi ha contribuito in buona parte. Il cumulo di tutte queste rovine ha generato, in Germania più che ovunque, un nichilismo che, ripudiando i vecchi valori, si rifugia finalmente, sul piano nazionale, nel biologismo sociale 31 autoritario che il terzo Reich impone ai suoi sudditi. Così si spiega il trionfo dell’ hitlerismo. Una contrazione territoriale, amministrativa, militare e politica, legando la Società e lo Stato, ha ultimato il processo che, da gran tempo, conduceva la Germania allo Stato totalitario e all’ autarchia. Una tragedia intellettuale senza precedenti, portandola al nichilismo, ha fatto trionfare il razzismo, erede di tutta la tradizione pangermanista e fondato su un pseudo-biologismo autoritario e dittatoriale. Questo reich totalitario e razzista si erge contro tutte le Internazionali che hanno fino ai nostri giorni tentato di restituire al continente la perduta unità. Da allora la Germania viene galvanizzata all’ interno per un’ azione determinata da di fuori. E’ la legge stessa della sua storia.» 32 B. L’ estraneità del nazismo alla tradizione tedesca (G. Ritter, I cospiratori del 20 luglio 1944. Carl Gördeler e l’ opposizione antinazista, tr. di E. Collotti, Einaudi, Torino 1960) «Il problema centrale consiste nel considerare se si debba condurre l’ ascesa del nazionalsocialismo essenzialmente a radici specificamente tedesche (come inclinava a pensare, dopo la catastrofe del 1945, la maggior parte dei suoi critici, specialmente stranieri) o a fenomeni sostanzialmente comuni alla vita europea, che in Germania assunsero soltanto una loro particolare forma. Ma si esagera questa seconda interpretazione quando si considera l’ hitlerismo come una specie di fenomeno estraneo alla natura tedesca, come un puro contrasto con le nostre tradizioni nazionali, e, in definitiva, come un semplice episodio della vita tedesca. E, tuttavia, non c’ è dubbio che dovunque sorse una resistenza di principio, per ragioni profonde, essa sottintendeva l’ appassionata convinzione che il nazionalsocialismo fosse una falsificazione satanica della vera tradizione tedesca. Era giustificata una tale convinzione? Ci si dovrebbe guardare dal rispondere a questa 33 domanda con quei luoghi comuni della cosiddetta psicologia dei popoli, che oggi sono in voga dappertutto e che tuttavia dal punto di vista storico non spiegano proprio nulla, perché pretendono di ridurre a un unico denominatore la più complessa di tutte le creazioni storiche – la nazione moderna – e di caratterizzare con una sola parola il suo modo di essere. Ogni nazione è, in realtà, il risultato di innumerevoli contrasti interni. In ogni nazione (almeno nell’ ambito della civiltà europea e occidentale) esistono suppergiù analoghe possibilità di sviluppo umano e spirituale. Sarebbe perciò abbastanza insensato voler spiegare determinati fenomeni storici contrapponendo, per esempio, il Tedesco «romantico e avido di conquista» al Francese «razionalista e amante della pace» o il presunto servilismo dei nostri compatrioti all’ amore naturale per la libertà degli Inglesi. Invero, la Francia non ha avuto meno di noi romanticismo politico e avventurieri dello spirito e della politica e non le sono mancati neppure stravaganti sogni di potenza; non sono passati ancora cent’ anni dall’ epoca in cui in Europa si soleva considerare non la Germania, ma la Francia, come una caldaia in eterna ebollizione, carica di inquietudine rivoluzionaria e di ambizione guerriera. Ma chi voglia attribuire le responsabilità del trionfo del nazionalsocialismo all’ abitudine dei Tedeschi allo spirito di sudditanza e all’ esatta obbedienza militare ricordi che la Germania non è stata la prima bensì l’ ultima nella lunga schiera di paesi europei nei quali dopo il 1917 si affermò il sistema del partito unico e della tirannide totalitaria; e che Hitler, Austriaco di nascita, non trovò il suo modello nello Stato bismarckiano, ma nell’ Italia di Mussolini, in un paese cioè ai cui cittadini nessuno certo rimprovererà un esso di spirito di sudditanza e di disciplina … 34 Si può ricordare che il liberalismo tedesco ebbe, sin da principio, un volto diverso da quello dell’ Europa occidentale: non sorto come questo da lotte politiche interne, ma nel tempo delle guerre di liberazione, non si nutrì della diffidenza verso un forte potere statale, ma per prima cosa cercò di fondare proprio siffatto potere, come potere direttivo nazionale basato sul consenso di tutti i consociati e pertanto in condizione di sostenere la lotta con le altre nazioni. Sin da principio, le idee liberali di libertà e l’ orgoglio della potenza politica agirono di stretto accordo, e, dopo la fondazione dell’ impero bismarckiano, con la sua Costituzione fondata sulla monarchia costituzionale e la sua forte posizione in Europa, il liberalismo cedette sempre più il passo al nazionalsocialismo. La massa della borghesia tedesca non nutriva diffidenza nei confronti dello «Stato birbone», ma una grande fiducia nell’ autorità, ancor più rinsaldata e rafforzata dopo il 1866, che diminuì bensì sotto Guglielmo II e fu poi profondamente scodda dalla rivoluzione del 1918, ma risorse subito nel 1933: nella cieca fiducia di vasti circoli della borghesia tedesca nelle buone intenzioni di Hitler, il cui primo programma di governo era, addirittura, colmo di belle promesse di pace. Allora, alla massa della borghesia tedesca sarebbe parso addirittura grottesco che si potesse cadere nelle mani di un incosciente avventuriero come capo di governo, e per giunta con la benedizione del vecchio Hindenburg … Ciò nonostante, sarebbe fondamentalmente falso, e non consentirebbe di comprendere il successivo sviluppo del movimento di resistenza tedesco, il voler far derivare lo stesso nazional-socialismo dai presupposti qui ricordati della storia tedesca, che ne facilitarono il successo, quasi esso fosse l’ ultima conseguenza e il momento culminante di tradizioni specificamente tedesche. Proprio là 35 dove più viva era la tradizione del vecchio Stato militare prussiano, nell’ esercito, esso fu sentito sin da principio come qualcosa di estraneo, e nessuno ne fu più amaramente deluso di quegli idealisti i quali si attendevano, in buona fede, per prima cosa, un rinnovamento degli ideali sulla comunità politica nel senso del più antico liberalismo, ben disposto nei confronti dello Stato, dell’ età della riscossa tedesca. Nella sua più intima essenza il nazionalsocialismo non fu un prodotto originale tedesco, ma la forma tedesca di un fenomeno europeo: quello dello Stato retto da un partito unico e da un unico condottiero. Ma non è possibile spiegare questo fenomeno con tradizioni meno recenti, bensì soltanto con una crisi specificamente moderna, con la crisi della società e dello Stato liberale. Non dobbiamo cercarne le ragioni più intime in questa sede. Decisivo però è il fatto che la moderna società industriale, con l’ uniformità delle masse che le è caratteristica, è poco favorevole all’ ideale liberale delle libere e autonome personalità, indipendenti spiritualmente ed economicamente; tanto più favorevole invece alle idee democratiche della eguaglianza dei diritti fondamentali e della sovranità popolare. I mezzi offerti dalla tecnica moderna consentono di mobilitare il popolo, ossia la massa divenuta sovrana, in misura del tutto diversa che in precedenza. La dimostrazione di massa, la cosiddetta «azione diretta» subentrava sempre più al posto della seria discussione parlamentare … Molto ci sarebbe da dire sull’ intima dissoluzione dello spirito liberale in Europa, sulla decomposizione del pensiero idealistico e degli ideali umanistici della personalità in seguito al sorgere di nuove correnti e di nuove concezioni del mondo nell’ epoca del positivismo e del materialismo; sull’ applicazione alla società e alla storia umana delle teorie 36 biologiche sull’ eterna lotta fra tutti gli esseri viventi; sulla preoccupante diffusione della filosofia della vita di Nietzsche con la sua predicazione del superuomo, della «volontà di potenza» e del «vivere pericolosamente», della viltà dell’ intelligenza e della gioia di una forte vitalità; sulla lotta dei sindacalisti rivoluzionari contro la borghesia sazia; sulla loro esaltazione delle élites combattive e del «mito» politico che crea il movimento delle masse. Tutta l’ evoluzione spingeva ad una valutazione unilaterale della volontà forte, della vitalità naturale al posto di valori puramente spirituali, dell’ avventura al posto della sicurezza borghese. Su una parte della gioventù tedesca l’ appello di Hitler di «tenersi pronti al sacrificio» agì come un ebbrezza romantica (in modo del tutto diverso dall’ effetto che ebbe il bolscevismo sulla gioventù russa, che vide in esso certamente anzitutto la tecnicizzazione, il disincantamento razionale del mondo russo). La robusta energia volitiva, la rapidità delle decisioni dei sistemi fascisti, in contrapposizione ai dibattiti senza fine (e spesso così infruttuosi) dei parlamenti, si impose in modo imperioso a vastissimi circoli di formazione moderna. In ogni caso, - e non fu questo tra gli elementi meno decisivi, - in un primo momento non ci fu nessuno disposto a rischiare la vita per la conservazione delle libertà parlamentari. … La resistenza alla tirannia, ove sia richiesto il sacrificio immediato della vita, può avvenire soltanto sotto la spinta di una vera fede: una fede che non conosca più alcun riguardo per il benessere privato, per la vita e l’ onore esteriore. Questo ci ha insegnato con molta efficacia anche la storia del movimento di resistenza contro Hitler. La misura del suo eroismo fu in modo incontestabile determinata dalla sincerità delle convinzioni di fede che sempre ispirarono la resistenza. Nei 37 casi in cui si trattò di semplice insoddisfazione di gente trovatasi in qualche modo nell’ ombra è meglio non parlare di «resistenza». La maggiore debolezza del nostro tempo si rivela nella sua povertà di fede, nell’ incertezza delle convinzioni, nella relatività dei valori morali, nello scetticismo nei confronti di tutto ciò che si presenta agli uomini come esigenza assoluta. Nello scadere nichilistico di ideali sinceri a semplici ideologie, nel non prendere più sul serio le decisioni etico-spirituali in quanto tali, nelle semplici chiacchiere in luogo di una chiara coscienza della propria responsabilità. Il fatto di possedere una fede fanatica in se stesso, nella sua missione e nella religione di ricambio nazionalsocialista, conferì a Hitler la massima superiorità nei confronti di tanti intelligenti, ma scettici e irresoluti uomini politici della repubblica di Weimar; poiché la massa ha bisogno di credere in un uomo e in una causa. Lo stesso fanatismo che lo innalzò, lo spinse poi all’ autodivinizzazione e alle folli avventure, che si conclusero con la sua caduta. Ma la scettica incertezza dei suoi ideali di libertà rappresenta ancor oggi il vero pericolo del mondo europeooccidentale, di fronte al quale si erge ora la religione di ricambio bolscevica, che nutre una fanatica sicurezza di sé ». 38 39